GLI AMICI DEGLI AMICI
di
Franca De Angelis
Commedia di persone e fantasmi
liberamente ispirata
all’omonimo racconto di Henry James
PERSONAGGI (in ordine di apparizione)
La signorina Olivia Kindermann
Il signor Bernard March
Il dottor Carl Meyer
La signora April Wilkinson
La signora Miranda Richardson
La dottoressa Stewart
Lisa, cugina di April
N.B. Questo testo può essere interpretato da tre attori, con la seguente ripartizioni di ruoli:
Olivia
Bernard – Dottor Meyer
April – Miranda – Lisa – Dottoressa Stewart
Sul buio, una musica da ballo da festa inglese fine ‘800, come suonata da un’orchestrina da camera. La musica si allontana mentre le luci si alzano – poco - sulla scena, che rappresenta una terrazza notturna.
Una donna arriva dalla quinta accaldata come venisse da un ballo. Riprende fiato, si toglie una scarpa e si massaggia un piede. Intanto ridacchia fra sé, guarda al di là della quinta – evidentemente il salone dove la festa è ancora in corso.
Piano s’illumina un’altra figura: un uomo. Guarda la donna divertito. Lei percepisce il suo sguardo e lo guarda a sua volta. Imbarazzatissima si rimette la scarpa.
OLIVIA
Mi scusi… non l’avevo vista.
BERNARD
Non si preoccupi. Non ha fatto di nulla di sconveniente.
olivia
Non mi sembra di conoscerla… E’ la sua prima festa dai Richardson?
bernard
E’ la mia prima festa a Londra. Mi sono trasferito da poco dalla provincia. Bernard March.
olivia
Olivia Kindermann. Si è trasferito per motivi di lavoro?
bernard
Già. Detto fra noi non conosco nemmeno i padroni di casa. Mi hanno portato qui alcuni amici di loro amici.
olivia
Comunque sia hanno fatto bene. Quelle dei Richardson sono fra le più belle feste di Londra. Per l’ultimo dell’anno soprattutto. Miranda non si risparmia. La signora Richardson.
bernard
Sì, ho visto.
olivia
Non so proprio cosa si inventerà per la fine del secolo. Credo che sotto sotto la stia già preparando.
bernard
In fondo mancano solo cinque anni.
olivia
Ma forse lei non ama le feste.
bernard
Perché mi ha trovato tutto solo qui sulla terrazza? In effetti le situazioni troppo affollate dopo un po’ mi fanno desiderare la solitudine.
olivia
Oh, mi dispiace…
bernard
No, no, no… non se ne vada, la prego. Volevo dire che in una situazione affollata non si riesce a parlare così, occhi negli occhi, con qualcuno.
(Tira fuori dalle tasche due mazzi di carte)
Me lo farebbe un favore?
olivia
Se posso…
bernard
Qui ci sono due mazzi di carte.
olivia
Li vedo.
bernard
Ne prenda uno.
(Le porge un mazzo)
olivia
E’ questo il suo lavoro? Lei è un illusionista?
bernard
Oh no, un finanziere. Ma questo è il mio hobby. Sto preparando dei giochi nuovi e devo esercitarmi.
olivia
Che devo fare?
bernard
Scelga una carta. Senza farmela vedere. Fatto? Perfetto. Adesso la rimetta dentro e mischi il mazzo.
olivia
Così?
Bernard
Bravissima. Ora conti le carte che vengono prima della sua.
olivia
(esegue) … Dodici, tredici.
bernard
Quindi la sua carta è la quattordicesima, giusto?
olivia
La quattordicesima, sì.
(fa per mostrargliela)
bernard
No, no, non me la mostri ancora. Vediamo prima nel mio mazzo… qual è la carta numero quattordici. (conta) Uno, due tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, dodici, tredici… quattordici. Ecco, ora mi dica qual è la sua carta.
olivia
Donna di cuori.
bernard
Straordinario! Anche la mia!
olivia
Non ci credo. Mi faccia vedere.
bernard
Guardi!
olivia
Non è possibile! Mi dica il trucco.
bernard
E’ così certa che ci sia? Forse il fatto che abbiamo la stessa carta allo stesso posto nei nostri mazzi è, che so, un segno.
olivia
Di cosa?
bernard
Potrebbe voler dire che io e lei siamo anime gemelle, per esempio.
Olivia resta per qualche istante spiazzata, e lusingata. Cambia argomento.
olivia
Peccato che non le piacciano le feste. Con i suoi giochi, sarebbe il classico tipo che tiene banco.
bernard
Non è che non mi piacciano le feste. E’ che il trentuno dicembre è un giorno particolare per me. E’ morta mia madre.
olivia
Mi dispiace.
bernard
Non deve, è accaduto ben dodici anni fa.
olivia
Non significa nulla se le era molto legato.
bernard
Sì, lo ero. Ma è quello che è accaduto il giorno della sua morte che continua a turbarmi, quando ci penso.
olivia
Cosa?
bernard
Forse lei preferisce rientrare…
olivia
No, affatto!
bernard
Ecco… Mi trovavo ad Oxford, era l’anno della laurea. Avevo deciso per la prima volta di fermarmi anche nelle vacanze invernali. Come molti miei compagni, del resto. Era il nostro ultimo anno… e avevamo in programma tutta una serie infinita di festeggiamenti. Se lo può immaginare… Era il nostro modo per dire: siamo adulti ormai.
Sul fondo, appena illuminata e isolata dal resto come un’apparizione:
april
Mi trovavo a Parigi con una zia, una sorella di mia madre. Avevo compiuto da poco diciotto anni… e questa zia si era offerta di farmi fare un giro dell’Europa. Con lei, naturalmente. Ero stata sempre la sua preferita… Le capitali, i grandi teatri… Io… lo avevo la passione del canto. E mia zia si era informata su tutte le grandi prime di melodrammi… soprattutto in Italia… Ma in Italia non ci eravamo ancora arrivate, quando accadde. Eravamo a Parigi. In un museo.
bernard
Dopo colazione eravamo andati nel parco, i miei compagni ed io, ben provvisti di alcool per riscaldarci, e là ci eravamo attardati a passeggiare e a chiacchierare fin quando il sole o meglio quel poco che se ne indovinava attraverso un cielo bianco e compatto come la glassa di un dolce aveva cominciato la sua discesa… Allora un certo… Albert, mi pare… un tipo tracagnotto, non ricordo più su quale provocazione tirò una prima palla di neve. Da quella prima palla si scatenò una vera e propria battaglia fra tutti noi… alla faccia della laurea imminente, eravamo tornati bambini. Alla fine, il tramonto era diventato sera, e noi eravamo stremati e fradici di neve fin nelle ossa, così decidemmo di ripassare nelle nostre camere prima di affrontare la cena, certi che sarebbe stata un luculliano cenone di fine d’anno nella tradizione di Oxford. E per il dopo cena… avevamo un bellicoso programma che coinvolgeva certe signorine della cittadina vicina. Forse non dovrei rivelare questi particolari a una signora…
april
Era un museo non molto grande né particolarmente famoso, ma là era conservato un quadro, un quadro in particolare che mi aveva incantato sui libri di storia dell’arte da quando mi ricordavo. Da tempo sognavo di vederlo dal vivo e così precedendo la zia e il resto della comitiva, certi suoi amici parigini che quel giorno ci facevano compagnia nei nostri giri, mi ero avviata quasi correndo, emozionata, verso la saletta dove quel quadro era custodito, solo, come una perla nella sua conchiglia. Appena entrata nella sala però mi resi conto della presenza di altre due persone e mi sentii sciocca ad essere entrata così, quasi di corsa e con un sorriso ebete per l’emozione sulle labbra. Mi ricomposi e rallentai il passo per raggiungere il quadro… e intanto gettai un’occhiata a quei due… uno lo riconobbi subito, era il custode, lo avevo già incontrato all’entrata del museo, e non sembrava aver fatto caso al mio ingresso precipitoso… l’altro mi parve un turista, aveva il mantello ed era seduto su una panca a capo chino, come se volesse riposarsi …
bernard
Ma appena entrato nella mia camera, accaldato e gelato insieme, con le guance e le mani che mi bruciavano per il contatto con la neve, ridendo ancora per quel momento di regressione all’infanzia… appena entrato nella mia camera ancora prima di accendere le luci avvertii di non essere solo. Chi c’è?, sussurrai… pensavo a qualche compagno che volesse farmi uno scherzo… Appena accesa la prima luce la vidi, perché era là, in piedi, a poca distanza da me, e guardava verso l’ingresso da cui ero appena entrato… era mia madre. Che mi sorride radiosa e spalanca le braccia. E io… sì, forse per giusto un attimo pensai che il mio programma serale sarebbe andato a monte, ma ero felice, felice di vederla, e corro, corro verso di lei per abbracciarla…
april
Ma come quell’uomo sentì il mio sguardo su di sé alzò il capo e io vidi che era mio padre. Mio padre che in quel momento si trovava in Inghilterra e io lo sapevo e sapevo che non poteva stare lì, e se poi avesse voluto farmi un’improvvisata non aveva senso trovarmelo di fronte in quel museo… ma lo stesso era mio padre e mi diede l’impressione di star lì da tempo ad aspettarmi, tanto che nel suo sguardo c’era un che di rimprovero… come se mi dicesse: perché mi hai fatto aspettare tanto? Ma tutti questi pensieri durarono insieme meno di un attimo, appena lo vidi l’istinto fu di correre verso di lui per abbracciarlo…
bernard
Ma un istante prima che le mie braccia potessero stringerla, si dissolse. Come nebbia.
april
Ma come lo raggiunsi, lui svanì. Come nebbia.
bernard
L’indomani mattina ebbi la notizia della morte di mia madre. E quell’abbraccio…
april
Dopo solo poche ore ci raggiunse un telegramma che ci avvertiva della sua morte. E quell’abbraccio…
bernard
L’ultimo abbraccio fra me e mia madre non ci fu mai.
april
Le mie braccia non avevano stretto che nebbia, e il giorno dopo era troppo tardi.
bernard
Mi precipitai a casa, ma era troppo tardi.
Buio su April.
Olivia resta in silenzio, Bernard si accorge di averle procurato un forte turbamento.
bernard
Mi perdoni, non so perché le abbia raccontato questo episodio. Non è certo la prima cosa che racconto quando conosco una persona… C’è qualcosa in lei che mi spinge ad aprirmi. Ma vedo che l’ho turbata.
olivia
Oh no… sono turbata sì, ma non per il suo racconto. Vede, io ho un’amica… a cui è accaduta la stessa cosa. Dodici anni fa, proprio come a lei.
bernard
Mi prende in giro?
olivia
Non mi permetterei mai! E poi nel nostro giro conosciamo tutti questa storia. Tra l’altro April… la signora April Wilkinson, la mia amica… non è una amica intima, più un’amica di amici, ecco… ma è una persona serissima, che non racconterebbe mai una cosa non vera.
bernard
Non ho mai saputo di qualcuno che avesse vissuto la mia stessa esperienza.
olivia
Lo credo. Dovete assolutamente conoscervi, confrontarvi, raccontarvi le vostre esperienze… Sono così straordinarie entrambe.
bernard
E lei sarebbe così gentile da presentarmi la sua amica?
olivia
Ma certo. Gliene parlerò il prima possibile. Farò di tutto per farvi incontrare. Glielo prometto. Dopotutto, ogni simile cerca il suo simile, non è così?
Buio su Bernard e Olivia. S’illumina un piccolo scrittoio a un lato del proscenio. Il dottor Meyer lo raggiunge infilandosi un camice e vi si siede.
DOTTOR MEYER
13 settembre 1908. Seduta numero tre della paziente Olivia K. La signorina K. si è presentata da me un paio di settimane orsono, su pressione del suo medico curante, il professor W. I sintomi principali della paziente sono insonnia, depressione, tratti paranoici. La paziente sostiene di venire visitata dai fantasmi.
