L’EREDITA’ CONTESA
Piccole miserie del XXI° secolo

Commedia Atto unico di

Alfonso Maria Zerbo


PERSONAGGI

AMALIA SCOGNIAMIGLIO
TERESA ROMANO
SANTE RICHIERDI
GIULIANO IMPROTA
GEORGE RODRIGUES


Si ringrazia l’Avvocato Enzo Ingrassia per la consulenza giuridica.

Notazioni di scena – Nella 3a sezione del Palazzo di giustizia di Napoli si tiene un’udienza per una causa civile. E’ giugno e il Tribunale di Napoli ha carenza di personale. L’aula è presieduta da un solo magistrato. Vicino a lui si trova l’ufficiale giudiziario di origine brasiliana George. Le due contendenti sono la sorella del defunto Armando Scogniamiglio, Amalia Scogniamiglio e la sua amante Marta Romano. Entrambe le donne sostengono di essere eredi universali dell’uomo e in possesso di un legittimo testamento. In aula, per ragioni di sicurezza, si trova un sergente della polizia di Stato.

SCENA I
All’apertura della tela Teresa e Amalia si trovano l’una alla destra, l’altra alla sinistra del giudice presidente della causa civile, Sante Richierdi. Lo scranno del giudice è vuoto. L’ufficiale giudiziario, il sott’ufficiale di polizia e le due donne attendono l’ingresso del Magistrato. In aula non ci sono altri presenti. Amalia Scogniamiglio è una donna non alta, di circa cinquant’anni, esile, dall’aria arguta e dalle espressioni colorite. Teresa Romano è una donna di circa quarantacinque anni, con occhi e capelli scuri, di corporatura media, gradevole, ma dozzinale nei modi e nella maniera di vestire. Dall’esterno qualcuno apre la porta dell’aula che corrisponde alla comune di sinistra. Si sentono voci indistinte di uomini e di donne provenienti dalle altre sezioni del Tribunale. – 10 secondi di attesa – Il sott’ufficiale di polizia che si trova faccia al pubblico, sulla sinistra all’altezza del fondale, viene chiamato da una voce estremamente potente che proviene dall’esterno dell’aula. E’ la voce di un energico usciere dell’età di circa sessant’anni: -ad alta voce – Usciere: “Sergente Improta! Sergente Improta!” Il sergente e George si guardano in modo interrogativo – piccola pausa – Usciere: “Sergente Improta! Il sergente Improta è desiderato urgentemente nell’aula n.6 della quinta sezione! Il sergente Improta è desiderato urgentemente nell’aula n.6 della quinta sezione!”. Il sergente esce a passo svelto dalla comune di destra, che rappresenta una delle porte dell’aula. – attesa di sette secondi – Entra il giudice Sante Richierdi dalla comune di sinistra, che rappresenta l’altra porta dell’aula. Richierdi è un uomo di settantacinque anni, anziano, calvo e di bassa statura. Ha un aspetto esile, incerto e impacciato nei movimenti. Nello stesso tempo è dignitoso nei modi e possiede un’aria ironica, curiosa e disincantata. George, l’uditore giudiziario, dalla sua postazione, nell’area destra del palcoscenico, guadagna velocemente il punto in cui si trova la poltrona del magistrato, estrae la sedia dalla sua collocazione e lo fa accomodare.
Sante: E quel sott’ufficiale di polizia che avevo richiesto per l’udienza?
Georges: E’ stato chiamato urgentementi alla quinta sezione, ma sarà qui il prima possibile!
Sante: E’ stato assegnato a quest’udienza, come avevo chiesto?
Georges: Assolutamente sì, segnor giudige, solamente che per cause de forza magiore, si è dovuto allontanare. Il tribunale ci l’ha assegnato ufficialmente. Abbia un po’ de comprensione, è estati e il tribunale ha il personale al minimo. Segundo me è stata una questione di necessità.
Nonostante non vi sia pubblico in aula, George esplica il consueto rituale.
Georges: In piedi!
