Il dramma del mese
B. di Giampaolo Spinato
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Nell'ambito del festival Tramedautore organizzato da Outis, Giovedì 12 Settembre, al TEATRO GRASSI di Milano si terrà una lettura scenica della pièce di Giampaolo Spinato, per la regia di Fulvio Cauteruccio.
Con Fulvio Cauteruccio, Paolo Lorimer, Fabio Mascagni, Emiliano Morrone, Emanuela Villagrossi. In collaborazione con la compagnia Krypton.
B. è stato segnalato all'ultima edizione del Premio Riccione 2001 con la seguente motivazione:
Per avere creato con ellittica scrittura beckettiana di lucida potenza l’intrecciarsi di un doppio enigmatico quadro: la vicenda di sesso e di sangue di B. e di una Lei, che quando non scopa selvaggiamente si traveste da Madonna, contrapposta al chiacchiericcio di guardie, o voyeur, o spettatori tv con telecomando, o registi che ripassano il girato del video… Via via l’azione si stempera nell’immagine astratta di un fatto e della sua eco diffusa dalle voci degli astanti, creando uno spaccato metropolitano carico di suggestione.
Presentazione dell'autore:
Chi ha ucciso. Chi è ucciso. Chi/cosa ha visto, sentito, perduto, forse scoperto. Chi accusa e/o è accusato. La vera condanna è che l’indicibile può/deve essere nominato. Anche se B. non potrà più tornare indietro e il suo interrogatorio (prefigurato, reale, esorcismo intrapsichico?), durante la telecronaca di una partita di calcio, ricorda un bacchetto cannibale. E la lingua, teatro del significato, è un conguaglio enigmatico, brutale inseminazione di insopportabile senso, in cui anche il linguaggio più burocratico, contro ogni evidenza, marcendo, concima le forme non prevedibili della sua stessa sopravvivenza.
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Il lungo cammino degli elefanti di Gaspare Dori
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Lo spettacolo
Il lungo cammino degli elefanti debutterà il prossimo 23 luglio nell’ambito del Festival delle Colline Torinesi (Castello di San Raffaele Cimena), con una produzione del Meta-Teatro di Roma in collaborazione con il Teatro Libero di Palermo.
Regia: Marco Carlaccini
Interpreti: Marco Carlaccini, Patrizia d’Orsi, Massimiliano Lotti
Scene: Luisa Tavarella
Costumi: Antonella d’Orsi
Musiche: Claudio Rovagna
Disegno luci: Giuseppe Romanelli.
Il lungo cammino degli elefanti è pubblicato in Italia dalla casa editrice Editoria & Spettacolo.
Nota di regia
di Marco Carlaccini
Ho individuato due livelli separati e paralleli sui quali far muovere la messa in scena de Il lungo cammino degli elefanti. Un livello è costituito dalla sostanziale differenza di clima fra primo e secondo atto (un primo atto, più astratto, in cui prevale il gelido grigiore di una incomprensibile reclusione; il secondo, più concreto, pieno di sudiciume, depravazione). Un primo atto di asettico bianco-nero; un secondo di colori sfacciati. Il secondo livello è costituito da un filo sottile che, nel progredire delle storie, “sembra” condurre a un ritrovamento, a un’indagine, a una possibile scoperta. Il secondo livello è sempre espresso con tecniche suggestive (immagini in trasparenza, luci soffuse, musiche evocative) per anticipare, come nel primo atto, o richiamare, come nel secondo atto, elementi emblematici della scena. Nel primo atto, in un’atmosfera sospesa, affiora di tanto in tanto il clima dell’indagine, collegato a immagini sfocate che appaiono in profondità: fantasmatiche deformazioni di oggetti che nel secondo atto, saranno presenti in scena nella loro vera fisionomia. Nel secondo atto appariranno, collegati all’unico momento di “suggestione”, alcuni oggetti già visti in scena nel primo atto, ma, anche questa volta, deformati dalla trasparenza. La scena è costituita da un sistema di pareti che permettono, da un atto all’altro, un cambiamento di forma e di colore dello spazio scenico e, all’interno di ogni atto, l’accendersi di un piano retrostante in cui appaiono le anticipazioni e i richiami. L’attore dovrà staccare completamente il secondo ruolo dal primo. Senza che ne dimostri alcuna coscienza, l’attore si porterà addosso, passando dal primo al secondo atto, l’evoluzione della vita precedente. Nel primo atto l’attore non avrà indumenti sotto al costume, né accessori di nessun tipo; nel secondo una dovizia di elementi sfacciatamente colorati e luccicanti. Per far riconoscere il collegamento fra i due personaggi, l’attore, nel primo e nel secondo atto, avrà due costumi uguali, ma trattati in modo diverso, a mostrare il percorso di una esistenza che prosegue in un’altra. Alla musica e alle luci, il compito di creare il distacco fra il primo e il secondo atto e quello di far vivere i momenti di “suggestione”.