S’illumina, sul lato opposto del proscenio, un divanetto su cui è sdraiata, spalle al dottor Meyer, la signorina Olivia Kindermann.
olivia
Capisce qual è la cosa peggiore?
dottor meyer
Me lo dica lei.
olivia
Ma è chiaro! Fui io a parlargli di lei per prima. E a sottolineare quel legame misterioso che esisteva fra loro. Posso incolpare solo me stessa. Sì, a volte mi dico che se non lo avessi fatto io ci avrebbe pensato qualcun altro. Insomma la storia di April la conoscevano tutti, tanto che nei salotti quando si parlava di lei, a volte si diceva “sai, quella tipa che ha visto il padre morto”… Ma sarei una stupida se mi facessi consolare da questo pensiero.
dottor meyer
Cosa provava durante quel primo incontro con… Bernard, giusto?
olivia
Per lui intende? Mi sentivo attratta. Bernard mi sembrò immediatamente molto più interessante di qualunque altro uomo “libero” in circolazione a Londra.
dottor meyer
E perché parlò a un uomo appena conosciuto, che la attraeva, di una sua amica? Come se volesse combinare un incontro?
olivia
Lei non l’avrebbe fatto? C’era una tale analogia fra le esperienze che avevano vissuto!
dottor meyer
Quindi per lei parlargliene era pressocché inevitabile. Allora perché sentirsi in colpa?
Olivia non risponde.
dottor meyer
Aveva la sensazione, durante quel primo incontro, che Bernard corrispondesse l’attrazione che lei provava?
olivia
Lui era molto seduttivo. Anche il fatto che mi raccontò subito un episodio così delicato della sua vita… Insomma, avrei potuto prenderlo per matto! Sì, credo che anche lui fosse attratto da me. Ma vede… Bernard aveva un che di sfuggente. Lo percepivi ancora prima di saperlo. Dava la sensazione di poterti fare innamorare e di poter fuggire per sempre l’attimo dopo. E non era solo una sensazione, nei mesi successivi ne ebbi la prova. In fondo, non era un caso che fosse arrivato a un’età ragguardevole senza impegnarsi con una donna. E anche quando la nostra frequentazione si fece intensa, poteva capitare che lui sparisse per delle settimane, a volte dei mesi.
dottor meyer
Glielo chiedo di nuovo. Perché gli parlò della sua amica?
olivia
Pensai che conoscere una persona che aveva avuto la sua stessa esperienza, un’esperienza così speciale… e potergliela presentare, io… mi rendesse preziosa ai suoi occhi. Indispensabile. Mi garantisse che non sarebbe sparito.
dottor meyer
Lei credeva ai fantasmi, signorina Kindermann?
olivia
Non ci credo nemmeno ora, se per fantasmi intendiamo residui evanescenti di coloro che sono vissuti. No, io ora credo che vivi e morti possano coesistere in dimensioni parallele, in cui entrambi vivono una vera vita… e che ad alcuni di loro sia dato incontrarsi come se non esistesse separazione…
dottor meyer
E allora, ci credeva? All’epoca di quel primo incontro?
olivia
Sinceramente, pensavo fossero tutte sciocchezze.
dottor meyer
Cosa pensò dunque, quando Bernard le raccontò quell’episodio della sua vita?
olivia
Gliel’ho detto, lui mi piaceva. Immagino che feci di tutto per sospendere la mia incredulità, durante il suo racconto.
dottor meyer
E della storia della sua conoscente, che era pressocché identica, cosa pensava prima di allora?
olivia
Pensavo che April fosse un’isterica. Buffa la vita, no? E’ quello che lei e il mio medico pensate di me. Ma dopo il racconto di Bernard mi sforzai di considerare anche la storia di lei sotto una luce diversa. Con una parte del mio cervello almeno… perché un’altra parte continuava a considerarle sciocchezze. In fondo, quelle di entrambi.
dottor meyer
Nel promettere a Bernard un incontro con la sua amica, non intravedeva un rischio?
olivia
Oh sì. Ma in fondo, vede, lo avevo appena conosciuto. Se da un lato pensavo che avrei potuto innamorarmene, dall’altro mi consolai che se anche lui e April si fossero, insomma, attratti irresistibilmente grazie alle loro reciproche storie, non sarebbe stato un gran danno. Me ne sarei fatta presto una ragione. E poi, la verità è che all’epoca non attribuivo ad April alcun fascino. Insomma, avevo sempre pensato che sembrasse… un topolino, sa uno di quei piccoli topi di campagna che hanno paura di tutto… a qualcuno dei miei amici forse suscitava tenerezza… ma non a me. Perché in fondo April aveva anche un che di meschino e di patetico. Questo pensavo allora.
dottor meyer
Meschino e patetico?
olivia
Da giovane sognava di fare la cantante. Sognava l’opera, i teatri. Ma poi incontrò... il padre era già morto… un uomo. Più anziano di lei, molto ricco, e si dice con un certo fascino. Bene, lo sposò, e poiché lui non ne voleva sapere di una carriera artistica della moglie, April mise i suoi sogni come si suol dire in un cassetto. E già questo ai miei occhi ne faceva una debole… Poi accadde che quell’uomo si rivelò nella vita matrimoniale insopportabile e soprattutto, violento. La picchiava. Non che lei me lo avesse mai raccontato personalmente, ma si sapeva. Finche April non trovò il coraggio di separarsi. A quel punto avrebbe potuto rifarsi una vita, no? Frequentare gente, innamorarsi di nuovo, riprendere i suoi studi di musica…
dottor meyer
Non è quello che fece?
olivia
Si rinchiuse in casa peggio di prima. Vuole sapere la ragione? I soldi. Il marito era stato costretto a versarle una cospicua rendita, e lei temeva di perderla, in caso di una nuova relazione o di guadagni personali. Capisce perché dico che vi trovavo qualcosa di meschino?
dottor meyer
Quindi quando parlò di lei a Bernard, non la riteneva una rivale degna di nota.
olivia
Pensavo che il suo unico fattore di interesse fosse quella storia del fantasma del padre.
dottor meyer
Torniamo alla promessa che fece a Bernard alla fine del vostro primo incontro.
olivia
Farò di tutto per fartela incontrare…
dottor meyer
Lo fece davvero?
olivia
Oh sì…
Si oscura il proscenio. Luce sul fondo su April. La donna sta servendo del the su un carrellino ma l’emozione che prova le fa tremare le mani e le ritarda le operazioni.
april
Non so proprio cosa dire… beh, di certo non mi lascia indifferente, guarda che disastro ho combinato… Non ho mai conosciuto nessuno che abbia avuto un’esperienza come la mia… che dico, non ho mai neanche sospettato che potesse essere accaduto a qualcun altro… A essere sincera, non so bene che effetto mi faccia saperlo, se mi dà sollievo o cosa… E davvero anche a questo signore è accaduto dodici anni fa?
Entra in scena Olivia.
olivia
Incredibile, vero? Capirai come io mi sia permessa di proporgli un incontro fra voi due. Insomma, è un’occasione unica! Potrai parlare finalmente con qualcuno che riesce a comprendere davvero quello che hai vissuto…
april
Sì. Sì, dovrò incontrarlo. Hai ragione.
olivia
La festa di Helena!.. Helena Robinson… Dài, la settimana prossima, sono sicura che ti ha invitato! E ha invitato anche il signor March, io posso fargli sapere che ci sarai anche tu così non mancherà… Dio mio…
april
Cosa?
olivia
Il suo nome, March! E tu: April. Siete entrambi due mesi dell’anno, e due mesi vicini. Non ti sembra un’altra coincidenza incredibile?
april
Però io non ci sarò… da Helena, intendo. Mi ha invitato, stai tranquilla, ma io non amo le feste. Nelle situazioni troppo affollate, sai, mi ritrovo dopo pochissimo tempo a desiderare di star sola… Perché mi guardi così?
olivia
Perché… anche lui ha detto qualcosa di simile, quando ci siamo conosciuti.
april
Sono certa che non siamo i soli in città a pensarla così.
olivia
Potremmo organizzare qui da te. Potresti invitarlo a prendere un the… verrei anch’io naturalmente…
april
Ecco, no, da me è meglio di no. Decisamente. Mio marito, sai. Viene sempre a sapere tutto quello che faccio. Non escludo che mi faccia controllare. Preferisco non ricevere visite… insomma, maschili. A meno che non si tratti di un ottantenne, ma non credo sia il caso del tuo amico.
olivia
No, decisamente. Avrà più o meno la nostra età… ma certo, che stupida. Casa mia. Facciamo da me, per il the, anche… martedì, che ne dici?
april
Sei molto gentile…
olivia
Allora siamo d’accordo.
april
Ecco, è che il martedì, io e mia cugina… Noi giochiamo a carte il martedì.
olivia
Tu e tua cugina? Quella che vive qui da te?
april
Sì, è una nostra abitudine. Da anni.
olivia
E non potreste fare un altro giorno? State nella stessa casa…
april
E’ che… è una consuetudine così antica per noi. Lo so, forse sono un po’ troppo abitudinaria… E’ che le abitudini mi rassicurano.
olivia
Allora facciamo… giovedì.
april
Mi dispiace moltissimo… Il giovedì proprio non posso. E’ il giorno in cui mi occupo dell’amministrazione, sai, viene il fattore, c’è da fare tutti i conti della settimana…
olivia
Il fattore ha più di ottant’anni immagino.
april
Beh, siamo lì… Ma non preoccuparti, troveremo il giorno giusto. Sai che faccio? Vado a prendere un calendario…
Esce. Olivia resta dinanzi al carrellino con il servizio da the. Dalla quinta opposta entra Bernard.
bernard
Niente zucchero e un bel po’ di latte. Così. Grazie.
Olivia gli passa una tazza.
bernard
Mi dispiace, sono venuto forse un po’ in anticipo…
olivia
Oh no. E’ April ad essere un po’ in ritardo… Ma bisogna scusarla, abita talmente in periferia…
Bussano.
olivia
Eccola… Mi scusa un istante? Voglio aprirle personalmente…
Esce per un istante. Torna con un biglietto fra le mani.
bernard
Non era lei?
olivia
Era sua cugina. Lei non verrà.
bernard
Beh, dopotutto, manca ancora più di un secolo alla fine del mondo, no?
olivia
Ma mi dispiace per lei… Magari ha rinunciato ad altri impegni…
bernard
Non mi attendevano impegni piacevoli quanto passare il pomeriggio con un’amica. E a dir la verità mi ero tenuto libero anche stasera, così… potremmo cenare insieme. Se non ha impegni lei, naturalmente.
olivia
No no… volentieri.
bernard
Allora, potrei ripassare da casa, cambiarmi e tornarla a prendere.
olivia
Perfetto.
bernard
Bene! Mi fa felice. E…
olivia
Cosa?
bernard
Sono sfacciato se le propongo di darci del tu?
olivia
Ma certo, con piacere.
bernard
A fra poco, allora.
olivia
Ti aspetto. (lo richiama) Ah, con April… non dubitare. Già domani fisserò un altro appuntamento.
bernard
Ci conto.
Bernard esce. Olivia resta un attimo a sorridere fra sé. Dalla quinta opposta entra April portando un vassoio con dei biscotti.
april
Ecco qua, ancora caldi!
olivia
Li hai fatti tu?
april
Oh no, Lisa. Mia cugina, si occupa lei della cucina. Non si fida granché della servitù, mi accudisce come se fossi una bambina. Pensi che piaceranno al tuo amico? Forse preferirebbe delle tartine…
olivia
Oh no, Bernard va pazzo per i biscotti.
april
Lo conosci bene ormai… La vostra frequentazione sta diventando assidua, o sbaglio?
olivia
In effetti ci incontriamo abbastanza spesso… quando non è preso dai suoi affari, perché allora sparisce per settimane. Però sai com’è, ormai abbiamo anche molti amici comuni. Direi che manchi solo tu.
april
A che ora gli avevi detto?
olivia
Alle quattro. Dovrebbe già essere qui…
april
Sì, da un pezzo. Sono le cinque.
olivia
Le cinque? E’ molto strano, in genere è così puntuale.
april
Probabilmente qualcuno dei suoi affari gli ha impedito di venire.
olivia
Credo che tu abbia ragione. Nessun gentiluomo si presenterebbe per il the dopo le cinque. Non so cosa dire, sono mortificata per lui.
april
Non devi. Può capitare. E poi è stato lo stesso un piacevole pomeriggio.
olivia
Ma ci tenevo così tanto che vi incontraste…
april
Beh, in fondo manca ancora più di un secolo alla fine del mondo.
olivia
Come hai detto?
april
Che il mondo non finisce oggi… E’ solo un modo di dire.
Olivia
Lo so… è che è anche un suo modo di dire.
april
Vedrai, prima o poi accadrà che il tuo amico ed io ci incontriamo.
