Torna al sommario

Un angolo di romanità
di Anna Maffei
Esiste un luogo della” risata romana”, nel cuore della capitale, che è doveroso ricordare e far ricordare. E ’il Teatro Rossini , un angolo ridente di romanità a due passi da Largo Argentina, nella Piazzetta di Santa Chiara. Qui,visibili tutti i segni distintivi di una tradizione, di una lingua, quasi di una “religione”,addirittura. Come i teatri lirici e di prosa hanno i loro luoghi deputati, così il Rossini è lo spazio del dialetto romanesco e dello spettacolo popolare. Tutta la nostra cultura ha origini popolari: i buffoni sono stati il “seme” della commedia; i loro dialoghi grotteschi , danzando e cantando, hanno dato vita pian piano al melodramma. L’architettura,come le rappresentazioni del Teatro Rossini risalgono al 1600 quando la Confraternita della Santissima Annunziata, creata nel 1460, diventò Arciconfraternita occupandosi di opere di beneficenza e accogliendo fanciulle povere( le cosiddette “zitelle”). All’epoca,alcuni impresari, capi d’arte, chiesero il permesso alla Congregazione di costruire in una parte del loro grande palazzo un teatro ad uso pubblico per rappresentazioni diurne e notturne. Mancava solo un ingresso-vestibolo che fu realizzato chiudendo un vicolo cieco con un’artistica porta e lastre di vetro per dar luce all’ingresso (attualmente, entrata dell’Albergo S. Chiara). L’inaugurazione avvenne il 7 febbraio 1874, in pompa magna, alla presenza della Principessa Margherita, il Principe di Napoli, e gran parte della nobiltà romana. Molte, le “critiche” al teatro, tutte positive: un gioiellino! elegante! accogliente!… Vi si rappresentavano opere di Rossini , ovviamente, Verdi, Bellini…; si organizzavano veglioni mascherati, esibizioni di gruppi folkloristici e rappresentazioni in onore e a favore di questo o quell’attore, la così detta “beneficiata”. Tra i nomi noti, Adelaide Ristori e il tenore lirico Tommaso Fiorentini , a cui si deve il successo di “ Affaccete Nunziata”. Il 19 gennaio del 1873, una svolta importante per questa saletta di Via Santa Chiara. Grazie all’interessamento di Giggi Zanazzo , direttore del periodico “Rugantino” ,l’impresario del Teatro si convinse a rappresentare opere in romanesco. Fu così che il Rossini ebbe l’onore di mettere in scena l’operetta “Meo Patacca”, diretta da colui che diventerà il più importante vernacolare romano: Filippo Tamburri, detto Pippo. Tra le sue coriste ricordiamo Lina Cavalieri, bella ed amata interprete. Tamburri divenne capocomico dirigendo la Compagnia romanesca e rappresentando operette al Manzoni, al Metastasio e, soprattutto al Rossini. Il suo unico neo era la discontinuità: si concedeva,infatti , lunghi periodi di pausa, un po’ per sé, un po’ per non stancare il pubblico,costringendo l’impresario a colmare questi vuoti con altri spettacoli di altre compagnie, anche non specificamente teatrali:guitti, spettacoli circensi, Compagnie napoletane e marionette. Ma il Rossini brillerà anche con i lavori del prolifico Giggi Zanazzo, più favorevole ad un teatro romanesco di prosa. Anni dopo Pippo Tamburri porterà al Rossini “Er Marchese der Grillo”, pietra miliare del teatro romanesco , che era stata rappresentata per la prima volta al Metastasio nel 1889. Nel 1896 ,un evento nuovo ed attraente,l’apertura del primo cinematografo a Roma, il “Lumière”, iniziò tuttavia a distogliere il pubblico dal “suo” teatro in vernacolo. Fu un lento finire….
L’ultima opera rappresentata al Rossini sarà “L’elisir d’amore” di Donizetti, il 20 aprile 1896. Dopo 24 anni di “affitto” e d’attività ininterrotta, il Teatro fu restituito alla Congregazione di Carità. Lo spazio lasciato dal teatro divenne prima sede della Libreria Desclèe e poi un archivio. Non più canti e suoni, battimani e risate: solo silenzi ricoprivano i documenti ecclesiastici chiusi in anonimi raccoglitori. Più avanti, neanche più l’archivio: un magazzino scomposto e polveroso. Alla metà del ‘900, Checco Durante riapre il “Rossini”, grazie al sostegno di due funzionari dell’Ente Comunale di Assistenza(ECA). Il bel teatrino riapre così i battenti, ospitando testi romaneschi o riduzioni in dialetto di commedie nate in altra lingua. Checco Durante e sua moglie Anita attirano attorno a sé altri attori dialettali che accompagneranno negli anni l’attività del Teatro: Enzo Liberti, Alfredo Paliani(cioè Alfiero Alfieri), Renato Merlino, Gianfranco Funari. Alla morte di Checco Durante, nel 1974, le sorti del teatro sembrano volgere nuovamente al peggioma sua moglie Anita, prende il timone della Compagnia e coraggiosamente affida il ruolo di capocomico ad Enzo Liberti. Il gruppo si associa in cooperativa e prende il nome di “Compagnia Stabile del Teatro di Roma “Checco Durante”. La sua programmazione è molto apprezzata dalla stampa perché coerente portavoce di un teatro dialettale anacronistico e arcadico ma ancora funzionale ad un “suo” pubblico tradizionalista. Per 10 anni continua con successo malgrado i ripetuti problemi di salute di Liberti che costringono la Compagnia ad interrompere spesso le rappresentazioni. Liberti muore nel maggio 1986. La Compagnia comincia a perdere pubblico e consenso della stampa fino a quando non si pensa di chiamare un “certo” Alfiero Alfieri che faceva consuetamente il “tutto esaurito” con le sue performance d’attore-animatore ovunque lo ospitassero. La stagione 1990/91, con questo nuovo attore e la sua Compagnia che affianca la novantenne ma energica Anita Durante, incuriosisce pubblico e giornalisti. Il Rossini torna agli antichi fasti gremito di un pubblico informale, convinto, che si diverte e ride di cuore. Anche quando per motivi tecnici e burocratici il Rossini deve interrompere la sua programmazione, la Compagnia continua la sua attività nelle feste di Capodanno o, in estate, sulle coste calabre con spettacoli all’aperto. Con tenacia e caparbia, memore delle passate “grandezze” di questo Teatro dove è nato lo spettacolo in “romanesco”, Alfiero Alfieri e la sua Cooperativa ha da sempre profuso impegno e sostenuto spese onerose pur di ridarlo ai Romani. Nella stagione 95/96 viene rappresentato“Il malato immaginario” di Molière, riduzione comica in vernacolo. Altro lavoro interessante e di buona “presa” “Er marito de mi moje”, ricca saga degli equivoci, delle caricature, più volte rappresentato ed adattato dai maggiori vernacolieri. Nel teatro di Alfieri non mancano certamente alcune forme di “trasgressione”...verbale ma non più di quelle che giornalmente vengono propinate da televisione e cinema o, magari, sono abitudine comune anche in ambienti “bene”…! In fondo il teatro “deve” essere un po’ trasgressivo: poi si può scegliere di assistervi o meno. Pian piano anche i copioni curati da Alfiero Alfieri crescono in arguzie e nuove idee: non solo sono fabbrica di risate ma anche testi ricchi di riferimenti a modelli nobili quali Sordi, Fabrizi, Rascel. In omaggio all’attore Aldo Fabrizi la Compagnia,dal 1999, consegna in una speciale serata, alla presenza di illustri personaggi dello spettacolo e della politica, il “Premio Aldo Fabrizi: un Impegno per Roma”. Non solo spettacolo, dunque, ma anche impegno culturale che mantiene sempre vivo il legame di questi bravi attori con la loro amata città. A tutt’oggi la Compagnia Stabile del teatro dialettale romano continua ad alternare commedie classiche ad affreschi di vita romana in rigoroso dialetto, e copioni nuovi che sanno d’avanspettacolo, sempre molto curati nei ritmi e nelle invenzioni sceniche. D’altra parte Alfieri è”vero” sulla scena:scanzonato, provocatorio, innocentemente “volgare” per spingere alla risata… Un angolo, il “Rossini” che, con i suoi bravi attori tra cui Monica Paliani, regala momenti di sana euforia, grazie ad una colorita comicità .Una tradizione che va gelosamente conservata e “tenuta” con cura,lasciando che il “nuovo” avanzi senza, però, travolgere questo prezioso passato.

