Gelato alla Pasta
(Una questione anagrafica)

Dramma in III atti di 

Simone Dumdam


Personaggi:

Maria: la moglie
Mattia: il marito
lei
Giulia: amica dei coniugi
Luigi: marito di Giulia
Roberto: dottore (amico di Maria e Mattia)
ballerine
Vigile
Comparse

 


ATTO I

Sipario aperto. In scena circa otto – dieci persone che ballano e si divertono durante una festa in un locale. Avanzano sul palco, ben visibili dal pubblico, Mattia e una persona, mentre gli altri continuano a divertirsi sulle note di una musica progressive.
Voice over di Mattia che si sta scambiando effusioni con la persona.
“Mamma mia quanto è bona! Bello avere il potere, prendo quello che voglio. Che stronzo sono diventato? Ho concesso il mutuo a quei due morti di fame? Uff, domani sono a casa, non so cosa fare. Mi sto annoiando. Sono sbronzo marcio. Mi piacerebbe cantare. Quei “pentirommi e volgerommi” del Passero hanno una forza pazzesca. Wow, mi ricordo ancora Leopardi. Ho grandi prospettive per il futuro. Ma sì, me ne bevo un’altra; tanto…. Ubriaco per ubriaco”.
Il palco si svuota, se ne vanno tutti; Mattia e la donna escono per ultimi, abbracciati.
Al bar Maria e Giulia, sedute. Entra il cameriere per prendere l’ordine.
CAMERIERE: Buongiorno (a questo punto Maria bruscamente ordina senza guardare in faccia il cameriere)
MARIA: Due spritz.
GIULIA: Grazie (Giulia ha un attimo di esitazione e poi si riprende; il cameriere esce).
MARIA: Che c’è Giuly?
GIULIA: Niente niente; stavo pensando…. (cambia discorso); Mary, quei due ieri hanno fatto festa.
MARIA: (ride) sì, Mattia si è addormentato sul divano, non è riuscito ad arrivare a letto.
GIULIA: Anche Luigi.
MARIA: Ah, questi uomini.
GIULIA: Ci sta che si divertano una volta ogni tanto.
MARIA: Meno male che le nostre figlie sono in gita, chissà se avessero visto i loro eroi in quello stato. (Ridono entrambe).
GIULIA: Bello questo vestito.
MARIA: Hai visto? Me l’ha regalato Mattia un mesetto fa.
GIULIA: Proprio bello, ti fa un décolleté super. (Entra il cameriere con gli spritz. Maria non lo guarda nemmeno. Il cameriere appoggia i drink). GIULIA: (al cameriere) grazie. Il cameriere risponde con “Prego, signora” ed esce.
MARIA: A proposito, non hai notato niente?
GIULIA: Non ci credo, ti sei rifatta le tette?
MARIA: Sì, guarda qua (mette in mostra il seno coperto a schiena dritta).
GIULIA: Ma sono bellissime, posso?
MARIA: Certo, tocca pure; senti che lavoro sopraffino.
GIULIA: E guarda che belle forme (tasta il seno di Maria).
MARIA: Sono contentissima; le sto sfoggiando a destra e a manca ogni minuto.
GIULIA: Ci credo, farai svenire il mondo.
MARIA: Sono costate un po’, eh (si ricompone). 
GIULIA: Ah, Mattia Mattia quanto spende per le sue donne.
MARIA: Lo sa che sono queste le cose che mi rendono felice. E tu, come va? Niente tette nuove?
GIULIA: Oh no no, almeno non ancora. Ho altri pensieri in questo periodo.
MARIA: Tipo?
GIULIA: Sai… (Maria interrompe).
MARIA: Ah, scusa se ti interrompo: sai che Monica e Claudio si sono separati?
GIULIA: Sì, l’avevo sentito; mi è dispiaciuto, sembravano una coppia così affiatata, sempre insieme.
MARIA: Eh mia cara, le apparenze ingannano. Comunque, cosa fai dopo?
GIULIA: Vado a casa a sistemare un po’, poi…
MARIA: Ma la donna delle pulizie?
GIULIA: Ecco sì, volevo dirtelo, l’ho licenziata.
MARIA: Perché?
GIULIA: Non ridere…volevo rendermi utile in qualche modo.
MARIA (ride): A sgobbare per tenere pulita una casa che non lo sarà mai? Ti ricordi quando accompagnavamo le nostre figlie a scuola, quando erano piccole?
GIULIA: Certo, che bei tempi, mi mancano.
MARIA: Soprattutto perché dopo ce ne stavamo a parlare per ore al bar, belle rilassate, senza annoiarci mai.
GIULIA (con sorriso di circostanza, in atto di contrizione): Eh sì, ricordo.
MARIA: Ed ora cosa vuoi fare, la casalinga?
GIULIA: Beh…sì, ma almeno faccio qualcosa, altrimenti mi annoio; non ho niente da fare durante la giornata. Intanto mi godo lo spritz.
MARIA: Lascia stare, io non saprei proprio come annoiarmi: tra un’ora palestra, poi chirurgo per controllo, devo chiamare la domestica per mandarla a far la spesa; pomeriggio ho la spa, poi manicure e dulcis in fundo visita da un nuovo chirurgo per ritocco labbra ma non ti nascondo che sto pensando anche a un ritocco al mio bel culo.
GIULIA: Ma è perfetto così, sei l’invidia di tutte noi.
MARIA: L’età avanza, purtroppo. E voglio rimanere una bella milfona attraente per sempre (ridono entrambe). Non vedo l’ora di postare il mio davanzale nuovo su Instagram. Ma anche tu sei sempre in forma, hai un fisico da modella.
Entra il cameriere che fa per portar via l’aperitivo e domanda:
CAMERIERE: Gradiscono ancora qualcosa?
MARIA: Assolutamente no! Imparate a farli bene gli aperitivi, facevano pena.
CAMERIERE: Oh mi dispiace tanto (esce di scena).
GIULIA: Sei nervosa, Mary?
MARIA: No no, sono tranquillissima. Tu invece, come va in generale?
GIULIA: Ti dicevo questa cosa del voler pulire la casa da sola; sembrerà una stupidata ma ci sto provando gusto, mi sento più matura…non nel senso di milfona, eh (ridono di gusto).
MARIA: (ridendo): Ma viva le milf!
GIULIA: (guardando una notifica al telefono): Eccolo, finalmente!
MARIA: Cosa?
GIULIA: Mi sta arrivando un pacco a casa; meglio che vada se no quelli chissà dove lo lasciano, se lo lasciano.
MARIA: Ok, andiamo. (Escono di scena; il cameriere porta via tavolo e sedie).
Il palco rimane vuoto, parte la canzone “Bang and blame” dei R.E.M. dopo circa venti secondi la musica scema ed entra Mattia, solo, in atto di riprendersi e pensa. È ben vestito. “Ah, mi scoppia la testa; antinfiammatorio amore mio. D’un tratto, faccia al pubblico, ha un flashback mentale della sera prima con espressione attonita, sbigottita. Mattia sbianca. “Cosa ho combinato ieri? Ah sì, mi sono fatto quella biondona. Squilla il telefono. Mattia risponde: “Onorevole buongiorno…abbastanza bene, grazie; e la sua famiglia? Mi fa piacere. Certo, domani venga in banca; il finanziamento? Non credo sarà un problema concederglielo. Perfetto, a presto. Ah, resto in attesa di quella famosa cena. Benissimo, arrivederci.
Mattia fa per riprendersi portandosi le mani in faccia, sbadigliando e cercando di ristabilire il contatto con la realtà circostante. Dalle porte laterali si sente una voce che dice “Eh sì, Mattia: l’hai tradita, dopodiché appare in scena la donna con cui Mattia è andato via la sera prima; è vestita in abiti succinti, attraente e provocante; è a piedi scalzi, con le scarpe in mano; il suo atteggiamento è serio e posato, calmo e riflessivo. L’andatura e l’incedere sono lenti. Il tutto evoca saggezza. Le luci si abbassano, l’atmosfera si fa onirica.
MATTIA: Cosa cazz…
LEI: La porta era aperta e ieri sera mi hai lasciato il tuo indirizzo; comunque, non mi sembra la tua più grande preoccupazione in questo momento.
MATTIA: Ero proprio ubriaco marcio!  Cosa vuoi da me?
LEI: Io? Assolutamente niente. Sei tu che hai tradito tua moglie con me, non io.
MATTIA: Io…non so….
LEI: Di’ la verità: ti è piaciuto, vero?
MATTIA: (esita ma riprende sicurezza). Sì, mi è piaciuto.
LEI: Come ti senti?
MATTIA: Confuso, credo di non sentirmi bene (si porta le mani in faccia e sui capelli).
LEI: Stai benissimo, fidati di me.
MATTIA: C’è qualcosa che non va; non è la prima volta che tradisco ma…
LEI: Questa volta è stato diverso, vero? Ti è piaciuto più del solito.
MATTIA: Sì, è vero.
LEI: Dunque il mito del marito perfetto si sta sgretolando?
MATTIA: Non credo di essere mai stato un marito perfetto.
LEI: E come padre?
MATTIA: Sono contento di mia figlia, è il mio orgoglio.
LEI: Ma?
MATTIA: Come fai a sapere?
LEI: Non preoccuparti, continua. E poi ieri parlavi, parlavi.
MATTIA: Sta crescendo stronza come la madre, bella ma stronza.
LEI: In che senso?
MATTIA: Sono stato un padre poco presente, lo ammetto.
LEI: E tua moglie?
MATTIA: Credo sia colpa di entrambi: ci siamo sempre ritenuti superiori agli altri.
LEI (avvicinandosi e tentando di flirtare): Come sei bello.
MATTIA (respingendola ma toccandola): Non ti avvicinare.
LEI (indietreggiando): Non combattere contro te stesso. 
[Pausa tra i cinque e i dieci secondi; si mette le scarpe] Ormai sei un’altra persona (mentre afferma ciò esce lentamente di scena, le luci ritornano normali; squilla il telefono e Mattia, dapprima imbambolato, si guarda intorno attonito ma riesce a rispondere al telefono).
MATTIA: Oh, ti sei ripreso? (ride) grande…sì, ok; alle 13:00. Va bene. Andiamo al Memory, quello che prepara i tavoli al momento. A dopo.
Scena al bar: cameriere, Mattia e Luigi. Il cameriere prepara il tavolo poi porge due tazze di caffè ai due, dopodiché se ne va.
LUIGI: Caffè caffè caffè!!! Mi scoppia la testa.
MATTIA: Lascia stare.
LUIGI: Ma poi ieri sei andato via con una.
MATTIA: Sì ma non è successo niente.
LUIGI: Peccato, pareva una gnocca da paura.
MATTIA: Minchia! (Mattia è pensieroso, serio).
LUIGI: Cosa c’è, Mattia? Sei strano; sei ancora in botta?
MATTIA: No, no, per quello mi sono ripreso (controlla le notifiche al telefono).
LUIGI: Non eri a casa dal lavoro oggi?
MATTIA: Sì, sì, controllo solo che non facciano stupidate in banca.
LUIGI: L’occhio del padrone ingrassa il cavallo, eh?
MATTIA: Assolutamente (ripone il telefono in tasca). Per oggi basta.
LUIGI: Bravo, così si fa. Non come me che sono rinchiuso dodici ore al giorno in officina.
MATTIA: Almeno è la tua.
LUIGI: Infatti è solo quello che mi dà la forza di alzarmi tutti i giorni.
MATTIA: A che ora riprendi a lavorare?
LUIGI: Alle 14. Tu che fai oggi? Relax in Porsche o in Jaguar?
MATTIA: Forse… o forse no. A dire il vero non so cosa fare.
LUIGI: Se fossi in te me ne andrei in giro tutto il giorno, poi nei tempi morti mi comprerei un’altra barca (ridono).
MATTIA: Belle prospettive!
LUIGI: Davvero.
MATTIA: Sono scazzato; tu non ti annoi mai?
LUIGI: Magari ne avessi il tempo.
MATTIA: Sei contento della tua vita?
LUIGI: Dio, che discorsi profondi dopo una sbronza colossale. (ridono entrambi) Comunque sì, certo.
MATTIA: E se dovessi stilare un bilancio fino ad ora?
LUIGI: Della mia vita?
MATTIA: Sì…vita di coppia, lavoro, figli.
LUIGI: Mah… aspetta che mi ripiglio (sorseggia caffè); non voglio sembrare quello che si vanta da solo però… in generale sì, sono soddisfatto.
MATTIA: Nessun rimpianto, rimorso? 
LUIGI: Eh, non abbiamo ottant’anni che parliamo di rimpianti!
MATTIA: Però ne abbiamo quasi cinquanta, ci sta un primo bilancio.
LUIGI: Uff… che palle. La sbronza di ieri ti ha proprio ucciso.
MATTIA: Può darsi (ride). Comunque, non ne abbiamo mai parlato.
LUIGI: Mettiamola così: faccio un lavoro che mi piace, ho sposato la donna che amo, mia figlia sta bene e tra poco compie diciotto anni…Sì, non potrei chiedere di più o di meglio.
