Marusia Kovalenko, ucraina

di

Enzo Ferrara

Rumori di guerra.
Fischi di sirene
Sibili di missili
Colpi di artiglieria.
Uomini e donne che corrono
Giornalisti collegati alle tivu raccontano

“Sono passati solo sei giorni dal 24 febbraio 2022 giorno della invasione russa dell’Ucraina.
Già il 25 febbraio le forze russe avanzavano verso Mariupol
e oggi 2 marzo la città è assediata.”
“Le forze russe stanno prendendo il controllo della città.
Gli scontri fra i reparti di russi e filo-russi della Repubblica Popolare di Doneck
 e i soldati ucraini sono violentissimi.”

Il sindaco al telefono informa le autorità:

“Signor ministro: La città è senza acqua, ci sono parecchi morti,
i proiettili russi hanno ucciso un adolescente e ferito
altri due mentre giocavano a calcio all'aperto,
le perdite sono estremamente pesanti,
i russi impediscono ai civili di lasciare la città.”

I corrispondenti continuano a raccontare:

“L’artiglieria russa continua a bombardare Mariupol,
mentre tre centri abitati nelle vicinanze della città sono stati conquistati.
I civili che desiderano evacuare sono obbligati a dirigersi verso est”

“Il portavoce del Ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov, 
ha annunciato che le forze della Federazione Russa hanno rafforzato l'assedio 

Il sindaco insiste con il governo:

” Le provviste si stanno esaurendo, c’è bisogno di un corridoio umanitario
 per l’evacuazione dei civili. 
I nostri soldati ci difendano ma hanno bisogno di rinforzi, 
i razzi che i russi lanciano colpiscono case ma anche ospedali.”

I cittadini e cronisti si incrociano sulle piazze.

“Dove sono le autorità? 
La Croce Rossa aveva detto che si sarebbe fatta garante
di un cessate il fuoco per consentire l’evacuazione della città.”

“La gente ha iniziato a lasciare Mariupol seguendo un
corridoio umanitario, ma le truppe russe hanno continuato
il cannoneggiamento, costringendoli a tornare indietro.”

“Anche il secondo tentativo della Croce Rossa è fallito a causa
di un nuovo bombardamento russo.”
“Parlano di scene devastanti di sofferenza umana.
L’oleodotto che riforniva la città è stato danneggiato.
Settecentomila persone rischiano l’assideramento per il freddo
che in questa stagione arriva a sottozero”

Donne che corrono
Sono disperate, si incontrano, imprecano, maledicono.

“Avete sentito, i russi hanno colpito il cimitero, c’erano in corso delle sepolture”
“Un altro cessate il fuoco che non è stato rispettato.
“I russi hanno aperto il fuoco su degli operai al lavoro.”
“Maledetti! Con gli aerei hanno bombardato e distrutto un reparto maternità”
“Hanno distrutto anche un ospedale pediatrico.”
“Hanno ucciso tre civili e ferito anche altri.”
“Anche il teatro d’arte drammatica, dove si erano rifugiati
 centinaia di civili, è stato bombardato, distrutto.”
“Come è possibile? Nei piazzali davanti al teatro avevano fatto delle
scritte enormi: BAMBINI scritte in russo
per avvertire gli aerei che li c’erano bambini.”
“Una sciagura, un crimine che resterà nella coscienza dei russi.”
“Coscienza? Ce l’hanno una coscienza i russi?”
“Criminali! Hanno anche bombardato la piscina”
“Pure la scuola d’arte che usavano come rifugio con più di quattrocento persone.”
“Anche il museo dell’informatica che era il vanto dei nostri ragazzi è andato distrutto.” 

Il sindaco legge ai giornalisti

Le forze russe hanno bombardato la città almeno 22 volte,
Il 95 % di Mariupol è stato distrutto o danneggiato dai combattimenti,
siamo nelle mani degli occupanti, quasi cinquemila persone hanno
perso la vita dall'inizio dell’assedio.
Il governo ucraino stima che tra le 20.000 e le 30.000 persone sono state deportate verso campi in Russia, sotto il controllo dell'esercito di Mosca.
Circa 4000 veicoli con 20.000 civili a bordo sono riusciti a lasciare Mariupol
dirigendosi ad occidente.
Ringraziamo gli stati amici che si occuperanno di loro.
A tutti gli ucraini che sono costretti a lasciare la loro terra diciamo:
l’Ucraina non vi dimenticherà e vi aspetta,
quando la tempesta finirà e l’Ucraina tornerà sovrana e libera.
Siate forti.
I rumori di guerra sono finiti.
Marusia Kovalenko, anni quarantadue, attrice. 
Ha lasciato Mariupol, la sua città natale, da sola
Il marito Oleksandr è voluto restare
Anche un figlio, Vasyl, diciannove anni, è rimasto in Ucraina. 
Marusia ha scelto di andare
per accompagnare la madre anziana.
Ha scelto di andare in Italia.
Dove poteva scegliere di andare un’attrice se non in Italia.
Adesso è qui. Sola
La madre in casa di cura
Aspetta.
Ha un trolley che trascina.
Un’assistente sociale le dà un biglietto da visita.

“Ecco il numero di telefono della nostra associazione.
Sua madre è stata sistemata in una struttura per anziani.
Qualsiasi necessità o problema, non esiti a chiamarci.
A nome del Governo italiano le do il benvenuto.
In questo opuscolo troverà le indicazioni per il suo soggiorno.
Buona fortuna.”

