Cabaret

di Caroline Baglioni

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PERSONAGGI:

KARL VALENTIN, nome d’arte di Valentin Ludwig Fey (Monaco di Baviera, 4 giugno 1882 – Planegg, 9 febbraio 1948). Cabarettista, attore teatrale e produttore cinematografico tedesco, che ha avuto un’influenza significativa sulla cultura tedesca al tempo della Repubblica di Weimar.

ELISABETH WELLANO, nota con il nome d’arte di Liesl Karlstadt (Monaco di Baviera, 12 dicembre 1892 – Garmisch, 27 luglio 1960). Soubrette, attrice e cabarettista di origini italiane. Assieme a Valentin formò un duo di comici tra i più famosi in Germania.

JOHANN STRAUSS (Neubau, 25 ottobre 1825 – Vienna, 3 giugno 1899). Compositore e direttore d’orchestra austriaco. Scrisse quello che viene considerato il valzer più famoso di tutti i tempi: An der schönen blauen Donau (Sul bel Danubio blu). Per esigenze di scena, si travestirà anche da Jacques (Jacob) Offenbach.

ADOLF GEORG WILHELM BUSCH (Siegen, 8 agosto 1891 – 9 giugno 1952). Violinista e compositore tedesco naturalizzato statunitense.

CARL ORFF (Monaco di Baviera, 10 luglio 1895 – 29 marzo 1982). Compositore tedesco, noto principalmente per avere musicato alcuni testi dei Carmina Burana.

ALICE ed ELLEN KESSLER (Nerchau, 20 agosto 1936). Coppia di ballerine e cantanti conosciute come Gemelle Kessler. Ebbero particolare notorietà in Italia, Francia e Germania, a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso.

MARTIN HEIDEGGER (Meßkirch, 26 settembre 1889 – Friburgo in Brisgovia, 26 maggio 1976). Filosofo tedesco. Aderì, seppur brevemente, al partito nazionalsocialista tedesco.

OTTO DIX (Gera, 2 dicembre 1891 – Singen, 25 luglio 1969). Pittore tedesco, esponente di spicco della Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività). Dipinse le sue opere maggiori durante gli anni della Repubblica di Weimar.

ELISABETH GRÜMMER (Niederjeutz, 31 marzo 1911 – Warendorf, 6 novembre 1986). Soprano tedesco. Ricevette una formazione d’attrice che si rivelò molto utile nel corso della sua carriera di cantante d’opera.

 

 

9 febbraio 1948. Karl Valentin, 66 anni, ed Elisabeth Wellano, 56, stanno provando il loro nuovo spettacolo.
Il piccolo cabaret Der Sturmvogel di Berlino è vuoto. Il palco è ricoperto da abiti e oggetti di scena stravaganti: una piccola panchina verde, un grosso cane di stoffa, una frusta per leoni, delle stampelle, un paravento, un’abat-jour di seta, delle scatole con trucchi, delle acque di colonia, una pelliccia fatta di parrucche, dei bicchieri, un’insegna luminosa con scritto “Applaus”, una pelliccia di renna, dei mantelli, dei cappelli, degli stivali, delle scarpe d’ogni genere, dei seggiolini pieghevoli, dei giornali, dei vecchi dischi, dei palloncini, dei guanti e una luna che dondola dalla graticcia.
Un faro illumina un cubo vuoto.

 

 

I. FESTA DI COMPLEANNO

Karl ed Elisabeth danzano ininterrottamente sulle note di An der schönen blauen Donau. La musica è maestosa. Lui indossa un vestito da donna borghese molto luccicante, non smette mai di sorridere e quando parla sembra un ventriloquo; lei indossa uno smoking elegantissimo e ha l’aspetto di un marito annoiato. Ogni volta che usciranno dai personaggi che interpretano (indicati di seguito al segno /), tornando così alla realtà, appariranno stanchi, spossati. Al contrario, in tutte le parti riguardanti lo “show”, saranno estremamente vitali.
La luna splende d’argento.
Giri di valzer. Durano sempre abbastanza. Gli attori dovranno saperli ballare agilmente.

KARL/MOGLIE: Pare che l’addobbo del teatro dell’Opera per questa sera sia costato circa 60.000 marchi!
ELISABETH/MARITO: Nauseante essere costretti a prendere parte a questa ridicola cerimonia.
KARL/MOGLIE: Ma è il quarantesimo compleanno del Presidente dei Ministri! Siamo così fortunati a essere stati invitati.
ELISABETH/MARITO: Non siamo stati invitati, abbiamo pagato 100 marchi per entrare a far parte di questa farsa, cara.
KARL/MOGLIE: Ma potremmo rifarci vincendo qualcosa alla tombola di beneficenza.
ELISABETH/MARITO: (borbotta)

Giri di valzer.

KARL/MOGLIE: Pare che il premio più ambito della tombola di beneficenza sia una preziosa croce uncinata incastonata con diamanti allo stato grezzo.
ELISABETH/MARITO: Ributtante!
KARL/MOGLIE: Shh, sorridi caro e continua a ballare, mi sembra che Höfgen ci guardi.

Giri di valzer.

ELISABETH/MARITO: (borbotta)“Mi sembra che Höfgen ci guardi”, patetico!
KARL/MOGLIE: Shh, sorridi caro, ora mi sembra che anche la mamma di Höfgen ci guardi!

Giri di valzer.

ELISABETH/MARITO: (borbotta) “Che anche la mamma di Höfgen ci guardi”, vomitevole!
KARL/MOGLIE: Oh, caro ma insomma!
ELISABETH/MARITO: Sai cosa dicono di Höfgen?
KARL/MOGLIE: Non bado ai pettegolezzi.
ELISABETH/MARITO: Pare che ad Amburgo sia stato un grande sostenitore del Teatro Rivoluzionario (sottovoce) prima di diventare il leccapiedi del Presidente dei Ministri!
KARL/MOGLIE: Shh, sì ma tu sorridi caro, e non pestarmi le scarpe per cortesia!
ELISABETH/MARITO: Come faccio a sorridere? Ma guardalo quel patetico, stomachevole, disgustoso attorucolo ripulito!
KARL/MOGLIE: Oh, via caro, sorridi che il tizio che suona il violino laggiù mi ha mandato un’occhiataccia, cerca di goderti la serata, in fondo quell’Höfgen non è così male, ha fatto carriera, avrà sicuramente qualche difetto ma io lo trovo un uomo affidabile e sicuro di sé.

Giri di valzer.

ELISABETH/MARITO: (borbotta) “Affidabile e sicuro di sé”, ridicolo!
KARL/MOGLIE: Mi stai pestando i piedi!

Entra Johann Strauss. Attraversa il palco e sale sul cubo illuminato. La musica si interrompe. Karl ed Elisabeth si fermano, lo guardano. Strauss inizia a dirigere un’orchestra invisibile. È bellissimo.
La musica riprende dal punto in cui si era fermata. La coppia riprende a ballare.
Giri di valzer.

Pare che il premio più ambito della tombola di beneficenza sia una preziosa croce uncinata incastonata con diamanti allo stato grezzo.
ELISABETH: (esce dal personaggio) L’hai già detto Karl.

Giri di valzer.

KARL/MOGLIE: Non è una festa meravigliosa?

Giri di valzer.

Ah! Questa sicuramente ti farà ridere caro!
ELISABETH/MARITO: (borbotta)
KARL/MOGLIE: Pare che Höfgen si chiami Henrik e non Hendrik! (Ride)
ELISABETH/MARITO: E cosa ci trovi da ridere?
KARL/MOGLIE: Ci tiene moltissimo a quella piccola “d”.
ELISABETH/MARITO: (borbotta) “Ci tiene moltissimo a quella piccola d”, dis-gu-sto-so, stomachevole, ripugnante…
KARL/MOGLIE: Caro!
ELISABETH/MARITO: Rivoltante ributtante!
KARL/MOGLIE: Caro?!
ELISABETH/MARITO: Fetido nauseabondo appestante!
KARL/MOGLIE: Caro!! (Si stacca improvvisamente dalla donna, mentre Johann Strauss continua a dirigere l’orchestra) Basta.
ELISABETH: Che ti prende?
KARL: Questa la tagliamo.
ELISABETH: Perché?
KARL: Mi pesti i piedi Beth!
ELISABETH: Scusa.

Pausa.

KARL: Non sai ballare.
ELISABETH: Tu non sai ballare.
KARL: Tu non sai ballare!
ELISABETH: Tu.
KARL: Tu.

Pausa.

ELISABETH: (si volta verso Strauss) Signor Strauss? Per ora basta così.

Johann Strauss smette di dirigere l’orchestra e la musica s’interrompe. Scende dal cubo, attraversa il palco ed esce.
Silenzio.

 

 

II. HENDRIK HÖFGEN

Elisabeth e Karl si muovono tra gli oggetti del palco lentamente, calpestano qualche vestito, prendono qualche abito lo guardano e poi lo lasciano cadere a terra.
Il tempo è un tempo realistico. Il silenzio è forte.
Lui indossa un mantello, un cilindro e tiene in mano un bastone.
La luna è spenta.

KARL: (senza entusiasmo) Sono un mago del travestimento.

Silenzio. Si guardano.

ELISABETH: Serve un prologo che racconti la storia.

Pausa.

KARL: (Pensa. Poi si fa spazio tra gli abiti) Spostati da lì.
ELISABETH: Che vuoi fare?
KARL: Un prologo che racconti la storia.
ELISABETH: Sei sicuro?
KARL: Hai appena detto che serve un prologo.
ELISABETH: Hai ragione! È una buona idea.

Le fa cenno col bastone di spostarsi. Il sipario comincia lentamente a chiudersi. Frattanto, l’uomo apre con cura uno strano ordigno tutto ripiegato: una piccola sedia bianca. Il sipario si chiude.
Elisabeth si accomoda sulla sedia. Si sente lui schiarirsi la voce.
Improvvisamente il silenzio è rotto. Il sipario si apre: tutto è illuminato, tutto brilla e la luna appesa diventa uno splendere di colori. È l’inizio di una grande serata di cabaret. Rullo di tamburi.