MATTIA: Come va con Giulia? Sempre innamorati?
LUIGI: Sì, sì, assolutamente. Lei è super, sono stato proprio fortunato. Non si ferma mai, tutto quello che fa è per la famiglia. Poi, adesso che Chiara è grande ci siamo ripresi anche i nostri spazi: usciamo, ci divertiamo.
MATTIA: Wow, che bello; ti invidio, sai?
LUIGI: ma anche tu con Maria vai alla grande, no?
MATTIA: Sì sì, stiamo bene; Ginevra cresce bene, si vuole iscrivere a Ingegneria. No, per quello va bene.
LUIGI: Bene; quindi, cosa c’è che non va?
MATTIA: Non saprei…mhmm …. Tu cosa fai dopo il lavoro? Divano, film…
LUIGI: Mah, poco; sto con Giulia e Chiara, la famiglia del mulino bianco!
MATTIA: Sì, ok, anch’io; voglio dire: per te stesso cosa fai?
LUIGI: Lo sai, gioco a calcetto il martedì sera, il mio angolo di paradiso.
MATTIA: Tu ti accontenti di quell’angolo? Che va bene, intendiamoci.
LUIGI: Ma sì, tanto ci siamo divertiti abbastanza in gioventù.
MATTIA: Ho capito ma perché non dovremmo farlo anche dopo la gioventù?
LUIGI: Direi che ieri l’abbiamo fatto alla grande (ridono).
MATTIA: Davvero, che seratona.
LUIGI: E allora non sei contento di questi momenti?
MATTIA: Ma perché devono essere momenti? Perché non possiamo fare quello che vogliamo?
LUIGI: Cosa vorresti fare, viaggiare per il mondo, aprire una missione in Africa?
MATTIA: Il senso è quello.
LUIGI: Badare alla propria famiglia allora non è quello che vogliamo?
MATTIA: Ma no, non intendo quello. La famiglia sai che c’è, ce ne prenderemo sempre cura, non è quello il discorso. 
LUIGI: Ma dai Mattia, tra poco facciamo cinquant’anni e oggi te ne vieni fuori con “chi siamo, dove andiamo”? Sai qual è il tuo problema? Pensi troppo.
MATTIA: Già, quanto è difficile essere persone pensanti.
LUIGI: Smetti di pensare a queste cose che ti tormentano tanto. Hai una bella famiglia, una casa, il posto fisso (ridono)…cosa vuoi di più?
MATTIA: Hai ragione. È solo che vorrei…. (parte il primo ritornello della canzone “Fai rumore” e Mattia si blocca. Si abbassa la musica). Che meraviglia, hai sentito?
LUIGI: La canzone? Sì, carina.
MATTIA: La sento dentro.
LUIGI: Ecco, oggi sei più fuori di ieri. È una vita che mi fai una testa così con gli U2 e adesso ti emozioni per ‘sta roba?
MATTIA: Oh, va beh, cazzo vuoi; una volta che voglio sentirmi vivo. Anzi adesso controllo chi la canta, così me la salvo (cerca sul telefono).
LUIGI: Per me sei ancora ubriaco.
MATTIA: (ride) Può essere. Seriamente, è un po’ di tempo che penso alla mia routine. Alla fine, uno si sveglia sempre alla stessa ora, lavora, torna a casa, invecchia e muore.
LUIGI: In pochissime parole hai riassunto circa settanta/ottant’anni di vita; il dono della sintesi (ridono).
MATTIA: Io non la immagino così la mia vita.
LUIGI: Ah no? E come la immagini?
MATTIA: Ancora non te lo so dire ma sto percependo qualcosa.
LUIGI: (gridando e ridendo): Si chiude! (Ridono entrambi).
MATTIA: Però senti qua, poi ti lascio in pace, giuro: quindi noi siamo quello che facciamo? Voglio dire, tu sei il titolare di un’officina meccanica, sei quella persona? Il tuo lavoro definisce chi sei?
LUIGI: Non ci ho mai pensato ma….
MATTIA. Eccola lì… non ci hai mai pensato.
LUIGI: Perché so che se ci penso non ne esco più, come sta accadendo a te.
MATTIA: Ma non hai mai fatto una cazzata o comunque agito in un modo che non ti aspettavi da te stesso e pensare “ah, guarda un po’, sono anche questo, sono anche così”?
LUIGI: No, mai.
MATTIA: Viva il mondo!
LUIGI: Evviva. (Ridono ed escono).
Escono tutti di scena che rimane così com’è: con tavolo e sedie. Stacco delle ballerine con cartello riportante “La cena”.
A casa di Mattia; ogni tanto Maria e Giulia si alzano per portare pietanze; Maria mostra fiera gli arredi di casa a Giulia. Mattia e Luigi entrano per ultimi e si siedono a parlare, davanti a un buon bicchiere.
GIULIA: Abbiamo appena finito la videochiamata con Chiara, si sta divertendo un mondo.
MARIA: Anche Ginevra; amo, non eri ancora tornato, è entusiasta della gita.
MATTIA: Cosa ti ha raccontato?
MARIA: É andata a visitare il palazzo della regina e mi ha detto che anche lei vuole dei sudditi ai suoi piedi (Luigi e Maria ridono, Giulia e Mattia mostrano sorrisi di circostanza).
MATTIA: Che belle aspirazioni; domani la chiamo io.
GIULIA: Anche Chiara è felicissima; è in giro per musei.
LUIGI: Bene così. Io non ho mai avuto la fortuna di poter visitare quello che mi interessava.
GIULIA: E cosa ti interessava, a parte i circuiti delle macchine da corsa? (Ridono tutti. Maria interviene).
MARIA: Giuly, hai visto questi quadri? Sono Klimtinsky autentici.
GIULIA: Caspita che meraviglia.
MARIA: Guarda qua (mostra il telefono a Giulia): ho postato su Instagram una foto mia accanto ai quadri, con quello che costano.
GIULIA: Con le tette belle in mostra; credi che a qualcuno fregherà dei quadri? (Ridono entrambe).
MARIA: Come darti torto (ridono entrambe)? In effetti lo scopo era quello.
LUIGI: Bella Mattia, adesso anche quadri che valgono milioni.
MATTIA: Insisteva così tanto che alla fine li ho comprati per disperazione (ridono tutti).
LUIGI: Giulia non pensarci nemmeno a chiedermi quadri di questi artisti mezzi matti.
GIULIA: Mezzi matti? Il grande Klimtinsky? È uno dei più grandi pittori del secolo scorso; pensa che i suoi quadri esprimono…
LUIGI (ridendo): Cosa esprimono, amore mio?
GIULIA: Lascia perdere, non voglio annoiarvi.
MATTIA: No, Giuly, per favore; a me interessa, continua pure.
MARIA: Giuly, quest’estate verrete con noi?
GIULIA: Dove?
MARIA: Caraibi e Hawaii, poi una puntatina in Kenya, anche se a me il Kenya non piace.
MATTIA: A me sì, invece.
LUIGI: Io sono contrario a quei posti, possono essere pericolosi.
MATTIA: Ma no; cosa dici, Luigi?
GIULIA: E comunque non possiamo; almeno io.
LUIGI: Perché, cosa devi fare?
GIULIA: Vedi che non mi ascolti quando parlo? Te l’avrò detto cento volte che devo studiare.
MARIA: Cosa? Studiare?
GIULIA: Sì, Mary, ho ripreso a studiare.
LUIGI: Oh, Madonna! 
MATTIA: Bravissima Giulia, sono contento per te. Luigi, non sei fiero di tua moglie?
LUIGI: L’importante è che non si sciupi, vado matto per questo faccino e questo bel corpo (la prende a sé e se la avvinghia. La scena è ilare, ridono tutti, anche Giulia, sebbene cerchi di divincolarsi).
MARIA: Facciamo una foto tutti insieme che la Instagrammo e immortalo questo momento.
MATTIA (scorrendo notifiche al telefono): Un attimo…
LUIGI: Oggi niente lavoro, Mattia, avevi promesso.
MATTIA: No, leggevo il giornale. Cristo, ancora guerre, sempre guerre.
MARIA: Ma chi se ne frega, Mattia. Dai, mettiti in posa.
MATTIA: Sei seria? Non pensate mai a quei poveri bambini? Potrebbero essere nostri figli.
MARIA (alzando la voce, arrabbiata): Eh ma non lo sono! (Silenzio in scena, c’è imbarazzo, nessuno sa cosa dire)
LUIGI: (tentando di stemperare) Come darti torto, Maria? Mattia facciamoci ‘sta foto, va’.
MATTIA (guardando Maria con disprezzo e rispondendo a forza): Va bene. (Maria scatta il selfie).
MARIA: Wow, Giuly guarda che fighe siamo.
GIULIA: Come ci manteniamo in forma.
LUIGI: Certo che siamo proprio fortunati ad avere due sventole così come mogli.
MATTIA (pensieroso): Come dici?
LUIGI: Dicevo che siamo proprio fortunati ad avere due sventole così come mogli.
MATTIA: Due sventole così come mogli.
LUIGI: Tutto ok?
MARIA: Amore, domani faccio tardi, dopo la palestra mi incontro con il nuovo personal trainer; sai, Giuly, è quello dei vip.
GIULIA: Ah sì?
MARIA: è un po’ di tempo che ti vedo strana, stressata; vuoi venire anche tu con me?
LUIGI: Sì, mi sembra un’ottima idea, così ti distrai.
GIULIA (guardandolo): Da cosa mi dovrei distrarre?
LUIGI: Non so, dalla noia, intanto che aspetti che torno dal lavoro. Vai con Maria, vedrai che bello (in tutto ciò Mattia resta in silenzio, pensieroso, assistendo alla scena).
MARIA: Mentre ci pensi ti mostro la stanza nuova che io e Mattia abbiamo rifatto (Maria si alza prendendo Giulia per mano e portandola fuori scena mentre Giulia, girando la testa verso Luigi, dice:):
GIULIA: Ok, vado a vedere la stanza del giovin signore (ride).
LUIGI: Eh?
GIULIA: Lascia stare.
MATTIA: Ottima citazione, Giulia (Maria e Giulia escono). Vado a fumare; vieni Luigi?
LUIGI: Arrivo subito (si ferma davanti ai quadri e dice:). Ammazza che merda! (prende il calice di vino ed esce)
Il palco rimane vuoto. Stacco delle ballerine: Il giorno dopo. Irrompe Maria in scena urlando. Il momento è concitato.
MARIA: Aaaaaaaaahhhh aiuto! Mattia, Mattia!
MATTIA: Cos’è successo, cos’hai?
MARIA: Stavo tornando dal bar, sono caduta e c’era una siringa vicino a me.
MATTIA: Ti sei punta?
MARIA: No, ma sono terrorizzata. Che schifo. Fai qualcosa.
MATTIA: Cosa devo fare? Non ti sei nemmeno punta. Smettila adesso.
MARIA: Andiamo da Roberto, sono in ansia; per favore.
MATTIA: Che palle con ‘sto Roberto; lasciamolo in pace, avrà di sicuro questioni più urgenti da sbrigare in ospedale che stare a sentire te che fai la matta per niente.
MARIA: Allora vado da sola! Se aspetto per te.
MATTIA: Non saranno tutte scuse per vederlo?
MARIA: Ma cosa ti salta in mente? Dai vieni con me, ho paura, sono terrorizzata, andiamo.
MATTIA: Uff… e va bene, andiamo.
(Maria piange. Arriva il medico Roberto, amico della coppia).
ROBERTO: Allora ragazzi, Mattia tu stai calmo, non è successo niente di grave.
MATTIA: Io sono calmo, non si è nemmeno punta.
ROBERTO: La siringa era in terra e sulle tue mani non ci sono segni di puntura; non hai corso alcun pericolo.
MARIA: (piangendo) Speriamo.
MATTIA: Maria, basta adesso; stai esagerando.
ROBERTO: Tranquilla Maria, non hai corso alcun pericolo anche se, conoscendoti, non ti tranquillizzerai mai. 
MATTIA: Infatti! La conosci proprio bene.
ROBERTO: Allora facciamo così: la profilassi post esposizione al virus, evita il contagio. Poi tra un mese, se vuoi, ti sottoporrai al test solo come formalità. Ti ripeto, si tratta di un plus; non hai corso alcun rischio.
MATTIA (sarcastico): Quante attenzioni per la poveretta.
MARIA: Zitto tu! Sì, Roberto, facciamola.
MATTIA: Per me è inutile ma se ti senti più tranquilla…
MARIA: Sì sì.
ROBERTO: Perfetto, chiamo l’infermiera; vi farà compilare un form, solite cose: stato di salute, eventuali rapporti a rischio e robe così. È burocrazia ma ci tocca.
MATTIA: É proprio necessario?
MARIA: Ma sì, cosa te ne frega?
ROBERTO: Ho capito, lo compilo io il form; dato che vi conosco garantisco io per voi: mi fido, so che siete casti, puri e seri quindi, passiamo direttamente all’iniezione. Infermiera…
MATTIA: (urlando, mentre Roberto sta lasciando la scena): Aspetta.