Sante: Comodi prego. Gli attori sono la Signora Amalia Scogniamiglio, sorella del de cuius cavalier Armando Scogniamiglio e la Signora Teresa Romano, sua convivente. Entrambe le contendenti sostengono di essere in possesso di un legittimo testamento olografo, scritto dal cavalier Scognamiglio, che le dichiara eredi universali. Tale testamento è stato redatto per ciascuna delle interessate, nella stessa data e in momenti diversi, il 26 giugno 2007. (piccola pausa) E’ iscritta a parlare la Signora Teresa Romano.
Teresa: Buongiorno signor Giudice, io sono la moglie del defunto, la moglie del Dott. Armando Salvatore Scogniamiglio.
Amalia: Eri l’amante, non la moglie!
Teresa: Ero la moglie, signor giudice, anche se non eravamo ufficialmente sposati.
Sante: (Rivolto a Teresa) Perché ha richiesto l’intervento del tribunale?
Amalia: Signor giudice, sono stata io a richiedere l’intervento del tribunale giudiziario, attraverso querela di parte.
Sante: Quindi è stata lei a querelare la Signora Romano?
Amalia: Sì, ho querelato la Signora Teresa Romano, amante di mio fratello, perchè sostiene di essere stata nominata erede di tutti i suoi averi...
Teresa: Difatti, è così. Il mio compagno mi ha lasciato un appartamento di sette vani sul Vomero...
Amalia: L’appartamento appartiene a me!
Sante: Per cortesia, faccia parlare!
Teresa: Un appartamento di sette vani sul Vomero e novantamila euro in un conto corrente bancario.
Sante: In un conto corrente bancario?
Teresa: Si, in un conto corrente bancario, con un numero di conto corrente, nella banca di credito cooperativo di Napoli.
Sante: (Rivolto a Teresa) Esiste un documento che attesta che lei sia l’erede universale del cavaliere?
Teresa: Sì, un testamento olografo scritto il 26 giugno 2007 dal defunto, che ho già depositato in atti!
Sante: Il testamento è firmato?
Teresa: Sì, controfirmato.
Amalia: Signor giudice... Signor giudice!
Sante: E’ iscritta a parlare la Signora Amalia Scogniamiglio, insegnante elementare in pensione.
Amalia: Buongiorno, signor Sante.
Sante: Da giovani siamo andati a giocare a biglie insieme?!
Amalia: Mi scusi signor giudice, la vedevo sempre in televisione, in quel programma di rete quattro, lei per me è come uno di famiglia, per questo l’ho chiamata signor Sante.
Sante: Esponga i fatti.
Amalia: Teresa non era la moglie di mio fratello, era la concubina...
Teresa: Quale concubina?!
Amalia: (cercando di mantenere la calma) Era la concubina! Mio fratello non la poteva vedere, lei si era fissata che doveva vivere con noi...
Sante: Lei e suo fratello vivevate insieme?
Amalia: Sì, vivevamo assieme.
Sante: Insieme alla signora Teresa?
Amalia: (ironica) Insieme alla signora... signor Sante, ma quale signora? – in dialetto napoletano – quella vorrebbe essere una gran signora, ma rimane solo la grande sguatt...
Sante: Va bene... soprassediamo, prosegua.
Notazioni di scena – Le luci si abbassano. Si apre la comune di destra. Il sergente Improta viene ad accertarsi che l’udienza si svolga in modo ordinato. La porta resta aperta venti secondi. I presenti in aula rimangono immobili. Dalla porta semi aperta proviene un evidente spiraglio di luce e sul fondale si staglia la grande ombra della porta. Al chiudersi di essa, viene ripristinata l’illuminazione e il naturale movimento dei personaggi.
Amalia: Mio fratello non la sopportava...era un’estranea. Noi non la potevamo vedere. Da un giorno all’altro si è fissata che doveva ereditare non solo i beni di mio fratello, ma anche i beni di famiglia!
Sante: Anche i beni di famiglia?!
Amalia: Anche i beni di famiglia, persino i gioielli di mammà!
Sante: (Rivolto a Teresa) Anche i gioielli di mammà?!
Teresa: (irremovibile) I gioielli sono miei, mi appartengono!
