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Per il ciclo “Cantiere Campana” del Teatro della Tosse di Genova, la sala Dino Campana ha visto dal 13 al 17 Novembre ciò che può definirsi un esordio fiammeggante, quello di una giovanissima attrice, Linda Caridi, che mostra qualità recitative notevoli ed una sapienza attoriale che attende solo nuove prove che ne attestino la maturità. È la protagonista di un assolo che non è monologo o teatro di narrazione e parte da un testo dalla sintassi drammaturgica raffinata e complessa. Blu della brava Laura Forti è in effetti in grado di articolarsi sul palcoscenico con dinamismo e prospettiva a più dimensioni, trasformandosi in drammaturgia a più facce e a più piani di lettura, così, da un lato, da sondare in profondità gli accenti di una psicologia in costruzione, e, dall'alro, da spalmarsi, quasi, su una superficie figurativa ricca di sfumature significanti. La Caridi, ben guidata dall'ottima regia di Piero Judica, presta il suo corpo e la forza materica della sua voce dalle sonorità forti ed antiche, tipiche di quel dialetto del sud ma rafforzate dalle mescolanze con l'italiano colto, ad un progetto scenico centrato su quella che, una volta, si sarebbe definita 'educazione sentimentale'. Una educazione sentimentale drammaticamente e anche tragicamente contemporanea che fa i conti, senza mai distogliere lo sguardo e soprattutto senza mai farlo distogliere a noi, su una identità femminile offesa e che non accetta più di essere offesa. È un percorso di crescita, quello di Maria Concetta, che la porta lontano dal piccolo paese della Sicilia in cui è nata da una madre depressa ed abbandonata, in cui ha subito 'sfregi' materiali e psicologici, verso la metropoli del nord, ma non è una fuga perchè Maria Concetta vuole continuare a fare i conti con quel suo piccolo paese per affermare che i suoi sogni, i suoi desideri, la sua identità possono e devono 'vincere' proprio a fronte di quel paese e dei suoi 'maschi' stupratori ed infelici, dei vari Salvatore e dei tanti Enzo Vitaliano. Un viaggio, dunque, fuori e dentro di sé che raccoglie e salva nel suo andare i simboli e le metafore della condizione sua e delle donne in generale, a partire da Dolores la cugina 'minorata mentale' ma ricca di sentimento. Un viaggio verso l'uomo blu, il tuareg simbolo di libertà e riscatto. Così Lina Caridi, Laura Forti e anche Piero Judica, insieme, non si staccano o si svincolano dalla figura del maschio, nelle sue poliedriche forme soprattutto oppressive, ma lo incalzano, non lo annullano ma lo costringono a gurdarsi negli occhi per vedere finalmente chi sono Maria Concetta e le altre, in attesa che gli equilibri di genere si posizionino finalmente nel loro giusto, e anche reciprocamente felice, punto di equilibrio. Un bello spettacolo dunque, omogeneo e coerente tra scrittura, regia e prestazione attoriale, in grado di colpire a fondo come dimostra la reazione del pubblico e i lunghissimi applausi.