SIPARIO

ATTO II
In scena Maria e Mattia. Maria piange disperata, Mattia è quasi interdetto, non riesce a dire nulla.

MARIA (singhiozzando): Come hai potuto? Cosa ti è saltato in mente? (riprendendo la voce)
MATTIA: Non so spiegarmelo.
MARIA: Brutto stronzo, cos’ho io che non va? Sono così brutta?
MATTIA: Ma cosa dici, sei ancora una super figa.
MARIA: Come “ancora”? Oddio sono vecchia, adesso questo se ne scappa con una più giovane.
MATTIA: Datti una calmata e smettila di dire cazzate.
MARIA: Mi sono anche rifatta le tette per piacerti di più. Su Instagram mi sbavano tutti dietro; nessuno mi dà della vecchia, solo tu.
MATTIA: Instagram… vecchia? Ti rendi conto di quello che stai dicendo?
MARIA: Certo che me ne rendo conto; e adesso con che faccia mi presenterò dalle amiche al circolo e al club?
MATTIA: Cioè, stai pensando a questo?
MARIA: Ho fatto di tutto per mantenere uno status da vip, dovevamo essere la famiglia invidiata da tutti.
MATTIA: Aspetta un attimo, ricapitoliamo: io ti ho tradita e tu anziché insultarmi o disperarti per l’uomo che ami, ti preoccupi di come ti guarderanno gli altri?
MARIA: Non capisci proprio niente; oggi funziona così: se non sei bella, senza followers o squattrinata non ti calcola nessuno.
MATTIA: Tu non stai bene. 
MARIA: Eravamo così felici, avevamo tutto: soldi, una figlia splendida, serenità…
MATTIA: Serenità? E dove la percepisci la serenità in questa casa? Ma ti senti quando parli? A cinquant’anni mi vieni a parlare di followers, bellezza…
MARIA: Beh, che c’è di male? Dopo aver cresciuto una figlia volevo anch’io del tempo per me.
MATTIA: Potevi fare altro anziché rifarti le tette o andare per chirurghi, dal famoso Roberto.
MARIA: Io sono questa. Punto.
MATTIA: Cosa stiamo insegnando a nostra figlia? Quali valori le stiamo trasmettendo?
MARIA: Quelli che contano: la scalata sociale, la carriera e…
MATTIA: Il prototipo della stronza egoista che sarà una mangiauomini triste a vita.
MARIA: Vedi come non ci capiamo? E proprio tu che sei direttore di banca non ci arrivi; dovresti sapere meglio di chiunque altro che il potere, il comando mandano avanti il mondo. Sì, più della figa, te lo dice una donna.
MATTIA: Oddio, mi fai paura. 
MARIA: E tu pensi di essere migliore di me? Per tutta la vita hai fatto il bauscia con macchine e hotel di lusso, hai sempre guardato chiunque dall’alto al basso con quello sguardo fiero di non essere come loro. Sempre a testa alta, con quella faccia tronfia che disprezza i poveri.
MATTIA: Le cose stanno cambiando, a cominciare da Ginevra; sono ancora in tempo per rieducarla.
MARIA: Non ti azzardare a mettere in mezzo Ginevra, dopo tutta la fatica che ho fatto per insegnarle a stare al mondo.
MATTIA: Cosa? Non ti ricordi quando bullizzava le ragazze a scuola o quando le prendeva in giro perché non potevano premettersi di andare a danza o praticare sport assurdi all’estero che solo venti persone al mondo praticherebbero? Come ho fatto a dormire tutto questo tempo?
MARIA: Tieni fuori Ginevra da tutto questo.
MATTIA: Stanne certa. Devo solo andarmene da qui.
MARIA: E io cosa faccio?
MATTIA: Tranquilla, avrai un mantenimento piuttosto generoso, continuerai a non fare un cazzo di niente come sempre.
MARIA (tirando un sospiro di sollievo): Meno male.
MATTIA: Non te ne frega niente ch’io ti abbia tradito, vero?
MARIA: Diciamo che l’avrei accettato qualora fosse capitato. Non avrei mai perso la bella vita né quella sui social.
MATTIA: Sono senza parole.
MARIA: Allora oggi sei stato folgorato sulla via di Damasco e ti sei accorto che tua moglie è una troia, vero?
MATTIA: Magari lo fossi stata, almeno avresti agito nella vita.
MARIA: E a te non stava bene la vita che conducevamo? Dopotutto sono diciotto anni che siamo sposati, non un giorno.
MATTIA: Lo ammetto: sono stato cieco. E poi mi faceva comodo non andarmene via, perché non ero sicuro di fare la cosa giusta o per sciatteria. E adesso sì che me ne vado, solo la tua vista mi rattrista.
MARIA: Ecco vai, vai. Io me ne vado dal chirurgo.