April esce portando fuori il carrellino del the. Olivia esce di quinta e rientra in proscenio. Siede sul divanetto.
olivia
Invece non accadde. Per mesi. Per anni. Pur frequentando gli stessi amici, nonostante la reciproca volontà di conoscersi, il loro incontro non ci fu.
Si oscura il proscenio. Sul fondo luce su una signora dai modi vezzosi: Miranda Richardson. Parla come se fosse circondata da amici.
miranda
Una burletta, ecco cos’è! E dire che tutto iniziò sulla mia terrazza… Dio mio, si sono mai viste due persone che non riescono ad incontrarsi per anni frequentando gli stessi salotti? A Londra? E, attenzione: non si parla di incontrarsi casualmente! Olivia Kindermann ha fissato più appuntamenti per quei due di quanti ne può prendere un malato immaginario con il proprio medico curante. E con questa mania che quei due dovessero conoscersi, parliamoci chiaro, ci ha contagiati tutti! Io stessa ho organizzato almeno quattro the appositamente per far incontrare April e Bernard. Ma: niente da fare. E sì che separatamente sono due persone puntualissime, affidabili… anche un po’ pignole se è per questo, diciamocela tutta. Ma quando si tratta di una situazione organizzata apposta per loro due, ecco che diventano come i due secchi di un pozzo, o i due sedili di un’altalena, o i due partiti di governo. Uno va via, l’altro arriva. Uno esce, l’altro entra. Insomma, ognuno di noi ha avuto amici che ci sembrava un’ottima idea far incontrare con altri… e ognuno ricorda come alle migliori idee non abbiano sempre corrisposto i migliori successi… ma mai così! Se non fosse che sembrano tutte le volte davvero così delusi di non essere riusciti ad incontrarsi, beh, si potrebbe pensare ad uno scherzo organizzato da loro stessi. Dopotutto, potrebbero essere bravi nel simulare… Ah sì, non mi stupirei, se venisse fuori che si conoscono da una vita e fanno questo gioco per prenderci in giro a tutti!
Buio su Miranda. S’illumina lo scrittoio in proscenio.
dottor meyer
Seduta numero dieci con la paziente signorina Olivia K. La signorina K. si è dotata di una struttura protettiva molto forte e difficile da scalfire. La sua intelligenza e la sua dialettica le consentono di non farsi destabilizzare facilmente e paradossalmente costituiscono una resistenza potente allo scavo nell’inconscio. La sua lucidità di analisi e di esposizione, che apparentemente cozzerebbe con i tratti isterici ma che invece rientra a pieno titolo nel quadro di una personalità di mitomania manipolatoria, rischia di ritardare anziché aiutare il processo analitico. Invece è necessario che esso faccia dei progressi. La paziente infatti continua a non dormire e dal pallore del suo viso temo che la sua salute ne stia risentendo ogni giorno di più. (Esita, prima di aggiungere) Devo annotare anche che sono stato sul punto, nei giorni scorsi, di comunicare alla paziente che dovevamo interrompere le sedute. Questo perché continuava a rodermi il tarlo di averla già conosciuta, nel quale caso continuare a seguirla sarebbe stato del tutto contrario alla mia deontologia professionale. Ma non riuscivo a ricordare dove e come. Finalmente, stamattina, al risveglio, ho capito. C’è qualcosa nella signorina K., nei suoi occhi, nel suo modo di fare, che prepotentemente mi ricorda Helena. Mia sorella. La mia sorellina, più piccola di un anno, che ormai non vedo da tanto tempo. Ovvio, Helena è rimasta in Austria. Devo però dire che anche quando vivevo là, non ci incontravamo granché. Non ho mai avuto una gran simpatia per l’uomo che ha sposato e ho appena un vago ricordo dei loro figli, i miei nipotini, che ho visto solo appena nati o giù di lì. Stamattina, insieme a questa folgorazione improvvisa, un altro ricordo mi è tornato, vivido, alla mente. Non è la prima volta che mi sembra di aver già conosciuto una donna, e invece, semplicemente, rivedo in lei Helena. Mi è già accaduto ai tempi dell’università, con una ragazza che, potrei dire, è stata il mio primo amore, se non fosse che lei non lo ha mai saputo. Era promessa sposa al mio più caro amico di allora. Anche lei, quella ragazza, mi dava la sensazione di conoscerla da sempre. Come se l’avessi sempre portata dentro di me. La sentivo così simile a me che, ne ero certo, avremmo potuto comprenderci senza bisogno di parole. Così simile a me da poterci confondere in una cosa sola senza perdere… purezza. Come mi accadeva con Helena quando eravamo bambini. Naturalmente il fatto che fosse la fidanzata del mio migliore amico mi impedì di farle intendere i miei pensieri e il mio desiderio. L’avevo conosciuta troppo tardi, e questo bastava. Troppo tardi. Curiosamente, le donne che ho amato successivamente, compresa mia moglie, non mi hanno mai dato alcuna di queste sensazioni. Non c’era nulla di Helena in loro.
S’illumina il divanetto su cui si trova Olivia.
olivia
Capisce, dottore? Il fatto è che mentre i mesi passavano senza che quei due si riuscissero ad incontrare, oltre a diventare abbastanza intima con Bernard, l’avrà capito, finii col diventare anche intima con April.
dottor meyer
Nonostante la trovasse… (controlla i propri appunti) …meschina e patetica?
olivia
Ovviamente, frequentandola… oh, un che di meschino continuavo a trovarcelo, quella sua fissazione che il marito la controllasse, quell’attenzione maniacale alla sua situazione patrimoniale. Però… April era anche, scoprii, molto intelligente. Voglio dire, i suoi pensieri non erano mai banali e la sua conversazione era così acuta… Non era una persona scontata, ecco. In un certo senso era unica, nonostante le sue tante manie. O forse, grazie ad esse. Perché erano davvero tante. Ma la cosa particolare e in fondo affascinante era che… beh, in genere le persone si vergognano delle proprie manie, sì, delle proprie stranezze. Lei no. Era come se…
dottor meyer
Ne andasse fiera?
olivia
No, neppure. Era come se semplicemente dicesse: io sono così. Non posso cambiare e non mi interessa. Se mi volete, bene, altrimenti posso fare a meno di voi.
dottor meyer
Sicura di sé…
olivia
Sì, lo era. E anche in questo, era identica a Bernard. Più io li conoscevo, più mi rendevo conto che il fatto di aver visto entrambi il fantasma di un genitore in gioventù, per quanto eclatante possa sembrare, era solo una fra le tante similitudini che avevano quei due. Anche quelle manie di cui April era piena, beh, dopo poco scoprivo che le aveva anche Bernard. Le stesse idiosincrasie, le stesse fobie… Ma anche gli stessi interessi, gli stessi gusti, le stesse idee su tutto. Se qualcuno era simpatico ad April, si poteva star certi che sarebbe stato simpatico a Bernard, e se Bernard aveva qualcuno in antipatia, scoprivo che quel qualcuno era odioso anche ad April. Per non parlare dei libri: avevano letto le stesse cose, amati e odiati gli stessi romanzi. Citavano gli stessi versi delle stesse poesie. Persino gli stessi pregiudizi, le stesse superstizioni, persino quelle avevano in comune.
bernard
E queste similitudini che sentimento le suscitavano?
olivia
Non c’è nulla che ami come il mare!, dice lui. E il giorno dopo lei: Se potessi scegliere, vivrei al mare. Ah, io sono freddoloso, lo sono fin da bambino. Quando ero piccola mi prendevano in giro per quanto ero freddolosa… Così, all’infinito…
bernard
Le ho chiesto che sentimento le suscitava tutto ciò.
olivia
All’inizio ne ero divertita. Era un motivo in più per cercare di organizzare un incontro fra loro.
dottor meyer
Per rendersi indispensabile a Bernard…
olivia
Sì.
dottor meyer
E in seguito? Cominciò a turbarla?
olivia
Sì.
dottor meyer
E’ sicura di non aver voluto lei stessa concentrarsi più sulle somiglianze fra Bernard e April, che non sulle loro differenze?
olivia
Non capisce. Non c’erano differenze fra loro due. Addirittura, ad un certo punto, notai che si assomigliavano fisicamente. Ma non solo io, eh. Tutti noi amici, lo notammo. Ah sì, perché nel frattempo Bernard era diventato amico praticamente di tutti i miei amici, si era insomma ben inserito a Londra… diciamo pure che era diventato una delle presenze più ambite nei salotti, con quei suoi giochi di prestigio poi… Ma anche April, vede, a mano a mano che io e lei diventavamo amiche… April cominciò a diventare un po’ più socievole con tutti. Non che prima fosse un orso… Ma prese ad accettare qualche invito in più… e a ricambiare con qualche the a casa sua. Non che fossero un gran divertimento quei the. Con quella cugina smorta sempre presente. Se non lo si fosse saputo, che era sua cugina, si poteva scambiarla per una cameriera, con quei modi paesani e quell’intercalare… Dio mi perdoni, lo diceva ogni tre parole. In effetti avremo dovuto perdonarla noi, per la noia che ci infliggeva… Però sta di fatto che tutti in città, tutti quelli che contavano, cominciavano a trovare April di classe. Affascinante. Cominciarono addirittura a fare a gara per chi entrava più in confidenza con lei… e per chi l’aveva come ospite ad una festa. E lei forse cominciò a prenderci gusto. Si lasciò un po’ andare. Tanto che… Si sapeva che prima di sposarsi aveva iniziato una carriera come cantante. E naturalmente tutti noi amici le chiedevamo di cantare, così, per noi, ma lei: niente. Finché una volta, quando ormai avevamo perso le speranze, accettò di cantare a una festa.
Olivia si zittisce. Il dottor Meyer non commenta.
olivia
Ho capito. Lei pensa che io fossi gelosa. Sì, follemente gelosa, come si dice, pazza di gelosia. E che per questo vedessi somiglianze che non esistevano… E’ questa l’idea che si è fatta di me? Una di quelle donnette possessive che quando incontrano un maschio vedono pericoli dovunque?
dottor meyer
Il mio lavoro non consiste nel giudicare i pazienti.
olivia
Se la donna con cui ha una relazione avesse tanto in comune con un altro uomo, lei non ne sarebbe turbato?
dottor meyer
Non lo so. Forse. O forse penserei che tendo a circondarmi di persone di un certo tipo.
olivia
Non pensa che il simile cerchi il simile?
dottor meyer
Potrei risponderle che gli opposti si attraggono, e sarebbe altrettanto valido.
olivia
E se invece qualcuno, qualcuno che conosce poco o per nulla, le dicesse che ama il viola e il viola fosse il suo colore preferito, che ama i sonetti di Shakespeare e lei li adorasse, che vorrebbe vivere davanti ad un lago, come lei, che ama la pioggia sottile perché gli ricorda l’infanzia, come lei, che detesta le giornate ventose, come lei, che ama le fiabe di Oscar Wilde ma non il suo Ritratto di Dorian Gray, che odia gli abiti marroni e quasi gli fanno paura perché gli ricordano quelli di un vecchio amico dei suoi genitori di cui aveva paura da bambino, come lei, che trova noiosa e ridicola l’opera lirica ma non l’ha mai confessato a nessuno, come lei… sono esempi a caso, naturalmente, sto parlando di me… se questo accadesse, lei non ne resterebbe turbato?
Il dottor Meyer non risponde. Lentamente su di lui il buio. Olivia si dirige verso il fondo del palco dove entra April, in abito da festa, emozionata.
april
Sono certa che non ci riuscirò e farò una figuraccia. Al momento buono, mi andrà via la voce.
olivia
Non essere sciocca, sarai bravissima! E poi che ti importa, siamo fra amici.
april
Oh, mi consola che farai anche tu una figuraccia con il tuo Bernard. Dopo tutto il tempo in cui gli hai decantato le mie doti, sentirà gracchiare una cornacchia. Sei certa che stavolta venga?
olivia
Oh sì. Stavolta me lo ha giurato. E credimi, ormai non può permettersi di farmi un giuramento e di non rispettarlo. Può darsi che sia già arrivato…
april
Oh no. E’ già ora.
olivia
Sì… Miranda ti sta annunciando… Come si dice: rompiti le gambe.
April annuisce, sorride tesa. Olivia le stringe le mani e la lascia, per dirigersi verso il proscenio.
Musica d’orchestrina. April canta.