TEATRO ROSSINI- STAGIONE TEATRALE 2003-2004
fino al 14 marzo:”Doppo tanta fame…tanta fama!!!”
dal 18 marzo al 20 giugno: “Mamma non lo sa! E papà?”
dal 24 giugno al 12 settembre:”L’avaro” di Molière

ALFIERO ALFIERI:
Nasce a Roma il 6 ottobre 1942. Fin da bambino è chiara la sua passione per il teatro, che stentava ad esprimersi dati i dubbi e le perplessità di suo padre. A 15 anni si cimenta come imitatore e showman in varie compagnie tra cui quelle dei Fratelli De Vico e Cecè Doria. Si arruola nell’aviazione, convinto da suo padre ,e parte per la legione straniera, in Alabama. La vita militare è dura e.. triste e Alfiero decide di fondare(anche lì!) una compagnia di cabaret che gli dà davvero grandi soddisfazioni. Nel 1967 torna in Italia ,si sposa e nel ’70 entra nella Compagnia Checco Durante al Rossini , come suggeritore; poi diventa “attor giovane” fino a creare una Compagnia tutta sua. Nel ’90 rientra come capocomico, direttore artistico e regista nella stessa Compagnia di Durante. Sono stati molti i riconoscimenti per questo artista che, con coerenza e caparbietà, ha lavorato e continua a farlo con un unico intento:far ridere, certo, ma risvegliare anche sentimenti umani spesso sopiti o dimenticati.