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Per il quarantennio dell’Orange Tree Theatre a Richmond, Martin Crimp propone un suo nuovissimo pezzo (Play House) seguito da uno radiofonico dell’87 (Definitely the Bahamas) curando la regia di entrambi. Questo teatro di circa 170 posti (classico “in-the-round” con scena centrale e pubblico seduto su quattro lati) ha segnato l’esordio dramaturgico dell’autore nel 1982 e continua con questi una fruttuosa collaborazione. L’accoppiamento dei due pezzi che compongono lo spettacolo è significativo. Il primo lavoro “Play House”,  più recente, è la storia di una giovane coppia sposata che va a vivere insieme in una zona urbana e anonima. La loro relazione si presenta alquanto disfunzionale: Katrina (Lily James), che risente di una vita familiare travagliata e degli abusi di un padre psicotico, porta agli estremi la sua storia con Simon (Obi Abili) il quale, pur amandola, sembra costringerla in casa. La vicenda dei due si svolge in 13 veloci scene disorganiche che toccano temi di violenza, adulterio, incomprensione, insoddisfazione, e non si risolve affatto in lieto fine o tragedia: Simon dichiara ancora una volta il suo amore a Katrina come all’inizio mentre lei e’ in uno stato di turbamento psicologico. I due attori sono fantastici e si destreggiano con studiata naturalezza tra i meandri di una relazione non sempre piacevole da seguire. “Definintely the Bahamas”, il secondo pezzo, è molto più leggero nella forma, con frequenti momenti umoristici. Trasmesso a suo tempo come radiodramma, Crimp pensa bene di proporlo al pubblico in sala come tale e monta in scena uno studio di registrazione con tanto di tecnico che riproduce dal vivo i rumori voluti dal copione e attori seduti dietro ai microfoni.  Questa decisione di regia forse infonde un maggiore senso di distanza da un periodo temporale passato e contrasta in maniera ancor piu brusca con il pezzo precedente, così spudoratamente audace. Qui, Milly (Kate Fahy) e Frank (Ian Gelder) sono una coppia di pensionati che vive in un tranquillo villaggio rurale con una studentessa adolescente olandese (di nuovo Lily James). Parlano ad un muto ospite del proprio figlio Michael, un uomo d’affari che osannano ma che non appare tanto impeccabile quanto risulta dai discorsi dei suoi genitori. Anzi, viene smascherato dalla giovane straniera che alla fine del pezzo descrive chiaramente un episodio di abuso, completamente ignorato da Milly che ritorna a parlare del tempo e di vacanze trascorse. Il pezzo gioca, infatti, molto sul non detto e rivela una padronanza del linguaggio drammatico che quasi ci si stupisce a riconoscere che Crimp sia l’autore di entrambi i testi. La coppia dipinge l’emblema del razzismo/fascismo  della classe media inglese di fine anni 80 ai tempi dell’ apartheid, pienamente caratterizzata da bigottismo e negazione del vero. Un noto critico del Guardian che rimarrà qui innominato, punta il dito contro l’assenza di un contesto in Play House, evidenziando come la giovane coppia sembri vivere in un vuoto storico-economico e socio-politico. Non ne sono convinta. A confrontare  il primo pezzo con il secondo così ben piazzato nel proprio contesto sociale, risulta evidente che l’autore sa bene come dare spessore sociale ai propri personaggi. Nel caso di Play House, e’ dunque intenzionale il sospendere quasi la coppia nel vuoto; un vuoto cheforse rappresenta al meglio l’assenza di valori in cui oggi vivono in molti: quale migliore riflessione su alcuni estremi aspetti dei tempi attuali?

PLAY HOUSE and DEFINITELY THE BAHAMAS,
di Martin Crimp
Orange Tree Theatre
Dal 14 marzo al 21 aprile 2012
http://www.orangetreetheatre.co.uk/