L’affare Melghera
di
Niccolò Matcovich
Una cascina dismessa nel parco di una grande città. È in cemento, se non per le grandi porte sbarrate in legno e lunghe stecche di ferro arrugginito per chiudere, un tempo, i recinti delle vacche.
È sera, una sera invernale con la nebbia e il freddo che spacca le ossa.
Due uomini, uno di fronte all’altro. Sono in piedi, immobili e distanti. Si guardano e stanno in silenzio. Da un punto non precisato, l’abbaiare di un cane.
UOMO 1: E’ tuo?
UOMO 2: Ci davamo mica del lei?
UOMO 1: Non fare lo sciocco.
UOMO 2: Sì, è mio.
UOMO 1: Fallo stare zitto.
UOMO 2: (a bassa voce, impossibile udire, per il cane) Sh, a cuccia. (dopo una pausa) Non vuole.
UOMO 1: L’ho visto, mentre arrivavo. Ho visto i suoi occhi. Occhi rossi.
UOMO 2: Cosa vuoi?
UOMO 1: Mi ha seguito. Mi ha seguito, non è vero? Fa così con tutti, perché la gente cambi idea, è così?
UOMO 2: Solo i piscialletto cambiano idea.
UOMO 1: Non ti sprecare in complimenti.
Uomo 2 fischia.
UOMO 1: Voglio proporti un affare.
UOMO 2: (identico a come l’aveva detto Uomo 1 poco sopra) Non fare lo sciocco.
UOMO 1: Già… Farmi il verso era il tuo cavallo di battaglia.
Uomo 2 tace.
UOMO 1: Da quanto stai qua?
UOMO 2: Dipende cosa intendi.
UOMO 1: Intendo stare.
UOMO 2: Testardo come al solito.
UOMO 1: Abitare.
UOMO 2: E chi ti dice che ci abito?
UOMO 1: Lo sanno tutti.
UOMO 2: Sono un caso mediatico, quindi.
UOMO 1: O un caso disperato.
UOMO 2: Allora vattene.
UOMO 1: Non smette mai di abbaiare?
UOMO 2: Se qualcuno gli va a genio, smette.
UOMO 1: Non ha il coraggio di affrontarmi vis à vis.
UOMO 2: Vis à vis?
UOMO 1: Vis à vis.
UOMO 2: Mi protegge.
UOMO 1: Se avessi una pistola ti avrei già ucciso.
UOMO 2: Prova.
UOMO 1: Cosa?
UOMO 2: Prova a spararmi. Non farai in tempo.
UOMO 1: E’ molto lontano.
UOMO 2: Corre.
UOMO 1: Così veloce?
UOMO 2: Più veloce di così.
UOMO 1: Perché dovrei spararti?
UOMO 2: Pensavo fosse questo, l’affare.
Breve silenzio.
UOMO 1: Parli bene.
UOMO 2: Dipende da chi ho davanti.
UOMO 1: Usi il congiuntivo.
UOMO 2: Sapevo che l’avresti detto.
UOMO 1: Sono/
UOMO 2: /Sì, sei prevedibile.
UOMO 1: Mi aspettavi.
UOMO 2: Sapevo che saresti venuto.
UOMO 1: Stasera?
UOMO 2: No.
Silenzio.
UOMO 1: Ho un appuntamento.
UOMO 2: Allora vattene.
UOMO 1: Non è altrove.
UOMO 2: Altrove…
UOME 1: Sì, altrove.
UOMO 2: Non cominciare con gli enigmi.
UOMO 1: Come quelli sul muro. Li hai scritti tu?
UOMO 2: Li scrive la gente.
UOMO 1: Che gente?
UOMO 2: Gente che va e viene.
UOMO 1: Per te?
UOMO 2: Per sé.
UOMO 1: E tu non dici nulla?
UOMO 2: Cosa devo dire?
UOMO 1: Mi sembri particolarmente legato a questo posto.
UOMO 2: Non mi faccio vedere spesso.
UOMO 1: Sanno che sei qui?
