Manicomiu d’i ‘mmendulàri (chista vita non si poti fari…)

Commedia in vernacolo reggino in 2 Atti di

Fortunato Tripodi


10 personaggi (6 uomini e 4 donne oppure 5 uomini e 5 donne)

La società moderna, con i suoi ritmi frenetici ed i suoi giudizi appuntiti, non si fa scrupoli ad emarginare chi è più fragile, chi ha un momento di debolezza o chi, più semplicemente, non rientra nei canoni imposti dal pensiero dominante, spesso influenzato da una morale bigotta, piuttosto che dalla paura del giudizio altrui su chi è diverso, dimenticando che, essendo ciascuno di noi unico ed irripetibile, in realtà siamo tutti diversi.
Questi soggetti finiscono dietro le quinte di una società che si vergogna ad avere a che fare con loro: vengono ghettizzati, anche all’interno di case di cura, che una volta si chiamavano manicomi.
Vi sono, poi, altri soggetti che si alienano volontariamente dalla mondanità, preferendo la solitudine alla vita in società, rivelatasi meschina, infelice e approfittatrice con loro.
In chiave ironica e con la giusta dose di comicità, pur senza tralasciare una riflessione più profonda, si è tentato di raccontare alcune storie di uomini e donne che riescono a riabilitarsi proprio davanti agli occhi di chi aveva deciso che per loro non c’era più posto in casa, in famiglia e, più in generale, nella società.
Sant’Elia di Saline Ioniche (RC), lì 17/06/2019


Gino – 60 anni circa. Pittore, un po’ visionario, paziente della casa di cura. Nato in Calabria, ha vissuto molti anni in Francia. Tornato nel paese natìo, non è mai stato compreso dai suoi concittadini che, anzi, si facevano beffe di lui, così strano, fuori dagli schemi. Parla con una buffa cadenza francese e la “erre” moscia, intercalando anche parole dialettali. Veste un pigiama/divisa grigio, da struttura psichiatrica, con un fiore di carta colorata nel taschino ed un cappello “da pittore”.
Teresa – 50 anni circa. È stata una ragazza madre, con un figlio che le è stata subito strappata via, violentemente, e portata – si dice - in orfanotrofio, da un ragazzo che voleva soltanto divertirsi con lei. La perdita di questa figlia l’ha fatta cadere in una forte depressione. Si trova in questa casa di cura da oltre 30 anni. Veste un pigiama/divisa grigio, da struttura psichiatrica, con un ciuccio azzurro cucito sul taschino. Ha spesso lo sguardo assente. Lavora a maglia: fa sempre una sciarpetta azzurra, l’unica attività che la rasserena. Ciononostante, versi e gesti sconnessi la accompagnano, talvolta.
Eugenio - Giovane laureato, ha trascorso gli anni successivi agli studi a fare concorsi e inoltrare curricula per trovare lavoro. Deluso dal mancato riscontro ai suoi sforzi, vedendosi sempre passare davanti gente raccomandata, si è consumato dallo studio per aggiornarsi, a tal punto da diventare un corpo estraneo alla sua stessa famiglia. È chiuso in sé stesso e diffidente di tutto e tutti. Veste un pigiama/divisa grigio, da struttura psichiatrica, con delle penne nel taschino.
Gianna – Anziana paziente della casa di cura. Malata di Alzheimer. Veste un pigiama/divisa grigio, con un cucchiao nel taschino.
Lillo – 65/70 anni circa. Si ritrova nella casa di cura a causa dell’ignoranza e dei pregiudizi della gente del paese, convinta che Lillo portasse sfortuna, che fosse un uccello del malaugurio. Evidenti, ma piccoli, baffetti neri. Veste un pigiama/divisa grigio con un fazzoletto nero nel taschino, cammina con un bastone, anch’esso nero. Ha anche dei piccoli occhiali neri dalle lenti rotonde.
Infermiera - Lavora da tempo presso la casa di cura. Con i suoi modi spicci cerca di barcamenarsi nella cura degli “ospiti”, palesando una evidente povertà d’animo. Indossa una divisa bianca, un cappellino da infermiera, bianco. Voce acida e modi bruschi. È prossima alla pensione.
Dottore – 35 anni circa, è il nuovo medico in arrivo presso la casa di cura. Professionale ma anche molto umano nell’approcciarsi ai pazienti.
Peppe “Larraspata” - Impiegato comunale, 50 anni circa. Arriva in clinica per sfuggire da una realtà, familiare e professionale che, a suo dire, lo oprrime. Consapevole di non essere malato, cerca “soltanto” un rifugio.
Tota – Moglie di Peppe “Larraspata”, 50 anni circa. Vestita di tutto punto e molto petulante.
Postino/Postina - Fa pervenire la corrispondenza ai pazienti. È vestito/vestita da postino, con un borsello portalettere.

Paesino della costa jonica reggina, epoca recente.

Scena: cortile interno della Casa di cura “Il mandorleto”.
Due entrate/uscite: centralmente vi è la comune (una grande arcata), che collega il cortile con l’esterno, mentre decentrato a sinistra, vi è un’entrata/uscita (anche un semplice varco) che collega il cortile con l’interno della clinica.
I pannelli raffigureranno alcune grandi arcate, queste anche soltanto disegnate, con vegetazione spontanea, a dare l’idea di un chiostro.
A sinistra, due panchine (o una panchina e un paio di sedie in metallo). A destra, vi sarà, per tutta la durata della rappresentazione, dell’attrezzatura da pittore (un cavalletto, uno sgabello, una tela montata sul cavalletto, pennelli, tavolozze, etc.) ed altre tele, adagiate lì, in terra, in prossimità del cavalletto.
Centralmente, sopra la comune, un cartello, oramai usurato e vecchio, ma ben visibile, con la scritta “Manicomiu di ‘mmendulàri”.
ATTO PRIMO
è la prima mattina di una bella giornata primaverile.

Gino, Teresa e Lillo sono già in scena.
Gino (seduto di fronte la tela poggiata sul cavalletto. Ha un fiaschetto di whisky, lì a terra. Dipinge un soggetto astratto mentre canticchia – o, in alternativa, fischietta - “La chanson des vieux amants” di Jacque Brel) Mille fois tu pris ton bagage, mille fois je pris mon envol…
Teresa (seduta sulla panchina, mentre lavora a maglia: fa una sciarpetta azzurra) Diritto, rovescio…
Gino (come sopra) Mais mon amour, mon doux, mon tendre, mon merveilleux amour…
Teresa (come sopra) Diritto, rovescio…
Gino (come sopra) De l'aube claire jusqu'à la fin du jour, Je t'aime encore, tu sais, je t'aime…
v.f.s. Infermiera (come se parlasse da un megafono, con voce metallica e stridula) I signori pazienti della Casa di cura “Il Mandorleto” sono pregati di recarsi in sala…
Gino (con tono di chi sbeffeggia) Oh, là là! Casa di cura “Il Mandorletò”…
Teresa Quandu trasìa ‘ccà, trent’anni arrétu, si chiamàva “Manicomiu d’i ‘mmendulàri”… (fa dei versi sconnessi, accompagnati da relativa gestualità) Iih, iih, iih…
Lillo (seduta sulla panchina o una delle sedie accanto alla panchina su cui siede Teresa. È pensieroso: con la testa, protesa in avanti, poggiata sul bastone) E quelli come noi erano chiamati (con voce più greve) pazzi…
Teresa (mentre lavora ai ferri) Invece ora simu… pazienti!
Lillo (sospira) Eeeh… e quanta pacienza ‘nci vôli!
v.f.s. Infermiera (come se parlasse da un megafono, con voce metallica e stridula) I signori pazienti sono pregati di recarsi in sala, per la somministrazione delle medicine!
Gino OH, MON DIEU! Quasi dimenticavo! È l’ora della medicina! (apre il fiaschetto e beve) Aaah, aaah! Già mi sento meglio!
Teresa (riprende a lavorare ai ferri) Diritto, rovescio…
v.f.s. Infermiera (con voce metallica e stridula) è l’ura d’ì medicini! Jamu! Muvìtivi!
Gino Che garbo! Che savoir-faire!
v.f.s. Infermiera (con voce metallica e stridula) ‘U S’AV’A ‘FFER ‘i to’ soru!
Teresa (c.s.) Diritto, rovescio…