KARL: (con tutta la sua maestria e brillantezza) Signore e signori,
è con grande piacere che questa sera,
che non è la sera di ieri,
che non sarà la sera di domani,
qui proprio qui, (fa un giro rapido su se stesso, punta il bastone a terra)
cioè non proprio esattamente qui, (punta il bastone su un punto del palcoscenico) e neanche precisamente qui, (punta il bastone su un altro punto del palcoscenico) il sottoscritto, (ci pensa su, guarda a terra)
(che poi non ce lo scrivono mai davvero)
ma il sottoscritto, (indica se stesso con il bastone ma per sbaglio si dà un colpo allo stomaco troppo forte, tossisce, si riprende)
“Io” sottoscritto anche se non c’è scritto,
(perché se ce lo scrivono io poi a cosa servo?)
il sottoscritto senza scritto qui medesimo,
“Io”, cioè me, (anche se non sono solo, no! ma questo lo dirò dopo)
questa sera davanti ai vostri occhi,
(ma non proprio attaccato che se no non riuscite a mettermi a fuoco),
è qui per presentarvi,
per raccontarvi,
per rivelarvi,
tutti i segreti del grande,
(scuote la testa) ma che dico grande,
grandissimo,
(scuote la testa) ma che dico grandissimo,
gigantesco,
(scuote la testa) ma che dico gigantesco,
abbondante,
(scuote la testa) ma che dico abbondante,
largo,
(scuote la testa) ma che dico largo,
esteso,
(scuote la testa) ma che dico esteso…
ELISABETH: (grida) Karl!
KARL: Smisurato,
(scuote la testa) ma che dico smisurato…
ELISABETH: (grida più forte, gli strattona il mantello) Karl!

Lui la guarda. Improvvisamente tutto si ferma. Si ripiomba in una luce opaca e fredda. La luna si spegne.

KARL: Che c’è?
ELISABETH: La tua schiena. (Pausa) Non esagerare.
KARL: Già.

Si rialzano le luci, tutto brilla, tutto è un trillare di tamburi impazziti. La luna si accende.

KARL: Colossale,
(scuote un po’ meno la testa) ma che dico colossale,
maestoso,
(scuote un po’ meno la testa) ma che dico maestoso,
imponente,
(scuote un po’ meno la testa) ma che dico imponente…
ELISABETH: Karl!
KARL: (fa un cenno con la mano come a dirle: “Aspetta solo un secondo”) Talentuoso… (il piu grande attore teatrale della Germania nazista).

Il rullo di tamburi si fa più forte.

Hendriiiiiik Höfgeeeen! (Spalanca il mantello con le braccia)

La scritta “Applaus” inizia a lampeggiare. Un applauso arriva scrosciante da un pubblico invisibile.
Sottofondo sonoro di tamburini. Karl si sfila il mantello, lancia via il cilindro, infila una giacca triste e un paio di occhiali da vista che ha nel taschino. Si siede. Cala un filo con un microfono dalla graticcia che si ferma all’altezza della sua bocca. Prende un gran respiro.
Luce azzurra.

KARL: (con voce monotona e in un solo respiro) Passando per Amburgo Vienna Berlino conquista la fama grazie alle sue messe in scena blabla e interpretazioni in particolare un blablabla interessante stupefacente e un blabla meno rivelante nonché rivelatore di una versione del Mephisto mooolto convincente assordante terrificante raccomandante fu il potente signor consigliere Bruckner che determinò senza determinarla una carriera in trampolino hop senza trampoliere hophop indiscutibile (prende fiato) dal Teatro Rivoluzionario al sorseggio-whisky-con-il-Ciccione-sparlando-di-negri-morti il passo fu blablabla brevissimo impellente hop “hail Hitler!” ma gran parte dei compagni stagni bagni ragni “viva la rivoluzione viva la rivoluzione!” lo ricorda lo rimembra in certi casi lo piange sig parla sigsig sparla dell’Höfgen papam! (prende fiato) nascosto come un posto poco esposto dietro al paravento del suo camerino bla si dilaniava hum (lirico) l’aaanima ascoltando taptaptap gli scroscianti applausi che il pubblico elargiva ai veri più in ossa che in carne attori di talento (prende fiato) servile coi potenti “grazie signore” potente con i servi “quando finirà questa tortura?” papam l’Höfgen prima ammaliava rifulgeva i compagni nella bebebebettola del Kunstertheater raccontando aneddoti ridicoli sulla sua carriera e tutti ahah ridevano e tutti ahah piangevano perché poi spram! amava umiliarli prepotentemente durante le propro prove dei suoi spet-ta-co-(pausa)-li (prende fiato) appena (pena la morte) poteva correva tra le braccia della sua biondissima amante negra “hail Principessa Tebab!” che con la scusa di insegnargli a muoversi hop hop godeva nel frustarlo crash e umiliarlo uhmm chiamandolo porcellino mio (prende fiato grugnendo) si sposò due volte la prima senza rima con Barbara con la quale amò discutere animata-(pausa)-mente durante ante ante le lunghe colazioni borghesi di cui ella|lei|essa non poteva fare a meno dopo aver domato un purosangue di prima mattina e alla quale lui|egli|esso diede il pram! colpo di grazia raccontandole un patetico aneddoto che la convinse definitivamente a diventare lesbica. (Fischia. Si siede a terra accanto a Elisabeth. Prende il mantello e lo sistema sopra di loro come una coperta. Si toglie gli occhiali. Una luce da interni li illumina)

Rumore di uccellini.
Valentin interpreta Höfgen; la Wellano, Barbara Bruckner.

KARL/HÖFGEN: (con un viso contrito) Barbara!
ELISABETH/BARBARA: Hendrik!
KARL/HÖFGEN: Devo aver avuto 11 o 12 anni, quando ottenni il permesso di cantare nel coro del liceo.
ELISABETH/BARBARA: (distaccata) Oh caro è così commovente tutto questo.
KARL/HÖFGEN: Ne ricavai una gioia indescrivibile piccola mia!
ELISABETH/BARBARA: (senza il minimo trasporto) Oh Hendrik è veramente lacrimevole.
KARL/HÖFGEN: Ad un tratto il diavolo si impossessò di me!
ELISABETH/BARBARA: (senza il benché minimo interesse) Oh cielo Hendrik. È così pietoso.
KARL/HÖFGEN: Ebbi l’abominevole ispirazione di cantare un’ottava sopra gli altri!
ELISABETH/BARBARA: (distrutta dall’indifferenza) Oh Hendrik, un’ottava ma cosa mi dici.
KARL/HÖFGEN: Ma ecco che il maestro di musica mi gridò: “Stattene zitto!!!” (Singhiozza) Capisci Barbara? “Stattene zitto!!!” (porta una mano all’orecchio per ascoltare l’eco) “itto” “itto”… ed io che mi ero considerato simile ad un arcangelo esultante!
ELISABETH/BARBARA: (imperturbabile) Oh Hendrik, ma tu sei un angelo.
KARL/HÖFGEN: Lo pensi davvero Barbara?
ELISABETH/BARBARA: (cinica) È la storia più commovente e triste che abbia mai sentito in tutta la mia vita.
KARL/HÖFGEN: Anche tu hai dei ricordi così sgradevoli?

Barbara non risponde.

Dimmi che sono bravo.
ELISABETH/BARBARA: (fredda) Hai un’ugola d’oro.
KARL/HÖFGEN: Dimmi che vuoi vederla!
ELISABETH/BARBARA: (impassibile) Fammela vedere ti prego.
KARL/HÖFGEN: (apre la bocca e fa fuoriuscire strani gorgoglii) Kkrr, krr…
ELISABETH/BARBARA: (inerte) Oh che ugola signori.
KARL/HÖFGEN: (gorgoglia più forte) Krrr… krrr… krrrr…
ELISABETH/BARBARA: (apatica) Ancora. Fallo ancora.
KARL/HÖFGEN: (gorgoglia ancora più forte) Krrrrr… krrrrrr… krrrrrrr…
ELISABETH/BARBARA: (gli tiene aperta la bocca e ci guarda dentro) Signori posso giurarlo (si alza ed esclama) è un’ugola d’oro!

Karl fa volare via il mantello. Rimette gli occhiali. Buio su di loro.
Torna a sedersi sulla sedia. Luce azzurra.

KARL: (come se non si fosse mai interrotto) … la seconda moglie migliore amica della prima anche questa senza rima Nicoletta la sposò osò (perché no?) per far tacere le voci (porta una mano all’orecchio per ascoltare l’eco) “oci” “oci” (imita le voci) “un tedesco innamorato di una negra?” “ahiahiahi!” “hail Principessa Tebab!”. (Fischia)

Entra Adolf Busch, si posiziona sul cubo ed esegue la Sonata per violino n. 3 di Johann Sebastian Bach. Valentin si siede a terra accanto a Elisabeth, si toglie gli occhiali. Una faro li illumina. Lui interpreta ancora Höfgen; lei, invece, Nicoletta Von Niebuhr. Si avrà l’impressione di assistere ad una soap opera.

KARL/HÖFGEN: (cerca di parlare ma ha la mascella bloccata) Ahgr reng krat…
ELISABETH/NICOLETTA: (non si accorge minimamente) Non ce la facevo più laggiù. Theophil è magnifico, è un genio, un grande uomo, lo amo più che mai. È per questo che l’ho lasciato. (Guarda Höfgen)
KARL/HÖFGEN: (con la mascella bloccata) Grat derg bruiton grei! (Cerca di chiederle aiuto)
ELISABETH/NICOLETTA: Certo, non lo sopportavo più! Tu capisci Hendrik cosa intendo? Tu mi capisci vero?
KARL/HÖFGEN: (con la mascella bloccata) Gbrio binkre chein…
ELISABETH/NICOLETTA: Quando si ama così incondizionatamente, si perdono di vista i propri bisogni… (lo guarda) ma che cos’hai caro? (Gli dà uno schiaffo e la sua mascella si sblocca)
KARL/HÖFGEN: (si tocca la mascella) Massaggiami la mascella Nicoletta.

La donna esegue.

Nicoletta. Tu mi sei totalmente indifferente. Ma se voglio far tacere le voci che mi descrivono come un feticista di donne negre, dovrò legarmi in apparenza ad una donna di sangue puro tedesco.
ELISABETH/NICOLETTA: Va bene, sposiamoci. Io voglio recitare e se sto con te avrò un posto garantito nel Teatro di Stato.
KARL ed ELISABETH: (insieme) E così l’amore trionfò! (Buio su di loro)

Adolf Busch smette di suonare il violino ed esce. Karl rimette gli occhiali e si alza.
Luce azzurra.