UOMO 2: Lo sanno tutti. (pausa) L’hai detto tu.
Silenzio.
UOMO 1: Come stai? Non te l’ho ancora chiesto.
UOMO 2: Tu come mi trovi?
UOMO 1: Sfatto.
UOMO 2: Allora sto sfatto.
UOMO 1: Suona male.
UOMO 2: E tu?
UOMO 1: Come sempre.
UOMO 2: E’ quel sempre che mi manca.
UOMO 1: Sto bene. Nella norma.
UOMO 2: Contento per te.
UOMO 1: E per te?
UOMO 2: Sto meglio di quanto credi.
UOMO 1: Indicativo.
UOMO 2: No, dimostrativo.
Uomo 1 sorride con sprezzo.
UOMO 1: Voglio proporti un affare.
UOMO 2: Me l’hai già detto.
UOMO 1: Lo vuoi sentire?
UOMO 2: Non ti ho dato nessun appuntamento.
UOMO 1: Diciamo che me lo sono preso da solo.
UOMO 2: Allora fai in fretta.
UOMO 1: Un po’ di vino, magari. Davanti a un bicchiere di vino.
UOMO 2: Non ne ho.
UOMO 1: Fa molto freddo, stasera.
UOMO 2: Sei coperto bene. È cashmere?
UOMO 1: Merino. E tu?
UOMO 2: Ho le vene arse.
UOMO 1: Ti sei fatto la corazza.
UOMO 2: La buona compagnia.
UOMO 1: Ci sediamo?
UOMO 2: Dove?
UOMO 1: Non so… C’è una sedia, qui? O solo pali di ferro e porte sbarrate?
UOMO 2: Vedi sedie?
UOMO 1: Dovresti saperlo dove tieni le sedie.
UOMO 2: In piedi si discute meglio.
UOMO 1: Più in fretta.
UOMO 2: Più svegli.
Silenzio.
UOMO 2: Ti vuoi avvicinare, ma hai paura.
UOMO 1: Una perfetta radiografia.
UOMO 2: Ti ho spaventato.
UOMO 1: Mi hai solo convinto. Un agguato alle spalle è da vigliacchi.
UOMO 2: Non lo farebbe. Vuole la gola.
UOMO 1: La gola?
UOMO 2: Non ha cenato.
UOMO 1: Già… Non la smette di frignare.
Uomo 2, senza distogliere lo sguardo da Uomo 1, fa dei versi e dei fischi brevi come a richiamare il cane.
UOMO 1: Dove l’hai preso?
UOMO 2: Era qui, con il suo branco. Se la facevano da padroni.
UOMO 1: E il branco?
UOMO 2: Si è addomesticato. E quando addomestichi il capobranco, il branco si disperde.
UOMO 1: Padre padrone.
UOMO 2: Lui? Sì. Poi l’ho addomesticato.
UOMO 1: Le donne?
UOMO 2: Una notte ha lottato.
UOMO 1: Le tue. Le tue donne.
UOMO 2: Si sono scannati per un’ora, lui e un bastardo della zona. Se la faceva da padrone nella boscaglia, quell’altro. Si sono scannati per un’ora, e lui ha vinto. Gli ha staccato il collo a morsi. La cagnaccia gli è venuta vicino, gli ha annusato il culo, gli ha leccato le ferite. Lui ha ringhiato, ma ringhiato come mai l’avevo sentito. Ha fatto capire alla cagna che se ne doveva andare, perché il branco non la voleva. Ha fatto capire alla cagna che non era cosa buona che rimanesse lì. E la cagna se n’è andata, con la coda tra le gambe. Il branco l’ha rifiutata.
UOMO 1: E poi sei arrivato tu, immagino. Con le tue chiacchiere. La tua capacità di evadere. Evadere il discorso.
UOMO 2: E’ eccitante vedere un branco di cani che si disperde. Non sanno dove andare, sembrano fantasmi. Ognuno per la sua strada, senza una direzione.