Escono entrambi; ritorna sul palco Mattia, da solo. La scena rappresenta una strada a fondo chiuso. Mattia passeggia a testa bassa e riflette: è proprio vero che la vita non cambia in un giorno ma in molto meno; in un secondo mi si è sgretolata la famiglia. Famiglia…siamo un branco di egoisti e ci riempiamo la bocca con questo parolone “famiglia”; belle poi le facciate, le apparenze di quanto sia splendida la vita. Sarebbe interessante essere invisibili per poter entrare nelle case degli altri ad ascoltare i problemi di quelli che al di fuori ostentano felicità; chissà le risate che mi farei; magari, ascoltando quei problemi, mi riprenderei i miei (ride; una breve pausa, poi ritorna serio, dubbioso). Problemi? Quali problemi ho? C’è qualcosa che non va, da tempo mi sento come sgretolato, confuso; forse dovrei farmi vedere da qualcuno, dal classico “uno bravo”. Sono apatico, non provo nulla; perché non sono triste che mi sono appena lasciato? Devo ancora metabolizzare? Parte il secondo ritornello (con batteria) della canzone “Fai rumore” e Mattia si sfoga.
Che meraviglia di canzone, sentite che emozione (in sottofondo la canzone, Mattia canta il ritornello di Fai rumore a squarciagola rivolto al pubblico). Cosa sto facendo? Perché non provo vergogna? D’altra parte, oggigiorno si è perso il sentimento e senso della vergogna. Se mi vede qualcuno… Io sono una persona rispettabile, che mi salta in testa ora? Cosa sta uscendo da dentro di me? Sto provando qualcosa? Ecco…La amo questa canzone (la canzone va scemando; pausa, resta fermo e immobile come illuminato e guarda il pubblico) io amo (ancora una pausa, dopo poco riprende a parlare). Ma sto malissimo, mi sento morire; mi gira la testa, sto per svenire… (barcolla) e se muoio? Mia figlia, i mutui, i tassi di interesse, i miei soldi (Come illuminato): Ecco cosa devo fare. (Rivolto al pubblico): Devo morire: se mi ammazzo finisco di stare male. 
Passa un uomo dallo sguardo serio, quasi arrabbiato; normale espressione sua. Mattia inizia a parlare e la persona attraversa il palco per poi uscire.
MATTIA: Guardate questo che brutta cera! Avete presente quelle facce di merda sempre serie con la morte addosso che quando parlano sembrano zombie? Vi sarà capitato di incontrare tipi del genere. Magari sono brave persone ma se io non le conosco giudico quello che vedo, giusto? Impariamo a sorridere, altrimenti io e voi giudichiamo (un attimo di pausa e poi riprende, al pubblico): Una volta ho scritto solamente “contraccambio” a un bellissimo messaggio augurale di un mio dipendente che me l’aveva inviato via mail col cuore, si percepiva; cioè io gli ho risposto solo con “contraccambio”. Eh, ma avere il potere significa dimenticarsi di essere gentili. Quanto ero stronzo? (confuso ma illuminato, si guarda i vestiti): Che vestiti ho indosso? Non mi piacciono questi vestiti, sembro un damerino omologato, tutti uguali, l’uno identico all’altro. Via questa roba. Si spoglia e rimane a petto nudo. Passa una persona che lo guarda sbigottito, quasi intimorito e lo saluta in maniera insicura.
PERSONA: Ciao.
MATTIA: Ciao; scusa, una curiosità: tu sai come mi chiamo?
PERSONA: Come, scusa?
MATTIA: Sì, il mio nome, lo conosci?
PERSONA (titubante): Ehm… a dire il vero… no.
MATTIA: Sono dieci anni che vivo qua, ci siamo sempre salutati e nemmeno sai il mio nome. Non lo sai perché non te ne frega niente di conoscere degli altri, ti importa solo della tua vita. Io ho un nome, mi chiamo Mattia, non sono un fantasma; mi devi definire come persona quando mi saluti. Oppure saluti per nome solo le persone che conosci dalla nascita? Per carità, Dio ti scampi dal ricordare il nome di chi non faccia parte della tua cerchia.
PERSONA: Ma… cosa dice? 
MATTIA: Mi ricordi quelli che, quando arrivavano in città stranieri, gay o lesbiche, non rivolgevano loro nemmeno la parola e li lasciavano soli come dei cani, come se non esistessero. L’importante era il vostro gruppetto di amici ebeti. Cosa facevate dopo, andavate dalla mammina a dire “ho visto uno straniero o uno strano”? Come se fossero extraterrestri. Che pena! Che cretinismo endemico. Magari andate in chiesa la domenica o vi precipitate ad aiutare i terremotati. Cristo, siete schizofrenici.
PERSONA: (arretrando quasi fino a scomparire dalla scena, spaventato) questo è fuori di testa (scappa).
MATTIA: Può darsi ma è sempre meglio che vivere una vita da ebete amorfo. 
In scena da solo, Mattia cerca di definirsi a petto nudo.
MATTIA: Ecco, so per certo solo questo, che sono fatto di ossa, carne e di pelle, tutto il resto lo scoprirò. So solo chi non sono.
Passa una giovane donna, con l’aria di chi ha appena terminato di lavorare; sta leggendo notifiche al telefono e si imbatte in Mattia; alza la testa e si meraviglia.
DONNA: Oddio.
MATTIA: No, ancora no (ride). Tu sei la segretaria, giusto?
DONNA: S..sì.
MATTIA: Hai appena finito di lavorare, vero? Cosa fai ora, palestra, doccia e cena con amiche? E poi? Posterai foto di te in primo piano per mostrare i tuoi occhi e ricevere mille like e complimenti da uomini che non considererai mai? Guarda che non hai più vent’anni che puoi permetterti di scegliere gli uomini o non considerarli; stai tranquilla, in giro non ci sono solamente casi umani o stronzi; concedi una possibilità a chi è sensibile, anche se non è Brad Pitt; e poi il tempo fugge; tic-tac, tic-tac. Chissà senza i social come sarebbe la tua vita, senza nessuno che ti glorifica; non basteresti a te stessa. Addirittura scommetto che eviti appositamente di salutare qualche uomo con cui hai interagito ma che non ti ha colpito, riuscendo a giudicarlo senza averlo conosciuto. Maleducata! Togliere il saluto a chi non ti ha fatto niente! Definire una persona solo in base a qualche sfuggente interazione che non ha funzionato. Scandaloso. Ecco, ho descritto il settanta per cento della tua vita. Che tristezza. Magari ti vanti con gli uomini che conosci sbandierando ai quattro venti quanto tu sia impegnata oppure lamentandoti dell’ennesimo ex che si è rivelato un deficiente; ma se sei dotata di un’intelligenza superiore rispetto all’uomo che è un essere semplice e stupido, com’è che non ti accorgi subito, se non dopo anni, di essere stata insieme a un decerebrato? (Una breve pausa mentre la donna è come impietrita, spaventata) Sai, l’altro giorno sono venuto nei vostri uffici a sbrigare alcune pratiche e non ti sei nemmeno accorta che fossi io. Non hai nemmeno alzato lo sguardo per vedere chi ti stesse parlando. Sembravi un robot (imita i movimenti di un robot).
DONNA: Ma vaffanculo (esce di corsa).
Arrivano due uomini sulla cinquantina, ben vestiti; anche loro si meravigliano nel vedere Mattia in quello stato.
UOMO 1: Direttore, sta bene?
MATTIA: Guardate questi due; bei vestiti, capelli a posto, soldi a palate; visi belli e vuoti, senza cervello; chissà quante donne faranno la fila per voi. Di cosa parlate quando uscite con loro?
UOMO 2: Direttore, lei non sta bene; vuole che chiamiamo qualcuno?
MATTIA: Adesso no; voglio far sapere a tutti di quando, l’altra sera, ci siamo incontrati al ristorante. Ho ascoltato i vostri discorsi: avete parlato per due ore di soldi, di quante macchine uno ha venduto, mentre quell’altro di quante polizze aveva chiuso, per milioni di euro. Avete confezionato una marea di commenti beceri e sessisti nei confronti delle cameriere e facevate loro le boccacce, ma siete normali? Parolacce a non finire, poi ancora soldi. Due ore così, senza un pensiero, una riflessione. Dove siete cresciuti, chi vi ha educato? Eravate i cocchi di mamma che a scuola vi difendeva pure dalla vostra maleducazione. “Il mio ragazzo è un angelo, bravissimo”. Ma se uscite con qualche donna di cosa parlate, che argomenti avete? Soldi, macchine e poi? Ragazze (rivolgendosi al pubblico), meno male che voi avete una marcia anzi, mille marce in più rispetto a noi uomini e riuscite a discernere immediatamente la sensibilità dalla stupidità. I famosi casi umani. Va bene non giudicare subito ma…due ore a sentire voi due che ruttavate e dicevate le peggio cose delle cameriere…sempre e solo a parlare di soldi e di macchine…una persona si fa un’idea abbastanza precisa; vi fanno sentire tanto onnipotenti le automobili? Oppure rappresentano ciò che non siete in realtà, cioè forti e decisi? Secondo me ve la fate sotto solamente a scambiare due parole con una ragazza. 
UOMO 1: È completamente impazzito.