KARL: (come se non si fosse mai interrotto) … e mentre il suo amico Otto Urliks muore pam! pam! pam! gridando “sono un comunista sporco e maiale” il vero porcello scaldato dal potere si discolpa finanziandogli il funerale (prende fiato) poi si scontra con l’Amleto fatale un “bellissimo Amleto” un “fantastico Amleto” “che Amleto, che portento!”ma vendendo l’anima al diavolo caro Höfgen non si riceve in cambio (serio) il talento. (Si inchina e resta così per qualche secondo. Silenzio. Le luci calano; la luna diventa opaca. Guarda Elisabeth)
ELISABETH: “Il talento”.
KARL: Già.
ELISABETH: È tutta lì la storia.
KARL: Lo aveva?
ELISABETH: Qualcosa aveva.
KARL: Già.
ELISABETH: Ha convinto tutti.

Pausa

KARL: Beth?
ELISABETH: Karl?

Si guardano.
Silenzio.

ELISABETH: Karl?
KARL: Mmh.
ELISABETH: Non hai detto niente del cane.
KARL/GIORNALISTA: Già. (Stacca il microfono dal filo e la intervista) Lei signorina, conoscerà sicuramente il grande attore Hendrik Höfgen.
ELISABETH/SIGNORINELLA:(assume una posa da signorina) Certamente, lo conosciamo tutti qui a Berlino!
KARL/GIORNALISTA: E dica la verità, cos’è che la fa impazzire di Höfgen?
ELISABETH/SIGNORINELLA: (timida) Se devo essere sincera lui ha delle mani… e lo sguardo e come si muove e la bocca, la voce, l’unghia del mignolo sinistro e…
KARL/GIORNALISTA: (la interrompe) Può bastare. Lei dunque saprà cosa è successo a Höfgen tempo fa, vero?
ELISABETH/SIGNORINELLA: (piange) Sì, lo so ahimè.
KARL/GIORNALISTA: Crede che una simile disgrazia si sarebbe potuta evitare?
ELISABETH/SIGNORINELLA: Non lo so.
KARL/GIORNALISTA: Avrebbe mai pensato che Hoppi potesse…

La Wellano esce improvvisamente dal personaggio. Si ripiomba in una luce opaca e fredda.

ELISABETH: Aspetta.
KARL: Cosa?
ELISABETH: Non si chiama Hoppe?[1]
KARL: Si chiama Hoppi.
ELISABETH: E io che ho detto?
KARL: Hai detto Hoppe.
ELISABETH: Ho detto Hoppe?
KARL: Già.
ELISABETH: Impossibile.
KARL: Cosa?
ELISABETH: Sei sicuro che sia Hoppi?
KARL: Sono sicuro.

Pausa.

ELISABETH: Karl?
KARL: Mmh.
ELISABETH: Credi che la gente si ricorderà di noi?
KARL: È probabile.
ELISABETH: La gente si ricorda più del bene o del male?
KARL: La gente dimentica tutto.
ELISABETH: Già.
KARL: Mmh.

Pausa.

ELISABETH: A te dispiace?
KARL: Cosa.
ELISABETH: Quello che è successo a Höfgen.
KARL: No. (La guarda) Per colpa sua non abbiamo più lavorato Beth.[2]
ELISABETH: Già.

Pausa.

KARL: Muoviamoci.

La donna si alza e va al centro del palcoscenico. Rullo di tamburi. Luce su di lei che racconta.

ELISABETH: Una sera,
in un localino infimo e malfamato,
Höfgen s’ invaghisce della ballerina negra
Juliette Martin e le chiede di insegnargli a ballare
per migliorare le sue prestazioni…attoriali!

 

 

III. EIN, ZWEI, DREI

La coppia comincia a girare tra gli oggetti di scena e i vestiti, mentre la luce cambia varie tonalità fino a diventare verde foresta.
Una luminosa striscia rossa taglia all’improvviso il palcoscenico a metà, orizzontalmente. Rumori di orsi, castori, caribù, aquile, scoiattoli. Il tempo è un tempo realistico.
Karl indossa dei bermuda, una canottiera, tira su i calzini fino alle ginocchia e si toglie le scarpe. Ha un aspetto ridicolo ed è visibilmente impaurito. Elisabeth indossa una pelliccia di renna e degli stivali verdi lucidi. Ha una frusta per leoni in mano, al cui suono dirige l’uomo in una coreografia del terrore.
Elisabeth/Principessatebab schiocca le dita. Entra Carl Orff e dirige l’orchestra invisibile nella cantata scenica La primavera, tratta dai Carmina Burana.[3] È bellissimo. La musica è maestosa.
Si vede Karl/Höfgen camminare sulle punte con in testa un’abat-jour di seta, avanti e indietro lungo la striscia di luce rossa, mentre si sentono i rimproveri di Elisabeth/Principessatebab che spiccano di tanto in tanto.
La luna è uno specchio.

ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB: Non ti è bastato arrivare tardi (schiocca la frusta) hai anche voluto saltare il riscaldamento e guarda… guarda il risultato… ti muovi come una serpe!
KARL/HÖFGEN: Principessa…
ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB: Su con quelle punte, niente paura, su, su con quelle spalle ciondolanti!
KARL/HÖFGEN: Regina nera, perdonami.
ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB: Non ti scusare, non serve… ma guarda quanto sei ingrassato in questa ultima settimana…
KARL/HÖFGEN: Forse è questa tuta da allenamento che non mi dona!
ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB: No, no, sono i tuoi lombi il problema, si noterebbero anche se ti infilassi dentro una botte!
KARL/HÖFGEN: Hai ragione mia regina, forse ho esagerato alla bettola… e sì, ho problemi con i lombi… sono un fannullone!
ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB: Non parlare, concentrati!

Karl/Höfgen fa cadere l’abat-jour che si rompe in mille pezzi.

Ecco! Lo sapevo! Raccogli tutto a suon di musica, stupido porcello!

L’uomo cerca di raccogliere i pezzi in modo elegante e ritmato ma sembra un budino.

Ein, zwei, drei! Ein, zwei, drei!! Ein, zwei, drei! È inutile, inutile, non ti si può dare un compito, non sai fare niente! Lascia stare dai, togliti da lì, (colpo di frusta) improvvisa su! (Inizia a battere le mani a tempo) Ein, zwei, drei, ein, zwei, drei, ein, zwei, drei.

Lui agita le braccia, le gambe, saltella, dondola, barcolla.

Più svelto, più svelto!

Il comico si agita ancor di più, fa piroette sconclusionate e smorfie con la faccia.

È il corpo che deve muoversi, non la faccia! Cos’è quell’espressione sofferente? La danza è poesia, sensualità! Ein, zwei, drei! Stai perdendo il ritmo! (Batte le mani) Ein, zwei, drei, ein, zwei, drei, ein, zwei, drei… e tu pretendi di essere un attore ed esibirti per denaro?! Ma che cos’hai nelle ossa! Tieni piccolo essere comico e meschino! (Lo frusta sulle gambe)
KARL/HÖFGEN: (gode e muove velocemente le gambette bianche) Aaaahh, Aaahhhh! (Riceve altre frustate, ancora e ancora. Gode e si morde le labbra) Aaahh, Aahhhh, sì, me lo merito!!!

Lei ride e si allontana un poco da lui che continua a improvvisare fin quando stremato crolla a terra. La musica sfuma e rimane solo in sottofondo.

ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB: (sale in piedi su una sedia) Che scherzi mi combini? Ti fermi senza il mio permesso?! (Schiocca la frusta)
KARL/HÖFGEN: (sulle ginocchia, le si avvicina a mani giunte) Sono esausto principessa, regina, sovrana del mio cuore!
ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB:Del tuo cuore? (Ride) Lo dici così per dire! O meglio t’illudi che sia così!
KARL/HÖFGEN: (ancora in ginocchio) Tu sei la donna della mia vita Principessa Tebab. È per te che recito. Solo per te.
ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB: Ma come puoi mentire così stupidamente? Verrà il giorno in cui mi tradirai, oh, mi fai quasi tenerezza… (Scende dalla sedia, gli si avvicina e gli carezza la testa come ad un cane) In te tutto è orribile porcellino mio, la testa, i piedi, le mani, tutto!

Accucciato, Karl improvvisamente fa uno scatto felino e la prende con la forza. Tira fuori la lingua e cerca di leccarla. Lei si divincola, poi si lascia baciare. Dietro avanzano le sagome di due bambine vestite uguali che interrompono la scena. Una luce le illumina teneramente.
Elisabeth schiocca le dita. Carl Orff smette di dirigere l’orchestra. Le bambine avanzano e raggiungono la coppia al centro del palcoscenico.

KARL: Chi siete?
GEMELLE KESSLER: Siamo Alice ed Ellen Kessler. (S’inchinano)
ELISABETH: Che ci fate qui?
GEMELLE KESSLER: Veniamo dal Teatro d’Opera di Lipsia. Siamo qui per lo spettacolo.
ELISABETH: (categorica) Per lo spettacolo siamo al completo.
GEMELLE KESSLER: Il signor Strauss ci ha detto che vi servono due ballerine.
KARL: Siete troppo piccole.
GEMELLE KESSLER: Abbiamo 12 anni.
ELISABETH: Nella nostra storia non ci sono bambini.
GEMELLE KESSLER: Ma noi sappiamo ballare bene.
KARL: Ma nella nostra storia non ci sono bambini.
GEMELLE KESSLER: Ma noi sappiamo ballare bene.
ELISABETH: Ma nella nostra storia non ci sono bambini!
GEMELLE KESSLER: Ma noi sappiamo ballare bene!
KARL ed ELISABETH: (insieme) Ma nella nostra storia non ci sono bambini!
GEMELLE KESSLER: Fateci esibire.
KARL ed ELISABETH: (insieme) Ma nella nostra storia… (Si interrompono. Si guardano)
ELISABETH: Prego!

Si fanno da parte, i due, un po’ alterati. Le Gemelle si mettono in posizione: parte una musica; danzano e cantano Heute Abend Wollen Wir tanzen Geh’n. Sono bellissime. Dopo l’esibizione, Valentin e la Wellano applaudono. Le Gemelle fanno una serie di inchini e, indietreggiando, escono.