Sola. Con un trolley. In un paese sconosciuto.
Anche se ne ha studiato la lingua all’università.
Solo sei mesi di vacanza per studio in gioventù
Adesso è sola. A cercar qualcuno che la possa aiutare.
Incrocia la persona che dice di essere quella giusta.

“Attrice? Si, ma che genere di attrice? Drammatica, brillante; è una comica? oggi i comici donne vanno molto…”

“Attrice. Un’attrice non ha una etichetta. Se è brava è brava in tutti i generi.”

“Sì, ma è meglio avere una definizione. Diventa più facile. 
Intanto il nome. Come ti chiami?”

“Marusia Kovalenko.”

“Marusia? Che razza di nome è?

“Marusia, Marusia Churai è una figura leggendaria in Ucraina.
La sua via ha ispirato opera letterarie, poesie, canzoni.
Mia madre insegnava e ha scritto la sua tesi di laurea su Marusia Churai
 e mi ha voluto dare questo nome, in suo onore.”

“Si, si, magari in Ucraina sarà importante ma qui… è meglio cambiarlo…
Ma a questo pensiamo dopo. Intanto devi farti un book.
Un book, un curriculum artistico con foto…
e anche il tuo look non va, va rifatto tutto… sei un disastro.”

Ma Marusia ha già un book. Lo prende dal trolley.
Lui lo prende con diffidenza. Pensa che sarà una cosuccia.
Difatti fa la faccia un po’ schifata.

“Ma è in russo…

“No, è in lingua ucraina. Non è russo”

“Vabbè, russo, ucraino è la stessa cosa.” 

“No! No! Non è la stessa cosa. Ucraina è una cosa, Russia un’altra!”

“Poi le foto… ma non sono foto da book queste!
No, no, bisogna rifarlo. Ci penso io.
Conosco un fotografo, un professionista, uno del mestiere.
Rifacciamo tutto, ci mettiamo anche qualcosa di erotico,
magari un nudo, che quello ci vuole sempre…
Quanto hai da spendere?”

“Nudo? Ma io sono un’attrice seria, non li faccio quelle cose.

“Si, va be, lo so la storia dell’attrice seria.
Se cominci a mettere paletti non vai da nessuna parte.

“Ho scelto di venire in Italia, perché amo l’arte italiana,
la sua cultura, i suoi scrittori. Mi sono laureata in lingue estere. Parlo inglese, russo, polacco e italiano. Se mi puoi aiutare a trovare una scrittura di teatro serio, va bene se no, ci possiamo anche salutare.”

“Come siamo arroganti. Qui non sei al tuo paese… come si chiama…”

“Si chiama UCRAINA. Impara bene il nome: UCRAINA”

Ucraina, Ucraina, va be; ma qui non sei in Ucraina, sei in Italia.
Che cosa hai fatto di teatro in Ucraina?”

“Sono opere che non credo tu conosca. Conosci “Natalka Poltavka” di Ivan Kotlyarevsky? “Ospite di pietra” di Lesia Ukrainka, poi…

No, no, basta basta! Nessuno conosce queste opere in Italia.”

“Allora forse sarebbe il caso che imparino a conoscerle.”

“Ascolta, il problema è: qui, e quanto. Il Quanto è importante.
Quanto denaro ti serve e come potrai farlo.”

“Non so quanto me ne serve. Non so quanto dovrò restare.
Mia madre è in una casa di riposo. Ma io non ho soldi. Li ho spesi per il viaggio.
 Ho bisogno di lavorare.”

Ma lo stato, non ti dà qualcosa?

“Solo qualcosa, solo per i primi mesi. Ma io devo aiutare mia madre che è molto malata.”

“Se non hai soldi, ti posso anticipare. Ma tu mi devi seguire…
Ti posso inserire in un circuito di piattaforme particolari,
devi solo avere il coraggio di … hai capito, no?”

“Ho capito, ho capito benissimo. Ridammi il mio book. Addio.”
Marusia ha capito, ritira il book, saluta e va via col suo trolley.
“Vai, vai! Che t’aspettavi che ti scritturasse il Piccolo di Milano? 
O magari fare un film con Bellocchio?
Ma guarda questa, viene da un paese che manco si sa dov’è
e fa tutta la schizzinosa. Contina a fare così sai… in Italia, al massimo potrai fare la badante!  Hai capito? La badante!”

Marusia tira il suo trolley.  
Incontra la titolare dell’agenzia. La donna è chiara e decisa.

“Ho letto il suo curriculum. Ho visto che lei non ha
nessuna esperienza di assistenza agli anziani?

“No. Ma imparo presto, eppoi ho accudito mia madre malata, per anni.”

“Leggo che lei ha fatto l’attrice.”

“Sono ancora un attrice, ma con la guerra, lei capisce.”

“Vedo che è sposata.”

“Si, mio marito è rimasto in Ucraina a combattere.”

“Ha anche un figlio.”

“Anche lui è voluto rimanere in Ucraina”

La signora è una pacifista convinta.

“Combattere, combattere. Non si deve combattere, bisogna fare la pace.
Tutte queste armi non servono, bisogno mettersi d’accordo e fare la pace.”

Marusia ha capito con chi ha a che fare.

“Insomma mi può dare questo lavoro?”

“Si, ma in questo momento ho solo richieste di uomini soli e malati.”

“Per me va bene.

Da un foglio a Marusia. Le condizioni di lavoro,

“Queste sono le condizioni. Paga, orario, diritti, eccetera.”
Se è disponibile abbiamo un signore con una invalidità.

