Articoli e interviste
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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“A Mosca, a Mosca” sognavano tre sorelle prigioniere della provincia russa di oltre un secolo fa, quasi ad indicare che ancora la ricerca della felicità aveva un obbiettivo, un luogo e quindi una possibilità. Nella contemporaneità Olga, Irina e Mascha, sorelle tedesche altrettanto prigioniere nella fatiscente dimora delle loro inespresse e inesprimibili possibilità, non riescono e possono più invocarlo quel luogo, fantastico o forse psicologico, e non conoscendolo o riconoscendolo più ne possono ripetere solo la soffocante malinconia.
La giovane drammaturga tedesca Rebekka Kricheldorf, con questo suo lavoro non riscrive ma sostanzialmente rivive il Checov di “Le tre Sorelle”, o meglio, come acutamente scrive il foglio di sala, “ne incrocia lo sguardo”, in una scrittura e tessitura scenica che quanto più è, come dire, calco riconoscibile di quella narrazione, tanto più apre ed esplora nuove vie di significazione.
Con una lingua pulita e secca, insieme poetica e razionale, cui la traduzione di Alessandra Griffoni nulla toglie
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Con il tuo ultimo lavoro, Robinson Crusoe il Betseller, mi sembra tu abbia avviato una indagine sulla genesi e sulle modalità dell’invenzione narrativa e drammaturgica, genesi e modalità ineluttabilmente fondate sulla parola e sulla scrittura come tramite per dare sostanza ed esistenza ad una storia. È come affondare le mani in un archivio indistinto ed indisciplinato, strutturarlo in scena e dare senso, un senso nuovo ai tanti significati potenziali. È una impressione corretta?
Ricordo un’opera molto giovanile di Giulio Paolini (non riesco a datarla ma erano gli ultimi anni Sessanta): una tela bianca sulla quale l’artista aveva appoggiato un campionario di colori e un tiralinee; era un metadiscorso: facciamo il punto, cioè incominciamo a catalogare gli strumenti; ma, se vogliamo, significava anche: “Sono qui”, perché nell’opera figurativa si legge sempre il gesto dell’artista; si rivela nella pennellata sontuosa del grande maestro ma anche nell’accostamento
- Scritto da Maurizio Sesto Giordano
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L’abbiamo incontrata recentemente al Teatro del Canovaccio di Catania in occasione della messa in scena di “Una sola storia”, spettacolo siciliano e tutto al femminile, tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice agrigentina Elita Romano. Stiamo parlando della regista e drammaturga siracusana Tatiana Alescio, insegnante di interpretazione scenica e drammaturgica all’Istituto Nazionale del Dramma Antico e che, nel 2009, proprio a Siracusa, ha firmato la regia de “Le Supplici” al Teatro Greco, nell’ambito delle rappresentazioni classiche. Tatiana Alescio è direttore artistico e fondatrice nel 2001 dell’associazione culturale “Trinaura”. Con la regista ed autrice siracusana abbiamo discusso cordialmente del percorso artistico di Trinaura, dello stato della drammaturgia, delle difficoltà attuali di chi opera in campo teatrale e dei futuri impegni come regista ed autrice e come gruppo di lavoro.
- Scritto da Emanuela Ferrauto
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Il testo: punto di partenza imprescindibile per questa avventura artistica e culturale, ma soprattutto umana. Sulla scia delle precedenti rassegne, organizzate a Salerno dall’ideatore e direttore artistico Vincenzo Albano, anche durante i quattro appuntamenti di GEO-GRAFIE TEATRI DELLA CONTEMPORANEITÀ, svoltisi dal 24 aprile al 29 maggio, emerge fortemente l’attenzione al testo, fondamento linguistico, sonoro e scenico della nuova drammaturgia del Sud. In passato gli altri eventi salernitani, TEATRO-GRAFIE e PER VOCE SOLA, entrambi organizzati e voluti fortemente da Albano, sono diventati punto di riferimento salernitano nel percorso di monitoraggio della nuova drammaturgia italiana. L’idea di GEO-grafie nasce, appunto dalla profonda attenzione rivolta al testo ma emerge e si fonda grazie soprattutto ai rapporti lavorativi, artistici e personali nati e vissuti negli ultimi anni. L’amicizia e la collaborazione tra la sottoscritta, in veste di consulente di questa rassegna, con Vincenzo Albano, in veste di organizzatore, si protrae attraverso un filo conduttore comune. Monitorare la nuova drammaturgia contemporanea
- Scritto da Emanuela Ferrauto
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Durante la conclusione di questa ricca stagione teatrale ed il debutto di numerosi Festival primaverili ed estivi, che riempiono i teatri ed i luoghi teatrali di tutte le regioni italiane, vorremmo parlare anche del proficuo e costante lavoro intrapreso dall’Ex Asilo Filangieri, forse a volte tralasciato o non del tutto conosciuto e approfondito. Luogo situato al centro storico della città di Napoli, dal 2012 diventa centro autogestito che rivaluta la sede, i luoghi, le sale e realizza un progetto, costante e faticoso, che produce incessantemente cultura. Dai laboratori teatrali a quelli legati alla danza e alla voce, alle esposizioni, ai workshop, alle numerosissime lezioni dedicate ai maggiori autori della storia del teatro, fino agli incontri con personaggi del teatro contemporaneo, non ultimo quello con Romeo Castellucci, l’Ex Asilo Filangieri emerge costantemente per la varietà di scelte e di progetti offerti al pubblico. È incredibile, infatti, la quantità di attività proposte, facilmente analizzabili attraverso le pagine del sito che riportano un’agenda mensile utile al navigatore interessato. Ad aprile scorso, esattamente il 25 aprile, all’interno di un progetto che apre le porte alla città, ai cittadini meno abbienti, a tutti coloro che hanno volontà e curiosità di scoprire cosa accade nella bella sala- teatro di questo luogo inaspettato,
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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La Legge 180, la cosiddetta Legge Basaglia, che ha sancito la progressiva chiusura, sono ormai quasi quarant’anni, della rete manicomiale italiana è una di quelle normative che profondamente, e se vogliamo anche inaspettatamente, si sono radicate nel sentire comune della nostra Società che paradossalmente ha quasi perso la consapevolezza che tale iniziativa fa dell’Italia praticamente un unicum nel panorama della psichiatria mondiale.
Diverso il discorso per quanto riguarda il variegato insieme di esperienze, e di connesse competenze anche innovative, che hanno maturato e reso possibile una conclusione di quel genere, sorta di loro suggello comune. La memoria di tale fervore, coerente con quel clima di profondo rinnovamento che percorreva negli anni settanta l’intera società italiana, sembra essersi in gran parte persa insieme a quella temperie che allora la motivava e stimolava.
Eppure rinnovare tale memoria e renderne di nuovo partecipe questa nostra contemporaneità