Il dramma del mese
La tattica del gatto di Gianni Clementi
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La tattica del gatto ha vinto il premio "Vicini sconosciuti" ed è stato rappresentato nel gennaio 2003 a Graz capitale europea della cultura 2003 al Theater im Keller con la regia di Alfred Haidacher. Gli interpreti: Eva Weutz, Norbert Hainschek, Willy Haring, Tino Sekay e Bernd Sracnik. Nel settembre scorso si è inoltre aggiudicato il premio "Enrico Maria Salerno". La versione italiana del testo andrà in scena nella stagione 2004/05 con la produzione dell'Associazione Teatrale Pistoiese.
Le motivazioni dei premi:
(Vicini sconosciuti) Il brano vincente italiano “La tattica del gatto”, che ha inaugurato il Concorso il 23 gennaio 2003, smantella la grande menzogna persistente fra due vecchi amici che tornano ad incontrarsi dopo 20 anni. Una donna, amata un giorno da entrambi, è stata la causa scatenante della degenerazione di una grande amicizia, trasformatasi in odio, fra i due antichi compagni di squadra (sono ambedue ex calciatori). Uno “Strindberg light” ambientato nel mondo del gioco dei giochi – non solo in Italia- : il Calcio.
(Enrico Maria Salerno) Un lungo piano sequenza di taglio cinematografico ma di assoluta teatralità, su una partita che si gioca in trent’anni e si risolve in sconfitta per entrambi i giocatori. Nella Roma anni 60’, tra locali notturni e panchine di spogliatoio, l’autore intreccia i destini di due calciatori e due generazioni, con sguardo neorealistico e un linguaggio che rivendica le potenzialità poetiche del dialetto romano. Nel ritmo scandito dall’uso del flashback, le colpe dei padri ricadono sui figli attraverso una struttura che modernamente trasforma l’ineluttabilità della tragedia antica in un giallo contemporaneo.
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La stampa:
Tattica geniale fa colpo sul pubblico del TiK. Applausi frenetici e prolungati al Teatro in Cantina di Graz per il brano vincitore del Concorso “Vicini sconosciuti”. “La tattica del Gatto” si è dimostrata quella vincente. Insieme: La prima del brano “La tattica del Gatto” di Giovanni Clementi, testo silenzioso e profondamente umano al Teatro in Cantina di Graz si è trasformato nella festa di un dramma che parla con molto sensibilità e senza esagerazioni delle nostre nostalgie, dei desideri e delle delusioni umane e che è caratterizzato principalmente dal convincimento che in questo mondo si riesce a sopravvivere solo insieme. A bordo campo. Il drammaturgo italiano riesce in modo molto conciso e sensibile a trasmettere al pubblico i ricordi, i sentimenti e le emozioni che vengono a galla in occasione dell’incontro di due vecchi amici che si rivedono dopo quarant’anni. Da giovani tutti e due amavano Carla, una cantante; tutti e due furono calciatori famosi: Ettore, il più giovane come attaccante e goleador, Valentino, il più vecchio dei due come portiere. E Carla fu la più bella al bordo del campo di gioco. Calcio italiano. Alfred Haidacher, il regista riesce a mettere in scena questa storia di relazioni assai complessa che mette il dito nelle piaghe del (non) vissuto senza fronzoli inutili ponendosi domande fondamentali che prima o poi ci poniamo tutti: Come sarebbe andata se….? Il calcio metafora del gioco della vita, ricco di falli nascosti e dolorosi. Squadra miracolo. “La tattica del gatto” è il brano vincitore del concorso per drammaturghi organizzato nell’ambito del progetto a lungo termine “Vicini sconosciuti” del Teatro in Cantina insieme a “Graz 2003”; un atto unico molto complesso, messo in scena da un regista avvalendosi di attori altrettanto bravi: Eva Weutz, Norbert Hainschek, Willy Haring, Tino Sekay e Bernd Sracnik formano una squadra miracolo del palcoscenico.