Olivia si affanna a guardarsi intorno per vedere se Bernard sia arrivato. Ad un tratto però viene rapita dal canto di April. Al termine della canzone; buio su April. Olivia inizia ad applaudire.
olivia
Brava!... Brava!...
Irrompe Bernard, di corsa. La raggiunge.
bernard
Ha già cantato?
olivia
Purtroppo sì… e in un modo straordinario! Se l’avessi sentita: ha la voce di una sirena. Oh, ma almeno… puoi conoscerla! Vado a dirle che sei arrivato…
Esce di quinta. Torna indietro dopo pochi istanti.
olivia
Si è sentita male, subito dopo aver cantato. La stanno accompagnando a casa.
Buio. Luce sullo scrittoio. Il dottor Meyer lo raggiunge infilandosi il camice.
dottor meyer
Seduta numero diciassette con la paziente signorina K. Non posso negare di essere rimasto alquanto sconcertato dall’ultima seduta con la suddetta paziente. Infatti il viola è il mio colore preferito, ho sempre sognato di vivere davanti ad un lago, ho sul mio comodino i sonetti di Shakespeare…. E odio gli abiti marroni, come quelli che indossava il signor Craig… sì, un amico di mio padre che veniva spesso in visita, ci faceva così paura quando eravamo bambini… a me e a Helena. Perché la signorina K. ha nominato proprio queste cose? Può forse conoscere tutti questi particolari di me, della mia vita? Può essere che io e lei abbiamo amici comuni così intimi da sapere queste cose di me? Ma non è possibile. Che l’opera lirica mi annoi mortalmente, ne sono certo: non l’ho mai detto a nessuno.
Irrompe Olivia trafelata.
olivia
Mi scusi, dottore. Sono in ritardo. Mi dispiace.
dottor meyer
Nessun problema. Devo avvertirla però che alla fine della sua ora dovrò comunque congedarla, ho un altro paziente dopo di lei.
olivia
E’ che non sono riuscita a prendere sonno, stanotte, fino a che il cielo non si è rischiarato. E così poi sono crollata a dormire. Ero tentata di mandare la cameriera a chiedere se potevamo spostare la seduta a domani…
dottor meyer
Meglio che sia venuta, domani è sabato. Io sono ebreo.
olivia
Oh sì, lo so. Ma non sapevo che fosse osservante.
dottor meyer
Non lo sono. Le religioni non mi interessano. Ma le tradizioni sono tutta un’altra storia. Non è facile liberarsene, anche se il nostro pensiero si è evoluto altrimenti.
Olivia si stende sul divanetto. Non sembra star bene, è scossa dai brividi.
olivia
Dove ero rimasta? Non ricordo.
dottor meyer
Non ha importanza. Mi racconti ciò che sente ora.
olivia
Ah sì, la festa. La festa in cui April cantò…
dottor meyer
…e in cui se ho ben capito, ancora una volta lei e Bernard non s’incontrarono…
olivia
Non s’incontrarono, no.
dottor meyer
E’ certa che fosse davvero il caso ad impedire ai suoi amici di incontrarsi? Per mesi?
olivia
Per mesi?... Per anni! E cos’altro?... Nei primi tempi, almeno, fu sempre il caso. Un imprevisto. Un malanno. Cose del genere.
dottor meyer
E poi?
olivia
E poi?
dottor meyer
Sì, dopo i primi tempi.
olivia
No. Dopo no.
dottor meyer
Allora parliamo del dopo.
olivia
Vede, io credo che ad un certo punto, dopo tanti scherzi del caso, proprio lo scherzo avesse reso la situazione molto, molto seria. Voglio dire che in entrambi, e in tutti noi amici, si era creata una tale aspettativa riguardo al loro incontro… che April e Bernard cominciarono ad avere paura dell’ultimo degli incidenti possibile, l’unico che a quel punto potesse avere un sapore di novità: quello che li avrebbe fatti incontrare davvero. Dovevano credere… e li capisco… che un semplice incontro dopo tanti preparativi sarebbe stato solo banalità.
dottor meyer
E’ il suo pensiero, o quello che le dissero?
olivia
Me lo dissero. Entrambi. E naturalmente, quasi con le stesse parole. Te lo puoi immaginare, dopo tanti anni, messi finalmente a confronto?... Se tutta questa storia è diventata noiosa, incontrarci potrebbe esserlo ancora di più… Sì. Io credo che ad un certo punto Bernard ed April fossero diventati diffidenti… e se per un paio di anni non erano riusciti ad incontrarsi per causa di forza maggiore, poi cercarono, pur senza dirlo chiaramente, di mantenerne l’abitudine. Si erano, come dire… innervositi.
dottor meyer
Mentre lei è sicura di non aver sempre e solo voluto che l’incontro avvenisse.
olivia
Ma certo, che domande. Ah… ho capito. Lei pensa che fui io stessa a creare impedimenti, tutte le volte… Magari, com’è che dite? Inconsciamente… Secondo lei io avrei manovrato gli eventi per non far incontrare due persone il cui incontro avevo io stessa incoraggiato, e per giunta adesso verrei qui da lei a raccontarle una serie infinita di bugie. E a che scopo, scusi?
Il dottor Meyer non risponde.
olivia
Ah sì.. come quelle persone che inventano tutto… che deformano la realtà comune per vivere in una fittizia…
dottor meyer
Mitomani.
olivia
Ha molti pazienti così?
dottor meyer
Qualcuno.
olivia
Che frequenta i salotti buoni di Londra?
Il dottor Meyer non risponde.
olivia
Lo so, che non può dirmelo, non si preoccupi. Scherzavo. E dovrei essere molto offesa, invece.
dottor meyer
Offesa?
olivia
Ma certo, offesa. Come si sentirebbe lei se scoprisse di aver passato delle ore, pagando per giunta, a raccontare la propria vita a qualcuno che nel frattempo pensava fossero tutte bugie? Non credo che lei possa essermi d’aiuto. No, proprio no. Bel consiglio mi ha dato il mio medico! Decisamente credo che sia arrivato il momento di interrompere le mie sedute con lei.
Si prepara per andarsene.
dottor meyer
Se questa è la sua decisione…
olivia
Sì, lo è. Ci saranno pure altri psicoanalisti a Londra!
dottor meyer
Qualcuno.
olivia
Qualcuno!... Scommetto che c’è uno ad ogni angolo di strada, e scommetto che è meno facile nell’etichettare un paziente come… mitomane, senza neppure aver sentito tutta la sua storia. Addìo, dottor Meyer.
Olivia esce. Il dottor Meyer si riempie pensieroso una pipa, l’accende, aspira una boccata. Si alza, fa qualche passo. Olivia rientra. Il dottore si affretta a sedere di nuovo e a spegnere la pipa.
olivia
Comunque, la parola “caso”, non la ritengo corretta. Com’è possibile che due individui che non si sono mai incontrati riescano a sfiorarsi sempre senza mai toccarsi, mai, come se facessero parte di un piano incomprensibile ma in un certo senso miracoloso? Come se l’uno sentisse in ogni istante ciò che l’altro faceva, pensava, sentiva… No, io non ho mai pensato che fosse il caso ad impedire a quei due di incontrarsi.
dottor meyer
Bene.
olivia
Piuttosto il destino. Un destino provvidenziale che si manifesta attraverso quelle che comunemente si chiamano coincidenze ma sono altro in realtà, per chi le sa leggere.
dottor meyer
E cioè, cosa sarebbero?
olivia
Segni. Indizi. Lei non crede?
dottor meyer
Credo che noi siamo portati a dare il valore di segno, di indizio, secondo ciò che preventivamente pensiamo, a delle semplici coincidenze.
olivia
E allora come spiega quelle situazioni in cui… che so, si pensa intensamente a una persona, magari qualcuno che non vediamo da anni, magari dopo anni che non ci pensavamo, e quella persona dopo un istante ci si para davanti?
dottor meyer
Non me le spiego. O meglio, riconosco che potrebbero esserci infinite spiegazioni diverse dalla coincidenza, ma per nessuna di queste ci sono prove, e dunque nessuna di queste è scientifica.
olivia
Allora non crede nemmeno, che so, alle premonizioni.
dottor meyer
Credo che le nostre paure o nostri desideri a volte si realizzino, e in quel caso, le chiamiamo premonizioni.
olivia
Non potrebbe essere invece che il tempo presente e quello futuro… e quello passato anche… procedano in realtà come tre mondi paralleli e noi normalmente non ce ne accorgiamo, certo… ma in alcuni momenti speciali, alcune persone speciali potrebbero ricevere dei segnali da uno di questi mondi paralleli. Non potrebbero spiegarsi così le premonizioni?
dottor meyer
Questa non è solo una teoria poco scientifica. E’ degna di un racconto fantastico del secolo scorso.
olivia
Dunque lei non agirebbe mai in base ad una premonizione. Non cambierebbe mai un suo programma…
dottor meyer
Signorina Kindermann, io sono uno scienziato. Il fatto che la ascolti e parli con lei invece che auscultarle il torace non significa che la psicoanalisi non sia una scienza. Credo che la sua ora sia terminata.
Olivia si alza e si prepara per andar via.
olivia
Perché si è trasferito a Londra? Dall’Austria, giusto?
dottor meyer
Sì, dall’Austria. Probabilmente il motivo principale fu che sentivo il dovere di diffondere la branca della medicina di cui ero esperto.
olivia
Un motivo nobile. Ma avrà lasciato molti pazienti nel suo paese. Non le è dispiaciuto.
dottor meyer
Naturalmente. Ma li ho lasciati nelle mani di colleghi validi.
olivia
E qui nessuno la conosceva. Deve essere stato faticoso, all’inizio.
dottor meyer
Sì, gli inizi non sono stati facili. Ma ora…
olivia
Lei è ricco di famiglia, dottor Meyer?
dottor meyer
Non lo sono.
olivia
Dunque vive…
dottor meyer
Vivo del mio lavoro.
olivia
Un bel rischio, il suo trasferimento.
Olivia esce.
dottor meyer
Signorina Kindermann!...
Olivia rientra.
olivia
Sì?
dottor meyer
Feci un sogno. Un incubo terribile. Sapevo che eravamo nel futuro… le donne portavano gonne corte, sotto al ginocchio, pensi… Io ero molto, molto vecchio nel sogno… e i miei figli che all’epoca erano bambini, nel sogno erano adulti e sposati e avevano dei figli a loro volta. Eravamo tutti riuniti per festeggiare Hannukkà, quando uomini che non conoscevo sfondano la porta e ci arrestano e ci spingono giù per le scale… Ci ammassano su un treno insieme a molti altri. Non riusciamo a respirare, non abbiamo da bere… un mio nipotino muore nel viaggio. Arriviamo in un luogo circondato da filo spinato. Ci fanno spogliare e disporre in fila… e a questo punto il sogno cambia. Una nube scura ci avvolge, tutti, e io capisco che stiamo morendo. Tutti. Feci questo sogno, identico per tante notti. E tutte le mattine mi svegliavo con la sensazione che dovevo andarmene dal mio paese. Che dovevo portare in salvo i miei figli e i miei nipoti che ancora dovevano nascere.
Olivia resta in silenzio.
dottor meyer
Come faceva a saperlo? Come faceva a sapere che avevo fatto un sogno?
olivia
Non lo sapevo. Arrivederci, dottor Meyer.
Olivia fa per andare via. Quasi uscita si volta.
olivia
Comunque, quella sera, mentre April cantava, io per la prima volta la vidi con quelli che ne ero certa, avrebbe visto Bernard se fosse arrivato in tempo. La vidi in tutto il suo fascino, che mi era rimasto nascosto, oscuro fino a quel momento. April brillava come una stella la massimo del suo fulgore. E curiosamente proprio quella sera Bernard, al momento di riaccompagnarmi a casa, mi chiese di sposarlo. Vuole sapere qual era il particolare più curioso in comune fra i miei due amici?
dottor meyer
L’ora è terminata.
olivia
Solo un minuto… Entrambi non volevano mai farsi fotografare. Una vera e propria fobia. Quando Bernard mi chiede di sposarlo, io misi come condizione che mi regalasse una sua fotografia. E lui lo fece. E io esposi quella fotografia, in una bella cornice d’argento, sulla mensola del mio salotto, felice, perché lo avevo sognato dall’inizio della nostra amicizia. Forse perché pensavo che se avessi posseduto un suo ritratto lui non avrebbe più potuto sparire.
