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Dal 2 all'11 ottobre al teatro Comandini di Cesena, nell'ambito dell'evento “Màntica contro ogni evidenza”, questo inaspettato, e forse anche non prevedibile, incontro confrontro tra Chiara Guidi ed Emanna Montanari.
Tralasciando il racconto delle storie da cui nascono queste due figure eccentrice del teatro attoriale italiano contemporaneo, perchè certo superfluo, ma non dimenticandone la diversità se non, talora, la progressiva 'divarificazione', nasce da questo incontro una bella drammaturgia che definirei delle 'dissonanze', dissonanza tra il fascino della sottrazione, del vuoto dissodato dalla parola e dal suono lavorato fino all'ossessione, e la gioia potente della parola come strumento per costruire spazi, riempiendoli, e per raggiungere orizzonti, ovvero dissonanza, questa indotta da una società brutale, tra la vita e la morte spezzate nel loro eterno dialogare. In questa trama narrativa delicata, sempre pronta a strapparsi al pari delle icastiche scenografie bianche come lenzuoli stesi al sole, entra Rosa Luxemburg, quasi casualmente, ma con una capacità immediatamente percepita di riarticolare, riannodare armonicamente il dialogo artistico e anche fisico tra le due protagoniste. Rosa Luxemburg, e il suo straordinario comunismo libertario, irrompono grazie ad un affastellarsi di suggestioni che legano Rosa Luxemburg ad esempio alla giornalista Politkovskaja e alla sua denuncia del potere, ovvero alle donne cecene che con forza rivendicano notizie sui loro desaparecidos, in una sorta di filo rosso sottile ma robusto che lega tra di loro tante esistenze al femminile. Da qui il ringraziamento ad Igort per i suoi “Quaderni russi”. Ma qui, Rosa, ha spazio non tanto per la sua storia, personale o civile, che in effetti resta sempre al di fuori della sintassi drammaturgica e testuale, quanto per una sua formidabile capacità metaforica, tale da riflettere come in uno specchio il percorso interiore e creativo delle due artiste e da organizzare quel filo rosso in una organica trama di narrazione, molto personale ma per questo inevitabilmente 'universale'. Pietra di paragone, in effetti, non soltanto delle singolari storie artistiche delle protagoniste, quanto del confondersi concreto e quotidiano della vita e della morte, in un confronto che si ripete identico quasi, nella sua essenza, per ognuna delle nostre esistenze. Un conflitto che contiene in sé e quasi riassume ogni altro conflitto, come in Rosa donna tanto ricca e feconda di vita che la morte non spezza, ma in cui la morte, dalla vita, viene quasi scavalcata. L'epistolario dunque non come lascito ma come esempio, in una didattica dell'amore per la vita che non si placa. Tra gli altri conflitti così riassunti emerge soprattutto il possesso, o il desiderio di possesso, come sentimento di sopraffazione e di chiusura che esclude l'altro da sé ma non ne può fare a meno. Poco lontano da qui in effetti è la nostra interiorità non solo psicologica ma soprattutto esistenziale, impastata dal e nel conflitto con gli altri, e poco lontano da qui, nello spazio e nel tempo, sono i luoghi evocati in cui i fantasmi della violenza, interni ed esterni, si sono manifestati rompendo ogni confine psicologico o anche etico. Tra Ermanna Montanari e Chiara Guidi si sviluppa così un confronto che è come una partita a scacchi che tende ad occupare spazi sottratti all'avversario, conflitto di cui la voce e le sue modulazioni, talora così 'diverse' e per questo così armoniche e coerenti nell'amalgama della musica intensa di Giuseppe Ielasi, ed i movimenti corporei e scenici, compongono il codice insieme ermetico e straordinaramente evocativo. Così la trama estetica si infittisce fino ad una divaricazione apparentemente insuperabile e anche 'urtante', quando la morte sembra prevalere fino a cancellare ogni speranza. Chiara, sopraffatta dallo scuro colore della morte è trascinata fuori, ed Ermanna si assume l'onere di rivendicare, attraverso le parole della lettera della possidente bavarese a Karl Kraus, la morte, del cuore e della mente, come destino dei più. È una vittoria però apparente, come quella su Rosa Luxemburg, e l'arte può, ha il potere di riannodare il dialogo fino a disarmare il mondo. In scena restano, o meglio ritornano, due donne capaci di apprendere e per questo capaci di insegnare, capaci di dare e per questo capaci di prendere. Due sorelle, di nuovo somiglianti, anche nell'abbigliamento, e di nuovo riavvicinate proprio dalle loro diversità. Uno spettacolo complesso, in cui la forza singolare e singolarmente diversa della recitazione di Chiara Guidi e di Ermanna Montanari sembra moltiplicarsi, come le onde di uno stagno in cui Rosa Luxemburg è ilsasso lanciato di sorpresa, uno spettacolo anche 'spiazzante' e distonico che talora prende in contropiede anche lo spirito più 'barricato'. E' in ogni caso un evento raro, di quelli che spesso non si ripetono perchè non possono ripetersi.