UOMO 1: Propria. La propria strada.
Silenzio.
UOMO 1: Cosa c’è dietro quelle porte?
UOMO 2: Non ne ho idea.
UOMO 1: Non conosci il posto che abiti?
UOMO 2: Mi basta un lettaccio per la notte.
UOMO 1: E il vino.
UOMO 2: Già, la mia donna preferita.
UOMO 1: E come mai proprio stasera non ce n’è, di vino?
UOMO 2: L’ho finito poco prima che arrivassi.
UOMO 1: Congiuntivo.
UOMO 2: Adesso basta.
UOMO 1: Non potevi aspettarmi?
UOMO 2: Ti ho visto avvicinarti. Ho brindato alla tua.
UOMO 1: Per brindare si deve essere in due. Almeno in due.
UOMO 2: Non ho mai detto di essere solo.
Silenzio.
L’abbaiare del cane.
UOMO 1: Adesso ricomincia?
UOMO 2: Non ha mai smesso.
UOMO 1: Perché non viene a ringhiarmi in faccia?
UOMO 2: Non ha fame.
UOMO 1: Poco fa…
UOMO 2: Non ha cenato, ma non ha fame.
UOMO 1: Io sì.
UOMO 2: (dopo un breve silenzio) Allora vattene.
UOMO 1: (sorride compiaciuto) Non hai vino, non hai cibo, a malapena hai un letto su cui dormire. Come faccio a crederti?
UOMO 2: Puoi anche non farlo.
UOMO 1: Dimmi almeno come passi il tempo.
UOMO 2: Uccido le coppiette che vengono ad imboscarsi. Le sorprendo da dietro, le incapretto, stupro la ragazza, poi li sgozzo. Vedi quei rebus sulle pareti? Prova a decifrarli. E poi trattieni il vomito.
UOMO 1: Non è divertente.
UOMO 2: No, non lo è. Però farne a pezzi i corpi e darli in pasto a lui sì. Ci sono le ossa, dietro quelle porte.
UOMO 1: Pensare che per un momento mi era venuta voglia di abbracciarti.
UOMO 2: Ho i favi sotto le ascelle.
UOMO 1: Non hai perso il tuo umorismo. Sempre così tetro.
UOMO 2: Cosa vuoi davvero?
UOMO 1: Ritrovarti.
UOMO 2: Sono qui.
UOMO 1: E riportarti a vivere.
UOMO 2: Vivere?
UOMO 1: Cercarti un lavoro, per esempio.
UOMO 2: Mi stai annoiando.
UOMO 1: E comprare questa baracca.
Silenzio.
Uomo 2 guarda intensamente Uomo 1. Attacca un fischio lungo e acuto, senza smettere di guardarlo. Il cane abbaia, più forte dei momenti precedenti.
UOMO 1: Non sto scherzando.
UOMO 2: Neanch’io.
UOMO 1: Possiamo risolverla tra uomini.
UOMO 2: Siamo dello stesso sangue, fratello, tu ed io.
UOMO 1: Già… Quanto ti piaceva dirlo.
Uomo 2 si allontana verso una porta di legno sprangata.
UOMO 1: Fermati.
Uomo 2 apre la porta e vi sparisce dentro. Uomo 1 avvicina la mano alla cinta, come fosse pronta a prendere qualcosa. Dietro un muro di cemento, su cui sono disegnati i rebus, i versi di un cane.
UOMO 1: (in direzione del cane) Che fai, bastardo, quando il padrone va via tiri fuori le palle? Perché non esci allo scoperto? Scommetto che sei più buio della notte. Non hai più il coraggio di seguirmi, di starmi vicino? Dove sono i tuoi occhiacci rossi? Vieni qua, ti faccio una bella festicciola. O forse aspetti l’osso che ti porta papà? Pensi davvero che sia andato a prenderti l’osso? E quale ti piacerebbe rosicchiare, con la tua bavaccia fetida? Forse una gamba? La mano non ha polpa, no? O magari una spalla, una coscia, il tallone. Perché non t’avvicini al padrone? Che c’è, hai paura di me?
