Data pubblicazione
18-11-2011 01:00:00
Rebecca
Marco Andreoli
Ho sempre nutrito grande curiosità verso tutti quei mestieri che presuppongono la fiducia della gente. Si tratta di una categoria disordinata, piuttosto ampia, nella quale si possono contare preti, avvocati, psicologi, cartomanti e medici. Tutti loro condividono almeno una fase della propria professione: quella che consiste nell’ascoltare storie. E dunque nel diritto e nel dovere di trattare e conservare sezioni intime delle vite di passanti e di ospiti provvisori. Oliver Sacks, neurologo classe 1933, fa naturalmente parte di questo gruppo eterogeneo di ascoltatori e di conservatori. Ma, rispetto alla maggioranza di loro, lui possiede la capacità - e forse la necessità - di raccontare storie a sua volta; e di poterle perfino trasformare in letteratura. Del resto, come dice qualcuno, chi sa raccontare storie, è condannato a raccontarne per tutta la vita. È questo il demone maledetto e magnifico che agita ogni grande opera letteraria; un demone salvifico nel quale si mescolano l’obbligo e il desiderio di narrare. Per tutto ciò la raccolta di casi clinici “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” dovrebbe essere sistemato negli scaffali dei romanzi e dei racconti piuttosto che in quelli dedicati alla saggistica. Senza illudersi che le opere ibride – che orribile termine scientifico! – possano prima o poi essere considerate sia carne che pesce; invece che, come è prassi, né l’una né l’altra cosa. Rebecca è uno dei casi clinici contenuti in questo volume. Ma è anche uno straordinario racconto pieno di letteratura e di affetto, di classe e di verità. Tanto che, per quanto mi riguarda, quella di tentare una trasposizione teatrale della vita di Rebecca, è stata una naturale conseguenza della sua lettura, un logico e irrazionale effetto della sua onda d’urto. Perché Rebecca - come si potrà dire per Ray dai mille tic, per Christina la disincarnata, per Jimmie il marinaio perduto - non è mai, per Sacks, soltanto una paziente. Ma innanzitutto è la portatrice di un racconto,ed è dunque la dispensatrice di una serie articolata di emozioni.
Non so dire cosa io abbia tentato di fare con questo testo. Ho seguito un racconto ed ho provato a metterlo su carta. Tentando di non perdere l’equilibrio tra fedeltà e proposta. Ma a prescindere da tutto questo spero di aver rispettato una storia. Perché chiunque ne riceve una – sia esso un medico o un drammaturgo – ha l’obbligo e la facoltà di conservarla.
dramma
italiano
2009
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Da 31 a 60 minuti
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