Corti  5.0

Corti teatrali e monologhi  

di

Antonio  Sapienza





                                                       “ ORIANA”




                                                       Corto teatrale    



Trama. Il  monologo è un’ipotetica intervista ad una giornalista, testimone della tragedia delle Torri Gemelle.  
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Sulla scena vuota, al centro, vi è una donna, di età indefinita, esile e stanca. E’ Oriana. Musica appropriata e luci adatte. Un minuto dopo la donna parla, quasi con sofferenza.

Oriana- Sono qui per parlarvi di Libertà, come recita la locandina (indica un ipotetico oggetto) Ma mi è stato anche chiesto, da qualcuno di voi, di parlarvi dell’11 settembre, perché fui una testimone oculare. Ebbene, gli argomenti s’intrecciano, e non mi sottraggo… anche se mi costa tanta sofferenza.  Ma prima, come prologo, vorrei farvi ascoltare un brano - che ho letto, chissà dove, e non so neppure chi sia l’autore- ma che mi ha molto colpito. Dice così:

“Vidi due grandi torri sorgere dal nulla e innalzarsi verso
il cielo…
Nuova Babele.
Poi…oddio…
udii un sibilo lacerare l’aria,
…erano aerei,
che falchi predatori,
s’abbattono sulle torri!
E uno schianto!
Ed è tutto una fiamma.
Uomini disperati gridano:
salvateci dall’inferno!
Ma un riso beffardo lordò l’aria!
“Chi si è sostituito a te!”
Gridò al cielo.
Ma il cielo rimase muto e fumoso.
Poi il grottesco crollo delle torri
che vinti, collassarono:
e fu polvere che si levò in cielo;
e fu il Caos che venne a visitare
gli uomini;
E fu Erode - con la sua strage!!!”

Fine di tutti gli effetti.

(Oriana, tornando al presente) Che strazio! (pausa) Ed io c’ero! Io l’ho vissuto in prima persona! Io ero là! Udii il rombo degli aerei, il rumore del crollo, l’ululato delle sirene. Poi le grida dei feriti… i morti…il caos…Ho detto tremendo, orrendo, ma sono eufemismi: Fu l’inferno!
E ne scrissi, dopo, in un lungo articolo, che mi dette il veleno che mi mancava per morire, poiché le forze del  male si scatenarono su di me!
Addosso!
Per stritolarmi!
Calunniarmi!
Massacrarmi! … (pausa) mi massacrarono, sì!
Mi saltarono addosso tutti - con squallidi allusioni anche al mio cognome-  i cosiddetti buonisti,  cioè coloro che fanno sempre sapere alla mano destra ciò che fa la mano sinistra, i nostalgici comunisti, i giornalisti schierati; ma si mossero anche gli Stati, i capi religiosi, i fanatici islamisti… e, purtroppo anche qualche paese europeo…in Francia, per esempio, dove mi processarono e mi condannarono per razzismo, per il mio scritto contro quelle belve! Pensate un po’, esse ammazzano migliaia di persone e sono povere mammolette innocenti, mentre i giudici francesi condannarono me per averle additate, accusandole!
Ora, ditemi, erano o non erano di religione islamica gli attentatori? Ma c’è chi sostiene: i fanatici sono in pochi. E allora? Bene, si, ma gli altri li hanno condannati? No, perché sono fratelli… fratelli nella morte.
Oh, sì, non so voi, ma io conosco molto bene quella gente, e la loro religione oscurantista: perché l’ho provato, purtroppo, sulla  mia pelle- personalmente. (lunga pausa)
Ma spero che, per quella orrenda condanna, un giorno qualcuno, in Francia… possibilmente, chessoio, ecco: un Houellebecq, o qualche altro scrittore con le palle – con un libro ben azzeccato, magari profetico - apra gli occhi ai francesi e a tutti gli europei scettici… (con disprezzo) e, spero, anche ai miei giudici -conigli! (pausa, poi sconsolata)

E loro (indica un punto lontano)  molti di loro, intanto covando terroristi, uccidono ancora! (pausa)

Qualcuno confutando il mio convincimento sull’islam, mi ribadisce che in tutte le civiltà, in tutte le nazioni di questo mondo ci sono le storture. Bene: Ma da loro, ci sono anche gli scannatori! Da loro, non c’è diritto al dissenso, alla critica, all’opposizione, alla liberta religiosa. Certo hanno le loro leggi, giuste o sbagliate e le fanno rispettare, a tutti… Soprattutto umiliando le loro donne (pausa di riflessione) E, ditemi, credete che costoro, nella nostra terra, rispettino le nostre leggi?
E i nostri tribunali le fanno rispettare? (pausa lunga)

Bene, per questo convincimento e per ciò che scrissi, fui accusata, anche in Italia di razzismo. (sdegnata) No, non ci sto cari tutti voi, buonisti e no, e lo  scrissi pubblicamente : “… io sono una persona che ha combattuto contro i razzisti. Tutti i razzisti! I razzisti nazisti e gli imitatori nostrani. E, di fronte a queste accuse, io mi arrabbio! Ed ho tutto il diritto di farlo, perché ero una ragazzina quando lottavo, da partigiana, con la Resistenza, nella Brigata Rosselli, contro tutti i beceri razzisti, nazisti, fascisti, per liberare l’Italia da quella tirannide- e fui anche decorata. (pausa di sconforto) Ma di noi si perse la memoria…e restarono a galla – chissà perchè -solo i partigiani comunisti- solo loro- liberarono il nostro paese. Insomma (nella foga cerca un termine di paragone) insomma… pensate: è come dire che nei lager sono morti solo gli ebrei e basta. E i cattolici polacchi, i prigionieri russi, gli zingari, gli omosessuali, gli antifascisti di ogni nazionalità o religione, i nostri soldati, Mafalda di Savoia, la figlia di Nenni, stavano lì in vacanza ? “ (gesto con l’indice per indicare un punto lontano).

