Chiudi la porta, spegni la luce

di

Aquilino






Luciana
La luce è accesa. Lui c’è ancora. Ne sono così felice! Eppure, una piccola parte di me… Non devo averne vergogna: speravo che se ne fosse andato.
Devo riprendere fiato. Ho fatto una corsa! Mi si annebbia perfino la mente. Ma devo restare lucida, devo. Che stupida a perdere il cellulare proprio adesso! Non fa niente. Sono qui. Tra poco gli spiego. Gli racconto tutto.
Meglio riferire di persona certe cose. Come si fa a dire al telefono… a dire che dopo tanti anni… in un momento in cui lui è così preoccupato… e lo capisco: rischia di perdere il lavoro e per lui il lavoro è importante… come faccio a dirgli per telefono che l’ho tradito?
Voglio che mi veda in faccia mentre glielo dico, ma… non so se ci riesco, con lui davanti, con lui che mi fissa negli occhi.
Mi tremano le gambe. Devo sedermi. Se lo affronto subito, non riesco nemmeno ad aprire bocca. Mi sento così confusa! E invece il resoconto dev’essere chiaro ed esauriente. Se rimangono punti oscuri, lui non mi crede, non mi crede.
Roberto, ascoltami senza interrompermi.
Così devo dirgli.
Non ripeto cose che conosci anche tu, di come in questi ultimi mesi noi due… mi costa dirlo, mi fa un peso qui sul cuore… ma noi siamo stati sul punto di lasciarci, e non ci sono colpe, tutta una serie di complicazioni, tu il lavoro, io un’insoddisfazione lacerante… I rapporti sono diventati sempre più tristi e tesi, questa è la verità.
Quando qualcuno si è accorto della mia infelicità e mi ha teso la mano, io… ho sbagliato, lo so. Lo so di avere sbagliato. Vorrei solo una cosa, ora: tornare indietro e cambiare il passato. Non si può, ciò che è stato è stato.
Avevo un bisogno disperato di una parola buona e di una carezza. Senza rendermene conto le carezze sono diventate tante e tutte gradite. Il sollievo che ho provato, tuttavia, si è presto trasformato in dispiacere e angoscia.
Roberto, io ti amo.
Ti amo più di prima.
Perdonami, se puoi.
Così devo dirgli? Sì, con sincerità.
Se sono sincera, se sono onesta, forse…
Ora lo affronto. So che rischio di perderlo, ma non voglio che tra noi ci siano cose non dette, segreti vergognosi e menzogne. Tra noi c’è sempre stata la luce.
Roberto esce di casa.
Roberto! Roberto, sono Luciana. Roberto! Che cosa fai? Mi ignori? Fingi di non sentirmi? Di non vedermi? Sono qui! Sono Luciana! Non trattarmi così! Vuoi farmi piangere?

Roberto
Pronto? Ciao, Chiara. Sto uscendo proprio adesso. No, non mi disturbi. Anzi, mi chiami proprio al momento giusto. È la terza volta che esco di casa e poi rientro.
Non ce la faccio.
Tutti mi dicono: devi avere speranza, devi essere ottimista, tutto può succedere.
Ma io non ce la faccio. Sperare? Sperare in che cosa? In un modo o nell’altro… in un modo o nell’altro… scusa, mi viene un nodo in gola.
Da ridere, eh?
Io, Roberto il cinico, il duro di cuore… e adesso ho solo voglia di buttarmi sul divano a piangere. Non ho nemmeno vergogna a confessartelo.
Sì, grazie, ma non dire queste cose, non mi creo illusioni, non passerà, non passerà mai.
Qualunque cosa succeda, non passerà.
Spero solo… di smettere di piangermi addosso… di trovare qualche motivo per continuare a vivere.

Luciana
Non puoi metterla così. Mi distruggi. Roberto, ti imploro, guardami negli occhi. Ascoltami. Non capisco nemmeno che cosa stia succedendo. Che cosa c’entra Chiara con noi due? E tu… tu che sei così forte… che cosa ti succede? Motivi per continuare a vivere? Roberto, sono io che mi sento morire per il senso di colpa. Oh, dio, dio, che cosa ho fatto!