Sì, sono disponibile.”

Allora questo è l’indirizzo. Si presenti alle nove di domattina al
signor Andrea Grimaldi.”

“Andrea Grimaldi? Il drammaturgo?”
“Non so che mestiere faccia. Per me drammaturgo, ragioniere, avvocato,
non cambia nulla. Sono vecchi, cioè anziani,
insomma, persone che hanno problemi di salute.”

La signora va via.
Andrea Grimaldi il drammaturgo italiano di cui non si hanno notizie.
Scomparso dalle scene. Scomparso dal mondo.
Marusia è emozionata. Confusa. 
Resta ancora più confusa quando l’uomo in sedia a rotelle si avvicina.
L’uomo non ha una faccia da convenevoli.

“È lei dell’agenzia?

“Sì, sono io. Mi chiamo…”

“Non mi interessa come si chiama. Io la chiamerò: signora e basta.”

“Va bene. Io come lo devo chiamare?”

“Io la chiamo signora, lei mi chiami signore.”

“Va bene, signore.”

“La casa la conoscerà, si faccia un giro per vedere com’è. 
La sua stanza è quella il fondo con la porta bianca.
Io generalmente sto nello studio. Quella stanza sulla sinistra. 
Quando ho bisogno di lei suono questa specie di…
di telecomando, sentirà uno squillo come un telefono. 
La mia colazione è solo un caffè, alle otto del mattino.
Poi guardi il frigorifero, se c’è da mangiare, se non ce n’è scenda a comprare qualcosa. C’è un piccolo supermercato sulla strada.
Sulla credenza in cucina, nel primo cassetto, troverà il denaro occorrente.
Compri anche da mangiare per lei. 
Faccio una piccola colazione alle nove circa, il pranzo alle tredici, la cena alle otto. 
Per adesso è tutto.”

Va via. Marusia resta sola.
Prende dalla borsa un cellulare.

“Pronto, mamma, come stai? Sono qui al lavoro. Si, sto bene, non ti preoccupare… No, non ho notizie di casa,… dai notiziari sai come sono le cose, non sono buone. Si, continuano a buttare bombe, lo sai. No, non so dov’è Oleksandr, né dov’è Vasyl. (pausa) Ti devo lasciare mamma. Si, si, anch’io ciao, ciao.”

Rientra Andrea Grimaldi.

“Scusi signora, dimenticavo di darle le chiavi per rientrare.
Ho sentito che parlava in russo, ma lei capisce l’italiano?”

“Non era russo, signore. Era ucraino. Comunque io parlo anche l’italiano. L’ho studiato.”
“Anche in Ucraina si parla russo. Ci sono stato, anni fa”
“Lo so, signore.”
“Lo sa? Come lo sa?”
“Perché conosco le sue commedie.”

Andrea la guarda con sorpresa.

“Ma io parlo di vent’anni fa.”

“Ventitre signore. È stato al teatro drammatico di Mariupol. Studiavo recitazione e ho sostenuto il ruolo della protagonista della sua commedia nel saggio di fine anno.”

“Ma la commedia era stata tradotta in russo… mi pare”

“No, signore, era ucraino.”

“E lei era lì, sul palcoscenico?”

“Si signore.  Ero Lucia, la protagonista. Avevo diciannove anni

Andrea Grimaldi resta in silenzio. 
Dopo una pausa di silenzio.  Con evidente turbamento, gira la sedia e va via.
Buio.
Luce:

“Signore, non ha mangiato. Non le piace quello che preparo?
Se ha qualche preferenza me lo dica, Sono brava a cucinare. Signore.”
 
“La smetta con quel “signore”, lo so che glielo detto io, ma lei lo ripete con quel sarcasmo…”

“No! Non è vero. Non mi permetterei mai. Mi dica come la devo chiamare?”

“Lei lo sa come mi chiamo.”

“Si chiama Grimaldi, Andrea Grimaldi. Preferisce che la chiami Signor Grimaldi o Signor Andrea, o Maestro.”

“Andrea, va bene.”

“Io? Io mi chiamo Marusia Kovalenko.”

“Marusia è il nome di una eroina ucraina… allora lessi qualcosa.”

“Sì, è un personaggio della nostra storia, mia madre ha scritto la sua tesi di laurea su di lei e mi ha messo questo nome.”

“Le lascerò un biglietto con quello che mi deve preparare da mangiare.”

Andrea Grimaldi gira la sua sedia e va via
Buio
Marusia è seduta. Legge qualcosa sul cellulare.
Sul suo volto la disperazione. Si asciuga le lacrime.
Entra Andrea Grimaldi.
Marusia si compone.

“Volevo chiedere di andare in farmacia, deve prendermi dei medicinali. Questa è la ricetta.”

“Sì, Va bene. 

“Cos’è successo? Perché piange?”

“No, non sto piangendo.”

“Non c’è niente di male a piangere.”

“Leggevo le notizie sulla guerra in Ucraina.”

“Ah! La guerra, quella stupida guerra.”

“Stupida! Come può chiamare una guerra “stupida”, questa guerra è… ingiusta, brutale, un abominio, non so che parole trovare per descrivere questa oscenità che il mio popolo subisce da due anni, ma non è stupida.

“Beh, potevate evitarla…”

Marusia è infuriata.