Se sono addolorata? Certo che lo sono,  (breve pausa , poi come se fosse straziata) perché ho una atroce ferita che sanguina ancora- nello stesso modo in cui mi sanguinava il cuore per (tentenna il capo addolorata)… per la perdita del mio bambino per un aborto spontaneo-… è…è…per la morte dell’uomo che amavo... il mio Alex. 
Voi pensate veramente che non sia stato assassinato? No! Lo fu! Coi colonnelli, in Grecia, tutto era possibile- allora…(pensosa) Egli fu un vero socialista, un puro, amava il suo popolo… e, insomma, forse fu anche un po’ comunista… ma era, sicuramente, per la libertà e la democrazia. (scuotendosi)
Fine del kommos personale.

Volete sapere quale fu il mio più grande rammarico professionale? Ebbene, ve lo dico: Quello di non aver sputato in faccia ad Arafat per le sberciate salivose interviste; e preso a sberle Khomeini per quel matrimonio che mi fu imposto – a causa della loro assurda legge religiosa.
(pausa) Il dolore… la rabbia…E non per le vicissitudini di giornalista, d’inviata di guerra – e lì rischiai, più volte, anche di morire-… ma mi incupisco per gli insulti e il sarcasmo degli ominicchi (BP)- come li definì Sciascia.
Mi incupisco? Si, certo, mi incupisco anche per i commenti, sui miei scritti, che fecero alcune persone considerate serie- i quali non capirono – si, non capirono – non capirono le mie parole, il mio grido!
Mi incupisco… perchè il male che mi tormenta, è sempre la conseguenza di quei miei scritti. (lunga pausa, come se non volesse continuare il discorso)… ma lo sapete che certuni si spinsero financo a “tifare per il cancro, perchè mi rodesse”.

Già il cancro o meglio l’Alieno… voi pensate che mi affliggesse? No! sono stata io che ho afflitto lui, perché mi rifiutai di cedergli.
Ma dopo…dopo l’11 settembre… dopo l’11 settembre… volontariamente (scandito) smisi di curarmi, di fare accertamenti, mi rifiutai d’ingerire medicinali, di sottopormi a tutte quelle dolorose terapie per sopravvivere.  Mi rifiutai! Sì. Perché? Ma per l’impellente bisogno di comunicare il mio dolore, e di scrivere, di scrivere …di scrivere… (come se volteggiasse in aria) di scrivere… prima il lungo articolo “ La Rabbia e l’Orgoglio”, causa della montagna di “sdegnose” reazioni- per non dire calunnie e fango! Poi la stesura del libro  “ La Forza della Ragione”, che non ebbe effetti immediati, sperati. (con gravità)
E l’Alieno si sfregò le mani e impazzì di gioia… e prese il sopravvento. 
Sì, l’Alieno- come ho sempre chiamato quella specie di drago… Oh, ma, ora, non mi curo più del mostro, o dei miei detrattori -poveri meschini…no, macchè…(si raccoglie in se stessa, poi con dolore):

Perdonatemi, sono stanca… adesso, adesso, dopo quest’afflato di catarsi, mi preme che qualcuno, lassù, faccia sapere, al mio Alex -  ovunque si trovi-  che… presto, molto presto, lo raggiungerò!-


Le luci calano, così come la musica, mentre Oriana rimane impassibile al centro della scena. Quindi buio. Fine.




NdA: Il presente testo è opera della fantasia dell’autore, che- libero da ogni ideologia- nella stesura del testo, per alcune battute di Oriana, ha attinto dagli organi d’informazione. 




                                                 IL  CAPOCOMICO 


                                                  Monologo teatrale



Il Capocomico ero io: Carmelo Caracciolo.
Ma vallo a far capire a tutti i componenti della mia Compagnia Teatrale Amatoriale:
Primo, perchè vi faceva parte anche mia moglie; secondo, perchè non li pagavo; terzo, quando m'innervosivo, balbettavo.
Capocomico, - nella vecchia accezione del termine, - impresario-direttore-attore - per me significava il teatro stesso, cioè lo scopo della mia vita. Di tutta la mia vita. Vedete, la mia scuola teatrale, furono le tavole del palcoscenico dei teatrini di periferia; le gloriose compagnie dialettali; i testi di Martoglio e degli autori minori; e poi, tutte le parti possibili e immaginabili che interpretai, in vent'anni di attività, e tutte le difficoltà che conobbi, e ...la faccia di bronzo che mi ritrovai. Ora, finalmente, con una compagnia tutta mia, dissi,- quando la fondai,- sarà un'altra cosa: Farò vera arte, con l'A maiuscola.
Dicevo, qualche anno dopo: la prossima stagione, accada ciò che deve accadere, ma immancabilmente, cambio tutto il repertorio.
Dicevo qualche anno fa : è necessario crescere, rinnovarsi.
Dicevo, dicevo...- ma che dicevo? Pazzoide: perchè se non mi allineavo con l'andazzo del sistema, e con i gusti del mio pubblico, per me era la fine: niente abbonati e niente quattrini per campare.
Campare, sissignore! Io ci vivevo col teatro: L'abbonato era Dio!
E dicevo, dicevo così per dire...
Dicevo: Domani prova generale, tutti puntuali, per favore.
E l'unico puntuale, come la morte, era...l'autore della commedia che stavo provando (mi portò'-in dote –duecento abbonati): sempre presente in sala, come una malanova, seduto in prima fila, con la sua stramaledetta memoria, che non mi concedeva alcuno spazio al soggetto, all'improvvisazione, con
quella vocina chioccia: - Scusi, maestro, sa, ma nel testo non è così...
E l'attor giovane, seppur già quarantenne, che arrivava in ritardo per sua costituzione, forma mentale e...bestialità; e la prima attrice, che si presentava col musone, perchè l'attor giovane, l'uomo suo, l'aveva forse tradita; con l'attrice giovane, la quale si lamentava del pizzicotto ricevuto nel sedere da parte dell'attor vecchio; il quale faceva le sue rimostranze per il carattere troppo piccolo con cui il suo nome era stato inserito in locandina; insieme all'aiuto regista, giovane istruito con due lauree,
che voleva il suo nome scritto vicino al mio; e con lo...scemografo, che lo voleva fra gli artisti e non
fra i tecnici; e mia moglie che mi assillava con la gelosia:
- Tu, a quella ragazzina, le prove in privato,- da soli,- non le fai...
E c'era da pagare l'affitto del teatro, e non c'erano mai i quattrini; e quell'usuraio del gestore, si metteva al botteghino e sequestrava l'incasso della prevendita. E il comprimario che si scopre, quella sera, la febbre a quaranta; e ancora l'aiuto, che mi parla di Piscator, di Breckt e del metodo Stanislaskyj...
E la prova generale che va a "schifiu"!  -
Maestro, -chiedeva il giovane collaboratore, mogio mogio - e' andata male, vero?-
E si, figliolo, e' andata male. Ma, si dice, prova generale da schifo, successo assicurato.
Vedrai domani, mio caro. Domani, su quelle poltrone vuote ci saranno duecento anime vive, che con i loro fiati e con i battiti dei loro cuori, ci daranno quell'immensa sacra forza che ci permetterà di far vivere, in scena, tutti i vari personaggi della commedia. Personaggi ai quali, - si - prestiamo i nostri corpi, ma in più, per buon peso, regaliamo le nostre anime. Ecco, vedrai, domani,- col pubblico in sala,- tutta la nostra apprensione, tutta la fatica, come per magia, di colpo svanirà.
Era giovane l'aiuto regista, che dovevo fare?