Amalia: (visibilmente esacerbata, mantenendo la calma) Mio fratello frequentava tante donne, parecchie donne, poi si è messa in casa questa miserabile!
Teresa: - in dialetto napoletano - Quale miserabile, modera i termini, rispetta l’aula... il defunto!
Amalia: (assumendo un’involontaria comicità non sapendo che atteggiamento prendere) Signor Sante, la “signora” si è intrufolata a casa nostra, perché mio fratello si sentiva solo. Da un momento all’altro, la “signora” decise di mettersi dentro casa nostra!
Sante: Dove abitò con lei e sua madre.
Amalia: Dove abitò con mio fratello (argomenta con gesti), me e mia madre, che dopo alcuni anni venne a mancare. (piccola pausa) Mio fratello mi ha consegnato, in data 26 giugno 2007, un testamento redatto spontaneamente, in cui mi designa erede del suo patrimonio.
Sante Richierdi osserva con attenzione, per qualche istante, il foglio consegnato da Amalia alla procura, lo studia. Fa cenno alla donna di proseguire.
Amalia: In questo vero e proprio testamento, mio fratello mi designa erede del suo patrimonio, non avendo altri eredi consanguinei diretti.
Sante: Lei era l’unico consanguineo del defunto?
Amalia: L’unico. Vede, non è possibile che io che sono la sorella e che vivevo con lui, sia stata esclusa dall’asse ereditario. E’ matematicamente impossibile!
Teresa: Signor pretore, carta canta, anche io sono stata nominata erede! – in modo scomposto
Sante: Entrambe siete state nominate eredi della buonanima, attraverso un testamento. Che data porta questo documento?
Amalia: La data del 26 giugno.
Teresa: La stessa data, il 26 giugno.
Amalia: Solamente che il mio testamento è stato redatto da Armando di mattina, il suo (indica Teresa) è stato redatto di sera. Il mio testamento è stato scritto di giorno, il suo è stato scritto di notte!
Sante: Ed è riportata l’ora in cui è stato scritto?
Amalia: No, solo la data.
Sante: (Rivolto a Teresa) E nel suo?
Teresa: Solo la data, signor giudice.
Amalia: Mio fratello, dopo aver compilato il testamento, quello stesso pomeriggio, mi disse piangendo che Teresa lo ricattava...
Sante: Ricatti scritti o verbali?
Amalia: Ricatti verbali. Teresa ricattava di lasciarlo, minacciava che se non l’avesse inclusa nel testamento, l’avrebbe lasciato!
Sante: E’ così? (Rivolto a Teresa)
Teresa: (quasi a inveire) Signor giudice, questa è pazza, era invidiosa di me e di Armando, perchè non poteva sopportare che ci amassimo!
Amalia: (ancora comica per l’incertezza dell’atteggiamento da prendere) Ma quale gelosia! Lei non stava a casa ad accudire mio fratello, stava tutto il giorno fuori. Io l’ho accudito, me ne sono fatta carico. Ho vissuto con mio fratello per ben cinquant’anni, la “signora” solo negli ultimi quindici.
Teresa: (in modo volgare e ad alta voce) (scomposta) Sono una signora, una gran signora! – piccola pausa – Signor giudice, Armando mi ha lasciato l’interezza dei suoi beni, perché io mi prendevo cura di lui. I soldi e l’appartamento sono la mia pensione!
Sante: Quindi, lei ha convissuto col defunto negli ultimi quindici anni.
Notazioni di scena – Le luci si abbassano. Si apre la comune di destra. Il sergente Improta viene a vedere se l’udienza si svolge in modo ordinato. La porta resta aperta venti secondi. I presenti nell’aula rimangono immobili. Sul fondale si staglia la grande ombra della porta semi aperta. Al chiudersi di essa, viene ripristinata l’illuminazione normale e il naturale movimento dei personaggi.
Teresa: Sì, ci volevamo un bene dell’anima. Lei parla così perché era gelosa, gelosa di me e di Armando, per questo non mi sopporta!
Amalia: (Con ironia caustica) Gelosa di te e di Armando?!