La storia
(dalla prefazione al testo di Aldo Nicolaj)
“[...] Per entrare subito nel clima della commedia, vi dirò che all’alzarsi del sipario ci vediamo davanti tre personaggi che, a sorpresa, si ritrovano in una specie di tugurio senza sapere né chi né perché ce li abbia portati. Sono vittime di un sequestro di persona? Pur se improbabile, l’autore sarebbe anche disposto a lasciarcelo credere, se non apparisse subito evidente che non di sequestro si tratta, ma di una qualche altra diavoleria misteriosa. Chi sono i personaggi? Un industrialotto piuttosto sgradevole, un simpatico ed intelligente bidello ed una modesta psicologa, disperata e spaurita. Forse i tre potrebbero provare a conoscersi meglio e ad uscire dall’inspiegabile situazione in cui sono venuti a trovarsi, ma la sciocca presunzione dell’industriale impedisce ogni forma di comprensione ed il loro battibeccare non porta ad alcuna soluzione. Il dialogo prosegue animatissimo, ma quando ormai ci si è affezionati ai personaggi e si vorrebbe conoscere la soluzione del mistero, un colpo di scena li fa sparire tutti. La seconda parte ci riporta in un luogo completamente diverso dove l’industriale è ora un patetico ritardato, la donna è la sorella che vorrebbe “venderlo” a quello che era il bidello e che ora è un losco commerciante di organi umani. Ognuno è il contrario di quello che era nelle scene precedenti [...]”.
Il premio
Il lungo cammino degli elefanti ha vinto il Premio Oddone Cappellino nel 2001. Questa la motivazione del premio: “Una commedia in due atti che riesce a delineare in modo efficace personaggi dotati di coerenza psicologica e funzionalità teatrale. Il primo atto è costruito con sapiente dosaggio di coinvolgimento intellettuale e tensione emotiva: la vicenda di due uomini e una donna che si trovano ad affrontare, con sconcerto e sorpresa, l’inizio di una vita diversa da quella abituale, è svolta evitando facili moralismi e creando una suspence che cresce fino all’imprevisto finale. Il secondo atto, scritto con uguale abilità e sicurezza, propone situazione e personaggi completamente diversi, affini ai precedenti solo a livello concettuale: ciò implica la scelta cosciente di una disomogenità sostanziale”.
Xanax di Angelo Longoni
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Xanax, scritto nel 2001, ha debuttato al Festival di Todi ed è andato in scena nella conclusa stagione in molti teatri italiani.
Con Amanda Sandrelli e Blas Roca Rey
Scene di Leonardo Conte
Musiche di Paolo Vivaldi
Regia di Angelo Longoni
Fox & Gould produzioni
La storia
Un uomo e una donna in una situazione esasperata, claustrofobica, estrema. Due persone quasi sconosciute che sono costrette improvvisamente a condividere gli elementi più intimi del proprio corpo e della propria anima. Un venerdì sera Laura e Daniele si attardano un po’ più del solito in ufficio. Ognuno di loro lavora ad un piano diverso di un grande edificio e verso le nove di sera le loro vite si incontrano su uno degli ascensori che li deve condurre verso l’esterno e verso un normalissimo week end in famiglia. Ma l’ascensore si blocca. I due provano a premere il tasto di allarme, chiamano aiuto ma ormai nessuno li può sentire almeno fino a lunedì mattina quando, poco dopo l’alba, gli inservienti della ditta di pulizie che si occupa dell’intero stabile arriveranno per sistemare e pulire gli uffici. Quarantotto ore possono diventare un’eternità quando si sta chiusi in quattro metri quadrati, senza ricambio d’aria, senz’acqua, senza cibo, quando la paura è incontrollabile e ci si sente estranei ma si é costretti a condividere l’intimità con uno sconosciuto perfino per tutti i bisogni corporali. In una situazione così estrema e concentrata può accadere anche che cose mai dette, taciute a se stessi e agli altri, emergano dalla coscienza e vengano rivelate ad un estraneo che però è in grado di diventare un riferimento esclusivo, unico. L’estrema difficoltà, l’isolamento, la paura, la perdita del controllo fanno agire i due protagonisti in un modo sconosciuto a loro stessi e che li spinge a rivelare di sé più di quanto non abbiano mai fatto in passato anche con le persone a loro più care. In quarantotto ore si può arrivare a dichiarare tutti i propri fallimenti, le proprie illusioni e speranze tradite, le proprie incapacità sul lavoro e nell’amore ed i propri torti nei confronti delle proprie famiglie. L’isolamento in questo modo riesce paradossalmente a produrre un effetto quasi “terapeutico” in grado di dare la forza ai due protagonisti per ricominciare una vita migliore e più consapevole.
Fuori di me di Donatella Diamanti
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Fuori di me fa parte, insieme all'altro atto unico "La notte era a metà l'estate pure", dello spettacolo CALA LA NOTTE progetto di ricerca e produzione teatrale sugli stili di vita della generazione techno realizzato dalla Fondazione Sipario Toscana in collaborazione con GRUPPO ABELE che debutterà in prima nazionale il 24 maggio al Teatro Politeama di Cascina (Pisa).