“Nel caso nessuno l’avesse informato noi siamo stati aggrediti. Hanno occupato le nostre città, bombardato le nostre scuole, i nostri ospedali, i nostri teatri. Il teatro dove ho recitato la sua commedia è stato distrutto. L’ospedale dove ho partorito mio figlio è stato distrutto… Una guerra ha le sue regole, i suoi limiti, questa non è una guerra, questo è un orrore, un deliberato massacro di civili, deportazioni, stupri, saccheggi, torture…”

“Si calmi, per Dio! Sono russi. Cosa si aspetta da un russo. Da sempre i russi sono invasori. Puoi togliere loro la libertà, la ricchezza, ma non puoi togliergli il dominio su altri popoli, che siano vicini o lontani. Si chiama imperialismo.  È nel loro DNA.”

“Questo cosa significa? Che bisogna accettare e subire? Non sono d’accordo.”

“Allora combattete. Battetevi. Accettate il dolore, la disperazione, le offese, gli insulti. Loro non vi lasceranno in pace. I russi sono così. Hanno l’anima meticcia; sono slavi, mongoli, cosacchi, tartari. Hanno il deserto intorno, non possono stare fermi devono trovare sempre nuovi pascoli da desertificare.”
(Pausa)
Da ragazzo amavo la cultura russa. I grandi scrittori, i drammaturghi. Da loro ho imparato a scrivere il teatro. Mi ricordo quando vidi Cechov, “Lo zio Vanija”, “Le tre sorelle”. Mi cambiarono la vita. Non sarei quello che sono se non avessi letto e visto il loro teatro.”

“E adesso? Perché non scrivete più?”

“Andate a prendere le mie medicine.”

Andrea gira la sedia e va via.
Buio.

“Perché mi manda a comprare le medicine e poi non li prende? Andrea, perché non vuole curarsi?

“Non sono cose che fanno parte delle sue mansioni.”

“Ho visto tutte le scatole dei medicinali ancora piene buttate in cantina. Perché allora mandarmi in farmacia?”

“Ripeto, non sono affari suoi.”

Andrea gira per andare via. Marusia gli si mette davanti.

“Non sono affari miei, ma non mi va di essere presa in giro. Perché compra le medicine? Perché questo spreco? Sa quante persone potrebbero avere bisogno delle medicine che lei butta?  Ho letto cosa sono e a cosa servono. La sua è una malattia dura da sopportare ma ha degli spiragli. Ho letto…”

“Ho letto anch’io! Perciò la smetta. La conosco la mia malattia, ci convivo da tre anni. Ed è una bestia che ti consuma pian piano e contro cui non c’è rimedio. Quelle medicine sono solo un palliativo, uno spreco di tempo.  E io non voglio perdere tempo. Se deve arrivare la fine dello spettacolo, che arrivi. Presto.”

“Lo faccia lei. Scriva lei la fine dello spettacolo.”

“Ci ho pensato di scriverla la fine di questo spettacolo.
Non ho niente e nessuno che mi trattiene sul palcoscenico.”

“Nessuno? Tutti abbiamo qualcuno. Un amico, una compagna, un affetto.”
“Perché le interessa la mia vita? 
“Ogni vita è importante. La sua come quella di tutte le persone. La sua ha qualcosa in più. Lei è un artista, vede ciò che altri non vedono. L’artista dà al mondo una visione giusta, forte, aperta, luminosa.

“Belle parole. Ma anche l’artista ho bisogno del suo ossigeno. Io non respiro da parecchi anni. Non è solo la malattia. Ho perso il sostegno alla mia arte, ho perso la mia compagna. Ho perso chi dava senso alla mia arte e alla mia vita.”

Andrea sta per andare via.
Marusia le si mette davanti
“Non importa quanto ci vorrà, devo solo imparare, ma riuscirò a volare.”

“Cos’è questa una battuta da biscotto della felicità?”

“No, questa è la sua battuta. Quella che pronuncia la protagonista della sua commedia che io ho interpretato quando avevo solo diciannove anni. Era la mia prima volta da protagonista e la commedia era “Il volo dell’airone” scritta da un giovane drammaturgo italiano di nome Andrea Grimaldi. Ci innamorammo tutti di quella commedia, l’abbiamo fatta tradurre e messa in scena nel saggio di fine anno.”
“Questa è preistoria.”

“No, questa è la sua storia ed anche la mia. Le rinfresco la memoria. La storia della commedia si svolgeva nella seconda guerra in Italia. Lucia era una ragazza che era vissuta in una famiglia fascista, ma dopo un incontro con un suo vecchio professore si infiamma di un grande ideale e diventa partigiana.”

“Quello era teatro. Questa sedia è la vita.”

Marusia esce..  
Andrea è solo. Con la mente va indietro. A quando aveva assistito alla rappresentazione della sua commedia, tanti anni prima.
Rivede la scena
Rivede la protagonista che recita il monologo finale.
Adesso è Marusia che Andrea vede recitare.

“Papà, mamma, voi mi siete cari, vi voglio bene. Mi avete dato la vita, mi avete infuso amore, mi avete insegnato il rispetto, la comprensione, mi avete insegnato ad usare il giudizio, a lottare per le cose in cui credo, mi avete anche detto a cosa credere Mi dispiace ma non credo nella vostra gerarchia di valori. Per me non c’è: la patria al primo posto. Se la patria che difendo non ha la bandiera della Giustizia, non è la mia patria. Seguo i vostri insegnamenti, ragiono con giudizio. La mia strada si divide dalla vostra. Non vi odierò, conserverò sempre un angolo del mio cuore solo per voi. Non cancellerò i momenti di tenerezza e d’amore che ci hanno dato gioia. Ricordo quando, tu papà mi hai fatto vedere come volavano gli aironi e sulla spiaggia li imitavi. Adesso anch’io devo volare. Ma devo affrontare il cielo da sola, devo imparare a volare, come gli aironi, non importa quanto ci vorrà, ma riuscirò a volare.”

