Il dramma del mese
Un altro uomo di Giancarlo Loffarelli
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Un altro uomo, è vincitore del XXVIII Premio Fondi La Pastora (2002).
Verbale della Giuria del XXVIII Premio Fondi La Pastora:
Uno scaltro uomo politico è preso in trappola dalla sua amante, una dottoressa, in accordo con l'amante della moglie del politico, i quali temono di perdere gli oggetti dei propri desideri. Infatti nei due coniugi si fa di nuovo strada la reciproca attenzione, di un ritorno di fiamma. La trappola per irretire il politico è una falsa cartella clinica, risalente ai tempi della sua venuta al mondo, che diagnosticava, al momento in cui fosse giunto alla maturità d'uomo, uno sdoppiamento della personalità, una sorta di mutazione genetica della psiche. In sintesi: la fine dell' "animale" politico, prossimo a cambiare pelle per diventare forse un poeta, un artista. La decisione di dimettersi da assessore all'urbanistica scombussola i piani degli amanti che non si aspettavano la reazione omicida del fidanzato della figlia, il quale poneva tutte le sue speranze nell'approvazione di un progetto. La morte violenta del politico diventa per lo sviluppo drammatico il punto nodale dell'azione, che si srotola in sequenze che scandiscono, in flashback, la natura dei singoli personaggi e il ruolo che essi hanno avuto nella vicenda. Il flusso dialogico è bene equilibrato, come lo sono anche i dialoghi più corposi, che non prendono, come accade di questi tempi, la dimensione del monologo.
Di cosa parla:
Un importante politico ha riunito nella sua bella villa toscana, per il week end dei morti, amici e parenti per annunciare la decisione di dimettersi. Poco dopo aver dato la notizia, viene ucciso. Attraverso una ricostruzione per flashback, vengono ricomposti, come un mosaico, i pezzi di vita accaduti nella villa nei giorni del week end. Con la struttura apparente del giallo, il testo riflette sulla capacità data alle parole di modificare la vita delle persone.
Trincea di signore di Silvia Calamai
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Trincea di Signore, vincitore sezione under 32 del Premio Battipaglia 2002 e segnalato al Premio Calcante dello stesso anno, si prepara a nuovi appuntamenti. Il primo il 24 novembre, quando Marisa Fabbri e Franca Nuti entraranno nei panni di Gervasia e Ortensia; il secondo nel marzo 2003, quando i due personaggi parleranno con la voce di Lucia Poli e Marcella Ermini (già in scena nei primi studi con Renata Palminiello): una vera e propria staffetta di interpreti che lasceranno tracce nette del loro lavoro e daranno prospettive e nuove angolazioni all’architettura del testo”
Autrici a Confronto XI edizione, Festival Nazionale sulla Drammaturgia Contemporanea delle Donne, Compagnia Laboratorio Nove e Teatro della Limonaia
Studi a cura di Barbara Nativi. Con Marisa Fabbri e Franca Nuti (24 novembre 2002) con Marcella Ermini e Lucia Poli (marzo 2003)
musiche originali Marco Baraldi
canta Francesca Messina
aiuto regia Sandra Garuglieri
Premio Battipaglia Magna Graecia II ed. 2002 - Sezione Under 32 Testo vincitore: Trincea di Signore. Cronache da un assedio di Silvia Calamai.
Commedia centrata sulla condizione degli anziani, sul loro rapporto quotidiano con la TV, rivela le singolari qualità di scrittura dell’autrice. È un’opera essenziale, incisiva, esente dal minimalismo oggi di moda, che scava nella psicologia delle due protagoniste con una scaltrezza teatrale e con una maturità di pensiero inconsuete nella giovane drammaturgia.
Giuria: Giovanni Antonucci (presidente), Giuseppe Pelloni, Massimo Pedroni, Mico Galdieri, Antonio Calenda.
Calcante 2002 (SIAD)
Segnalato: Trincea di Signore. Cronache da un assedio di Silvia Calamai
Con Trincea di Signore. Cronache da un assedio l’autrice Silvia Calamai ha scritto una pièce degna di segnalazione per la capacità di imbastire un dialogo serrato allusivo, linguisticamente credibile per la dimensione scenica. Due settantenni, amiche e rivali assieme, s’incontrano e si scontrano, evocando atmosfere pinteriane, ‘assediate’ da uno spazio claustrofobico pieno zeppo di mobilia; dagli annunci della radio; da distonie, lapsus e impacci mentali; da catastrofi imminenti; dalle malattie e dalla morte; da se stesse; mentre, tra silenzi, slanci sentimentali, voglia di vivere, ‘al di fuori’ tutto sembra scorrere tranquillo, in una Italia proiettata verso “un’estate meravigliosa”.
Giuria: Gennaro Aceto, Maricla Boggio, Luigi M. Musati, Claudia Poggiani, Ubaldo Soddu, Giorgio Taffon, Mario Verdone.
Il testo è stato pubblicato su Hystrio con questa presentazione da parte dell'autrice.
