Quando incontrai Dante
monologo di
Antonio Sapienza
Quando incontrai Dante? Non fu certamente allorquando, undicenne, lessi il nome della via dove abitava una ragazzina alla quale facevo il filo ; ma lo conobbi al momento di entrare per la prima volta alle superiori, cioè il primo giorno dell’anno scolastico, quando lessi scritto, all’ingresso dell’edificio, su un pezzo di cartone d’imballaggio, “…lasciate ogni speranza o voi ch’entrate…” e pensai: Iniziamo proprio bene.
Poi, in seguito, ai primi approcci con le lezioni, coi miei nuovi compagni, per gioco, cercavamo le frasi più “osè” della Commedia, quali “col cul fece trombetta” oppure “ Ahi serva Italia, di dolore ostello nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!” eccetera.
Ma, purtroppo il nostro professore di lettere prediligeva le opere dei Tragici greci a Dante, cosicchè per noi l’Alighieri fu un simpatico conoscente, e basta.
Fu nell’età più matura che affrontai consapevolmente l’Opera e la lessi dal primo all’ultimo verso. Poi tutto finì e gli anni passarono, anzi i decenni, molti decenni. Fino a qualche giorno fa, allorché, aprendo la posta elettronica, trovai una E-mail dal CeNDIC contenente l’invito a partecipare alla celebrazione dei 700 anni dalla morte del Poeta, con la lettura, in video, di un’opera di Dante Alighieri- qualche poesia del dolce stil novo o un Canto della Divina Commedia, da inserire in un blocco di venti video, per conto delle Librerie di Roma.
In un primo momento lessi l’invito con indifferenza – non mi sentivo in grado di fare quella lettura in quanto non ero un attore, ero tardo d’età, e con una dizione così così- ma poi mi accadde di sentire declamare qualche verso della predetta Commedia da parte di Giuseppe Ungaretti, già avanti negli anni come me, che mi dette il coraggio e l’ardire di cimentarmi: Bene, risposi all’invito: eccomi qua, ci provo e vorrei partecipare con la lettura del Canto XXXIII, dell’Inferno, ma sfrondato dalla parte del sogno rivelatore di Ugolino, e dell’invettiva contro Pisa (a scanso d’equivoci, non sono pisano).
Perché quella sfrondatura? e come ti sei permesso? mi chiederete, ebbene mi sono permesso perché, in ginocchio, ho chiesto perdono al Grande Poeta, per la temerarietà, e gli ho esposto i motivi, che sono questi: primo allo scopo di non spezzare la tensione emotiva e drammatica della tragedia di Ugolino e dei suoi figli - con il lungo racconto del citato sogno; secondo, togliendo il vituperio mi consentiva di finire la tragica lettura con quel famoso verso: “Poscia più che il dolor potè il digiuno” che, per me, è l’apoteosi della crudeltà della condanna- nell’ottica del più classico dei finali cari alla drammaturgia- sempre Dante permettendo, ovviamente. Ma non mi arrivò nessun dardo, né strale, né fulmine dal cielo, per cui...”chi tace acconsente”, e allora proseguii.
I promotori l’accettarono, e mi dettero un mese di tempo per girare il video della lettura che avevo scelto.
E qui iniziarono le dolenti note: Come fare questo benedetto video, in piena emergenza Covid 19, senza un collaboratore che facesse la ripresa del video? E chi mi poteva correggere nella dizione? E chi avrebbe effettuato il montaggio? Nessuno! Dovevo sbrigarmela da solo. Quindi, armatomi di telefonino e di coraggio, mi accinsi al cimento.