                                             IL  COMANDANTE


                                                     Monologo



" Colonnello Vincenzo Cataudella, dimissionario a domanda.
E già la motivazione stessa lascia supporre che ci siano fatti e antefatti di una certa gravità.
E ve ne furono, perdiana, e anche molti. Li elenco? Non è' necessario, perchè spero che vi accontentiate di conoscerne qualcuno di questi fatti, - a caso.
Ecco il primo: Maimone, la mia spina nel cuore!
Quello, onestamente, fu il primo fatto grave che mi si presentò, durante la mia già decennale carriera militare. Ero Capitano, comandavo una compagnia di fucilieri; ero in avanzamento, avevo già superato gli esami per Maggiore; e sarebbe bastato un nonnulla, - un piccolo infortunio anche colposo - per farmi saltare la promozione. Voi non sapete com'è severa la Commissione d'Avanzamento.
E Maimone rappresentava un caso. Gli anziani lo avevano preso di mira...io tentavo di ammorbidire i fatti... li giudicavo gesta da ragazzi esuberanti, goliardici...cercavo di minimizzare. Ma, quel grande pezzo d'uomo, ma fragile come una donnetta, non ce la fece più, e si va a sparare. E la mia promozione? In fumo! se non fosse intervenuto il Comandante di reparto a mitigare il caso, per farlo ridurre benevolmente e declassare a semplice incidente sul servizio. Ma mi costò cara questa protezione, - in seguito...
Secondo fatto: promosso finalmente Maggiore, con un compito amministrativo importante, fui costretto a chiudere gli occhi su tante piccole irregolarità: prima formali oppure di necessità…”sa, le esigenze particolari del Reparto”; ma poi...ed entrai nel vortice che io definivo allucinante: corruzione!
Nella mia segreteria, si diceva in gergo: bisognava bussare coi piedi. Nei miei uffici sottoposti, si usava l'arma del " do ut des". E il Capo... il capo...insomma trattava direttamente con i fornitori, mi scavalcava, mi usava come un burattino.
Basta, mi vergogno!
Poi divenni io Comandante e non ebbi il coraggio di porre tutto l'operato del Reparto nella più stretta legalità.
Clara... Clara, mia moglie, mi ossessionava:
- “Se non segui l'andazzo, a te Generale non ti ci faranno! E cosa ci guadagni? ti daranno una medaglia? No! ti metteranno sotto inchiesta, perchè scaveranno e troveranno certamente certe piccole tue manchevolezze, magari del passato, commesse anche in buona fede- si capisce- per il buon andamento del Reparto; magari qualche mancato controllo, qualche omissione, qualche piccolo abuso, insomma, qualcosa la troveranno! E i magistrati non vanno molto per il sottile. Ti rovineresti con le tue stesse mani”!-
E un giorno si ripetè "l'incidente".
Questa volta fu un fante, durante il servizio di guardia. Feci fare immediatamente una discreta e rigorosa indagine dal mio Aiutante. Ora, il caso volle, che in quei stessi giorni, andassi a sottopormi a certi controlli presso il Reparto d'urologia oncologica dell'ospedale cittadino: Insomma, parlando chiaramente, il medico militare sospettava un tumore alla prostata, per farla breve. E lì incontrai Borruso, - il dottore Saint-Just -  fuciliere e infermiere della mia Compagnia, vent'anni fa, nonchè amico del povero Maimone -, ed ora Professore e Direttore di quel Reparto,- e oncologo di fama.
E parlammo di Borruso.
E capii.
E cambiai.
E decisi.
Tre giorni dopo feci inviare il rapporto dell'Aiutante, alla Magistratura e mi dimisi.
E Clara?
Clara starnazzò, strillò, mi lasciò e poi ritornò."