Roberto
Ora scusami, Chiara. Ho un’altra chiamata. È sua madre. Vorrei che non mi chiamasse così spesso, ma che cosa ci posso fare? Mi chiama per sfogarsi. Un mare di parole in cui naufrago anch’io. E dopo sto così male, ma così male…
Va bene. Ora mi faccio forza.
Glielo devo, povera donna. Si appoggia a me per non crollare.
Ci sentiamo dopo, sì.
E grazie, Chiara. Mi sei di grande aiuto.

Luciana
Roberto sa già tutto? Ma come? Chiara? È stata lei a parlargliene? Non è da lei. Chiara è la mia amica. Non abbiamo mai violato i nostri segreti. Se scopre che tradisco Roberto, ne parla con me, non con lui. Forse gliel’ho confessato io. Che cosa terribile, questa confusione in testa! Non riesco a ricordare, ci sono zone oscure, tra i pensieri.
E mia madre?
Roberto si è confidato con mia madre? No, no, no. Sa che lei non è tipo da accettare una cosa simile. Ne muore di dolore, se viene a sapere che io…
Questo lo ricordo bene.
Un ricordo di ghiaccio. Freddo, e non si scioglie.
Esco con Carlo, il suo amico. Lui… lui è così, lo so, un poco fatuo, molto vanesio… Salgo sulla sua automobile. Solo un drink, questo è il patto. Che cosa mi prende? Non lo so. Un impulso incontrollabile di confidenza. Mi ascolta, mi lascia sfogare. Mi sento bene. I suoi sguardi sono rassicuranti, le sue parole calde, il suo atteggiamento protettivo.
Ma tutti e due sappiamo dove stiamo andando e che cosa ci andiamo a fare. Al nuovo motel servono ottimi aperitivi, dice. Aperitivi al motel! Io annuisco, e poi invece, all’improvviso… no, Carlo, no, non possiamo… io amo Roberto… e proprio in quel momento… ma perché mi sento confusa, perché tutto è annebbiato?
Dovrei ricordare ogni cosa nei dettagli e invece ho l’impressione di fare la cronaca di un avvenimento remoto, ormai dimenticato da tutti. Un fatto di scarsa importanza, un’inezia nello scorrere del tempo… ma io ero là! Io devo sapere che cosa è successo dopo!

Roberto
Pronto?
Ah, Giulio.
No, non è cambiato niente. Chi? Non mi sembra il caso, abbiamo già consultato… Giulio, ti pare che non stiamo facendo tutto il possibile? Scusa, ho i nervi a fior di pelle. Comunque, ne tengo conto. Se c’è uno spiraglio, non sono certo io quello che chiude la porta.
Ti ringrazio. Luciana sarebbe contenta di sentirti parlare così di lei.
Dimmi, ti ascolto.

Luciana
Luciana sarebbe contenta di sentirti parlare così di lei. Che cosa significa, Roberto? Dal tono, non sembri arrabbiato con me. Anche Giulio sa tutto, come Chiara? Ma che cosa sa? Non state parlando di me e Carlo. Tu non sei addolorato perché ti ho tradito. Ma io… io non ti ho tradito. Non siamo mai arrivati al motel! Ora ricordo! Di che cosa parlano Chiara e Giulio se io e Carlo non siamo mai entrati nel motel?
Ecco, uno spigolo di ghiaccio si scioglie.
Mi accorgo subito dello sbaglio che sto facendo. Lo dico a Carlo: portami a casa, per favore, portami a casa.
Ascoltami, Roberto, ti supplico.
Mi stringo a te, ti prendo le mani, ma tu guardami negli occhi.
Roberto, sono la tua Luciana!
La mia voce è una voce e io la sento. Le mie mani sono di carne, proprio come di carne è il tuo viso e io lo accarezzo, pelle su pelle. Dove fuggono i tuoi occhi, mentre io sono qui, davanti a te, stretta a te?
Ho paura.
La carne delle mie mani è gelida.
E che cosa succede nella mia mente? I ricordi si affollano in una confusione angosciante, e poi se ne fuggono via, uno dopo l’altro, inseguiti da un silenzio che si fa sempre più profondo.
Dimmi che cosa succede, Roberto. Abbracciami. Sento freddo e ho paura.
Tu mi ignori.
Non mi vuoi più, Roberto?