L’infermiera entra da sinistra.
Infermiera (ha un piccolo vassoio con un bicchiere d’acqua e alcune pastiglie. Attaccato alla veste, un po’ nascosto, due lunghi cornetti rossi. Entrando, passa danti a Lillo, e fa le corna di nascosto da lui, verso la platea. Poi, acida, alla platea) Ormai sunnu ‘mparàti ‘bboni ‘i signori: mi pigghiàru p’i cameriera, non pi ‘nfermèra… (si atteggia) Una infermiera della mia professionalità, della mia esperienza! Sannu ‘i guai! Havi ‘cchiù ‘i quarant’anni chi fazzu ‘a ‘nferméra ieu! (mormorando) Ma aund’è chi mi ‘ndi vaiu in pensioni (a voce più alta) e mi ‘ndi futtu ‘i tutti…
Gino (sbeffeggia) Già qui, madame?
Infermiera (acida) Madame ‘nciu dici ‘a to’ soru! (porta la mano dal ventre sin sotto il seno) Ieu sugnu signurina! Signurina sugnu… (si scioglie in un pianto) Uuuuh, uuuuh, uuuuh… Sugnu signurinaaa… (si riprende) Sugnu signurina, quindi Mademoiselle, semmai!
Gino (mormorando, divertito) E ci credo che è signorina! Chi se lo prende uno scascio di questi…
Infermiera (acida, verso la platea) Vidìti! Non sulu mi fazzu ‘na… (con relativa mimica) culotte tanta, ma puru sparti haiu ‘a séntiri ‘sti cosi! (spazientita) Prestu e viàtu mi ‘rriva ‘u nôvu medicu chi non ‘ndi pozzu ‘cchiù! (mormorando) Pi furtuna chi aund’è chi mi ‘ndi vaiu in pensioni… (a voce più alta) E mi ‘ndi futtu ‘i tutti…
Teresa (c.s.) Diritto, rovescio…
Infermiera (si porta verso Teresa) Signora Teresa, jamu: pigghiàtivi ‘a pìnnula!
Teresa (la ignora) Diritto, rovescio…
Infermiera Sì, diritto e rovescio… (spazientita) Pigghiàtivi ‘sta pìnnula, jamu…
Teresa (continua a lavorare a maglia) Un attimo! Quantu finìsciu ‘u puntu…
Infermiera (alla platea, sarcastica) Sempri un puntu e ‘na figura ‘nci ‘mmanca ‘a chista… (le si avvicina ancora di più, fingendo di non sapere) Signora Teresa, maaa… chi stati facendu?
Teresa (continua a sferruzzare) Una bella sciarpetta…
Infermiera (fingendo di non sapere) Aaah si? E per chi è questa bella sciarpetta?
Teresa (come sopra) Per il mio bambino…
Infermiera (come sopra) Aaah, per il vostro bambino…
Teresa (si ferma, sguardo assente) Sì, che presto tornerà! (fa dei versi sconnessi, accompagnati da relativa gestualità) Iih, iih, iih… (riprende a lavorare a maglia)
Infermiera Jamu, Cocò Chanel, pigghiàtivi ‘a pìnnula… (le dà una pillola, poi va verso la platea)
Teresa (prende e ingoia la pillola. Fa alcune smorfie, plateali)
Infermiera (alla platea) Havi trent’anni chi faci sciarpetti… per il suo bambino… (va verso la platea)
Teresa …che presto tornerà! (fa dei versi sconnessi) Iih, iih, iih… (riprende a lavorare a maglia)
Infermiera (lontana da Teresa, parla a voce bassa) La signora Teresa era rimasta incinta, trent’anni fa… ma il suo ragazzo dell’epoca…
Teresa (si ferma, sguardo assente) Grandissimo bastasàzzu! (riprende a lavorare a maglia)
Infermiera (continua a voce bassa) …si è preso gioco di lei: ‘nci pigghiàu ‘u figghiolu, appena nato… (vaga) si dice per abbandonarlo in orfanotrofio, al Nord. Poi lui è scomparso e lei, ‘a màra, non si ‘rripigghiàu mai… (a voce più alta) Aspetta sempre ilsuo bambino…
Teresa …che presto tornerà! (fa dei versi sconnessi) Iih, iih, iih…
Infermiera (si riavvicina a Teresa, con poco garbo) Sì, alluccà chi torna… Signora Teresa, v’a pigghiàstuvu ‘a pìnnula?
Teresa (con la faccia dice no) Sì!
Infermiera E cu’ catinazzu capisci nenti ‘ccà… (con ampi gesti, procedendo verso Lillo) Tantu, non è chi pozzu nésciri paccia ieu appressu ‘a vui… (giunta nei pressi di Lillo, fa le corna di nascosto da lui, ma visibili alla platea) Signor Lillo, pigghiàtivi ‘a pìnnula… (inizia a sfregare platealmente i due corni rossi che ha da qualche parte, nascosti in una tasca del camice, facendoli vedere alla platea)
Teresa (riprende a lavorare a maglia)
Lillo (la osserva, plerplesso) Eeeh… non sono quelle le corna che dovreste toccare, signora mia!
Infermiera (perplessa) Ah, no? E quali avissi ‘a tuccàri, sintìmu…
Lillo (si alza in piedi, reggendosi sul bastone) Non dovreste toccare le corna che portate… (con relativa mimica) di sotto. Ma quelle che portate… (con relativa mimica) di sopra! (si siede)
Infermiera (inviperita) Bruttu ‘ceddàzzu di malaugùriu! Comu ti permetti? ‘A ‘mmia… ‘i corna. Mah! (porta una mano sotto il seno) Ieu sugnu signurina… (si scioglie in un pianto) Uuuuh, uuuuh, uuuuh.. sugnu signurinaaa… (poi mormorando, con un velo di tristezza, alla platea) Magari avissi ‘i corna, vulìva diri chi carcùnu m’aviva sciuriàta… (si riprende, prende una pillola e la porge a Lillo) Forza, pigghiàtivi ‘sta pìnnula…
Lillo (prende la pillola e la ingerisce)
Infermiera (lo osserva. Acida) Va pigghiàstuvu ‘a pìnnula?
Lillo (annuisce senza parlare)
Infermiera (fa spallucce) Tantu, si v’a pigghiàstuvu o no, peggiu pi vui! ‘A mia ‘u stipendiu mi tràsi ‘u stessu! E n’autru pocu mi ‘ndi vaiu in pensioni… E mi ‘ndi futtu ‘i tutti...
Gino (facendosi beffe) Oh, mon dieu! Che professionalità…
Lillo (sputa la pillola in una mano, si alza e la lancia lontano. Poi siede di nuovo)
Infermiera (si avvicina a Gino, strofinando platealmente i due corni rossi) Senti, Cézanne, fa pocu ‘u spiritùsu tu… (osserva la tela) E ‘ddocu chi sta pittandu?
Gino Lei… cosa vede?
Infermiera (osserva ancora) Chi viu, ieu? Spittàti… (sfrega platealmente i due corni rossi) Signor Lillo, vui chi vidìti ‘ccà? (indica il quadro)
Lillo (senza nemmeno voltarsi, guardando dritto, verso la platea, da dietro i suoi occhialini neri. Con enfasi crescente) Io vedo nero! Io vedo tutto nero! Sempre nero!
Infermiera (fa le corna) Sì, chistu ‘u sapìvimu già… (fa ancora le corna, mormorando) Focu meu! ‘Stu jettatùri ‘ndi ‘ssicca a tutti…
Teresa (mentre lavora a maglia) Diritto e rovescio… diritto e rovescio…
Gino (seccato) Non mi ha ancora detto cosa vede lei… (indica la tela)
Infermiera (osserva ancora) Chi viu, ieu? (con relativa mimica) ‘Na palla gialla, ‘na striscia azzurra e ‘na macchia arancioni…
Gino (facendosi beffe di lei) PARBLEU!
Infermiera (la indica) No, no! È arancioni, non è blé!
Gino (facendosi beffe) Che sensibilità d’animo! Che profondità!
Infermiera (acida) ‘A profondità… ‘i to’ soru! Pirchì, ch’avissi ‘a vidìri?
Gino (con ampi gesti) Il crepuscolare epilogo della sofferenza umana che trova ristoro dall’incontro con il proprio fato, madamoiselle!
Lillo (senza nemmeno voltarsi, guardando sempre dritto, verso la platea) In poche parole, signora mia, lei dovrebbe vedere (con enfasi) la morte!
Infermiera (fa tutti gli scongiuri del caso) Bruttu jettatùri! ‘A morti chi non vinni mi ti leva! Puuuh, schifosu! (alla platea) ‘A ‘mmia mi dissi chi avissi ‘a vidìri ‘a morti? Certu, comu no! E ‘nci dava ‘stu saziu ‘a ‘sti curnuti d’u governu mi moru prima mi dannu ‘a pensioni… (verso Gino) Quindi, sicundu vui, ieu ‘nti ‘stu quatru avissi a vidìri (gli fa il verso) il crepuscolare epilogo della sofferenza umana… e tutti ‘ddì cosi?
Gino (annuisce) MAIS OUI!
Infermiera (plateale) Oooh figghiu, ieu sulu p‘i ‘na cosa non viu l’ura: (a voce alta) mi mi ‘ndi vaiu in pensioni! Mah… Certu chi puru vui siti stranu pi ‘ddaveru…
Gino (fa spallucce) Strano, sì… così mi dicono, quelli “normali”…
Infermiera Stranu, certu! (facendosi beffe di lui) Eh, chi vulìti, da quando siete tornato dalla Francia, cu ‘stu cappèddu curiùsu, cu ‘sta erri muscia, ‘stu parlé fransé, ‘sti quatri chi non si capìsci nenti…
Gino (con enfasi) VOI non capiscìte niente…
Infermiera Jeu? Nuddu capìsci nenti! E giustamente ognuno ‘ndo paìsi si pigghiàva spassu…
Gino (alla platea, sbeffeggiando) Quelli normali…
Lillo (annuisce, sullo stesso tono Gino) Brutta razza quelli… normali!
Infermiera (fa alcuni passi verso la platea, mormorando) E comu fu, comu non fu, Gino ‘u pittùri ‘ccuminciàu mi ‘svantasìa, (non facendosi vedere) mi duna signi ‘i (a voce bassa) paccìa e ‘rruvàu ‘ccà, (a voce più alta) dove ha trovato tanto affetto e comprensione…
Gino (mormorando, mima il relativo gesto) Che culotte…
Infermiera (acida) ‘A culotte ‘i to’ soru!
Gino (le fa il verso) Affetto e comprensione…
Teresa (mentre lavora a maglia) Diritto e rovescio…
Infermiera (sgarbata) Va ‘bbonu, Renoir, è ura da medicina… (fa come per dargli il bicchierino)
Gino Aaah, si! Quella nel bicchierino mignòn…
Infermiera ‘A mignòn ‘i to’ soru! Jamu, pigghiàtivi ‘a medicina! (gli dà il bicchierino, fa alcuni passi verso la platea e dà le spalle a Gino)  
Gino (non visto dall’infermiera, prende il fischetto e “corregge” la medicina, quindi beve)
Infermiera (pavoneggiandosi, verso la platea) Alla fine, con le buone maniere, si ottiene sempre tutto…
Teresa (mentre lavora a maglia) Diritto, rovescio…
Infermiera (come sopra) E modestamente ieu, i ‘bboni manéri ‘i sacciu tutti…
v.f.s. Gianna (voce greve, molto cadenzata e scandendo le parole) Signora ‘nzalatéra! Aundi siti?
Infermiera (inizia a manifestare i primi segni di un tic all’occhio, molto attenuato all’inizio)
v.f.s. Gianna (voce greve, molto cadenzata) Ieu haiu a fari a cullàzioni ancora! Aundi siti, signora ‘nzalatéra?
Infermiera (con ampi gesti) ‘A ‘nzalatéra ‘i so’ soru! (spazientita, a voce alta) Signora Gianna, sugnu ‘NFERMéRA ieu! (tic all’occhio) Ed è quasi menziornu! Già ‘a facìstuvu stamatìna ‘a cullàzioni…
v.f.s. Gianna (c. s.) Ieu non m’u ricordu…
Infermiera (tic all’occhio, poi alla platea) E certu! Havì l’Alzheimer! Non si ricorda nenti i ll’urtimi cosi chi fici, ma si ‘nci dumandàti fatti ‘i cinquant’anni arrètu, s’i ricorda tutti!
v.f.s. Postino Posta! Lettere raccomandate e giornali!
Infermiera (tic all’occhio) Sulu ‘u Postino ‘ndi ‘mmancàva! (a voce alta) Trasìti, trasìti…

Il postino entra dalla comune.
Postino (ha un borsello con delle lettere ed in mano un quotidiano) Buongiorno signori!
Infermiera S’era ‘bbonu non èrimu ‘ccà! Chi purtàstuvu? (finge disinteresse mentre scruta fra le lettere, allungando le mani nel borsello del postino) Non è chi… per caso, già mi déssiru a pensioni e m’a purtàstuvu? Non si sapi mai ‘nta vita…
Postino Oooh signora ‘nferméra, puru vui!
Infermiera (dispiaciuta) Cornuto governo! Mi vonnu fari lavurari nsin’a cent’anni! E allura chi purtàstuvu?
Postino Il giornale per il signor Gino e (guarda nel borsello) una lettera per un certo signor… Eugenio. Non sacciu cu è… (prende la lettera) ma l’indirizzo è chistu...
Infermiera Sì, è l’ultimo arrivato! (mormorando) Sulu iddu ‘ndi ‘mmancàva…(tic all’occhio)
Teresa (mentre lavora a maglia) Nessuna lettera del mio bambino?
Infermiera (mormorando) Sì, allaccà…
Postino (guarda nel borsello, poi costernato) Purtroppo no, signora Teresa…
Lillo Per me? C’è qualcosa per me?
Postino (lo guarda ed inizia a fare le corna verso la platea. Seccato) Nenti, p’i vui non c’è nenti…
Lillo Mai nenti c’è p’i mia… (mormorando) Chi ‘mmi v’i cadìvinu ‘i manu…
Postino (allarmato dalla maledizione, si gira spalle al pubblico e porta platealmente una mano nelle parti intime, come gesto scaramantico) Focu méu! Haiu ‘a ‘ttuccàri corna… (verso l’infermiera) Aundi ll’avìti ‘i corna? (inizia a cercare fra le pieghe, davanti e dietro il camice dell’infermiera, per trovare i due corni rossi)
Infermiera (incredula, cerca di divincolarsi) Ma che modi sono?
Postino (continua a cercare i due corni rossi) Ma insomma, aundi catinàzzu ll’avìti ‘i corna…
Lillo (divertito) Dovete guardare più su! Supr’a testa!
Postino (trova i corni rossi e li mostra, toccandoli platealmente) Oooh, ooh! Finarmenti tuccài corna…
Infermiera (infastidita, lo scaccia e si ricompone, atteggiandosi) ‘A prossima vota jiti e tuccàtinci ‘i corna ‘a vostra soru! E vidìmu…
v.f.s. Gianna (voce greve e scandendo le parole) Signora ‘nzalatéra! ‘A cullàzioni…
Infermiera (tic all’occhio) Chi mm’era focu! Prestu e viàtu mi ‘rriva ‘u jornu d’a pensioni! Dassàti mi vaiu. (esasperata, verso Teresa) Signora Teresa, signor Lillo: vinìti cu mia ch’è ura da… da… da cullàzioni!
Teresa (si alza, perplessa) ‘A cullàzioni?
Lillo (si alza)
Infermiera (tic all’occhio) Focu meu! Staiu niscèndu paccia puru eu appressu a vui! (tic) Vulìva diri ch’è ura d’a riabilitazioni! (la prende sottobraccio) Jamu!
Teresa (lavora a maglia, mentre si avvia verso la comune con l’infermiera) Dritto, rovescio…
Infermiera (esasperata) Prestu e viàtu mi ‘rriva ‘u medicu novu, chi ieu non ‘ndi pozzu ‘cchiù! E poi v’u dicu ieu: (tic all’occhio) prima mi sparu tutti ‘i ferii arretrati, poi ‘nci mandu nu bellu certificatu ‘i malatìa e all’urtimu mi jettu in aspettativa ‘nsin’a quandu non è ura da pensioni! Vi fazzu ‘a vidìri ieu! (tic all’occhio)
L’infermiera, Lillo e Teresa escono a sinistra.

Postino Aaah, quandu unu ‘nci teni p’u lavùru, si vidi, non c’è nenti ‘i fari… (verso Gino) Signor Gino, ecco il vostro giornale… (glielo porge)
Gino (lo prende e dà uno sguardo alla prima pagina)
Postino (finge disinteresse) Chi dici ‘u giornali d’oggi?
Gino Perché, volete dirmi che non avete già dato una sbirciatina?
Postino (perentoria) IEU? ASSOLUTAMENTE NO! Pi cui mi pigghiàstuvu? Sono in servizio! Non posso leggere il giornale! (mormorando) Sulu ‘i lìttiri d’i cristiàni pi sapìri ‘i fatti d’i genti…
Gino Vediamo che dice il giornale… (legge dalla prima pagina) Allora: passa al Senato la nuova Legge sulla Legittima Difesa!
Postino Ah sì? (s’interroga, poi…) E vidìti si dici chi ora è possibili chi m’e mugghièri, per legittima difesa, mi poti sparari quandu ‘nci passu supr’o pavimentu dopu chi lavàu ‘ddanterra e ancora non sciucàu… (se è postina dice: Vidìti s’è possibli mi ‘nci sparu ‘a me maritu quandu mi massa supr’o pavimentu dopu chi lavài e ancora non sciucàu, per legittma difesa)
Gino (prosegue a leggere, ignorando la Postino) Regione Calabria nel caos…
Postino E quandu mai…
Gino (prosegue e indica “uno”) Consigliere di maggioranza indagato per i rapporti del padre con un capo cosca, (indica “due”) assessore a processo perché il figlio ha speso (scandisce) duecentomila euri di soldi pubblici con l’amante…
Postino (divertito) Ma… l’amante d’u patri o d’u figghiu?
Gino (prosegue e indica “tre”) …consigliera di opposizione nei guai per il crack finanziario del marito!
Postino Eee chi! ‘U patri, ‘u figghiu, l’amanti, ‘u maritu! E poi dice che si è perso il valore della famiglia!
Gino (prosegue a leggere, ignorando il postino) Calabria prima regione italiana per esportazioni nel primo semestre 2019. A incidere sul dato della regione calabrese, come confermato dall'ISTAT, sono state le esportazioni di…
Postino (lo interrompe) Fami e debulìzza…
Gino (c. s.) Calciomercato: Neymar non rinnova! Manca l’accordo sull’ingaggio!
Postino (perplesso, poi…) Eh, certu, ‘u maru! Pigghia 37 milioni ‘i euri, ma quandu ‘nci cacci ‘a nafta, ‘a luci, ‘u talefunu, ‘i tassi e ‘ddà stampa ‘i mangiarèddu, chi ‘nci resta? (fa qualche passo, verso la platea) E poi dinnu ch’i pacci su ‘ccà intra… Mah, dassàti mi lavùru: (prende una lettera dal suo borsello, guarda il nome) il signor Eugenio dov’è?
Gino (si guarda attorno, fa spallucce) Non lo vedo…
Postino (urlando) Signor Eugenio! POSTAAA! Aundi siti?
Gino Vado a chiamarlo io… (si alza, col giornale in mano)
Postino Bravo, jiti e chiamàtilu, chi ieu haiu chi ‘ffari! Haiu nu scasciu ‘i lìttiri ‘i consegnàri: non è chi pozzu stari mi jocu ‘ccà, mi mi leggiu ‘u giurnàli comu ‘a vui… (mentre Gino si avvia, con un movimento furtivo, gli sfila il giornale dalle mani)
Gino (infastidito) Non vi affaticate troppo, mi raccomando!
Gino esce a sinistra.

Postino (legge in prima pagina) Vardàti vui: trovata l’acqua su Marte! (perplesso, poi…) Praticamente sulu ‘a me casa non havi mai! Mannaia la terra!