                                          IL  DIRETTORE  ARTISTICO


                                                        Monologo 


Voi ditemi se è giusto che un Direttore Artistico sia messo in soggezione dal pianista della sua compagnia. Dal pianista, avete capito bene. Il pianista, che in una compagnia di prosa, vale quanto il due di coppe, se la briscola è a spade. E questo perchè? Perchè io sono burbero, irascibile, ma...buono; e lui è di un'ironia, ma di un'ironia, che mi verrebbe voglia... se non fosse bravo... di mandarlo a quel paese - dieci volte al giorno, ecco. Bravo perchè? Perchè, da vero artista, riesce a scoprire un
talento, - quando mi aiuta a fare le audizioni per lo spettacolo da inscenare, con una facilità tale che, prima che io capisca, lui lo ha già capito, riconosciuto e... sorriso al talento. E quel sorriso, che mi fa imbestialire.
Io vorrei fare la "parte" del Direttore importante, che pensa e pondera; che sente e risente un pezzo; che discute un'intonazione, che fa ripetere una battuta, che... che.. E lui, con quel sorriso, mi smonta perchè m'ha semplicemente detto: -Ah scemo, ma non vedi che stai perdendo tempo? Questo ragazzo ci sa fare.-
Ed io vado in collera, e lui, sorridendo all'aspirante collaboratore, sembra che voglia dire:- Non dargli retta amico, è tutta scena, tanto lo ha già capito anche lui che sei bravo - e ti prenderà.-
Ma io non gliela do per vinta così facilmente. Infatti, a fine audizione, pensieroso, dico: passi in segreteria e lasci il suo indirizzo, ci faremo sentire noi.
E, cari miei, l'ultima parola la voglio io!
E continuiamo con i provini.
Allora? Fate entrare il prossimo.
Ah, è l'ultimo? bene, fai passare. E con la pazienza di Giobbe, mi sorbii tutta la filastrocca di Evtusenko: "Vorrei"-  recitata da cane, da un giovanotto tutto ossa.
Fine audizioni.
Grazie, potete andare, ci vediamo stasera per le prove. Stavo riordinando i miei appunti, ed ecco che, come un’apparizione, salgono in scena due tipi: un uomo sui cinquant'anni e una giovane sui venti.
L'uomo mi dice: - Signore, siamo due dei famosi “Sei personaggi in cerca d'autore”, e siamo pronti per la rappresentazione.-
Rappresentazione? - Dico sbalordito - Ma che genere di rappresentazione?-
Dei Sei personaggi, signore.- 
Dei Sei personaggi? Dove? qui? - ma quando? - e come? – Ma chi l'ha detto?- Poi, con un sorriso da scemo: - Ma se siete solo due?-
E' vero siamo solo due: io, il padre; lei, la figliastra; ma ci siete anche voi, signore: il capocomico.-
Solo due? ma quando mai, che dite? Tre con me? E' pazzesco! Ed io che vi sto ancora a  sentire...Eppoi, per curiosità e gli altri?  dove sono gli altri personaggi?-
Eh, quello è un mistero che ci addolora, signore. In confidenza, signore, sembra che un autore sconosciuto, abbia rielaborato la commedia da tre atti, ad atto unico; riducendo tutti i personaggi previsti, a soli tre: io, lei e voi, signore; e, pare, che in meno di un'ora, la si possa rappresentare. Altro non sappiamo, signore. Ed eccoci qui, signore, noi siamo pronti…
...per la scena da Madama Pace... - disse la ragazza
…quando volete, possiamo iniziare...- concluse l'uomo.
E io, visto che il pianista era già andato via, mi trovai a sciogliere il dilemma da solo:
Ero pazzo o, a pranzo, avevo bevuto troppo?"



                                                   IL  PARROCO


                                                       Monologo


" E poi dicono: predicate, seminate, curate anime, fate proseliti... Mbè, che posso
dirvi? è vero, non è vero, si può fare, non si può fare. Bisogna vedere...
Ma forse, parlo così perché sono ormai un povero vecchio prete scoraggiato, e forse forse, anche con poca fede...
Sono il parroco di San Crispino. Che compito gravoso che mi presi, - Beddamatri.
Ma io lo affrontai con decisione: Ero un giovane prete e mi fu assegnata una parrocchia ad alto rischio criminale. Eh, criminale, si fa presto a dirlo. All'inizio lo credevo anch'io, poi mi accorsi che di criminale c'erano solo i pescicani e i politici fascisti. I miei parrocchiani erano poveracci, come me, che cercavano di sbarcare il lunario, commettendo piccole trasgressioni, furtarelli, contrabbandando sigarette. Insomma reati insignificanti per la società e per il popolo sovrano. Non per le autorità.-
E no! che dite? il contrabbando? ma è illegale, è proibito, è dannoso per l'erario. –
Ah, dannoso per l'erario? e perchè? perchè non vi da' l'esclusiva di ingrassarvi sui viziosi del fumo, sulla loro salute?
E, ditemi, a quanto ammonta il danno? a icsi? Bene.
E ditemi ancora, quanto spendete per reprimerlo? Ah, icsi più uno? Bene.
E, abbiate la bontà, ditemi ancora: se gli intrallazzisti "criminali", non intrallazzano più, voi gli darete un lavoro "onesto" per campare le loro famiglie? curerete i loro ammalati? provvederete agli studi dei loro ragazzini? 
Si? - ah No? –
Ah, non è possibile? E allora andate...  in grazia di Dio, e non scocciateci più!
Si, c'era anche qualche malandrino, qualche balordo, qualche scansafatica, l'ammetto, ma erano minoranza, e facevano più fumo che arrosto.
 Dicevo – allora.
Embhè, adesso, dopo quarant'anni di parrocchia, non lo dico più.
Intendiamoci, non rinnego nulla: i miei parrocchiani, per la maggior parte erano e rimangono brave persone. Qualcheduno - insomma più d'uno,- buono, ma disonesto - almeno in senso lato.
Ne vidi crescere ragazzini: Buoni figli fino a dodici, tredici anni, e poi, praticando chi non dovevano praticare, prendere la cattiva strada. Ma era tutto per un modo diverso di pensare, di agire, inculcato nelle loro zucche, da brutti tempi remoti, da avi angariati, da nonni beffati, da genitori scettici.
Io, povero prete, le tentai tutte: preghiere, mediazioni, opere buone, raccomandazioni, ramanzine, sfuriate... anche sassate - una volta.
 E, finalmente, nella vecchiaia, ebbi la soddisfazione di  credere che ero nel vero e nel giusto:-quei ragazzi, messi in un ambiente diverso, decoroso, sano, avrebbero dato tutti buoni frutti. -
L'esempio? Totuccio Parrineddu. Egli andò via, in un altro ambiente, in un altro mondo, e diventò qualcuno: un grande giornalista internazionale e un grandissimo scrittore. Calo? Calo, si, ma di poco.
Poi…poi ...ah la droga, che tutto capovolse."