ELISABETH: Queste due sanno quello che vogliono.
KARL: Arriveranno lontano.
ELISABETH: (borbotta) Dah.
KARL: (borbotta) Dah.
ELISABETH: (borbotta) Umh.
KARL: (borbotta) Pah.

Elisabeth si alza e va dietro al paravento. Inizia a spogliarsi. Gli abiti volano in alto e ricadono un po’ a terra e un po’ sul paravento. Anche Karl si spoglia canticchiando la canzone delle Kessler. Prende una camicia rossa, un paio di pantaloni e li indossa. Il tempo è un tempo realistico.
Un cane abbaia.

ELISABETH: (da dietro al paravento) Hoppe? Non è ancora il tuo momento!
KARL: È proprio indisciplinato.

Pausa.

KARL: Beth?
ELISABETH: Mmh.
KARL: Il cane si chiama Hoppi.
ELISABETH: E io che ho detto?
KARL: Hai detto… lascia stare.
ELISABETH: (esce da dietro al paravento con uno splendido abito da ballerina di can-can) Sei pronto? (Si sposta al centro del palco)
KARL: Aspetta un secondo. (Si allaccia gli ultimi tre bottoni della camicia, si mette un goccio di acqua di colonia) Pronto.
ELISABETH: (declamante) Nonostante i pessimi risultati come ballerino,
durante le prove dei suoi spettacoli,
Höfgen è sovente mostrare alle danzatrici
la corretta esecuzione delle coreografie.

 

 

IV. INFERNAL GALOP

ELISABETH: Qualcuno deve dirigere l’orchestra.
KARL: Già.
ELISABETH: Ci vorrebbe Offenbach.
KARL: Offenbach è morto 68 anni fa.
ELISABETH: È un vero peccato.

Pausa.

KARL: Di la c’è ancora il signor Strauss.

Si guardano.

ELISABETH: (chiama a gran voce) Signor Strauss? (Si sentono rumori di strumenti musicali che cadono) Se la sentirebbe di vestirsi da Jacques Offenbach e dirigere l’orchestra?

Strauss non risponde, ma poco dopo rientra con un monocolo e vestito da Offenbach. Sale sul cubo che subito si illumina e comincia a dirigere un orchestra invisibile nel celebre brano Infernal Galop.[4] È bellissimo. La musica è maestosa.
Elisabeth/Ballerinadicancan balla; Karl/Höfgen è agitato, si mette le mani tra i capelli, gira su se stesso, è visibilmente disgustato da ciò che vede.
La luna è merlettata.

KARL/HÖFGEN: Dai, dai, dai! (Inizia a ballare al fianco di Elisabeth/Ballerinadicancan) Dai, dai, dai! Guardami bambina! (Sta ballando un’altra cosa accanto a lei che cerca di imitarlo) Basta! Basta! Ferma, ferma, non è una marcia funebre! Offenbach, la prego fermi la musicaaa!

Strauss/Offenbach smette di dirigere l’orchestra. La musica si ferma.

(a Elisabeth/Ballerinadicancan) Osserva e impara. (Al direttore) Riprenda dalla nona battuta.

La musica riprende. È maestosa.

(Danza come un ossesso. Poi, continuando a ballare) E ora più luce! (Lo illumina un seguipersone fino alla fine del pezzo)

Elisabeth/Ballerinadicancan lo guarda attonita, indietreggia e scompare dietro al paravento. La musica si interrompe. Strauss/Offenbach scende dal cubo, si toglie il monocolo ed esce.

(Sfinito dopo il lungo pezzo) Devo fare sempre tutto io!

 

 

V. RIVOLUZIONE

Poco dopo Elisabeth esce da dietro il paravento, vestita elegantemente di nero. Raggiunge il centro del palco. Karl scende in platea e si siede in quinta fila.

ELISABETH: (a gran voce) Proprio in questo cabaret, signore e signori, qui dove tengo ben fermi i miei piedi stasera,
Hendrik Höfgen, in abito grigio gridò in una fredda giornata del 1930: (grida) “Niente fama! Niente Teatro di Stato!
Bisogna finirla per sempre con questo passivo starsene lì seduti,
con questo muro di ghiaccio tra attori e spettatori!
Anche lo spettatore deve partecipare all’azione!
La separazione è finita per sempre.
È finita per sempre!
L’attore e il suo testo non sono che un elemento dello spettacolo,
non il suo centro!
Lo spazio, la luce, le quinte, i movimenti, i toni,
tutti questi elementi, sì, in vista del risultato!
Solo allora avremo il vero teatro.
Agli operai dobbiamo mostrare un teatro totale!
Un teatro che li sconvolga e che li infiammi!
Io sono il vostro compagno Höfgen”.
Gridò proprio così con voce metallica.

Pausa. Un faro illumina Valentin seduto in platea.

Cosa fate? Non battete le mani adesso?
Eppure quella sera conquistò i vostri cuori Berlinesi.
(A Karl) Perché non applaude signore?
Bastò questo a Höfgen per diventare il beniamino dei giornali di sinistra, della sinistra borghese e dei grandi salotti ebrei.
Höfgen frequenta i circoli comunisti.
Höfgen spera nella rivoluzione mondiale.
Höfgen ospita nei suoi appartamenti scrittori e funzionari di partito.
Höfgen versa denaro al Partito Comunista.
(Grida) “Io sono il vostro compagno”, “il vostro compagno Höfgen”.
(A Karl) Perché non applaude signore?

Lui applaude per un po’, poi la raggiunge sul palco. La luce torna omogenea.

Karl?
KARL: Mmh.
ELISABETH: Cos’è la rivoluzione?
KARL: (pensa. Poi)  È un cambiamento radicale.
ELISABETH: Di pensiero?
KARL: Di tutto.
ELISABETH: Se prendo questo (prende un libro da terra) e lo giro (lo gira) è una rivoluzione?
KARL: Credo di sì.
ELISABETH: E si può fare a mani nude?
KARL: Io metterei i guanti Beth.
ELISABETH: (prende dei guanti neri tra gli oggetti di scena. Mentre li infila si sposta al centro del palco. Declama) Quando il Führer sale al potere
Höfgen si fa raccomandare da Angelika,
una ragazzetta innamorata follemente di lui,
e riesce a rimanere a Berlino per continuare a lavorare
per il Teatro di Stato.
ma le cose sono cambiate.
(Assume il ruolo di DirettoreTeatroBerlino e comincia a camminare su e giù, mentre osserva Karl/Höfgen che sta sull’attenti. Monocorde, muove le mani come ragnatele) Spero vivamente che qui fra di noi lei possa trovarsi a suo agio signor Höfgen. Qui ora domina uno spirito radicalmente differente da quello a cui era abituato prima. Con la pseudo cultura bolscevica abbiamo (urla) chiuso!

L’uomo fa un salto all’indietro per la paura.

I testi dei suoi amici e le farse francesi che lei stranamente prediligeva, non avrà più (urla) né ragione né occasione di recitarli! (sorride. Sottovoce) Qui si farà rivivere l’arte tedesca. (Gli dà una pacca sulla spalla)
KARL/HÖFGEN: Io voglio solo recitare signore. Non importa cosa. Ho fatto grandi errori nella mia vita, ma sempre per amore del teatro. Ora finalmente intravedo la via. Sono al vostro servizio.

Escono dai personaggi.

ELISABETH: E ora la scena madre.
KARL: 1933.
ELISABETH: Teatro di Stato di Berlino.
KARL: Fu incredibile.
ELISABETH: Strepitoso.
KARL: Mai più visto un Mephisto così.

 

 

VI. LA GRANDE MAGIA

ELISABETH: Fu incredibile.
KARL: Strepitoso.

Pausa.

ELISABETH: C’era anche il generale dell’aviazione.
KARL: Già.
ELISABETH: Il ciccione. (Pausa) Come iniziamo?
KARL: Da dove si parte?
ELISABETH: Tu fai Mephisto.
KARL: Mephisto non è semplice.
ELISABETH: Devi rendere l’idea.
KARL: Come si muove?
ELISABETH: Ha la faccia bianca.
KARL: Come parla?
ELISABETH: È un clown tragico. (Prende una scatola con dei trucchi, lo fa sedere sulla seggiolina e gli colora la faccia di bianco. Poi gli disegna delle sopracciglia grottescamente tirate verso l’alto e una bocca rosso sangue, allungata in un sorriso rigido. Lui indossa un mantello rosso) Ecco.
KARL: Adesso?
ELISABETH: Come si muove?
KARL: È forte.
ELISABETH: Quanto forte?
KARL: (si alza) Come il signore Iddio.
ELISABETH: Forte come Satana?
KARL: (comincia a muoversi liberamente sul palco) Non so.
ELISABETH: Si muove così. (Liberamente sul palco)
KARL: Ricordo le mani. (Continua a muoversi)
ELISABETH: Proprio così. (Si ferma, lo osserva) Le mani! Le mani.
KARL: Poi?
ELISABETH: È beffardo!
KARL: Beffardo e zelante. (Fa un ghigno, si trasforma poco a poco)
ELISABETH: Ha gli occhi seducenti e recita divinamente.
KARL/MEPHISTO: “Nulla c’è che non nasca e meriti di finire disfatto. Meglio sarebbe che nulla nascesse”.
ELISABETH: (lo continua ad osservare) Così! E il ciccione applaude. Batteva le mani forte. (Prende la sedia, si siede e applaude. Più forte, più forte. Più forte)
KARL: (continuando a muoversi nello spazio) Batteva le mani più forte di tutti!
ELISABETH: Anche sulle ginocchia! (Batte le mani sulle cosce, alza la voce) Senti il brusio in platea? Ora non sei più solo. Sei Mephisto.

Calano le luci di botto. Solo un faro segue Karl/Mephisto. Si avverte il calore di un pubblico eccitato.
Entra Martin Heidegger e si posiziona sul cubo che subito si illumina. I due si fermano e lo guardano.