Entrano alcuni vestiti da partigiani. Portano la bandiera italiana.
Uno di loro dà un fucile alla protagonista.
 Insieme scappano.

Andrea
Entra Marusia

“Ti ricordi? Alla scena finale arrivavo con le lacrime agli occhi, lacrime vere. Lo sai perché? Perché come donna e come ucraina mi immedesimavo così tanto che piangevo, piangevo per le parole che tu mi mettevi in bocca. Io ti devo questa emozione unica nella mia vita e non ti lascio al tuo scetticismo.”
“Ti vuoi arrendere? Vuoi lasciarti invadere dalla malattia? Se non reagisci lei occuperà il tuo corpo, ti toglierà ogni forza; spegnerà ogni tuo pensiero; Perché la tua malattia è la tua Russia. Noi l’abbiamo sfidata la nostra Russia. Tu ce l’hai il coraggio per sfidare la tua? La resa è la soluzione ed è la cosa più comoda; puoi sempre dare la colpa a qualcuno, a qualcosa, alla tua stanchezza, alla tua solitudine. Tu sei solo e non hai la forza per combattere, ci sarò io con te. Ti spronerò ogni giorno, non mi stancherò mai fino a quando non ti vedrò in piedi, vittorioso. È questo quello che fanno i veri amici, non ti abbandonano, non si stancano. Vieni dammi la mano. Io ci sono, sono qui con te. Vieni Andrea, vieni….”

Andrea fa uno sforzo immane per prendere la mano di Marusia.
Ne afferra una, poi l’altra e si alza in piedi.

BUIO

Andrea
Marusia
“Come mai non hai la tivù?”
“La Tivù? Non la guardo da anni, non mi interessa. Si vedono solo sciocchezze”
“Però ti informa su quello che succede.”
“Leggo qualche giornale. Mi basta. Ti manca la tivù? Se vuoi possiamo prenderla.”
“No, non mi manca la tivù mi manca mio marito, mio figlio, mi manca la mia terra, il teatro, il pubblico.”
“Il pubblico? Ma ci sono io. Io sarò il tuo pubblico. Quel tappeto è un palcoscenico. Su vai in scena.”
“Come?”
“Si, dai! Raccontami qualcosa della tua Ucraina.”
“Cosa ti posso raccontare? La cultura ucraina è piena di teatro, di poesie, di racconti. Cosa vuoi che ti reciti? 
“Mi affido a te.”
“Conosci Nikolai Gogol?”
“Taras Bulba, Come no. L’ho letto da ragazzo. È stato un viaggio in un altro mondo, per me. Fantastico!”
“È vero. È questa la sensazione. Poi c’è Taras Shevcenko, forse il più grande. Fu anche un grande pittore. È nato in un piccolo villaggio vicino Kjiv, poi andò San Pietroburgo, venne messo in prigione dallo Zar. Una vita straordinaria.  Ci sono anche Ivan Franko, Lesia Ukrainka, Lina Kostenko e tanti altri.
“Lina Kostenko! Si mi pare di ricordare una sua poesia sulle ali…

Marusia declama

È vero, per chi ha le ali il suolo non serve.
Se non c’è terra, ci sarà il cielo.
Se non c’è un campo, sarà la libertà.
Se non c’è un amore, saranno le nuvole.
E questa è la verità degli uccelli.
Ma per l’uomo? Com’è per l’uomo?
Vive sulla terra, e non sa volare.
Ma ha le ali. Sì, ha le ali!
E sono ali non di penne e piume,
ma di verità, di onore, di fede.
Qualcuno le ha come fedeltà in amore.
Altri come eterna aspirazione.
Altri come onestà nel lavoro.
Altri come generosità e premura.
Altri come canzoni o speranza.
Altri come poesia, o come sogni.
L’uomo non sa volare…
Ma ha le ali.
Sì, ha le ali!

“La conoscevo ma è sempre bella da ascoltare”

Marusia, un libro, un leggio improvvisato.
“Ti leggerò le poesie che io amo di Taras Sevcenko.” 

