INTERNO QUINDICI
da un racconto breve di Rossella Filippetti
di
Gaetano Mosca
Ho voluto che il racconto breve, divenisse un monologo, dove l’unica presenza in scena è Marta, la figlia dei personaggi che popolano lo scritto. Sarà attraverso lei che si scopriranno verità nascoste e emozioni profonde e incofessate prenderanno forma.
Rossella Filippetti
Marta entra in un’appartamento visibilmente trascurato, ringrazia la portinaia, La signora Jankowski, la vecchia portinaia signora Vlad è ormai morta da tempo come il sig. KamiŃski, inquilino del piano di sopra. Marta ha due porta candele con le candele accese in mano; la scena deve sembrare illuminato dalle due candele, (riflettori al minimo). Le poggia ai lati della stanza, una su un piccolo tavolinetto, l’altra su una consolle, dove c’è un telefono. Ringrazia e saluta la portinaia che non si vede si suppone sia nel pianerottolo.
Marta: Signora Jankowski grazie per le candele, si all’interruttore generale nel sottoscala, ci pensi lei. (Le squilla il cellulare, risponde) Ciao Philippe, si tutto bene, sto aspettando che la portinaia riattacchi l’interruttore generale… No, non è la signora Vlad, non c’è più da tempo… Jankowski… la nuova. A proposito, ci ha lasciato anche il signor KamiŃski, si l’invadente curioso del piano di sopra, lo so, non li hai conosciuti. Ascolta Philippe, durante il viaggio in treno ho riflettuto molto e ho deciso; la casa non si vende… non importa… ma quale museo… senti adesso ti lascio poi ne parliamo. Ciao.
Marta si muove nella stanza con calma e rispetto per le cose, accarezza i mobili, si poggia sulla sedia girevole al centro, è chiaramente immersa nei ricordi.
(rivolgendosi al pubblico) Non li avete sentiti, non li avete sentiti anche voi due colpi di pistola? Avete ragione, c’è solo silenzio in questa casa chiusa da anni, ma allora no, era abitata, dalla mia famiglia, e anche se lo ignoravo, animata dai fantasmi della mia famiglia. Le voci del babbo e della mamma sono ancora qui, riecheggiano tra gli oggetti, nelle cose, ma i due colpi di pistola è giusto non potete averli sentiti. Sono un mio ricordo. E come unica sopravvissuta (cercherò di ricostruire)racconterò quello che accadde. L’unica testimone vivente… e adesso anche voi sarete i miei complici.
Di colpo si accende la luce illuminando completamente la stanza, Marta al telefono di casa, da questo momento in poi racconta la storia della sua famiglia, interpretando tutti i personaggi.
Sam: al telefono Pronto Emma ti ho svegliata? Io ho dormito poco e male. Non ancora, ho appena messo il caffè sul fornello e volevo sentire la tua voce prima di mettermi al lavoro. Procede bene… per essere ottimista… Il progetto è impegnativo, ma ormai firmato il contratto devo rispettare i tempi di consegna. No, non sono preoccupato per il lavoro, ma per “Lo Sconosciuto” che è venuto ad abitarci accanto e che continua a suonare ossessivamente una musica, sempre la stessa. No ti dico, non suona altro; tre motivi a ripetizione. Che strumento? Non ne ho idea, un clarinetto, un flauto, insomma un qualcosa da dove esce del suono metallico. Musica?… evidente che sei lontana, altrimenti non faresti queste domande. Non stiamo parlando di un musicista, lui soffia e escono a turno i tre motivi, senza tregua. Sembra musica folcloristica… ma credimi completamente irriconoscibile. Ti ricordi come suonava tuo zio Jacob? Tua madre, donna saggia e previdente, gli impediva di farlo in casa. Ecco, suona come Jacob, tanto che se non fosse morto, penserei sia lui. Emma ci sei… è caduta la linea… perché non rispondi?… non ho detto che sia un dibbuk… non voglio spaventarti. Lo so, è stata una disdetta, che la zia si ammalasse proprio il giorno dell’arrivo dello scocciatore. Come si chiama? Non lo so, sulla porta ha lasciato solo il numero dell’interno: Quindici. E’ evidente che è "un Eccentrico ". Scusami, non ti ho chiesto come sta la zia. Polmonite! La faccenda è seria. Che previsioni per la guarigione? Non ho detto che devi abbandonare la zia, non c’era nessuna nota critica nella voce. Preoccupato, certo, e un po’ deluso pensando che dovrai fermarti qualche giorno in più… settimane? Non sei la sua unica nipote. Lo so, quanto è stata generosa con te, ma lo è stata anche con gli altri parenti. Non alterarti, fammi parlare. Non sto criticando, ma dal momento che la degenza si prevede lunga, spero che tu non voglia passare tutto l’inverno a Zurigo. Ti sei svegliata spiritosa. Chi si dovrebbe preoccupare per me? Nostra figlia. Questa è la barzelletta del secolo. Emma… Emma… insomma fammi parlare… oh… ascolta e cerca di essere obiettiva. Lo so che quando si parla di Marta, è inutile discutere, ma ho diritto a dire la mia. Marta, e non lo dico con acrimonia, è tua figlia. Accidenti come sei nervosa stamattina, non ho detto “tua figlia”, perché ha i tuoi difetti… ma solo perché esisti solo tu. Mi vuole bene. Non lo metto in dubbio… specialmente quando certi assegni migrano dal mio conto al suo. Tirchio? Perfetto… sono pure tirchio; e egoista lo hai dimenticato o è stata una generosa omissione. Scriteriata e spendacciona sono due nobili qualità, anzi una promettente dote per una ragazza in età da marito. Volevo solo… ho capito… si… Emma sta uscendo il caffè... Ti chiamo più tardi… salutami la zia e non stancarti troppo.
riattacca il telefono
Che fatica, parlare di Marta è una impresa titanica. Il caffè… eccolo lì tutto sul fornello. E’ colpa mia: metto il caffè sul fuoco, e chiamo Emma. Di rifarlo non ne ho voglia. Vado alla caffetteria all’angolo. Con un pò di fortuna, potrei incontrare la portinaia… geniale… saprei tutte le novità sull’interno quindici. Come dice Emma: “Se il direttore del giornale di Cracovia conoscesse la signora Vlad, licenzierebbe tutti i reporter. Da sola scoprirebbe gli avvenimenti della città”. Come la chiama Marta? Ah si, “La Voce”. Devo dire che Marta è formidabile per i soprannomi. Non ho neanche aperto le persiane, chissà se ancora nevica. Le chiavi, il fornello chiuso…
Guarda fuori
… e si nevica… le galosce. Emma chissà dove le avrai nascoste.
Cerca per la casa
Certamente io sono disordinato, ma lasciare un paio di galosce in salone non credo sia un reato. A proposito, doveva essere molto preoccupata per la zia, per non avermi fatto le raccomandazioni di rito. Eccole… finalmente… nello sgabuzzino… è ovvio... lì non si vedono e… non si trovano.
Squilla Il telefono
Chi può essere?
risponde
Emma! Che è successo. Viene Marta! E quando arriva? Si… ascolto. E chi è Philippe? Fidanzato, collega... ah?... è un amico… anche l’ultimo era un amico. Abbiamo scoperto, poi, che erano fidanzati da oltre sei mesi. Menomale che si sono lasciati. Era arrogante, presuntuoso. Si… la casa è in ordine, lo sai che quando non ci sei, dormo nello studio dove per scaldarmi è sufficiente la stufa a legna. I piatti nel lavello... non so… saranno quelli della cena di ieri… ma insomma deve essere ospitato o ispezionare la casa. Va bene, adesso scendo e chiedo alla portiera di dare una riassettata. A che ora arrivano i Reali? Smetto… smetto… con te oggi non si può scherzare. La spesa… ci sono le provviste che hai lasciato… spero che al pranzo ci pensi Marta. Va bene chiederò alla signora Vlad di cucinare qualcosa. Ma questo Philippe è ebreo, polacco, mangia kosher? Come esagerato. Ti rendi conto che Marta porta chiunque in questa casa. Sono arrabbiato. Ah non dovrei. Scusa, ma credo che un po’ di rispetto non rovini la sua salute mentale, è la sua maleducazione che rovina la mia. Sai che faccio, vado in albergo, così avrà tutta la casa a disposizione, senza che il brontolone crei disarmonia. (ironico) No… mi farò ospitare dal numero Quindici. Che ne pensi. Pronto? Ecco ha riattaccato. Sono più le volte che mi fa parlare da solo… come è diventata suscettibile. Eppure quando ci siamo conosciuti, fu conquistata dalla mia loquacità e umorismo. Caro Sam le cose cambiano, i figli crescono, i capelli imbiancano, i dolori aumentano, i denti traballano e le mogli… ma che dico.