Teresa: Signor Giudice, non ci faceva stare in pace nemmeno davanti alla tv! Certe volte ce ne stavamo abbracciati tutti e due, davanti alla televisione; Lei si sedeva apposta nel mezzo, per separarci!
Amalia: Signor giudice, stavano abbracciati così (compie un gesto eloquente). Non potevo vedere niente, dicevo solo se si potevano fare un po’ più in là...
Teresa: Non potevo stare in pace nemmeno nel bagno! Quando dovevo entrare nella toilette, doveva entrare anche lei!
Sante: (Rivolto ad Amalia) Doveva entrare nel bagno, in contemporanea, con la signora Romano?!
Amalia: Nel bagno avevo le mie cose! Quando il bagno era occupato, io mi dovevo lavare in cucina, per cui andavo a prendere ciò di cui avevo bisogno...
Teresa: Una volta sono entrata nel bagno e quell’isterica mi voleva fare uscire, perché doveva prendere delle saponette. Le ho detto: Se mi dici dove stanno, te le prendo io!
Amalia: Dottore, dovevo prendere le saponette neutre, perchè mi dovevo lavare!
Teresa: Le ho detto che gliele porgevo io... macchè, continuava a gridare attraverso la porta, che doveva prenderle lei personalmente!
Amalia: La “signora” non sapeva dove stavano, non avevo scelta!
Sante: Questo avvenimento non è strettamente necessario al dibattimento, diciamo che serve per esemplificare (piccola pausa) (Rivolto ad Amalia) Dove stavano le saponette?
Teresa: Nel primo cassetto del mobile del bagno.
Amalia: Le saponette neutre erano nel primo cassetto del mobile del bagno, ma erano di difficile reperibilità...
Teresa: Erano difficili da trovare, perché erano nel primo cassetto del mobile del bagno, a quattro centimetri di profondità! – con ironia -
Sante: (Rivolto a Teresa) Dunque lei lavorava, ha detto?
Teresa: Non è che potevo vivere alle spalle di Armando, dovevo pure portare a casa uno stipendio!
Sante: (Rivolto a Teresa) Che mestiere svolgeva all’epoca dei fatti?
Teresa: Rappresentante di spazzole.
Amalia: (involontariamente comica dovendo cercare di mantenere la calma) Vendeva spazzole signor giudice e tra una spazzolata e l’altra, frequentava mio fratello! Il giorno andava a “spazzolare”, e la sera rientrava a casa nostra.
Teresa: Signor giudice, il testamento olografo redatto dal mio Armando, in data 26 giugno, è stato scritto dopo quello che ha scritto a lei (indica platealmente l’avversaria) quindi rappresenta le sue ultime volontà. E’ tutto mio, la casa, il denaro del conto corrente... e i gioielli di famiglia.
Amalia: (sarcastica e involontariamente comica) Pure!
Sante: (con un pizzico d’ironia) Anche i gioielli di famiglia?!
Teresa: E’ tutto scritto, nero su bianco!
Amalia: I gioielli di famiglia no! Quelli sono i gioielli di mia madre, sono preziosi della nostra famiglia. I ricordi di famiglia non si toccano!
Teresa: (con un ghigno isterico sul volto) (ad alta voce) Sono gioielli miei, compresa la collana di perle e lo smeraldo!
Amalia: La collana di perle e lo smeraldo me li ha lasciati mia madre.
Teresa: (con ghigno identico) Sono miei!
Amalia: Signor giudice, sono disposta ad arrivare ad un altro grado di giudizio, pur di ottenere giustizia. I gioielli della mia famiglia devono rimanere alla mia famiglia e basta! (Con ironia) A te compete un bel corallo, qualche bracciale d’oro...
Sante: (Rivolto a Teresa) Mi può dire qualcosa di più sul lavoro che svolgeva?
Teresa: Vendevo spazzole. Svolgevo compiti di rappresentanza per una ditta di spazzole.
Amalia: Signor giudice, andava a casa delle persone a rappresentarsi da sola e nel tempo libero, tra una spazzolata e l’altra, faceva felice mio fratello! (piccola pausa)
Sante: (Rivolto ad Amalia) Che cosa chiede?