“Perché mi pesa tanto, perché tanto m’angustia,
Perché piange il cuore, singhiozza e grida,
Come bimbo affamato? Mio cuore travagliato,
A cosa aneli, che cosa ti fa male?
Vuoi bere, mangiare, o dormire vorresti?
Addormentati, mio cuore, nei secoli dormi,
Nudo, spezzato – e la gente dissennata
Lasciala al suo furore… Chiudi gli occhi, o mio cuore.
BUIO
Fammi l’incantesimo, vecchio mago,
Amico dai baffi grigi,
Tu già sigillasti il cuore. 
Ma chiudere il mio mi fa paura. 
Di rovinare ancora la casa 
Bruciata io ho paura, 
Di seppellire il cuore 
Io ho paura ancora, mio caro. 
Potrebbe, chissà, tornare la speranza 
Con quell’acqua 
Salvifica e vivificante, 
Con una lacrima, pur piccolina. 
Potrebbe, chissà, tornare dall’altro mondo 
A svernare nella casa abbandonata, 
Almeno dentro ad imbiancare 
La casa bruciata. 
E accenderà il fuoco, la riscalderà,
E la inonderà di luce… 
Forse si sveglieranno ancora 
I miei versi-bimbi, 
Forse una volta ancora pregherò, 
Assieme ai piccoli piangendo, 
Forse una volta ancora di giustizia il sole 
Attraverso il sogno almeno io rivedrò… 
Sii per me fratello, di me fatti pur giuoco, 
Ma dimmi, cosa fare: 
Pregare forse, tormentarsi, 
O il cranio spezzare?!
BUIO
Testamento
Seppellitemi, quando morrò,
 In un alto tumulo 
Nell’Ucraina amata 
In mezzo all’immensa steppa, 
Dove gli sconfinati campi, 
Il Dniprò e le rive sue scoscese 
Si vedano, e ascoltar si possa 
Il ruggente Dniprò ruggire.
 Quando il sangue nemico 
Egli avrà portato dall’Ucraina
All’azzurro mare… allora soltanto 
Lascerò tutto, e campi e monti, 
E volerò fino all’Altissimo 
Per pregarLo… Ma prima d’allora 
Io non conosco Iddio. 
Seppellitemi e ribellatevi, 
Spezzate le catene, 
E del sangue dei nemici impuro 
Irrorate la libertà. 
E anche me, nella famiglia grande, 
Nella famiglia libera e nuova, 
Non vi scordate di ricordarmi 
Con parola fraterna e mite.
BUIO
Se c’incontrassimo di nuovo, 
Ti coglierebbe spavento, o forse no? 
Qual parola serena 
Mi diresti allora? 
Nessuna forse. Né riconoscermi potresti. 
Più tardi solo, forse, rammenteresti: 
«Che sciocca, è stato un sogno». 
Ma io – sarei felice, mia meraviglia! 
Fatale sorte mia, dalle ciglia nere! 
S’io ti vedessi, ricorderei 
Quel dolore antico, sottil dolore. 
Gioioso e giovane 
A singhiozzare, mi metterei, singhiozzare! 
Perché non è rimasto vero, 
Ma come sogno ingannevole si dissolse, 
Si sciolse come lacrime nell’acqua 
Quel sacro miracolo d’allora!
BUIO
Non m’importa, se in Ucraina 
Mai vivrò ancora oppure no. 
Che mi ricordi alcuno, o di me si scordi 
Nella neve in terra straniera – 
Non m’importa, non m’importa nulla. 
In schiavitù son cresciuto fra estranea gente 
E, senza il pianto dei miei cari, 
Morirò piangendo in schiavitù. 
E tutto porterò via con me, 
Né lascerò di me traccia alcuna 
Nell’Ucraina nostra imperitura, 
Sulla terra nostra, non più nostra. 
E non mi rimembra il padre col figlio, 
Al figlio non dirà: «Prega, figlio, 
Prega, per colui che un dì 
Martire fecero per l’Ucraina».
 Non m’importa, se quel figlio 
Pregherà per me, o non pregherà… 
M’importa però, sì m’importa,
 Che gente maligna l’Ucraina 
Nel sonno getti, per poi nel fuoco, 
Saccheggiata, risvegliarla… 
Oh! M’importa, di questo sì m’importa.

(Come autore, lascio alla regia la libertà di scegliere i testi da recitare)
“Ascolta Marusia, non senti niente?

Marusia si ferma ad ascoltare

“Sento come un fragore… suoni di guerra, lontani…”

“Guarda, si avvicina qualcuno…”
“Sembra un soldato. Com’è possibile?”
“E’ il teatro, è la sua magia, è la tua mente che sta scrivendo il copione.”

Come uscendo da una nebbia si avvicina un soldato.
È un uomo sui cinquant’anni, ha in mano un’arma.
Si avvicina a Marusia
Lei lo riconosce.
“Oleksandr! Sei tu? Come è possibile che tu sia qui?”

“Mi hai evocato e sono venuto. Come stai amore mio?”
Marusia guarda Andrea. 
Andrea sorride. Andrea esce.
Marusia e Oleksandr si guardano negli occhi, si avvicinano.
Oleksandr allarga le braccia per abbracciarla
Marusia è immobile
“Ho paura, temo che tu sparisca se ti abbraccio.
Che ti hanno fatto amore mio, sei pallido. Come sei vestito?”

“Sono un soldato. È la guerra Marusia.”

“Perché? Perché? Perché?”
“Non lo so. Non so risponderti. Non capisco. Non capisco la guerra.
Ti ricordi quando ne parlavamo? Tu mi dicevi: la guerra? È troppo stupida perché gli uomini possano farla.”

“Mi sbagliavo. Ma tu come stai amore? Come vivi le tue giornate, vivo col terrore che ti possa succedere qualcosa…”

“Ci muoviamo da un posto all’altro. Seguiamo gli ordini. Trasportiamo ordigni di morte, ci facciamo coraggio l’un l’altro per non piangere di disperazione. Questa è la guerra amore mio. Ma tu non devi aver paura per me. Sopravviverò. Abbiamo un appuntamento. Ricordi?

“Sì, ricordo. Il giorno dopo la fine di questa guerra al Caffè di piazza Maidan. Ma quando finirà questa guerra?

“Quando finirà? Come finirà? Cosa succederà? Tutte domande a cui nessuno sa rispondere.”

“Che ne sarà di noi, amore mio? Di te, di me, di nostro figlio?
Un rumore di passi. Entra in scena un giovane soldato.
E’ Vasyl, il figlio.
Marusia è distrutta dal dolore.
La visione del figlio che avanza lentamente la precipita in un baratro di emozione.
Anche Oleksander è amutolito.
Vasyl sorride.