Richiama
Scusami, sono stato inopportuno, non ho compreso, sei con la zia, e quando sei lontana divento polemico, anche perchè esasperato dal nuovo inquilino. Tutto il giorno con quei motivi ripetitivi e assordanti, non mi fanno stare sereno.
Con ironia Ha orari precisi: La mattina dalle undici alle sedici e dalle diciassette alle ventidue. Quando mangia? Che ne so, avrà una flebo per mangiare e bere. Scendo per parlare con la portiera e appena arriva Marta ti richiamo. Pensa alla zietta e cerca di tornare presto. A dopo.
riattacca
Ci mancava Marta con il suo amico a incasinarmi la giornata. Dove ero?… chiavi, fornello, galoche. Sam attento alle scale, sono scivolose e bagnate. Che freddo, saremo a venti sotto zero. Che idiota, ho scordato i guanti sulla… non ho voglia di cercarli. Metterò le mani in tasca… ho voglia di caffè caldo e di panini al burro. Signora Vlad… è in portineria? Signora Vlad. E poi Emma viene criticata alle riunioni di condominio, quando afferma che non c’è controllo e nello stabile può entrare chiunque. Sono le dieci, dove sarà? Arrivo alla Caffetteria e spero di trovarla al rientro. Signor Vlad… signor Vlad. Neanche il marito risponde. Fa troppo freddo per aspettare, li chiamerò dal citofono interno.
Esce
Rientrando
Casa mia, casa mia… come sei accogliente e calda. Le undici! Non sento suonare. Silenzio… nessun rumore. Sarà uscito a mangiare. Allora c’è speranza. I primi giorni voleva solo accordare lo strumento. Sam basta... al lavoro.
Attacca la musica
Noo… Sta suonando. Come posso concentrarmi? Ho promesso a Emma che sarò comprensivo, ma se lei resterà a Zurigo per settimane, non lo sopporterò a lungo. Il Sig. KamiŃski, del piano sopra, possibile che non senta la musica. Forse non ne è disturbato. Ho promesso a Emma di stare calmo… potrebbe essere una buona idea accendere la radio… rumore copre rumore.
Cercando la radio
La radio, la radio, la radio è scomparsa. Lei e la sua mania di spostare continuamente mobili e oggetti. Quando mi chiese, se come architetto, potevo fare le pareti girevoli per cambiare disposizione all’arredamento, credevo scherzasse… mai non prendere le mogli sul serio… lei non scherzava e io non riesco mai a trovare nulla. Adesso la radio… dove sarà? In bagno, In cucina, In camera da letto! Sparita! Emma e il suo ordine. Almeno mi informasse, con un biglietto, una freccia, un qualsiasi segnale: attenzione Sam, la radio la sposto, perché… è così banale usare una radio come radio. Meglio metterla come asciugacapelli in bagno o dove, quel vaso di fiori è scontato… Sam non compatirti, la adori per la sua logica illogicamente perfetta, la sua calma e gelida determinazione. Ma per me, una radio, resta un oggetto per ascoltare musica, e banalmente essere collocata nel posto più comodo della casa: attualmente dove disegno! Penso al mio Rav. Quando gli annunciammo il fidanzamento, fu turbato e contrariato. Il Rav con la logora Kippà e la sottile barba bianca ci guardò a lungo negli occhi e con voce roca e sommessa, ruppe la magia di quel silenzio che scaldava il mio animo di quell’amore familiare perduto e desiderato.
Rav: Cari giovani, l’amore è il sale della terra e il nutrimento della vita. Avete ascoltato solo l’energia della giovinezza o il vostro cuore! Come vostro Rav, è mio dovere imporvi dodici mesi di riflessione e poi ridiscuteremo la vostra intenzione.
Sam: Ma gli eventi precipitarono, la mia salute sembrò per un attimo in pericolo e Emma, generosa nei sentimenti e determinata nelle azioni, volle anticipare le nozze. Di fronte a tanta abnegazione il Rav non si oppose, ma il giorno delle nozze, sotto la Kuppà, quando i numerosi parenti di lei e solo le anime della mia famiglia, misero le mani sulla nostra testa per affidarci all’Altissimo, colsi un lampo nei suoi occhi appannati. Avevano visto l’orrore, il dolore, la crudeltà della belva umana e si erano velati di quella indelebile sofferenza che impedivano la menzogna. Avrebbe voluto parlarmi. Ebbi l’impressione di si. Era stato amico di mio padre. Aveva celebrato le sue nozze, ma in quel momento i ricordi lo travolsero a tal punto, da non essere in grado di dominare quel passato che adesso era l’attuale. Al suo letto di morte, mi strinse le mani e le portò alle labbra. Lo sguardo incrociò il mio, ebbe un lampo, ma decise di tacere. Cosa avrebbe voluto dirmi. Quali raccomandazioni. Solo e orfano, lui era il mio mondo, l’unico legame e detentore di ricordi e aneddoti della mia numerosa famiglia. Quando, piangevo perché faceva freddo o nevicava o pioveva, il vecchio Rav dolcemente mi invitava a guardare il cielo.
Rav: Sam non devi mai lamentarti di ciò che ci manda l’Altissimo, è la tua famiglia che scende ad abbracciarti. Bagnati con la pioggia, non ripararti dalla neve, ama il sole e sorridi alle nuvole, sono i tuoi fratelli, i tuoi nonni, i tuoi genitori! Non essere aggressivo, troppo severo, sulla difensiva, agitato… sospettoso… questo Shabbat leggi il Salmo.
Sam: E così il Rav non faceva che farmi studiare il Talmud. Astuto Rav, il suo era un espediente per farmi conoscere le Antiche Scritture, perché da bambino, non avevo potuto accedere regolarmente agli Studi Biblici. Per Emma tutto è sovvertibile e trasformabile. Una bottiglia diventava un porta anelli e una ciotola rotta e crepata, un posacenere. Quindi, caro Sam, concentrati, cosa sarà diventata una radio ben funzionante. Un paralume? Un portariviste? Inutile arrovellarmi, la chiamo.
Telefona
Pronto Emma. Marta non è ancora arrivata… ti volevo… la posta? Quando sono sceso, non c’era che della pubblicità… la portinaia? Lei non c’era sicuro… ma perché la posta. Aspetti qualche lettera? Geloso? Ma figurati! E’ che non te ne sei mai interessata. Si… Certamente... sto cercando di lavorare, ma principalmente cercherò di non commettere un omicidio. Si indovinato… l’inquilino della porta accanto. Gli conficcherei volentieri quel coso che suona incessantemente e male, tra le scapole. Ma non posso farlo: andrei in galera, ho promesso al mio cliente che consegnerò il lavoro tra quattro mesi, il gatto resterebbe senza mangiare, e poi non posso deluderti. Lo ucciderò al tuo rientro, così non interferirò nella guarigione della zia, nelle abitudini di Crash e potrò godere delle attenuanti generiche perché è diventato assolutamente indispensabile uccidere il maledetto Quindici. Ti ho disturbata, è che se vuoi che la tragedia venga evitata, ho bisogno imperativo della radio. Nervoso? Perché dovrebbe innervosirmi non aver fatto colazione, non riuscire a concentrarmi sul progetto, aspettarmi da un momento all’altro l’invadenza di nostra figlia, la zia grave e tu lontana, il numero Quindici che suona straziandomi i timpani e cercare la mia radio e non trovarla. Urlo?… Ma non urlo, pensavo che si sentisse male la cornetta… sono tranquillo… quindi la radio… A riparare? Da quando, da chi… funzionava… credi che il Sig. Isaac l’abbia già smontata? Ah… capisco… voleva farmi una sorpresa e si è messo subito a lavoro. Non importa. Sai che farò: fischietterò. Adesso riaggancio e scusami con la zia.
