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Una stanza buia, un luogo piccolo e angusto con voci, suoni e luci che rimbalzano nel vuoto e riempiono la scena. Le parole si alternano ai suoni, procedono a singhiozzo per mostrarci ogni volta una realtà ambigua. In scena due donne, circondate da quadri parlanti e una grande porta che si apre su un luogo sconosciuto. Una prigione che forse non è una prigione. In scena, l’universo di Amélie Nothomb, sempre carico di dubbi, incertezze, una scrittura capace di rappresentare tutte le sfumature della diversità, dove le carte vengono continuamente rimescolate e dove ciò che appare in un modo, in realtà è altro. Una giovane donna “prigioniera” delle sue paure, vive, convinta di avere il volto sfigurato, su un’isola sperduta con un uomo molto più vecchio (lei ventitré anni, lui settantasette!). Abita un castello privo di specchi, arroccato su una rupe, baciato dal mare e dai venti. E’ possibile una via di fuga? Forse sì, grazie all’arrivo di una giovane infermiera che mostra un’altra faccia della realtà, di questa scatola magica, piena di sorprese. E’ Françoise Chavaigne, una donna di trent’anni, forte e capace, che stabilisce subito un rapporto quasi morboso con Hazel. Non sveliamo il finale, anche perché non c’è. Nel libro l’autrice ne mostra più di uno, nel testo teatrale accade la stessa cosa. Unica via di fuga, unica certezza, in questa realtà difficile e frammentata, l’amore per i libri. Le due attrici sono dinamiche, espressive e ricche nel presentare tutte le sfumature dei personaggi, dell’uomo si avverte soprattutto la voce, scelta difficile da un punto di vista scenico. La regia di Corrado d’Elia mostra frammenti di realtà sospesi, interrotti continuamente (forse anche troppo) da una musica ossessiva. “L'invito è quello di entrare nel gioco e di farne parte. La regola è chiara. Siamo tutti nello stesso tempo vittime e carnefici di noi stessi e degli altri” . E’ quello che cerca di dirci la giocane Hazel che appare sullo sfondo di tanto in tanto. Attraverso un evocativo “Ehi, mi sentite?”, si rivolge al pubblico con tre parole chiave: Immaginare, sentire e risolvere, per capire chi siamo. Ma forse ai nostri giorni occorre un successivo sforzo, un ulteriore rovesciamento del reale, come diceva Foucault: scoprire che cosa siamo, rifiutare quello che siamo, immaginare e costruire quello che potremmo essere…Fino al 14, Luglio al Teatro Libero, c’è ancora tempo per mettersi in gioco.

Mercurio Teatro Libero
(MOMENTS IN LOVE)
progetto e regia di Corrado d'Elia
da Mercurio di Amélie Nothomb
regista assistente Claudia Negrin
assistente alla regia Luca Ligato
con Monica Faggiani, Valeria Perdonò e Antonio Rosti
scenografia di Giovanna Angeli e Caterina Turrone
costumi di Stefania Di Martino
luci di Alessandro Tinelli
fonica Mauro Magnani