L’urlo straziante
monologo di
Antonio Sapienza
Attore – Eccomi qua. E cosa ci vengo a fare tra di voi? Non lo so di preciso, ma sento il bisogno di parlare con qualcuno. Quanti siete qui in teatro? Cinque? Sei? di più? meglio!
Sentite ora vi parlo a come viene viene, senza un senso a braccio, o perchè ho la bocca!
Sentite (mostra un foglietto) cosa ho scritto qui per iniziare il mio “lamento”:
L’auto correva nella notte buia. L’uomo al volante puzzava di alcool. Lo sguardo annebbiato fendeva inutilmente il buio. Gli occhi si socchiudevano stanchi. Ad un tratto l’auto, con un lacerante stridore di gomme, svolta a sinistra e imbocca uno stretto viale. L’uomo ferma l’auto. Spegne il motore. Apre la portiere e, barcollando, esce dalla macchina e s’avvia verso l’entrata della villa. Riesce, con grande sforzo e pazienza a mettere la chiave nella toppa del portoncino, il quale, cigolando, lentamente, si apre. L’uomo, circospetto, entra in casa. Cerca di non far rumore per non svegliare la moglie. Fa un solo passo, e un urlo agghiacciante, lacerante, acuto, si leva nel silenzio della notte: L’uomo ha schiacciato la coda al gatto!
Fine. Tutto qui? No questo è solo l’inizio della storiella, me lo sono scritto perchè volevo essere spiritoso, insomma io sarei un ironico o presunto ironico, o mezzo scemo come mi dice mia moglie.
Dunque - scusate il termine professorale- dicevo : Allora. no non va bene neppure così. E come inizio? Inizio con delle domande mie medesime rivolte a me stesso.
Ci provo:
Orbene, sono un uomo di trent’anni e passa, vivo di stipendio – medio, tanto per chiarire, e sono sposato da due anni.
• Con chi? mi domandate.
• Ma con mia moglie, ovvio.
• A già. Continua, prego, mi chiedete.
• Grazie assai, vi dico... (lunga pausa) Dicevo sono sposato- forse un poco felicemente sposato – e non ho figli. Faccio, l’assicuratore, e come vi dissi, ho un buon stipendio che uso solo per fare i regali a mia moglie. Ah, non ci credete? E fate bene. è poco credibile, ma è la verità: Infatti la casa è di proprietà di mia moglie - quindi niente affitto- con lo stipendione della mia superpagata consorte mandiamo avanti la nostra... baracca – ancora si fa per dire - e io faccio... il principe consorte con tremila euro di stipendio al mese. Infatti mi sono comprato la Jaguar con la quale scorrazzo per la città ... in cerca di preda. No, non sono rimasto virtualmente, agli anni settanta, ma poco ci manca. Ora, se vi dico che sono un sentimentale, non rideteci su. vi prego.
Assai presto, per conto mio, fu convolare a nozze perchè ne io ne lei eravamo completamente convinti. Lei è una donna moderna, in carriera, piena di interessi (tranne per me, ovvio), e la vita coniugale la intralciava enormemente, questo si sa, e quindi è inutile indugiare sull’argomento (per non parlare dei figli, argomento tabù).
Cosa ne pensate? (pausa) Va bene, va bene, ho capito, voi potreste dirmi: E perchè, tu che cosa fai? (pausa lunga) E cosa vi devo dire: avete ragione, io non sono disponibile ad abdicare ... insomma, non è per le scappatelle, diciamo la verità, è perchè mi fa comodo continuare la vita spensierata, giocosa, appagante dello scapolone pieno di interessi attivi (ma passivi ce ne ho una vagonata).
Detto ciò, molto brevemente, vi ho messo a conoscenza dell’antefatto. Il fatto fu quella maligna coda di gatto nascosta dal buio e calpestata dai miei mocassini.
Perchè?
Perchè proprio quella mattina avevamo avuto con la mia...signora, una ampia e circostanziata discussione sul nostro matrimonio che stava andando a...a...ramengo. E sapete? caso strano, avevamo discusso da persone adulte e serie, addivenendo a questo equo accordo:
O la finiamo noi due o finisce il matrimonio!
E finimmo per decidere di salvare il matrimonio. Quindi niente scappatine varie, per conto mio; e moderazione della vita mondana con più presenza a casa, da parte sua.
Io condii l’accordo con questo argomento:
Cara, sappi che oltre a te, questo è ciò che m’intenerisce il cuore:
Il canto di un merlo in amore
Il profumo della zagara
Il sorriso della tua amata
La mareggiata
Una sinfonia di Beethoven,
Una tela di Monet,
La luna piena sul mare.
Una battuta ironica.
Lei, dopo avermi ascoltato a bocca aperta, sbalordita, incredula, udendo l’ultima battura, quella sull’ ironia, con calma, saltò in cattedra e mi rispose:
Senti bello, disse Pitagora: L’ironia è l’ipotenusa del lato intelligente di una persona. Di base ce l’ha solo chi è all’altezza. Tu credi di essere ...all’altezza?
Ma io, punto sul vivo, risposi: Senti pupa, a me l’ironia mi sostiene, la fantasia m’afferra, ma la pelle mi dona l’emozione. E tu, domandati, mi emozioni ancora?
Ma la risposta di mia moglie invece fu: vaffan...lo! Tu e la tua ironia.
Ma cosa c’entra tutto ciò? Vi chiedete. Centra, centra, perchè centra il mio carattere burlesco, goliardico, o, come, dice ella, buffonesco!
Ma cosa ci passo fare? io le cazzeggiature le raccolgo a manate e ti esporto a manciate sparse qua e là.
Mi dicono, ad esempio: gelosia e io subito: malvasia, camurria, fesseria, con tua sorella e tua zia, mannaggia a mia!
E lei va su tutte le furie: Non sei serio! Sei un bambinone cresciuto male ecc.ecc.
E, sapete, non ha mica tutti i torti. Quindi, ammesso – caso raro - le mie colpe, decidemmo di riprovarci.
Ma quella sera, proprio mentre tornavo a casa, chi vado a a incontrare? Ma Maria Giovanna, una mia vecchia fiamma ormai spenta, la quale mi supplica di tenerle compagnia perchè deve incontrare un uomo, conosciuto nel web. Ed io, paladino, potevo rinunciare a dare una mano ad una pulzella in cerca di conforto? E restai con lei al caffè Regina, aspettando chi non arriva. Si fanno, incoscientemente, le undici, mezzanotte, l’una, poi guardo l’orologio, balzo in piedi, scappo quasi via , salto in macchina, una corse a centoventi, e all’una e trenta entro in casa. Cerco di fare al buio, in silenzio, di raggiungere la mia camera, mettere il pigiama e a chi vado a pesto la coda? A quel fetentone di Oreste, gatto guastafeste.
Adesso, vi lascio immaginare come andarono a finire le buone intenzione matrimoniali.
Fine