MARTIN HEIDEGGER: (lucido) “Dove comincia? (Silenzio)
Forse laddove il bello viene fissato come qualcosa di essenziale per l’arte? (Pausa)
No! Infatti la questione è ancora come vengano concepiti il bello e la bellezza. (Pausa)
Fintanto che la bellezza in quanto configurazione della verità è concepita nel senso originario, fintanto dunque, che la bellezza [è] ancora più originaria della verità concepita nel senso della proposizione e della correttezza e dell’asserzione e di ciò che è pensato logicamente, allora la bellezza resta riferita in modo essenziale all’essere e al suo ‘disvelamento’, che in senso greco significa fondazione.”[5] (La luce su di lui si spegne. Scompare)
ELISABETH: Di nuovo quel professore.
KARL: Sbaglia sempre aula.
ELISABETH: Com’è che si chiama?
KARL: Qualcosa come Martin Heidegger.
ELISABETH: Riprendiamo.

Le luci calano di nuovo. Un faro segue Karl/Mephisto.

(Riprende a battere le mani) Così, così!
KARL/MEPHISTO: “Mi riconosci carcassa schifosa! Lo riconosci il tuo signore e padrone? Cos’è che mi tiene dal dartene tante e schiacciare te e i tuoi fantasmi di scimmie! Non lo rispetti più il corpetto rosso? La penna di gallo, non sai riconoscerla? Questa faccia, l’ho mascherata? O devo proprio presentarmi?”

Applausi, applausi, applausi. Ora il teatro è pieno.

ELISABETH/CICCIONE: (grida) Mephisto? Mephisto?

Karl/Mephisto la guarda che gli fa cenno di avvicinarsi.

ELISABETH: (gli si avvicina e sussurra) Mentre vai dal Ciccione, cosa pensi Mephisto?
KARL/MEPHISTO: Non penso più al Teatro Rivoluzionario.
ELISABETH: Cosa sei?
KARL/MEPHISTO: Non sono più “il vostro compagno Höfgen”, non mi importa dei giornali di sinistra, non mi importa se ho finanziato il partito comunista, (si muove al rallentatore verso di lei) penso solo: “Tutto procede come desideravo e secondo il programma”.
ELISABETH: Ma hai le labbra esangui.
KARL/MEPHISTO: Il mio cuore batte così forte.

Si trovano uno di fronte all’altra.

ELISABETH: E adesso che succede?
KARL: Mi parli di quanto sono bravo.
ELISABETH/CICCIONE: Aha, ecco il nostro Mephisto!
KARL: C’era la moglie vicino a lui. Lotte Lindenthal.

Elisabeth/Lindenthal fa un inchino.

ELISABETH/CICCIONE: Si avvicini ancora un po’, signor Höfgen. Mi faccia vedere questo bel costumino. Questa maschera è perfetta, è il simbolo sacro del male. (Lo guarda negli occhi) Eppure il suo sguardo da vicino è così mite.

Karl/Mephisto si irrigidisce e per sfuggire allo sguardo del Ciccione fa una piroetta su se stesso, sembra che gli spuntino delle ali. Lei gli dà un colpetto sulla spalla destra. Il mormorio in platea sale ancora.

KARL: (sussurra) Tutti ci guardano.
ELISABETH: (sussurra) Tutti vogliono sapere.
KARL: (sussurra) Ma nessuno sente.
ELISABETH: (sussurra) Neanche noi.

Il vocìo in platea aumenta. Elisabeth/Ciccione stringe la mano a Karl/Mephisto. Il pubblico è in delirio.

KARL: (stringendole la mano) Che si fa adesso?
ELISABETH/CICCIONE: Perché ha una stretta di mano così molle, Mephisto?
KARL: Sento freddo, la cera è fredda. (Cerca di mollare la presa)
ELISABETH: Mentre gli stringi la mano cosa senti?
KARL: Non so. (Cerca di mollare la presa)
ELISABETH: Finché non lo dici non ti lascio.

Il pubblico comincia a fischiare, a protestare.

KARL: Sento…
ELISABETH: Cosa?
KARL: Qualcosa di grande.
ELISABETH: Il male?
KARL: Il talento.
ELISABETH: (gli lascia la mano) Il talento.

Non si sente più niente. Il pubblico è scomparso, le luci tornano basse.

KARL: Il suo talento.
ELISABETH: È tutta lì la storia.

Silenzio.
Usciti dai personaggi, iniziano a girare tra gli oggetti del palco.

KARL: Beth?
ELISABETH: Mmh.
KARL: Questa la tagliamo.
ELISABETH: Ma Mephisto è stato il suo grande ruolo.
KARL: Non ne sono sicuro.
ELISABETH: Non possiamo saltare questa parte.
KARL: Ma non mi va di farlo.
ELISABETH: Potremmo fare un prologo.
KARL: Un prologo che racconti la storia.
ELISABETH: Che parli di Mephisto senza farlo vedere.
KARL: Mmh.

Pausa.

ELISABETH: Sì, serve un prologo.
KARL: Un prologo dettagliato.
ELISABETH: Un prologo efficace.
KARL: Un prologo breve.
ELISABETH: I dettagli.
KARL: Un prologo breve.
ELISABETH: Breve e dettagliato.

Pausa.

KARL: Pensaci tu.
ELISABETH: (si alza) Si dirà: “Signore e signori, questa sera, siamo qui per raccontare la storia di Hendrik Höfgen…”
KARL: (la interrompe) Un prologo breve, Beth.
ELISABETH: (riprende) “Hendrik Höfgen, attore ingegnoso, figura demoniaca e decadente, più che carattere possiede vanità”.
KARL: (sottovoce) Qualche dettaglio ora.
ELISABETH: (riprende) “È un autentico commediante tedesco, e quando il Führer sale al potere, se in un primo momento dubita sul da farsi, poi si convincerà del senso di adeguarsi al nazismo. Diviene così uno dei favoriti del Generale dell’Aviazione, e uno dei più importanti artisti della Germania”.
KARL: (sottovoce) Ora Mephisto.
ELISABETH: (riprende) “Fu un grande Mephisto nel Faust di Goethe, indubbiamente il ruolo centrale della sua carriera”.
KARL: (sottovoce) I dettagli, Beth!
ELISABETH: (riprende) “Ma in realtà la fama di Höfgen nacque dalla sua capacità di poter fare di tutto da Shakespeare a Büchner, a Wilde a Shaw…”
KARL: (sottovoce) Ora concludi.
ELISABETH: (riprende) “Höfgen giustifica il tradimento dei suoi ideali giovanili e si trasforma poco a poco in una creatura del regime. Muore accidentalmente…”
KARL: (la interrompe) No! Questo lo vediamo dopo.

Il cane abbaia.

ELISABETH: (a Hoppi) Zitto tu! (a Karl) Così può andare? (Dopo che lui ha annuito, si sposta al centro del palco e si rivolge alla platea) Un bel giorno Höfgen viene nominato intendente del Teatro di Stato. (Fa una giornalista e si rivolge all’uomo) Signor Höfgen, ora che è stato nominato Intendente del Teatro di Stato, come pensa di poter rappresentare il nuovo Teatro Tedesco?

 

 

VII. UN NUOVO TEATRO

KARL/HÖFGEN: (guadagna il centro del palco, illuminato da un seguipersone. A gran voce) Noi depositari della nuova volontà culturale tedesca
non abbiamo dubbi sul fatto che il teatro nasca (grida) dal popolo!
E poiché è popolare, abbatteremo la barriera tra attori e spettatori!
Lo spazio, la luce, i movimenti i toni non sono tutto!
Lo spettatore stesso deve fare parte di questo insieme, di questo rito sacrificale! Dobbiamo creare un teatro totale!
Un teatro che sconvolga le viscere e mobiliti le coscienze!

Elisabeth lo applaude. Il seguipersone si spegne. Torna una luce neutra.

ELISABETH: Hai sbagliato Karl.
KARL: Cosa?
ELISABETH: Questo era il discorso del teatro rivoluzionario.
KARL: Ma usò le stesse parole.
ELISABETH: Ah.

Pausa.

KARL: Sono stanco.
ELISABETH: Per oggi basta.
KARL: Manca la scena madre.
ELISABETH: L’abbiamo appena fatta.
KARL: Intendo l’altra Beth.

Pausa.

ELISABETH: Non so se ce la faccio.
KARL: Facciamo un prologo?
ELISABETH: Un prologo che la racconti.
KARL: Semplice ma efficace.
ELISABETH: Un prologo breve.
KARL: Un prologo straordinario.
ELISABETH: Breve, efficace e straordinario.
KARL: Si dirà: “Signore e signori, questa sera siamo qui per raccontare la vera storia di Hendrik Höfgen…”
ELISABETH: (lo interrompe) Troppo lungo.
KARL: Poco efficace.
ELISABETH: Per niente straordinario.
KARL: (esclama) “Questa è la storia di Hendrik Höfgen!” (La guarda)
ELISABETH: (scuote la testa in segno di negazione) Banale.

Pensano.

KARL: Non mi viene. (La guarda) C’è un’unica soluzione Beth. Mettiti i baffi e facciamola.
ELISABETH: Proviamo ancora!
KARL: Va bene. (Schiarisce la voce) “Signori e signore, questa sera…” (si blocca. La guarda) non mi viene.
ELISABETH: Senti questo: (esclama) “Hendrik Höfgen l’attore”.
KARL: No, no senti questa: (recita) “Hendrik Höfgen, Mephisto”.
ELISABETH: Troppo lungo. (Pensa, poi esclama)Hendrik Höfgen” e basta.
KARL: (scuote la testa in segno di negazione, ed esclama) “H.H.” (La guarda)

Pausa.

ELISABETH: Mmh. No.
KARL: Così non funziona. Mettiti i baffi Beth.
ELISABETH: Sono stanca di fare l’uomo.[6]
KARL: Sei nata per questo.
ELISABETH: Lo so.

Silenzio

ELISABETH: Va bene facciamola.
KARL: Brava.

 

 

VIII. CAMMINA SUI CADAVERI

La luce inizia a calare lentamente lasciando spazio ad una penombra. Si inizia a sentire una filastrocca, prima confusa, poi sempre più chiara cantata da dei bambini:

“Scappa scappa monellaccio,
se no viene l’uomo nero,
col suo lungo coltellaccio,
per tagliare a pezzettini
proprio te”.[7]  
Tu vai fuori!