Riaggancia
E bravo Sam, ti sei sposato e ne paghi le conseguenze. Le donne… ah... le donne… o meglio le mogli. Che differenza c’è tra mogli e donne? Apparentemente nessuna: le donne diventano mogli e le mogli sono donne. Da quale testo Talmudico viene questa profonda riflessione… vediamo, dove ho riposto le tavole della Legge? Grande Mosè, vienimi in aiuto… sto impazzendo? Neanche il Profeta potrà tirarmi fuori da queste sabbie mobili nelle quali sto cercando di nuotare. Pensiamo al progetto. Povera Emma, il suo unico difetto; l’ossessione per le parcelle da riscuotere, un conto in banca che garantisca a Marta agiatezza e rispettabilità. La rispettabilità sia Emma che la sua famiglia l’hanno sempre controbilanciata con il denaro. Che trauma per suo padre quando intuì le nostre intenzioni. Non credeva alle sue orecchie. La diletta figlia unica, voleva me, un povero studente, a cui i nazisti e l’Europa, avevano portato via tutto. Loro erano tra le famiglie più in vista di Cracovia: notai, avvocati. Ma lei si era innamorata di me, origini povere. Intellettuali, professori assetati di conoscenza. Ma questo non li aveva salvati dai Campi. Mio suocero, credo, mi fosse ostile anche per l’altezza; i miei 2 metri e tre. Lo faceva sentire piccolo. Ma, inaspettatamente, non si oppose al fidanzamento. Avrà pensato che un orfano sarebbe stato più sensibile agli affetti e effetti familiari. Il Rav, non vedeva nella nostra unione nessun segno Kabbalistico. Perché penso al Rav, sento dolore: mi ripeteva:
Rav: Sam… quando i ricordi non invocati invadono la memoria, non aprirgli, lasciali fuori e prega. La preghiera accarezza lo spirito. L’Altissimo non abbandona i suoi figli e tu sei tra i suoi prescelti.
Sam: Amato Rav, ogni volta che chiedevo spiegazioni, lo sguardo dolce e caritatevole dissipava ogni perplessità. Il suo atteggiamento fisico era preparato all’ascolto, sedeva di fronte a me, le parole creavano l’ambiente sonoro, quelle parole che ci accompagnano sin dal grembo materno e il loro suono, ripetuto quotidianamente accompagna la nostra vita fino al suo ultimo respiro, rintracciando quegli stessi ricordi ereditati dagli antenati, creando quel filo di lettura che lega la famiglia.
Rav: Quante volte le ripeterai ai tuoi figli e ne parlerai trovandoti in casa e camminando per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai, le scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle porte della tua città.
Sam: Perché queste parole sono così importanti. Cosa si nasconde dietro di esse?
Rav : E’ il cercare, più importante del trovare, la domanda più della risposta.
Sam : Poco prima della mia malattia, che fece precipitare gli eventi e anticipare le nozze, il Rav, prendendo spunto da una suggestiva riflessione, definì l’unione tra due esseri umani, come l’assemblaggio di due libri diversi dei quali si strappino alcune pagine e se ne uniscano altre per fare un’unica nuova copia, mettendo insieme metà delle pagine di un libro con metà delle pagine dell’altro. Ogni figlio è il risultato della diversa combinazione di pagine differenti strappate dai medesimi due libri: ogni figlio sarà un libro completamente nuovo, risultato di una amalgama di parti differenti di due libri-genitori e che differisce da essi. Ma importante è che questi due libri siano scritti nella medesima lingua. Che significa Rav che io e Emma parliamo lingue diverse? Siamo entrambi polacchi… certo lei è ricca, non ha studiato alle scuole serali, non ha lavorato per vivere, ha conosciuto l’amore della famiglia… io ho solo Lei Rav, ma anche tanta curiosità, ambizioni, speranze. Certamente i dubbi sono molti di più… e poi perché ci saremmo incontrati se l’Altissimo avesse avuto altri progetti?
Rav: Caro Sam, quante volte il libro della Legge, ti ha spiegato il significato dei quattro figli, il popolo d’Israele: il saggio, il malvagio, il semplice e colui che non sa domandare. Essi simboleggiano cosa siamo sempre e ovunque. Tu sei il saggio, che chiede per cogliere il significato più profondo e per continuare a studiare e approfondire. Emma è il semplice, al quale bisogna rispondere altrettanto semplicemente al fine di colmarne l’ignoranza. Non parlarmi di laurea e studi in collegi di lusso, ti ho insegnato la Torah, la Saggezza, il Libro trasmesso dal Signore al quale non dovrai né togliere né aggiungere nulla. Vi ho imposto alcuni mesi per riflettere e so che penserai alle mie parole, ti porrai tante domande, non sempre sarai in grado di rispondere, né potrò farlo per te, ma alla fine ti comporterai da quel “figlio saggio e studioso” che ho cresciuto.
Sam: E’ per aver sposato Emma che non abbiamo avuto che Marta. Avrei desiderato altri figli… ma … che vado pensando… tutta colpa di questo maledetto Quindici, mi distrae dall’unica cosa importante: lavorare, lavorare e lavorare. Se mi vedesse adesso il padre di Emma: ricco, affermato, il più importane e pagato architetto della Polonia. Peccato che solo dopo la sua morte, abbiano cominciato a propormi progetti interessanti e ben pagati. Pensiero orrendo… perdono Rav e ammenda Altissimo… ma il vecchio, forse, portava jella. Appena “trapassato” a miglior vita, ecco nascere Marta, acquistare questa meravigliosa casa e pubblicare libri e saggi. In fondo il Rav non si ingannava quando vedeva in Emma semplicità mista a cupidigia….e amore. Potrei mettere sotto la porta del vicino un mio biglietto da visita. Divento banale, è come se il valore delle persone si potesse semplicemente scrivere. “Sam adesso sarebbe perfetto: ma lei non sa chi sono io!” Vorrei accanto il Rav, saprebbe come farmi affrontare questa inaspettata situazione: solo con uno sconosciuto che mi angoscia e il “terrore” incofessabile di ritrovarmi con Marta. Devo affrontare il numero Quindici. Il numero Quindici… è per la Kabbalah…
Entra Marta
Sam: Chi è, ah Marta sei tu?
Marta: Ciao, la mamma ti ha detto che sarei passata? Scusa se non ho avuto il tempo di chiamarti dalla stazione, un’impresa trovare un taxi. Stavi lavorando?
Sam: Che sorpresa…!
Marta: La sorpresa è che non saremo disturbati dalla oppressione della mamma. Finalmente potremmo essere padroni del nostro stomaco. Incredibile come per lei il cibo sia il metro per giudicare gli individui. Ti ricordi di quanta ostilità per la mia amica Rebecca? Il vero motivo era la sua inappetenza. “Marta non ti fidare di chi mangia poco: è un evidente segno di avversità per la vita e i doni che essa ci regala”. Figurati, se si dovessero giudicare le persone per il peso in chilogrammi, la mamma creerebbe un mondo di obesi. E poi mi chiedi, perché appena laureata, sono andata via da Cracovia, accettando un lavoro a 500 km. Solo per te, sarei voluta restare, ma ognuno è artefice della propria vita, ti ho sempre ammirato per aver tenuto fede alla tua cronica inappetenza. Alto, magrissimo, ribellarti alle sue minacce e ai suoi anatemi.
Sam: Tesoro sei sicura che tutto vada bene?
Marta: Certo benissimo, perché ho il viso stanco? Dopo tante ore di treno, scambi, coincidenze, sfiderei chiunque a non sembrare una zucchina macilenta. A proposito sai come sta la zia? Non vorrei intromettermi, ma la mamma è troppo vittima della famiglia… una telefonata e lei corre, lasciando te e il povero Crash… ma dov’è? Non dirmi che ancora scappa dalla portinaia… Nevica e lui è vecchietto… insomma, sei troppo accondiscendente e così non va bene.
Cercando il gatto
Ma tra moglie e marito… Crash dove ti sei nascosto, non vieni a salutare la “mammina” che è tornata.