Gisela Bartens (Kleine Zeitung)
Avvincente gioco di scacchi gigante degno di Hollywood – tattica psicologica sul campo di calcio. L’Italia ha vinto la partita europea a Graz con il favoloso brano di Giovanni Clementi “La tattica del gatto”. E’ raro incontrare una simile armonia tra pubblico e attori in occasione di una gara sportiva com’è stato il caso al “Teatro in Cantina” di Graz, attualmente luogo d’incontro per la partita psicologica tra due eroi del calcio. “Die Taktik der Katze”, questo è il titolo della traduzione tedesca di Ingeborg Kanz del brano “La tattica del gatto” di Giovanni Clementi, nato nel 1956 a Roma. Clementi fa passare in rassegna l’amicizia di due ex colleghi di squadra, i loro trionfi in comune e le loro reciproche menzogne. Alla prima di mercoledì, alla quale ha partecipato anche l’autore del brano evidentemente commosso, il pubblico si è dimostrato entusiasta della grandiosità del brano e dei drammatici goal degli attori diretti dal regista Alfred Haidacher. Una splendida partita “Alpe Adria” nella capitale europea della cultura 2003. Con più di 300 testi su un totale di 508 l’Italia ha vinto il concorso drammaturgico “Vicini sconosciuti” organizzato dal “Theater im Keller” insieme all’iniziativa “Graz 2003” davanti alla Slovenia e all’Ungheria e con esso il premio di 5100 euro consegnato all’autore in occasione della prima rappresentazione della rassegna.
Clementi costruisce una partita di scacchi finemente psicologica. Il portiere Valentino chiamato “il gatto” aiuta il suo amico Ettore chiamato “l’anguilla” a fare carriera come centrattacco ma nello stesso tempo gli soffia la ragazza. Da questo fatto nasce una guerra con terribili sconfitte per tutti. Assistiamo profondamente commossi ad una retrospettiva drammatica piena di umorismo realistico, dolore profondo e vendetta spietata e composta di un susseguirsi di scene simili a sequenze di un film che permettono di presentire la catastrofe che avverrà 40 anni più tardi: Scene d’azione concitate e frequenti tagli conferiscono un enorme tempo al gioco complesso del team degli attori che armonizzano perfettamente tra di loro. Nella partita d’amore con dama di cuori – nonostante i suoi falli perfidi - Bernd Sracnik nella parte di Valentino segna una serie di grandiosi goal nella simpatia del pubblico. Forse un giorno vedremo “La tattica del gatto”anche sul grande schermo perché già nel 1998 hanno tratto un film dal titolo “Due volte nella vita” da una commedia di Giovanni Clementi.
Elisabeth Willgruber (Die Presse – Vienna)
E’ il calcio che regna attualmente al „Teatro in cantina“ di Graz, ma l’azione del brano, vincitore del concorso „Vicini sconosciuti“ (Autore: Giovanni Clementi) realizzato da questo teatro insieme all’iniziativa Graz 2003 – Capitale Europea di Cultura, non riguarda soltanto il gioco del calcio. E’ soprattutto la storia di due vecchi amici che si rivedono dopo quarant’anni smascherando la grande menzogna che ha condizionato la loro vita. Il dramma si svolge parallelamente nel passato e nel presente con molti salti temporali. Alfred Haidacher, il regista, ha realizzato una scenografia basata su elementi girevoli riuscendo in tale modo ad evitare lunghe pause e ad accelerare l’azione. Un ambiente ideale per il gioco degli attori: l’ottantenne Willy Haring (nella parte di Campisi, anziano portiere di fama) fa divertire il pubblico con gentile naturalezza, Bernd Sracnik – il suo giovane antagonista come uomo di mondo aggressivo e collerico. Tino Sekay e Markus-Peter Gössler nelle parti del giovane e del vecchio goleador formano una coppia molto autentica. Eva Weutz, troppo aspra nella parte di Carla convince in quella di Luna. Anche se tagliando alcuni brani, si sarebbe potuta accelerare l’azione, abbiamo assistito ad una serata piena di suspense con una fine sorprendente.