Sul fondo luce su April. Ha fra le mani un ritratto incorniciato e lo sta ammirando. Lo rigira, ne guarda il retro.
april
Questo è il suo indirizzo?
Olivia la raggiunge direttamente dal proscenio, che si oscura. Lo scrittoio con il dottor Meyer resta in penombra.
olivia
Già. Allora, che ne dici?
april
Non capisco perché tu dica che ci assomigliamo, anche fisicamente… Siamo così diversi.
olivia
Ma perché tu non riesci a vederlo… Del resto nessuno di noi riesce a vedersi per quello che è.
april
Non ci assomigliamo neppure per la costanza con cui coltiviamo le nostre manie. Lui alla fine ha ceduto e si è fatto fotografare per te.
olivia
Potresti farlo anche tu, per una volta.
april
Non ci penso davvero. Il riscontro giusto per questo ritratto è quello della sua futura moglie.
olivia
Oh, ti prego. Potrebbe essere il tuo regalo di nozze! Sono o no la tua migliore amica?
april
Mi dispiace, ma non lo farei per nessuna ragione. Prendila come se avessi fatto un voto: desidero morire senza che esista una mia fotografia. Ma posso fartene un altro, di regalo…
olivia
Sentiamo…
april
Se organizzi un altro incontro con il tuo futuro marito, ti prometto che questa volta non mancherò, cascasse il mondo.
olivia
Dici sul serio?
april
Lo giuro. Sono così felice del vostro matrimonio… non posso accettare di non aver ancora conosciuto lo sposo. E poi, sarà anche arrivato il momento di spezzare questa specie di incantesimo che ci ha impedito di incontrarci!
olivia
Lui ora è fuori città… ma… sabato pomeriggio! Deve venire qui da me, alle cinque. Rientra venerdì sera, e ci sarà, cascasse il mondo.
April guarda intensamente il ritratto che ha ancora fra le mani.
april
Ne sei assolutamenta certa?
Olivia le prende il ritratto dalle mani.
olivia
Assolutamente. Ora che stiamo per sposarci non manca mai ad un appuntamento… Ma sei pallida. Non ti senti bene?
april
E’ da qualche giorno che mi sento molto stanca. Peccato che il tuo Bernard debba vedermi, dopo tanto tempo, proprio in un periodo così sfavorevole. Se solo ci fossimo incontrati cinque anni fa…
olivia
Meglio tardi che mai, però…
april
Davvero sono la tua migliore amica?
olivia
Ma certo!
april
A sabato, allora.
olivia
Alle cinque lui sarà qui.
april
Ho una paura terribile, ma conta su di me.
April esce.
dottor meyer
Di cosa pensa che avesse “una paura terribile”?
olivia
Infatti, di cosa? E’ proprio questa domanda che cominciò a tormentarmi appena April fu uscita… perché aveva parlato come se davvero lo pensasse, come se fosse davvero terrorizzata. Il giorno successivo, poi, trovai due righe che lei mi aveva scritto.
dottor meyer
Annullava il vostro appuntamento?
olivia
No, tutt’altro! Mi informava del decesso di suo marito. Ma nonostante questo, scriveva, non avrebbe rispettato i tre giorni di lutto per onorare il suo impegno con me e con Bernard. Sarebbe ugualmente venuta da me, sabato alle cinque. Improvvisamente mi sembrò chiarissimo il motivo della sua paura terribile… e con l’avanzare della sera quella paura divenne contagiosa e dentro di me crebbe fino a diventare vero e proprio panico. Non era gelosia, no, era paura della gelosia. Stupida, stupida, cosa ti costava startene tranquilla fino al matrimonio? Dopo saresti stata almeno un po’ di più al sicuro! Solo un altro mese, in fondo, una sciocchezza per chi ha aspettato tanto… Ma no! Eppure se ne sarebbe accorto anche un bambino... Come guardava, e guardava quel ritratto, mio Dio… non ne staccava gli occhi! Se era inquieta allora… e lo era… figuriamoci adesso che finalmente era tornata libera, con la morte del marito… Cosa altro poteva essere quell’inquietudine se non un presentimento? Il presentimento di un pericolo… che riguardava me. Ma certo… finora il pericolo era stato tenuto a bada da una serie d’incidenti senza confronti, ma ora il dominio dell’accidentale era finito, quei due si sarebbero incontrati, come due cercatori nel gioco dell’acqua e del fuoco… acqua… acqua… acqua… e alla fine: fuoco! E l’incantesimo che li aveva tenuti lontani si sarebbe trasformato in un altro incantesimo che li avrebbe fatti incontrare di continuo, fino a che l’inevitabile… Questi pensieri mi tenevano sveglia, e arrivai alla mezzanotte, così, senza poter chiudere occhio, e finalmente decisi. Mi sedetti e in tutta fretta scrissi a Bernard un biglietto in modo che lo trovasse al suo ritorno. I domestici dormivano a quell’ora, così uscii di corsa a capo scoperto nonostante il vento che spazzava la strada... lasciai cadere il biglietto nella buca più vicina. Mio carissimo Bernard, purtroppo sabato non mi sarà possibile farmi trovare a casa nel pomeriggio. Ti prego di rimandare la tua visita all’ora di cena.
Il dottor Meyer si alza ed esce di scena.
Entra April, mentre scoccano sei colpi di pendolo. Indossa un cappellino nero ma vezzoso con tre piccole piume.
olivia
Cara… io non ho parole per descrivere quanto sia stato maleducato il mio… neppure vorrei dire la parola fidanzato in questo momento, guarda! Non presentarsi e non avvisare… Chi sto per sposare, insomma?
april
No, ti prego, non essere così severa… non vorrei che litigaste per questo, davvero. Avrà avuto degli imprevisti…
olivia
Sì ma… no, no, è imperdonabile! Mi aveva giurato che sarebbe venuto da me oggi, alle cinque in punto! E tu, poverina, che per non darmi una delusione ti sei mossa da casa nonostante lo sconvolgimento di questi giorni…
april
Non preoccupartene. In fondo non vedevo mio marito da anni, la sua morte non ha cambiato nulla.
olivia
Oh, non ne sarei così sicura. A volte ci sembra che tutto sia come sempre, e invece certi avvenimenti ci sconvolgono senza che ce ne rendiamo conto. Tu forse non te ne accorgi, ma sembri diversa, sai. Sì, non saprei dire in cosa… in meglio però. Sembri più… vitale. Forse quel cappellino. Ti dona molto.
april
Ho messo il primo che ho trovato.
olivia
Sì? Non si direbbe. E’ così civettuolo. Non sono abituata a vederti indosso cose del genere… E lui che fa? Non si presenta!
april
Te lo ripeto, non è un dramma.
olivia
Ma sono sicura che non saresti uscita per nessuna altra ragione, oggi. Contro ogni convenzione…
april
Questo è vero.
olivia
Lo vedi?
april
In fondo siamo state ingenue.
olivia
Cosa?
april
Ma sì… perché oggi avrebbe dovuto essere diverso?
olivia
Hai ragione… E’ incredibile: la vostra sorte non è mutata.
april
Già. In fondo, che anche oggi non ci siamo incontrati, in un certo senso è rassicurante. Non abbiamo fatto altro che giocare a rimpiattino per tutto il nostro rapporto…
olivia
Perché è un rapporto…
april
Beh, in un certo senso sì… non trovi?
olivia
Ma certo. Un rapporto più vivo che mai, direi! Ma non credo che avrò il coraggio di proporti presto un’altra occasione per incontrarlo… non dopo oggi, sono troppo mortificata!
april
E io non te lo chiederò di certo.
olivia
Anche se questa magia non potrà durare più tanto a lungo… presto ci saranno le mie nozze, è là, lo sfido a non venire! Tu ci sarai, non è vero?
april
Non credo che ti convenga. Se ci sarò io, non ci sarà lui!
olivia
Sono costretta ad ammettere che potrebbe anche essere così…
April si congeda da Olivia con un bacio.
April
Non lo vedrò mai. Mai.
April esce.
Si sentono sette rintocchi di pendolo. Entra Bernard.
bernard
Amore mio!
olivia
Caro!
Si abbracciano, si baciano.
bernard
Mi sei mancata così tanto in questi giorni… Quando ho trovato il tuo biglietto, anche due brevi ore in più senza vederti mi sono sembrate un’eternità.
olivia
Anche a me… Se solo avessi potuto rinviare quelle commissioni… E poi pensa, anche April era disposta a venire oggi alle cinque. E ho dovuto rinunciare a farvi incontrare!
bernard
April sarebbe venuta oggi alle cinque?
olivia
Sì, eravamo già d’accordo… ma come ti ho scritto io non potevo proprio…
bernard
Non posso crederci… Cosa avevi di tanto importante da fare per rinunciare a quest’occasione di farmi conoscere la tua amica, finalmente, dopo tutti questi anni?
olivia
Appunto… dopo tutti questi anni non mi sembrava una cosa così irrinunciabile…
bernard
Avresti potuto farci venire lo stesso qui… ti avremmo aspettato insieme. In fondo, ormai, è come se ci conoscessimo, io ed April. Non abbiamo bisogno di presentazioni.
olivia
Sei così dispiaciuto di non averla incontrata?
bernard
Stiamo per sposarci, e non conosco la migliore amica di mia moglie! Soprattutto, non mi capacito di come tu non abbia cercato un modo per non privarci di quest’occasione… Ho capito che dovevi uscire, ma tu per prima, hai sempre desiderato così tanto di farci incontrare…
olivia
Sei adirato con me?
bernard
Ma no, che dici!
olivia
Lo sembri.
bernard
Sono stupito, ecco tutto… fino a ieri avresti dato qualsiasi cosa pur di farci incontrare… Ma cos’hai?
olivia
Cosa ho io?
bernard
Ma sì, ti sei incupita all’improvviso… Ascolta, non me ne importa nulla di non aver conosciuto April, va bene? Cosa vuoi fare, ceniamo a casa o…
olivia
Non sono uscita.
bernard
Cosa?
olivia
Sono stata a casa tutto il pomeriggio. Con April. Perdonami caro, perdonami, perdonami…
bernard
Non capisco…
olivia
Le avevo detto di venire qui alle cinque per incontrarti, ma poi ho avuto paura.
bernard
Di cosa?
olivia
Di voi due. Che vi piaceste troppo.
bernard
Mi stai dicendo che sei gelosa? Per questo mi hai fatto venire quando lei era già andata via? Hai inventato di dover uscire?
olivia
Ti ho già chiesto perdono!
bernard
E a lei che hai detto?
olivia
Che ero mortificata per il tuo comportamento… che mi avevi assicurato la tua presenza e invece…
bernard
Mi hai fatto fare questa figuraccia? Chissà cosa deve aver pensato, la tua amica. Che stai per sposare un bruto… Cosa ha detto?
olivia
Ma nulla… ha guardato la tua fotografia…
bernard
E cosa ha detto della mia fotografia?
olivia
Ma nulla… a dir la verità non mi è sembrato neppure che fosse così dispiaciuta, che tu non ci fossi. Evidentemente non gliene importa poi tanto, di conoscerti…
bernard
No? E allora perché hai avuto paura di lei?
olivia
Non di lei. Di te.
bernard
Hai pensato che potessi innamorarmi della tua amica? Non mi avevi mai accennato a questa possibilità…
olivia
Vuoi dire che se invece l’avessi fatto, tu avresti trovato il modo di incontrarla?
bernard
Olivia… basta.
La stringe a sé, la bacia.
bernard
Non pensiamoci più. Sei stata un’adorabile sciocchina, ma non è successo proprio nulla di grave.
olivia
Sì, invece! Sono stata stupida e bugiarda e indegna di te e di lei! Ora che ti ho detto tutto me ne rendo conto, sai?
bernard
Calmati, ora.
La bacia di nuovo.
olivia
No… devo dirlo anche a lei. Devo confessarle la mia debolezza e chiederle scusa.
bernard
Va bene, lo farai, se pensi che sia giusto.
olivia
Non è solo giusto, è l’unica cosa che io posso fare… altrimenti, lo so, non riuscirò più a guardarmi allo specchio!
bernard
La mia sciocchina gelosa… Mi lusinga un po’, sai?
olivia
Mi ami lo stesso?
bernard
Ma certo. E ti amerò ancora di più se dirai tutto anche a lei.
Buio. Sentiamo gridare April: Lisa!... Lisa!...