Amalia: Intanto di rientrare in possesso dei gioielli di mammà. Poi, che sia tenuto conto esclusivamente del legittimo testamento in mio possesso, in quanto unica erede. Chiedo altresì, che sia considerato ineseguibile il testamento della signora, in quanto estorto con il ricatto. Per conseguenza chiedo di entrare in possesso di tutti i beni mobili e immobili di mio fratello!
Teresa: - in dialetto napoletano – Quale ricatto?!
Sante: (Rivolto a Teresa) Lei invece cosa chiede, in ultima istanza?
Teresa: (con gli occhi spiritati, ancora visibilmente scossa) Chiedo che sia considerato valido solo il mio testamento, in quanto autentico, secondo, perché scritto successivamente rispetto a quello in possesso della sorella. Pretendo che mi sia assegnato l’intero patrimonio del cavaliere Armando Scogniamiglio e chiedo che sia considerato nullo il testamento della sorella!
Sante: Scritto nella stessa data, ma dopo...
Teresa: Perché scritto successivamente al mio.
Amalia: (con energia) Dov’è la prova? Chi lo dice, che è stato scritto successivamente?
Teresa: (in modo scomposto) Me lo ricordo io. Lo posso testimoniare. (piccola pausa) Armando quella sera mi disse, cicci, dammi tre minuti che devo scrivere una cosa... Dopo mezz’ora mi diede questo documento controfirmato...
Amalia: Si era appartata con mio fratello e viste le contrarietà di Armando, minacciò di lasciarlo, se non l’avesse dichiarata erede! Promettendogli in cambio... qualche prestazione particolare, per essere inclusa nel testamento.
Teresa: Qua prestazione?!
Amalia: Diciamo, qualche distrazione. Forse mi sono espressa male, il termine più adatto è distrazione, non prestazione. (Rivolta al giudice) L’ha inclusa, l’ha inclusa! – con ironia -
Sante: (Rivolto a Teresa) (ironico) L’ha inclusa?
Teresa: M’ha incluso, m’ha incluso!
Amalia: (sarcastica) In quella mezz’ora l’ha inclusa e nonostante l’infermità deve averle fatto fare anche una passeggiata di piacere. (rivolta al giudice) Io ero la sorella e gli volevo bene da sempre, l’improvvisa passione di un’estranea ha fatto sì che mio fratello perdesse la testa!
Sante: (Rivolto ad Amalia) Armando l’ha nominata erede perché era la sorella, ha nominato erede lei (rivolto a Teresa) perché se lo portava a letto! (piccola pausa) Preso atto delle vostre richieste e considerato chiuso il dibattimento, mi ritiro per deliberare.
Mentre il giudice sta uscendo dall’aula, le due contendenti hanno un animato scambio di vedute.
Amalia: Che bella signora, vedi che bella signora che si era scelto mio fratello, la fata della dignità!
Teresa: Sei invidiosa, animosa e livida di rabbia per quello che c’era tra me e Armando!
Notazioni di scena – Le luci si abbassano. Si apre la comune di destra. Il sergente Improta controlla che l’udienza si svolga in modo ordinato. La porta resta aperta venti secondi. I presenti in aula rimangono immobili. Sul fondale si staglia la grande ombra della porta semi aperta. Al chiudersi di essa, viene ripristinata l’illuminazione normale e il naturale movimento dei personaggi. Dal punto di vista scenico l’assenza del giudice dura due minuti. Durante questo periodo, si ode un brusio ad alto volume delle persone all’esterno all’aula. Dopo pochi secondi, George accende una radiolina che suona il solito brano musicale “tormentone” estivo – l’autore lascia libero il regista di scegliere il “tormentone” estivo più adatto e più attuale al suo periodo storico. -
SCENA II
Il giudice Sante rientra in aula con la sentenza. George guadagna il punto in cui si trova la poltrona del magistrato e lo fa accomodare. – Dopo pochi secondi entra il sott’ufficiale di polizia assegnato a questa causa dal tribunale, il sergente Improta.
