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Caro Diario,

se n’è andato Claudio, Claudio Meldolesi.

È morto sabato 12 settembre, a Bologna, dove l’abbiamo seppellito alla Certosa. Non rivedremo più il suo sorriso largo, sghembo, un po’ da clown, non udiremo più la sua voce dire cose penetranti, intelligenti, sottili e divertenti o anche molto tenere, commoventi, a volte di una intimità che normalmente non ci aspettiamo di incontrare in pubblico. Non aveva certo il borghese pudore dei sentimenti; molte volte lo abbiamo ascoltato parlare con commozione dell’altro grande scomparso, Leo De Berardinis e sempre “al presente”.

Come ha scritto l’amico Gianni Manzella sul Manifesto “oggi ci manca l’amico suscitatore di pensieri, il compagno appassionato di quarant’anni di nuovo teatro italiano: la sua curiosità intellettuale e la sua passione civile lo hanno costantemente tenuto a contatto con il teatro vivente, in una concezione non mercificata dell’arte contemporanea”.

Claudio era un amico del Premio Riccione: partecipò alla rifondazione del Premio, quando Franco Quadri venne chiamato a Riccione, a metà anni Ottanta; in quegli anni la sua natura generosa e la consapevolezza che “la memoria dell’arte dell’attore è destinata a una periodica cancellazione” lo portò a impegnarsi a fondo nel recupero dell’archivio europeo del Living Theatre costituendo, con la collaborazione del Premio Riccione, la Fondazione Julian Beck che riuscì, grazie all’illuminato Istituto dei Beni Culturali di Bologna e soprattutto alla santa pazzia di Serena Urbinati, bolognese e attrice del Living, a recuperare il bagaglio del Living: giaceva in deposito in un magazzino di Parigi da dove arrivò a Riccione, in una notte buia e tempestosa, sul camioncino guidato da Serena, che aveva scavalcato le Alpi con anarchica noncuranza di permessi e documenti.

Lo ricordo in particolare in due occasioni: quando tenne una conferenza al Palazzo del Turismo a Riccione nel 1997, per i cinquant’anni del Premio; ci disse allora di come il Premio fosse stato ri-centrato sul teatro contemporaneo proprio dalla eccentricità teatrale di Franco Quadri, che tolse il Riccione dalla stanca tradizione italiana del “teatro di prosa” per immergerlo in una concezione più ampia e più profonda di drammaturgia contemporanea.

Caro Diario, ricordo Claudio ai festival di Santarcangelo, dalla ri-fondazione del festival nel 1978, da parte di Roberto Bacci e delle compagnie allora dette di “terzo teatro” che, con l’attiva partecipazione di massa degli abitanti, ri-fecero il festival, da capo a piedi. Lo ricordo specialmente negli anni della direzione artistica di Leo De Berardinis, tutti e due un po’ donchisciotteschi e dunque invincibili, direbbe Erri De Luca.

Caro Diario, ho visto Claudio l’ultima volta alla Civica scuola di arte drammatica di Milano, all’incontro sulle “buone pratiche” teatrali, organizzato da Mimma Gallina e Oliviero Ponte di Pino: fu un intervento artistico, un pezzo di teatro.

Caro Diario, Claudio ci mancherà, ci mancherà molto, anche se per un lungo tratto saremo accompagnati dalle sue opere e dal ricordo del suo sorriso e della sua voce.