(Kronenzeitung)
Orienti di Duccio Camerini
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Orienti debutterà a Roma al Teatro Belli (in Trastevere) il 28 ottobre 2003. Gli interpreti sono: Duccio Camerini, nel ruolo dell’uomo che non ha un nome Crescenza Guarnieri, Jolanda - Cristina Cellini, Madame Chinoise - Daniele Natali, Camillo Arcangelo Iannace, Fosco - Francesca Rocca, Isolina - Emiliano Passaro, Galerio. Le musiche sono composte da Gianluca Cucchiara. Le scene sono di Tiziano Fario - lo stretto collaboratore e scenografo degli ultimi spettacoli di Carmelo Bene. I costumi sono stati realizzati da Silvia Duranti. Una produzione “La casa dei racconti” organizzata da Duccio Camerini e Cristina Cellini, in collaborazione con la Rag Doll Produzioni e il Centro Culturale “G. Belli”.
“Orienti” è un racconto sulle diversità razziali e le migrazioni in occidente, a cavallo tra un’epoca che muore, quella del mondo contadino, e una che nasce, quella industriale. Grazie a questa tematica, “Orienti” viene presentato con il patrocinio dell’ Alto Commissariato dell’ ONU per i rifugiati, ACNUR.
I tre testi che compongono “Orienti” sono scritti secondo il linguaggio del TeatroInAscolto – che già la compagnia aveva sperimentato nei suoi precedenti allestimenti – e sono stati oggetto di studio in uno stage di tre mesi promosso dalla “Casa dei racconti” insieme all’Assessorato alle politiche culturali del Comune di Roma.
Di cosa parla:
“Voi al posto di chi vivete?” con questa domanda ha inizio la prima parte di Orienti. E' la storia di un uomo che non ha un nome. Ed è anche la storia di un ragazzo che è stato battezzato troppe volte. E la storia di un uomo che non vorrebbe più essere chiamato da nessuno.
E di una ragazza che resta con un nome dentro la testa per tutta la vita. Ma è anche la storia di una zingara che non si ricorda più dove è nata. E di una donna che cerca la sua rinascita verso il tramonto. E infine di un uomo che trova gli alberi nel deserto. È una storia che si svolge in Italia. E si svolge in Montenegro. Si svolge in Libia. Si svolge in America. È una storia che forse parla del futuro. Comincia nel 1878.
I tre spettacoli e i loro giorni di rappresentazione:
Orienti 1 – La Chiamata (1873-1911) Martedì, Venerdì
Orienti 2 - Il Viaggio nella Notte (1912-1939) Mercoledì, Sabato
Orienti 3 – L’Alba (1940-?) Giovedì, Domenica
Gli spettacoli sono tra loro complementari, ma del tutto indipendenti l’uno dall’altro. Lo spettatore può decidere di assistere agli spettacoli seguendone l’ordine, oppure scegliendo un proprio autonomo “percorso”, o vedendone anche uno solo, anche fosse il numero 3.
Sul confine di Leonardo Franchini
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Sul confine è stato presentato al Festival di Todi nel settembre del 1989 con un grande successo di pubblico e critica (fino ad oggi unico caso di replica straordinaria nella storia del Festival di Todi). Prodotto dalla Compagnia di Valeria Ciangottini e Pietro Biondi, che hanno interpretato i due personaggi, per la regia di Paolo Emilio Landi. Lo stesso spettacolo è stato trasmesso più volte su Rai 3 nel 1991.
Di cosa parla:
L'incontro tra una terrorista in fuga, braccata dalla polizia, e un prete relegato a svolgere la propria missione religiosa, priva di una sincera vocazione, in una gelida chiesetta di montagna, frequentata solo da pochi anziani. Ne nasce una cruda riflessione sulla fede, politica da una parte, religiosa dall'altra.