Giuliano: - arriva quasi di corsa, visibilmente trafelato – Mi scusi per il ritardo, signor giudice...
Sante: Lei è il sott’ufficiale di polizia che mi è stato assegnato dal tribunale?
Giuliano: - ancora trafelato - Sono io, sergente Improta Giuliano, per servirla!
Sante: - con fare severo - Lei è stato assegnato a questa causa... è mancato totalmente durante la fase dibattimentale e si presenta per la sentenza? (sarcastico) Un comportamento un po’ originale...
Giuliano: Signor Giudice, sono stato chiamato dal Dott. Gargiulo, suo collega, nell’aula n. 6 della quinta sezione. Ho cercato di non assentarmi del tutto e non potendomi dividere in due, sono venuto di quando in quando, a controllare che tutto procedesse normalmente... mi avrà notato. (leggermente imbarazzato) Questa assenza non è dipesa da me... il personale del tribunale è al minimo e vado dove mi ordinano.
Sante: - ancora severo - Ha fatto presente che era stato assegnato ufficialmente a quest’aula?
Giuliano: Certo, ma il Dott. Gargiulo è stato irremovibile! In privato poi le spiego i particolari.
Georges: Segnor giudige, le famiglie di due contendenti si sono messe a urlare, ho visto c’ho miei occhi, se no interveniva qualcuno, finiva male!
Sante: Va bene, va bene, prenda posto e non si allontani dall’aula per nessun motivo. – piccola pausa – Preso atto dell’esistenza dei due testamenti olografi e avendone appurata l’autenticità, vorrei fare una breve premessa che esula un pochino dalla sentenza e dai suoi motivi circostanziati. Lei, secondo me (rivolto a Teresa), ha mentito sulla spontanea volontà del suo compagno di dichiararla erede.
Teresa: (a muso duro) Io?
Sante: Si, lei, esattamente. Ci ha detto che lei e il cavalier Scogniamiglio eravate in ottimi rapporti. Questo non risulta dalle indagini che abbiamo svolto.
Teresa: Signor giudice...
Richierdi fa un gesto inequivocabile, per ammonire alla donna di tacere.
Giuliano: Signor giudice, posso intervenire?
Sante: E’ una cosa importante?
Giuliano: Si tratta delle indagini della polizia sulla signora Romano, svolte per conto del Tribunale di Napoli.
Sante: Parli pure.
Giuliano: Io sono stato uno degli incaricati dell’indagine. (piccola pausa) Tra il cavalier Scogniamiglio e la signora Romano correvano sommariamente buoni rapporti. Dalle indagini risulta altresì, che in passato c’erano stati screzi e anche qualche dissapore - Amalia compie un gesto plateale ed eloquente con la mano destra come per dire: come volevasi dimostrare – In altre parole i rapporti tra il cavalier Scogniamiglio e la signora Romano, non erano idilliaci, così come lei ha voluto farci credere. Sono certo che, nonostante le sue incerte condizioni di salute, il cavalier Scogniamiglio abbia pensato prima di tutto all’unico membro della famiglia che gli rimaneva: sua sorella, la signora Amalia. – piccola pausa – Il motivo della presenza contemporanea dei due testamenti, è da addurre al fatto che Teresa Romano aveva l’abitudine di fare richieste al suo compagno, anche quando lui non era d’accordo.
Sante: Anche quando il suo compagno, non era molto convinto...
Musica – Frammento del brano – The falling snow (Full Length Version) di Tor Lundvall.
Giuliano: Dopo che Armando scrisse il testamento alla signora Amalia Scogniamiglio, la stessa sera, la signora Romano venne a sapere di quanto successo e piantò una immane scenata, nonostante le condizioni precarie di suo marito. Preso dal senso del rimorso ed evidentemente provato dalla sua condizione di malato terminale, Armando Scogniamiglio si fece convincere e pur di accontentare la signora Romano, la nominò erede universale. (piccola pausa) Senza l’intervento della signora Romano, il Dott. Scogniamiglio difficilmente avrebbe cambiato la sera ciò che aveva stabilito la mattina di quello stesso giorno. Ciò, oltre a essere strano, è anche illogico.