“Ciao Mamma, ciao papà.”

Marusia corre ad abbracciarlo.

“Vasyl, figlio mio adorato, cosa ti hanno fatto? Anche tu?”

“Sono un soldato mamma, come papà.”

“Anche tu? Perché?”

“Dovreste spiegarlo voi a me. Perché. Perché avete permesso tutto questo, perché avete permesso ad un piccolo uomo ottuso, prepotente, nevrotico, diventare il padrone del mondo? Perché avete permesso alla idiozia di occupare la mente degli uomini?”

“Hai ragione Vasyl, ma non potevamo…”

“Potevate. Dovevate accorgervi della stoltezza di chi vi governava. Adesso io, i miei compagni, dobbiamo indossare questa stupida uniforme per fare la guerra come ragazzi deficienti, e questo non è un gioco, è una tragedia. I miei compagni muoiono, rimangono invalidi per tutta la vita. Giovani vite che si spezzano. (pausa)
Papà, mamma perdonatemi, ma sono talmente amareggiato che non so cosa dico, a voi, che siete i miei ideali.”

I tre si abbracciano.
Oleksander e Vasyl si staccano lentamente dall’abbraccio e vanno via.
Marusia resta sola, si mette le mani al viso, piange. Ha un malore.
Andrea entra, si avvicina e arriva in tempo per sostenerla.
Non tutte le ferite si rimarginano.
Alcune si sovrappongono ad altre.

“Marusia, cos’hai?
“Non è niente un capogiro. La mia vecchia ferita si fa sentire ogni tanto.”
“Ferita? Dove? Quando?”
Marusia sorride della apprensione di Andrea
“È il ricordo di un manganello in testa di un Berkut a piazza Maidan.”
“Ti ha fatto male? Cos’è un Berkut?”
“I Berkut erano la polizia antisommossa di Kijv. Gente senza scrupoli al servizio dei potenti. Pronti a bastonare il popolo che osa ribellarsi. A piazza Maidan in quei giorni hanno sostituito la gomma dei manganelli con metallo duro. A me ha fatto male ma c’è chi ha perduto la vita in quella piazza.”
“Ci sei stata?”
“Sì, a quel tempo vivevo a Kijv con mio marito e mio figlio. Ci sono stata come tanti ucraini. Eravamo un popolo, un respiro, un’onda.”