Torna Uomo 2, con una bottiglia in mano.
UOMO 1: Bugiardo, come da bambino.
UOMO 2: E tu? Ancora combatti i tuoi fantasmi.
Uomo 2 si avvicina di molto a Uomo 1. Gli porge la bottiglia. Uomo 1 lo afferra e lo abbraccia con violenza. Si stacca.
UOMO 2: Puzzi da fare schifo. Un misto di miele e mandarino.
UOMO 1: Finalmente del vino. Pessimo, ma pur sempre vino. Mi mancavano le nostre bevute.
UOMO 2: Non te lo vendo questo posto.
UOMO 1: Non è tuo.
UOMO 2: Non puoi togliermelo.
UOMO 1: Avevo voglia di rivederti.
UOMO 2: E’ un piccolo sarcofago: il mio sepolcro quotidiano.
UOMO 1: Sono passati quanti anni?
UOMO 2: Non mi convincerai.
UOMO 1: Non sono qui per trattare.
UOMO 2: Allora sotterrami.
UOMO 1: Dovrei prima ucciderti.
UOMO 2: Fallo. Hai una bottiglia in mano. Forse un coltello, in tasca.
UOMO 1: E tu? Cosa ti resta, nelle tasche?
UOMO 2: Un po’ di polvere.
UOMO 1: Polvere?
UOMO 2: Polvere magica. Quella delle fiabe. Come le ali di farfalla. La tocchi e… (fa segno con le mani come se qualcosa sparisse)
UOMO 1: Alla tua polvere, allora. (beve)
UOMO 2: Al tuo affare. (si sciacqua la bocca con il vino e lo sputa in terra)
UOMO 1: Ancora un trabocchetto.
UOMO 2: Non preoccuparti, non ti ucciderà.
UOMO 1: Mi sono fatto la corazza anch’io.
UOMO 2: La tua giacca di velluto.
UOMO 1: Un giubbotto anti-proiettile, per esempio.
UOMO 2: Quanta miseria.
UOMO 1: Perché tu ne sei rimasto fuori.
UOMO 2: E mi dici che non ho fatto bene?
UOMO 1: L’hai fatto e basta. Non sto qui a sentenziare. Non ti ho mai giudicato.
UOMO 2: Già… Sei qui con un bel gruzzoletto in tasca.
UOMO 1: Non si va più in giro con i soldi. È pericoloso.
UOMO 2: E com’è che vuoi comprarmi?
UOMO 1: Un assegno. La carta di credito. Hai un conto?
UOMO 2: In sospeso, sì.
UOMO 1: Posso rimpolparlo.
UOMO 2: Rimpolpami queste. (si alza i vestiti e mostra delle cicatrici)
UOMO 1: Tatuaggi?
UOMO 2: Lotta per la sopravvivenza.
UOMO 1: Non siete così amici, allora.
UOMO 2: Il capobranco. Bisogna lottare per avere il posto.
UOMO 1: La poltrona.
UOMO 2: Vuoi bere ancora?
UOMO 1: Cosa c’è lì dentro?
UOMO 2: Devi solo abituarti. All’inizio è normale.
UOMO 1: Normale?
UOMO 2: Ancora pochi secondi. (pausa. Si guardano) Ora.
Uomo 1 crolla in terra. Uomo 2 si mette a quattro zampe: è un cane. Si avvicina all’altro, lo annusa, ringhia. Gli lecca il collo. Scansa un lembo della giacca, fruga con il viso nella cinta. Prende un coltello con la bocca. Gira intorno all’uomo, ancora a quattro zampe: sembra un rituale. Ringhia. Si rialza. Prende la bottiglia, ne beve un sorso. Sputa.
Si allontana verso la stessa porta di prima. Vicini, i versi di un cane. Uomo 2 rientra con un secchio, si avvicina a Uomo 1 e gli versa una gran quantità di acqua gelida sul viso. Uomo 1 si rialza sobbalzando.