Eugenio entra da sinistra. Passi lenti, sguardo basso.
Postino (si avvicina a Eugenio) Il signor… (guarda la lettera) Eugenio?
Eugenio (timidamente, con un filo di voce, quasi infastidito) Sì…
Postino (stupito) Eeeh… così giovane! E chi faci ‘nu figghiòlu ‘ccà ‘o manicom… ehm ehm (costernato, si corregge) in Casa di Cura?
Eugenio (fa spallucce, poi con un filo di voce, guardando a terra) Eeeh…
Postino Comunque (gli porge la lettera) ecco la lettera…
Eugenio (non la prende) Chi la manda?
Postino (legge dalla busta) Regione Calabria. Esito del concorso pubblico per Selezione di numero 4 figure professionali…
Eugenio (mostra poco interesse) Aaah… (incupito) Non m’interessa, non la voglio…
Postino (stupito) Ma comu? Regione Calabria! Esito del concorso! E n’a voi?
Eugenio (c. s.) No…
Postino Oooh figghiu, e che sarà mai? Mancu s’era n’attu giudiziariu o… na lìttira ‘i Equitalia!
Eugenio (con un filo di voce) Peggio…
Postino Eeeh chi! Mancu s’era nu ‘nvitu ‘i matrimoniu ‘a centru agostu! (alla platea) Chiddi sì chi su’ disgrazi…
Eugenio (deciso) Non la voglio aprire questa busta!
Postino E chi simu, a “C’è posta per te”? (con ampi gesti e a voce alta) Mariaaa, non la voglio aprire la busta! Jamu: sicuramente è ‘u risultatu du concorsu…
Eugenio Appunto… (fa spallucce) Tanto… So già quello che c’è scritto. Come sempre…
Postino Ma jamu, pìgghiti ‘a lìttira! Japri ‘ddocu…
Eugenio (deciso) Ho detto di no…
Postino (spazientito) Allura ‘a japru ieu!
Eugenio (non si oppone ma, scuotendo il capo, va a sedere sulla panchina a sinistra)
Postino (apre la busta e spiega il foglio. Inizia a leggere, solenne) La Regione Calabria, visto l’articolo 120 della Costituzione, visto (legge più velocemente) l'articolo 8, comma 2, della Legge 5 giugno 2011, (scandisce) visto (più velocemente) l’articolo 4, commi 4 e 5 del Decreto Legge 14 Settembre 2013, (scandisce) visto (più velocemente) l’articolo 7… (prosegue a soggetto, ripetendo spesso “visto”, poi si ferma, prende fiato) Minchia, quanti cosi chi vìttiru! (si gira verso Eugenio, che guarda a terra. Poi con enfasi) COMUNICA che il signor Eugenio Romeo…
Eugenio (si alza e lo interrompe) …non ha superato le prove del concorso finalizzato all’individuazione di numero 4 posizioni professionali e, pertanto, risulta (con enfasi) NON IDONEO…
Postino (rimasto a bocca aperta, con la lettera in mano) Propria cusì! E comu ‘u sapìvi?
Eugenio (fa qualche passo verso il postino) è sempre così!
Postino Però puru tu, fai u concorsu a Regioni senza… (con un filo di reticenza) senza… mi ti trovi… (si guarda attorno) senza ‘nu cugnu, senza ‘na ‘mbasciàta… Comu ‘u vulìvi vinciri?
Eugenio (sconsolato) è proprio questo il problema! Dopo la laurea ho fatto decine di concorsi, ho inviato centinaia di curriculum… (sdegnato) Ogni volta mi è passato davanti qualcuno col… cugno, come dite voi, o c’a ‘mbasciàta…
Postino (scuote il capo) Eh mannaia, mannaia…
Eugenio (furente) Ed io, ogni volta, mi mettevo di nuovo (con ampi e plateali gesti) a leggere, approfondire, studiare, studiare e studiare per un altro colloquio, un altro test, un altro concorso. E ogni volta…
Postino Ti passàva davanti unu cu cugnu o c’a… ‘mbasciàta…
Eugenio (sconsolato) Esattamente… C’erano sempre i raccOmandati!
Postino (annuisce) Focu meu, giuvinottu! ‘U dicu sempri puru ieu! ‘I raccomandati sunnu ‘na grandissima ruttura ‘i scatoli… Ogni vota, pìgghila, sòninci ‘o campaneddu, vidi si jàprunu, vidi cu è chi japri… Si c’è u destinatariu d’a raccumandata… fallu firmari. Poi ci sunnu chiddi chi fannu ‘i scecchi ‘nto linzòlu e non s’a pìgghiunu… E allura dàssinci l’avvisu… Ehi focu meu! ‘Sti raccomandati sunnu ‘nu burdellu! ‘U dicu sempri puru ieu!
Eugenio (perplesso) Ma che state dicendo?
Postino (dispiaciuto) Ehi malantìsa! Scusa… Nd’ha raggiuni, giuvinottu! Ma pruvàsti mai mi fa’ ‘nu pocu ‘i pratica, ‘nti carchi studiu…
Eugenio (sconsolato) Certo! Ho lavorato per tre anni in uno studio privato. Poi mi sono reso conto che ero solo sfruttato come un mulo… senza ricevere nemmeno una lira!
Postino (annuisce) Pòviri figghi nostri! Chi mundu ‘nci consegnammu…
Eugenio (furente) E, mentre lavoravo, studiavo per fare l’ennesimo concorso… Niente più amici, niente divertimenti, svaghi: alla fine ero un diventato un estraneo per la mia stessa famiglia…  
Postino (triste) E finìsti ‘ccà intra… Eh, malanova…
v.f.s Infermiera (con voce metallica) Signor Postino, ancora ‘ccà siti? Non avìti chi fari?
Postino (guarda l’ora) Focu meu! Mi finìu ‘u turnu già ‘i na ‘ura! (mormorando) Vabbò, megghiu cusì: ‘sta ura ‘i ‘cchiù ma fazzu signari comu straordinariu… e cu si vitti, si vitti. (porge la lettera a Eugenio, che la prende) Giuvinottu, datti animu, mi raccumandu! Si’ giuvini, ‘ntelligenti…
Eugenio (sconsolato) E senza una prospettiva, un futuro…
Postino Ma chi stai dicendu? Devi soltanto trovare la tua strada! E non è certu ‘ccà intra… Mi raccumandu: fatti curaggiu e cerca mi nesci ‘i ccà intra prima chi pôi… (lo abbraccia e poi si dirige verso la comune)
Il Postino esce dalla comune.

Eugenio (giù di morale, va da destra a sinistra) Eeeh, fosse facile! Concorsi, colloqui, e-mail, curriculum spediti in ogni parte del mondo. E poi ricorsi, attese, speranze… (deluso) Ma niente: non ce la farò mai!

Gianna entra da sinistra.
Gianna (a voce alta) Signora ‘NZALATERA! Aundi siti? Haiu a fari ‘a cullazioni ieu!
v.f.s.  Infermiera (con voce metallica) Signora Gianna! Aundi jiti giriàndu? Non ‘nzurtàti ‘a ‘Ngeniu!
Gianna (arrivando) Oooh Pippu, niputi méu! Finarmenti vinìsti mi mi trovi!
Eugenio (alla platea, mormorando) Dimentica sempre che anche io sono un paziente… (intimorito, verso Gianna) Signora Gianna, io (scandisce bene) non sono suo nipo…
Gianna (gli si avvicina, lo interrompe) Niputi méu! Fatti ‘mbrazzàri! (lo abbraccia, quindi lo squadra dalla testa ai piedi) Ma… quantu siccu ti facìsti?
Eugenio (confuso, in difficoltà) Mi scusi, signora Gianna, ma io, veramente… io non sono… (alla platea) Uffa… E ora come faccio?  
Gianna (continua a guardarlo) Troppu siccu ti facìsti! Ma non è chi t’i facìsti ‘zzitu, ah? Cu è chista chi ti sta’ spruppàndu vivu? Ieu ‘i sacciu ‘sti fimmineddi: tutti scamardàti sunnu…
Eugenio (alla platea, mormorando) Vabbé, starò al gioco… (a Gianna) No, nonna, non mi fici ‘zzitu…
Gianna E comu mai? ‘Nu figghiòla tantu bellu, ‘ngarbàtu comu ‘a me niputeddu, ancora non è ‘zzitu?
Eugenio (fa spalluce) Eeeh nonna…
Gianna ‘Sti fimmineddi d’ôi non capìsciunu nenti! Mah… (osserva attorno) E comu mai vinìsti sulu?
Eugenio (non capisce) Eeeh…
Gianna ‘Ddù ‘bbaccalàru ‘i tô patri non vinni mi mi trova?
Eugenio (in difficoltà) Eeeh… no, nonna…
Gianna (lo interrompe) ‘U sacciu. Accamora esti jittàtu ‘e machinetti chi si joca ‘ddì 4 sordi chi guadagna… Chi mi ‘nci cadìvinu ‘i manu! E tô mamma, inveci? Pirchì non vinni mi mi trova?
Eugenio (in difficoltà) Nonna, la mamma…
Gianna (lo interrompe) Bellu piattu ‘i pisci cunzàtu, puru tô mamma! Non aviva ‘a cu catinàzzu mi si marìta tô patri, tandu! E quanti voti ‘nciu dissi: (con ampi gesti) vidi chi chista non faci pi tia, vidi chi chista non mi piaci… (si atteggia) ‘A capiscìa subitu ieu…
Eugenio (sta al discorso) Subito? E come hai fatto?
Gianna (annuisce, con autorità) Subitu! ‘A prima vota chi m’a purtàu ‘a casa, quandu vinni mi mi saluta, a usu chi c’u mussu fici cusì (protende le labbra verso avanti, socchiude gli occhi)
Eugenio Come ha fatto?
Gianna Cusì… (protende nuovamente le labbra verso avanti, socchiude gli occhi)
Eugenio (non capisce) E quindi?
Gianna Comu (gli fa il verso) “e quindi”? Sicundu tia… già tô patri fu sempri ‘cchiù stortu ‘di curvi chi ‘nchiànunu p’a Motta (o altra località in altura), apoi quandu mi purtàu ‘a casa a una chi si ‘pprusintàu cusì, (protende le labbra verso avanti, socchiude gli occhi) c’u mussu ‘a culu ‘i jaddìna, putìva mai aviri speranzi p’i iddu? E infatti, si vitti ‘a ‘rrinèscita…
Eugenio (in difficoltà) Ma no, nonna… papà ti vuole bene, lo sai… E anche mamma…
Gianna E allura pirchì non vénunu mai mi mi tròvinu?
Eugenio (fa spalluce) Eeeh nonna…
Gianna T’u dicu ieu: pirchì si ‘ndi fùttunu ‘i mia! Ormai sugnu vecchia, non servu ‘cchiù a nenti ieu! Dinnu puru chi dugnu ‘i numera, chi sugnu paccia! L’urtima vota chi vitti a tô patri mi dissi… (si blocca) mi dissi… (cerca di ricordare) eeeh, chi catinàzzu mi dissi ‘ddù stortu? Non m’u ricordu…
Eugenio Non ti preoccupare, nonna…
Gianna (cerca, invano, di ricordare) Non m’u ricordu… non mi ricordu ‘cchiù nenti…
Eugenio (la prende e la fa sedere sulla panchina a sinistra. Si siede anche lui, poi mormora) Tante volte vorrei anche io non ricordare più niente… forse sarebbe meglio…

Teresa (ha i ferri in mano e sta lavorando a maglia. Mentre procede…) Dritto, rovescio…
Eugenio (vedendola arrivare, si alza e…) Signora Teresa, sedetevi…
Teresa Grazie… (si siede e riprende a lavorare a meglia)
Eugenio Io vado…
Gianna (si alza, poi ad Eugenio) Già ti ‘ndi vai, Pippu?
Eugenio (sembra dispiaciuto) Sì… ma torno presto a trovarti! (la abbraccia)
Gianna Va ‘bbonu. Dinci ‘a ‘ddù citròlu scundùtu ‘i tô patri mi veni e mi mi trova ogni tantu!  
Eugenio (dispiaciuto) Va bene… nonna! (va verso la comune. Appena vede che Gianna non lo segue con lo sguardo, cambierà direzione ed andrà verso sinistra)
Eugenio esce a sinistra.

Teresa (continua a lavorare a maglia) Dritto, rovescio… Dritto, rovescio… Dritto, rovescio…
Gianna (la osserva) Ah no, signora bella… sì v’aviti ‘a rovesciari jitavvìndi ‘i ‘ccà…
Teresa (continua a lavorare a maglia, incurante di Gianna) Dritto, rovescio…
Gianna (continua ad osservarla. Dopo alcuni secondi di silenzio…) Signora, ma ‘stu giuvinottu chi si ‘ndi jìu ora ora, ‘u canùsciti? Sapìti cu esti? Ieu… ieu… (cerca di ricordare) non m’u ricordu…
Teresa (continua a lavorare a maglia) Eugenio, ‘nu figghiolu chi trasìu ora ‘nta clinica…
Gianna (perplessa) ‘Nti quali clinica?
Teresa (continua a lavorare a maglia) Chista! (si ferma) Casa di cura “Il mandorleto”… (riprende a lavorare a maglia)
Gianna (annuisce, seppur un po’ assente) Il mandorleto… mi ricordu… ‘i quandu era figghiòla e cugghìvimu ‘i ‘mménduli ‘a campagna, cu me’ patri, me’ mamma, i nonni… ‘i me frati, ‘i me soru… tutti ‘i parenti e l’amici… Era una festa! Tandu sì chi c’era rispettu!
v.f.s.  Infermiera (voce metallica) Signora Gianna! Aundi siti?
Gianna (guarda in aria) E chista chi è? Sta passandu ‘a lapa ‘i ‘mpari Micu ‘u ‘zzapatùri?
v.f.s.  Infermiera (risponde per le rime, con voce metallica) Sì! Avìmu pira, puma, patati, peschrichi pasta gialla, nuci peschrichi… ‘a cipudda di Tropea…
Gianna (interessata) ‘Mpari Micu, avìti puru ‘i càvuli?
v.f.s.  Infermiera (risponde per le rime, con voce metallica) Sì, signora Gianna! Certi càvuli chi haiu… E chi sapìti…
Gianna (compiaciuta) Ah, bonu, bonu… Allura spittàti chi ora vegnu e m’i ‘ccattu! (si alza e si avvia verso sinistra)
Gianna esce a sinistra.