Una luce fioca illumina April che entra barcollando, come se si sentisse male. Attraversa il palco da quinta a quinta, continuando a chiamare la cugina.
april
Lisa… per favore… Lisa… stai già dormendo?...
Luce sullo scrittoio.
dottor meyer
Seduta numero ventiquattro della paziente signorina K.
Olivia è presso il lettino, ma in piedi, una borsetta fra le mani.
olivia
Il giorno seguente di prima mattina ero già in treno. Verso Richmond. Durante il viaggio ero combattuta fra tanti pensieri contrastanti. Da un lato mi sembrava doveroso l’atto di raccontare alla mia amica come erano andate le cose. Dall’altro provavo l’ angosciante sensazione di agire per conto di altri, e chi, se non loro due, April stessa e Bernard? Come se fossi diventata una specie di tramite fra di loro… In fondo avevo rivelato a Bernard la mia debolezza e ora stavo per farlo con April… Se avessero voluto, avrebbero potuto disprezzarmi, ridere di me insieme una volta che si fossero finalmente conosciuti. Ma poi mi ripetevo di essere stata io e nessun altro a decidere di confessare la verità, e che il mio era un atto di forza e non di debolezza… Scesa dal treno salii la lunga collina fino alla casa di lei. Al momento di bussare un particolare mi disorientò… le tende erano ancora accostate, come se in casa si dormisse ancora. Ma riflettei che, per quanto presto, non era un’ora in cui si doveva temere di disturbare.
Dal fondo compare una buffa donnetta dall’aria dimessa. E’ Lisa, la cugina di April. Una cuffietta e un grembiule la fanno sembrare una cameriera.
lisa
Che Dio mi perdoni, la signorina Kindermann!
olivia
Sì, Lisa, proprio io. Buongiorno! April è in casa?
lisa
In casa, signorina? Che Dio mi perdoni… In casa, no.
olivia
E’ uscita? Sai quando torna?
lisa
Quando torna…
olivia
Sì, potrei aspettarla, se non è un fastidio.
lisa
Potrebbe aspettarla ma non servirebbe a molto, che Dio mi perdoni.
olivia
Lisa, mi perdoni lei, ma non capisco. Si sente bene?
lisa
Mia cugina ha lasciato la casa per sempre.
olivia
E’ partita? Per dove?
lisa
Dio mi perdoni, April è morta.
olivia
Cosa dice? Non può essere…
lisa
Morta, morta, signorina…. È morta stanotte.
Olivia barcolla come se si sentisse male, emette un grido soffocato.
lisa
Dio mi perdoni signorina, non dovevo dargliela così questa notizia… E’ che sono così sconvolta anch’io…
olivia
Come è accaduto?
lisa
Oh, il suo medico…
olivia
L’ha vista un medico?
lisa
Oh sì, Dio mi perdoni, non era ancora l’alba…
olivia
Cosa ha detto?
lisa
Che April aveva il cuore debole, da tanto, almeno da quando quella carogna di suo marito, Dio mi perdoni, le fece passare quello che ha passato…
olivia
Ma anche un cuore debole ha bisogno di un fatto sconvolgente, per cedere…
lisa
Oh sì, signorina, difatti: è ciò che ha detto il medico. E lo penso anch’io, Dio mi perdoni… Era così sconvolta quando è rientrata, povera cugina mia.
olivia
Dio mi perdoni.
lisa
Cosa dice, signorina?
olivia
E’ colpa mia. Ieri pomeriggio April era da me, per incontrare il mio futuro marito. Ci teneva molto a conoscerlo, ma lui invece non si è presentato… era stato trattenuto fuori città. April ne era molto delusa…
lisa
Oh signorina, questa sì è una contrarietà, ma molto piccola, Dio mi perdoni e proprio non credo che possa aver dato il colpo fatale al cuore della povera April…
olivia
Cosa allora?
lisa
Potrebbe essere accaduto qualcos’altro, ieri sera, a Londra. April non era mai rientrata a casa così tardi…
olivia
Ma non era poi così tardi.
lisa
Oh sì. Erano quasi le undici di sera. Lei era così stanca, e si sentiva male… e io, Dio mi perdoni, non ho trovato di meglio che suggerirle un bicchiere di vino.
olivia
Le undici di sera…
lisa
Le dò le spalle per pochi istanti, Dio mi perdoni… il tempo di mescerle il vino… e quando mi volto: era troppo tardi.
olivia
Troppo tardi.
lisa
Troppo tardi perché bevesse quel vino che le avrebbe forse riscaldato il cuore…
olivia
Troppo tardi per chiederle perdono.
lisa
Si era accasciata sul divano. Morta.
olivia
Ma dove può essere stata fino alle undici? Da casa mia si è mossa ben prima delle sette.
lisa
Già, dove può essere stata? Perché è là, Dio mi perdoni, che deve essere accaduto… un fatto…
olivia
Un incidente…
lisa
Qualcosa di fatale… Quel club!
olivia
Un club?
lisa
Sì, a volte mia cugina, Dio mi perdoni, a Londra si rifugiava in un certo club… per signore… per ristorarsi con due chiacchiere e una tazza di the.
olivia
Il “Gentlewomen”…
lisa
Sì! E’ proprio così che si chiama! Forse è là che…
olivia
Ci andrò, glielo prometto. Appena andata via da qui. Chiederò a tutti se l’hanno vista ieri… e se è successo qualcosa che la può aver turbata…
lisa
Davvero lo farebbe? Dio mi perdoni, per me sarebbe così importante! Sapere cosa l’ha uccisa… Anche se non la farebbe tornare in vita, certo no, ma è così consolante sapere il perché di certe cose, non è vero?
olivia
Sì, è importante.
lisa
Almeno possiamo essere certi che non c’entriamo nulla noi… Voglio dire, che non avremmo potuto fare nulla per impedirlo… Dio mi perdoni.
olivia
Dio mi perdoni.
Buio su Lisa.
dottor meyer
Andò in quel club?
Il dottor Meyer, durante la risposta di Olivia, si sfila il camice e lo abbandona sullo scrittoio. Esce.
olivia
Sì, certo, ci andai. Ma prima… chiesi a quella donnetta insulsa che senza merito aveva diviso tanto tempo con April, di poter stare da sola con lei. Era bella nella morte come lo era stata in quella festa, quando aveva cantato. Sì, la morte l’aveva mantenuta bella… ma soprattutto l’aveva mantenuta enigmatica. Perché c’era un mistero in lei che ora non sarebbe più stato rivelato.
Alle sue spalle entra Bernard.
bernard
Morta?
olivia
Ieri sera, dopo avermi lasciata.
bernard
E’ impossibile. Io l’ho vista.
olivia
L’hai vista?
bernard
Ieri sera.
olivia
Nell’ora della sua morte, ma certo… la stessa inafferrabile visione che hai avuto di tua madre!
bernard
Non come mia madre, non l’ho vista in quel modo! Era viva, da poterle parlare, toccare…
olivia
L’hai toccata?
bernard
No! Ma era come te, ora…
olivia
Ma cosa era venuta a fare qui da te?
bernard
Per vedermi. Dopo quello che era successo a casa tua… è venuta per incontrarmi. Finalmente. Forse sentiva che era la sua ultima occasione…
olivia
E come poteva sapere dove abitavi?
bernard
Questo non lo so… il mio ritratto! Ricordi? Me lo hai detto tu, che aveva guardato la mia fotografia… E c’è il mio indirizzo dietro!
olivia
Lei è venuta da te, e tu cosa hai fatto?
bernard
Beh… l’ho accolta. Era stata così gentile a venire.
olivia
E lei?
bernard
Mi ha concesso di guardarla.
olivia
Ti ha concesso di guardarla… Ma cosa ha detto?
bernard
Nulla.
olivia
Vuoi dire che non ti ha parlato? Mai?
bernard
Mi ha solo guardato, come io ho guardato lei.
olivia
Neppure tu hai parlato?
bernard
Io… ho pensato a te. Insomma… dopo quanto era successo… la tua gelosia… capisci che era una situazione delicata. Ma lei ha capito di avermi fatto piacere.
olivia
Sì, è evidente che ti ha fatto piacere. Quanto è rimasta?
bernard
Come faccio a saperlo? Una ventina di minuti, forse.
olivia
Venti minuti di silenzio!
bernard
Più o meno.
olivia
Lo sai che mi stai raccontando una storia assurda?
bernard
E’ solo la verità. Ti prego, sii comprensiva.
Bernard fa per abbracciarla, ma Olivia si ritrae.
bernard
E’ sicuro che sia morta?
olivia
Sono rimasta in ginocchio accanto al suo capezzale fino a poco fa.
bernard
Che aspetto ha?
olivia
Sembra in pace.
bernard
E a che ora…?
olivia
Mezzanotte, poco prima. Aveva una malattia di cuore, e lo sapeva, anche se non me ne aveva mai fatto parola.
bernard
Che donna straordinaria era…
olivia
Certo! Te l’ho sempre detto! Ma non è possibile che tu l’abbia vista! Tu sei stato a casa mia fino a tardi…
bernard
Non era così tardi. Anzi, sono andato via da te insolitamente presto.
olivia
Comunque, oltre le undici.
bernard
Ma no cara, ricordi male. Mi dispiace che il tempo trascorso con me ti sia sembrato lungo, ma io ero a casa alle dieci al massimo.
olivia
Ad ogni modo, lei era al “Gentlewomen”, prima di tornare a casa.
bernard
Ne sei certa?
olivia
Vengo da là. La custode del club me lo ha confermato. Ricorda perfettamente di aver visto April. Si è fermata là a lungo.
bernard
E cosa avrebbe fatto tanto tempo in quel club?
olivia
Nulla di che, è rimasta sola, sprofondata in una poltrona accanto al caminetto. Aveva gli occhi socchiusi, come se riposasse. Forse non si sentiva già bene…
bernard
A che ora è andata via?
olivia
Non lo so di preciso, ma tardi.
bernard
Tardi non è un’ora. A sentire te, anch’io sono andato via “tardi” da casa tua…
olivia
Sull’ora la custode è stata un po’ vaga… le dieci e mezza, più o meno.
bernard
Vedi dunque che i conti tornano. E’ venuta direttamente qui e da qui è andata alla stazione.
olivia
Ma dovrebbe aver calcolato i tempi al minuto per non perdere l’ultimo treno! April non era questo tipo di persona…
bernard
Sì, lo era invece.
olivia
Tu non la conosci, l’hai vista in sogno!... Oppure… d’accordo, è venuta qui una donna. Una pazza, che ti ha guardato per venti minuti. Chi ti dice che fosse lei?
bernard
Non l’ho forse sentita descrivere a sazietà, da te e da tutti? Posso descrivertela io stesso nei minimi particolari.
olivia
No, grazie. Chi le ha aperto? Il tuo domestico?
bernard
No, lui non c’era. Se la fa con una ragazzotta che lavora al piano di sopra, era andato da lei. E quando esce per questa ragione, lascia accostata la porta esterna, sai, quella sulla scala, in modo che può rientrare senza farsi sentire. Quando è così si apre con una piccola spinta… E lei ha spinto. Le ci sarà voluto un po’ di coraggio.
olivia
Un po’? Un mucchio di coraggio! Entrare in una casa dove non era mai stata, senza bussare e senza sapere chi e cosa vi avrebbe trovato!
bernard
Senti, io non nego che è stato un fatto straordinario…
olivia
Com’era vestita?
bernard
A lutto. Ma nel lutto… portava un cappellino molto grazioso, con tre piccole piume nere…
olivia
Erano molto piccole quelle tre piume. Dovevi esserle molto vicino.
bernard
Ero là…
Indica lo scrittoio del dottor Meyer. Va a sedervisi come per ricostruire l’accaduto.
bernard
Stavo scrivendo una lettera, completamente assorto. Quando ho alzato il capo, lei era davanti a me.
Sul fondo, come un’apparizione: April.
bernard
Io sono balzato in piedi e devo aver esclamato qualcosa… ma lei a quel punto ha sorriso… e si è messa un dito sulle labbra…
April sorride e si mette un dito sulle labbra.
bernard
Voleva, certo, farmi capire di restare in silenzio… ma era anche come se con quel gesto volesse spiegarmi qualcosa.
olivia
Cosa?
bernard
Ogni cosa.