La stampa:
La pagina de "Il Messaggero" dell'8/9/2003
P.M.T. "Italia Oggi"
Gli anni di piombo possono finire anche in una sperduta chiesetta tra le valli alpine, dove trova ripaqro una terrorista inseguita dalla polizia, aiutata a malincuore da un prete che non ha più niente da fare in quella solitudine: scomparsi i fedeli, rimasti pochi vecchi nelle catapecchie valligiane, i quali aspettano di morire cullati dai sermoni del reverendo che somigliano a favole per bambini indifesi. Così in poco meno di un’ora d’intensa drammaticità, si dipana la parabola del prete buono (prete per caso, perché entrò in seminario non avendo altre scelte, senza vocazione, pur di poter studiare, affascinato dai libri) e della terrorista, prima spavalda e poi indecisa, spaurita, fragile, quasi vittima della sua stessa aggressività. Ma in questo dramma di Leonardo Franchini (che di copioni ne ha sfornati una ventina) per la regia di Paolo Emilio Landi, la vera vittima è il prete, di martirio psicologico. E’ lui che vede fallire la propria fede religiosa, non meno della terrorista che sconta il peccato di aver creduto, per fede politica, che il mondo si possa cambiare con la violenza. Come mettere in scena il crollo di ogni ideologia, rivoluzionaria o pacifica, con le armi del teatro. Lei arriva di notte nella chiesetta, al confine con la svizzera, mentre incombe il frullare degli elicotteri degli inseguitori e l’abbaiare instancabile dei cani (di gran suggestione gli effetti sonori che, non meno del giusto dosaggio delle fievoli luci, avvolgono la scena: una chiesa vera, antica e sconsacrata, piccola e commovente, con la ribalta-passerella proprio sotto la navata dove i due protagonisti si muovono a contatto del pubblico, tra l’altare e l’abside). La terrorista si finge morente e chiede la confessione. Il prete è costretto a farla entrare e lei lo ha subito in pugno: non tanto per la minaccia della pistola, quanto perché gli rinfaccia di aver tradito la rivoluzionaria verità evangelica che non esclude la violenza per il bene dei giusti. Allora è lui, il prete, che quasi si confessa e le spiega il proprio fallimento: di sacerdote controvoglia, che in tanto squallore ha solo un po’ di grappa per scaldarsi, per trovare la forza di bruciare gli ultimi banchi rimasti in chiesa, per dare un po’ di calore ai vecchi, raccontando loro che dopo morti non sentiranno più freddo. Quando la terrorista (che aveva ucciso un poliziotto, pentita, ne cerca invano la tomba) torna dopo anni nella chiesetta, nel ricordo cocente di quella notte di disperazione, il prete è anche lui un vecchio malato, cieco, che per non impazzire si trastulla col sibilo di un violino. Allora è lei che sa consolarlo. Gli ripete la favola che raccontava ai suoi vecchi, mentre lui crolla sull’altare, ginocchioni, fino all’ultimo flebile suono consolatore, ravvivato (una speranza della luce del rosone della chiesa, che si stampa sulla parete, inquadrando il volto dell’ex terrorista). E’ Valeria Ciangottini che le presta quel volto, angosciosamente misurato, si direbbe, sulle facce delle vere terroriste che riempivano le pagine dei giornali negli anni di piombo. Il prete è Pietro Biondi, ben aiutato in questo ruolo da un registro di voce sofferto al pari del sembiante. Gli applausi, alla fine, non si sono contati.
