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Certo che ad Angela, attrice dalle potenzialità enormi, cercata da registi dei teatri stabili italiani, ma anche da direttori stranieri, non poteva capitare di peggio: lasciarsi con Enrico dopo una litigata feroce, a suggello di un rapporto difficile complicato e soffertissimo: Enrico, un compagno di lavoro altrettanto bravo, professionista affermato dello spettacolo italiano, e soprattutto compagno di vita! Incredibile! Ancor più incredibile lasciarsi  pur essendo in vista del debutto della loro messa in scena di Giulietta e Romeo, che peraltro doveva assolutamente giungere in porto, per non pagare penali altissime. Sarebbe stato uno spettacolo insolito per le scene italiane,  vista anche l'età dei due attori protagonisti, appunto Angela ed Enrico, sui quaranta: uno spettacolo già annunciato ed atteso dall'ambiente teatrale, di solito piuttosto indifferente al lavoro degli artisti.

Sergio, il loro produttore, e amico, li aveva scongiurati di non fare sciocchezze, e consigliato di sospendere le prove per qualche giorno, smaltire rabbie e sentimenti negativi, onde evitare il tracollo finanziario che avrebbe trascinato all'inferno tutti! Che riflettessero bene a tale eventualità, gli aveva raccomandato Sergio: da parte sua avrebbe convinto Giorgio, il regista, a non creare alcun'altra tensione tra i due durante lo svolgimento delle prove. Anzi, lo stesso regista li aveva esortati a studiarsi le parti per proprio conto, mentre lui avrebbe preparato lo spettacolo, nella sua impalcatura principale, con gli altri più giovani attori, e soprattutto avrebbe  studiato bene tutte le soluzioni scenografiche, e gli effetti illuministici; quanto alle musiche avrebbe aspettato il loro rientro nelle prove, per non creare uno sfasamento tra ritmi recitativi e quelli musicali. Giorgio aveva preso da parte separatamente Angela ed Enrico, gli aveva indicato le linee interpretative dei loro personaggi, invitandoli il prima possibile a memorizzare la parte e ad agirla all'in piedi, in modo tale di poter interagire con gli altri attori da subito, una volta rientrati in compagnia per le prove ufficiali.

Sergio più volte prova perfino a farli riconciliare, senza alcun esito positivo, anzi: come spesso accade l'odio si rinfocola, e magari pure la rivalità artistico-professionale, sempre sottaciuta. Entrambi sembrano davvero convinti a separarsi, dopo una decina d'anni di convivenza, apparsa a tutti come un menage tranquillo, sereno, quasi l'uno fosse nato per l'altra e viceversa.  Nessuno sa i veri motivi della loro apparentemente inguaribile frattura, così fragorosa come subitanea. A tutti i compagni appare evidente che qualcosa di grave era accaduto fra i due anche se lo avevano perfettamente nascosto.

Ad Angela appare fortissimo il disagio di dover rapportarsi sulla scena in  modo romantico, sentimentale, e al fondo tragico, con il personaggio di Romeo impersonificato proprio dal suo ex! Com'è incredibile la vita, si dice Angela, col testo fra le mani nelle prime prove individuali che svolge nella casa di sua madre Elvira. Sono prove innanzi tutto di lettura, alla ricerca dei significati generali che il suo regista Giorgio vuole che vengano evidenziati dall'interpretazione di Angela-Giulietta. La madre Elvira, a sua volta attrice ormai ritiratasi dalle scene, si offre di leggere le altre battute degli altri personaggi, con pazienza, fin dal primo giorno, accorgendosi che ad ogni battuta da lei pronunciata, la figlia Angela aspetta molto a recitare la sua, di battuta: la madre pensa ad un approccio, da parte della figlia, assai attento, riflessivo, prudente. Dopo qualche giorno Elvira propone ad Angela di svolgere una lettura un po' filata di uno dei dialoghi – chiave tra  Romeo e Giulietta, quello famosissimo del balcone:

Romeo-Elvira   ... Guarda come appoggia la guancia su quella mano!
Oh! Foss'io un guanto sopra la sua mano,
per poter toccare quella guancia!
Giulietta-Angela    (pensa fra sé e sé guardandosi la mano) Ma quando mai m'ha sfiorato la guancia con una carezza, quello stronzo, quando mai!? Ha sempre e solo preteso da me delle smancerie che lo rilassassero, diceva! E per me nessuna delicata affettuosità! Niente (ad alta voce) Ohimè!
Romeo-Elvira        Essa parla. Oh, parla ancora, angelo sfolgorante!
Poiché tu sei così luminosa a questa notte,
mentre sei lassù sopra il mio capo
come potrebbe esserlo un alato messaggero del cielo
agli occhi stupiti dei mortali,
che nell'alzarsi non mostra che il bianco,
mentre varca le pigre nubi e veleggia nel grembo dell'aria. (Guarda la figlia Angela)
Giulietta-Angela   (fa un cenno col capo rassicurando la madre, e pensa fra sé e sé) E ci risiamo, con la donna angelicata, da Dante a Shakespeare! Ma quando mai!? Angelicata io? Ma che  cazzata! “Hai stirato la mia biancheria?”; “Che m'hai fatto da magna' oggi?”; potevo sembrargli un essere alato, a quello stronzo? Altra donna più terragna di me, non ci poteva essere! Odio 'sti testi classici, superati, fuori dalla nostra realtà, perché... perché sfido a trovare anche una sola donna così idealizzata dal suo compagno, e che cazzo! (Rassicurando con uno sguardo la madre attacca  i versi)
O Romeo, Romeo! Perché tu sei Romeo?
Rinnega tuo padre; e rifiuta il tuo nome:
o, se non vuoi, legati solo in giuramento all'amor mio
ed io non sarò più una Capuleti.