Sam: Scusa… ma non dovevi arrivare con un ospite? Sono un po’ frastornato, per il tuo comportamento. Non sarai vittima di una strana febbre delle Azzorre o stai covando il morbillo! Sei amorevole, saluti senza arroganza, chiedi del tuo gatto, e questo perdonami, è la prima volta da quando portasti, dieci anni fa, Crash in casa. Ci impedisti, dopo avercelo “mollato”, di cambiargli un nome così ridicolo e adesso sei tutta saggezza e preoccupazioni. Quanti soldi ti servono? Sei nei guai con la Legge! Ricercata per frode! Il tuo amico è un anarchico. Qualcosa di poco chiaro!
Marta: Sei impazzito? Mi aveva detto la mamma che ultimamente ti vedeva affaticato, ovviamente, conoscendola, non le ho creduto, ma a questo punto, credo che le sue previsioni fossero ottimiste. Il mio unico pensiero siete voi, tu il mio super eroe… sto esagerando… ti voglio bene, ma la mamma, mi ha sempre impedito di essere spontanea, forse una sottile gelosia… non so… ma ripensando ai tanti episodi e alle nostre continue incomprensioni, il motivo è non essere mai riuscita a starmene sola con te, senza che lei ci scrutasse, si intromettesse, si innervosisse. Chi non passa momenti di malessere esistenziale, ma da questo a pensare che non ti volessi bene o che ti detestassi! Il tuo lavoro procede? La mamma mi raccontava di un progetto che ti sta stressando, e così ho preferito lasciare il mio amico in albergo… posso aiutarti? Ricordo quanto ti infuriasti quando non volli iscrivermi ad architettura. ”Talento sprecato” dicesti.
Sam: Marta tesoro, sei la consolazione del mio cuore… Sei adulta… non badare a ciò che dico, è ovvio che tu sia cresciuta. L’ho sempre detto, che mi somigliavi… Il Rav… non sono preoccupato per il lavoro, figurati, ho affrontato situazioni ben più impegnative, e tua madre lo sa bene. Ti ha informata sul nuovo inquilino. Il misterioso numero Quindici!
Marta: Un vicino misterioso. E’ un Rav?
Sam: Non so. Non credo. Perché hai pensato che sia un rabbino?
Marta: Ma se tu che hai detto il Rav… non ti riferivi al vicino? Non mi dire che dopo anni, i Sig. Roth sono riusciti ad affittare la casa. Chi è quel pazzo che ha accettato di vivere nell’unica casa dello stabile dove per riscaldarti, devi praticamente incendiare la mobilia. Alla fine l’hanno spuntata gli avidi Roth, e pensare che il nonno di Yael, ricordi quanto eravamo amiche, era uno studioso della Kabbalah, sempre con le caramelle in tasca quando mi incontrava per le scale. E allora dimmi chi è questo pinguino, che solo la forza della preghiera, lo può far sopravvivere in quella ghiacciaia?
Sam: Ma chi lo conosce, anzi, neanche mi ricordavo più del riscaldamento… allora una speranza c’è: potrebbe morire congelato. Se tra 10 minuti, non inizia a suonare… è deceduto.
Marta: Suonare? E’ un musicista. Tu adori la musica.
Sam: Ma quale musicista… è un folle che da 180 ore, le ho contate, suona, senza tregua, tre motivi, sempre gli stessi, con uno strumento sfiatato e stonato con orari militareschi: dalle 11 alle 16, dalle 17 alle 22. Mancano 5 minuti alle 17 e sentirai tu stessa. Suonasse con armonia, capirei, potrebbe essere fonte di ispirazione… invece è esasperante, assordante.
Marta: Basta… capito... calmati. Aspettiamo le 17.
Marta si allontana
Sam: Marta, dove sei. Corri ha iniziato… ascolta.
Marta: Arrivo.
rientrando
Cercavo Crash, sai dove si era nascosto? Sotto la legnaia in cucina. Ma ti sei ricordato di farlo mangiare? Si è avventato sui croccantini come una tigre. Mi sa che Crash torna a vivere con me, almeno fino a quando mamma non torna da Zurigo. Non ti offendi vero? Ma cos’è questo rumore ossessivo. Non dirmi che è il pinguino che suona!
Sam: Lo senti anche tu! Grazie, per un attimo ho pensato che fosse frutto della mia immaginazione.
Marta: Che dici. Perché avresti dovuto inventarti una storia così buffa. Ha ragione la mamma, hai bisogno di vacanze. Perché non gli dici di cambiare stanza, la casa è grande come la nostra e dall’altra ala dell’appartamento non ti disturberebbe.
Sam: Ho promesso a tua madre che avrei aspettato il suo rientro… sai a volte il mio carattere è un po’… e aveva paura che una parola di troppo mi avrebbe fatto trascendere ed arrivare a insulti o forse peggio.
Marta: Che esagerazioni… tu e la mamma fate di tutto un dramma! Vuoi che vada a parlargli ? In fondo dovrebbe solo cambiare stanza… nessuno vuole impedire a nessuno di fare ciò che vuole.
Sam: Grazie, è la Provvidenza che ti a fatto tornare al momento giusto. Anzi, dopo, raccontami che tipo è, sono curioso.
Marta: Ma perché lo chiami il Quindici. Non ha un nome?
Sam: Macche’ solo un numero su porta e citofono e nel palazzo nessuno lo conosce.
Marta: Ok andrò dal “Fantasma del Palcoscenico” e ti riferirò la più impercettibile alzata di sopracciglio.
Sam: Buona fortuna!
Marta esce. Sam si mette al tavo da lavoro. Passaggio di tempo
Sam: Che ora si è fatta. Le 20! Ho lavorato con profitto. Anche la sesta tavola è pronta. Eccellente risultato… oddio Marta. Il cappotto è quì e lei non è tornata. C’è silenzio, sono morti congelati!
Marta rientra
Sam: Marta sei tu? Perché non… sei pallida… ti senti male! Che succede? Non mi sono accorto del tempo… che hai fatto in tutte queste ore? Sei stata nell’appartamento accanto. Rispondi! ….
Marta: Scusami non mi sono accorta quanto tempo siamo rimasti a parlare.
Marta gli tende le mani, Sam le prende tra le sue
Sam: Hai le mani gelate, nel mio studio c’è un bel caldo. Certo, in quella ghiacciaia e senza cappotto. Vieni tesoro, vuoi una tazza di brodo caldo?
Marta: No, grazie, nella casa c’era un bel calduccio. Non ricordavo che i Sig. Roth avessero fatto costruire un grande camino per il nonno di Yael. Lui è davanti al fuoco, che suona.
Sam: Ma Lui chi è? ho promesso alla mamma che avrei aspettato il suo rientro da Zurigo.
Marta: La mamma ti ha strappato questa promessa!
Sam: Quale promessa mi ha strappato la mamma? Perché sei così alterata?
Marta: Con tono alterato - Se non entri da lui, non lo saprai mai.
Sam: Non urlare… sei sconvolta. Perché tu non puoi raccontarmi? Dopo potremmo telefonarle, si tranquillizzerebbe e cosi finalmente conoscerei questo misterioso Quindici. Di cosa avete parlato e che tipo è?
Marta: E’ un uomo, della tua stessa età. Non mi chiedi quale è il suo nome che non scrive sul campanello? Non hai più curiosità sui tre motivetti e con quale strumento li suoni. Strano e repentino cambiamento di chi sia “ il Quindici” della porta accanto.
Sam: Certo che sono curioso, ma la preoccupazione che mia figlia possa essere sparita per ore, mi ha fatto spostare l’attenzione su altro: la tua incolumità. Adesso raccontami tutto: chi è, che fa, da dove viene? ll Rav avrebbe riforzato... "Sam solo tre domande? Non chiedi altro? Dove sta andando? Con chi? Perché? Per fare? Quando?… Cosa vuole e perché lo vuole... ” grande uomo il Rav”.