MATTIA: Ah, un’altra volta in pausa pranzo, sempre nello stesso posto, vi ho sentito parlare di calcio per circa quindici minuti; le vostre due colleghe, poverette, erano arrivate con un sorriso meraviglioso. Bellissimo vedere una donna sorridere ma poi sono state costrette a stare in silenzio per noia; guardavo le loro espressioni, erano a testa bassa, annoiate e infastidite. Quindici minuti a parlare di calcio senza la benché minima considerazione delle vostre colleghe. (Ride di gusto) che dementi siete. 
UOMO 1: Ma la smetta, buffone (fanno per andarsene).
MATTIA: (mentre i due escono di scena) … E detto l’ho perché doler ti debbia. Tiè (fa il gesto dell’ombrello). Anzi, alzo anche le fiche dell’età contemporanea (braccia alzate con le due dita medie in direzione dei due uomini).
Giunge un vigile, la cui attenzione è stata richiamata dal tono di voce alta di Mattia. 
MATTIA: Eh, la polizia. Devo essere un caso grave!    
VIGILE: Si ricomponga e la smetta di fare baccano o saremo costretti a denunciarla.
MATTIA: Io mi devo ricomporre? Forse lo sono già. 
Entra in scena Lei, correndo verso Mattia.
LEI: Mattia.
MATTIA: Sei tu?
VIGILE: È tutto a posto? Se ne occupa lei?
LEI: Sì, sì, grazie per essere arrivati. Ci penso io; è solo un po’ stressato; è una brava persona, davvero.
VIGILE: lo so e non lo metto in dubbio, signora. Direttore, cerchi di curarsi.
MATTIA: Sì, cerco di curarmi dalla vita.
VIGILE: Arrivederci. (esce di scena)
LEI: Eccoci qui, di nuovo soli. Dov’è tua moglie?
MATTIA: Ho scoperto di aver commesso molti errori nella mia vita. Sai, credo che Maria abbia una relazione con Roberto, il nostro amico chirurgo. Ho avuto un’illuminazione; ecco perché insisteva ad andare da lui; evidentemente non si vedevano da un po’e volevano incontrarsi a tutti i costi in qualsiasi circostanza, gli innamorati.
LEI: Mi dispiace; cos’hai intenzione di fare, ora che hai scoperto questo adulterio?
MATTIA: Direi che siamo uno pari. Dio che schifo, come sto parlando?
LEI: Infatti.
MATTIA: Il fatto è che io non voglio aggiustare niente, finalmente comincio a sentirmi bene.
LEI: Stai prendendo coscienza di chi sei realmente, non sei esaurito, stai tranquillo.
MATTIA: Macché esaurito.
LEI: Anche se alla tua età ci può stare: fai un lavoro stressante, da te dipende la condizione economica di molta gente.
MATTIA: É come se essere stato a letto con te mi avesse cambiato, eppure è stato solo un episodio casuale.
LEI: Credi che si sia trattato di un caso? Ne sei sicuro?
MATTIA: Io credo nel caso; ho conosciuto molte persone che mi raccontano che per caso hanno trovato l’amore, per caso hanno il posto di lavoro vicino casa, per caso si ritrovano case di proprietà a vent’anni; sono tutti felici quelli che vedo.
LEI: Non crederai alla facciata che ti viene mostrata, vero? Ti faccio troppo intelligente. Se fossero tutti felici il mondo sarebbe migliore e non mi sembra che lo sia.
MATTIA: Perché dovrebbero mentirmi? Perché le persone dovrebbero mostrarsi per quello che non sono?
LEI: Perché non è da tutti essere sinceri nel raccontare come sia davvero la propria vita. Cosa credi, che chiunque riesca a dirti che le cose vanno male? È più facile mentire che dire la verità o costruirsi una vita diversa da quella che si ha. Provare vergogna non è da tutti. C’è sempre meno vergogna in giro. Nemmeno tu sei sereno, guardati.
MATTIA: Mah… io non sono più sicuro di niente in questo momento. Sono frantumato in mille pezzi.
LEI: Ti ricostruirai, ti riassemblerai. Ma ora avvicinati, parliamo da uomo a uomo.
MATTIA: See, parliamo parliamo; come?
LEI: Sì, parliamo da uomo a uomo.
MATTIA: Ma come…da uomo a uomo?
LEI: Hai sentito benissimo.
MATTIA: Oh cazzo (si avvicina a Lei). Sei un travestito?
LEI: Adesso vieni a raccontarmi che non te ne eri accorto.
MATTIA: Posso? (In atto di tastarla).
LEI: Certo.
MATTIA (le tocca le parti intime; dopo un attimo di sbigottimento, ritorna lucido ed allarga le braccia in senso di rassegnazione) Ma porca putt…, pure frocio sono diventato (un attimo di pausa); ma certo che me n’ero accorto, solo che volevo autoconvincermi che non fosse così.
LEI: Perché?    
MATTIA: Credo per classico senso di colpa che si prova dopo una cosa del genere.
LEI: Senso di colpa? Tu hai una minima idea di chi viene a letto con me? Politici, giudici, chirurghi, avvocati e potrei andare avanti all’infinito con l’elenco delle persone cosiddette rispettabili, quelle che “bleah, non si va contro natura”.
MATTIA: Direttori di banca come me.
LEI: Non ti dico quello che mi chiedono di fare, ti spaventeresti.
MATTIA: No, no…racconta; spaventami.
LEI: Uno di questi personaggi vuole essere picchiato col mio tacco dodici, un altro è solo passivo, un altro ancora non disdegna i miei bisogni fisiologici sul suo corpo, per edulcorartela un po’; e stiamo parlando di gente sposata con prole, la migliore del bel Paese, per intenderci. Quando incontrano gli amici se la cantano e se la suonano come se avessero il mondo ai loro piedi, vantano i figli come fossero eroi mitici.
MATTIA: Praticamente stai descrivendo me. Dio, mi faccio schifo.
LEI: Io posso dirti come gira il mondo perché ne vedo e ne sento di cotte e di crude, tra bugie a mogli e figli, corruzione, sete di potere e quant’altro. Tu non sei più come loro.
MATTIA: Però sono andato a letto con un uomo, ero ubriaco.
LEI: non mentire a te stesso, sii sincero, questo è il momento.
MATTIA: Qualche volta ci ho pensato anche da lucido ma…
LEI: Continua, ti ascolto.
MATTIA: La mia posizione sociale mi impone di seguire schemi a cui mi sono sempre attenuto, era da perversi pensare di avere un rapporto omosessuale.
LEI: Ed ora che pensi?
MATTIA: Che non mi va più di sottostare a vincoli di sorta, voglio essere me stesso, anche se questo vuol dire dare una botta a un travestito, di tanto in tanto.
LEI: Così mi piaci. Ora come vedi la realtà che ti circonda?
MATTIA: A parte aver scoperto di aver sposato un’arpia?
LEI: Sì.
MATTIA: Ho alzato un sipario sul mondo, come se guardassi chiunque in modo diverso. Non so se sia giusto o sbagliato ma sento che devo farlo. È cambiato tutto.
LEI: Sai Mattia, ti svegli una mattina e scopri che il tuo perfetto vicino di casa che conosci da anni e che pensavi di conoscere a fondo è diventato donna; persone rispettabili che, di punto in bianco, mollano il proprio lavoro perché non guadagnano abbastanza e si mettono a fare mezzi porno su Onlyfans, mostrando e vendendo il loro corpo. Magari saranno stati professionisti d’azienda, insegnanti o che so io. Guarda la pandemia cosa ci ha mostrato: alcune persone che prima stimavi si sono messe a fare ragionamenti da deficienti ed ora le giudichi come ignoranti, te lo saresti mai aspettato? E si è trattato di una pandemia, un evento che, bisogna riconoscerlo, mette a nudo tutto e tutti.
MATTIA: Questo è parte del mondo che ci circonda oggigiorno, merito o colpa del progresso.
LEI: Sei contro il progresso?
MATTIA: Assolutamente no, sono un progressista convinto ma certo, con dei limiti.
LEI: Cosa mi dici dell’amore?
MATTIA: A volte ci penso; penso a come sarebbe bello vivere per una persona che si ama. Deve essere meraviglioso.
LEI: Anche se a te piace il sesso più che l’amore, dico bene?
MATTIA: Sì, è così; lo ammetto e me ne dolgo assai.
LEI: Non c’è niente di male nell’amare il sesso.
MATTIA: Il discorso è un altro: credo di essere io quello che è invidioso della felicità degli altri.
LEI: Lo vedi come sei cambiato? Fino a poco fa la gente invidiava te, i tuoi soldi, la tua famiglia, invidiava le apparenze, invece tu ora invidi la realtà. Mentre stavo arrivando a salvarti dal vigile ti ho sentito sbraitare a caso contro alcune persone: ti lamentavi della maleducazione, del galateo, della vita monotona della gente e via dicendo. Tu hai mai salutato un tuo vicino o anche uno sconosciuto che incroci lungo il tuo viale solo per educazione, per corretto senso civico?
MATTIA: A dire la verità, fino a questo momento no. Ero il solito indifferente.
LEI: La classica faccia di cazzo che attende il saluto degli altri prima di ricambiare, vero?
MATTIA: Pensa un po’: adesso anche solo salutare è diventato un duello tra chi estrae per primo il saluto.
LEI: Il mondo, però, per fortuna non è tutto così come lo stiamo dipingendo; ci sono moltissime brave persone in giro; e poi stiamo cercando di creare un nuovo Mattia, non un nuovo universo. Quello non lo cambi.
MATTIA: Eppure io non ce la faccio a vivere in un mondo così stupido, così maleducato; non più, almeno.