UOMO 1: Cristo!
UOMO 2: Non esageriamo.
Uomo 2 gira il secchio e vi si siede sopra.
UOMO 2: Adesso sono io quello più in alto.
UOMO 1: Che diavolo c’era in quel vino?
UOMO 2: Niente di mortale.
UOMO 1: Sei un fantasma di carne.
UOMO 2: Lo sono sempre stato, per te.
Uomo 1 si rialza, si sgrulla i vestiti.
UOMO 1: Era così necessario?
UOMO 2: Te l’ho detto, non te lo vendo questo posto.
UOMO 1: Mi fai pena.
UOMO 2: Come tua madre.
Uomo 1 si avventa sull’altro, lo sbalza dal secchio. Iniziano uno scontro rotolandosi nella terra.
UOMO 2: (lottando) Mi mancavano le tue coccole!
UOMO 1: Io ti ammazzo.
UOMO 2: Non sarebbe la prima volta.
UOMO 1: L’ho detto dal momento in cui sei venuto al mondo. Adesso lo faccio.
UOMO 2: Mi piace quando ti incazzi, sei spassoso!
Uomo 2 riesce a ribaltare la situazione gettando l’altro in terra. Uomo 1 scosta i lembi della giacca come per cercare qualcosa che non trova.
Uomo 2 tira fuori il coltello dell’altro e glielo mostra, facendo versi con la bocca come se stesse richiamando un cane.
UOMO 1: Sei il piscialletto di sempre.
UOMO 2: Ho imparato a difendermi.
Uomo 2 continua con i richiami.
UOMO 1: Non mi spaventa più la tua bestiolina.
UOMO 2: E a me la tua.
Conficca il coltello nella terra. Porge il braccio all’altro, che rifiuta rialzandosi da sé.
UOMO 2: (porgendogli la bottiglia) Vuoi?
UOMO 1: Cosa c’è lì dentro?
UOMO 2: Un misto di erbe.
UOMO 1: (indicando le grandi porte sbarrate) Lì dentro.
UOMO 2: Non c’è niente. Non c’è niente lì dentro.
UOMO 1: E se andassi a controllare?
UOMO 2: Guardati le spalle.
UOMO 1: Va bene, dammi altro vino.
UOMO 2: Ne sei convinto?
UOMO 1: Finalmente imparo qualcosa da te.
Silenzio.
Uomo 2 beve un altro sorso, sputa. Uomo 1 gli si avvicina e gli strappa la bottiglia dalle mani.
UOMO 2: Un’overdose di quella roba può essere letale.
UOMO 1: Adesso ti spiego come va il mondo.
Prende il secchio, lo rigira, inizia a versarci dentro il vino.
UOMO 1: Queste (la bottiglia) sono le macchine, grandi istituzioni/
UOMO 2: /So cosa intendi.
UOMO 1: I tempi sono cambiati. Sei rinchiuso qui da troppo tempo. (riprendendo il discorso) Grandi macchine in movimento perpetuo. Automatismi. Un meccanismo perfetto, infallibile. Questo (il secchio)/
UOMO 2: /è il grande cesso dove finisce la merda.
UOMO 1: Questo (sempre il secchio) è la società. Siamo noi. Tutti noi. Anche tu, che lo voglia o no.
Uomo 2 sputa dentro il secchio.
UOMO 1: Una società in cui ogni individuo è meno di uno sputo, una goccia d’acqua nel grande fiume che scorre. E questo (il vino che cola)/
UOMO 2: /la merda.
UOMO 1: E’ il denaro. Liquido, rosso, fluidissimo.
Uomo 2 mette le mani a giumella, beve, si sciacqua la bocca e sputa di nuovo.
UOMO 1: E niente può interrompere questo flusso. Bisogna farne parte. Interamente.
Uomo 2 calcia il secchio, che schizza via rovesciando il vino.
UOMO 2: Bastava così poco?
UOMO 1: Continui a scappare, come da bambino.
