Confesso: non amo i twitter. Meglio, l'ideologia del twitter. Mi sembra solo un grande gioco di società, un salotto in cui è "obbligatorio" starci, se no non si è alla moda. Bigliettini e cicalecci. Spifferi. Quello ha sbadigliato, quell'altra ha ruttato, ma

come, non lo sai? Non lo sai? Non sei informato? No, non lo sono. Posso? O si deve "seguire" per forza? Ho sempre diffidato delle mode, mi sono sempre sembrate le scorciatoie al moderno, che invece va aggredito in profondità, con cuore saldo e pensiero lucido. Moda e conformismo vanno a braccetto, come il Gatto e la Volpe, e impiccano i burattini creduloni. Poi però vedo Massimo Marino che lo usa in abbondanza, e allora ci ripenso: se lo fa Massimo, che non è certo persona superficiale, ma capace di sguardi sulfurei sul teatro e sul mondo, allora un senso può avercelo. Perché quello che, al contrario, mi affascina della critica sulla rete, è proprio il suo carattere fluviale: di poter scrivere dieci righe in più che dieci righe in meno, di essere generosi e non avari, di prendersi il tempo largo della recensione-saggio-riflessione sull'opera, visto che in genere chi crea le opere impiega a sua volta un tempo largo, tanto tempo, per farle venire al mondo. E mi affascina anche che la rete ospiti penne intelligenti e sorprendenti che i grandi giornali o certe baronìe universitarie ignorano. E' vero, resta il problema del non essere pagati: essere o non essere? Tutti desideriamo il giusto "salario", come un diritto, ma come sapevano i grandi riformatori del teatro, da Copeau a Mejerchold, ci pagano per fare il teatro inutile che non ci piace, per fare invece quello necessario che ci piace dobbiamo pagare di tasca nostra. E se questa "regola" vale per chi fa teatro, vale anche per chi ne scrive. Conclusione: di soldi ce ne saranno sempre meno. Occorre che gruppi e teatri rinsaldino la loro alleanza virtuosa con i siti di critica teatrale, all'insegna di una autentica "coltura teatrale": come saggi contadini, seminare e dissodare ogni giorno, in profondità, il campo del sapere scenico.