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Spente le trenta candeline, è terminata da poco la gloriosa manifestazione emiliana organizzata dalla Fondazione Teatro Due su temi e coordinate inerenti la multidisciplinarietà internazionale. Teatro, Danza, Musica, Cinema e dibattiti intellettuali si sono allora avvicendati durante la rassegna, intrecciando un discorso volto a evidenziare le irregolari linee plurali che paiono determinare il nostro presente, attraversato

dall’esplosione di linguaggi dissimili, codici interrelati e mistioni culturali in cerca di fisionomie più chiare. Forse è anche per questo che, a posteriori, è accaduto d’intercettare tra le righe di commentatori e addetti il temuto spettro dell’irrazionalità – in quanto anticamera di incomprensione o stacco dal rassicurante ordine razionale – agitarsi attorno a taluni eventi di Teatro/Danza, sui quali m’intrattengo qui di seguito. Nella fattispecie, mi riferisco al paio di lavori proposti dal Balletto Civile di Michela Lucenti (reduce dal recente Premio dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro) e a quello della troupe belga Peeping Tom.
Si parte dunque con PARADISE (foto di Francesco Carbone) del coreutico collettivo di attori, danzatori, cantori e musicisti guidato dalla caparbia Lucenti. Una radicale reinvenzione delle TROIANE euripidee, implementate da ispirazioni ricavate da Corrado Alvaro e dal suo ULTIMO DIARIO pertinente usanze, politiche e attitudini sociali italiche. Spettacolo potente e ricchissimo di suggestioni, a dire il vero, sebbene bisognoso senz’altro di repliche di rodaggio utili a coadiuvare una serie di rifiniture o correzioni passibili di segmentare in maniera più icastica, asciutta e affilata certuni passaggi drammaturgici, scelte espressive e caratterizzazioni figurali, al fine di incanalarne e veicolarne quindi meglio tutta l’intuibile e variegata forza. Ma va sostenuta e abbordata con massima attenzione l’arte di un’Autrice della scena che si studia di declinare su forme di poesia spettacolare – agita e raccordata coreograficamente – la drammaturgia fisica di ben sedici interpreti scatenati, per incidere così sulla trama molteplice dell’Oggi riflettendolo prismaticamente con lo specchio tagliente e increspato della trasfigurazione artistica. Performer in gran numero, dunque, che assumono le fattezze di Achei guerrieri ed eroine Troiane, presentati uno dopo l’altra nel prologo condotto dalla brava Livia Porzio che danza e parla ritmicamente in abiti e trucchi da Devadasi indiana, sfoggiando un italiano sui generis da straniera emigrata. Stranieri e migranti, del resto, paiono subito i personaggi maggiori dell’arcinoto conflitto avvenuto in Ilio; i quali entrano repentinamente per dislocarsi al volo in vari punti del palco, fissandosi in una posa immobile da figurina tolta a un improbabile Comic Book. Inizio folgorante, in cui l’intera fabula mitica viene sinteticamente esposta per poi lasciare posto alla sola sciarada di azioni danzanti e incastri di scene riversati nel rosso, nell’azzurro e nel blu delle luci modulate da Luca Bronzo. Costante è altresì il rompersi d’onde della colonna sonora che recano nello spazio canzoni pop e d’autore, colte e nazional-popolari, di lirica e gospel, magari al vaglio del canto un po’ imperturbabile di un attore o al suono spiazzante di una cornamusa registrata. Stili, espressioni, materiali disparati e stranianti – pertanto – tra episodi che trafiggono la scena come schegge impazzite, tronchi di legno sparsi per fare e disfare il celebre cavallo di Troia, entrate e uscite solitarie e di gruppo a getto continuo, lingue e dialetti diversi che echeggiano e si rincorrono a punteggiare l’aria di distinzioni e comunicazioni separate, irrelate tra loro, dentro una scena infatti idealmente tagliata in due da vari ingressi e processioni lungo la linea diagonale. D’altronde, si è al cospetto di personaggi incapaci di esprimersi compiutamente in una sensata relazione intersoggettiva fra umani, giacché praticamente dislessici, bestialmente muti o con chiare difficoltà a parlare. E si aggiungano gli evidenti deficit affettivi ed emozionali di tale pantheon di sostanziali irresponsabili: in grado solo di dare la colpa agli altri – a fantomatici dèi, a cui nessuno più crede – e di non guardare invece se stessi; di perpetrare l’indifferenza alle possibilità di un’emendata ricomposizione (il cavallo di legno che si distrugge e si ricrea più volte) e l’uso violento di un’incomunicabilità delle parole o dei gesti. Altroché eroi mitici o tragiche eroine abili a dirci ancora qualcosa. Tutto è recita, oggigiorno, rappresentazione. L’amore e la passione, difatti, presentano i cliché della più inconsistente fiction televisiva, stando a quanto esemplificano (in modo divertente) i tentativi di coito fra un’Elena falsa pentita e un Menelao impiegatizio con disfunzioni erettili; oppure, assumono le tinte – ma non l’impatto comunicativo – della hit musicale di successo da cantarsi o dirsi con distacco al microfono, si tratti dell’indimenticabile NO WOMAN NO CRY di Bob Marley o della canzonetta PARADISE (appunto) di Phoebe Cates. Niente si ricompone, in realtà, alla fine. Poiché il conclusivo balletto d’assieme in stile Bollywood è circoscritto fra un motivetto jazz e la “banana” cantata dal duo Sordi-Vitti in POLVERE DI