C’era una volta un Piccolo Teatro. Era il teatro della città di Milano, che di “piccolo” – come disse Brecht – aveva solo il nome. In realtà, era piccolo per molte altre cose: la sede angusta, le sovvenzioni sparagnine, l’attenzione di cui lo gratificava l’establishment politico e amministrativo, che sempre gli negò una nuova e decente sede … Ma era sorretto dallo straordinario lavoro di Paolo Grassi e dal genio registico di Giorgio Strehler. Per quattro decenni produsse spettacoli memorabili, fu al centro del dibattito teatrale europeo, e - soprattutto ebbe molti, molti nemici.

Poi, come è legge di natura, qualcosa cominciò a corrompersi: il binomio Grassi-Strehler si era spezzato, Strehler invecchiava, ed invecchiava male: aggrappato al proprio territorio, chiuso ai giovani, come accade in Italia per i vecchi elefanti della politica e del potere. Quando Strehler morì – anche qui, come è legge di natura – il Piccolo Teatro era davvero poca cosa, ma quei quattro decenni miracolosi erano ormai entrati nella storia del teatro, della cultura, dell’arte. Ed è per me motivo di grande malinconia vedere come sempre in minor numero siano coloro che gli spettacoli di quel Piccolo Teatro ricordino per averlo visti di persona: per le giovani generazioni, Grassi e Strehler sono nomi autorevoli sì, ma lontani e sempre più incerti. Ma anche questo – per malinconico che sia – è legge di natura.

E oggi? Direttamente proporzionale alla sua decadenza è la sua prosperità Il Piccolo è oggi Teatro d’Europa (così almeno si legge nei documenti ufficiali e nella carta intestata); come ha smesso di meritarsela, è stato dotato di una nuova sede, nella quale – come Mosè nella Terra Promessa – Strehler non ha fatto in tempo a mettere piede. La città di Milano – in una delle sue più folgoranti manifestazioni di stupidità e di ignoranza – ha intitolato a Strehler la nuova sede (che era tutto merito dell’opera politica di Grassi), battezzando teatro Grassi il magico buchetto di via Rovello dove tutti i più grandi spettacoli di Strehler avevano visto la luce. Giusto e rispettoso sarebbe stato il “viceversa”; ma si tratta ovviamente di una finezza al di fuori della portata culturale di quel sinodo di incompetenza che è il Cda del Piccolo, teatro d’Europa o non d’Europa che sia.
Al binomio Grassi-Strehler è succeduto il tandem Ronconi-Escobar. Il primo impegnato in lucrosissime regie di rappresentanza (si pensi ai cinque spettacoli per Torino), il secondo – frequent flyer di compagnie aeree con o senza bandiera – appollaiato sul suo trespolo di potere ad organizzare rassegne e festival roboanti di nomi e di sigle, inavvicinabile ai comuni mortali (come è stata annosa esperienza del sottoscritto). Sotto di lui, un vero e proprio ministero articolato di uffici e settori, un ufficio stampa che ha il bilancio di una piccola (ma neanche poi tanto!) casa editrice, scarsa attività produttiva, buchi impressionanti come la mancanza di un ufficio drammaturgia cui si possano mandare testi in lettura. (Anche questa – sia, pur tra parentesi – è personale vicenda del sottoscritto, che non ha avuto risposta neppure su opere rappresentate in tutto il mondo, come – tanto per non far nomi – “Tre sull’altlalena”).

Ma la prova sovrana di quanto sia oggi acqua fresca il Piccolo di E.R. è che si realizza nell’esatto contrario di quello che è stato nei suoi mitici primi quarant’anni: grande quanto alle dimensioni, ben sovvenzionato praticamente a piè di lista, e soprattutto…. senza nemici. Sissignori! Il Piccolo Teatro d’Europa non ha più nemici! E perché dovrebbe averne? Dove sono più le battaglie sui grandi temi, come quelle – una volta – per ciò che rappresentavano “Vita di Galileo” o “L’opera da tre soldi”? Dov’è l’odore di zolfo – così eloquentemente rimpianto da Gassman – che attirava sul Piccolo gli anatemi e gli esorcismi dei benpensanti e della conservazione? Benpensante fin nei buchi del naso, allineato, rispettoso, conservatore del mondo così com’è e della poltrone così come sono, alleato a priori di chiunque sia al potere, perfettamente ambidestro e ambisinistro, il Piccolo non ha più un nemico che è uno!

Che pace! Sì: ma che brutto segno!