Nel mentre, la Wellano si attacca dei baffetti neri sotto al naso, infila un paio di occhiali da sole e una pelliccia molto grande su cui sono attaccati degli scalpi di teste d’uomo e di donna. Esce.
Valentin infila una vestaglia di raso rossa e scarpe da tip tap. Trascina il cubo in mezzo al palcoscenico e ci sale sopra.
Dalla graticcia calano lentamente dei corpi gonfiabili appesi a dei fili. Ogni corpo ha una parrucca e una luce interna autonoma, ciascuna ha un colore diverso. Su ognuno di essi c’è scritto un nome: Hoscar H. Kroge, Sig. Schmitz, Hedda Von Herzfeld, Dora Martin, Papà Hansenmann, Rahel Mohrenwitz, papà Köbes, Angelika Siebert, Ralf Bonetti, Sig. Petersen, Hans Miklas, Otto Hurliks, Signora Efeu, Bock, Sig. Knurr, Kasar Von Muck, Signora Monkeberg, Signora Bella, Nicoletta Von Niebuhr, Sig. Brukner, Barbara Brukner, Signorina Josy, Sebastian, Generalessa, Signorina Bernhard, Sig. Katz.
Entra Elisabeth. La filastrocca si interrompe.
Sulla luna appare una svastica.

ELISABETH/FÜHRER: (con voce nasale e sgradevole) Gli interessi della nostra cultura nordica richiedono l’impegno di un individuo energico, radialmente autocosciente e consapevole della propria meta.
KARL/HÖFGEN: (timido) Io sono un attore. Mi faccia recitare.
ELISABETH/FÜHRER: Recitare? (Pausa) Si guardi bene intorno. Tutto quello che desidera è recitare Höfgen?
KARL/HÖFGEN: (non ascolta, non vede) Nella vita non sono nulla di speciale, ma sulla scena… recitare è la sola cosa che mi sta a cuore.
ELISABETH/HÖFGEN: E allora reciti, Höfgen. Prego.

I testi recitati da Höfgen in questa scena saranno in lingua tedesca, tranne quando diversamente segnalato.

KARL/HÖFGEN: (con grande trasporto) “Nella natura regna una strana pace. Non vi è nulla di acceso, di eccitante. Cielo e terra formano come un’invisibile ragnatela e ogni cosa sembra trovarsi così bene […] C’è qualcosa di vergognoso nell’essere stato un uomo senza aver conosciuto ciò che vi è di più umano. Lei egregio signore viene dall’Egitto e non ha mai visto le piramidi? […]”[8]
ELISABETH/FÜHRER: (scocciato) Avanti Höfgen, è tutto qui quello che sa fare?
KARL/HÖFGEN:Aspetti, vedrà che le piacerò, mi faccia andare avanti.
ELISABETH/FÜHRER: (sospira) Prego Höfgen.
KARL/HÖFGEN:(cerca di impegnarsi di più) “Gli uomini me li ero immaginati infinitamente peggiori e invece non ne ho trovato nemmeno uno che non cercasse di fare del suo meglio. Laggiù vedo ammiccarmi gli occhi misericordiosi della regina senza testa…”
ELISABETH/FÜHRER: (lo interrompe) No no no no no. Mi sembra che lei non si stia impegnando. Adesso facciamo un bel giochino Höfgen. Li guardi bene. (Indica i corpi appesi)

Karl/Höfgen alza la testa e per la prima volta li vede.

(rilassata) Mettiamo una posta in gioco Höfgen… vediamo… Lei vada avanti col suo teatrino, ma se non mi convince li ammazzo uno per uno.
KARL/HÖFGEN: (concitato) Questo pezzo non la deluderà: “Devi afferrarti alle rocce degli antichi costoni, altrimenti ti scaraventa giù nel fondo di questo abisso. Una nebbia infittisce la notte. Senti gli schianti nel bosco! Le civette spaventate si levano a volo. Senti, si frantumano le colonne di palazzi sempre verdi. Rami gemono e si spezzano! Cupo, possente schiantarsi di tronchi! Scricchiolare e spaccarsi di radici! Nell’orrenda e confusa caduta di uno sull’altro…”[9]
ELISABETH/FÜHRER: Mmh… Non mi convince. (Tira fuori dalla tasca della pelliccia una Luger P08: una pistola semi-automatica, largamente utilizzata dall’esercito tedesco nelle prime due guerre mondiali)
KARL/HÖFGEN: (vede la pistola. Spalanca gli occhi) Adesso viene il meglio, (balbetta) a-a-aspetti… “è tutto uno schianto e per i burroni, riempiti dal rovinio, fischiano ed ululano i venti. Senti voci lassù nell’alto? (Cerca di catturare la sua attenzione) Lontane? Vicine? Sì, lungo tutto il monte corre un furente canto di magia”.
ELISABETH/FÜHRER: Non saprei. (Giocherella con la pistola e fa su e giù davanti al cubo dove recita Höfgen) Vada più a fondo, Höfgen.
KARL/HÖFGEN: Sì, ecco, questo le piacerà. Mi lasci fare questo, è uno dei miei pezzi migliori! (Ride nervosamente)Quando la vergogna nasce, nasce in segreto, e le si getta sul capo e sugli occhi, il velo della notte. (Recita divinamente) Già, la si sopprimerebbe volentieri. Ma poi cresce e si fa grande ed ecco che se ne va per il mondo nuda, (muove le mani come farfalle impazzite) alla luce del giorno e, tuttavia, non si è fatta più bella. È tanto più brutto diventare il suo volto, tanto più essa cerca la luce del giorno…”[10]
ELISABETH/FÜHRER: (spara un colpo che fa esplodere il corpo di Angelika Siebert. Seria) Le consiglio di cambiare genere Höfgen.
KARL/HÖFGEN: (si ferma per un istante, è tutto sudato e ha il respiro affannato) Questo non la deluderà, questo non la deluderà! Mi ascolti la prego, senta il timbro! (Con voce grave) “Accostati figlio mio. Perdonami se or ora sono stato troppo aspro con te. Io ti perdono tutto. Vorrei tanto rendere lo spirito in pace! (Simula un singhiozzo) Giacobbe aveva dodici figli; pure…”[11]
ELISABETH/FÜHRER: Mi avevano detto che era bravo Höfgen ma invece… (Spara. Il corpo di Hedda Von Herzfeld esplode)
KARL/HÖFGEN: (cade in ginocchio, chiude gli occhi) “… pure sul suo Giuseppe pianse lacrime di sangue. Prendi la Bibbia, leggimi la storia di Giacobbe e Giuseppe. Mi ha sempre commosso e allora non ero ancora Giacobbe…”

Elisabeth/Führer spara due colpi. I corpi di Barbara e di Dora Martin esplodono.

KARL/HÖFGEN: (apre gli occhi. Cerca di piangere ma non ci riesce) “… leggimi lo strazio dell’abbandonato, allorché non lo trovò più tra i suoi figli, e invano lo attese nel cerchio degli altri undici, e il suo lamento allorché intese…”
ELISABETH/FÜHRER: Lei non è credibile Höfgen! (Bisbiglia) Senza il regime a sostenerla lei non sarebbe nessuno. (Sottovoce) Non le sarà mica passato per la testa di essere diventato qualcuno, Höfgen?
KARL/HÖFGEN: (si tappa le orecchie) “… che il suo Giuseppe gli era tolto per sempre…”
ELISABETH/FÜHRER: (spara tre volte ed esplodono i corpi del Signor Brukner, di Casar Von Muck e Ralf Bonetti) Mi seduca Höfgen!
KARL/HÖFGEN: (si rialza in piedi, muove il corpo e le mani divinamente) “Tu marches sur des morts, beauté, dont tu te moques.
De tes bijoux l’Horreur n’est pas moins charmant.
Et le Meurtre, parmi tes plus chères breloques,
Sur ton ventre orgueilleux, dans amoureusement…”[12]
ELISABETH/FÜHRER: (annoiato) Non ci siamo, ancora non ci siamo… (Quattro spari ed esplodono i corpi della Generalessa, Signorina Bernhard, di Hoscar H. Kroge e del Sig. Katz. Poi, cerca di aiutarlo) Proviamole tutte, balli qualcosa Höfgen!
KARL/HÖFGEN: Sì, certo, so ballare divinamente! (Tira su leggermente la vestaglia ed esegue una bellissima coreografia di tip tap)

Elisabeth/Führer sembra divertirsi ma dopo poco s’annoia e spara a Josy.

(smette di ballare. Grida) Mi faccia ballare ancora, so fare anche il can-can! (Chiama) Strauss?!!

Strauss/Offenbach non risponde, non entra.

So ballare anche senza musica! (Esegue una coreografia goffa)
ELISABETH/FÜHRER: (sorride vedendolo ballare) Voglio ridere Höfgen! Ridere! (spara. Il corpo della signora Bella si spegne di botto)
KARL/HÖFGEN: (va avanti ancora un po’ con il suo show, poi si ferma come colto da un’idea geniale) La farò ridere! Un negro va ad iscriversi all’università. Negro: “Vorrei iscrivermi!” Segretaria: “Che ramo sceglie?” Negro: “Ma non potrei avere un banco come tutti gli altri?”
ELISABETH/FÜHRER: (applaude e scoppia in una gran risata) Finalmente Höfgen,un’altra, ancora un’altra la prego!
KARL/HÖFGEN: Che differenza c’è tra un ebreo e un würstel?

Elisabeth/Führer lo guarda. Pende dalle sue labbra.

Il tempo di cottura!
ELISABETH/FÜHRER: (ride sempre più forte) Ancora Höfgen, ancora!

Pausa. Höfgen non sa più nessuna barzelletta.

Ho detto ancora Höfgen, ancora!
KARL/HÖFGEN: Posso ballare un tip tap se vuole! (Accenna una piccola coreografia)
ELISABETH/FÜHRER: No!
KARL/HÖFGEN: Posso cantare!
ELISABETH/FÜHRER: No! Voglio ridere!
KARL/HÖFGEN: Ma io non sono un attore di cabaret!

Elisabeth/Führer s’infuria. Spara, spara, spara all’impazzata. I corpi si spengono uno ad uno portandosi via la luce. Höfgen nella confusione indossa un cappello da giullare e inizia a muoversi come una scimmietta con i piattini. La luce ormai è fioca.