                                           IL  PERSONAGGIO


                                                  Monologo


Improvvisamente si presentò e disse: - Permettete una parola?-
Accomodatevi signor...- risposi quasi balbettando – cosa posso fare per voi? - dissi restando con la  bocca semiaperta. cercando di nascondere il turbamento per la strana e inaspettata visita, e intanto, disperatamente, tentavo di ricordare chi era costui e dove l'avevo conosciuto.
Certamente e ve lo dico subito, in due parole: Voi scrivete. Scrivete storie vere e false, ingarbugliate il presente col futuro. Il vicino e il lontano che cosa sono per voi? niente! Voi siete un grande crogiolo che bolle, bolle, bolle e, ogni tanto, rigurgita qualcosa.
Poi ribolle, ribolle e ancora ribolle...ribolleeeh,  rigulgidaaaeeh... ma quello che avete rigurgitato, non v'appartiene più. Perchè, rapprendendosi, assume forma, diventa vivo, e va` per proprie vie: Diventa di tutti, si universalizza...dunque, in uno dei vostri, come dire?... ribollimenti, casualmente,  beninteso, mi avete rigurgitato. Ho preso, quindi, forma e sembianze, in attesa di diventare qualcuno. Ma ho aspettato pazientemente le vostre decisioni, inutilmente, perchè, voi, vi siete dimenticato di me! Sissignore, vi siete dimenticato. Allora mi son detto: Che faccio? Qui bisogna fare qualcosa. Ma che cosa?  Vado a trovarlo, ho pensato. Ed eccomi qua! Adesso, con tutto il rispetto che ho per voi, vi domando: che facciamo ora? Esisto o non esisto? Sono senza un nome; non so` cosa fare, dove vivere, perchè vivere, con chi vivere. Non so` come morire! Sono senza passato nè futuro. Ma infine, saperlo, è pur un mio diritto, spero? Bene, ecco perchè sono venuto da voi: Fatemi il piacere di dirmi chi sono!-
Dissi timidamente: - Io non ricordo nulla di voi. forse vi ha... ideato un altro?-
E no troppo comodo cosi`! Prima mi tirate fuori, mi date forma e vita, poi vi dimenticato di me, e quando vi dico: Mbeh? che facciamo? voi vi scrollate le spalle e girate la domanda ad un altro Pinco Pallino. Assai comodo, se mi permettete. Non ci siamo, caro il mio autore, non ci siamo. Voi non potete rifiutare la responsabilità` di una vostra attiva partecipazione al mio concepimento.
Ma discutiamone un po’: Dunque, voi dite di non ricordarvi di me. Bene. Allora mi dite, per piacere cosa fate quando scrivete una storia? Di grazia, per caso giocate a briscola pazza? il vostro cervello segue le carte e cerca il compagno, mentre la vostra mano, a vostra comoda insaputa, verga fatti e inventa personaggi? Ma siamo seri, perbacco
Voi sareste un mio personaggio, giusto? Bene, allora, se vi ho ideato, vi avrò senz'altro messo dentro una storia. Vi avrò dato un'esistenza, un'avventura, uno scopo e, forse anche una morte. Dunque, vi consiglio di pensarci meglio. Cercate nei vostri ricordi e, vi piaccia o no, tornatevene poi alla vostra storia. Li`, sicuramente, troverete tutte le risposte alle vostre numerosissime domande . E, per favore, niente contestazioni.Iio non sono mai in mala fede. Scrivo senza malizia e senza favoritismi. Prendetevi dunque il vostro destino e statemi bene, signor personaggio.
- Ma allora siete duro di comprendonio - disse quello quasi spazientito - Non capite, o non volete capire? Voi mi avete rigurgitato - e poi dimenticato.
Vi ripeto: Sono un personaggio senza una storia; sono uno che non esiste, pur esistendo; sono meno che nessuno, sono irrealizzato.- quindi emettendo un gran sospiro, continuò- Allora, per quanto detto, mio caro autore, mi dovete una riparazione. Si, certo, una riparazione, perchè m'avete fatto tanto di torto! E lo state aggravando. Sissignore, con le vostre risposte, state aggravando la situazione. Quindi, per tagliar corto, gentilmente, fatevi venire un'idea, una storia, un fatto, inventate una scena, rimpolpate un ricordo, stuzzicate la fantasia, ma, per carità, datemi un posto dove stare, un tempo dove vivere
E` una parola! - mi lasciai sfuggire -  Ma cosa credete - ripresi con un tono più confidenziale, ma ironico nello stesso tempo - Cosa credete che ho la bacchetta magica? Ole`, ecco a voi un personaggio, un fatto, anzi, scusate, una storia. Volete che ve la incarti? Ah signor coso-
Ecco, l'avete detto! Signor Coso avete detto. E l'avete detto pure con la lettera minuscola, l'avete detto. Io sarei, dunque, un signor Coso; cioè, come dire, uno che se c'è, o non cè`, non fa differenza. In altri termini uno che non conta, che non è nessuno. Bene. Bella schifezza! Ma che bella schifezza. Ma come? Ma come?  con tanti autori, anche più bravi di voi, se vogliamo, proprio in voi dovevo incappare?...  Signor Coso... Ma signor coso sarete proprio voi, caro il mio...  autore. Certamente, lo sarete proprio voi che non sapete incasellare una vostra creatura nel posto giusto, lasciandola allo sbando! Ma con quale diritto vi comportate cosi`? chi vi da` l'autorità? qual è  la vostra etica.
Ehi, ehi, non esageriamo,- dissi assumendo l'aria del capo ufficio, che vuole liquidare un dipendente scocciante, o un altro che ha tanta, ma tanta ragione - calmatevi. A voi,
piuttosto, chi vi da` il diritto di giudicarmi? – Conclusi trionfalmente.
La mia stessa esistenza! Ecco chi mi da la mia esistenza, la forza disperata d'essere, e l'Arte. L'Arte, sissignore. Quell'arte che non si posa su tutti, indiscriminatamente; ma che sceglie un uomo, se lo cova, lo analizza, la vaglia, e se lo trova di suo gradimento, lo tormenta, lo esalta, lo sublimizza e si insinua in lui - ed ecco il capolavoro - quindi, unendosi alla sua intelligenza, alla cultura, alla fantasia, in una perfetta osmosi, lo destina alla creazione: Nasce l'Autore! Quell'uomo fortunato non e` più un uomo libero di seguire i propri intendimenti, prescindendo dall'Arte. Non può muoversi al di fuori di essa, o in disaccordo con essa, ma deve camminare in armonia con i valori che l'Arte stessa proietta nell' Eternità. Uno di questi valori e` il rispetto per il prossimo. Ed io sono il vostro prossimo, caro il mio autore, quindi mi dovete rispetto e considerazione. Allora, per questi motivi, vi prego ancora una volta: Datemi il mio destino!-
Mi avete convinto, ma capirete, penso che così, su due piedi… non posso inventare una storia adatta per voi... Quel bagliore che voi chiamate Arte, e che per me, credo sia solo intuito e fantasia, non è sempre disponibile alla mia chiamata; e seppure arriva, è mescolato, a volte, a mille e mille idee, immagini, situazione, spesso imbrogliate e contraddittorie. Vai a capire qual è quella giusta, quella che si materializza, che si concretizza in una storia.
Però avete ragione! Perbacco, certo, avete ragione, avete diritto ad una storia, vi debbo una storia.
Ecco, da come vi esprimete, e da come vestite, io vi penserei, chessoio, vediamo, ecco: professore, o impiegato di concetto, forse anche professionista. Voi che ne dite?-
Vada per il professore.
Bene, molto bene: professore. Siete professore. Di storia, va bene?-
Benissimo. Continuate.-
Allora, Professore di storia ... senza farmi difficoltà… se vi accontenterete… spero…-
Lo ammetto! Sono incerto, però cercate di capirmi: Sono un personaggio, e mi si offre la possibilità di scegliere la mia vita, non credete che sia ragionevole, quindi, sceglierla come meglio e più mi aggrada? Pensate a voi uomini: chi può dire d'essere artefice della propria esistenza? chi può ipotecare il proprio futuro? Nessuno! Solo qualche sciocco oserà dire: Questa sarà la mia vita...Ma lo sciocco non sa` , forse neanche pensa. Col vostro permesso, io posso scegliere, allora scelgo!-
Per caso non insegnate pure filosofia?-
Voi che ne dite?-
Potrebbe essere.
Ecco, sto iniziando un nuovo romanzo. Voi, in questa storia , potreste essere professore di storia e filosofia- e fruscagghiaru.-
Fruscagghiaru? E cosa significa?-
E` un termine dialettale. Deriva da fruscagghi: trucioli di legno prodotti dalle segherie, che per il popolo sarebbero buoni solo per fare fumo....insomma colui che non offre niente di concreto, ma solamente idee, quindi fumo; e, nel caso specifico, per indicare un uomo amante della libertà, della giustizia, idealista, sognatore, filosofo, un po’ poeta... Più o meno.-
Non sarà un illuso?-
Potrebbe essere…-
Rischio!  Mi sta bene, accetto!-
Eccovi accontentato: Ma attento, combatterete contro la mafia…-
Mi sta benissimo, tanto io non ho nulla da perdere…voi piuttosto…-