Primo ostacolo: come piazzare detto telefonino, nella posizione giusta, senza che cadesse; come manovrarlo senza che riprendesse la manovra stessa; come illuminarmi senza l’effetto controluce; come leggere il Canto (se il carattere era della grandezza giusta ci volevano vari fogli e non era agevole sfogliarli senza pasticciare); poi l’ora d’effettuare la registrazione doveva essere tarda per evitare i rumori delle auto di passaggio nella strada; eppoi come evitare di registrare l’abbaiare del cane; e come fare se sbagliavo nella lettura- con i soliti inceppi dovuti alla difficoltà del componimento stesso; quindi, per ultimo (mi illudevo) come fare, eventualmente, per montare le letture fatte in fasi diverse, a causa dei problemi sopra detti. L’unica alternativa era di imparare il testo a memoria. E qui ti voglio: Io sono ottuagenario, e la mia memoria si è leggermente (si fa per dire) indebolita, quindi dovevo necessariamente avere il testo, a grandezza di caratteri giusti, e a portata di mano per sbirciare, di tanto in tanto; ma, come dissi, era ugualmente difficoltoso cambiare pagina senza pause adeguate e con il fruscio dei fogli. E non potevo neppure leggerlo sul computer perché la luce dello schermo mi si riverberava, eppoi dovevo manovrare il mouse per spostare il testo, e per farlo dovevo distogliere gli occhi dall’obiettivo, quindi altra difficoltà che si univa alle altre. Va bene, dissi, vuol dire che farò e rifarò il video finchè non sarà, almeno, quasi perfetto. Punto.
Ma prima di aprire il libro per copiare il canto sul computer, per poi stamparlo, mi volli documentare sulle letture dei Canti effettuati dai grandi attori teatrali, per avere qualche indicazione su come operare.
Iniziai con Benigni, il quale non legge, ma dice a memoria: Escluso sul posto; quindi continuai con Gasmann il quale leggeva e recitava, non era il caso mio; e continuai con Carmelo Bene, il quale fu osannato negli anni passati per le sue qualità di grande attore- ma mai sentito da me, dal vivo. E allora lo cercai nella Rete, ma quei pochi video che trovai erano difficili da capire, a causa della tecnologia di quegli anni, dell’acustica pessima, della ripresa TV con un enorme microfono in faccia all’attore, e per ultimo per l’artifizio della voce troppo cavernosa del declamante. Bene, certo, ma Dante dov’era?
Quindi nessun aiuto da parte dei mostri sacri.
E allora osai. E man mano che leggevo capivo, mi coinvolgevo, mi adiravo, mi immedesimavo, mi emozionavo, compativo, mi commuovevo, e il groppo alla gola, e mi disperai, e mi sconsolai rassegnato. E quando iniziai a registrare, registrai anche i miei stati d’animo.
Capii quando lessi “…tu vuo’ ch’ìo rinnovelli disperato dolor…”;
e mi feci coinvolgere quando “ per effetto de’ suo’ mai pensieri…”;
e mi adirai quando”…però quello che non puoi aver inteso, cioè come la mia morte fu cruda, udrai e saprai s’è m’ha offeso.”
E mi emozionai “… Ben se’ crudel se già non ti duoli, pensando ciò che ‘l mio cor s’annunziava; e se non piangi, di che pianger suoli?”;
ed ecco la compassione “ Io non piangea, sì dentro impetrai; piangevan elli; e Anselmuccio mio disse: Tu guardi sì, padre! Che hai?”;
eppoi il groppo alla gola “… Poscia che fummo al quarto di venuti, Gaddo mi si gittò disteso a’ piedi, dicendo: Padre mio, che n on m’aiuti?”;
e mi disperai “ …ond’io mi dieti, già cieco a brancolar sovra ciascuno…”;
e mi sconsolai rassegnato “…poscia… più che ‘l dolor…potè ‘l digiuno.”
Ci credete? Spero di si, perché sennò vi devo far vedere il video, dove tutti questi stati d’animo si sono manifestati.
Ad ogni buon conto, se lo volete, ve lo invio.
Cosa dire ancora? Niente… anzi no: Allora, ci sarebbe da dire ancora… che c’è un’età per tutto ( scusatemi se sfondo una porta già aperta), e per me, l’età di comprendere Dante drammaturgo era la mia età, questa di oggi: ottantaquattro anni, sette mesi e 20 giorni.
Pace a voi.