Olivia fa per andarsene.
olivia
Addio.
bernard
Dove vai? No ti prego, resta…
La raggiunge, l’abbraccia. Fa per baciarla. Olivia si ritrae.
bernard
E’ vero, quella visita ha avuto un suo fascino. Non lo nego. Ma la tua ne ha di più.
olivia
Per forza. Io sono la vita. Lei era la morte.
bernard
Questo no. Lei era la vita!
olivia
In fondo quel cappellino… potrebbero averlo chissà quante altre donne a Londra…
bernard
Era lei, ti dico.
olivia
Come fai ad esserne sicuro?
bernard
Perché… ha cantato. Con una voce da sirena, come avevi detto tu.
April canta.
Intanto Bernard arretra fino a sedersi di nuovo allo scrittoio. Olivia annichilita va a sedersi sul lettino.
April scompare. Bernard accarezza il camice lasciato dal dottor Meyer sullo scrittoio.
dottor meyer
Seduta numero trentuno della paziente signorina K. Come spesso accade ai pazienti quando cominciano ad avvicinarsi ai nodi più dolorosi del loro vissuto, la signorina K. oggi è silenziosa. Altre volte mi è capitato che le sedute in cui il paziente resta in silenzio mi rendessero inquieto, impaziente. Sentimenti di cui naturalmente i pazienti non si sono mai accorti. Stavolta invece il silenzio della signorina K. mi avvolge come una coperta calda e consente alla mia mente di vagare fra i ricordi. Per lo più non sono ricordi lieti. Devo confessare a me stesso che non c’è stata molta gioia nella mia vita, nonostante forse io ne abbia avuto le occasioni. Potrei consolarmi dicendomi che non c’è stata neppure molta sofferenza. Ma la verità è che, nonostante io abbia passato la gran parte della mia vita a cercare di aiutare gli altri a vivere, io non ne sono stato capace. Almeno, così è se vivere significa amare e gioire e soffrire. Il distacco è il sentimento che ho provato più frequentemente. L’indifferenza. Persino mia moglie, la madre dei miei figli, non mi suscitava altro, in fondo. Quell’affetto tiepido che non costa niente che si elargisce anche ad un cane fedele, che è un secondo nome dell’indifferenza. Indifferenza, ammantata da una tiepida passione, mi suscitava anche la giovane amante che dopo qualche anno che ero sposato cominciai ad incontrare, un paio di volte a settimana, in un appartamentino preso in affitto a quello scopo. Eppure entrambe, lo sapevo, mi amavano con tutto il loro cuore. Mia moglie lo aveva capito, che nella mia vita c’era un’altra. Forse non subito, ma ad un certo punto sì, lo sapeva. Ma non mi diceva nulla, non chiedeva, non supplicava, non si infuriava. Mi restava accanto nonostante la mia distrazione, attendeva. Si ammalava però. Me ne accorsi quando già era smagrita, pallida. La mattina faticava ad alzarsi. Sapevo di cosa si trattava: depressione. E sapevo che io ne ero la causa. Ma lei continuava a non parlare, a non chiedere. Solo, mi guardava a volte con quei suoi occhi che diventavano ogni giorno più grandi. Finché una mattina non decisi che tutta quella sofferenza che le vedevo sul volto era troppo pesante come prezzo da pagare, in fondo per cosa? Qualche brivido sessuale. Quel pomeriggio avevo appuntamento con l’altra. Ci feci l’amore, e poi glielo dissi. Che era meglio che non ci vedessimo più. Uscii da quell’appartamento appesantito dalla sofferenza di lei. Ma appena fuori, per strada, cominciai a sentirmi leggero. Sì, quasi felice. Pregustavo il momento in cui sarei rientrato a casa e avrei abbracciato mia moglie, con il cuore puro di chi è a posto con la coscienza. Ero certo che lei avrebbe capito, non avrebbe detto nulla ma avrebbe capito, e avrebbe sorriso di nuovo dopo tutto quei mesi. Fuori dalla porta di casa c’era un movimento strano, di gente. Mi avvicinai in fretta. Una vecchia amica di famiglia mi venne incontro. I bambini erano stati portati in campagna da una zia, perché non la vedessero. Io sì, io la vidi. Con il collo spezzato, la pelle segata, che un fazzoletto avvolto da mani pietose non riusciva del tutto a nascondere, distesa sul letto nella nostra stanza dal cui soffitto ancora penzolava la corda. Proprio quel giorno, non mi aveva aspettato. Ero arrivato troppo tardi.
olivia
Sua moglie è venuta con lei a Londra?
bernard
Cosa?
olivia
Sì, sua moglie. E’ anche lei a Londra?
bernard
Come le viene in mente di farmi questa domanda?
olivia
Non è nel protocollo?
bernard
No, è che… nulla. Sono vedovo.
olivia
Stava pensando a lei?
bernard
Abbiamo ancora una decina di minuti. Se ora ha voglia di parlare…
olivia
Bernard ed io continuammo così, quel giorno, a sostenere due tesi opposte. Secondo lui, April era andata a fargli visita, viva. Volerlo incontrare era stato il suo ultimo atto di vita. Per me, quello che lui aveva visto era la morte. Né io ne lui eravamo disposti a cambiare parere. All’inizio pensai che la versione a cui lui si era affezionato lo gratificasse di più. Non capivo perché, a me… avrebbe gratificato più la mia. Sapere che una persona eccezionale come era stata April avesse superato i confini della morte per me… Ad ogni modo continuavamo a ripetere come due ossessi, lui: era viva, ti dico che era viva… ed io: era morta, morta, morta… e a furia di ripetere quella parola, morta, il fatto che April, la mia amica, non ci fosse più, mi travolse come un fiume in piena. Morta. Mi ritrovai a singhiozzare fra le braccia di Bernard, non più per gelosia, no, non in quel momento… ma per la perdita di una persona così poetica come era stata lei. Bernard singhiozzava anche lui, come se soffrisse quanto me. Sì, il loro, era stato davvero un rapporto. Che importanza ha adesso?, mi disse. Ormai l’abbiamo perduta per sempre. E per circa tre settimane, dopo quel giorno, fingemmo che davvero non avesse importanza. Avevamo le nozze da preparare, mille cose da sbrigare, apparentemente era un vortice che ci impediva ogni altro pensiero. Sembravamo tornati normali. Ma il mio pensiero era sempre là. La mia versione dei fatti, che all’inizio mi era sembrata chissà perché più rassicurante, cominciò ad apparirmi per ciò che era davvero, la mia convinzione più intima e la più pericolosa. Mancavano pochi giorni al nostro matrimonio, quando decisi che non potevo aspettare un minuto di più a comunicargli quello che sapevo. Che le cose fra di noi erano irrimediabilmente cambiate.
Il dottor Meyer interagisce con Olivia come se fosse Bernard.
bernard
In che senso cambiate?
olivia
Lo sai. Un’altra persona si è frapposta fra noi.
bernard
Va bene, ascolta. Non voglio fare finta di non capirti, ma è una pazzia! Quell’altra persona, come dici tu, è morta e sepolta.
olivia
Sepolta, sì, non morta. E’ morta per il mondo, è morta per me, forse, ma per te non è morta.
bernard
Ancora con le nostre diverse interpretazioni di quella sua apparizione?
olivia
Non hanno più importanza. Importa solo quello che ho davanti agli occhi ormai.
bernard
E cosa avresti davanti agli occhi?
olivia
Tu sei completamente cambiato.
bernard
Io cambiato?.... (ride) Per quell’assurdità?...
olivia
Rideva… Non solo per quella. Per tutte le altre venute in seguito.
bernard
E quali sarebbero, scusa?
olivia
Vuoi farmi credere che non lo sai?
bernard
(ride) Non lo so davvero!
olivia
Rideva… Il tuo potere!... Lo sanno tutti!
bernard
Il mio potere?
olivia
La tua capacità di accedere a forme di vita che non sono vita!
bernard
In nome di Dio, che cosa stai dicendo? Sono solo fantasie!
olivia
Le eri sfuggito per cinque anni e adesso non le sfuggi più. Stai pareggiando la partita!
bernard
Pareggiando?
olivia
Arrossì, come un colpevole… Tu la vedi, la vedi, la vedi ogni notte! Viene d te come quella sera, ci ha provato una volta e ha capito che le piaceva!
Bernard ride di un riso nervoso, sconcertato.
olivia
Rideva… Avrebbe potuto assecondarmi con dolcezza, rassicurarmi, coccolarmi… ma rideva. Hai il coraggio di negare? Neghi che la vedi di continuo?
bernard
E se così fosse?
olivia
Sei nel tuo pieno diritto. E’ un tuo dono di natura. Vedi i morti. E’ un privilegio straordinario. Ma tu capisci che è una cosa che ci separa. Ti restituisco la tua completa libertà.
bernard
La mia libertà?
olivia
Rideva…
bernard
Rido perché le tue accuse sono ridicole!...
olivia
Ami lei come non ha mai amato nessuna, e lei ti ricambia con la stessa passione!
bernard
O forse no… sono pretesti! Tu vuoi lasciarmi, per qualche tua ragione, e ti appigli a queste fantasie!
olivia
Ti domina, ti tiene stretto, ti vuole tutto per sé!
bernard
Oppure sei malata… pazza… sì, la sua morte… in fondo eravate così amiche! Ti ha fatto impazzire!
olivia
Tu ti rivolgi a me come un automa, pentito, ma è falso! Ormai per me ci sono solo le scorie della tua tenerezza, del tuo amore, della tua vita, tutto il resto è suo.
bernard
Tu non sei umana…
olivia
Io posso rinunciare a te, ma non posso fare a metà con un’altra.
bernard
Sei un mostro.
olivia
Ti cedo liberamente a lei per sempre.
Olivia esce.
bernard
Olivia!... Torna indietro!... Olivia!... Olivia!...
Bernard scoppia in singhiozzi. A poco a poco si ricompone. Comincia a sentire un canto lontano. E’ la voce di April.
bernard
Dove sei?
Corre nella direzione del canto, che però s’interrompe. Ma ricomincia dopo poco come venendo da un’altra direzione.
bernard
Dove sei?
Di nuovo il canto s’interrompe. Bernard si accascia allo scrittoio del dottor Meyer. Si riprende a fatica.
DOTTOR MEYER
Seduta numero trentotto con la paziente signorina Olivia K. Sono stato sul punto di rinviarla, per un motivo del tutto personale. Stanotte non sono riuscito a chiudere occhio. Ero perseguitato da strane… sarei tentato di scrivere: visioni, ma naturalmente ciò non sarebbe corretto. Sensazioni, sensazioni angosciose, ecco: immagini visive interne di quelle sensazioni. Sì. Ho però deciso facendomi forza di incontrare ugualmente la signorina Kindermann. La mia esperienza mi suggerisce che non siamo lontani dal raggiungere un risultato e temo che rinviare l’incontro sarebbe nocivo al percorso analitico. E’ mia convinzione che alla base del quadro nevrotico della signorina Kindermann si nasconda una fobia di natura sessuale causata con molta probabilità da un trauma infantile che la paziente ha rimosso. E’ mia intenzione cercare di accelerare il processo che lo riporti alla coscienza ricorrendo alla pratica ipnotica.