Gastone Geron "Il Giornale"
Con la sua mistica atmosfera la sconsacrata chiesetta di San Benedetto è risultata la madrina ideale al battesimo scenico di “Sul confine” di Leonardo Franchini, incentrato sul drammatico incontro scontro tra un’invasata terrorista e un parroco di montagna da sempre vissuto nella solitudine dimissionaria di un isolato borgo a ridossa della peraltro irraggiungibile svizzera. A turbare il vecchio prete arrivato al sacerdozio senza vocazione pur di sottrarsi ad un destino di miseria intellettuale e materiale, e più innanzi consacratosi al confronto spirituale e materiale di una comunità valligiana di anziani ormai senza speranza, e l’improvvisa irruzione notturna nella sua chiesa alpestre di una ragazza inseguita dalle forze dell’ordine dopo una cruenta azione terroristica. La ravvivante acuta regia di Paolo Emilio Landi e del suo assistente Ignazio Chessa ha ridotto all’essenziale gli originali due tempi del trentino Franchini, bipartendo la seconda parte nel prologo e nell’epilogo di una vicenda trasferita a cavallo di un flash-back che evoca, a distanza di un decennio, la notte in cui i rispettivi fragili equilibri del vecchio sacerdote e della ragazza estremista furono per sempre distrutti. E’ una vibrante, intensa, essenziale Valeria Ciangottini a rimandare le nevrosi, gli eccessi, i ripensamenti della ragazza con la pistola, arrivata ad uccidere nell’illusione di vedere l’alba di una nuova epoca, laddove invece era soltanto un insanguinato tramonto. In un capovolgimenti di ruoli e di aneliti, è adesso il prete ad aver perso fiducia, alle soglie di affrontare la giustizia suprema. Merito precipuo di autore, regista, interpreti restano il pudore e l’essenzialità con cui si sono accostati ad uno scottante tema che ancora oggi ustiona le coscienze.
Francesca Bonanni "Il tempo"
Realmente nuovo per il tema che affronta è Sul confine di Leonardo Franchini, presentato nella chiesa di San Benedetto con la regia di Paolo Emilio Landi e l’interpretazione di Valeria Ciangottini e Pietro Biondi. In una sperduta chiesuola di montagna, al confine tra l’Italia e la Svizzera, giunge una giovane terrorista assassina, braccata dalla polizia e dai carabinieri. Ad accoglierla c’è un prete cinquantenne solitario e deluso, sacerdote più per necessità che per vocazione; lo scontro tra i due sui temi morali e religiosi è violento, ma il sacerdote decide ugualmente di salvare la donna, camuffandola con gli abiti di un religioso, impegnato ad officiare la Santa Messa. Passano gli anni e il sacerdote vecchio e cieco, prossimo alla morte, sente la necessità di avere accanto a se’ l’antica ospite (la narrazione teatrale in realtà inizia a questo punto, per poi passare al passato, e ritornare di nuovo al presente. Nell’incontro finale i ruoli dei due interlocutori si invertono e sarà proprio l’ex terrorista pentita a ridare al sacerdote in preghiera dinnanzi all’altare la certezza della fede. Ben vengano, dunque, i temi nuovi; in questo caso poi ottimamente presentati al pubblico da una risoluta e caparbia Valeria Ciangottini e da un tormentato e debole Pietro Biondi. Bravissimi entrambi ed applauditi a lungo dagli spettatori. Per le discrete ma significative scene aveva lavorato Jack Frankfurter, pittore tra i più quotati sul mercato statunitense.