LEI: Non facciamo di tutta l’erba un fascio, per favore. Comunque, sta prendendo forma il Mattia 2.0. Ora dimmi, invidi qualche categoria di persone, per caso?
MATTIA: Eh, ce ne sono tante. Ad esempio, ieri ho visto una ragazza che camminava per sport, con airpods, tuta etc. Bene, la vedevo sorridere, era serena, lei con la sua musica e la sua passeggiata. Si vedeva che era felice, che era sé stessa.
LEI: L’hai invidiata?
MATTIA: Sì, per un attimo sì. 
LEI: Invidi qualcun altro?
MATTIA: Le coppie che si amano, la gente ignorante che vive la propria vita senza senso ma che è felice.
LEI: Tu sei un essere intelligente e sensibile, è giusto che ti ponga delle domande.
MATTIA: Ma quanto è difficile e faticoso esserlo (piange e Lei lo abbraccia).
LEI: Piangi, Mattia; liberati. Sto per incoronarti re di te stesso. Liberati.
MATTIA (riprendendosi): Grazie. Ma perché è successo a me?
LEI: Te l’ho già detto, sei un essere pensante ed hai avuto tutto dalla vita. Poi è subentrata la noia, nemica pericolosissima per gente come te: induce a commettere sciocchezze di ogni tipo.
MATTIA: Come andare a letto con un travestito? Non sarà stato solo un momento di stanchezza, di debolezza?
LEI: Te lo ripeto: basta mentire a sé stessi. Quando la gente commette qualcosa di inusuale, di nuovo diciamo così, tende a giustificarsi con le classiche scuse come debolezza o stress, mentre significa per certo un inizio di cambiamento, buono o brutto che sia ma che tuttavia aprirà la strada ad un nuovo percorso. Però non è questo il punto.
MATTIA: Qual è allora?
LEI: Secondo te, persone che faticano ad arrivare a fine mese, che non hanno un lavoro o la povera gente in generale…ebbene, loro hanno tempo di porsi tali domande? Sono esseri sensibili e pensanti come te ma devono correre ogni giorno come gazzelle se non vogliono essere sbranati dai leoni.
MATTIA: Da gente come me? Dalle banche? Perché alla fine sempre di questo si tratta.
LEI: Anche, sì.
MATTIA: Quindi mi devo sentire in colpa per il lavoro che faccio?
LEI: No, no. Ti sto solo dicendo come funziona la vita di tutti i giorni; tu lo sai perfettamente, i soldi delle persone sono il tuo lavoro. Conosci a fondo queste situazioni.
MATTIA: Già. Proprio un bel mestiere mi sono scelto; e pensare che non vedevo l’ora di raggiungere questo traguardo, era il solo scopo della mia vita.
LEI: Tu volevi altro, giusto?
MATTIA: Sì, volevo avere il potere, il potere di avere ogni cosa quando ne avessi avuto voglia. Le donne, per esempio.
LEI: Non mi stupisce. Dopotutto sei solo un uomo, un essere pensante ma semplice, niente di più.
MATTIA: senza una posizione sociale di rilievo quasi nessuno mi avrebbe calcolato, eppure avevo molto da dare. Cristo, sto parlando come la mia, ormai, ex moglie quando dice che a questo mondo se non sei bello o potente non ti si fila nessuno.
LEI: Tu ora sai che non è così.
MATTIA: Ma quanto ho sofferto, credimi. Da ragazzo per me era difficile conquistare una donna; sentivo che avevo tanto da dare ma non mi si filavano solo perché non ero il belloccio della situazione o perché pensavo troppo e non avevo una cerchia importante di amici. Sarà stata anche colpa mia, sicuramente.
LEI: La classica società dell’apparire, vero? 
MATTIA: D’altra parte oggi funziona in questo modo.
LEI: Secondo me è sempre stato così. E poi…non dirlo a me.
MATTIA: Anche tu?
LEI: Mattia, io per la società sono un fantasma, non esisto. Quando esco di casa i benpensanti mi squadrano come se fossi un’appestata; ancora oggi, sì.
MATTIA: Però hai scelto tu di essere così.
LEI: Certo e ne vado fiera. Sapevo i rischi che avrei corso e di come la società mi avrebbe guardato.
MATTIA: Ma sei senza identità; voglio dire, ti senti uomo o donna?
LEI: Quando ero sulla strada e qualche cliente che faceva il puttan tour mi portava le mimose per la Festa della Donna ero felicissima, mi sentivo donna a tutti gli effetti, era un riconoscimento alla mia identità. Altre volte, invece, mi piace essere uomo. È una mia scelta, so che in me convivono due sessi e mi sta bene. L’ho sempre voluto.
MATTIA: Almeno tu sai chi sei. Io invece…
LEI: Hai ancora moltissimo da dare. Ricordati che ora che ti sei trovato realmente, ti sentirai meglio e più bello, sprigionerai energia da ogni poro e fidati che le donne percepiscono l’aura positiva di un uomo e ti si avvicineranno perché infonderai sicurezza e calma, senza dover dimostrare niente a nessuno; le donne sono avanti cento anni rispetto a noi. Pensa a quanti temini meravigliosi sono di genere femminile: dolcezza, felicità, serenità, allegria, gioia, bellezza, calma, pazienza, perseveranza, speranza.
MATTIA: Carino questo gioco; vediamo se mi viene in mente qualche termine maschile che sia valido: coraggio, orgoglio, sentimento, miracolo.
LEI: Ma anche odio.
MATTIA: Rabbia, ira, noia.
LEI: Schifo, obbrobrio, malessere. 
MATTIA: malattia, apatia (Ride) mi piace.  Cuore è maschile; bellissimo. Certo, anche infarto è maschile, sempre di cuore si tratta.
LEI: (toccandosi le parti intime a mo’ di rito apotropaico) Daje…
MATTIA: Ma… ti tocchi? (ridono entrambi)
LEI: Eh, me l’hai tirata (ride). Adesso ti dico i più importanti: natura e vita.
MATTIA: Questi mi hanno zittito. La natura, la vita ma anche la morte o la malattia, che poi fanno sempre parte della vita, volente o nolente. Le donne danno la vita; la natura è donna; l’acqua e l’aria sono femminili, gli elementi della natura che concedono il respiro e la vita stessa, che meraviglia.
LEI: Amore è maschile; bello, vero?
MATTIA: Sì, proprio bello. Anima è femminile, così come musica, canzone, poesia. Moltissime parole fondamentali sono femminili, però “amore” se la gioca alla grande, così come ossigeno (ride).
LEI: Assolutamente d’accordo con te.
MATTIA: Sei così saggia; da dove vieni, da dove arrivi?
LEI: Da un sacco di posti.
MATTIA: Soffri ancora, tralasciando quegli stupidi che ti squadrano? E poi magari sono i primi arrapati che vorrebbero venire a letto con te.
LEI: Ci sono anche quelli, te lo confermo; ad ogni modo, per rispondere alla tua domanda sì, soffro ancora tutti i santi giorni nel momento in cui, dopo che ho amato, la gente se ne va e rimango sola.
MATTIA: Tu ami ogni uomo o donna con cui vai?
LEI: Certo, questo è il mio scopo nella vita: amare le persone, meglio se uomini.
MATTIA: Ora invidio anche te (i due ridono).
LEI: Finalmente un sorriso liberatorio.
MATTIA: Non ridevo così serenamente da tanto, troppo tempo (si riveste).
LEI (avvicinandosi ed accarezzandolo): Ti incorono re di te stesso.
MATTIA: Voglio amare anch’io come fai tu. Voglio che sia questo lo scopo della mia vita.
LEI: Farai la prostituta come me?
MATTIA: Ci sto pensando ma credo di poter amare anche in altri modi.
LEI: Così si fa, bravo. Vai ora, tanto ci rivedremo.
MATTIA: Voglio amare anche te, quindi non sparire, ti prego.
LEI: Non sparirò, te lo prometto.
 I due si abbracciano, dopodiché escono di scena che ora funge da casa di Giulia e Luigi; entra per prima Giulia con un libro in mano, sta ripetendo una lezione.
GIULIA: Dunque, il Decadentismo, Il piacere di D’Annunzio, Svevo e Pirandello, la crisi dell’…. (entra Luigi, dopo una giornata di lavoro)
LUIGI: Ciao amore mio.
GIULIA: Ciao amo (bacio sulla guancia).
LUIGI: Che fai di bello? Io sono distrutto.
GIULIA: Stavo ripassando una lezione.
LUIGI: La cena non è ancora pronta?
GIULIA: La preparo subito.
LUIGI: Sì, per favore; ho una fame (mentre aspetta, Luigi dà un’occhiata al libro di Giulia). Decadentismo, D’annunzio…mamma mia che robe strane. Ma ci capisci qualcosa, almeno?
GIULIA (in atto di armeggiare con pentole e stoviglie): Certo, per quale motivo non dovrei capire?
LUIGI: Mah, tu sei tutta particolare.
GIULIA: Perché?
LUIGI: No, dicevo così; è che sei passata dalla palestra e gli spritz con Maria a queste cose seriose.
GIULIA (ridendo): É vero.
LUIGI: A cosa ti serva tutto questo studio lo devo ancora capire.
GIULIA: Era un po’ che volevo parlartene. Ho intenzione di insegnare.
LUIGI: Eh?
GIULIA: Sì, voglio insegnare; voglio rendermi utile.
LUIGI: Se vuoi renderti utile puoi farlo anche in officina; ti assumo part time.
GIULIA: Certo, così appendo in bella mostra la mia laurea mentre prendo ordini di revisioni e tagliandi.
LUIGI: Non esageriamo; ti sbatteresti poco, non ti sciuperesti, voglio che le mie donne stiano bene.
GIULIA: E cosa farei dopo? Casa, palestra, cucinare per voi.
LUIGI: Ma è quello che hai sempre fatto.
GIULIA: Infatti.
LUIGI: Che c’è, Giuly, sei stanca?