Dietro Trincea di Signore. Cronache da un assedio, sullo sfondo, in sordina, ci sono anni di interviste e di colloqui con persone anziane, delle più varie tipologie - quei soggetti che i dialettologi e i fonetisti definiscono con l’etichetta di ‘informatori’, ‘locutori’, ‘soggetti’. Da questa (auto)educazione all’ascolto nascono alcune delle mie pagine scientifiche e tutti i miei testi letterari.
Trincea di Signore si presenta come una storia apparentemente casalinga. Ortensia e Gervasia sono chiuse in casa, a spiare dalla finestra una città che sembra alluvionata, ascoltando notiziari, raccontandosi telenovele, litigando su episodi ambigui del passato, parlando di improbabili allegre fughe in canotto. Ma questo loro conversare non è la chiave unica di un testo dai tratti popolari e divertenti: il mondo abitato dalle due donne appare desolatamente vuoto, le voci della radio e le romantiche storie viste e ardentemente vissute davanti alla televisione sono gli unici parziali contatti con l’esterno, i frammenti di vita descritti appaiono contraddittori e distorti: sembra che Ortensia sia salita da Gervasia perché ha finito il latte, oppure l’olio, oppure il caffè, sembra che Ortensia non possa tornare giù al suo appartamento, sembra che la cupola stessa e il campanile si dissolvano e scompaiano in lontananza. Il mondo là fuori sono soltanto rumori e qualche luce, e fa un po’ paura: i ricordi del passato e le chiacchiere del presente non riescono ad addomesticarlo. Ci entra in casa e ci parla, con lunghi e strani silenzi, mentre la pioggia fuori continua a cadere. ll testo avrà una prima verifica in mise en espace nel giugno 2002, al Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino, sarà poi presente in altri appuntamenti (a fine luglio in estiva e in ottobre al Festival sulla drammaturgia contemporanea delle donne Autrici a Confronto, sempre a Firenze), nell'ambito di un progetto a cura di Barbara Nativi in collaborazione con il Teatro delle Donne-Centro Nazionale di Drammaturgia delle Donne e la Compagnia Laboratorio Nove. Si alterneranno nella lettura alcune delle più note attrici nazionali.
Silvia Calamai
Mises en espace:
21giugno 2002 Teatro della Limonaia, Sesto Fiorentino, con Marcella Ermini e Renata Palminiello
30 luglio.2002 Teatro all’aperto di Villa Strozzi, Firenze, con Marcella Ermini e Renata Palminiello (Rassegna Streghe e Madonne)
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Tomba di cani di Letizia Russo
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Tomba di cani è una produzione dell'Associazione Teatrale Pistoiese-Teatro del tempo presente per la regia di Cristina Pezzoli. Con Isa Danieli, Peppino Mazzotta, Aram Kian, Sara Bertelà, Federico Pacifici, Giuliano Amatucci, Antonio Casagrande. Scene Giacomo Andrico. Costumi Rosanna Monti. Musiche Alessandro Nidi. Luci Roberto Chiti.
Motivazione del Premio Tondelli 2001 (Riccione teatro):
“Per la forza rabbiosa con cui questa acuta stupefacente ventunenne, senza trascurare la lezione di Sarah Kane ma con una propria sentita impronta, rappresenta un mondo condotto all’ultimo stadio dalle ferite di una guerra disperata e stremante, giovandosi di una scrittura aspra e voluta, ma di immediato rilievo scenico per raccontare un’umanità primordiale ma forse futuribile, densa di richiami mitici e assai prossima a un’arcaica comunicazione con il regno dei morti. Se qualche disagio mina lo svolgersi dei fatti, emoziona nel profondo la costruzione singolarmente viva dei personaggi, vessati dal dolore, toccati dai rimorsi e tentati dal tradimento, che manifestano la loro angoscia attraverso lunghi dialoghi evocatori di un passato dalle poderose immagini, dove il lacerarsi dei corpi si accompagna a un fermo sentimento della famiglia e dei principi fondamentali, infranti per sempre dall’ineluttabilità di una fine guardata con pietà come se si trattasse d’un ritorno agli inizi”.