                                    IL  SOLDATO  FUCILIERE


                                                 Monologo


“Soldato fuciliere di leva Maimone, comandi!
Così m'avevano insegnato e così risposi al Comandante, quando fui al suo cospetto. Battei anche i tacchi! Lui mi ascoltò attento e silenzioso, poi mi disse:
- Dimmi chi è stato!-
Signor Comandante - risposi - ma io non lo so mica.-
- E allora che cosa sei venuto a fare qui da me? Vuoi che punisca i tuoi molestatori? ebbene, fuori i loro nomi!-
I loro nomi, e come potevo dire chi erano i miei molestatori: erano tutti e nessuno; nessuno e tutti: Erano i nonni! Da quando arrivai in quel Reparto, non ebbi più pace. Approfittando del mio carattere accondiscendente, della mia bonarietà, del mio fare contadino, me ne fecero di tutti i colori.
Era lo scotto che dovevamo pagare noi reclute, dicevano tutti. E allora pazienza, finirà, si stancheranno.
Macchè!
Poi mi dissero che dovevo baciare la stecca del capostecca. E va bene, baciamola, basta che la finiamo.
E accettai. Ma quella famosa stecca del capostecca, quella volta, era un membro dritto e arrapato! e io dissi: fattelo baciare da tua sorella e tentai di prendere alla gola quel porco d'un nonno! Mi saltarono addosso e me ne dettero tante di quelle botte...- per separarci, - poi dissero... E li sopportai. Sopportai anche quelli! E sopportai tutte le notti, le vessazioni dei nonni: decilitri di acqua, che mi versavano addosso intanto che dormivo. Poi, visto che non reagivo, una notte mi annegarono con nafta
e liquami. Madonna! Con quella sporcizia addosso mi sembrò che il mondo mi crollasse sopra: ma che sono belve? Borruso, laureato in medicina, il mio solo amico in tutta la caserma, mi disse: mettiti a rapporto col Comandante del Reparto e raccontagli tutto, falla finita. E, ma anche quello - come aveva già detto l'altro - voleva i nomi, ed io, onestamente, quando dormivo non avevo gli occhi aperti per riconoscere l'aggressore... e, insomma...non feci neanche il nome del capostecca. Per giuramento prestato.
Poi, quella stessa notte, per punirmi d'essermi messo a rapporto, in dodici, tentarono di sodomizzarmi! Forse ci riuscirono, non so, non ricordo bene. Ricordo benissimo, però, il moschetto che tenevo in mano, la notte seguente, mentre ero di guardia alle Riservette; ricordo che piansi; ricordo che me lo puntai allo stomaco;
ricordo che sparai!"



