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E' morto Mario Scarpetta
di Vincenzo Morvillo

Era malato, Mario Scarpetta. Un tumore alle corde vocali lo tormentava dallo scorso anno e si sarebbe dovuto recare in Germania, proprio in questi giorni, per sottoporsi ad un intervento, delicato ma non pericoloso, che avrebbe dovuto eseguire il professor Steiner. Tutto sarebbe dovuto andare per il meglio, e invece… 
Beffardo, il “Supremo Regista” che sovrintende alla tragicomica vicenda umana -di cui Mario Scarpetta fu interprete appassionato: lieve e generoso- se lo è preso, roso dall’invidia, in tempi tanto bui, verso chi riusciva a far nascere, sempre e comunque, un sorriso. A dispetto del suo stesso carattere -non facile, come ricorda qualche amico- spesso incline alla malinconia e all’introversione. Una caratteristica comune a tanti attori comici, ma anche il segno evidente di una delicata sensibilità e di un’ intelligenza limpida e vivace. Lo ricorda, con la voce rotta dalla commozione, Isa Danieli, compagna sulle scene e amica tenera nella vita: «Mario ha cominciato giovanissimo, con Eduardo, proprio mentre io facevo parte della sua compagnia. Tutti notammo che aveva del talento e capimmo che avrebbe avuto una lunga strada davanti. Certo, se non fosse stato così legato al nome degli Scarpetta e al teatro del grande bisnonno, cui ha dedicato tutta la sua vitalità d’artista e tutta la sua creatività, sarebbe potuto diventare un grandissimo attore di livello nazionale. Io glielo dicevo spesso, con grandissimo rispetto e amicizia certo, che doveva dedicarsi, in maniera più assidua, anche ad altre cose. Mi sarebbe piaciuto, in pratica, che riuscisse a percorrere un po’ la strada che ho percorso anch’io sulle scene. Perciò, ero felicissima per il suo prossimo debutto, accanto a Carlo Cecchi, nel “Signor di Pourceaugnac” di Molière. Ma il destino non ha voluto». Con affetto, Isa Danieli ne ricorda anche il lato umano: «Come uomo era una persona divertente, ironica, generosa, ma anche un De Filippo, di cui possedeva tutta la carica vitale. La sua morte mi sembra un vero mistero, e aspetto che qualcuno mi spieghi come sia potuto accadere». Anche Tullio Del Matto, che con Dolores Palumbo e Geppino Anatrelli diede vita alla prima compagnia di Scarpetta, ne evidenzia le doti umane: «É difficile trovare una persona come Mario all’interno del mondo del teatro, spesso attraversato da invidie e gelosie. Era uno che dava spazio, che non rubava la scena ai compagni e si distingueva per la sua grande generosità e sensibilità. Era contento se qualcuno della compagnia andava bene e dava il massimo. Per questo, credo che avrebbe meritato molto ma molto di più. Era si, infatti, attore di tradizione, ma anche molto moderno. Riusciva a rendere sempre attuali le pochade del grande Eduardo Scarpetta, ma sapeva fare di tutto. E una dimostrazione di ciò, per esempio, l’ha data interpretando il signor Remy ne “Le false confidenze” di Marivaux. La sua morte è una grande perdita per il teatro». Mario Santella, attore e autore napoletano, con Scarpetta ha lavorato poco, ma ne è stato grande amico: «È così difficile trovare le parole giuste in queste occasioni! Questo soprattutto perché Mario era ancora tanto giovane, pieno di progetti, di idee, di voglia di vivere. Con lui ho sempre avuto un rapporto molto bello, anche se insieme abbiamo lavorato soltanto in uno sceneggiato televisivo “La vita di Antonio Petito”, per la regia di Gennaro Magliulo. Come amico, invece, è sempre stato molto attento, caro, generoso: lui veniva a vedere i miei spettacoli e io andavo a vedere i suoi. Che dire, è tanto triste!». Infine, Ettore Massarese, titolare della cattedra di Storia del teatro presso la Federico II, del quale Scarpetta ed Angela Luce portarono in scena“La maschera e il suo amico il diavolo”, raggiunto durante una sua lezione dice: «Sono, naturalmente, affranto. Poco fa lo dicevo ai ragazzi: con lui se ne va l’ultima presenza forte, creativa, della grande tradizione napoletana. Ora, non dico che questa sia finita, ma bisognerà davvero reinventarla. Umanamente, invece –continua Massarese- lui era, secondo me, un bambino felice di fare teatro e un attore di grande capacità inventiva».