STELLE, sicché ne traluce una chiara cifra ironica che ne demistifica (ancora una volta) i tratti di mera recita circa una comunità finalmente ritrovatasi in un presunto equilibrio armonico. Non a caso la parata susseguente degli interpreti si svolge, sì, in calibrato cerchio ma per un verso antiorario: a segnalare cioè la dissonanza di un tempo rovesciato; una ruota che continua a girare, tuttavia in senso sarcasticamente avverso sotto un rutilante sciabordio in technicolor. C’è bisogno semmai che ognuno si prenda le proprie responsabilità in siffatto orizzonte intimamente disallineato, come pare suggerire il pannello corporeo creato infine dal magnifico ensemble che si concatena e imbraccia a più mani i dispersi tronchi di legno anzidetti: pezzi, ovvero, di un’andata zattera dei dannati o di un’arca della salvezza perduta che, tuttavia, ora si può di nuovo riassemblare insieme per affrontare il diluvio travolgente di questi nostri giorni contrari.
Altra creazione di Michela Lucenti è PESO PIUMA (foto di Francesco Carbone) - “irriverente azione invocazione anarchica” che la vede in scena come protagonista accompagnata dal vivo dal musicista e cantante Luca Andriolo. Si tratta di un montato da trenta minuti (più o meno) di uno spettacolo ancora in fieri, per cui non si può che sospendere il giudizio. Per quanto, io avessi già visto a settembre una prima versione da quindici minuti immersa nel largo buio della Sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini di Milano, con gli interpreti in sobrie vesti bianche e nere, ed entrambi con dei cappelli a cilindro da maghi di un’inusitata e misteriosa Wonderland da scoprire agendo, lasciandosi indietro ogni passato. Fu un’emozione grande quel quarto d’ora, scolpito nella camera oscura della mente su cui s’arrampicava la voce ruvida e randagia di Andriolo defilato in un angolo, mentre la risoluta artista lanciava la sua sfida allo “splendore delle cose che stanno per finire” mulinando nervosa a centro scena le braccia e scalpitando per saggiare i suoi passi nel mistero del percorso che la chiamava ad andare per “togliere al mondo la sua difesa”. Nella Sala Piccola della multisala parmigiana, invece, ho trovato i colori di un terriccio accaldato d’arancione a recingere uno scuro rettangolo centrale, circondato da una serie di paia di scarpe illuminate da verticali spot luminosi. Una situazione, ossia, pregna di maggiori elementi di definizione e nitore tramite il ricorso a luci, geometrie, campiture e suoni off aggiunti, a scapito però dell’immediatezza compressa in quella descritta aura d’abisso che era, invece, colma di tremanti incognite raggrumate nel freddo di uno sguardo divino che pareva lontano. Abisso sospeso, inoltre, nella spinta decisa – benché segretamente straziante – dichiarata ad abbandonare Padre e Madre per essere Figli solo di se stessi. L’esplorazione avviata dalla Lucenti ha mostrato per ora, oserei dire, i due lati della Luna; attendo perciò con palpitante interesse la conclusione del viaggio e gli esiti che potrà portare a noi, protesi sempre sulle soglie dell’Infinito.
Termino il trittico di disamine occupandomi di 32 RUE VANDENBRANDEN (foto di Herman Sorgeloos) dei Peeping Tom. Conturbante e notevole messinscena incastonata nell’abbraccio glaciale e argenteo di un cielo nordico, in uno scenario nevoso, sotto un suono ricorrente di vento intervallato da musiche che spaziano da folate di sound molecolare all’aria d’Opera, dal karaoke esibito dal coreano Hun-Mok Jung alla bellezza epica di SHINE ON YOU CRAZY DIAMOND dei Pink Floyd (vibrata con potenza da Eurudike De Beul). Ai lati dell’area scenica, due costruzioni con vetrate permettono di fare intravedere l’esistenza in disparte di una donna incinta, quella di una coppia sentimentale facile alle crisi, mentre un paio di amici in transito trova ricetto nell’abitazione accanto, dove risiede pure un’attempata matrona cui spetterà il compito di fare da testimone ai diversi accadimenti fra gli astanti. I quali conducono le loro rispettive solitudini interiori, le agitazioni del desiderio amoroso, le falcidie dell’inespresso fuoco che li abita, al di fuori delle implosioni che accadono fra le pareti domestiche. La scena esterna a queste, infatti, raccoglie i pulsanti tragitti e le fragili esplosioni del didentro: si tratti di conquistare il centro del palco gridando il canto del proprio bisogno di amore o di ricevere attenzioni altrui nel coprirsi indulgente di vanitose carezze; ed ecco poi rombi di tuono e fulmini sopra un saltare di corpi che cascano e si ribaltano, altrimenti sfidando la gravità della vita; oppure, ancora, il roteare di contatti fisici alla ricerca di un fondersi che spezzi qualunque divisione fra anime. Tra una natività e una morte, ondulano più volte spasmi nelle membra dei formidabili danzatori che fibrillano, in tal modo, l’incertezza di darsi completamente agli altri al di là di ogni ego o, per converso, esplicitano il dolore – troppo umano – di essersi concessi con tutto il cuore senza avere ricevuto in cambio niente. È un mondo intero quello offerto, così, dalla compagine belga che squarcia l’animo con le braci di una tempesta di domande sulle nostre nature indecise di esseri terreni e ancorati a limiti, ma che in verità appartengono alle brezze celesti di qualcosa d’assai più vasto e che ci porta via.

