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Il Teatro Filodrammatici apre la nuova stagione teatrale con “Push Up  Spintarelle”, dell’autore tedesco Roland Schimmelpfennig, una produzione firmata da Bruno Fornasari. Si apre con un testo difficile ma di grande attualità, si esplora il mondo del lavoro all’interno di una grande azienda. Si parla del lavoro. Del lavoro che non c’è. I giovani manager di spintarelle il lavoro invece ce l’hanno, vivono per il lavoro, per fare carriera,  vivono per l’azienda e hanno perso in questa forte dimensione individuale, il senso del sociale. L’assenza della dimensione sociale, la perdita dell’aggregazione, della solidarietà fra i lavoratori stessi, in  nome della globalizzazione, annuncia la fine dell’organizzazione sindacale. Tutti sono in gara e in questo continuo gioco di apparenza, ognuno perde qualcosa, affetti, emozioni, rispetto di sé. Il testo coglie tutte le parole d’ordine che hanno portato a questa perdita: competizione generalizzata tra lavoratori, al fine di incrementare profitti; competitività come nuova forma della lotta contro i lavoratori, ma anche come fattore che alimenta conflitti tra i lavoratori stessi; efficienza e affermazione di sé “peack performance”; flessibilizzazione del lavoro che rende i lavoratori molto meno tutelati,  tutti temono di essere licenziati da un momento all’altro.  Nel racconto teatrale ogni personaggio spinge per  dirigere la filiale di Nuova Delhi, ognuno mira a raggiungere il 16° piano, quello con i tappetti che attutiscono i rumori, quello arredato con gusto e lusso. Il giovane drammaturgo, nato a Gottinga nel 1967 usa una parola scenica veloce e tagliente, frammentata, persa nell’unità di tempo del presente, per raccontare luoghi di lavoro nevrotici, luoghi di carriera, lotte per il potere, dove i desideri di vita vera, relazioni affettive, emotive sono completamente annullati dagli obiettivi dell’azienda, efficacia e efficienza personale in nome degli standard di qualità, in nome del mercato. Uomini e donne che vivono per l’azienda, ostaggi del miglior rendimento. Il testo teatrale gioca molto sulle ripetizioni ossessive, nel dialogo ma anche nel monologo, che diventa una fuga onirica da una realtà tagliente. I giovani attori cercano di rendere l’opacità di questo mondo attraverso una recitazione quasi televisiva con una gestualità che richiama certi personaggi mediatici. Bravi nel raccontare senza eccedere. Molto difficile, per la regia teatrale, riuscire a rendere queste visioni di sofferenza, lavoro complesso. Questa difficoltà si coglie in alcuni momenti della rappresentazione, che appaiono eccessivamente lenti. Impresa ardua rendere la fissità di un testo attraverso la rappresentazione. Il lavoro del regista però è anche questo. Raggiungere in ogni caso un principio di fascinazione, ricreazione magica, attraverso un sistema di segni che colpiscano la percezione dello spettatore. Uno dei tratti distintivi di una buona regia è quello di conquistare un piacere eccitante , che stimola il ragionamento, lasciare allo spettatore la sensazione che nel gioco dialettico fra parola scenica e azione scenica ci sia un equilibrio. Altrimenti tutto sfugge e si esce con la sensazione d’inadeguatezza. Troppi segni, nessun segno. Lo spettatore è saturo e il suo piacere si ferma. Quando parlo di piacere non intendo quello effimero, ma quello proprio della comprensione, piacere intellettuale, di un incontro, piacere di un viaggio, rimanendo fermi in poltrona.

PRIMA NAZIONALE
PUSH UP 1-3 (spintarelle)
09 / 28 ottobre 2012
di Roland Schimmelpfennig
traduzione Umberto Gandini
regia Bruno Fornasari
con (in ordine di apparizione) Michele Maccagno,Emanuela Villagrossi,
Vanessa Korn, Tommaso Amadio, Marta Belloni, Michele Di Giacomo
scene e costumi Erika Carretta
disegno luci Andrea Diana
assistente scene e costumi Eleonora Rossi
assistente tecnico Alice Manieri
assistenti alla regia Filippo Renda, Giuseppe Salmetti
Produzione Teatro Filodrammatici