Roberto
Meglio se non vieni, Giulio. Sua madre è in uno stato pietoso e più vede gente più si fa prendere dallo sconforto. Ora ti lascio, è lei che mi richiama. Ci siamo appena parlati, ma… insomma, è così… anche lei fa quello che può per combattere la disperazione.
Mi dica, Agnese.
Ha parlato con il medico? Stabile?
Odio questa parola. Non significa niente. È comunque viva, certo. La speranza, sì, dobbiamo appigliarci a ogni spiraglio. Va bene, ci sentiamo tra poco.

Luciana
Parlano di me. Sono all’ospedale. Stabile, dicono. Ma io sono qui. Sono qui, parlo e abbraccio Roberto, e lui non mi sente. Lui sta andando all’ospedale. Al mio capezzale. Eppure io sono qui.
Dalla mente fugge via tutto, non solo i ricordi. Me ne sto scappando anch’io, dalla mia mente.
Le mie mani diafane… Ci vedo attraverso. Vedo attraverso me stessa. Vedo il mondo farsi piccolo e lontano.
Oppure sono io che mi faccio piccola e lontana?
E dove vado, tanto lontano?

Roberto
Ciao, Isabella. Sei in stazione? Troviamoci in ospedale. Ti conviene prendere un taxi perché ora che arrivo io con l’auto… Nessun cambiamento. Ho appena sentito tua madre. Luciana è in coma profondo e non ci sono segnali di recupero. Tu sai… sai in che stato… ah, te ne avevo già parlato? E anche la mamma. Sì, scusa, ogni volta che ci ripenso… Irreversibile. Il cervello è danneggiato. Se anche uscisse dal coma… se anche riaprisse gli occhi… sarebbero gli occhi di una cosa alimentata con le flebo… non sarebbe più tua sorella, Isabella. Non sarebbe più la mia Luciana.
Io in quindici minuti ci arrivo. Bene, ti aspetto nell’atrio. Tua madre sarà contenta di averti vicino.
Ah, c’è anche Paolo. Certo, passamelo pure.

Luciana
Isabella è dolce, ma forte. Saprà confortare la mamma. Se la prenderà in casa, non la lascerà da sola. Roberto… È così giovane! Soffrirà. Ma tra un anno, o tra due…
Non siamo mai arrivati al motel.
Gli dico: Carlo, portami a casa, per favore. Non stiamo facendo la cosa giusta. Ne soffriamo tutti e due. E facciamo soffrire Roberto. Va bene, dice lui. Hai ragione, dice. Non è una cosa…
Ora ricordo. Ma ciò che ricordo se ne fugge subito via per sempre. Carlo non finisce la frase. Uno schianto. Una luce abbagliante. E poi questo caos che si dissolve in un niente.
Io sono qui, in un luogo che non è un luogo, in una mente che non c’è più, in una coscienza che si allontana a grandi passi. Sono qui e non ha senso che rimanga dove le mie parole non raggiungono Roberto. Dove le mie carezze non gli fanno voltare la testa.
È giusto che me ne vada.
Tu va’ pure da quella parte, Roberto. Corri a spiarmi sul letto dove io tra poco non ci sarò più; e io me ne vado da quest’altra parte, dove c’è una strada dritta e facile da percorrere. Che gioia, Roberto! Ti ho potuto parlare, ho potuto stringermi a te, e ora porto via l’immagine del tuo viso e le tue parole d’amore. Non è un dolore andarsene, con un regalo così grande.
La mia strada porta alla pace, fa’ che la tua porti alla vita. Non rimanere solo, Roberto. Non piangere più del necessario.
Io non piango.
Ora va’, va’ dalla tua Luciana.
Chiudi la porta.
Spegni la luce.