Note di regia
di Cristina Pezzoli
Una tragedia contemporanea. “I minuti non passavano mai, ma gli anni volarono.” Mi tornano a mente le parole di un altro autore contemporaneo, Danilo Macrì, per parlare di Tomba di cani di Letizia Russo. L’infinita lentezza del tempo quotidiano e al centro di questa scrittura evocativa e potente. “ Nel tempo presente. In una nazione sta per finire una lunga guerra…”
I personaggi di Tomba di cani, uomini e donne degradati ad una condizione di sopravvivenza, non fanno altro che aspettare. Aspettano che finisca la guerra. Aspettano che passi la vita. Un problema teatrale grosso l’apparente assenza di azione che caratterizza circa due terzi del testo. Una sfida che va accettata, non snaturata. Il luogo di questa guerra è il cerchio chiuso di una famiglia, dove l’eccesso di vicinanza costringe gli esseri umani a diventare il peggio di se stessi. E’ sorprendente, data la giovane età di Letizia Russo, la quantità di riferimenti teatrali che sembra aver tenuto presente nella scrittura dei suoi personaggi e della storia. Glauce, vedova senz’occhi, seduta su una sedia a rotelle, come su un trono, è un Edipo femmina, un’Ecuba condannata a veder scomparire tutti; il suo rapporto con il figlio Johnny - scartato alla leva militare perché “non aveva le misure del soldato” - , condannato a vivere la sua stanca guerra non in trincea, ma a casa con la madre, ricorda quello di Hamm e Clov in Finale di partita, ed è una specie di ritorno di Agamennone da Troia quello del soldato Luther da Cinosséma – la tomba del cane – quel pezzo di mare in cui la leggenda vuole che sia morta Ecuba. E a ciò si aggiunge l’estrema raffinatezza della scrittura che ha una disposizione anaforica, cioè ripetitiva, come le ripetizioni bibliche o della fiaba popolare, in cui la ripresa ripetuta di alcune espressioni ottiene un effetto cumulativo o diminutivo di straordinaria espressività. Queste ripetizioni sono una grammatica in azione, non possono essere ‘tagliate’, come si farebbe per un testo verboso e ridondante. Tomba di cani è un testo che costringe a fare esperienza della forma e ad udire come la grammatica si sia fatta musica per raccontare il copione illimitato del tempo e del mondo. Ma soprattutto è, a mio parere, un atto di esistenza, in cui lo scandalo della vita sciupata, dell’inerzia che non è assenza di movimento, ma lento scivolare verso l’urto frontale con il destino, diventa un grido di disperazione senza melodramma. Una tragedia contemporanea.
Di cosa parla:
In un paese c'è una guerra. in un paese c'è due persone. una vecchia punitrice di se stessa più un figlio che non parla quasi mai, non bisogna far caso alle battute. più i cosiddetti amici, più i cosiddetti vicini di casa e il cosiddetto amore la morte l'inaspettato e tutto il resto. in un paese c'è. gente che sopravvive alla guerra. alla guerra fatta per l'acqua alla guerra fatta per sopravvivere non per rubare terra non per rubare bandiere non per fare i quattro cantoni
di un paese più bello e più grande che pria. in un altro paese nel nostro tempo c'è una tomba. solo quella resta, alla fine della guerra. delle guerre direi, se non suonasse morale e la morale io mi ci pulisco il culo. un paese diventa tomba di se stesso della carne che lo abita. cani. questo siamo. costole occhi lingua. perché ho scritto. perché quello che faccio è guardare intorno. guardare dentro. ma di capire non mi va non mi interessa poi tanto. questa è la storia. di un paese
nel nostro tempo. questa è una storia. di un paese che inghiottisce se stesso i suoi cani la sua carne. questa è. una storia. niente più che questo. ci trovi dentro magari un po' di grecia ci trovi dentro magari un po’ di occidente che sarà ci trovi dentro magari un po’ degli amici che ti hanno tradito un po’ delle donne che ti hanno tradito un po’ della penombra della casa del vicino, quelle case che le vedi solo di sfuggita solo l'ingresso mentre aspetti l'ascensore e la volta che
le vedi per bene è quando ci hai un conto da regolare e ti accorgi che i suoi mobili non sono migliori dei tuoi. ci trovi delle cose dentro e altre non ce le troverai. va bene pure così. questa è la storia di tomba di cani. cinossèma. il confine. il luogo lontano. la dogana. il deserto.
LETIZIA RUSSO
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B. di Giampaolo Spinato
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Nell'ambito del festival Tramedautore organizzato da Outis, Giovedì 12 Settembre, al TEATRO GRASSI di Milano si terrà una lettura scenica della pièce di Giampaolo Spinato, per la regia di Fulvio Cauteruccio.
Con Fulvio Cauteruccio, Paolo Lorimer, Fabio Mascagni, Emiliano Morrone, Emanuela Villagrossi. In collaborazione con la compagnia Krypton.
B. è stato segnalato all'ultima edizione del Premio Riccione 2001 con la seguente motivazione:
Per avere creato con ellittica scrittura beckettiana di lucida potenza l’intrecciarsi di un doppio enigmatico quadro: la vicenda di sesso e di sangue di B. e di una Lei, che quando non scopa selvaggiamente si traveste da Madonna, contrapposta al chiacchiericcio di guardie, o voyeur, o spettatori tv con telecomando, o registi che ripassano il girato del video… Via via l’azione si stempera nell’immagine astratta di un fatto e della sua eco diffusa dalle voci degli astanti, creando uno spaccato metropolitano carico di suggestione.
Presentazione dell'autore:
Chi ha ucciso. Chi è ucciso. Chi/cosa ha visto, sentito, perduto, forse scoperto. Chi accusa e/o è accusato. La vera condanna è che l’indicibile può/deve essere nominato. Anche se B. non potrà più tornare indietro e il suo interrogatorio (prefigurato, reale, esorcismo intrapsichico?), durante la telecronaca di una partita di calcio, ricorda un bacchetto cannibale. E la lingua, teatro del significato, è un conguaglio enigmatico, brutale inseminazione di insopportabile senso, in cui anche il linguaggio più burocratico, contro ogni evidenza, marcendo, concima le forme non prevedibili della sua stessa sopravvivenza.
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