PARADISE
da TROIANE di Euripide e L’ULTIMO DIARIO di Corrado Alvaro.
Ideazione, regia e coreografia: Michela Lucenti.
Costumi: Emanuela Dall’Aglio.
Luci: Luca Bronzo.
Tecnicismi: Francesco Traverso.
Interpreti: Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Ambra Chiarello, Andrea Coppone, Massimiliano Frascà, Francesco Gabrielli, Raffaele Gangale, Filippo Gessi, Francesca Lombardo, Michela Lucenti, Gianluca Pezzino, Livia Porzio, Emanuela Serra, Chiara Taviani, Teresa Timpano.
Produzione: Balletto Civile e Scena Nuda;
in collaborazione con Fondazione Teatro Due.
Parma, Teatro Due - Spazio Bignardi, 14 novembre 2012.

PESO PIUMA - irriverente azione invocazione anarchica
Ideazione, messa in scena e interpretazione: Michela Lucenti.
Musiche originali eseguite dal vivo: Luca Andriolo.
Produzione: Balletto Civile.
Parma, Teatro Due - Sala Piccola, 17 e 21 novembre 2012.

32 RUE VANDENBRANDEN
Concept e direzione: Gabriela Carrizo e Franck Chartier.
Drammaturgia: Nico Leunen e Hildegard De Vuyst.
Scene: Peeping Tom, Nele Dirckx, Yves Leirs, Frederik Liekens.
Costumi: Diane Fourdrignier e HyoJung Jang.
Luci: Filip Timmerman e Yves Leirs.
Musiche e composizione sonora: Juan Carlos Tolosa e Glenn Vervliet.
Danza e creazione: Seoljin Kim, Hun-Mok Jung, Marie Gyselbrecht, Jos Baker, Maria Carolina Vieria / Sabine Molenaar, Eurudike De Beul.
Produzione: Peeping Tom.
Coproduzione: KVS Brussel, Künstlerhaus Mousonturm Frankfurt Am Main, Le Rive Gauche Saint-Etienne-du-Rouvray, La Rose des vents - scène nationale Lille Métropole - Villeneuve d’Ascq, Theaterfestival Boulevard ’s-Hertogenbosch, Theaterhaus Gessnerallee Zürich, Cankarjev Dom Ljubljana, Charleroi/Danses, Centre chorégraphique de la Communauté française de Belgique.
Parma, Teatro Due - Sala Grande, 20-21 novembre 2012.

Links:
www.teatrodue.org
www.ballettocivile.org
www.compagniascenanuda.it
www.peepingtom.be