Francesco Quaglietti "Il Messaggero"
Visto il notevole afflusso di spettatori e lo spazio assai ristretto utilizzato, la chiesetta sconsacrata di San Benedetto, largamente insufficiente a soddisfare le molte richieste, Silvano Spada ha consentito, prima eccezione del genere in tre anni, una replica straordinaria di Sul confine di Leonardo Franchini, con Valeria Ciangottini e Pietro Biondi. Il regista Paolo Emilio Landi ha voluto sottolineare l’interesse del pubblico per una tematica di estrema attualità. La risposta e i consensi del pubblico, ha detto Landi, dimostrano che la scelta del direttore artistico Spada di puntare su un giovane autore e un giovane regista, si è rivelata vincente. Altro elemento sottolineato da Landi è stata l’interpretazione intensa e partecipe degli attori che ha valorizzato ulteriormente le qualità espressive del testo. Una cruda riflessione sulla Fede, sia essa politica o religiosa, che l’autore ha sviluppato con efficacia. Una tematica d’impegno civile e di analisi di problemi contemporanei di cui, sempre meno, si tratta in teatro. La risposta del pubblico, ha concluso Landi, è stata per me un incitamento a continuare sulla strada della produzione di spettacoli legati al quotidiano e come giovane regista mi auguro che gli impresari e gli autori scelgano il rischio di produrre spettacoli sempre più legati a problematiche che la gente sente come sue. A teatro si deve tornare a parlare di problemi attuali, si deve avere il coraggio di programmare non solo testi consacrati ma anche spettacoli che diano spazio alla trasfigurazione metaforica del quotidiano.
Kren di Francesco Randazzo
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Kren ha vinto la Prima edizione del Premio Dramma in Rete e sarà prodotto dal Dramma Italiano del Teatro Nazionale Croato HNK Ivan pl.Zajc di Fiume nella prossima stagione teatrale con la regia di Nino Mangano e con Elvia Nacinovich nel ruolo della protagonista femminile.
Motivazione della giuria del Premio Dramma in Rete
Spaventosa, allarmante metafora della condizione umana vittima impotente di un potere dittatoriale assurdo e malefico, il testo di Francesco Randazzo si segnala per la forza simbolica e la semplicità verbale di una scrittura drammaturgica ricca di risonanze teatrali novecentesche, in particolare il Pirandello della trilogia dei “Miti”, che coniuga in un unico lacerante canto poesia e realismo, ideologia e sentimento. L’impeccabile costruzione testuale, attenta ai minimi dettagli, dei gesti e dei movimenti dei personaggi, così come degli insondabili misteri dell’animo umano, riesce a fare convivere in uno stesso spazio scenico il tempo passato e quello presente, come la piega di un’unica immedicabile ferita.
Di cosa parla:
La memoria di una donna trasmessa alla giovane nipote, ricrea il personaggio del marito Alekander, poeta operaio, scomparso anni prima su un'isola di torture, (ispirata a Goli Otok, ma che nel testo diviene metafora universale di "isolamento" e follia della violenza degli uomini sugli uomini) dove venivano deportati tutti coloro che fuoriuscivano dalle strette maglie di una società dittatoriale. E là, come per un'alchimia del bisogno d'umanità, i prigionieri, pur diversi per estrazione, razza, ideologia (cattolici, islamici, ebrei, atei) instaurano una rete di solidarietà ed amicizia che mai nel mondo ebbero. Costretti al lavoro più duro ed inutile, sognano le loro vite passate, un mondo migliore, una fuga impossibile. Nessuno di loro si salverà. Ma un messaggio, attraverso i quaderni del poeta, giunge fino al domani sognato, fino alla giovane nipote, Aurora, attraverso la storia di un amore spezzato, di vite e destini infranti e l'esortazione alla speranza ed al rinnovamento: Non dimenticarmi Non dimenticateci/ Abbiamo sofferto e siamo morti non per voi/ ma per tutti noi che adesso siamo nel vostro/ sangue nel vostro respiro nella memoria vivente/ dei vostri corpi rinnovati Aurora che verrai/ Il tempo passato e il tempo futuro s'incrociano e si mescolano, ricreando un'altra realtà sublimata, evocativa della storia, che viene affidata alle nuove generazioni con fiducia nell'utopia bellissima della libertà e della pace . Tutti si guardano/ e ridono/leggeri/ come rondini/ che non hanno casa/ e vivono nel cielo/ Lo stesso cielo di ogni paese/ da qui fino a Baghdad/ ed oltre.