Teresa (continua a lavorare a maglia) Dritto, rovescio… Dritto, rovescio… Dritto, rovescio…

Peppe “Larraspata” (Peppe) entra dalla comune.
Peppe (ha una piccola valigia in mano. Arriva di corsa, poi si ferma sulle ginocchia, col fiato corto) Focu meu! Finarmenti ‘ncia fici! Finarmenti ‘rriniscìa mi ‘nci fùiu! (si frega le mani, poi nota Teresa, sulla panchina e la osserva mentre le si avvicina)
Teresa (continua a lavorare a maglia) Dritto, rovescio…
Peppe (stupito, alla platea) Vardàti vui… puru ‘i corsi i cucitu ‘nci fannu ‘ccà intra... È capaci chi ‘a signora ‘nci sapi dari ‘ddù punti ‘ccà, ‘nde cazzetti (pronunciato con “z” dolce). Non comu ‘a ‘ddà stuppagghiàra ‘i me mugghieri, chi mi manda ‘an giru c’u ‘jìritu du pedi ‘i fora! Nongabbu e non marafigghia! (le si avvicina ancora un po’)
Teresa (continua a lavorare a maglia) Dritto, rovescio…
Peppe Signora, scusati si vi disturbu: vulìva parràri c’u principàli. Sapìti aundi ‘u pozzu truvàri?
Teresa (continua a lavorare a maglia) Dritto, rovescio…
Peppe (perplesso) Nenti, chista è peggiu di me’ figghi: aviss’a vogghia mi ‘nci parru, mi ‘nci dumandu na cosa… (con relativa mimica) ‘I ‘ccà ‘nci trasi e ‘i ‘ccà ‘nci nesci… Però poi, quandu hannu bisognu d’a carta d’i centu euri… ahi catinazzu, ‘ddà ‘u canùsciunu ‘o papà! Ehi malanova…
Teresa (continua a lavorare a maglia) Dritto, rovescio…
Peppe (risoluto e a voce alta) Ooooohu!
Teresa (scossa dall’urlo, si blocca e si accorge di Peppe) Focu meu…
Peppe (tronfio, alla platea) Con le buon maniere si risolve sempre tutto!
Teresa Mi facìstuvu schiantàri… Ora pirdìa ‘u puntu ‘ccà, malantisa…
Peppe (finge costernazione) Scusatimi, signora… (osserva la sciarpetta azzurra) Chi stàuvu facendu?
Teresa (mentre riprende a lavorare ai ferri) Una sciarpetta…
Peppe Ah! E… se non sono indiscreto, pi cui?
Teresa Per il mio bambino… che presto tornerà… (fa dei gesti sconnessi accompagnati da relativa mimica) Ih, ih, ih…
Peppe Aaah! Capiscìa… Presto tornerà… (si interroga) Ma… aundi jìu?
Teresa (ha già ripreso a lavorare a maglia) Dritto, rovescio…
Peppe Mah! Speriamu non mi ‘ddimùra – ritarda - assai…

L’infermiera entra da sinistra.
Infermiera (vede Peppe e lo osserva perplessa) Eeeh… scusati: vui cu siti? Chi facìti ‘ccà?
Peppe Oooh, finarmenti pozzu parràri c’u carcunu!
Infermiera C’u carcunu? Attenzioni a comu parràti, bellu, chi stati parràndu c’a curuna d’a vostra testa! Sugnu ‘a ‘nferméra d’a Casa ‘i cura, ieu… (mormorando) Ammenu finu a quandu non mi ‘ndi vaiu in pensioni… Apoi mi ‘ndi futtu ‘i tutti…
Peppe (le si avvicina e le dà la mano) Mi presento! Sono Peppe Larraspata!
Infermiera (perplessa) Peppe… Larraspata? (tic all’occhio) E chi cognomi esti?
Peppe (si schernisce) È un cognomeee… d’arte!
Infermiera (perplessa) Cognome d’arte? E chi voli diri?
Peppe Comu ‘e cantanti chi hannu ‘u nomu d’arti… Ieu haiu ‘u cognomu d’arti, va!
Infermiera (confusa) Ma chi stati dicendu? (tic all’occhio. Alla platea) Tutti ‘i pacci ‘mbàttunu ‘ccà…

Lillo entra da sinistra.
Lillo (si ferma dopo un paio di passi, ad osservare)
Peppe Ora v’u spiegu: praticamente ieu sugnu impiegato comunali. E siccomu… (con una mano fa il gesto di grattarsi in prossimità delle parti intime)
Lillo (procede di un altro paio di passi, ma rimane dietro, mentre osserva incredulo)
Infermiera (sbalordita) Ma chi catinazzu stati facendu?
Peppe Siccomu… duranti ‘u lavuru, ieu… (con una mano fa il gesto di grattarsi in prossimità delle parti intime)
Lillo (giunto vicino Peppe, seccato) Ma insomma! Ma come vi permettete? Nemmeno mi conoscete e già mi offendete così!  
Peppe (spaventato alla vista di Lillo) Oooh, focu meu! E cu è chistu? ‘Ddocu ‘nci voli pi ‘ddaveru… (con una mano fa il gesto di grattarsi in prossimità delle parti intime)
Infermiera (alterata) Ma insomma! Si poti sapìri chi catinazzu ‘i lavuru faciti? (tic all’occhio)
Peppe (alla platea) Ancooora? Ora vidìmu di ‘ndi capiscìmu! Allura: ieu sugnu impiegatu comunali. E siccomu ‘o lavuru… (con una mano fa il gesto di grattarsi in prossimità delle parti intime) m’a ‘rraspu d’a matina ‘a sira, i miei colleghi, per omaggiare la mia grande dedizione al lavoro, mi misìru ‘stu cognomi d’arti. Sta ‘ngiùria, va…
Lillo Aaah, ora ho capito! Voi siete sicuramente quello che, quando venivo negli uffici del Comune, stava seduto dietro una scrivania a giocare col cellulare…
Peppe (finge sdegno) Ma chi stati dicendu? Vidìti chi cusì mi offendìti vui! (si atteggia) Mah! Vardàti vui. Ieu arretu ‘a scrivania chi jocu cu cellulari! Cosi ‘i pacci… Non si fannu ‘sti cosi ‘nti l’orariu ‘i lavuru! È frode allo Stato!
Infermiera Ah, eccu. Menumali…
Peppe (di getto) Ieu sugnu chiddu chi vidìti ‘ssittàtu sempri fora d’u bar davanti ‘o Cumuni…
Teresa (mentre lavora a maglia) ‘U ‘mmazza ‘u lavuru… (fa dei versi sconnessi, accompagnati da relativa gestualità) Iih, iih, iih… (riprende a lavorare a maglia)
Infermiera (a Peppe) E ora chi facìti ‘ccà? Chi vulìti ‘i mia?  
Peppe Vulìva parràri c’u principali!
Infermiera ‘U principali sugnu ieu, pi ora!   
Peppe Vui? Ma non dicìstuvu chi siti ‘a ‘nferméra?
Infermiera Embé? (tic all’occhio) Siamo in attesa che arrivi il nuovo medico. E finu a quandu non ‘rriva, ‘u principali sugnu ieu! Quindi, dicitimi: chi vulìti?
Peppe (un po’ in difficoltà) Eeeh, praticamente… ieu vulìva… (si guarda attorno) mi mi ricoveru ‘ccà!
Lillo Ma allora siete pazzo?!?
Peppe (confuso) No… cioè sì! Eeeh, no… Nel senso sì… ma… Non sacciu…
Lillo Mah! Ieu a chistu no ‘viu tantu ‘bbonu… No viu p’i nenti ‘bbonu! (e fa per uscire a sinistra)
Infermiera e Peppe (eseguono gesti scaramantici mentre Lillo esce)
Lillo esce da sinistra.

Lillo (disperato, all’infermiera) Signora infermiera, ricoveràtimi ‘ccà, pi favuri!
Infermiera (incredula) Mi vi ricoveru ‘ccà? ‘A vui? Ma questa è una casa di cura per pazienti con disturbi mentali! Vui ‘ndo ciriveddu non aviti nenti, quindi non putìti aviri mancu disturbi!
Peppe (le si getta ai piedi) Pi favuri! Ricoveratimi ‘ccà! Pi ll’anima d’i morti!
Infermiera (risoluta) Ma jasàtivi ‘i ‘ddocu! Comu vi ricoveru ‘ccà? E poi pirchì v’avissi ‘a ricoveràri?
Peppe Pirchì non vogghiu ‘cchiù turnàri ‘a casa. Non vogghiu ‘cchiù turnàri ‘o lavuru! Mi siddiài m’i viu ‘a tutti! A ‘ccuminciàri ‘i me’ mugghièri!
Infermiera (incredula) Voschra mugghièri? Ma chi stati dicendu?
Peppe (annuisce) Sì, sì… Prima mi ‘ndi maritàmu era nu ‘zzuccheru: (parla con voce acuta, femminile) tesoro, amore, gioia mia… Ma come sei bello! E veni chi ti pruparài na parmigianedda! E fatti puru ‘a scarpetta! E chi fai? ‘U durci… non m’u ‘ssaggi… (allusivo, porta la mano dalla pancia verso l’alto, mimando il seno. Ora con voce normale) E chi durci, signora ‘nferméra…
Infermiera (impassibile) Ma a mia chi mi ‘nteressa?
Peppe (continua a raccontare) Dopu d’u matrimoniu… cangiàu a sunàta: (parla con voce acuta, femminile) “Vàrditi! Ti facisti quantu ‘na butumèra! Sempri chi mangi com’o porcu!”. (voce normale) E nenti parmigiana, nenti scarpetta e soprattutto… (allusivo) nenti durci! Sapi sulu mi dici: (con voce acuta, femminile) “Pòrtimi mi fazzu a spisa! Lévimi ‘nti me soru! ‘Ccumpàgimi p’i capiddi…” (voce normale) E ieu nta me menti: “Prima o poi ti ‘ccumpagnu ‘o campu santu!”
Infermiera (impassibile) Questi non sono buoni motivi per un ricovero in questa clinica…
Peppe ‘Spittàti mi vi cuntu d’i me figghi! Sempri cu ‘sti catinazzi ‘i telefonini ‘nde manu! Sempri davanti ‘o cumputer! Sempri cu stu FISSBUK, cu stu PISTAGRAN, cu stu TUìTTU… ‘Nci dumandi na cosa e mancu ti rispundunu. Mancu jàsinu ‘a testa! Ma aundi ‘rruvàmmu?
Infermiera (impassibile) Vi dissi chi non vi pozzu ricoverari pi ‘sti fissarii! È inutili mi jarmàti…
Peppe E me soggira, chi esti ‘a casa cu nui, ‘a cui ‘ncia lassàti? Ogni vota chi mi vogghiu vidìri na stampa ‘i partita ‘a televisioni, ‘rriva idda, si ‘mpiazza supr’a me’ poltrona, si pigghia ‘u me’ telecomandu e mi faci: (con voce da anziana) “Quantu mi mi viu Un posto al sole, chi sunnu l’urtimi puntati!”. (con voce normale) Havi trent’anni chi sunnu l’urtimi puntati! Malanova mi havi idda e u posto ‘o suli… (esasperato) Ieu staiu niscendu pacciu! Pi favuri, ricoveratimi ‘ccà!
Infermiera (lo osserva. Ci pensa un po’) Mah… Pi essiri, tantu normali non siti… (a Teresa) Vui chi dicìti, signora Teresa?
Teresa (mentre lavora a maglia) Chistu è cumbinàtu a pedi ‘i tavulìnu… (fa dei versi sconnessi) Iih, iih, iih… (riprende a lavorare a maglia)
Peppe (di rimando) E s’u dici idda…
Infermiera (risoluta) Va ‘bbonu. Ma vui c’u lavuru comu facìti?
Peppe Pi chistu non vi preoccupati…
Teresa (mentre lavora a maglia) Tantu ‘o lavuru, si ‘nc’esti o si non c’esti, non si nd’accorgi nuddu! (fa dei versi sconnessi) Iih, iih, iih… (riprende a lavorare a maglia)
Peppe Brava! A signora capiscìu tuttu… (mormorando) E poi haiu n’amicu chi mi timbra ‘o postu meu! Sugnu organizzatu, chi v’i pari?
Infermiera Va ‘bbonu. Pi ora putiti restari ‘ccà… (tic all’occhio) Ma appena arriva ‘u novu medicu – prestu e viàtu mi ‘rriva! - ieu non vogghiu sapiri nenti. Aviti ‘a parràri cu iddu si vi voli ricoverari ‘ccà…
Peppe (le prende una mano e la bacia) Grazie signora infermiera! Siti n’angelu!
Infermiera (lo allontana) Cacciàti ‘i zampi! (tic all’occhio) Pi cui mi pigghiastuvu? Ora pigghiatìvi ‘a valigia chi v’i portu ‘nta stanza…
Peppe (prende la valigia) Benissimo, chi ora sta ‘ncuminciandu na bella partita e m’a pozzu finalmenti vardàri in santa paci! ‘A facciazza ‘i ‘ddà cosa fitùsa ‘i me sòggira!
Infermiera (perentoria) NO! Prima aviti ‘a ‘ncignari ‘a cura…
Peppe (smarrito) ‘A cura? Quali cura?
Infermiera (lo prende da un braccio) Vinìti cu mia, chi v’a dicu ieu qual è a cura: (lo porta verso l’uscita a sinistra) ora vinìti chi sta ‘ncignandu Un posto al sole. E ‘ndu vidìmu anìti!
Peppe (cerca invano di divincolarsi) Focu meu! Chi mi ‘mbattìu! Truvài ‘a una peggiu ‘i me sòggira… Lassàtimi ‘ccà c’a signora, cusì mi ‘mparu mi lavuru ‘a maglia…
Teresa (smette di lavorare a maglia, si alza e prende Peppe dall’altro braccio) No, no: chi puru ieu mi vogghiu vidìri un Posto al sole! Jamunindi…
Peppe (nei pressi dell’uscita a sinistra) Ma chi fici ‘i mali ieu ‘nta vita? Puru ‘ccà intra mi fannu ‘i chiova!
Peppe, Teresa e l’infermiera escono a sinistra.

Fine Primo Atto


ATTO SECONDO
Medesima scena dell’Atto Primo. Un paio di giorni dopo. Prima mattina.