Con Letizia Pardi, regia Fabrizio Cassanelli.
Scene Pierpaolo Bertocchi
Musiche e arrangiamenti Elisa Tasselli
Voce Francesca Sandroni
Luci Giuliano De Martini
Allestimento Scenico Mundino Macis, Luigi Di Giorno
Tecnici di scena Maurizio Coroni, Alberto Giorgetti
Tecnici di giro Henry Banzi, Davide Maltinti
Ufficio Stampa Roberta Rocco
Organizzazione Antonella Moretti
Registrazioni StudioLab
Fuori di me: tra il sussurro e il grido.
note di regia di Fabrizio Cassanelli
La parola in Fuori di me “sfugge” alle categorie di genere e quando il filo della narrazione sembra imboccare una strada riconoscibile, ecco apparire uno scarto, una deviazione ritmica, che sposta l’azione vocale in un’altra direzione. Il gioco emotivo che se ne ricava è quello prodotto da una sorta di “gesto” della bocca, un’articolazione orale capace di penetrare e mettere a fuoco i sottotesti emotivi celati nella scrittura.
In Fuori di me la ricerca si è sviluppata a partire dalla scelta esclusiva del corpo e della voce di Letizia come unici veicoli di rappresentazione e di relazione con il monologo. Ciò che si è cercato è uno stile di recitazione divergente, in grado di superare il ristretto ambito denotativo, di mero servizio alla testualità, a favore di una “parola” ben più complessa e visionaria, capace di manifestarsi come linguaggio non convenzionale, e forse proprio per questo in grado di tenere saldati insieme i significati oggettivi del testo con quelli più soggettivi - “affettivi” dell’interprete. Materiali che sono poi ‘precipitati’ sulla scena come una specie di “drammaturgia complementare” fatta di spunti autobiografici che hanno originato un’entità scenica, omogenea, costantemente in bilico tra il sussurro e il grido, che è l’io narrante di Fuori di me. Alla fine dalla scena si ricava una simmetria che tiene legate l’azione fisica e vocale con la trama del monologo.
Questo legame nasce, oltre che dalla ricerca di elementi comportamentali e fonetici corrispondenti ai significati testuali, anche da peculiari caratteristiche fisiologiche e vocali in grado di evocare sensazioni ritmiche, visive e tattili trasformandole in quella ‘scenografia della voce’ che sembra pervadere la “penombra” della scena, da cui emergono il corpo , la bocca , le mani e le parole di Letizia che indubbiamente è Fuori di sé.
La storia
In una notte che sembra non aver fine, una madre traduce l’attesa della figlia in un’insolita occasione per fare il punto: il punto sul proprio ingombrante passato e su un presente costruito sulle fondamenta di simili precedenti, ma il punto anche su un’intera e come lei “fuori di sé” generazione che cerca appigli e ancore di salvezza sognando fughe e praticando yoga da appartamento, immaginando deserti e vivendo in villette a schiera… Ed i pensieri diventano viaggio, a volte goffo e disperato, a volte lucido e ironico, attraverso le contraddizioni di una donna teneramente incoerente, rabbiosa e spaventata dal tempo che passa… Un monologo che si fa ora soliloquio nostalgico, ora sproloquio violento e irriverente, ora vera e propria esplosione che conduce come non mai fuori di sé… per ritrovarsi forse, finalmente.
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La fondazione Sipario Toscana
Nella regione toscana, il Teatro Politeama è indicato dalle istituzioni, dalla critica e dal pubblico quale modello culturale rivolto alla contemporaneità, vero e proprio luogo di tendenza culturale e aggregazione ed è l’unico Teatro Stabile toscano rivolto alle nuove generazioni riconosciute dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali fin dal 1989 a cui collaborano anche la Regione Toscana, la Provincia di Pisa, il Comune di Cascina, il Comune di San Giuliano Terme. Il Villaggio rappresenta oggi un modello culturale unico e strutturale nel suo genere su scala regionale e nazionale: Centro di PRODUZIONE ARTISTICA, DI FORMAZIONE e PROGRAMMAZIONE, luogo di proposta culturale che, a partire dal linguaggio teatrale, agisce in relazione a tutte le arti dello spettacolo. Teatro, danza, musica, cinema, video e arti figurative si connettono tra loro, favorendo occasioni di promozione e scambio culturale tra artisti e pubblici dell’universo infantile e giovanile.
Un teatro non tradizionale: sullla struttura preesistente di un ex complesso industriale di 5.000 mq, si è quasi ultimata la ristrutturazione di uno spazio polifunzionale dedicato alle arti ed alla comunicazione unico in Italia. Il progetto di ampliamento è stato realizzato grazie ai fondi CEE e al contributo della Provincia di Pisa e del Comune di Cascina.