GIULIA: No, per niente. Voglio fare altro.
LUIGI: Ma abbiamo già tutto, dobbiamo solo prenderci cura della nostra famiglia e stare uniti, come fanno tutti.
GIULIA: Mentre tu lavori, Chiara all’Università ed io a non fare niente.
LUIGI: Ma cos’avete tutti? Mi sembra di sentir parlare Mattia con “chi siamo, dove andiamo”. Scendete dalla pianta che è meglio.
GIULIA: Scendere dalla pianta? Come ti permetti? Guarda che le donne non sono solo lavoro e famiglia, siamo altro e io non voglio fare la sguattera a preparare pranzo e cena come se fosse solo un mio dovere. Sono una persona, non una serva.
LUIGI: Va bene, Giuly, basta ora; sono stanco per sostenere questo tipo di conversazione. Domani ne riparliamo, ok?
GIULIA: Hai ragione; scusami. Mi sto facendo prendere troppo da queste lezioni.
LUIGI: Leggere fa male! (ridono).
GIULIA: Tu non hai mai studiato il Decadentismo?
LUIGI: Lo sai: dopo la terza media di corsa a lavorare, c’era bisogno di soldi a casa.
GIULIA: Ma poi quando hai aperto l’officina non ti è mai balenato per la testa di… che so…iscriverti alle serali?
LUIGI: Ma per favore (ride). Già ero una capra a scuola. E poi volevo costruire una famiglia insieme a te, l’ho capito non appena ti ho conosciuto.
GIULIA: Anche io volevo una famiglia ma sai, arrivi ai cinquanta e qualche domanda te la poni.
LUIGI: A me sta bene così com’è la mia, la nostra vita.
GIULIA: Non siamo monotoni?
LUIGI: Eccone un’altra; macché monotoni: portiamo avanti la famiglia, ed è ciò che conta.
GIULIA: E poi? Quando Chiara tra poco andrà all’Università? Saremo soli.
LUIGI: Bene, avremo più tempo per noi.
GIULIA: Vedi, è qua che siamo diversi io e te. Io mi annoio, forse perché non lavoro ma sto studiando per lavorare e a te la tua vita sta bene così.
LUIGI: Che male c’è? Sgobbo tutto il giorno, torno a casa dai miei cari e sono felice.
GIULIA: Certo ma, escluso il calcetto, che valvola di sfogo hai?
LUIGI (afferrandola scherzosamente): La mia adorabile moglie.
GIULIA (divincolandosi): Dai, fai il serio.
LUIGI: Eh va beh…cosa vuoi che ti dica?
GIULIA: Non hai un interesse, tranne aggiustare di tutto e di più a casa.
LUIGI: Oh, smettila adesso; cosa ti prende?
GIULIA: Io voglio insegnare per dare e donare qualcosa di utile agli altri.
LUIGI: E io non lo faccio? Senza di me molte persone non possono andare al lavoro.
GIULIA: Ecco, questo non è sbagliato; però non prenderla come scusa perché a parte quello non è che tu faccia granché per la società.
LUIGI: Giuly, voglio solo portare avanti la mia famiglia; cazzo ma è così sbagliato prendersi cura della famiglia?
GIULIA: Certo che no! Ed è giusto ciò che dici; e poi l’abbiamo fatto benissimo finora.
LUIGI: E allora dove vuoi arrivare?
GIULIA: Non leggi niente, mai un pensiero critico…
LUIGI: Seee, dovrei essere come il mio meccanico che è appassionato di storia romana?
GIULIA: Qualcosa del genere, sì; almeno avresti un interesse, un impegno, chiamiamolo così.
LUIGI: Dopo dodici ore di lavoro?
GIULIA: Non ci capiamo e poi non è giusto ch’io ti dica queste cose. Però, almeno per quanto mi riguarda, non voglio più questa vita. Voglio studiare per insegnare.
LUIGI: Lascia questo dovere a Chiara che è giovane; deve avere tutte le opportunità che non ho avuto io.
GIULIA (alzando il tono di voce): Ma che cazzo c’entra questo adesso? Ancora con queste cazzate “deve avere quello che non ho avuto io” che le sento da vent’anni. Ti senti quando parli? E poi vuole fare l’influencer, hai capito come sta messa? L’influencer.
LUIGI (anche lui alza la voce): Ma smettila di fare la superiore di ‘sta cippa; chi ti credi di essere? Dopo quasi vent’anni vieni qua a farmi la morale su come si vive? Tu che non hai mai lavorato in vita tua?
GIULIA: E mi maledico con tutta me stessa per non essermi sbattuta prima. Ma sai com’è, avevo una figlia da accudire mentre il padre lavorava dalla mattina alla sera e poi davanti agli altri io, cogliona, mi vantavo di avere la famiglia del Mulino bianco con un marito perfetto che non faceva mancare nulla alle sue donnine, quando invece tu non facevi un cazzo né tantomeno crescevi tua figlia. Comodo tornare a casa, vederla crescere solo di sera e durante i weekend. Ed io, stupida, te l’ho lasciato fare. Ho rinunciato a tutto, a tutto.
LUIGI: Contenta adesso? Ti sei sfogata?
GIULIA: Ma mi ascolti quando parlo? Sto esprimendo le mie frustrazioni, rimpianti e aspettative e anziché sostenermi continui a parlare di famiglia? 
LUIGI: Eh, dimmi, cosa vuoi fare? A cinquant’anni vuoi iniziare ad andare in discoteca come una disperata che vuole sembrare giovane e cuccare i ragazzini?
GIULIA (gli tira uno schiaffo): Stronzo, come ti permetti? Con chi credi di avere a che fare?
LUIGI: Cazzo, sei impazzita?
GIULIA: E se anche lo facessi? Mi divertirei, non è sbagliato; come ho fatto a stare così tanto con uno che non ha mai letto un libro in vita sua? Maledetta me, stronza che sono! Solo perché eri bello e con i soldi ed io ero giovane; avrei dovuto essere più ponderata (una breve pausa). E tu cos’hai trovato in me?
LUIGI: Ma da dove sei uscita?
GIULIA: No, no, parliamo adesso: di’ la verità; hai notato il mio culo e le mie tette, vero?
LUIGI: (pausa) E va bene, sì; sei bellissima; un uomo desidera con gli occhi, all’inizio.
GIULIA: E poi? Sono solo culo io?
LUIGI: Sei la madre di mia figlia, mia moglie, la donna che amo.
GIULIA: Non abbiamo niente in comune: ti parlo di letteratura e ridi, ti chiedo di andare per musei e rispondi “che palle”. Cogliona che sono (piange, poi una pausa; Luigi si avvicina). Scusami (si abbracciano).
LUIGI: Dai, sfogati, non fa niente; poi passa, sei solo stanca.
GIULIA: (asciugandosi le lacrime): No, non sono stanca. Non ti accorgi che la nostra vita sta scorrendo inesorabilmente?
LUIGI: Ma è così che va la vita, Giuly. Non possiamo farci niente.
GIULIA: Sarà la tua vita così, non la mia. Io non voglio trovarmi in punto di morte a rimpiangere quello che non ho fatto prima, non voglio aspettare una malattia per poi dire “adesso vedo tutto in maniera diversa”; voglio vedere tutto in maniera diversa ora.
LUIGI: Quindi?
GIULIA: Voglio insegnare, essere me stessa per aiutare la società. I tempi sono cambiati, è finita l’epoca dei nostri genitori dove chiunque…insomma chiunque: le donne, mica gli uomini… si facevano andare tutto bene e rinunciavano alla propria vita per la famiglia, ma non te ne accorgi che niente è più come prima? Non si può fare finta che non sia così.
LUIGI: Non m’importa se sia cambiata la società o no; a me importa solo della famiglia.
GIULIA: E del resto del mondo?
LUIGI: Ma che discorsi fai? Siamo brave persone, facciamo beneficenza ma più di questo cosa vuoi fare, partire per le guerre?
GIULIA: É un’idea, così la smetteremmo di parlare di quanto ci dispiace per quella povera gente mentre mangiamo e beviamo, con la coscienza pulita per essere sembrati empatici nei confronti di chi sta peggio.
LUIGI: Adesso non esagerare.
GIULIA: Ah sì? Ti dico una cosa: sai le associazioni che aiutano i migranti che tentano di attraversare il confine in cerca di una vita migliore?
LUIGI: Giulia, cosa c’entra adesso? E poi li hai sempre odiati, quelli. Dicevi che era gente squallida da centri sociali, senza soldi, con vestiti di merda.
GIULIA: E va bene, non mi piace come si pongono, con quell’aria di superiorità che ostenta ribrezzo per la società, che sono sempre contro tutto e tutti, sempre incazzati col mondo ma sai una cosa? Loro aiutano le persone nei paesi a rischio e rischiano la loro pelle. Il loro scopo nella vita è aiutare gli altri, anche a costo di prendersi denunce o finire peggio.
LUIGI: Magari poi scopri che sono figli di ricchi e lo fanno solo per senso di ribellione di ‘sto cazzo.
GIULIA: Vedi che sei ottuso? Non guardi all’infuori del tuo naso. Chi sei tu per giudicare le persone? Cosa fai per rendere il mondo migliore? Sei solo lavoro e giudizio sociale e vivi secondo i soliti stereotipi: “voglio che mia figlia abbia ciò che non ho avuto io”. Sei identico a te stesso e, guarda un po’, te lo invidio; pensa l’ironia della sorte.
LUIGI: Io so solo che il mio scopo era stare con te, avere figli e stare con voi.
GIULIA: E se non ci fossi stata io, tu cosa avresti fatto? Chi saresti stato, il titolare di un’officina e poi?  Nient’altro. Non lo percepisci il vuoto che ti circonda?
LUIGI: Avrei voluto una famiglia. Cazzo ma è così sbagliato?
GIULIA: Io... non so più niente (esce scappando e piangendo; Luigi rimane solo in scena come interdetto).