Romeo-Elvira   (fra sé) Starò ancora ad ascoltare,
o rispondo a questo che ha detto?  
Giulietta-Angela   Mo ascolta, pezzo di merda, ascolta 'ste parole, ascolta una volta tanto, che non m'hai fatto mai parlare! Senti cosa e chi deve essere per una donna l'uomo di cui è innamorata, ascolta, ché qua il Bardo mi piace assai! (recita) 
Il tuo nome soltanto è mio nemico:
tu sei sempre tu stesso, anche senza essere un Montecchi.
Che significa “Montecchi”? Nulla: non una mano, non un piede,
non un braccio, non la faccia, né un'altra parte qualunque
del corpo di un uomo. Oh, mettiti un altro nome!
Che cosa c'è in un nome? Quella che noi chiamiamo rosa,
anche chiamata con un'altra parola
avrebbe lo stesso odore soave;
così Romeo, se non si chiamasse  più Romeo,
conserverebbe quella preziosa perfezione,
che egli possiede anche senza quel nome.
Romeo, rinunzia al tuo nome, e per esso,
che non è parte di te, prenditi tutta me stessa.   
Romeo-Elvira                  Io ti piglio in parola: chiamami  soltanto amore,
ed io sarò ribattezzato; da ora innanzi
non sarò più Romeo.
Giulietta-Angela    Oh, ma qui bisogna dire che William è grandissimo! Perché a pensarci bene è come se dicesse che se Dio è amore, l'amore è Dio, è di natura divina! L'amore assoluto toglie ogni identità! Vallo a dire allo stronzetto! Quando mai è in grado di capire certe cose! Di capire Shakespeare! Ma per favore, ma toglietelo dalla compagnia, no? (Recita)
Chi sei tu che, così protetto dalla notte,
inciampi in questo modo nel mio segreto?
Romeo-Elvira                    Con un nome io non so come dirti chi sono.
Il mio nome, cara santa, è odioso a me stesso,
poiché è nemico a te: se io lo avessi qui scritto
lo straccerei.
Giulietta-Angela    Si, si, si, è grande William: è contro il familismo, se questo deve ostacolare l'amore; Romeo è l'antimaschio italiano, mammone e familista, come lo stronzone che finalmente ho deciso di lasciare! “Sai, cara,  il nome della mia famiglia è un nome importante, viene prima di ognuno di noi: regolati, dunque, cara!” 'Na minchia, devo venir prima io per te, chiaro? Lo dice anche William Shakespeare! (Recita)
L'orecchio mio non ha ancora bevuto
cento parole di quella voce, ed io
già ne riconosco il suono.
Non sei tu Romeo, e un Montecchi?
Romeo-Elvira   Né l'uno né l'altro, bella fanciulla se l'uno e l'altro a te dispiace. 
Giulietta-Angela   Come sei potuto  venir qui, dimmi, e perché?
I muri del giardino sono alti, e difficili a scalare,
e per te, considerando chi sei, questo è luogo di morte,
se alcuno dei miei parenti qui ti trova.
Angela    Hai capito, ma'? Amore e morte, amore è morte! Se s'intende l'amore assoluto!

Angela fa un cenno alla madre, vuole prendere una pausa, quando suona il cellulare di Elvira, che risponde:
“Siii? oh ciao!... Si, sono a casa di Angela!...  oh mio Dio, ma vuoi scherzare?... Si... Uhm... Ma... io... capisco... o madonna... ora glielo dico subito. A risentirci subito!”.
Elvira guarda la figlia con espressione inebetita, è pallida, si appoggia ad un tavolino, gli dice:
Enrico... Enrico si è suicidato! In macchina, coi gas di scarico! Ha lasciato una lettera per te! Ce l'ha Sergio. Lo spettacolo salta, ovviamente.
Angela resta muta, lo sguardo fisso sul pavimento, perso...
Angela ha in mano la lettera e la legge, fra sè e sè:
Caro amore mio, scusami se compio questo gesto: non ci sono Montecchi e Capuleti che si odiano, ma l'odio è dentro di noi e verso noi stessi; muoio per mia precisa volontà. Non sono stato all'altezza di un vero e profondo amore nei tuoi confronti, anche se ti ho amato con tutte le mie forze e la mia capacità.  Forse però è stato troppo poco, e me ne assumo tutte le responsabilità. Non sono mai stato bravo a parlare, ad esprimere il mio affetto e l' amore... Probabilmente non ero proprio in grado di amare completamente alcuna donna. Ho amato con tutto me stesso solo il teatro, in definitiva. Quel poco che esso mi ha permesso di guadagnare lo lascio tutto a te, il testamento è dentro la busta, in allegato a questa mia; spero che potrai comprarti una casetta tutta tua, dove coltivare le rose che ami; magari crea tu un incrocio in un vaso, e dagli, se ti va, il mio nome.
Addio, Enrico

Ogni anno Angela, all'anniversario della morte di Enrico, recita davanti il vaso di rose il Romeo e Giulietta di William Shakespeare.