Shakespeare continua ad emozionare generazioni d’appassionati di teatro e non, grazie alla complessa psicologia dei suoi personaggi che rispecchiano in pieno l’essere umano.
Studiando con attenzione “Romeo e Giulietta” ho scoperto Giulietta del tutto diversa dalla semplice ragazza perdutamente innamorata che si uccide per amore, come di solito s’immagina e si descrive. In realtà trovando conferma nei testi dei più importanti critici shakespeariani, Giulietta possiede una forte personalità che rimane nascosta fino all’inizio del III atto, quando persino la balia, unica fedele confidente, le dimostra incomprensione. Proprio nel momento in cui non ha quasi più speranza e capisce di essere rimasta da sola, trova la forza di reagire. Una forza che travalica il senso stesso della vita. È disposta ormai a combattere per la sua libertà e annullare qualsiasi vincolo sociale e familiare. Una libertà che Giulietta ha scoperto d’amare dal momento in cui ha sentito sorgere l’intensa passione per il giovane Romeo.
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Ofelia incarna il ruolo perfetto della donna in una società dominata dall’uomo. Il suo futuro è riposto nelle mani del padre Polonio, che la guida e la istruisce anche nelle semplici azioni. Ofelia ama Amleto? Forse, ma non le è consentito amare. Amleto la corteggia, la provoca, lei subisce impassibilmente ogni cosa, rispondendo semplicemente “Ay, my lord !”. Ci si aspetta che alla fine reagisca in qualche modo, che ceda all’amore o si ribelli all’autorità paterna, ma il personaggio non cambia, non cresce. Infine la sua debolezza diviene manifesta quando sopraffatta dal dolore causato dall’uccisione di suo padre, impazzisce irrimediabilmente.
L’emozione che scaturisce dalla reazione di Giulietta, quando risorge dal buio in cui gli eventi l’avevano seppellita, ci trasmette la forza di combattere e proteggere quello in cui noi crediamo. Al contrario, siamo irritati nell’osservare come Ofelia sia passiva e incapace di cambiare il corso degli eventi e non vorremmo mai essere come lei. Il teatro ci aiuta a capire noi stessi. L’artista filtra la realtà e ci consegna il nobile distillato di essa, l’opera d’arte.
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