UOMO 2: Una bella lezione, professore. Una metafora perfetta.
UOMO 1: Stavo solo argomentando la mia scelta.
UOMO 2: Ed è questo il modo di affrontare l’argomento da uomini?
UOMO 1: Dammi un’alternativa migliore.
UOMO 2: Lei.
Silenzio.
UOMO 2: Come sta?
Silenzio.
UOMO 2: Potrebbe essere giusto parlarne. Adesso.
Silenzio.
UOMO 2: O pensi solo alla montagna di merda liquida che cola?
UOMO 1: Sta bene. Adesso sta bene.
UOMO 2: L’hai vista.
UOMO 1: Un’ultima volta. Glielo dovevo.
UOMO 2: Ci stai passando in rassegna. Uno dopo l’altro.
UOMO 1: Sto solo mantenendo le mie promesse.
UOMO 2: Quanti mausolei vuoi innalzare?
UOMO 1: Dipende dal nostro affare.
UOMO 2: Avete parlato di me.
UOMO 1: Pensava che fossi morto.
UOMO 2: E di te lo stesso. Sei tu il fantasma di carne.
UOMO 1: La ami?
Silenzio.
UOMO 1: L’avresti uccisa di crepacuore.
UOMO 2: L’ho lasciata in pace.
UOMO 1: Se avesse visto questo posto/
UOMO 2: /Eppure lo vuoi comprare.
UOMO 1: Distruggere. Demolire. È la nuova architettura strategica. Poi si ricostruisce. Da zero. Ciò che si vuole.
UOMO 2: L’illusione della creazione.
UOMO 1: Lascia perdere. Discorsi antichi…
UOMO 2: E cosa allora? Desiderio di onnipotenza?
UOMO 1: Investimento. Non solo di denaro. Tempo. Soprattutto di tempo.
UOMO 2: La noia, non è vero?
UOMO 1: Non sappiamo più riempire i giri d’orologio.
UOMO 2: Una smania capricciosa.
UOMO 1: Dammi un’alternativa.
UOMO 2: Alla tua retorica?
UOMO 1: Ai tuoi sofismi.
UOMO 2: Lei. La sua vita. Così determinata.
UOMO 1: E tu non sei che un riflesso.
UOMO 2: Un’emanazione. La sua metastasi.
UOMO 1: Non ho mai capito il perché.
UOMO 2: Cosa avrei fatto se fossi rimasto?
UOMO 1: Cosa hai fatto andandotene via?
UOMO 2: L’ho trascinata. Un’ombra.
UOMO 1: Già… La tua bieca emancipazione.
UOMO 2: Lo chiamano istinto di sopravvivenza.
UOMO 1: E nessuna parola possibile.
UOMO 2: Bisogna farsi la pellaccia.
UOMO 1: Con lo scalpo degli altri. Vigliacco.
UOMO 2: Quanto mi dai per questo posto?
Lungo silenzio.
Uomo 1 guarda Uomo 2 incredulo.
UOMO 2: E’ così fragile la tua architettura…
UOMO 1: Va bene. Giochiamocela.
UOMO 2: Come un tempo?
UOMO 1: Come un tempo, sì.
UOMO 2: Un solo vincitore.
UOMO 1: Definitivo.
UOMO 2: Non sai quello che dici.
UOMO 1: Un ultimo gioco.
UOMO 2: Il piatto pronto. Servito caldo.
UOMO 1: Per questa baracca.
UOMO 2: Il tuo ingegno per un cavillo.
UOMO 1: E un asinello da soma. Avvinazzato.
UOMO 2: L’asinello è testardo e ha zoccoli duri.