Gino è già in scena.
Gino (seduto di fronte la tela, diversa da quella del primo atto, poggiata su un cavalletto. Ha il suo fiaschetto di wisky a portata di mano. Dipinge un soggetto astratto, mentra canticchia – o in alternativa, fischietta - “Ne me quitte pas” di Jacques Brel) Ne me quitte pas, ne me quitte pas, ne me quitte pas… Moi je t'offrirai des perles de pluie, venues de pays où il ne pleut pas…

Peppe entra da sinistra.
Peppe (arriva esibendosi in un plateale sbadiglio. Si guarda attorno. Mentre Peppe canta, accenna ad un buffo balletto)
Gino (continua a dipingere e a canticchiare - o fischiettare - non essendosi accorto di Peppe) …Je creuserai la terre jusqu'après ma mort pour couvrir ton corps d'or et de lumière. Je ferai un domaine où l'amour sera roi, où l'amour sera loi, où tu seras reine… Ne me quitte pas, ne me quitte pas, ne me quitte pas…
Peppe (si stira ancora quando Gino smette di cantare, o fischiettare) Aaah, aaah! Stanotti mi fici na bella durmùta! Deci uri ‘i sonnu an filèra! Bellu: largu largu ‘ndo lettu: (con reltiva mimica) n’anca ‘ccà e una ‘ddà. Senza ‘i me mugghièri chi russa… (imita la moglie che russa) Roooonf… roooonf… roooonf… ‘Nu trattòri ‘rrugiàtu mi maritài! E cu mi ll’aviva ‘a diri ‘a mia!
Gino (mentre continua a dipingere) Però quando l’hai sposata non era (gli fa il verso con la sua improbabile cadenza francese) ‘nu trattori ‘rruggiàtu…
Peppe (ci pensa, poi di rimando) ‘Rruggiàtu no, ma trattori sì! Manchicani… (osserva il quadro) Bellu ‘stu quatru… Pari ‘a frittata ch’i cucuzzeddi chi faci me’ mugghieri… (va da destra a sinistra parlando alla platea) Non sapìva chi ‘ccà intra ‘nci facìvinu fari tutti sti cosi: ‘u corsu i cucitu, chiddu ‘i pittura… E diri chi ‘a mia, impiegato comunali, c’u tuttu ‘ddù tempu liberu chi haiu ‘ddà ‘o lavuru, non m’u organizzàru mai nu bellu corsu ‘i chisti! Nongabbu e non marafigghia… Venticinque anni di servizio: tuttu ‘u tempu ‘ssittàtu ‘o bar, fumandu, pigghiandu café e jucandu ‘e carti… Venticinque anni. Tutti cusì. Sugnu cunsumatu puru ‘nte ‘ngunagghi…
Gino (mentre continua a dipingere, con la sua improbabile cadenza francese) Tuttu cunsumatu…
Peppe Certu! ‘U medicu mi dissi chi, c’u lavùru chi fazzu, mi vinni (si prende il polso di una mano) ‘u tunnel CARNALE, ‘i quantu sugnu cusumatu…
Gino (mentre continua a dipingere, quasi lo interrompe) Jucandu ‘e carti…
Peppe (con un gesto della mano fa per minimizzare, poi cambia discorso) Ma vui, maestru, scusati si vi dumandu: comu mai siti ‘ccà intra?
Gino (mentre continua a dipingere) Perché in paese dicono che sono… strano…
Peppe (sorpreso) Stranu? Mah… E ‘i lavuru chi facìuvu? Scusati si mi permettu ma – comu si dici – la curiosità è donna!
Gino (si ferma) Cosa facevo per lavoro? (indica il quadro) Questo facevo! Ho sempre dipinto…
Peppe (incredulo) Nooo, non mi spiegài, maestro. Vulìva diri: ‘i lavuru, propria, chi facìuvu?
Gino (alterato) Questo, vi ho detto: il pittore, l’artista! Ho sempre dipinto io… (si rimette a dipingere)
Peppe (stupito) Mah… E allura nu pocu stranu siti pi ‘ddaveru… (osserva ancora un po’ il quadro) E scusati: ma chiddu c’u ll’occhiali niri, c’u bastuni e c’u fazzolettu niru, comu mai è ‘ccà intra?
Gino (mentre continua a dipingere) Perché in paese dicevano che porta male, che porta… PICCIU, TRiULù…
Peppe (incredulo) Certu… in paese dicevano. Pirchì? Mi vulìti diri chi chiddu non esti pi ‘ddaveru ‘nu ceddàzzu d’u malauguriu? (alla platea) Manchicani: pensu chi si ‘nu jattu niru ‘u ‘ncuntra pi ‘strada, prima faci ‘i corna e poi passa ‘i ll’autra parti d’undi passàu iddu… Maria ‘dduluràta!

Lillo entra da sinistra.
Peppe (mormorando, stupito) Minchia, parri d’u diàvulu e spùntunu (fa le corna) ‘i corna… (a Lillo) Signor Lillo, vi vedo… (in difficoltà) eeeh, vi vedo… allegro, solare, vi viu propria ‘bbonu ‘nta facci…
Lillo (lo osserva un attimo, ma non si cura del sarcasmo. Va a sedere su una delle panchine a sinistra)

L’Infermiera entra da sinistra.
Infermiera (ha un vassoio con un bicchiere d’acqua e alcune pastiglie. Acida) Bongiorno!
Peppe Oooh, chi purtàstuvu ‘ddocu, signora ‘nfermera?
Infermiera (mormorando, triste) Signorina… (poi perentoria) Purtài ‘i medicini!
Peppe Puru p’i mia?
Infermiera Certu! (gli dà una pillola) Pigghiàtivi chista…
Peppe (senza oltre indugiare, prende la pillola e la mette in bocca)
Infermiera Chi chista vi faci beni…
Peppe (inizia a fare smorfie) Uuuh, focu meu! Maria vergini ch’è amara! (tossisce) Cof, cof… Vilènu esti! Chi catinazzu mi dàstuvu? (la deglutisce)
Infermiera (controlla nel vassoio) Uuuh! Focu meu! Sbagghiài… (tic all’occhio) Vi déssi ‘a supposta d’a signora Gianna!
Peppe Chi m’era beni… (assapora il retrogusto, platealmente) Però, ‘u sapìti? Era ‘a usu effervescenti, pàri gazzusa! Non è chi nd’avìti n’autra?
Infermiera (mentre va verso Gino) Ma finitila puru vui! ‘A gazzusa ‘i voschra soru! (va verso Lillo, facendo le corna mentre procede) Signor Lillo, è ura d’a medicina puru p’i vui…
Lillo (stranito) Quale medicina?
Infermiera (prende una pillola dal vassoio) ‘U MALOCCH’… (gliela dà e fa subito le corna)
Lillo (prende la pillola e, prima di ingerire) Invece per voi vi consiglio un po’ di TINTURA DI ODIO… (ingerisce la pillola)
Infermiera (sorriso nervoso) Chidda è ‘bbona p’i voschra soru! (verso Gino) Picasso, jamu: pigghìti ‘a medicina… (gli porge il bicchiere)
Gino (prende il bicchiere e annusa il contenuto)
Infermiera (perentoria) Forza!
Peppe Signora ‘nferméra…
Infermiera Chi autru vulìti vui? (tic all’occhio)
Gino (mentre Peppe e l’Infermiera parlano, prende il fiaschetto ed allunga il contenuto del bicchiere)
Peppe Mi vinni ‘nu pocu ‘i nostalgia d’u lavùru…
Infermiera E ‘i mia chi vulìti? (tic all’occhio)
Peppe Si pi favùri mi truvàti ‘nu mazzu ‘i carti… Puru mi mi fazzu nu solitariu. (quasi commosso) Mi vinni troppa nostalgia d’u lavùru…
Infermiera Ma jitavvindi ‘i ‘ddocu… (va da Gino) V’a pigghiàstuvu ‘a medicina?
Gino (gli porge il bicchiere) Mais oui! (mormorando) Stock ‘84. Annata straordinaria!
Infermiera (tic all’occhio) Forza Leonardo, vinìti cu mia ch’è ura d’a fisioterapia… Apoi ‘u finìti ‘u quatru ‘i Parigi…
Gino (stupito) Oh, là là! Paris? Ma questa è San Lorenzo!
Infermiera (tic all’occhio) Prega per noi! Forza, jamunìndi! (prende Gino per un braccio) Signor Lillo, puru vui…
Lillo (si alza e procede verso l’infermiera e Gino)
Infermiera (fa le corna mentre Lillo arriva) Forza, jamunìndi!
Gino, Lillo e l’Infermiera escono a sinistra.

Peppe Mah! Cosi ‘i pacci! ‘Ccà intra, mi pari ‘a mia, chi ‘a ‘cchiù paccia ‘i tutti esti ‘a ‘nferméra… ‘Cumminciàu puru mi scangia ‘i medicini… ‘A ‘ppostu simu…
v.f.s. Tota C’è nessuno? C’è nessuno qui? Mi sentite?
Peppe (sconvolto) Oooh focu meu! Focu ‘randi!
v.f.s. Tota (acida) Ma aundi siti? Aundi catinazzu esti me’ maritu?
Peppe (impaurito) Idda è: me’ mugghièri Tota! Focu meu… e ora comu fazzu? Si mi trova sugnu rovinatu!
v.f.s. Tota Ma insomma! C’è nessuno? Peppe, si ‘ccà?
Peppe (si guarda di qua e di là) Aundi mi ‘mmùcciu? Sutta ‘a panchina no… (si guarda attorno) ‘ddocu mancu… (osserva il cavalletto con le tele di Gino) Eccu! ‘Ddocu mi pozzu ‘mmucciàri… (si sistema dietro il cavalletto con la tela, aiutandosi per coprirsi anche con una grande tela che Gino teneva a terra. In alternativa può nascondersi dietro una panchina, se opportunamente collocata o in qualsiasi posto che il regista riterrà più opportuno, compatibilmente agli allestimenti scenici)

Tota entra in scena dalla comune.
Tota (vestita di tutto punto, si guarda a destra e sinistra, senza trovare il marito, nascosto) è mai possibile che non c’è nuddu? (guarda ancora attorno) Ma insomma! Vogghiu parràri c’u responsabili! Vogghiu sapìri aund’è me’ maritu! (inizia ad annusare platealmente e profondamente) Mah… ‘a mia mi pari chi sentu sciàuru di ‘zzìmbaru… (annusa ancora, sempre più profondamente, dirigendosi verso dov’è nascosto il marito) Sì, si! ‘Zzìmbaru esti! (va verso il marito nascosto, annusando ancora) Eu ‘u canùsciu ‘bbonu ‘u ‘zzìmbaru! Soprattuttu unu! (lo trova) Soprattuttu ‘u ‘zzìmbaru ‘i me maritu! (lo prende da un orecchio e lo conduce al centro della scena) Nesci ‘i ddocu cosu lordu! Neeesci! Pisciatùri!
Peppe (impaurito, abbozza un sorriso) Tota! Tesoro! Tesoruccio mio! T’i piacìu ‘a sorpresa?
Tota (imbestialita) ‘A sorpresa? (gli si scaglia dando qualche manata) T’a dugnu ieu ‘a sorpresa, cosu fitùsu!

L’infermiera entra in scena da sinistra.
Infermiera (rimane dietro i due già in scena, che non si avvedono della presenza dell’infermiera)
Peppe (impaurito) Ti posso spiegare tutto, tesoro! Tesoruccio mio!
Tota (imbestialita) Va bene! Parla. E mòviti… (inizia a fremere platealmente)
Peppe (inspira profondamente e poi…) Allora…
Tota (lo interrompe subito, parla a raffica) Aundi catinazzu fusti ‘sti ‘ddù jorna? Pirchì ti ‘ndi jisti? Pirchì non mi dicìsti nenti?
Peppe (impaurito) Sì, zuccherino: ora ti dico tutto…
Tota (imbestialita) Va bene! Sintìmu… (inizia a fremere platealmente)
Peppe (inspira profondamente e poi…) Allora…
Tota (lo interrompe subito, parla a raffica) Pirchì vinìsti ‘ccà? Comu mai non ‘nci dicìsti nenti mancu ‘e to figghi? Pirchì non avvisasti mancu ‘o lavuru?
Peppe (impaurito) Sì, Tota: ora ti dico tutto…
Tota (imbestialita) Va bene! Dimmi… (inizia a fremere platealmente)
Peppe (inspira profondamente e poi…) Allora…
Tota (lo interrompe subito, parla a raffica) Pirchì avìvi ‘u telefonu chiusu? Pirchì ti ‘ndi jìsti c’a notti? Pirchì…
Infermiera (si porta velocemente verso Peppe e Tota, urlando) Ma insomma! Ma aundi simu, ‘o manicomiu?
Peppe e Tota (la guardano e annuiscono)
Infermiera (accorgendosi della gaffe, ha un tic all’occhio) Signora, ‘ccà ‘i dumandi ‘i fazzu ieu…
Tota Va bene! Dicìtimi… (inizia a fremere platealmente)
Infermiera (inspira profondamente e poi…) Allora, innanzitutto…
Tota (la interrompe subito, parla a raffica) Pirchì non mi mandàstuvu a me maritu ‘a casa, pirchì non mi mandàstuvu a chiamari? Pirchì me’ maritu…
Infermiera (le si scaglia addosso, tappandole la bocca. Soddisfatta) Oooh, oooh!
Tota (cerca, invano, di dimenarsi)
Peppe (incredulo ma felice, alla platea) Minchia, non ll’avìva mai pensatu ‘stu discursu ieu… (fingendo preoccupazione) Signora ‘nferméra facìti attenzioni: vidìti chi non è ‘bituàta mi stai c’a bucca chiusa me’ mugghieri. Non ‘nci voli nenti m’a pigghia ‘na sìncopi… (mormorando) Fussi veru…
Infermiera (toglie la mani dalla bocca di Tota)
Tota (inspira ed espira velocemente per alcuni secondi, come se fosse stata in apnea)
Peppe (divertito, ma temendo già la reazione della moglie) V’u dissi ieu chi non è ‘bituàta mi stai c’a bucca chiusa…
Tota (si scaglia contro il marito e gli rifila altre due manate) Bruttu pezzu di fuméri!
Infermiera (interviene, allontanando Peppe da Tota)
Peppe (va a nascondersi e ripararsi dietro una panchina o dietro le tele)
Infermiera Signora, fermàtivi n’attimu!
Tota Va ‘bbonu…
Infermiera Immagino che voi siate la moglie del sig. Peppe… “Larraspata”…
Tota (annuisce, atteggiandosi) In persona.
Infermiera Bene…
Peppe (sentendo le due parlare con più calma, fa capolino da dov’era nascosto) Oooh, oooh! Chi ‘nci vulìva! Risolviamo la questione da persone civili! Senza mi facìmu ‘bbuci…
Tota (si scaglia addosso a Peppe, urlando) Aundi catinazzu fusti ‘sti ‘ddù jorna? Pirchì ti ‘ndi jisti? Pirchì non mi dicìsti nenti?
Infermiera (urla più forte di lei) Ma insomma! Signora… intanto, comu vi chiamati?  
Tota (d’improvviso diventa affabile. Le dà la mano) Tota, signora Tota…
Peppe (mormorando) …chi quandu s’incazza t’i gira e t’i vota tuttu ‘nti ‘na vota!
Tota (con lo sguardo fulmina il marito, poi ritorna di nuovo e gli dà altre due manate) T’i dissi sempri chi nd’ha parràri quandu piscia ‘a jaddìna, bruttu stortu chi non si àutru! (e via altre due manate)
Infermiera (esasperata, ha un tic all’occhio) BASTAAA! (va a separare Tota da Peppe) Signora Tota, mi pari a mia chi ‘ccà, chidda chi avissi bisognu d’u manicomiu siti vui!
Tota (freme, è furente) Vardàti vui ‘a sta jaddìna spinnàta!
Infermiera (si scaglia contro Tota, ne nasce un parapiglia in cui le due si prendono dai capelli, si strattonano e se ne dicono di tutti i colori, a soggetto)
Peppe (mani in fianco, osserva la scenetta) Forza signora ‘nferméra! Minàti ‘ddocu, ch’è a vota ‘bbona chi m’a cacciu davanti ‘a me mugghiéri!
Tota e Infermiera (ormai esauste, sono una di fronte all’altra)
Peppe (alla moglie, fingendo preoccupazione) Ti ‘cciuncàsti… tesoso?
Tota (ansimando, ma furente) Non t’a ‘ncarricàri – non ti preoccupare – chi quandu ti pigghiu ti fazzu pitìnghi pitìnghi, puru a tia!
Infermiera (la prende con forza e la accompagna verso la comune) Sentitimi a mia: ora vi ‘ndi turnàti p’a casa, chi tantu ‘ccà a vostru maritu non v’u pigghia nuddu… N’autra para ‘i jorna, comu ‘rriva u medicu novu – prestu e viàtu mi ‘rriva! – vidìti comu sicuramente v’u manda p’a casa danòvu…
Tota (si ferma e, con gli occhi spalancati) N’autra para ‘i jorna? E a mia cu mi porta p’a spisa? Cu mi leva ‘ndi me’ mamma? Cu mi ‘ccumpagna mi mi fazzu ‘i capiddi? Cu mi…
Infermiera (esasperata, ha un tic all’occhio) BASTAAA! Itavvindi vi dissi! (e la scaccia via con le male per la comune)
Tota esce dalla comune.