                                        IMPOTENTIA  COEUNDI


                                                     Monologo


" Appena laureato in medicina, mi chiamarono alle armi. Partii in qualità di soldato semplice, fuciliere, addetto all'infermeria.
Ma ciò non mi esentava dal fare la tanto invisa e odiata famosa corvè: tre uomini, carrettino e ramazze. La mia squadra comprendeva un omaccione buono come il pane, Maimone, col quale diventammo subito amici. Quando ci assegnavano lavori faticosi, lui mi diceva: Borruso tu sei dottore, hai le mani delicate. Tu con quelle devi operare le persone e salvarle, non smassare il campo. Tieni la scopa, spazza il vialetto, a questi massi ci pensa il sottoscritto, contadino nato e cresciuto con i calli nelle mani.
E che pena mi fece quando fu preso di mira dai nonni. Fui io, il primo fra tutte le reclute, a mettermi a rapporto col Comandante di compagnia, per denunciare quei fatti, o meglio, misfatti.
Il Comandante mi rispose: Tu sei medico, hai fatto l'Università, quindi conosci gli scherzi goliardici. Ora quelli degli anziani sono scherzi quasi goliardici,- più rozzi, forse,- ma sempre scherzi,- d'accettare come retaggio, da tramandare da anziano a recluta. Ma se non li accetti e sei disposto, fuori i nomi dei... molestatori... E va bene, anche un bambino avrebbe capito il messaggio. E Maimone, che andò dal Comandante di Reparto, dietro mio consiglio, - data la gravità degli "scherzi" pesantissimi che subiva da più di un mese,- quell'altro disse le stesse cose.
Poi, quando, esasperato, si uccise, affermarono, tutti e due gli ufficiali, che era stato un incidente.
Ma io gridai loro che non fu incidente. E denunciai anche il grave ritardo dei soccorsi. Dissi a tutti e a nessuno: Maimone è morto dissanguato perchè è stato soccorso quattro ore dopo il fatto. E solo perchè qualcuno si degnò di dargli il cambio alle Riservette. E fu portato in ospedale solo perchè io mi presi la responsabilità, in assenza del medico di guardia, e con la mia macchina privata, guidando io stesso! Male, mi dissero, i feriti vanno trasportati con l'autoambulanza d'ordinanza. E fatevi fottere voi e l'ambulanza d'ordinanza, che quella notte era pure guasta!
Dopo vent'anni,  io, professore urologo oncologo, e quel capitano, ora colonnello, ci incontrammo al mio Reparto, dove questi era venuto per un sospetto tumore alla prostata.
E così ci rivedemmo.
E ci riconoscemmo.
E lo trattai con durezza!
Ma si, non aveva nulla: Impotentia coeundi, era il nome scientifico dei suoi disturbi. Ma poi parlammo; dei fatti passati; parlammo del suo nuovo incarico, ma soprattutto del mio lavoro, del mio reparto, che volle, poi, visitare; e dove conobbe la vera sofferenza umana.
E conobbe, anche una donna anziana, ammalata terminale: la signora Maimone, la madre - indovinate di chi?
Quando gli detti il referto, lo accolse con profondo silenzio, mi salutò con gli occhi bassi e se ne andò via con passo malfermo, insicuro.
Seppi, in seguito, che tre giorni dopo, dette le dimissioni dall'Esercito!"


                                              IO  E  LA  MONTAGNA


                                                        Monologo


           
“ Io fui chiaro nel parlare!
A chi? Alla Montagna! Naturalmente.
Io feci patti avanti e amicizia lunga. Ed io -io -i patti li mantengo!
Fu lei che ...
Ma, scusatemi, ancora non mi sono presentato: Cav. Salvatore Occhipinti, archivista capo a riposo.
A riposo, sissignore, dopo quarant'anni d’ininterrotto e onorato servizio all'archivio del Catasto.
A riposo...  ma quale riposo, che se ci penso... Vedete, quando andai in pensione, con la liquidazione mi comprai un po' di terreno - malanova a me - sulle pendici dell'Etna, e lì, mi ci costruii una casetta, un delizio, una cosina piccina, bellina, all'aria aperta, tra i castagni, - doveva ricompensarmi di tutti i duecentoventottomila giorni trascorsi in un buco d'ufficio, polveroso e con la puzza di muffa, estate ed inverno.- E fu quella volta che le parlai chiaro. Dissi:
- Montagna mia - proprio così la chiamai a quell'infame! - io mi sto costruendo questa casetta sulla tua pelle, e, penso che tu non ne sarai contenta. Certo a chi farebbe piacere, che il primo che arriva, gli viene a fare il solletico sulla crosta, la infastidisce, la imbruttisce.
E si capisce.
Si spiana, si livella, si tagliano alberi, se ne piantano altri, insomma si muta, leggermente, la vecchia natura, con la presunzione di farne un'altra, - illusi!
Ma che vuoi?  che possiamo farci?  facciamo tutti così. E sai perchè perché  sei bella, la tua aria è buona, la tua terra è fertile, il panorama  è bellissimo, d'estate su da te, fa fresco. Insomma, per noi vale la pena rischiare di farti qualche piccolo dispettuccio veniale. Eh, via, penso dopotutto, che un po' di compagnia non debba dispiacerti poi tanto.
Oh, ma se tu non sei d'accordo, per conto mio, non hai che da dirmelo: Io smonto tutto e via. E chi s'è visto, s'è visto. Solo dammi un segnale: una piccola scrollatina e, - amici come prima.-
E lei, nisba, non risponde, non dette segni di vita.
Allora, siccome chi tace acconsente, mi costruii la mia casetta.
Manco passò un anno e - spaccau a muntagna, sentii gridare - il che significava, che quella cosa fitusa si era svegliata e aveva incominciato a vomitare come una donna incinta.- E pure bassa spaccò- Vomitando senza tregua, lava e ancora lava. E, come se non bastasse, inventò, quella volta, la tattica dell'eruzione bestia: Ma ve lo figurate?  una colata lavica che zigzaga secondo l'estro, con compiacimento, con voluttà, capricciosamente? Oggi m'ammucco il podere do zu Vitu, domani stocco a destra e mi mangio la vigna di don Coscimu; poi, prendo a sinistra e mi abbrustolisco il pometo di don Angelinu, quindi, nello stesso giorno, con una virata di quaranta gradi, vado a depositarmi nella masseria del cavaliere Caudullo.
Vaga così, per giorni, come una fanciulla dispettosa, come se nessuno le avesse mai spiegato che esistono le leggi di  gravità; e che se scende, deve scendere nei pendii, possibilmente nei canaloni.
Spiegato a quella?  Ma chi? quando mai! e perchè? Cosa fitusa! E un giorno, non  punta, dritta dritta, sulla mia casetta? Ehi!  Come?  - dico io? - e i patti? Come quali patti! Ma allora sei carogna e senza parola! Ma cosa credi? Ma insomma, non mi conosci proprio proprio. Ma non sai chi sono io?
Ma informati in giro, vedi che ti dicono di me, - dello zu Turiddu Occhipinti.
Domandalo ai Marosi di Ognina, all'alluvione di Aquicella, al sole cocente della Piana, - chiedi loro chi sono io! Ah, non tremi?
E allora t'aggiusto io!
E mi feci erigere, con una ruspa, rapidamente, un bastione di massi alto tre metri, davanti alla mia casetta, e aspettai da lassù', il suo vomito, con la doppietta in mano. E quando giunse, rosso come la brace, feci fuoco senza pietà. E si fermò!
 Diciamola tutta: se la fece addosso!
Mi circondò, si raffreddò, si rapprese e rimase lì, a guardia della mia casetta. Io l'avevo avvisata.
E' giusto?"