SIPARIO


ATTO III
Sipario aperto; il palco è vuoto; due ballerine interagiscono ballando tra loro e cercando di far capire al pubblico che è passato del tempo dalla fine del II atto: una di loro mostra un cartello con scritto “Qualche tempo dopo”, quindi escono dalle porte laterali, una a destra e l’altra a sinistra. Ora si sente la voice over di Mattia che spiega gli ultimi sviluppi delle vicende:

VOICE OVER DI MATTIA: Ed eccoci qui. Volete conoscere gli sviluppi di questo drammone sociale, vero? Ebbene ve lo dirò con dovizia di particolari: la mia adorata vipera ex moglie Maria (si vede Maria, visibilmente incinta e che scatta selfie alla pancia mentre cammina, attraversando il palco) si è fatta ingravidare dal nostro carissimo amico Roberto, chirurgo di fama internazionale. In questo modo Maria si è assicurata una degna vecchiaia (ma non parlatele di vecchiaia perché altrimenti altro che vipera, questa diventa una iena) e si è sistemata per sempre, non tanto per paura di rimanere da sola, di quello non gliene è mai fregato niente, quanto per i soldi, come facilmente intuibile. Quando si dice il vero amore, eh? (In scena compare Giulia, con un libro in mano intenta a studiare). Giulia sta studiando per un concorso, è decisa a diventare insegnante; non sta più con Luigi o meglio, a volte torna a casa ma per la maggior parte del tempo sta dai suoi genitori. Lo chiama “bigotto”! Quella donna è la mia eroina: testa sulle spalle, indipendente, con due palle così. Luigi, dal canto suo, continua a chiedersi per quale motivo la sua adorabile Giulia non lo ami più e se la prende con le polveri sottili che, secondo lui, hanno rincretinito tutti noi, me compreso. Proprio non ci arriva ma è invidiabile come lui sia sempre riuscito a rimanere sé stesso.
Quanto a me (a questo punto Mattia si palesa dalle quinte e, solo al centro della scena, parla al pubblico. Ha una benda sull’occhio destro, come se avesse sbattuto contro qualcosa): non sono più direttore di banca, sono cambiati i vertici aziendali dopo che ho rassegnato le dimissioni. Ora giro per teatri con una compagnia itinerante, faccio l’attore; mi piace assumere diverse identità, mi trovo a mio agio ed è il mio modo di amare me stesso e le persone, facendole divertire. Inoltre, grazie al mio curriculum sono riuscito a farmi assumere dall’ufficio anagrafe comunale. Ah, vi starete chiedendo del perché di questa benda che mi copre l’occhio. Bene, è presto detto: quando arriva una persona all’ufficio anagrafe per rinnovare o rifare la carta d’identità, io la guardo in faccia e vedo sulla carta la sua professione; se ritengo che il suo viso mal si sposi con la sua professione reale, gliela cambio e scrivo sul documento la professione che io reputo giusta per quella faccia. Il più delle volte le persone non sono d’accordo con le mie scelte, direi azzeccatissime, e qualche volta capita che mi picchino solo perché, a parer loro, ho rovinato il loro documento d’identità ufficiale; e mi tocca rifare il documento secondo i loro gusti. Valla a capire, la gente! (Entra in scena Lei e si dirige verso il centro del palco, avvicinandosi a Mattia; è sempre sexy). Ecco il vero amore della mia vita: stiamo insieme da un po’ e ci amiamo molto.
LEI: Io amo Mattia da impazzire; giro con lui per i teatri e gestisco gli incassi della compagnia. Non mi prostituisco più; lui vuole mantenermi, dice che me lo merito.
MATTIA: Hai sofferto troppo; sì, te lo meriti ed io farei di tutto per te. Ah, mia figlia? Ci è voluto un po’ per convincerla che suo padre non è più il “bullizza poveri” di una volta; l’ha accettato; cerco di trascorrere più tempo con lei; ha anche conosciuto l’amore della mia vita ed è felice per l’arrivo del fratellino. Vive con Maria ma tra non molto se ne andrà per studiare Ingegneria. La cosa buffa è che non ha battuto ciglio per tutti questi cambiamenti, così come la figlia di Giulia. Incredibile, vero? D’altra parte, i figli di oggi crescono in questa società dove fatti che sono capitati a me o a Giulia sono diventati routine. Sui social e in giro ne vedono e ne sentono di tutti i colori, figuratevi se si scandalizzavano per i nostri cambiamenti. 
LEI: E la novità?
MATTIA (al pubblico): Ah, già, quasi dimenticavo: sono risultato sieropositivo, alla fine ho fatto il test. Non è stata Lei e Maria è negativa; ovvio, non avevamo più rapporti da mo’. Devo averlo preso da qualche donna o uomo con cui ero stato durante le feste aziendali…non potete immaginare chi e cosa giri a quei party. Ma sapete? Non me ne frega niente. Finalmente ho trovato la mia dimensione, sono contento così come sono.
LEI: Sono fiera di te, amore. Io, stranamente, sono negativa; da non credere, vero?
MATTIA: Il virus che, preciso, tengo sotto controllo con i farmaci e, ad oggi, ho carica virale pari a zero, non intralcia né la mia vita sentimentale, visto che amo solo lei, né quella lavorativa. Infine, volete sapere un’ultima cosa? Non mi importa quando e come morirò, lo accetterò serenamente e senza scuse, senza rimpianti o rimorsi, senza quei “pentirommi” e “volgerommi” leopardiani perché non mi pentirò di niente e non mi guarderò indietro a rimuginare su ciò che poteva essere e non è stato della mia vita, perché quello che poteva essere è ora, è accaduto. Ed io, sono libero e re di me stesso (i due si tengono per mano ed escono di scena).

SIPARIO
 
FINE