Marta: Sono più volte che nomini il rabbino, lo conosco? Sono atea, senza però avere il coraggio di esserlo veramente. In casa abbiamo sempre rispettato le Festività Maggiori e solo per Yom Kippur, non si poteva trasgredire. Il giorno in cui vengono perdonati i peccati tra l’uomo e Dio, mi sembrava sufficiente per il resto dell’anno. Di te non so nulla, sei credente? Solto adesso, mi rendo conto di non conoscere il tuo passato. Prima che incontrassi la mamma, dove e con chi vivevi. Di lei so tutto, la famiglia, la nonna. Dei tuoi genitori non parli mai. Sono morti nei Campi, è tutto quello che mi avete raccontato. Avevi fratelli, sorelle, nonni, zii? Quanti anni avevate? Eri il maggiore, il più piccolo? Sei stato nei Campi? La mamma non mi permetteva di parlartene. Quando assumi atteggiamenti ostili e irascibili per una qualsiasi sciocchezza, con reazioni esagerate, ho sempre pensato che fosse una conseguenza di…..
Sam: Zitta, dici una bestialità dopo l’altra, il numero Quindici va allontanato. Tre ore passate con lui e diventi impertinente. Ci accusi, perfino, di non averti dato una educazione religiosa, ti interessa il mio passato. Ti saresti gia sposata se avessi un po’di lucidità e io non sarei più costretto a lavorare per sanare le tue pericolanti finanze. Pronta o al giudizio o a una curiosità morbosa. Sei un capolavoro di egocentrismo. Devo sopportare il Quindici, e mia figlia, che dopo anni di indifferenza e opportunismo, scopre un amore figliare sofferto e incompreso. Cosa sei venuta a fare a Cracovia! Credi che abbia creduto la “storiella” del: parliamo e conosciamoci. Non credo alle conversioni né religiose, né morali. Quando si nasce di un colore, si muore di quello stesso colore, più sbiadito o più accecante, ma sempre dello stesso colore. Non mi incanti con i discorsi da donna vissuta e riflessiva, che scopre l’importanza del dialogo e della incomunicabilità. Queste frasi ad effetto falle dire ai filosofi, ai poeti o ai drammaturghi. Vai in camera tua, fuori di casa, vai a Zurigo da tua madre, così potrai recitare la parte della figlia incompresa da padre despota con un pessimo carattere.
Marta: Sei talmente accecato dall’ira, che non mi chiedi…
Sam: Basta non ne posso più, sei opportunisticamente premurosa. Il numero Quindici mi innervosisce e tua madre pensa solo alla zia. Vorrei essere lasciato solo, non compatito nè tantomeno compreso.
Marta: Ma che succede in questa famiglia!
Sam: Sei ancora qui, non ti ho mortalmente offesa! Fa la tua uscita ad effetto, e corri via in lacrime!
Marta: Non voglio dire nulla che potrebbe poi diventare un muro invalicabile tra noi.
Sam: Mi sembra un po’ tardi alla soglia dei 35 anni, cominciare a metterti in discussione. Viziata, coccolata, protetta dalla sua famiglia, che ti hanno fatto vivere lontana da quelle che erano le mie aspettative, estranea. Adesso come per una illuminazione, ti accorgi che i miei consigli venivano occultati da una madre yiddish: ” Sam, diceva tua madre, Marta è sensibile e delicata. Ricordi quando ci sposammo? Desideravi una figlia, tutti vogliono un maschio, ma tu no, dicesti che le figlie somigliano ai padri. Chi meglio di te, dunque conosce l’animo della piccola. ” Ecco sei l’eccezione che conferma la regola. Te ne vai o devo buttarti fuori! Inganno e tradimento, nascondevano le parole di Emma. E tu crescevi, sempre più lontana. Ho un pessimo carattere, la vita l'ho guadagnata con fatica sulle mie forze. Non ho avuto chi copriva gli scoperti in Banca, né chi inventava parenti dall’altra parte del Globo, come pretesto per viaggiare ed allargare le proprie vedute. Per le mie, ho studiato, letto e imparato da chi ne sapesse più di me. Non sbattere la porta, quando esci, lo sai che il Sig. KamiŃski non sopporta il frastuono.
Marta esce sbattendo la porta
Sam: Ecco, come se le avessi detto buttala giù. Difettosa com’è la serratura, mi conviene controllare. Salve Sig. KamiŃski, come sta? Oggi il vento gelido, entra nelle ossa. Si era Marta che partiva per la Svizzera. Lo sa come sono le giovani d’oggi. Tanta fretta di venire a Cracovia e altrettanta smania di andare via. Ha ragione, per me è impossibile allontanarmi senza aver fatto una lunga pianificazione. Emma si trova ancora a Zurigo sembra, che la zia ne abbia per qualche settimana. Si… è vero, ha un cuore d’oro, sono fortunato, una donna preziosa. Sposando lei ho ritrovato il calore familiare...
tra se e se “Ma non credevo così caldo e soffocante”. Come dice? Il vicino? Si, è diventato un problema lavorare. Non smette mai di suonare e sempre gli stessi tre motivetti. Anche lei? Ah… le fa compagnia. Sig. KamiŃski, quante volte le ho detto che è troppo solo… prenda un bel gatto… sono animali socievoli e indipendenti. Se si dovesse decidere, ne ho io uno bello e pronto: vaccinato, sterilizzato, abituato a stare in casa senza sporcare e equilibratamente pigro. Pensi, non dovrebbe neanche avere il fastidio di trovargli un nome: ce l’ha già. Certo, mi riferisco a Crash, starebbe meglio con lei, che con quella vagabonda di Marta. Che pensiero gentile, non si deve preoccupare, nessuno sentirebbe la sua mancanza. Non lo amiamo! Ma come pensarlo!!!. E’ la luce dei nostri occhi, ma penso quanto gioverebbe alla sua salute. Ha ragione, qui sulle scale si gela… comunque ci pensi molto bene prima di rifiutare una offerta così allettante. E poi preferire la compagnia di uno straniero al mio gatto? Direi una decisione mal ponderata. Straniero? Non lo so, suppongo dalla maleducazione con la quale si comporta. Marta, certo che è uscita, perché? Quando si è affacciato sul pianerottolo l’ha vista entrare nell’appartamento accanto! Non capisco. Non lo conosce nessuno e tantomeno Marta che è arrivata ieri. Forse le avrà chiesto qualcosa e con questo freddo avranno preferito entrare in casa.
Squilla il telefono Il telefono, scusi Sig. KamiŃski sarà Emma, a più tardi. Buonasera. Pronto... ciao. La zia migliora? Si è arrivata nel primo pomeriggio. No, il suo amico ha preferito lasciarlo in albergo… non lo so, la conosci tua figlia, cambia idea sempre e senza motivo. Avrà pensato che con un ospite tra i piedi, troppe responsabilità. Si, sono riuscito a lavorare, Il signore della porta accanto si è preso il pomeriggio di riposo e così ho finito anche la sesta tavola. Ne mancano ancora quattordici e se lo sconosciuto si degna di stare quieto e zitto, forse riuscirò a consegnare il lavoro nei tempi previsti. Vuoi parlare con lei? No è scesa a comprare le patate, aveva voglia di fare un gulasch, sembra che dove lavora sia poco raffinato mangiare piatti tradizionali e così è costretta a ingurgitare omelette e tartine. Certo che si è ben coperta, quando ricorderai di non scordare che non è più una bambina? Non abbiamo né discusso né litigato e la cosa ti stupisce, evento eccezionale io e Marta poche ore insieme senza sangue con ferite mortali. Stiamo invecchiando. Sta diventando adulta e responsabile? Ti adoro per la tua innocenza. Marta non diventa saggia né adulta, io non accondiscendente né tantomeno invecchiato, è stato il Fato a non farci litigare. Appena rientra ti farò chiamare. Non mi hai detto cosa dice il medico della zia. Certo che sono impaziente di riaverti con me. Marta che pensa del signor Quindici? Non so… Lo ha sentito soffiare in quel misterioso oggetto e non ha sentenziato! Non sono polemico, Marta non discute, giudica, non comprende, impone la sua volontà, non ascolta, si ascolta. Quindi non sono in grado di riferiti il suo pensiero, ma appena rientrerà sarà, come sempre con te prodiga di particolari. Non capisco di cosa dovresti essere preoccupata, il Quindici sarà certamente uno stravagante, Eccentrico, come lo hai definito, ma non un serial killer. Davvero sei agitata?... E’ solo uno che non avrà di meglio da fare che assordare i vicini... incredibile, lo devo sopportare e, ironia difenderlo dai tuoi attacchi paranoici. Scusami non ho detto paranoica... adesso devo riposarmi e sono stufo delle tue elucubrazioni, di Marta e del Quindici che decide i tempi del mio lavoro. Ti saluto e appena la piccina rientra sfoga con lei le tue fantasie hitcicokiane. Che stress... aveva ragione il RAV... ma perché oggi è così presente nei miei pensieri. A volte non lo ricordo neanche per le preghiere della Sera e oggi mi manca la sua presenza, il suo sguardo, il suo pensiero.