ELISABETH/FÜHRER: Si fermi Höfgen.

Lui si immobilizza. Rimane un unico corpo acceso.

Ne rimane solo uno Höfgen. (Legge il nome sul corpo) Otto Hurliks. (Guarda l’uomo) Adesso cambiamo gioco. Mi faccia vedere quanto è determinato Höfgen. Ha due possibilità. Può salvare questo suo caro amico smettendo di recitare oppure tentare di stupirmi con il suo pezzo migliore, sperando che io non prema il grilletto. (Scompare nel buio)
KARL/HÖFGEN: (scende dal cubo e si avvicina a Otto. Lo guarda; la luce è ormai fioca e il palco è ricoperto di pezzi di corpi gonfiabili. Si guarda intorno; si asciuga il sudore sulla fronte. È sfinito. Avanza di un passo. Ancora con il cappello da giullare e con un filo di voce) “Ah se questa mia carne troppo troppo compatta potesse sfarsi sgelarsi e sciogliersi in rugiada! O che l’eterno non avesse fermati i suoi decreti contro il suicida! (Si inginocchia) Dio! Dio! Come tedioso e stracco, senza sapore né costrutto, mi si rivela questo bulicame del mondo! Schifo! Schifo! È un giardino non sarchiato e granisce; dove solo verzica la sterpaglia: posseduto soltanto da quanto c’è di più volgare e sconcio…”[13] (Si sente uno sparo. Rimane al buio. Rimane solo la luna con la svastica accesa) “A questo, si doveva arrivare?”
ELISABETH/FÜHRER: (la sua voce fuoricampo) Bravo Höfgen. (Pausa) Ah, un’altra cosa. Lasci stare per sempre quella negretta.

La luce su di lui si spegne. Silenzio.
Un faro illumina una donna in piedi sul cubo. È il soprano Elisabeth Grümmer che inizia a cantare Ach ich fuhl’s.[14] È bellissima. Il canto è disperato.

ELISABETH GRÜMMER:Ach, ich fühl's, es ist verschwunden,
Ewig hin der Liebe Glück!
Nimmer kommt ihr Wonnestunde
Meinem Herzen mehr zurück!
Sieh’, Tamino, diese Tränen,
Fließen, Trauter, dir allein!
Fühlst du nicht der Liebe Sehnen,
So wird Ruh’ im Tode sein!”
[“Ah fuggir, svanir per sempre,
Ah, d’amor le gioie e i dì,
Di piacere le dolci ore, quando al cuore torneran?
Sì, Tamino, il mio pianto sol per te sgorgherà.
Nostalgia, d’amor rimpianto,
Solo morte calmerà”]

La luce sul cubo si spegne. La Grümmer esce.
Un lunghissimo silenzio che rischiara poco a poco.
Elisabeth vestita con un abito da sposa, seduta sulla panchina verde.
Karl gira tra gli oggetti di scena, prende la pelliccia di renna e se la infila. Si siede accanto alla donna.
Stanno in silenzio per un bel po’.

ELISABETH: Pensavo.
KARL: Cosa.
ELISABETH: Juliette Martin.
KARL: Mmh.
ELISABETH: Credi che Höfgen l’abbia mai amata?
KARL: (sorride) Non ha mai amato nessuno Beth.
ELISABETH: Che fine avrà fatto?
KARL: Secondo me balla ancora.

Si alzano. Lui prende tra gli oggetti di scena uno strano strumento: l’orchestrion.[15] Lo infila e comincia a suonare una musica d’accompagnamento allegra. Lei prende da terra una parrucca bionda, la infila ed energicamente avanza. Sale sul cubo che subito si illumina e improvvisa un autentico pezzo di cabaret.

 

 

IX. BALLA ANCORA

ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB: (canta) “Cosa volete che io dica,
Sono una puttana,
Sono una puttana!
Cosa volete che io tolga?
Ho solo una sottana,
Ho solo una sottana!
Ho conosciuto quel malandrino!
Ma è un poveretto,
è un porcellino!!!
Promette amore,
dispensa ardore
ma è un poveretto,
un graaande attooore!”
KARL: (in falsetto) Ti amerò, ti amerò mia Principessa!
Ti amerò, non voglio farti fessa!
ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB: “Ricordo quella notte in cui mi vide ballar sola,
su di me i suoi occhi come una pistola,
disse ‘aiutami a ballare’,
‘tieni questa frusta e insegnami a danzaaaare!!’
E danza! (Frusta)
Danza! (Frusta)
Danza! (Frusta)
Scivola sul letto sua mi faaaa!
E danza! (Frusta)
Danza! (Frusta)
Danza! (Frusta)
Scivola sul letto e sua mi faaaa!!
KARL: (in falsetto) Ti amerò, ti amerò mia Principessa!
Ti amerò, non voglio farti fessa!
ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB: Poi si sposa una borghese,
con migliaia di pretese,
e sapete allora come faaaa?
Si stanca di lei e…
Torna! (Frusta)
Torna! (Frusta)
Torna! (Frusta)
Scivola sul letto e sua mia faaaa!
Torna! (Frusta)
Torna! (Frusta)
Torna! (Frusta)
Scivola sul letto e mi rifàààà!”

La musica cambia, diventa cupa e bassa.

“Tutta la Germania ormai è nera, nera!
Come la mia pelle scuuuura!
E sapete cosa fa?”
KARL: (in falsetto) Cosa fa?
Cosa fa?
ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB: “Mi manda in prigione!
Che disperazione!
Per dieci,
dodici,
sedici dì,
caro il mio Heinz,
non finirà così!!”
KARL: (in falsetto) Ti amerò, ti amerò mia Principessa!
Ti amerò, non voglio farti fessa!
ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB: “Prenderò tutti i negri e ti troverò,
prenderò tutti i negri e mi vendicherò!”
KARL: (in falsetto) No, ti prego, no mia Principessa!
No ti prego non volevo farti fessa!
ELISABETH/PRINCIPESSATEBAB: “Ora qui a Parigi ballo ancora,
Ora qui a Parigi sono sooola!
Come un uccellino, un povero uccellino!
Il corpo, un corpo nero come il cielo di Berlino.
Ma danzo! (Frusta)
Danzo! (Frusta)
Danzo! (Frusta)
Danzo!
Danzo!
Danzo!”

Karl smette di suonare ed esce.

(Senza musica, parlando con respiro affannato) “Il corpo un corpo nero come il cielo di Berlino.
Il corpo un corpo morto che si muove.
Piangere confonde. Piove mare piove mare. (Pausa)
Eppur quel giorno chissà quando
un uomo con le mani come polpo mi ha preso,
come calice mi ha preso,
il corpo non più morto si muoveva si muoveva,
si muoveva.
Negra più non ero, il cielo non più nero
il corpo non più morto si muoveva si muoveva
il sangue mio beveva come polpo coi denti
mi teneva.
mi teneva.
mi teneva.
Cosa volete che io dica, sono una puttana, sono una puttana.
Cosa volete che io mostri, ho solo una sottana, ho solo una sottana.
D’amore non si muore.
D’amore non si muove.
Esule
Esule
Esule
Esule
Esule
Esule
Esule
Esule
Esule me.”

La luce si spegne di botto. Si sentono le scarpe di Elisabeth/Principessatebab uscire di scena. Un lungo buio.
Luce. I due rientrano e camminano stanchi tra i vestiti. Il silenzio è forte. Iniziano a cambiarsi a vista. Lei indossa un completo nero, mentre lui cerca qualche oggetto e, di seguito, infila senza cura un cappello azzurro con una piuma, dei calzari e un mantello blu. Quando è tutto vestito fa un gran fischio.
Entra Bock, un cavallo bianco, e si posiziona sul cubo. È bellissimo. Karl/Höfgen gli si avvicina e cerca di salirci sopra. Il cavallo nitrisce. Lui prova ancora. Ancora. Ed ancora.
Niente.
Rinuncia.
Il cavallo rimane immobile sul cubo per tutto il tempo.

 

 

X. UN PRINCIPE

ELISABETH: (esclama) L’unico ruolo che Höfgen
non seppe mai recitare nella sua vita,
fu quello del Principe.

Lui si scaglia su Elisabeth/Amleto. Cominciano a lottare.

KARL/HÖFGEN: Non ti lascio, no, non ti lascio!
ELISABETH/AMLETO: Allo spirito somigli che tu stesso concepisci, non a me!
KARL/HÖFGEN: Io devo poterti recitare! Se fallisco con te allora sono completamente fallito.
ELISABETH/AMLETO: Considerati fallito allora, considerati finito Henrik!
KARL/HÖFGEN: Hendrik! Hendrik!! (La getta a terra)
ELISABETH/AMLETO: (con fatica) Non possiedi nulla!
KARL/HÖFGEN: Tu sei la mia prova del fuoco! (Cerca di strozzarla) Tutta la mia vita, tutti i miei peccati, tutto il mio grande tradimento e tutta la mia vergogna sono giustificabili solo con la mia arte.
ELISABETH/AMLETO: Tu sei un attore, solo un attore, non possiedi la nobiltà che si conquista con il dolore e la conoscenza! Non hai mai sofferto abbastanza!
KARL/HÖFGEN: Sono un artista solo se sono Amleto!
ELISABETH/AMLETO: Non lo sarai mai, ma guardati! (Si libera da lui, prende uno specchio e glielo mette davanti) Guardati!

In piedi uno di fronte all’altra.

KARL/HÖFGEN: (si guarda allo specchio) Cosa, cos’ho che non…
ELISABETH/AMLETO: Non somigli affatto ad Amleto!
KARL/HÖFGEN: E invece sì… io… ho un cavallo!
ELISABET/AMLETO: Sei una scimmia del potere, un giullare per lo svago degli assassini!
KARL/HÖFGEN: (fischia) Bock! Bock, vieni qua!

Il cavallo si gira di culo.