Entra Olivia, si stende sul lettino.
olivia
Quella fu l’ultima volta che vidi Bernard. Da allora, in realtà, pochi lo videro. Smise di frequentare i salotti, le feste. D’altra parte non gli erano mai piaciuti. Forse li aveva frequentati, con me, solo nella speranza di incontrare lei. Sei anni dopo venni a sapere della sua morte. Qualche giorno dopo che era avvenuta. Anche io ero diventata più solitaria. Fu una morte improvvisa, di cui non si conobbero mai bene le cause. Io naturalmente le conoscevo. L’aveva raggiunta. Dovevano essere entrambi stanchi di incontri a metà strada. Ma da allora, da allora li vedo. Bernard ed April, tutte le notti. Vengono a farmi visita e non mi lasciano stare, nonostante io li supplichi. Come se volessero dirmi qualcosa… accusarmi forse… ma di cosa? Io… ho fatto il loro bene. Mi sono sacrificata per la loro felicità!
dottor meyer
E’ davvero così sicura di aver fatto la felicità di qualcuno con il suo “sacrificio”?
olivia
Cosa vuole dire?
dottor meyer
Il suo Bernard ha trascorso gli ultimi anni della sua vita da solo. Come lei. Ha mai pensato che forse la felicità fosse quella che potevate raggiungere unendo le vostre solitudini?
olivia
Non capisce? Lui non era solo. Era con lei. E fra noi, non ci sarebbe stata felicità. Solo normalità. Accontentarsi, dividere la vita con una persona che è la migliore, sì, ma fra quelle che non sono giuste… Il possibile non è felicità. Ha mai pensato, dottor Meyer, alla possibilità che io sia felice di non aver sposato un uomo che era destinato ad un’altra? Dovevo rovinare la loro, di felicità… solo perché si erano incontrati troppo tardi? Quante volte è troppo tardi per essere felici? Quante volte ci si incontra quando è troppo tardi, o troppo presto, comunque nel momento sbagliato, o nel luogo sbagliato, o nei ruoli sbagliati, quando si è già sposati, quando si è troppo vecchi, quando si è troppo giovani, quando: non si può, non si può, non è possibile, non è ammesso.
dottor meyer
Troppo tardi…
olivia
E se invece non esistesse un troppo tardi? Se passato e presente fossero destinati a diventare una cosa sola un giorno, se i vivi e i morti fossero destinati, un giorno, a camminare insieme? Se ci fosse un premio per chi sa rinunciare, in attesa di quell’unico incontro che può farci felici davvero? Cosa importa se quell’incontro può solo avvenire dopo la morte?
dottor meyer
Mi parli di sé prima di conoscere Bernard. Era stata attratta da altri uomini?
olivia
Ero stata già fidanzata.
dottor meyer
Una volta?
olivia
Due.
dottor meyer
E come erano finiti questi fidanzamenti?
olivia
Li troncai entrambe le volte, io. Poco prima che si arrivasse al matrimonio. Per fortuna entrambe le volte capii in tempo che non erano la persona giusta per me.
dottor meyer
Tre fidanzamenti, tutti e tre interrotti poco prima di prendere un impegno definitivo. Non le sembrano troppi per una sola persona?
olivia
E allora?
Il dottor Meyer aziona un metronomo.
dottor meyer
Non ha mai pensato che potrebbe essere stata lei stessa a creare impedimenti, problemi, nei suoi rapporti con gli uomini, fino a sentirsi costretta ad interromperli, proprio per poterli interrompere?
olivia
E a quale scopo? A nessuno piace stare da solo.
dottor meyer
Ma a volte si ha paura di stare in due. Dell’intimità. Dell’abbandono.
olivia
Paura?
dottor meyer
Ha mai pensato che Bernard ed April… le loro apparizioni, i fantasmi che lei dice di vedere… potrebbero essere proiezioni della sua parte sana?
olivia
La mia parte sana?
dottor meyer
Quella parte di lei che è stanca di sacrifici inutili. Che la vorrebbe vedere amare, abbandonarsi, vivere.
olivia
Potrebbe essere, sì. Ma ugualmente è possibile che io sappia vedere oltre, che sappia riconoscere, per un dono diverso da quello che possedeva Bernard ma lo stesso prezioso, chi non è lui. Lui, colui che è nel mio destino. Colui che ho sempre conosciuto e portato dentro di me. Qualcuno che fosse così simile a me nel profondo del suo essere da poterlo capire e da cui essere capita senza bisogno di parole. Qualcuno così simile a me da poter accettare di confondersi in una cosa sola senza perdere purezza.
dottor meyer
Come fa a sapere che esiste?
olivia
Perché è già successo.
Il dottor Meyer le si avvicina. Durante il seguente dialogo i due attori possono sedersi l’uno accanto all’altra, guardarsi, sfiorarsi.
dottor meyer
Dove ti trovi ora?
olivia
In campagna. Papà ci ha portato a fare una gita.
dottor meyer
Chi c’è con te?
olivia
La mamma… e le sue amiche. Mamma sta sempre con loro.
dottor meyer
Sei gelosa di loro?
olivia
No. Non me ne importa.
dottor meyer
Ma sono sicuro che a tua mamma importa di te.
olivia
No. Lei vuole bene solo a Henry.
dottor meyer
Chi è Henry?
olivia
Mio fratello.
dottor meyer
Quanti anni ha Henry?
olivia
Uno più di me.
dottor meyer
Ti dispiace che la mamma gli voglia bene?
olivia
No. Anche io amo Henry. E lui ama me.
dottor meyer
Dov’è Henry adesso?
olivia
Sotto quell’albero.
dottor meyer
Vuoi andare da lui?
olivia
Sì. Vieni a fare una passeggiata, Henry?
dottor meyer
Cosa dice Henry?
olivia
Che con me verrebbe ovunque. Camminiamo…
dottor meyer
Dove siete ora?
olivia
Dove non possono vederci.
dottor meyer
Ti fa paura?
olivia
Non ho paura di nulla quando sto con Henry.
dottor meyer
Cosa accade adesso?
olivia
Henry mi bacia sugli occhi. Lo fa sempre.
dottor meyer
A te piace?
olivia
Sì.
dottor meyer
Cosa accade ora?
olivia
Gli prendo il viso e lo bacio anch’io.
dottor meyer
Sugli occhi?
olivia
Sulle labbra. E’ così morbida la sua bocca.
dottor meyer
(fra sé) E’ così morbida la tua bocca, Helena.
Olivia
Stai crescendo, Henry. Devo sollevarmi sulle punte per baciarti.
dottor meyer
(fra sé) Stai crescendo, Helena. E’ così morbido il tuo petto.
olivia
Facciamo un gioco?
dottor meyer
E’ Henry che te lo chiede?
olivia
Sì. Facciamo il nostro gioco.
dottor meyer
(fra sé) Il nostro gioco…
olivia
Fa un po’ male.
dottor meyer
Vuoi che mi fermo?
olivia
No. Noi due siamo una cosa sola.
dottor meyer
Quando vedo il tuo viso mi sembra di guardarmi allo specchio.
olivia
Io sono tua e tu sei mio per sempre.
dottor meyer
Cosa accade poi?
olivia
Perché devi andare a studiare lontano?
dottor meyer
E’ Henry che va a studiare lontano?
olivia
E’ stata la mamma, vero, Henry? E’ stata lei che lo ha deciso?
dottor meyer
Cosa fa ora Henry?
olivia
E’ cambiato… Henry è cambiato! Perché sei così freddo Henry?... Sì che lo sei!... Dove vai ora? Non siamo stati insieme neanche un attimo da quando sei tornato dal college! Hai dimenticato tutto, Henry… Come hai fatto a dimenticare… il nostro gioco… E’ sempre il nostro gioco vero Henry?... Io sono sempre io…
Olivia è scossa dai singhiozzi. Abbracia il dottor Meyer che sopo un’esitazione la stringe.
Si alzano lentamente. Il dottor Meyer l’accompagna fuori.
Entra la dottoressa Stewart e va a sedersi allo scrittoio.
Il dottor Meyer rientra. Si stende sul lettino.
dottor meyer
Come hai fatto a dimenticare, Helena?
dottoressa stewart
Seduta numero uno con il paziente dottor M. Confesso che mi ha stupita non poco la richiesta di un esimio collega, un luminare, quale il dottore in questione, di avviare una supervisione terapeutica con me. Stupita e lusingata. Nonostante la situazione femminile stia facendo, in questo secolo da poco iniziato, passi da gigante, siamo infatti ancora molto lontani dall’aver raggiunto una reale parità. Avrei potuto, naturalmente, non fare accenno al paziente della mia sorpresa. Ma, essendo egli anche un collega, ho preferito parlargliene.
dottor meyer
Pensavo che la sensibilità di una donna potesse farmi vedere ciò che mi sta accadendo sotto una luce diversa.
dottoressa stewart
Vuole dire, una luce più accettabile?
dottor meyer
Può darsi.
dottoressa Stewart
Prima che una donna, dottor Meyer, io sono una scienziata. L’unica luce sotto la quale riesco a vedere ciò che mi ha raccontato è quella di un coinvolgimento eccessivo fra lei e la sua paziente. Non capisco cosa appartiene davvero alla signorina di cui mi parla e cosa invece è una sua proiezione. Transfert e controtransfert sono chiaramente fuori controllo.
dottor meyer
Non crede che a volte, in particolari, eccezionali casi, per arrivare ad un risultato, ad una guarigione, sia lecito, forse addirittura auspicabile, farsi coinvolgere oltre i normali limiti medico - paziente? Non potrebbe questo fare parte di una sperimentazione, lecita in ogni scienza? Tanto più che la nostra, quella di cui entrambi ci diciamo esperti, è in fondo una scienza appena nata, di cui noi stessi dobbiamo imparare ancora quasi tutto…
dottoressa stewart
Proprio perché la nostra è una scienza appena nata, io credo che non possiamo correre rischi. E quale rischio maggiore potrebbe esserci, per uno di noi, che farsi invischiare da un nostro paziente? Dottor Meyer, lei ha più esperienza di me. Sa bene quanto una personalità isterica e manipolatoria come quella della signorina di cui mi parla possa essere pericolosa.
La dottoressa Stewart esce. Il dottor Meyer lascia il lettino, si dirige verso lo scrittoio. Si rimette il camice.
dottor meyer
Seduta numero trentanove con la paziente signorina K. Nonostante i saggi consigli della esimia collega dottoressa Stewart, cui mi ero rivolto per una supervisione, ho deciso di incontrare ancora la paziente. Abbandonarla in un momento così delicato e forse risolutivo della terapia potrebbe portarla alla disperazione. Quanto a me, non voglio più dover dire: troppo tardi.
OLIVIA
Permesso?
Olivia entra. Sorride.
OLIVIA
Ho una buona notizia per lei. Stanotte ho dormito. Come una bambina.
DOTTOR MEYER
Vuole dire che non ha avuto visioni?
OLIVIA
Nessuna visione. Solo un sogno. Li ho visti in sogno. Ma non mi davano colpe. Sorridevano. Erano sereni, di una serenità che non possiamo neanche immaginare. E al risveglio, stamattina, ne ero certa…
DOTTOR MEYER
Di cosa?
OLIVIA
Che non li vedrò mai più. Non in questa vita. Sono venuti a salutarmi. Come se sapessero che finalmente il loro compito verso di me era finito.
Olivia fa per andarsene. Ma poi:
olivia
Vuole sapere, dottore, il vero motivo per cui cominciai a venire da lei?
Il dottor Meyer non risponde.
olivia
Un’amica, una sua ex paziente, la signorina…
dottor meyer
No, la prego, non mi dica il nome.
olivia
Ha ragione, me ne dimentico sempre. Beh, quest’amica… non è proprio un’amica, più un’amica di amici… un giorno mi disse che secondo lei noi due avremmo dovuto conoscerci.
Olivia esce.
dottor meyer
Seduta numero quaranta con la paziente signorina Olivia K. Oggi per la prima volta la paziente, normalmente precisa e puntuale, non si è presentata all’abituale seduta. Uno strano istinto mi suggerisce che forse non la rivedrò mai più. Ritenendo il suo caso particolarmente interessante ai fini di rappresentare quanto una mente nevrotica, nevrotica e non psicotica, possa, quando appartiene ad un individuo dalla personalità accesa e dall’intelligenza brillante, manipolare la realtà non solo della propria ma anche, in particolari casi, delle altrui vite, sono lieto di aver puntualmente trascritto il principale contenuto delle sedute riguardanti questo caso. Avverto il dovere scientifico di ribadire che qualcosa nella paziente signorina Olivia K. ha suscitato in me un sentimento più invischiante e meno professionale di quanto la prassi psicoanalitica autorizzi. Dunque concludo che forse è un bene che la signorina K. abbia deciso di interrompere le sedute.
Entra Miranda.
miranda
Povera Olivia, l’hanno trovata in casa ben due giorni dopo il suo decesso. D’altronde dopo la rottura fra lei e quel finanziere, Bernard… March, sì… frequentava poche persone, era diventata molto più riservata. Praticamente, alla fine, vedeva solo quel dottore… sapete, quello psichiatra, quell’austriaco, che ha lo studio poco lontano da casa mia. La cosa strana è che dopo la morte di Olivia, anche quel dottore non si è più visto in giro. Pare che abbia interrotto l’attività e disdetto tutte le sedute con i suoi pazienti abituali. Poveretti, devono esserci rimasti molto male. Ma d’altra parte, cosa ci si può aspettare, da sedicenti scienziati che pretendono di curare qualcosa di così inafferrabile come l’anima?
Miranda esce. Luce in proscenio sul dottor Meyer. Sembra sereno. Si volta di spalle alla platea.
Davanti a lui, sul fondo, appare Olivia. Gli sorride.
Buio.