Visite: 5008

“Ma cosa è meglio, una volgare felicità oppure un’elevata sofferenza?”. Marco Sgrosso ci lascia con questa riflessione, nel dubbio, nell’incertezza, dopo una buona prova d’attore. Recita con il corpo con gli sguardi  e a tratti dialoga con il suo servitore-giudice Apollion, ma nella finzione scenica ci sembra di vedere la figura dello scrittore stesso. Il primo titolo che Dostoevskij aveva scelto per il suo romanzo era Confessione. Infatti, la narrazione procede come una lunga confessione, basata sul dialogo interiore e il racconto nudo e crudo della pura cattiveria.  Marco Sgrosso nella sua rappresentazione ha voluto privilegiare la prima parte, più intima, psicologica, e quella in cui si narra il rapporto rovinoso con la giovane prostituta Lisa, anch’ella – come la neve fradicia – simbolo di una purezza perduta. All’interno di un sottosuolo gabbia, in uno spazio buio e angusto, memoria del fallimento di una coscienza, un uomo ci parla del suo male oscuro, prigioniero e carceriere di se stesso. In questo spazio così angusto anche i suoni e le luci diventano ossessivi e fastidiosi. Sullo sfondo scorrono alcune immagini: rappresentano la neve fradicia e regalano momenti di dinamicità ad un racconto, dominato dall’immobilità, perché l’anima ristagna continuando invano a interrogarsi su stessa. Sgrossi riprende il celebre libro di Dostoevskij, già portato in scena qualche anno come lettura-concerto, per dare forma, questa volta, ad una rappresentazione teatrale più compiuta. In un crescendo di emozioni, s’interroga sul senso dell’etica interiore, sulla necessità della ricerca di equilibrio.  La scrittura scenica volutamente procede in modo tortuoso, la parola si avvolge su se stessa, nei labirinti della memoria, il protagonista si contorce sul lettino, come un epilettico e Dostoevskij lo era. In alcune parti del testo emergono suoni dialettali un tentativo di mostrarci la poliedricità di quest’anima, ognuno forse si potrebbe riconoscere. Ma l’esperimento non convince completamente. Marco Sgrosso firma il progetto, la regia, l’interpretazione e l’elaborazione drammaturgica. E’  una bella sfida, tuttavia, portare in scena un’opera così complessa richiederebbe, forse, una pluralità di voci, di sguardi. Arriviamo in teatro, dopo un lungo tratto nei sotterranei della metropolitana, con la pioggia, e il cielo grigio. Usciamo e fuori c’è il sole, siamo sereni,  il nostro sottosuolo per fortuna è molto lontano da quello del personaggio. L’effetto catartico del teatro è pienamente riuscito.

MEMORIE DEL SOTTOSUOLO
liberamente tratto dal romanzo “Memorie del sottosuolo” di Fëdor Dostoevskij
progetto, regia, interpretazione ed elaborazione drammaturgica di Marco Sgrosso
e con Carluccio Rossi
scene e immagini Carluccio Rossi
progetto luci Max Mugnai
suono Raffaele Bassetti e Roberto Passuti
costumi Marta Benini
17 aprile – 6 maggio CRT Salone MILANO
Una produzione CRT – Centro per la Ricerca Teatrale
in collaborazione con le belle bandiere e con il sostegno del Comune di Russi