ELISABETH/AMLETO: (indica Bock) Ecco la risposta! Ma guarda le tue mani! Sono mani queste di chi è nobilitato dal dolore e dalla passione?!
KARL/HÖFGEN: (si guarda le mani, il volto sullo specchio, le mani e di nuovo il volto sullo specchio) Puoi dire ciò che vuoi, nessuno le muove come me!
ELISABETH/AMLETO: Le tue mani sono goffe per quanto tu le ritenga fini e gotiche.
KARL/HÖFGEN: No! Basta! (Comincia a correre sul palco impazzito. Cade, inciampa su oggetti e vestiti. Perde il senno, si abbatte sul cavallo che rimane immobile. Lo spinge con fatica via dal cubo: il cavallo annoiato esce con lei che ride in modo cupo e sprezzante) Ti farò vedere io come mi vedono gli altri! Un ritrattista! Un ritrattista! Sarà l’arte a parlare!

Silenzio.
Non succede niente.
Sembrano in attesa di qualcosa.
Le luci calano velocemente.

ELISABETH: (esce dal personaggio; chiama) Signor Dix? Signor Dix è il suo momento!

Si rialzano le luci. Entra Otto Dix con un cavalletto e alcuni strumenti. Si posiziona sul cubo illuminato.

KARL/HÖFGEN: Dix! Voglio un ritratto!

Dix si mette al lavoro. È Bellissimo.

KARL/HÖFGEN: (a Elisabeth/Amleto) Ora vedrai cosa rappresento per il mondo.
ELISABETH/AMLETO: Non mi interessano i tuoi giochi Höfgen. Con quei fianchi non arriverai mai da nessuna parte. (Comincia a camminare all’indietro)
KARL/HÖFGEN: No! Aspetta, devi vedere…
ELISABETH/AMLETO: Fammi un favore, lasciami in pace (comincia a dissolversi) non voglio nessun rapporto con te. (Scompare)
KARL/HÖFGEN: Dove vai, dove sei?! (Cerca di afferrarla) Il mio Amleto sarà grandioso! Mi hai sentito? Sarà grandioso! (Va da Dix che ha già finito il suo schizzo. Prende con foga il disegno: un cranio. Inizia a barcollare sconvolto nello spazio con l’immagine del teschio in mano, mentre Dix che lo guarda impassibile. Grida verso il punto dove è uscito Amleto) Non ti lascio! Mi hai sentito? Non ti lascio. (Guarda il disegno)

La luce su Otto Dix si spegne.

Sarà grandioso. Sarà imponente. Tutti ne parleranno! Mi hai sentito? Tutti ne parleranno!!! Tutti!!! (Brucia il disegno)

Le luci lo abbandonano a poco a poco. Rimangono solo le fiamme.

VOCI: Un Amleto incredibile!
Un fantastico Amleto!
Strepitoso Amleto!
Viva Amleto!
Evviva Amleto!
Un Amleto coi fiocchi!
Un vero Principe!
Un vero Principe!

Le fiamme si spengono. Karl tossisce nel buio. La luce a poco a poco riguadagna lo spazio. Rientra Elisabeth, sposta la panchina al centro del palco. Lui si toglie il cappello da principe e le si siede accanto.

 

 

XI. RIDERANNO

I due stanno in silenzio per un po’.

ELISABETH: Doveva essere una cosa comica.
KARL: Già.

Pausa.

ELISABETH: Non mi ha fatto tanto ridere oggi.
KARL: Ieri hai riso tanto.
ELISABETH: (alza le spalle) Oggi è un altro giorno.

Silenzio.

KARL: Com’ero?
ELISABETH: Mancava un po’ la brama di gloria.
KARL: Mmh.
ELISABETH: E un pizzico di falsità sincera.
KARL: Mmh.

Pausa.

ELISABETH: Pensa a questo: un seducente agile mostro dalle belle mani.
KARL: (tra sé) Un seducente agile mostro dalle belle mani.

Pausa.

ELISABETH: E io?
KARL: Mmh. (Pausa) Dovresti essere un po’ più malvagia.
ELISABETH: Mmh.

Silenzio.

ELISABETH: Karl?
KARL: Mmh.
ELISABETH: Non so se rideranno.
KARL: Rideranno.

Pausa.

ELISABETH: È vero, siamo al tramonto, ma essere assoldati per una parodia su questa storia.
KARL: Già. (Pausa) Non siamo al tramonto Beth. (Tossisce) Ho appena 66 anni.
ELISABETH: Questo fa ridere Karl. (Pausa. Lo guarda negli occhi) Rideranno?
KARL: (la guarda negli occhi) Non so.
ELISABETH: Siamo attori comici.
KARL: Già.
ELISABETH: Rideranno.
INSIEME: Già.

Si sente abbaiare.
Un occhio di bue illumina il cane di stoffa sul palco.
Si guardano. Karl si alza va dal cane, lo anima come se fosse vero.
Abbaia guaisce, saltella qua e là.

ELISABETH: Buono, buono Hoppe.
KARL: (con tono di rimprovero) Hoppi!

Hoppi trova qualcosa a terra, lo prende tra i denti e lo porta a Elisabeth. È un giornale: “Neuses Borsenblatt”.

ELISABETH: (legge in copertina) “Grunewald, 19 dicembre 1947. È accaduto a Grunewald, a pochi metri dalla Hendrik Hall, residenza del celebre attore Hendrik Höfgen. Partito per una battuta di caccia al capriolo di prima mattina, Höfgen, sembra sia stato vittima di un tragico incidente. Tutto fa pensare che il suo cane, Hoppi, levriero di razza pura tedesca, abbia sparato al suo padrone. L’animale si sarebbe lanciato sul sedile anteriore della macchina facendo accidentalmente partire un colpo dal fucile che vi era appoggiato. La polizia, che non ha riscontrato nessuna traccia di suicidio o di colluttazione, ha riferito che il cadavere di Höfgen è stato trovato a terra fuori dall’auto, mentre il cane stava ancora seduto all’interno dell’abitacolo…” (Si interrompe e scoppia in una gran risata)

Scoppia a ridere pure lui, mentre continua ad animare il cane che sembra vero.
Dalla platea sopraggiunge un boato. Il pubblico ride. Si alza in piedi, grida. La scritta luminosa “Applaus” riprende a lampeggiare. È la fine di un grande serata di cabaret. I due si godono gli applausi che lentamente scemano, insieme alla luce.
Torna il silenzio. La scritta si spegne. È ormai tardi nel piccolo cabaret Der Sturmvogel di Berlino. Elisabeth saluta teneramente Karl e si allontana.
Sentiamo la porta del teatro chiudersi dietro di lei. Karl rimane solo, è stanco. Riprova l’inchino. Infila la giacca. Scompare dal palco.
La luce si abbassa ancora, è ormai fioca. Si sentono dei rumori. Karl non riesce a uscire. La porta è bloccata. Prova e riprova.
Niente.

KARL: (chiama) C’è ancora qualcuno?

Silenzio.

Signor Strauss, è ancora lì?

Silenzio.
Si sente Karl tossire.
Una.
Due.
Tre volte.[16]

Buio.

 

*****

NOTE


1 Gustaf Gründgens, a cui è ispirata la figura di Hendrik Höfgen, dopo aver divorziato da Erika Mann si sposò con l’attrice Marianne Hoppe.

2 “Spesso le sue battute mi hanno fatto ridere sinceramente” disse Adolph Hitler nel 1937 a Karl Valentin. “E invece i suoi discorsi non mi hanno mai fatto ridere e ora purtroppo me ne devo andare, buongiorno signor Hitler”, replicò il popolare comico. Così i film che lo vedevano interprete dei suoi sketches più famosi, non ottennero il visto di censura del Reich.

3 Titolo, non originale, di una raccolta di componimenti poetici medievali reperita presso il monastero di Benediktbeuern, in Alta Baviera. Carl Orff ne musicò alcuni quando ancora nessuna delle musiche originali era nota. Dopo la prima rappresentazione a Francoforte, Orff ottenne un grandissimo successo e l’opera musicale fu eseguita in altre città tedesche; nonostante fosse molto ostacolata dal regime nazista per il tono erotico di alcuni canti, divenne la più conosciuta tra quelle composte durante quel periodo.

4 Da un’operetta in due atti composta, appunto, da Jacques Offenbach nel 1858 e divenuta famosa soprattutto per il can-can: un “galop”, in realtà, cioè uno scatenato ballo che divenne molto popolare e caratterizzato dal movimento delle ballerine che alzavano le gambe seguendo il tempo di una musica piuttosto veloce e ritmata.

5 Da L’origine dell’opera d’arte (Der Ursprung des Kunstwerkes, 1935), capitolo L’estetica. Verità e bellezza.

6 Elisabeth Wellano fu una straordinaria interprete di personaggi maschili, uomini, bambini, nani. Una delle sue più grandi interpretazioni fu quella del Direttore d’orchetra in Tingeltangel (Cafè Concerto). Dopo averla vista in quel ruolo, il pubblico – pur conoscendone l’identità sessuale – credeva avesse sessant’anni e pesasse un quintale. L’attrice visse con amarezza questa vicenda di ambiguità: cominciò a considerare l’abito maschile come un suo elemento di identificazione e, nel 1935, tentò addrittura il suicidio finendo poi internata piu volte in clinica psichiatrica.

7 Ripresa dall’inizio del film M – Il mostro di Dussendorf di Friz Lang (1931), con Gustaf Gründgens nel ruolo di un importante capo criminale.

8 Da Risveglio di Primavera di Franz Wedekind.

9 Da Faust di Johann Wolfgang von Goethe, Parte I, Duomo.

10 Da Faust, Parte I, Uomo.

11 Da I masnadieri di Friedrich Schiller, Atto II, Scena II, Karl Moore.

12 Da Les Fleurs du mal di Charles Baudelaire.

13 Da Amleto di William Shakespeare, Atto I, Scena II.

14 Da Il Flauto Magico di Wolfgang Amadeus Mozart. Atto II, Scena IV. Mozart la compose al ritmo volante di ruote e zoccoli di cavalli nella carrozza mentre era in viaggio fra Praga e Vienna.

15 L’orchestrion è uno strumento musicale che ideò per primo giusto Valentin. Si compone di una serie di strumenti a percussione e a fiato che, grazie a un’agile struttura, possono essere suonati tutti insieme. L’attore iniziò a esibirsi proprio con questo oggetto nei primi anni della sua carriera.

16 Rimasto accidentalmente chiuso all’interno di un teatro di Monaco, Karl Valentin – a causa del freddo patito durante la notte nei locali non riscaldati – ebbe delle gravi complicazioni polmonari che lo portarono alla morte.