Rientra Marta
Ha chiamato la mamma e vorrebbe tue notizie. Ma sei stata tutto questo tempo dal pazzo della porta accanto? Non vorrei sembrarti curioso, ma di che avete parlato? Se non avessi promesso alla mamma di aspettare il suo rientro...
Marta: Non mi hai mai raccontato di come tu e la mamma siete sopravvissuti alle leggi raziali. Perché solo la tua famiglia è finita nei Campi. Non rispondermi con l'aggressività che conclude ogni nostro dialogo. Ho bisogno di sapere, quanta sofferenza e segreti sono nel mio DNA. Curiosità morbosa! E’ legittimo, anzi illegittimo l'ignoranza di sé e della propria appartenenza. Se pensi che il signore della porta accanto, come ti diverti a chiamarlo, sia stata la molla scatenante di queste mie domande, ebbene hai ragione. Non ho compreso chi sia veramente, di una cosa però sono certa, per lui è importante la nostra esistenza e credo abbia volontariamente cercato l’appartamento accanto al nostro. Non so il perché né il significato delle sue parole, a volte enigmatiche, a volte sottilmente ironiche, ma sempre amare e tragiche. Nei suoi occhi c'e la stessa sofferenza che è nei tuoi. Lo stesso sguardo perso in un mondo dove è vietato l'accesso e dove si nasconde un tesoro di pianto, grida, disperazione e schiacciata rassegnazione. Tutto questo perché è gelosamente chiuso nel vostro animo? Vi conoscete! I motivi che suona, nascondono un silenzio assordante. Dove stai andando, non lasciarmi senza risposte, sono sicura che se ne parlo con la mamma, svierà l'argomento su cosa abbiamo mangiato, se la casa è in ordine e con un lungo sospiro spegnerà la conversazione. Non voglio essere trattata sempre come la viziata di una madre iperprotettiva, di un padre sfuggente e inaccessibile. Allora? Rispondi! Sei esasperante, non mi degni di uno sguardo né di considerazione. Sono turbata ma sembra esserti del tutto indifferente. Ancora una volta mi illudo di un qualsiasi segnale di comunicazione e trovo sempre quel trasparente velo infrangibile che è il nostro rapporto. Con la mamma tutto resta in superficie, nessuna costruzione, nessuna verità. Grottesco, uno sconosciuto e tutto il castello della nostra storia diventa fragile, niente potrebbe essere vero.
Sam: Ma cosa vuoi da me! Hai una fervida immaginazione e il Quindici ne deve avere più di te. Di quale verità vai blaterando! Non ti abbiamo mai nascosto della mia infanzia difficile, delle leggi razziali che mi hanno impedito di frequentare studi regolari. Sono ricordi dolorosi e ho cercato di sopravvivere malgrado essi. Tua madre, famiglia ricca e potente, è riuscita a trovare rifugi sicuri. Cosa vuoi che ti racconti! Di un bambino di 12 anni, che non avendo nulla da mangiare e i morsi della fame gli impedivano anche di ingoiare la saliva, era costretto a suonare un violino con 3 corde sfilacciate che tagliavano le dita rattrappite dal freddo facendo il buffone per far ridere gli ebrei ricchi e idioti! E non avendo scarpe ha tagliato le maniche dell'unico cappotto che possedeva! Adesso finiamola e se vuoi ancora qualche dettaglio parla con tua madre, ma della sua storia, la mia termina qui.
Marta: Non credo che la tua storia si riduca a qualche aneddoto che potrei leggere su qualsiasi libro di storia. Non sono questi i buchi neri del nostro passato. Vieni a conoscere il Signor Quindici, e poi vedremo se tutto quello che mi avete o che vi siete detti è la verità, quella verità che cerco e che forse sarebbe meglio trovaste anche voi.
Sam: Ma cos’è una seduta psicologica? È un nuovo gioco di società: indovinate che vi racconterà un vicino inopportuno per giustificare il suo comportamento senza educazione. Mandate la figlia più credulona… e voilà, il gioco del chi siamo e da dove veniamo, è fatto. Sono esasperato. Il Rav, ma scusa non ti dovrei parlare di chi non conosci solo perché è venuto a mancare anni prima della tua nascita, mi raccomandava di non inseguire le lucciole né le ombre sui muri. Sviluppano la fantasia, ma distorcono la realtà. Negalo se hai conservato un po’ di lucidità che questa situazione sta diventando insostenibile. Dobbiamo fare un programma. Aspettiamo che torni la mamma, ma dovrà restare ancora dalla zia. Potresti raggiungerla. Sopporterò allora pazientemente le intromissioni del Quindici come irriverentemente detto. Un altro punto a suo sfavore: suona come lo zio Jacob, il preferito di tua madre. Fu lui a scegliere il nome Marta, Io non mi sono opposto, tua madre era felice e questo mi bastava. Avrei voluto il nome di mia madre, ma pensai che alla prossima gravidanza nessuno si sarebbe intromesso. Beffa del destino, sei rimasta la nostra unica figlia. Come poteva non viziarti? E tua nonna ti avrebbe preso la luna con un laccio. Non ho potuto fare altro che accettare passivamente questa educazione lontana dai miei principi. Solo contro tutti, lotta impari e perdente. Cosa faccio adesso disattento il dictat di Emma e affronto questo Golem.
Marta: Ma perché dovrei credere a quello che mi stai raccontando?
Sam: Incredibile e inverosimile che un vicino di casa, per quanto invadente possa raccontare cose che possano suggestionarti. Adesso proviamo a racimolare qualcosa di commestibile per la cena e poi con calma telefoneremo a Zurigo per sentire la mamma. Che ne dici di un brodo caldo con crostini all'aglio? Mangiandoli insieme nessuno sentirà l'alito dell’altro. La mamma ha lasciato anche un po’ di formaggio di capra, quello stagionato al punto giusto. Anche del vino rosso quello che mette da parte per la PESACH.
Marta: Lo sai cosa mi stupisce, che tu non abbia voglia di conoscerlo. È come se temessi qualcosa di grave o spiacevole. Questa tua rassegnata passività mi crea ansia e curiosità al contempo. Sembra che temi una catastrofe e voglia rimandarla il più a lungo possibile. Irascibile, impaziente, arrogante, provocatore, permaloso fino al patologico, ribelle per definizione accetti le imposizioni di mamma, le prepotenze del suonatore folle e soprattutto non mi butti fuori di casa come continui a minacciare. Questo è surreale. Non voglio chiamare la mamma, non voglio farmi confondere le idee dalla sua logica, che tu chiami "Logica della furbetta."... ho bisogno imperativo di un confronto tra te e il signor Quindici. Non trattarmi da estranea, dove vanno i tuoi pensieri. Alla tua famiglia? Perché non sei stato nei Campi. Il Rav ti ha nascosto?
Sam: Sei testarda o impazzita, non voglio parlarne e ignori che è ora di cena e che in ogni famiglia normale a questa ora si mangia, male, ma si mangia. Vogliamo invitare lo scocciatore della porta accanto! Quando si cena, sentire storie fantastiche è tradizione talmudica.
Marta: Sei impossibile, e impossibile è parlare con te. Non ho voglia di mangiare e mi chiedo se questa indifferenza che ostenti sia credibile. Buonanotte, a Zurigo chiamerò domani. Sono stremata, il velo infrangibile che è sempre stato tra noi non si farà mai in mille pezzi.
Sam: Vattene a Zurigo, è l’unica soluzione per ristabilire un po’ di tranquillità. Sfogati con la mamma, aiutala con la zia, insomma togliti dalla mia vista.
