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Il titolo di questo spettacolo non può che portarci a Manlio Santanelli, drammaturgo napoletano che quest’anno presenta una nuova edizione del suo famosissimo testo, coinvolgendo nella regia Piepaolo Sepe. Il connubio appare vincente, la sala del Piccolo Bellini è gremita: amici, attori, giornalisti. Tutta la Napoli teatrale è presente alla prima di questo spettacolo, immancabile l’autore seduto tra il pubblico. Dal 23 al 28 ottobre, la sala adiacente al Teatro Bellini di Napoli, accoglie un folto pubblico. Alle pareti locandine, riviste, foto, tutto materiale appartenente alla storia del teatro napoletano del 900, quasi un sostegno forte per le fondamenta di questo spettacolo. Sulla scena due letti, un  grande tavolo centrale, sul fondo uno specchio inclinato che ci permette di seguire gli attori anche da un’altra prospettiva. In alto, tra le corde e le travi reali del teatro, delle assi di ferro, scenografia apparentemente generica ma in realtà, nella sua semplicità, il terzo vero protagonista della vicenda. La parete di fondo ripresenta la scritta “Uscita d’emergenza”. Al primo sguardo in effetti la casa dei due personaggi principali, interpretati da Rino di Martino ed Ernesto Mahieux, sembra un teatro in disuso, un cinema in malora, un back stage di un locale da avanspettacolo. La metafora teatrale accompagnerà tutta la vicenda, tutto lo spettacolo, tutte le simbologie. La vita viene intesa come teatro, ma non nell’accezione banale della metafora, né in quella plateale, bensì nell’ironia amara e deludente che a volte il palcoscenico e la vita possono presentare. La Napoli del terremoto e dei bradisismi, fenomeni di abbassamento e innalzamento della terra: geniale intuizione per cominciare a raccontare una storia partenopea. Qui, però, a differenza di altro genere di teatro napoletano, la caricatura dialettale e a volte scurrile si ferma sempre al limite, non diventa mai volgare, mai bassamente comica, ma si riversa nell’amara realtà. L’eleganza del testo di Santanelli ha la capacità di costituirsi di un duplice piano: quello superficiale, a volte comico, fortemente narrativo, caratterizzante i personaggi in maniera specifica, e quello profondo, simbolico, dalle metafore e paragoni inattesi, che non rimangono nascosti, bensì affiorano improvvisamente con levità e sorpresa. Il tutto si evolve anche dopo, quando si torna a casa, perché si continua a riflettere: come in Ruccello, il microcosmo contiene l’analisi universale dell’uomo. Un prete omosessuale dalla psicologica complessa e influenzata dal ricordo di un rapporto morboso con l’unica donna della sua vita, la madre. Un ex attore tradito dalla moglie e in cerca di una casa. Entrambi si ritrovano in un quartiere di Napoli disabitato a causa dei bradisismi: nasce in loro la stupida illusione di possedere una parte della città. I due convivono nell’attesa di un cambiamento, almeno apparentemente. In realtà hanno deciso di morire, un po’ alla volta, fino a non riuscire più a mettere piede fuori. Un ambiente serrato, polveroso, dove l’alto soffitto dalle assi di ferro si abbassa pian piano e imprigiona, ingabbia i due protagonisti a fine spettacolo. Le manie, le confessioni, i ricordi, tutto viene sfogliato brutalmente all’interno di questa casa-prigione, dove il suono di un telefono, dimenticato in un cassetto dopo mesi di silenzio, risveglia un alito di speranza. Subito sopita.  Il ricordo del passato riveste questi personaggi di una maschera ormai sbiadita: non appare mai una vera volontà di speranza nelle loro parole, bensì un ritorno continuo ad un passato migliore e un rifiuto della società esterna. La vacuità del presente, la clausura forzata, spingono i personaggi a mettersi a nudo, rivelando le proprie debolezze. E solo dopo le confessioni, essi rimangono bloccati per sempre all’interno della casa fatiscente. I due attori appaiono profondamenti tagliati per interpretare questo spettacolo, si legano perfettamente, facendo scivolare la storia  con alternanza di varie intensità. Tra i due ottimi attori sottolineiamo Rino Di Martino, apprezzato attore napoletano che qui dimostra ancora una volta la sua bravura nel passare con naturalezza dalla comicità napoletana alla commozione più intensa, in una mescolanza tra tradizione e profondità tematiche. Se sul palcoscenico della vita c’è chi entra e chi esce dalla porta principale, c’è anche chi sceglie l’uscita d’emergenza. Siamo un po’ tutti codardi o semplicemente realisti?

USCITA D’EMERGENZA
Teatro Bellini Napoli
23-28 ottobre 2012
Uscita di emergenza
di Manlio Santanelli
con Rino Di Martino, Ernesto Mahieux
regia Pierpaolo Sepe 
scene e costumi Tonino Di Ronza
disegno luci Salvatore Palladino