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Seconda mise en espace alla Piccola Corte, dal 22 al 26 maggio, per la diciasettesima Rassegna di Drammaturgia Contemporanea che chiude, come di consueto negli ultimi anni, la stagione del Teatro Stabile di Genova.
“Lo sciopero delle scope” è un testo tutto al femminile, frutto della collaborazione tra Roxana Aramburu, Patricia Suarez e Monica Ogando, tutte e tre argentine, in vario modo impegnate nell'attività narrativa e drammaturgica di quel paese profondamente legato al nostro immaginario collettivo e, nella sua storia recente, attraversato da tensioni e rivolgimenti anche tragici. È messo in scena nella versione italiana di Ernesto Franco e per la regia di Mario Jorio e nei tre quadri in cui è suddiviso, inframezzati da annunci epici tra reminiscenza brecthiana e tradizione dei cantastorie, vede in scena in diversi ruoli, tutti accomunati da eguale contesto narrativo e anche scenografico, Fiorenza Pieri, Angela Ciaburri, Melania Gemma e Luca Cicolella. La drammaturgia sembra quasi scavarsi il suo spazio, scenico e narrativo, all'interno di quella sorta di insurrezione femminile che vide, nella Buenos Ayres di inizio 900, le donne dei quartieri popolari degradati, in buona parte abitati da immigrati italiani, opporsi con la sola forza della loro identità sfruttata (le armi erano appunto solo le scope o le pentole riempite di acqua bollente) alla decisione del governo di aumentare gli affitti. Resistettero, appoggiate da anarchici e socialisti, quelle nostre nonne e bisnonne ma alla fine furono purtroppo piegate. È dunque drammaturgia di impianto inizialmente politico e storico, da cui le digressioni e gli slittamenti epici, che però nel suo farsi rivela una materia più profonda ed universale che affonda le sue radici nella storia e nelle contrapposizioni di genere e da lì sembra voler allargare il suo sguardo all'identità e all'umanità nel suo risvolto più universale. Ne nasce un continuo rimando simbolico e metaforico in cui lo sfruttamento della parte femminile della società assume il peso della icastica rappresentazione degli squilibri nei rapporti affettivi e personali, delle contraddizioni che attraversano le identità ed i comportamenti e che vengono rivelati, appunto, soprattutto nei confronti dei comportamenti consuetudinari che gli uomini, nel senso di maschi, mantengono e riproducono. Non è casuale che gli unici due personaggi maschili, Miguel e Paco, sembrino in realtà uno solo nella sua doppia immagine di acuto infantilismo e di goffa, quasi macchiettistica, fellonaggine e vigliaccheria. Il testo si apre così, quasi nascostamente, ad un respiro più essenziale che la regia, leggera e quasi pudica di Jorio, mentre si appoggia al più tradizionale ritmo del tango, lascia quasi evaporare dalla platea al pubblico. Buona la prestazione attoriale anche se talora un eccesso di accademia non giova a sottolineare con efficacia la sintassi narrativa soprattutto nel sue corrispondenze simboliche. Spettacolo efficace cui il pubblico di Genova, che con l'Argentina ha notoriamente legami storici profondissimi, ha risposto con calore.