Marta: No, non me ne vado, stavolta non scappo voglio affrontare la situazione perché lo so che qualcosa di determinante accadrà, e stavolta nessuno potrà nascondermela.
Sam: Allora sarà meglio che tu prenda le ferie se credi che possa andare dal Quindici e ascoltare le sue follie. Sono architetto non psicoterapeuta. Non bastava la zia malata, ci voleva anche il vicino affabulatore che riempie di folli pensieri la mente di una figlia, che per sua natura è portata al dramma Ibseniano.
Marta: Allora andrò a rileggere il Gabbiano, sarò più preparata allo psicodramma.
Sam: Ma vogliono farmi impazzire. Cosa avrà detto il vicino per sconvolgerla tanto. Il Rav cosa mi consiglierebbe. Di affrontare le difficoltà che si palesano e allontanare ciò che distrae. Sono le undici, non credo di essere inopportuno, in fondo è lui quello che suona fino a tarda sera. Come mi presento, che gli dico? Non so, dirò semplicemente: “sono il suo vicino e vorrei darle il benvenuto”. È plausibile, non lo ho mai incontrato e la educazione impone il buon vicinato. Meglio aspettare domani. La notte porta consiglio.
Rav: Sam quando la situazione diventa non gestibile, chiedi aiuto al l'Altissimo, sei un’anima a Lui cara e le tue preghiere saranno ascoltate con particolare attenzione.
buio
Passaggio temporale. la mattina seguente
Marta: Buongiorno, dormito bene? Ha chiamato la mamma per dare notizie? Preparo la colazione!
Sam: Grazie fai caffè e pane caldo. No della mamma nessuna notizia, aspettavo che ti svegliassi per chiamarla. Preferisco telefonare dopo colazione. Non abbiamo cenato e ho fame.
Marta: Va bene come preferisci.
Sam: Che programmi hai per la giornata? Resti ancora a Cracovia o raggiungerai il resto della famiglia a Zurigo. La nonna sarebbe contenta di rivederti.
Marta: Vuoi proprio sbarazzarti di me. Appena preparato uno scatolone di libri ritrovato in soffitta, sparirò a data da destinarsi.
Sam: Fai come vuoi, prendo il caffè e mi metto a lavorare, sperando che il tuo amico, signor Quindici, me lo permetta. Fai buon viaggio e appena arrivi chiamatemi. Bacia la zia per me.
Marta esce
Ah finalmente solo. Avevo dimenticato quanto fosse soffocante Marta. Spero che la zia non guarisca presto. Silenzio, casa vuota, questo è lo stato di grazia che non avevo apprezzato. Caro vicino suona fin che vuoi. Marta... accidenti se n’è andata senza salutarmi. Permalosa come la madre, arrogante come il nonno, supponente come la nonna, affabulatrice come lo zio Jacob. Insomma un coacervo di difetti della famiglia di Emma. Se non la conoscessi bene, avrei creduto alla autenticità delle sue elucubrazioni e del suo linguaggio raffinato e imparato in qualche corso di psicoanalisi per corrispondenza. Anch'io avrò le mie responsabilità, come diceva il Rav, la testardaggine non semplice da gestire. Ancora una volta il Rav nei miei pensieri. Mi ero ripromesso, di conoscere il Signor Quindici. Perché no! Non riesco a concentrarmi. Sarebbe la prima volta che disattendo alla volontà di Emma. Ma è anche la prima volta che Marta prende il sopravvento. Non riesco a riordinare i pensieri. Troppi ricordi, al punto di sentire odori antichi e mai dimenticati. E’ come se non potessi più rimandare l’incontro, che per Marta, sarebbe decisivo per ridare memoria alla nostra famiglia. Però credere a Marta è come inseguire le lucciole. Nessuna recriminazione né alibi: lo devo affrontare.
buio
siamo in casa del 15
Scusi... disturbo... la porta è aperta, abito nell’appartamento accanto e vorrei darle… il benvenuto.
Ruomek: Entra Samuele, Ti aspettavo.
Sam: Mi conosce? Mia figlia le ha parlato di me?
Ruomek: Vieni, avvicinati fatti rivedere. Non sei cambiato, sempre troppo alto e magro. Siediti, sei pallido non sono un fantasma né una allucinazione. Scusami, ma come vedi le gambe inchiodate su questa sedia a rotelle, mi impediscono di alzarmi per abbracciarti.
Sam: Ruomek, amico di sempre. Quando è l'ultima volta che ci siamo visti?
Ruomek: Tanti anni, un’altra vita.
Sam: Quanto avremmo da raccontarci, da dove cominciare. Mi cercavi e hai trovato il modo più complicato per farlo. Sei sempre lo stesso, ti ricordi il rabbino? “Voi due teste matte non sareste capace neanche di pelare una cipolla, trovereste il metodo più complicato e irripetibile”. Non ti sei smentito, guarda che sceneggiatura per rivederci, sembra quel film poliziesco che abbiamo cercato, non so quante volte, di scrivere. Marta pensa che voglia farti del male. Dobbiamo chiamarla altrimenti questo equivoco chissà a che conseguenze estreme ci condurrà. Parlo, parlo e non ti chiedo niente. Dopo il mio matrimonio sei svanito. Neanche il Rav mi ha dato tue notizie, e dire che lo torturavo per sapere del mio Ruomek. Sembrava che ce l'avesse con te. Come se un rancore nascosto gli impedisse di farci riavvicinare. Ci vedesse adesso, insieme. Stavolta non scappi. Ma racconta: ti sei sposato, hai figli, dove lavori, dove hai vissuto tutti questi anni, perché non mi hai cercato e cosa è accaduto alle tue gambe inchiodate a questa sedia? Lo vedi, non sono cambiato, il solito difetto: mille domande senza aspettare il tempo delle risposte. Racconta! Aspetta… voglio abbracciarti, toccarti, Ruomek, quanto mi sei mancato. Tu e il Rav: il mio unico mondo. Sei scomparso il giorno dopo il mio matrimonio, e il Rav, è morto dopo pochi mesi. Non eri alla sua Shiva', perché? Come hai potuto… mai più solo e povero mi sono sentito. Adesso devi farmi la ricostruzione della tua vita. Senza te sono inutile, vuoto e posso ammetterlo solo con Ruomek. Cosa ti ho fatto? Sei risentito! Anche se la quotidianità non l’abbiamo condivisa, con un battito di ciglia il passato e il presente diventano un dettaglio, ecco sono già svaniti. Samuele, Ruomek, Rav, le nostre famiglie è questo che ci ha unito e ci continuerà ad unire per sempre. Gli anni trascorsi separati sono cancellati come il fumo che esce da questo camino, svaniti.
Ruomek: Samuele, non mi lamento di come è trascorsa la mia vita, siamo sopravvissuti e costretti a vivere con quel che restava di noi.
Sam: Credo tu sia l'ultima persona a chiamarmi ancora Samuele. Suono familiare e doloroso. Per tutti sono Sam, semplicemente Sam, non per te e il Rav. Samuele, come era orgoglioso il babbo che mi chiamassi come il nonno. La mamma, quando era arrabbiata con me, pronunciava il mio nome, con una durezza tutta particolare. Samuele diventava lunghissimo e io avevo il tempo per nascondermi. Emma, non mi ha mai chiamato altro che Sam. Dovremo chiamarla... come sarà felice e non farà che piangere. Adesso è in Svizzera, dalla zia Judith, la ricordi vero? È rimasta sola, senza figli e tu conosci il cuore di burro di Emma, generosa e sensibile, ha lasciato tutto per correre da lei. Posso rimproverarle solo questo suo immenso altruismo. Ti ricordi come era ostile il Rav al nostro matrimonio? Ruomek non avrei potuto trovare una compagna più comprensiva. Lo conosci il mio carattere, ribelle e irascibile, ma il suo sguardo pieno di tenerezza, mi trasmette calma. Con lei ho appagamento personale, liberazione dalla paura e dalla ansia, amore, controllo, saggezza. È la cosa positiva che si oppone alla forza del caos, tutto ciò che è la antitesi della sofferenza e del dolore. Lei è la mia energia sconfinata. Sono tremendamente egoista, continuo a parlare di me e ignoro tutto il tempo che hai trascorso lontano da me. Ti ricordi quando fantasticavamo sul nostro avvenire? Io sarei diventato un grande artista e tu uno regista di successo. Il tuo nome avrebbe fatto impallidire Fritz Lang. Cosa si è avverato dei nostri sogni ad occhi aperti? Ruomek, non riesco a starmene zitto ad ascoltare i tuoi racconti.