                                                


                                               VIVERE  E  CAMPARE


                                                      Corte  teatrale


Personaggi:

Turi……………………………………………….ricoverato in corsia

Avvocato………………………………………..            “               “


Trama: Un ricoverato in ospedale, legge un giornale, trova un articolo che non  condivide e coinvolge il suo compagno di corsia ad un colloquio surreale.




Turi - Le denunzie per stupro, anche a distanza di molti anni, ecc. ecc. (Segnalando un articolo all’avvocato, quasi tra se)  Dategli corda che quelle t’impiccano.-
Avvocato – Scusi… non la seguivo…-
Turi – Guardi…questa qui come t’ha ridotto il marito: Uno schiavo! Perdinci!-
Avv.- Capita…-
Turi – Macchè, macchè. Era emancipata… Avvocato, in confidenza, la donna deve stare in casa. Quello è il suo legittimo posto e lì deve svolgere il suo compito naturale. E qual è questo compito ? È il servizio verso il suo uomo, caro avvocato. Vuole un esempio? Esempio: Mia madre, quando mio padre tornava dal lavoro, lo faceva sedere sulla poltroncina migliore, gli toglieva i calzini, gli  lavava i piedi, gli portava la pipa e gli preparava la cena. E mio padre si sentiva un pascià. E che volete che un uomo, dopo le sue fatiche di pesante lavoro, non trovi in casa la sua “sistemazione”? Avvocato, lei cosa dice? – e senza dargli il tempo di rispondere, riprende ad esternare… la confidenza - Vede, caro avvocato, mia moglie sta in casa, è analfabeta e idiota, ed io sono un uomo felice. Felice? Macchè! felicissimo.  (pausa) Ma anch’io, in passato, feci qualche errore… come quella volta, quando andai al Nord per lavoro. Sappi! Sappi che io, attivo e intrepido, ebbi la debolezza di mandare al lavoro anche mia moglie. Ma fu pazzia di pochi giorni, perché dopo rinsavito, la rifilai in casa. (pausa) Vede, avvocato, quella, nel suo naturale elemento, è l’angelo della casa: Devota, affettuosa, disciplinata, efficiente, e, se mi posso permettere, senza offesa per nessuno, anche sensuale. Essì, il lavoro è libertà e piacere, egregio avvocato. Ma ciò si gusta di più stando in casa.-
       Avv.-  Ehilà, lei dalle donne passa al lavoro, senza darmi il tempo di risponderle?-   
       Turi – E che cosa vorrebbe dire? non è forse d’accordo con me? Dunque?-
       Avv.-  Sorvoliamo, per adesso, sull’argomento donne … (poi tra se) Accidenti, sono di fronte al classico tipo che parla e non ascolta. Ma sono curioso di sapere qualcosa di più su questo tizio.  (poi a Turi) Ma scusi, lei che lavoro fa? –
       Turi -  Io? Nessuno? Perché? ( meravigliato della domanda).
       Avv.-   E come vive?-
       Turi-   Perché, per vivere bisogna lavorare?-
       Avv.-   Almeno io lo credo.-
       Turi-   No, caro avvocato, lei sta in un altro pianeta, glielo assicuro: per vivere bisogna contemplare e godere. Il lavoro è per campare. Vita e lavoro sono incompatibili.-
       Avv.-   Ma lei ha appena detto che il lavoro è libertà e piacere.-
       Turi - …  Per gli altri. Per me il lavoro è sola fatica e schiavitù.-
       Avv.-   Ma scusi, e come viv... volevo dire, come fa per campare?-
       Turi -   Campare? Io vivo! Vivo! Vivo, sogno, godo e contemplo. Poi, quando mi rimane un pochino di tempo libero, vado in banca e ritiro il fruttato dei Bot.-
       Avv. -   Sorprendente! Lei vive di rendita.-
       Turi -  Io campo con la rendita, ed è differente. E comunque è poca roba, quanto basta a mia moglie per mettere la pentola sul fuoco.-
       Avv.-  Ma non ha detto che andò al Nord per lavoro? Quindi ha anche lavorato in vita sua, o mi sbaglio?-
       Turi -  Io ho detto che andai per lavoro, non ho detto che lo trovai e che lavorai. Comunque, sì, lo confesso, ho lavorato a bottega con mio padre per cinque anni, facevo il restauratore di mobili antichi, o vecchi, se preferisce. E lavoro ce n’era, sa con la mania dei pezzi d’epoca, veri o falsi. Poi mio padre, buonanima ebbe la fortuna d’andarsene all’altro mondo – presumo – ed io vendetti tutto, misi in Bot il ricavato e vissi...d’arte.-
       Avv.-  Insomma fa il fannullone…-
       Turi -  Ehi, avvocato, ma com’ha fatto a capirlo?-