Questa volta la metamorfosi è comune. I due sono bestie selvagge. Ringhiano come cani. A tratti urlano come urlano le capre. Si fanno incontro, iniziano una lotta rituale, gioco di bambini. Il gioco si fa serio, monta una rabbia antica, finché Uomo 1 sovrasta l’altro e gli assesta un colpo che lo tramortisce. Sembra non rendersi conto. Poi si alza, si risistema. Guarda l’altro, che non si muove. Lontano, il guaito di un cane. Uomo 1 si avvicina all’altro, lo smuove, ma non c’è reazione. Inizia a frugarlo. Trova un coltello. Lo mette dove all’inizio teneva il proprio. Raggiunge l’altro coltello, ancora conficcato in terra. Lo estrae, torna da Uomo 2 e glielo sistema addosso. Recupera il secchio, lo posa in terra girato e vi si siede sopra.
Silenzio.
Uomo 1 guarda Uomo 2, si scalda le mani. Si gira di scatto come sentendo la presenza di qualcuno o di qualcosa. Inizia a cantare.
UOMO 1: (canta)
La notte è piena di stelle
ci fa sognare le cose più belle, più belle, più belle.
Tu sogni e guardi lontano
Vedi un gran fiume che scorre pian piano, pian piano, pian piano.
Sul fiume c'è una piroga
e dentro di questa c'è un negro che voga, che voga, che voga.
Intanto dietro la duna
vedi pian piano spuntare la luna, la luna, la luna.
Il negro smette il vogare
guarda la luna e si mette a pregare, pregare, pregare.
“ Ti prego o madre luna
dona al mio popol ricchezza e fortuna, fortuna, fortuna.
Proteggi tutte le greggi
fa che il mio popol rispetti le leggi, le leggi, le leggi.
Proteggi l'acqua del fonte
l'erba del piano e le piante del monte, del monte, del monte"
Intanto dietro la duna
vede pian piano calare la luna, la luna, la luna.
Il negro smette il pregare
riprende il remo e si mette a vogare, vogare, vogare.
Silenzio.
Un cane guaisce.
Uomo 1 si alza e si dirige verso le porte di cui tanto voleva scoprire. Ne apre una, entra dentro.
Uomo 2 inizia a fischiare, lo stesso fischio che sembra un richiamo. Alza il busto. Aspetta.
Rientra Uomo 1.
UOMO 2: Cosa vuoi ancora?
UOMO 1: Un letto caldo. Un caminetto acceso. Del latte.
UOMO 2: Sapevi che sarebbe andata così.
UOMO 1: Sei sempre riuscito a fregarmi.
UOMO 2: Questa volta hai vinto tu.
UOMO 1: Credi che mi interessi davvero questo posto?
UOMO 2: Credi che altrimenti ti avrei fatto vincere?
UOMO 1: Pensavo che fossi morto.
UOMO 2: Anch’io l’ho pensato a lungo.
UOMO 1: Di te?
UOMO 2: Di te.
UOMO 1: Non è venuto.
UOMO 2: C’era. Ma tu non lo hai visto.
UOMO 1: Non capisco.
UOMO 2: Cosa c’è da capire?
UOMO 1: Vieni via. Con me.
Uomo 2 sorride con sprezzo.
UOMO 1: Puoi farti una doccia calda.
UOMO 2: Non sai quanto a lungo ti ho aspettato. Quanto volessi riempire quelle zone buie, oscure. Come se qualcosa si fosse perso. Dimenticato. Fai ancora fotografie?
UOMO 1: Non posso.
UOMO 2: Perché?
UOMO 1: Non so dove metterle. È un obiettivo vuoto. Non c’è più spazio per i miei ritagli.
UOMO 2: E’ colpa sua?
UOMO 1: Merito. Si chiama merito.
UOMO 2: E tu? Cos’è che ti sei meritato?
UOMO 1: Tumuli. Macerie. L’architettura della distruzione. Un congedo.
UOMO 2: Perché sei ancora qui?
UOMO 1: Non ho finito.
UOMO 2: Vuoi assestarmi altri colpi.
UOMO 1: Domande. Ho tante domande.
UOMO 2: Eri solito trovare risposte.
UOMO 1: Hai avuto altre donne?
UOMO 2: Non sono domande, le tue. Ossessioni.
UOMO 1: Un istinto. Protezione.
UOMO 2: La tua curiosità deforme.