Peppe (guadagna il centro della scena, tronfio, orgoglioso) Aaah, cazzu! Quandu ‘nci vonnu, ‘nci vonnu! Stavota mi fici rispettari! ‘A fici mi si ‘ndi vai senza mancu mi dici menza palòra… Aaah, si vidi aundi ‘u maritu ‘a cumanda a bacchetta ‘a mugghiéri…
Infermiera (lo guarda, con pena, dalla comune) Ehi… poveru stortu! Pi stavota v’i sarbài ieu… Ma comu turnàti p’a casa… vi faci mi ballati senza sonu, voschra mugghieri! (e si avvia verso l’uscita a sinistra)

L’infermiera esce da sinistra.

Peppe (cerca di darsi un tono) Mi faci mi ballu senza sonu? A ‘mmia? (alla platea) ‘A dassài mi parra ‘a me mugghièri, cusì è cuntenta… ‘U capiscìstuvu puru vui, no? Mi pozzu méntiri cu idda? L’importante è che sia chiaro a tutti cu è chi cumanda ‘nti ‘na casa. (mani in fianco) E ‘a me casa, cumandu ieu… (si incupisce, mormorando) Quandu sugnu sulu, cumandu ieu!

Gianna entra da sinistra.
Gianna Signora ‘NZALATERA, aundi siti? (vede Peppe) Vidìstuvu ‘a ‘NZALATERA?
Peppe ‘A ‘NZALATERA?
Gianna Sì, chidda… chidda… vistùta ‘i jancu…
Peppe (ci pensa un po’) Aaah sì! ‘A nferméra! Purtroppu ‘a vitti… Ora si ‘ndi jìu. ‘A vui chi vi serviva?
Gianna M’era diciùtu chi m’aviva ‘a méntiri… (fa come per ricordare) eeeh, m’aviva ‘a méntiri… Ora non m’u ricordu…
Peppe Per casu ‘a supposta?
Gianna Eeeh… (ci pensa) Eeeh… Eccu, sì! ‘A supposta!
Peppe No, signora Gianna… pi ôi nenti supposta… Pigghiàu autri stradi a vostra supposta… (la prende sottobraccio) Maaa, pi curiosità, puru… (con relativa mimica) ‘i sutta… pari gazzusa?  
Gianna (ci pensa un po’) Eeeh… eeeh sì! Gazzusa spumàta pari! (si guarda attorno) Ora… haiu a jirì ‘o bagnu… (fa come per ricordare) ma non mi ricordu aund’è…
Peppe Si permettìti, v’i ‘ccumpagnu ieu!
Gianna Grazi giuvinottu!
Peppe (la prende sottobraccio) Vinìti cu mia… (e si avviano verso l’uscita a sinistra)
Gianna (lo osserva mentre procedono) Ma aundi vi vitti ‘a vui?
Peppe Sicuramente ‘ssittàtu fora d’u bar ‘i facci ‘o Cumuni…
Peppe e Gianna escono da sinistra.

Il dottore entra dalla comune.
Dottore (indossa un camice bianco, aperto. Ha anche una borsa in pelle, professionale. Si guarda attorno. Poi prende un bigliettino dalla tasca e legge, con il suo accento nordico) Casa di cura “Il Mandorleto” (si guarda ancora attorno, legge il cartello, molto lentamente) Ma-ni-co-miu d’i ‘mmen-du-là-ri? Bah… Eppure l’indirizzo è giusto… Via Pòviri e pacci, numero 22! (si guarda ancora attorno) C’è nessuno? (più forte) C’è nessuno?

L’Infermiera entra da sinistra.
Infermiera (la osserva) Buongiorno signore. Lei sarebbe?
Dottore (si danno la mano) Io SAREI il nuovo Dottore della casa di cura…
Infermiera (mormorando alla platea) Azzu! Era ura mi vi cugghìti, dottori (lo abbraccia) Oooh! Finalmenti si fici ‘a grazia! Finalmenti ‘ndi mandàru ‘a nôvu dottori! (mormorando) Era ura! Jeu non ‘ndi putìva ‘cchiù mi staiu arretu a tutti ‘sti pacci! (tic all’occhio)
Dottore (distaccata) Ah, quindi lei SAREBBE l’infermiera…
Infermiera Certu Dottore! Non si capisci? (si atteggia) Sugnu a ‘nferméra ieu! (mormorando) Ammenu finu a quandu non mi ‘rriva a lìttira chi mi ‘ndi pozzu jiri in pensioni! Prestu e viàtu mi ‘rriva… (tic all’occhio)
Dottore (professionale) Signora infermiera…
Infermiera (la blocca subito) Signurina, ‘nci tegnu… (con enfasi) Ieu sugnu signurina… (si scioglie in un pianto) Uuuuh, uuuuh, uuuuh... sugnu signurinaaa (si riprende) Scusatimi dottori, dicìtimi ch’aviti bisognu…
Dottore (infastidito) Sì, signorina infermiera, avrei subito bisogno di un quadro dettagliato dei singoli pazienti…
Infermiera Dottore, vui siti giuvini, dicìtimi ‘a mia chi, modestamenti, havi ‘cchiù ‘i quarant’anni chi sugnu ‘ccà! (con ampi gesti) ‘Nci sacciu puru quanti pila hannu ‘ndo pettu a tutti ‘i pazienti chi ‘nci sunnu ‘ccà…
Dottore (infastidito) Mi dica lei. Da chi vuole iniziare? (prende un taccuino e una penna dalla borsa, posa la borsa in terra e inizia a prendere nota)
Infermiera Allura, ‘a ‘cchiù jiùta ‘i testa ‘i tutti esti a signora Gianna: havi… l’Alzheimer!
Dottore (annota sul taccuino) Bene, e poi…
Infermiera E poi avìmu… ‘nu figghiolu: si chiama Eugenio! Praticamente chistu partìu c’a testa pirchì... p’u troppu studiu, va’! (con tono saccente) ‘U troppu studiu faci mali…
Dottore (annota sul taccuino, perplesso. Poi mormorando) Direi che non è il suo caso…
Infermiera (tic all’occhio) Poi avìmu ‘u pittùri: ‘u signor Gino! Chistu era ‘a Francia, apoi turnàu e vulìva fari l’artista ‘ccà ‘nti nui! Ma jamu… Giustamente ognunu si pigghiàva spassu e iddu ‘ncuminciàu mi duna ‘i numera…
Dottore (annota sul taccuino, sempre più perplesso) E poi…
Infermiera Poi c’è a signora Teresa, chi… ‘spetta sempri ‘u so bambinu (le fa il verso) che presto tornerà… (mormorando, con ampi gesti) Sì, ora vegnu… (a voce normale) Poi c’è Lillu, (mentre lo nomina fa le corna) ‘nu ceddàzzu ‘i malauguriu chi non avìti idea, dottori…
Dottore (perplesso) Cosa? Cioè quest’uomo è in clinica perché è stato isolato da tutti in quanto nel suo paese si pensava che portasse… male?
Infermiera No, no… non è che si pensava che portasse male: (cerca i corni rossi nella tasca e le tocca platealmente) porta mali piddaveru! Mi schiantu puru m’u nominu! (avvicina i corni rossi al dottore) Dottori, tuccati ‘ccà… Jamu, tuccati ‘ccà…
Dottore (la scaccia) Ma insomma! Dove siamo? Ma cosa fa? Cosa dice? Cosa devo toccare…
Infermiera (mormorando mentre si atteggia) Dottori, vui putiti tuccari aundi vulìti! Sugnu signurina, v’u dissi già…

Il Postino entra dalla comune.
Postino (ha un borsello, una lettera in mano) Posta! Posta!
Dottore Buongiorno! Lei è?
Postino Buongiorno! Io sono il signor Postino… (si scambiano un saluto dandosi la mano)
Dottore Piacere: io sono il nuovo Dottore della Casa di Cura.
Postino Così giovane? Complimenti, dottore!
Dottore Grazie! È il mio primo incarico… e non vedo l’ora di iniziare a lavorare!
Infermiera (mormorando) Ieu non vìu l’ura ‘i spicciàri… e chistu non vidi l’ura mi ‘ccumincia…
Dottore (al Postino) Cosa ha portatato?
Postino C’è posta per la signora ‘nferméra!
Infermiera Posta pi mia? (tic all’occhio) E chi esti?
Postino (legge dalla busta della lettera) INPS! Istituto Nazionale Previdenz…
Infermiera (con un gesto rapace gli strappa la busta dalle mani) Caccia ‘sti zampi ‘i jaddìna… (va un po’ in disparte) INPS! Zittu, zittu, chi forsi è ‘a vota ‘bbona! (tic all’occhio) Forsi è ‘a lìttira chi stava spettandu! (inizia ad aprire la busta)
Dottore (mormorando al Postino) Ma di cosa parla?
Postino (a voce bassa) Sicuramente d’a pensioni…
Infermiera (ha aperto la busta, spiega il foglio e inizia a leggere) L’INPS, vista la domanda presentata il… (mormora a soggetto, leggendo velocemente. Poi scandisce) …la informa che… la sua domanda di Pensione è stata accolta! (fa un paio di salti di gioia) Sia lodato Gesù Cristu! (tic all’occhio) Finalmenti mi ‘ndi vaiu in pensioni e mi ‘ndi futtu ‘i tutti! (continua a leggere) …a partire dal Primo giorno del prossimo mese! (altri salti di gioia) Aaaah! Aaaah! N’autri pochi jorna e poi… mi ‘ndi vaiu in pensioni! Dopu ‘na vita ‘i lavuru! (tic all’occhio) N’autra para ‘i jorna mi ‘ndi vaiu in pensioni! E mi ‘ndi futtu ‘i tutti!
Postino (le si avvicina) Oooh! Chi bella notizia! (sarcastico) Finalmenti non vi vìu ‘cchiù!
Infermiera (acida) ‘U piacìri è tuttu ‘u meu! Quandu nesciu ‘i ‘ccà intra mi ‘ndi vaiu paìsi paìsi ballandu ‘a tarantella. ‘A facci vostra…
Dottore (nel frattempo si era avvicinato) Ma che modi sono?
Infermiera (cerca di ricomporsi) Perdonatemi, dottore. ‘A troppa cuntintizza p’a pensioni esti! (sventolando la lettera ed improvvisa una specie di balletto, canticchiando) Lalla lallalà e ‘a ‘nferméra si ‘ndi va! Lalla lallalà, in pensioni si ‘ndi va!
Postino Va ‘bbonu… ieu mi ‘ndi vaiu. Vi salutu Dottore (si danno la mano). Vi salutu signora ‘nferméra… (le dà la mano, non ricambiata)
Infermiera (rilegge con aria sognante la lettera e non ricambia la mano)
Postino Va ‘bbonu… tanti saluti frischi!
Il Postino esce dalla comune.  