Sante: (ironico) Come ho accennato quindi, cara Sapìa senese, i suoi rapporti col cavalier Scogniamiglio non erano... paradisiaci. A questo dobbiamo aggiungere che il cavaliere, a causa della sua lunga malattia, era diventato psicologicamente più vulnerabile. (piccola pausa) Pur non di meno, a causa dell’indimostrabilità di questa tesi, sono costretto a ritenere nulli i due testamenti in quanto la legge dice esplicitamente, per la l’articolo 606 del codice civile, che in presenza di due testamenti uguali con destinatari diversi, i due testamenti sono da considerarsi nulli, a norma dell’articolo 587 del codice civile. In pratica un testamento annulla l’altro. Dichiaro i due testamenti invalidi (scandito) ed essendo entrambi autentici, dispongo, in via equitativa, che l’intero patrimonio del cavalier Armando Scogniamiglio, sia diviso in parti uguali, tra la sorella signora Amalia Scogniamiglio e la signora Teresa Romano. Così è deciso, la seduta è tolta!
Mentre sta per alzarsi dalla sua poltrona, Richierdi viene chiamato dal sergente Improta.
Giuliano: Signor giudice, posso intervenire?
Sante: Dica velocemente.
Giuliano: Non è proprio una cosa... inerente. La signora Scogniamiglio e la signora Romano, nonostante le loro evidenti divergenze, sono entrambe delle brave persone e secondo me sono vittima delle circostanze.
Sante: Non vedo l’attinenza con la nostra udienza.
Giuliano: Si sa, quando un congiunto sta male, l’atmosfera diventa tesa, i rapporti tra i familiari diventano aspri e alcune acredini maturate nel tempo, possono tornare a galla e manifestarsi più forti di prima...
Sante: Concluda per favore.
Giuliano: A giudicare dai loro modi di fare, non sembra che le signore siano delle nemiche, anzi... sono sicuro che se si fossero trovate in altre circostanze, avrebbero potuto anche essere amiche.
Amalia: Addirittura!
Teresa: Io amica di quella, mai!
Sante: Prosegua sergente.
Giuliano: Vede signor giudice, la signora Amalia e la signora Teresa non sembrano delle persone, ma dei personaggi di un’opera teatrale. Molte volte, gli esseri umani si comportano in modo inspiegabile, ma il loro comportamento ha un senso profondamente logico. Tale comportamento però, ha una sua logica originale, autonoma, di volta in volta diversa e non sempre alle prime facilmente individuabile. In questo caso, è come se le due signore volessero traslare dalla realtà al palcoscenico...
Sante: Tutto questo è interessante, ma ognuno di noi ha le proprie cose da fare, si è fatto tardi e...
Giuliano: Mi dia solo un istante. Questa non era una causa, era un’opera teatrale già quando sono entrato in aula. Le signore erano i personaggi di quest’opera e noi gli involontari co-protagonisti.
Sante: (improvvisamente interessato) Lei è del mestiere?
Giuliano: Per dire la verità, oltre a fare il poliziotto, mestiere di cui sono orgoglioso, sono indegnamente un autore di Teatro professionista. Sono associato alla SIAE (per tutti gli altri Paesi diversi dall’Italia si metta la sigla dell’associazione autori corrispondente)... Quando ho visto le due signore, l’aula e la situazione, mi è sembrato di vedere Teatro in movimento. Il ricordo è tornato alle centinaia e centinaia di opere teatrali a cui ho assistito in vita mia. Immaginavo dentro di me, l’effetto scenico che avrebbe prodotto ciascuna delle situazioni, ciascuna frase, ciascuno scambio di battute. Nonostante non abbia potuto assistere a tutta l’udienza, mi sembrava che questo pavimento non fosse più il pavimento dell’aula di un tribunale, ma le tavole di un palcoscenico. Per potere narrare ciò è successo nei momenti in cui sono stato assente, mi farò aiutare da George.
Sante: La conclusione di tutto questo?