Ruomek: Ma non mi hai appena detto che Emma è la tua energia vitale. Io sono ben poca cosa dopo tutti questi anni di silenzi e lontananze. Sono felice che la tua storia sia stata questa, almeno fino ad oggi. Forse non dovrei parlare, ma è un giuramento fatto al Rav, non posso né potrei eluderlo.
Sam: Che dici? Parlare con te è parlare con me stesso e nessuno ti capisce come te stesso. Ma cos’è questo discorso che hai promesso al Rav! Perché dovrei sapere da te cose che avrebbe potuto dirmi lui. Ruomek, amico amato e ritrovato, cosa ti tormenta. Ho cercato, con attenzione e fatica affetti, certezze, separando questa realtà con ciò che ha devastato, irreversibilmente, quella vissuta insieme. Barcollo, annaspo, spesso sovrappongo il passato al presente, ma guardo negli occhi Emma e Marta e non sono più troppo confuso. Amico mio, incosciamente ti inondo di parole, perché temo questo tuo rientro. Il tempo trascorso lontano è già svanito, progettiamo l’oggi fino a quando l’Altissimo deciderà di riunire altrove le nostra anime.
Ruomek: Vorrei non aver fatto la promessa al nostro rabbino e vorrei avere più tempo da vivere per ritardare tutto questo. Purtroppo non mi sono rimaste che poche settimane di vita. Samuele siedi, ascoltami senza interruzioni, diventerebbe ancora più molesto il parlarti. Ricordi quando Emma e la sua famiglia ritornarono dalla Svizzera, dopo il 46? Il padre di Emma, accorgendosi del sentimento che profondamente vi legava, parlò con il rabbino per interromperlo. Non poteva più sopportare il peso che minava irreversibilmente la sua salute. Morì subito dopo il vostro matrimonio. Non riusciva a guardarci negli occhi. Si era invecchiato di colpo. Sapendolo tirchio, scherzavamo sui migliaia di sloti che avrebbe dovuto spendere. Ma purtroppo la verità è un'altra.
Sam: Ruomek è qualcosa che cambierà la mia vita per sempre? È necessario che la sappia? Il rabbino è morto e nessuno saprebbe mai cosa non hai detto. Ho paura, è come se il tempo mi rimetta in pericolo. Stavolta non saprei dove nascondermi. Non sarebbero gli uomini a cercarmi, ma la coscienza alla quale non si può sfuggire.
Ruomek: I pensieri, dice il Talmud diventano parole e le parole creano i fatti che cambiano gli eventi.
Sam: Quali eventi sei venuto a cambiare? Perché suonavi quella musica?
Ruomek: Non devo fare un grande cammino per arrivare alla verità. Nel tuo cuore sai già tutto. Non hanno potuto ingannarti a lungo. Ma come hai potuto vivere tra loro e tradire noi. Ho atteso per anni che mi venissi a cercare e insieme avremmo sopportato quello che gli uomini ci hanno fatto. Io aspettavo, sono sempre stato pronto ad accoglierti, ma tu eri diventato sordo ai richiami della tua conoscenza e ancora non vuoi arrenderti a questa consapevolezza. Ti ascolti quando parli di Emma? Leggi il copione di un libretto infantile e sdolcinato. Nessuno ti crederebbe e infatti non ci credi neanche tu. Marta. Certo l'ho conosciuta, una copia sbiadita della famiglia di Emma e niente altro. Sei diventato famoso e ricco, ma la Kabbalah ci insegna che la luce emana da due fonti: il Creatore e l'Avversario. La luce del Creatore è una fiamma eterna. La luce dell 'Avversario è lo scintillo della miccia di un candelotto di dinamite. Più siamo reattivi, più vittorie avremo, ma a che prezzo. Il tuo Ego, pieno solo di aria calda, ti ha portato in alto e, quando meno te lo aspetti, si affloscerà. La tua famiglia è un ostacolo. La tua reazione emotiva, ti fa sentire offeso, ferito, forse arrabbiato. Invece di reagire, cosa diceva il Rav, vedrai accadere dei veri miracoli, con la formula Kabbalistica della trasformazione.
Sam: Tutte queste parole, sono per me!
Ruomek: Sto scostando il velo, cercando di scoprire che c'è davvero dalla altra parte della realtà. La natura di tale forza, ha una unica essenza, condividere infinitamente, donare eternamente.
Sam: Emma e la sua famiglia cosa sapevate tu e il Rav, che non mi avete detto.
Ruomek: La coscienza crea la nostra realtà. Ciò che desideriamo è quanto riceviamo. Se siamo incerti, riceviamo la energia della incertezza. Se reagiamo alle crisi con la preoccupazione e il pensiero negativo, accresciamo la probabilità di un esito negativo. Ma le cose possono cambiare radicalmente. Possiamo mettere fine alla nostra incertezza, ai nostri dubbi. Possiamo buttare alla aria i piani dell Avversario. La resistenza significa lasciarsi permeare dalla luce. Samuele c’è ancora un Tikkum in sospeso, una trasformazione che deve attuarsi. Cercare conforto o sfuggirgli genera una momentanea gratificazione, ma a lungo porta il caos. Compreso questo non puoi più considerati vittima. Mai, assolutamente mai, addossare la colpa agli altri o alle circostanze esterne. Questa arma del mascheramento devo toglierla dal marasma della tua vita. È questo il solenne giuramento fatto al Rav.
Sam: Ruomek, sono il saggio a cui il nostro rabbino accresceva conoscenza, Emma diceva che era il semplice e di te ha sempre detto che eri quello che non sa fare domande. Non ti chiedo domande, né risposte, ma solo ciò che sai. Il mio Tikkum, si è affacciato.
Ruomek: Il padre di Emma ha venduto le nostre vite. I nazisti andarono a colpo sicuro trovando le armi che tuo padre e mio fratello avevano raccolto per la rivolta del ghetto. Presero i nostri sogni e tutto ciò che poteva essere per loro la natura della nostra esistenza. Chi è stato mandato nei Campi, chi come noi, si è nascosto. Nessuno è più ritornato, siamo tutti morti il giorno del rastrellamento. Il valore delle nostre vite: due Chagall e un Picasso. Dopo anni di lontananza da casa, quando credeva che tutto potesse essere dimenticato, il padre di Emma ha incontrato il suo Tikkum. Il Rav non a parlato, non poteva toglierti anche l'amore che stava concimando il tuo animo, ma non poteva neanche tacere e così mi ha fatto detentore di questo grande dono, ridare a te la luce. Ho mancato di coraggio e solo adesso alla fine della mia vita terrena, ho trovato il modo di non lasciarti nelle luce dell'Avversario.
Sam: Credo di aver saputo tutto da sempre, ma non volevo che ancora una volta tutto mi fosse portato via per sempre. Solo adesso sono in armonia con il creato e sono sereno. Quanti anni avevamo quando abbiamo riso con la bocca e anche con gli occhi. Ruomek i miei occhi stanno ridendo.
Ruomek: Anche i miei Samuele. Nel cassetto c'è una pistola con due colpi. Non sbagliare amico amato e ritrovato.
Si sentono i due colpi
Marta resta al centro della stanza, la luce viene staccata di colpo, restano soltanto le due candele ancora accese Marta le prende si avvia verso l’uscita e prima di andare si gira verso la stanza un ultimo sguardo, soffia sulle candele ed esce.
FINE
F.Chopin - Sei canti popolari polacchi op 74 - Roberto Cappello- Associazione Mozart Italia
4:25
Martha Argerich - Chopin: Ballade No. 4 in F minor, Op. 52
Martha Argerich - Frédéric Chopin: Four Nocturnes
9.40
Tikkum
ad indicare che una pratica deve essere seguita non perché inclusa nella legge biblica ma perché aiuta ad evitare il caos sociale
responsabilità del singolo individuo nei confronti del mondo.
Implica occuparsi dei fatti altrui.