Infermiera (con la lettera replica il balletto, canticchiando) Lalla lallalà e ‘a ‘nferméra si ‘ndi va! Lalla lallalà, in pensioni si ‘ndi va!
Dottore (severo) Ma, signora infermiera! Le pare il modo?
Infermiera (cerca di ricomporsi) Perdonatemi, Dottore… (porta una mano dalla pancia sin sotto il seno) signurina, comunque… (si intristisce un attimo) Sugnu signurina… (guarda in terra)
Dottore Mi stava parlando dei pazienti presenti… ce ne sono altri di cui ancora deve parlarmi?
Infermiera Sì… (tic all’occhio) Cioè no… (tic all’occhio) Non sacciu, dottore. L’autra sira ‘rruvàu unu chi… forsi pacciu pacciu non è, ma mancu tantu normali. Dici chi (con relativa mimica) ‘ssi ‘rraspa sempri… Chi ‘a casa ‘u facìvinu niscìri pacciu: so mugghieri, ‘i so figghi, ‘a sòggira… Jeu ‘nci dissi chi pi mia putìva stari… So’ mugghiéri si ‘ndi jiu pocu fa: manchicani dottori! N’àspitu esti! Ma non sacciu, vidìti vui, dottori…
Dottore (professionale) Ecco, benissimo! Voglio parlare subito con lui…
Infermiera Vaiu subitu e v’u chiamu, dottore… (con la lettera replica il balletto, canticchiando) Lalla lallalà e ‘a ‘nferméra si ‘ndi va! Lalla lallalà, in pensioni si ‘ndi va!
L’Infermiera esce a sinistra.
Dottore (sconfortato) Eeeh, poveri pazienti. Avrebbero bisogno di molte più attenzioni, di più comprensione… (ci pensa un po’) E poi, questa infermiera, con questo tic… Mah! Anche lei è da osservare…

Peppe entra da sinistra.
Peppe (mentre procede, mormorando) Mah… e quindi già ‘rruvàu ‘u novu dottori? Vidimu chi medicu esti: s’è unu chi studiàu oppuru unu ‘i chiddi chi diventàru medici a via di capicolli e landi d’ogghiu…  
Dottore (infastidito) Eeehm, eeehm!
Peppe (si ricompone) Buongiorno, Dottore! Mi presento: Peppe… (con una mano inizia a fare il gesto di grattarsi in prossimità delle parti intime) “LARRASPATA”… (dà quella stessa mano alIl Dottore)
Dottore (schifato, non gli dà la mano) Aaah… “LARRASPATA”…
Peppe (si schernisce) Sì, è un cognomeee… d’arte!
Dottore (perplesso) Cognome d’arte?
Peppe Ora v’u spiegu: praticamente ieu sugnu impiegato comunali. E siccomu… (con una mano inizia a a fare il gesto di grattarsi in prossimità delle parti intime)
Dottore (espressioni sconvolte, a soggetto)
Peppe Siccomu… duranti ‘u lavuru, ieu… (con una mano inizia a grattarsi in prossimità delle parti intime) m’a ‘rraspu d’a matina ‘a sira, i miei colleghi, mi misìru ‘stu cognomi d’arti…
Dottore (cerca di ricomporsi) Impiegato comunale… E che ci fa qui?
Peppe Eeeh, Dottore, praticamente… fra me’ mugghieri, ‘i me figghi e me’ sòggira, a casa mi stàvinu facendu niscìri pacciu… Pacciu completu! (la implora) Dottore, pi ll’anima d’i morti, facìtimi stari ‘ccà! Vi pregu! Mi ‘ssuttigghiàru – hanno consumato - ‘u ciriveddu! Sugnu cunsumatu…
Dottore (lo scaccia) Ma insomma! Si ricomponga! Qui decido io chi può stare o no! E da quello che mi dice, non ci sono motivi per un suo ricovero qui dentro!
Peppe (lo implora) Dottore, pi favùri v’u staiu cercandu! Ricoveratimi ‘ccà! Vi dissi chi mi fìciru niscìri pacciu…Facìtimi stari ‘ccà! Pi ll’anima d’i morti!
Dottore (perplessa) Mah… non sono per nulla convinto! (professionale) Dovrò sottoporla ad un accurato test per valutare le sue condizioni mentali!
Peppe (la implora) Dottore, facìtimi tutti ‘i TEST chi vulìti, puru ‘u test ‘i gravidanza… Ma non mi facìti turnàri ‘a casa!
Dottore (professionale, riprende penna e taccuino) Iniziamo a valutare la sua personalità: le capita spesso di sentirsi irrequieto o turbato?
Peppe (di getto) Certu, Dottore! Mi capita tutti ‘i voti chi su’ ‘i novi ‘i sira ‘e me mugghiéri ancora non pruparàu nenti ‘i mangiari…
Dottore (annota, mormorando perplesso) Mah… Un collega le chiede di coprirgli il turno il giorno del suo compleanno. Cosa gli risponde?
Peppe (di getto) Ma allura si’ pacciu completu? Non lavuru chidd’autri jorna e mi vo’ fari lavurari giustu giustu ‘u jornu d’u me compleannu?
Dottore (annota, perplesso) Riesce a percepire lo stato d'animo degli altri velocemente?
Peppe (ci pensa un po’) Certu, Dottore! ‘A me’ mugghiéri ‘a capisciu subitu: si havi ‘a ‘bbrogna paràta significa ch’è siddiàta. Si havi ‘nu munzeddu ‘i ‘rrobbi ‘i stirari, sicuramenti è siddiàta. Si n’a levu ‘nti so soru, ‘a viu ch’è siddiàta… Si mi ‘sperdu ‘u so compleannu, è siddiàta…In pratica, Dottore, è sempri siddiàta…
Dottore (annota, poi seccato) Ma insomma! Cerchi di rispondere seriamente alle domande! (professionale) Mi dica: un suo collega ottiene una promozione importante. Quali sono le sue prime parole?
Peppe (prende il Dottore sottobraccio, di getto) Cocò, vidi chi ora m’ha sistemari ‘a me figghiu…
Dottore (lo allontana. Poi annota, sbuffa) Uff! Le capita di essere confuso?
Peppe (di getto) Certu, Dottore! Quandu me mugghiéri mi dici na cosa e poi finisci ‘u discursu dicendu: (con voce femminile) apoooi, fa’ comu vôi tu… (con la sua voce) Quandu mi dici cusì sugnu sempri cunfusu, pirchì sacciu già chi comu fazzu, sbagghiu ‘i sicuru…
Dottore (annota, ma scuote il capo, perplesso) Fa una figuraccia davanti ad alcune persone conosciute da poco. Cosa pensa subito?
Peppe (di getto) Tantu, una ‘cchiù, una menu…
Dottore (annota, scuote il capo) Vede sua moglie in una situazione d’intimità con una persona sconosciuta, come reagisce?
Peppe (risata di pancia) Ahuahauhauhauahua! Vaiu subitu e ‘nci fazzu ‘i complimenti. ‘A iddu. P’u curaggiu chi nd’eppi… Auahuahauhahau!
Dottore La smetta! E risponda seriamente! (perplesso) Mentre è alla guida, un automobilista le taglia la strada. Quale la sua prima reazione?
Peppe (adirato) Curnuuutu! Tu e tutta ‘a razza tua!
Dottore (annota, scuote il capo) Le capita di farsi prendere dal panico, quando…
Peppe (di getto) Quandu me’ mugghiéri pigghia ‘u me telefoninu m’u controlla…
Dottore (scocciato) Ma insomma! Ultima domanda: è in una situazione intima col partner e le squilla il telefono. Cosa pensa?
Peppe (di getto) Speriamu non m’è me’ mugghiéri!
Dottore (scocciato) Basta! Dalle sue risposte emerge un quadro clinico chiarissimo. (professionale) Lei è insofferente rispetto a tutto ciò che la circonda. Situazione professionale, familiare e sociale. Si tratta semplicemente di insofferenza… soprattutto verso la famiglia.
Peppe E chi voli diri, Dottore? Pozzu ‘rrestari ‘ccà? (la implora) Non vogghiu turnàri ‘a casa. Tinìtimi ‘ccà, pi ll’anima d’i morti!
Dottore (perentoria) Non se ne parla nemmeno! Avere una famiglia è una fortuna! (sospirando e a voce più bassa) Magari l’avessi avuta io quand’ero piccolo…
Peppe (gli si getta ai piedi) Pi favuri, Dottore! Ammenu na para ‘i jorna… quantu mi mi ‘lléggia ‘a testa! ‘U tempu mi digerisciu ‘i favi ‘a ‘mmaccu chi fici me’ sòggira, chi mi ‘nchiumbàru ‘nda panza! (quasi piange) Pi ll’anima d’i morti, tinìtimi ‘ccà!
Dottore Assolutamente no!
Peppe (le si getta ai piedi) Dottore, vi prego! Dumani me’ figghia m’avì purtari ‘a casa ‘u ‘zzitu novu… Mi dissi chi esti ch’i capiddi RASTA. Ieu ‘nci dissi: “Ah, ‘bbonu… s’esti RASTA allura ‘u putìmu usari pìi chiantàri ‘u basilicò!” (quasi piange) Chi putiva fari ‘u maru ‘i mia? (gli si getta ai piedi) Dottore, pi ‘ffavuri! V’u ‘mmaginati ‘u ‘zzitu ‘i me figghia c’u basilicò chiantàtu ‘nte capiddi? Pi ll’anima d’i morti, Dottore, tinìtimi ‘ccà! Puru ‘na para ‘i jorna…  
Dottore (lo aiuta a rialzarsi, quasi commosso) Va bene, va bene… (si ricompone, professionale) Per un paio di giorni potrete stare qui!
Peppe (felice) Grazi Dottore! Siti nu santu cristianu…
Dottore (distaccato) Ma soltanto per un paio di giorni!
Peppe (felice) ‘U tempu mi ‘mpassulìsci ‘u basilicò d’u zitu ‘i me figghia…
Dottore (distaccato) Adesso vado: devo fare subito un giro fra i pazienti! (fa due passi verso l’uscita a sinistra, poi si blocca, si gira e…) Ma, sia inteso: soltanto un altro paio di giorni! Poi dovrà ritornare a casa…
Peppe Va ‘bbonu, va ‘bbonu, Dottore!
Il Dottore esce a sinistra.

Peppe E ‘va ‘bbonu… ‘Ammenu ‘sta para ‘i jorna mi ‘lléggia ‘a testa! (osserva per alcuni secondi le tele di Gino) Però… ‘sti quatri… è veru chi non si capìsci nenti ‘i chiddu chi sunnu, ma… (ci pensa su) Ora chi mi ricordu… ieu haiu n’amicu chi ‘i sti cosi ‘ndi capisci. Mi dici sempri chi menu si capìsci e ‘cchi valori hannu ‘i quatri… (osserva un quadro di quelli a terra) Mah… cu sapi. ‘A mia chistu mi pari na ‘nchiappanàta. (alla platea) Vardàti: pari me mugghieri quandu si trucca mi vai a carchi parti… Mah…

Gino entra da sinistra.
Gino (arrivando, vede Peppe che osserva le sue tele egli si avvicina)
Peppe (colto alla sprovvista) Propriu belli ‘sti quatri!
Gino (sorpreso) Oh là, là… Davvero?
Peppe Sì! Stava pensandu chi non si capisci nenti…
Gino (deluso) Ah, ecco…
Peppe Ma nooo! Chi capiscìsti? Stava pensandu chi siccomu non si capisci nenti… cu ‘sti quatri… nui… (finge costernazione) cioè tu… putìvimu… cioè… putìvi divintàri riccu…
Gino (non gli dà peso) Ma figurati…
Peppe E inveci sì! Ti dicu chi cu ‘sti quatri… nui… cioè tu… (lo prende a braccetto)… ti putìvi fari ‘a pila!
Gino (non capisce) Pila?
Peppe (mima il denaro) L'argent…
Gino (sembra interessato) Ah, si? E come?
Peppe (come se stessero confabulando) Ieu canùsciu a unu… unu importanti… Pensa tu chi ieu trasìa ‘o Cumuni grazi ‘a bonanima ‘i so patri… E ‘ndi restàu sempri ‘u rispettu, puru c’u figghiu…
Gino E cosa c’entra con i miei quadri?
Peppe (come sopra) Chistu è unu c’a pila… cu l’argent! E organizza sempri mostri di quadri a Roma, a Milanu e puru fora i ll’Italia, all’estero! Puru ‘a Missina! (o altra località fuori provincia) Chistu ti faci diventari famosu!
Gino (dubbioso) Mah…
Peppe Non mi cridi?  
Gino (dubbioso) Comme ci comme ça…
Peppe M’a viu ieu! Ora ieu, n’autri para ‘i jorna, purtroppu, nesciu ‘i ‘ccà intra… e ti organizzu tutti ‘i cosi! Ti fazzu diventari riccu!  
Gino (dubbioso) E in cambio cosa vuoi?
Peppe (minimizza) Nenti… nenti… Mi basta (minimizzando) ‘u cinquanta per centu d’u to guadagnu…
Gino (ci pensa un po’) Quaranta!
Peppe (di getto) Trenta!
Gino Venti!
Peppe (di getto) Deci!
Gino Cinque!
Peppe (gli dà la mano) Affare fatto! (tronfio, alla platea) Eh, modestamenti, quandu mi mentu mi fazzu affari ieu… ‘i portu a tutti aundi vogghiu! Ancora hav’a nàsciri chiddu chi mi futti ‘a mia! (a Gino) Ora m’a viu ieu! Tu non ti preoccupari! Ti fazzu diventari famosu e riccu! Fazzu mi ti canùsciunu ‘i Melitu ‘a Prunédda! (o altre due località vicine)
v.f.s Infermiera (con voce metallica, acida) Il signor Gino è desiderato in sala per la somministrazione delle medicine…
Peppe Quandu diventi famosu ti ‘ndi po’ niscìri ‘i ‘ccà… e poi vidi comu tutti chiddi chi quandu turnàsti d’a Francia t’i pigghiàvinu… p’u culu, diventanu ‘i megghiu amici tôi… Ed è in quel momento che ti potrai togliere tutti ‘i sassolini dalle scarpe…
Gino (annuisce) Altro che sassolini…
Peppe Puru ‘a ‘rrocca ‘i Pentedattilu (o altra località in cui ci sia una montagna rocciosa) ‘nci po’ scapulàri!
v.f.s Infermiera (acida) Jamu, Renoir! Véni p’i medicini, chi già mi siddiài…
Peppe (a Gino) N’autru pocu ‘i tempu diventi famosu… Ti ‘ndi nesci ‘i ‘ccà intra e ti ‘ndi futti d’i medicini…
Gino (gli dà la mano) Affare fatto! Rien ne va plus!
Gino esce a sinistra.