UOMO 1: Dagli il nome che preferisci.
UOMO 2: Ho passato intere giornate a decifrare quei rebus. Credevo che fossero dei messaggi. Un riempitivo. Ma quando qualcosa ti si rivela, nella sua nudità, così semplice, capisci che ancora una volta hai perso tempo. Sprecato. Questa è la vera architettura della distruzione. L’aspettativa che si sgretola nelle tue stesse mani. Svanisce.
UOMO 1: La polvere delle farfalle.
UOMO 2: Come potevo riempire quelle stanze buie? Di cosa dovevo riempirle? Dicono che un luogo lo si vive solo se lo si invade. Ho scelto di rompere la logica. Volevo essere ospite. Non padrone.
UOMO 1: Un’altra menzogna.
UOMO 2: Quante storie ci raccontiamo per veder brillare gli occhi di chi ci ascolta? E i tuoi occhi non li vedevo brillare da anni. Non li vedevo proprio. Ma nel buio puoi costruire, riempire gli spazi, gli angoli, con il solo strumento dell’immaginazione.
UOMO 1: Io dov’ero?
UOMO 2: C’eri. Eri lì. Nell’angolo più lontano. Tu e le tue fotografie.
UOMO 1: E lei?
UOMO 2: Lei era scomposta. Un puzzle. Ogni tassello in uno spazio diverso.
UOMO 1: L’hai mai visto? Lui. I suoi occhiacci rossi.
UOMO 2: Non credo che esista.
UOMO 1: Lo sentiamo entrambi. Non si sta zitto un attimo.
UOMO 2: Non l’ho visto.
UOMO 1: A cosa ti serve?
UOMO 2: A dare ritmo al tempo. Un metronomo.
UOMO 1: Per questo non la smette mai.
UOMO 2: Può forse il tempo fermare il tempo?
UOMO 1: Lei…
UOMO 2: Lo so.
UOMO 1: Come?
UOMO 2: Non sono uno sciocco. L’ho capito subito.
UOMO 1: Un pretesto.
UOMO 2: Già… Questa baracca. Sei venuto per lei.
UOMO 1: Per te.
UOMO 2: L’appuntamento.
UOMO 1: Dovevo dirtelo.
UOMO 2: Come?
UOMO 1: Naturalmente. In un letto caldo.
UOMO 2: Il caminetto spento.
UOMO 1: La neve, di fuori.
UOMO 2: E tu. Il solito spaventapasseri.
UOMO 1: Ho bevuto il suo latte. Un’ultima volta.
UOMO 2: Finalmente hai imparato a mungere.
Silenzio.
UOMO 2: Una fotografia.
UOMO 1: Non voleva.
UOMO 2: So che ce l’hai.
UOMO 1: Sicuro di volerla vedere?
UOMO 2: Dammela.
UOMO 1: Ecco.
Gliela lancia.
Estrae il coltello e lo sfiora con le dita.
UOMO 2: (guardando Uomo 1) Il mio coltello…
UOMO 1: Già… Una bella lama.
UOMO 2: Sono pronto. Adesso puoi farlo. L’architettura della distruzione.
UOMO 1: Nella tua cinta. A coprire le cicatrici.
Uomo 2 si fruga addosso e trova il coltello dell’altro. Sorride. Brucia la fotografia.
UOMO 1: Sapevo che l’avresti fatto.
UOMO 2: Sono/
UOMO 1: /Sì, sei prevedibile.
UOMO 2: Adesso sei tu a farmi il verso.
UOMO 1: Adesso sono io il tuo metronomo.
Uomo 2 estrae il coltello. I due si guardano a lungo, tenendo i coltelli ben saldi nella mano destra. Si avvicinano a passi lenti. Un abbraccio vero, che sa di fratellanza. Un abbraccio lungo. Ululano. Ululano forte, a lungo. Sono in due, ma sembrano un branco. Ancora uniti nell’abbraccio, lanciano i coltelli, che vanno a piantarsi in terra.
Il cane tace.