Giuliano: Signor pretore, attraverso il nostro mestiere di agenti di pubblica sicurezza, noi osserviamo quotidianamente, quanto possano essere precari i rapporti tra le persone e quanto sia grande l’incomunicabilità umana... in questo caso ho trovato il modo di appianare la difficile situazione personale tra la signora Scogniamiglio e la signora Romano. Ho escogitato il modo di mettere le signore in una situazione equivalente.
Sante: In che modo, se è lecito? – divertito -
Giuliano: Oltre ad avere deciso di fare diventare questa causa un’opera teatrale, ho deciso di destinare il 20% dei proventi di sempre, di quest’opera, alle due protagoniste reali.
Amalia: No, non prendo denaro d’altri, guadagnato onestamente!
Teresa: Signor giudice, questo sergente sembra un ragazzo di quindici anni, chi se li prende i soldi suoi!
Giuliano: Questo avrà un doppio effetto, da una parte ringraziare la signora Romano e la signora Scogniamiglio di avermi fatto venire l’idea. Dall’altra, assegnando a ciascuna di loro il 10% dei proventi dei diritti d’autore, riuscirò a metterle per una volta sullo stesso piano. Si accorgeranno così che, accanto alla vita che viviamo quotidianamente, sta la vita che potremmo vivere e che spesso non riusciamo ad esprimere.
Sante: Interessante!
Giuliano: In tal modo, potrò contribuire alla situazione economica non idilliaca, in cui si trovano e che era pessima, prima di ottenere l’eredità. Voglio dimostrare alle signore, che c’è sempre qualcuno che ti aiuta nei momenti di difficoltà. Il 10% dei proventi di un’opera teatrale non sarà certo una gran cifra, essa dipende dal numero di volte in cui viene rappresentata in un anno e dalla grandezza dei Teatri in cui va in scena, ma conto di potere contribuire al bilancio delle mie due “amiche” con duecento - quattrocento euro all’anno.
Voce di donna (dall’esterno dell’aula ad alta voce in modo un po’ sguaiato): Ti sei sprecato! Gli hai destinato il 10%. Giacchè c’eri perché non gli destinavi l’8%. Siete il mostro della generosità, il campione della signorilità, il titano della munificenza!
Sante: Un’ottima idea!
Giuliano: Un’ultima cosa (piccola pausa): Potrebbe chiedere alla signora Amalia e alla signora Teresa di stringersi la mano?
Sante: La legge non mi concede facoltà di riconciliare chi non vuole riappacificarsi...tuttavia in qualità di giudice presidente, posso chiedere informalmente alla signora Romano e alla signora Scogniamiglio, di stringersi la mano. Non avranno trovato il loro benefattore (indica Improta), ma di certo hanno trovato una persona che ha a cuore la loro serenità. (Piccola pausa) Signora Romano e Signora Scogniamiglio, avvicinatevi e stringetevi la mano, per favore.
Le due contendenti visibilmente contrariate, si dirigono verso la poltrona del magistrato.
Sante: Fate in modo che, attraverso questo gesto, tra di voi non vi siano più divergenze.
Teresa: Questo non glielo posso garantire.
Amalia: Mi chiede troppo.
Teresa e Amalia, in corrispondenza della scrivania del magistrato, l’una alla sinistra della platea, l’altra alla destra, si stringono la mano in modo un po’ impacciato. George e Giuliano accennano a un applauso.
Teresa: Signor giudice, (riferito a Improta) questo ragazzo è un genio!
Amalia: Il sergente ha avuto proprio una bella idea!
Sante: Ciò è cosa chiara, abbiamo qui il Teatro (riferito a Improta) (lo indica con gesto plateale).
Sante, Amalia, Teresa e George, tributano al sergente un inchino plateale ed arcaico.
Giuliano: E noi signor giudice, siamo gli involontari protagonisti di questa vicenda. Io ne sono l’indegno autore e quella che state vedendo (riferito al pubblico) è l’opera che ci rappresenta.
Gli attori, ancora nei panni dei personaggi, senza soluzione di continuità e in assoluto silenzio, si avvicendano tutti verso il proscenio. Si prendono per mano e si inchinano verso il pubblico.

Cala il sipario.