Peppe (autocompiaciuto) Eeeh, vidìmu si ‘rrinésciu mi ‘jutu ‘stu maru svinturatu… e mi mi fazzu puru carchi sordiceddu puru ieu… (si frega le mani) Aaah, aaah! P’u cinqu per centu ‘ndi ‘ggiustàmmu… ‘U futtìa! Partìa d’u cinquanta e ‘u purtài ‘o cinqu… (perplesso) Pari chi sugnu fissa eu…  

Il Postino entra dalla comune.
Postino (ha un borsello, una lettera in mano. È affannato) Posta! Posta!
Peppe (quasi spaventato) Chi purtàstuvu?
Postino (affannato) Oggi staiu jendu avanz’arretu comu ‘a litturìna. Dopu chi ‘nci purtài ‘a littìra ‘a signora ‘nferméra, quantu jìa n’attimu ‘o bar, mi liggìa ‘u giornali, mi pigghiài ‘nu panineddu, ‘na ‘birrozza frisca, ‘nu café, n’amaru, n’ammazzacafé, mi fumài ‘na bella sicaretta e – sintìti e tremati – mi chiamàru d’i Posti Centrali chi ancora avìva autri lìttiri ‘i consegnare…
Peppe (annuisce) Sta’ ‘bbonu unu nfin’a chi voli chidd’autru… Sulu ieu v’i pozzu capiscìri…
Postino (lo guarda bene) Simu colleghi?
Peppe (di getto) Sì! Colleghi di spadda…
Postino (non capisce) ‘I spadda?
Peppe Sì! Simu colleghi di spadda liscia! (si scambiano la mano) Sugnu impiegato comunali ieu… Pi na para ‘i jorna ancora mi fermu ‘ccà intra, quantu mi mi ‘lléggia ‘a testa… (guarda la lettera in mano della Postino) Chi purtàstuvu ‘ddocu?
Postino (la mostra platealmente) Una lettera… (le soffia sopra, come se avesse polvere) Havi deci anni chi s’avìva ‘a consegnari…
Peppe (incredulo) Deci anni ‘i ritardu? Eeeh chi… mancu ‘u trenu Torinu – Riggiu! E comu pot’essiri?
Postino (fa spallucce) E chi vulìti… ogni tanto carcosa ‘ndi poti fuìri…
Peppe (incredulo) E pi cu esti?
Postino Hav’a essiri p’a signura Teresa… (mostra la busta) ‘Ccà ‘i fora non c’è indirizzu. Ma si leggi ‘na scritta: per la mia mamma, ovunque sia!
Peppe E comu sapìti ch’esti p’a signora Teresa?
Postino Pirchì… (in difficoltà) ‘a liggìa puru ‘a lìttira… Esti sicuramenti p’a signura Teresa… (si schernisce) Ormai haiu ‘na certa esperienza… Sacciu p’i cu sunnu ‘i lìttiri puru senza m’i leggiu… Figuràtivi si no sacciu dopu ch’i leggiu…
Peppe (perplesso) Mah…
Postino (alterato) Chi v’i pari, chi ‘u lavuru d’u postinu ‘u ponnu fari tutti? ‘A mia mi pigghiàru p’i sorteggiu! (cerca di recuperare la calma) Si vi dissi chi sta lìttira esti p’a signora Teresa, significa chi sacciu chi esti p’a signora Teresa…
Peppe (perplesso) Va ‘bbonu, s’u dicìti vui… Ora vaiu e v’a chiamu ‘a signora Teresa…
Peppe esce a sinistra.   

Postino Sulu st’autru pacciu squagghiàtu ‘nci ‘mmancava ‘ccà intra… Aundi ‘u pigghiàru? D’u Postalmarket?

Teresa e l’Infermiera entrano da sinistra.
Infermiera (arriva con un piccolo vassoio pieno di pillole, pasticche e un bicchiere d’acqua. Acida) Forza, lassàtindi ‘sta lìttira e smammati… (tic all’occhio) Chi ieu haiu ‘a fari ‘u giru d’i pazienti mi ‘nci dugnu tutti ‘sti medicini…
Teresa (arriva con i suoi ferri per lavorare a maglia e la sciarpetta azzurra, ormai finita) ‘Na lìttira pi mia! Ih, ih, ih (accompagnato da relativa gestualità)
Postino Signora Teresa, ‘ssittàtivi…
Teresa (siede sulla panchina, posa i ferri e tiene la sciarpetta in una mano)
Postino (le dà la busta) Con le mie scuse per il ritardo… (con un cenno si congeda) Liggìtila per beni…
Infermiera (si posiziona accanto a Teresa, ma rimane in piedi)
Il Postino esce dalla comune.     

Teresa (estrae la lettera dalla busta, la spiega e inizia a leggere) Cara mamma, (ha un sussulto) scrivo questa lettera, senza poterla inviare a un indirizzo preciso, senza sapere se mai leggerai queste mie parole. Sai, oggi è un giorno importante per me: è il mio diciottesimo compleanno…

Il Dottore, Lillo ed Eugenio entrano da sinistra.   
Dottore (fa alcuni passi, ascolta le parole di Teresa e si blocca impietrito. Poi si commuove)
Eugenio e Lillo (rimangono fermi, dietro il Dottore, appena varcata l’uscita a sinistra)
Teresa (continua a leggere, con voce commossa. Di tanto in tanto si ferma) In questi giorni mi è stata raccontata tutta la mia storia. La nostra storia. Del tuo amore per quel ragazzo che, appena nacqui, mi portò via da te e scomparve per sempre dalle nostre vite. Da domani lascio finalmente quest’orfanotrofio del Nord Italia e proverò a realizzare il mio sogno: iscrivermi all’Università e studiare per… (mentre il Dottore reciterà a memoria il contenuto della lettera, Teresa si commuoverà visibilmente, leggendo, solo col labiale, le parole sulla lettera. Solo alla fine si volterà indietro)
Infermiera (mentre il Dottore reciterà a memoria la lettera, aumenterà la frequenza dei tic all’occhio, alternandoli a un movimento involontario della mano con cui non tiene il vassoio)
Dottore (fa altri passi avanti, interrompendo Teresa) …diventare Dottore. Lo so, mamma: frequentare l’Università, per una orfano come me, per un figlio di nessuno, non sarà facile. Ma in questi anni di orfanotrofio ho imparato a cavarmela da solo, ho imparato che con l’impegno e il sacrificio si può ottenere tutto. Proverò a mantermi gli studi facendo qualche lavoretto. Ora ti saluto: è già tempo di preparare la mia valigia e spiccare il volo verso questa nuova vita! Ciao… mamma!
Teresa (si alza, con la sciarpetta in mano) è tornata il mio bambino! (va incontro al Dottore)
Dottore (abbraccia Teresa) Mamma! Finalmente! Avevo perso ogni speranza!
Teresa (commossa) Ieu no! Pirchì ‘u cori d’a mamma sapi sempri tuttu! (mette la sciarpetta azzurra attorno al collo del Dottore) Chista ‘a fici pi tia, figghiu!
Infermiera (sconcertata) Oooh focu meu! Focu ‘randi! ‘Assàti mi mi ‘ssettu… (va a sedere sulla panchina. Poggia accanto a sé il vassoio pieno di medicine e, nel prosieguo, alternerà il tic all’occhio col movimento involontario al braccio, aggiungendo via via, anche un movimento incontrollato di una gamba)
Eugenio (commosso, arriva nei pressi di Teresa e del Dottore) Dottore, signora Teresa: che grande insegnamento mi avete dato! Non bisogna mai arrendersi, come ha fatto lei, Dottore, riuscendo a laurearsi e a trovare lavoro pur essendo cresciuto in orfanotrofio, senza aver mai conosciuto la propria famiglia. Non bisogna mai perdere le speranze, proprio come ha fatto lei, signora Teresa. Da oggi voglio cambiare vita! Voglio tornare dalla mia famiglia e cercare di realizzarmi! (abbraccia il dottore e Teresa)
Dottore Bravissimo Eugenio! Non avevi bisogno di medicine, tu… Lo avevo già capito che sarebbe bastato un esempio positivo!
Lillo (stupito, arriva nei pressi di Teresa, del Dottore e di Eugenio) Ma allora… io non porto male! Questa volta ho portato bene! La signora Teresa ha finalmente trovato… il suo bambino, suo figlio! (cerca l’approvazione degli altri) Allora io non porto male!
Teresa (commossa) Quale male? Voi portate bene, benissimo!
Dottore (prende per mano Teresa e parla anche a Lillo ed Eugenio) Adesso andiamo: usciamo fuori a fare una bella passeggiata per festeggiare l’inizio delle nostre nuove vite! (finge autorità) Ve lo ordino da medico!
Il Dottore, Teresa, Lillo ed Eugenio escono dalla comune.      


Infermiera (sconcertata) E quindi ‘a signora Teresa (tic all’occhio) truvàu ‘u so bambinu… (tic alla mano) Ora si ‘ndi jìru… Puru Eugeniu capiscìu chi non era pacciu… (tic ad una gamba) Ora ora dìssiru chi Lillu (prende i due corni e li esibisce platealmente, toccandoli) non porta mali… (tic all’occhio) E ora chi fazzu ieu? (inizia anche a tremare) Chi fazzu? Sacciu ieu! Mi pigghiu ‘na pìnnula… (dal vassoio, prende una pillola a caso e la ingerisce platealmente)

Peppe e Gino entrano da sinistra.   
Peppe (dopo alcuni passi vede l’infermiera in eveidente stato di crisi nervosa. Mima il silenzio a Gino, che era entrato dietro di lui) Zittu, zittu! Non ‘ndi facìmu vidìri! Ora pigghiamundi ‘sti quatri e jamunìndi… Ora cu stu me’ amicu ti fazzu diventari ‘cchiù famosu ‘i Picassu…
Peppe e Gino (iniziano a raccogliere le tele, i pennelli e quant’altro)
Infermiera (li vede) Signor Gino (tic all’occhio) chi stati facendu? (tic alla mano) Vui sì chi siti ‘u megghiu pitturi d’u mundu… (tic ad una gamba) Mi piacìru sempri ‘i vostri quatri, ‘u sapìti… (inizia anche a tremare) E ora chi facìti? (tic all’occhio) ‘U signor Peppi chi faci ‘ddà? E ieu chi fazzu ‘ccà? Chi fazzu? ‘U sacciu ieu chi fazzu! Mi pigghiu n’autra pìnnula… (dal vassoio, prende una pillola a caso e la ingerisce platealmente) Eh, uh, ih… (versi sconnessi accompagnati da relativa gestualità)
Peppe e Gino (si mimano il silenzio a vicenda, mentre finiscono di raccogliere tutto)

Gianna entra da sinistra.   
Gianna (vede l’infermiera in eveidente stato di crisi nervosa) Signora ‘NZALATERA, signora ‘NZALATERA è l’ura d’a pastinèdda…
Infermiera (la vede) Signora Gianna… (tic all’occhio) quali pastinèdda? (tic alla mano) è ura d’i medicini…. (tic ad una gamba) M’a pigghiu puru ieu n’autra pìnnula… (dal vassoio, prende una pillola a caso e la ingerisce platealmente) Eh, uh, ih… (versi sconnessi accompagnati da relativa gestualità)
Peppe e Gino (mimano il silenzio a Gianna, le si avvicinano)
Peppe (la prende sottobraccio) Signora Gianna, chi facìti ancora ‘ccà? Non c’è ‘cchiù nuddu!
Gianna (smarrita) Ieu… ieu… non mi ricordu… (ci pensa un po’) Mi ricordu sulu chi n’autru pocu ‘ccumincìa “Un posto al Sole”…
Peppe Va ‘bbonu, vinitavvìndi ‘a me casa… E v’u vardàti cu me’ sòggira stu catinàzzu ‘i “Un posto al Sole”… Forza, signora Gianna, jamunindi…
Peppe, Gino e Gianna escono dalla comune.    

Tota e Peppe entrano in scena dalla comune.
Tota (ha preso Peppe da un orecchio e lo sta conducendo, orgogliosa, verso il centro della scena)
Peppe (è impaurito)
Tota (sempre tenendolo da un orecchio, dà uno strattone) Aundi stavi jiendu, cocò?
Peppe (finge gentilezza, ma è disperato) A casa, tesoro…
Tota (sempre tenendolo da un orecchio, dà uno strattone) Ah si? E pomeriggiu mi porti ‘nta parrucchiera p’i capiddi?
Peppe (finge gentilezza, ma è molto preoccupato) Certo, tesoro…
Tota (sempre tenendolo da un orecchio, dà uno strattone) E dopu mi ‘ccumpagni mi fazzu ‘a spisa?
Peppe (finge gentilezza, ma è quasi in lacrime) Certo, e ti portu puru ‘u carrellu…
Tota (sempre tenendolo da un orecchio, dà uno strattone) E dopu mi levi puru ‘nti me mamma?
Peppe (finge gentilezza, ma è in lacrime) Certu, ‘nci purtàmu puru ‘na bella spasa ‘i pasti…
Tota (lo molla) E ora dimmi ‘na cosa? Cu’ è chi cumanda ‘nta nostra casa?
Peppe (finge gentilezza, ma è in lacrime) Tu, tesoro: cumandi tu!
Tota (tronfia) Ah si? (gli dà un calcio nel sedere) E allura passa p’a casa! Mòviti!
Peppe (si dirige di corsa verso la comune)
Tota (lo insegue) Passa p’a casa!
Tota e Peppe escono dalla comune.

Infermiera (in piena nevrosi) Focu meu… (tic all’occhio) E ora comu fazzu? (tic alla mano) Si ‘ndi jìru tutti! (tic ad una gamba) Si ‘ndi jìru e ieu non fici mancu a tempu mi ‘rrivu ‘a pensioni! (tic all’occhio) Signora Teresa, aundi siti? Vinìti chi spittàmu ‘u voschru bambinu… (tic all’occhio) che presto tornerà… (tic alla mano) Eugenio, aundi sì? (tic alla gamba) Vidi ch’è ura da pìnnula! (tic all’occhio) Signor Gino (tic alla mano) signora Gianna (tic alla gamba) aundi siti? Signor Lillo, vinìti chi tantu haiu ‘i corna ieu! (prende ed esibisce i due corni rossi) Aundi sunnu ‘u signor Peppi e so’ mugghieri Tota? (disperata) Aundi sunnu tutti ‘i pacci? (continua a tremare sempre più) ‘I pacci aundi sunnu? (tic all’occhio) Cu sunnu ‘i pacci? (tic alla mano) Cu sunnu ‘i veri pacci? (tic alla gamba) Forsi chiddi veramenti pacci simu nui autri! Forsi l’unica paccia ‘ccà, era ieu! (tic all’occhio) Ora chi fazzu cu tutti ‘sti medicini? (tic alla mano) Ora m’i pigghiu tutti ieu! Mi pigghiu tutti! (tic alla gamba) Cusì guarisciu, pi sempri! (inizia a ingerire una pillola dietro l’altra. Beve anche dal bicchierino) Ora… sugnu stanca… non mi sentu ‘bbona… ora… ora… mi ‘ddurmentu… (si adagia sulla panchina, ha gli occhi chiusi. Mentre si assopisce canticchia “Manicomiu” di Cecé Manti) Manicooomiu, manicomiu… manicomiu d’i ‘mmendulàri… chista vita non si poti fari! ‘O manicomiu m’aviti ‘a purtari… (si assopisce del tutto)

Fine