Comincia la musica di una canzone ucraina. 
Entrano ragazzi, donne, uomini
La canzone sfuma.
Si urla, si canta, si inveisce.
…le elezioni non sono state truccate
…Viktor Yanukovic ha vinto, adesso deve mantenere la sua promessa
Ci deve portare in Europa, ce lo aveva promesso
Deve firmare l’accordo di libero scambio con l’unione europea…
Non fidatevi, Yanukovic è un leccapiedi di Putin
Sta trattando con il criminale russo
Aveva promesso
Ci stavano ingannando, hanno deciso di ritirarsi dall’accordo
Dobbiamo scendere in piazza
Questi ci stanno portando indietro di 50 anni
Ci stanno portando nell’Unione sovietica
Dobbiamo fare qualcosa. Ci stanno rubando il futuro
Stanno rubando il futuro ai nostri figli
Tutti a Piazza Maidan
Tutti, ma siamo in pochi
Sui social il messaggio era chiaro. Dovevamo essere di più
Quanti siamo… 300 400, siamo pochi
No, guardate, arrivano, si, ne arrivano tanti
Saremo più di mille
Sono venuto per difendere il nostro futuro, i nostri sogni, il futuro dei miei figli
Non abbiamo bandiere di partiti, non ne vogliamo…
Siamo solo ucraini e vogliamo far parte dell’Europa
(in coro)
Ucraina in Europa, Ucraina in Europa, Ucraina in Europa, 
Guardate siamo al 5° giorno e arrivano anche gli studenti
Ucraina in Europa, Ucraina in Europa, Ucraina in Europa, 
Vogliamo un futuro migliore, vogliamo un paese più giusto
Guardate, siamo migliaia, ci sono donne, ragazzi e ragazze, famiglie con i bambini
Yanukovic, siamo qui perché tu firmi l’accordo con l’Unione Europea
Yanukovich tu menti, dici di volerlo ma non è vero, sei un servo di Putin
Guardate arrivano le Berkut, la polizia antisommossa, sono dei criminali violenti
Perché abbiamo ancora questa organizzazione poliziesca criminale
BUIO
Ma perché la polizia si comporta così, sono bestie…
Ma che ti aspettavi? Questa polizia è il braccio armato di Yanukovich
Andiamo via, c’è il monastero di San Michele, dobbiamo medicare i feriti
Dobbiamo riorganizzarci
Dobbiamo vincere la paura, dobbiamo difendere le nostre idee e se non lo facciamo adesso non potremo più farlo.
Il governo ha svelato il suo vero volto di violenza
Ma non dobbiamo essere solo noi di Kyiv a protestare, dovrebbero essere qui tutti gli ucraini
BUIO
Il corteo, guardate, nel corteo c’è gente di tutta l’Ucraina
Nel corteo ci sono persone di tutte le età, famiglie con bambini
Non si vuole solo essere in Europa, si vuole essere liberi, liberi
Ci sono impiegati, insegnanti, operai, studenti, vecchi e giovani insieme
(Insieme)
A Maidan, A Maidan, A Maidan, A Maidan, A Maidan,
Ci sono valori europei che vogliamo anche per noi: Libertà e Dignità umana
Sono diritti fondamentali per cui dobbiamo lottare
(Insieme)
Libertà e Dignità, Libertà e Dignità, Libertà e Dignità
Anche se abbiamo idee politiche diverse, dobbiamo essere uniti contro la crudeltà di questo governo
Questo governo ha osato picchiare i nostri figli, i nostri anziani. Possiamo stare zitti?
(insieme)
No, fuori Yanukovich, fuori Yanukovich, fuori Yanukovich, fuori Yanukovich
Dobbiamo vendicare le nostre ragazze, dobbiamo assaltare il palazzo presidenziale
Guardate che ci sono provocatori. State attenti non accettate le provocazioni
La polizia lancia granate stordenti, anche bombe lacrimogene
ci inseguono con i loro manganelli di metallo
non rispettano nemmeno quelli della Croce Rossa
i Berkut sono delle bestie
la gente si riversa in piazza Maidan, diventiamo tanti, molti anche per la polizia
dobbiamo formare un esercito popolare, troviamo degli esperti che ci insegnino
Piazza Maidan è diventato un villaggio, un accampamento…
Yanukovich ha firmato un accordo con Putin, la Russia ci riduce il prestito che abbiamo con lei e ci darà gas ad un prezzo molto basso ma noi dobbiamo rinunciare all’Europa.
Mai, Mai rinunceremo all’Europa, mai rinunceremo alla libertà
BUIO
È il 31 dicembre del 2013 
Siamo ancora in piazza Maidan a festeggiare la fine del 2013
Buon anno Ucraina, Buon anno Ucraina
BUIO
Mentre noi siamo qui a protestare il parlamento vota nuove leggi vergogna
Leggi da regime oppressivo, leggi assurde e tiranniche
Secondo queste leggi non possiamo mettere i caschi nelle moto,
Niente caschi? Allora la gente si mette le pentole in testa
Ci vogliono vietare internet
Il parlamento ha votato queste leggi e li ha votate per alzata di mano.
Non più di 5 auto insieme nemmeno ai matrimoni e ai funerali. Roba da paese medioevale.
BUIO
Sono due mesi che veniamo e non abbiamo ottenuto ancora niente
Vergogna, vergogna, vergogna
Andiamo tutti davanti al parlamento
Guardate la polizia ci vuole bloccare 
Fateci passare, siamo un corteo di pacifici cittadini
Quel parlamentare dell’opposizione sta cercando di calmare gli animi ma la gente non lo ascolta.
No, non sono accettabili queste leggi… non siamo in una dittatura
La polizia comincia a sparare proiettili di gomma, ha messo pezzi di ferro nelle granate stordenti per fare più male
Noi dobbiamo reagire, facciamo bottiglie molotov e glieli buttiamo addosso alla Berkut
Dopo una notte di lotta siamo stanchi, e la polizia attacco le persone
Con i manganelli di metallo colpiscono tutti, con forza, con violenza
Ora insieme alla polizia ci sono i Titušky, galeotti che hanno tirato fuori dalle prigioni per attaccarci
I Titušky sono delinquenti che per soldi picchiano chiunque
I Berkut sparavano anche contro i medici della Croce Rossa, hanno devastato il posto di soccorso
Cominciano a morire i primi manifestanti, perché invece di proiettili di gomma hanno usato proiettili veri
BUIO
La polizia spara proiettili veri e uccide persone.
Avete sentito? Vanno negli ospedali, nelle machine ferme e li portano via.
Hanno distrutto le loro macchine. Fanno veri e propri rastrellamenti.
Hanno preso cittadini che non avevano partecipato alle manifestazioni
Li picchiano e li mettono su un bus e li portano al parco Mariinskji
Ci hanno massacrato di botte, eravamo in tanti al parco
C’è stata una trattativa con il governo. Gli arrestati verranno rilasciati e la polizia non potrà più sparare
Ma noi non crediamo alle promesse del governo
BUIO
Bisogna organizzare la protesta. 
Abbiamo stabilito quali dovevano essere le richieste al governo
Per prima cosa devono rilasciare coloro che sono stati arrestati
Vogliamo una parità fra il presidente e il parlamento
E vogliamo le elezioni anticipate per eleggere il presidente
È il 18 febbraio del 2014 e una nostra delegazione si vuole presentare davanti al parlamento
Disarmati, pacificamente per parlare con i nostri rappresentanti. 
Ma la polizia ci ha bloccati. 
Sono i Titušky e la Berkut e hanno cominciato a sparare.
Dai tetti, dalle finestre. Siamo bersagli dei loro fucili
Dalla strada invece lanciano mattoni, pietre e qualsiasi cosa
Non possiamo andare avanti, dobbiamo tornare a piazza Maidan
La polizia si è apostata per bloccarci e sparare
La polizia sta uccidendo i propri concittadini, 
Lanciano bombe e incendiano i nostri tendoni
Non scappate. Non abbiamo paura, siamo pronti a morire
Ci sono già venti morti e quattrocento i feriti, una strage
Hanno bruciato la nostra sede
BUIO
È il 91° giorno. La polizia, i Berkut ci stanno accerchiando
Andiamo al monastero di San Michele li organizzeremo un ospedale
Arrivano medici da tutta l’Ucraina 
Le vittime fino ad ora sono trenta, almeno quelle che abbiamo qui, ma non sappiamo niente delle vittime portati via dal parco Mariiskij
BUIO
92°giorno. Stiamo fermi senza reagire. Le Berkut cominciano ad avvicinarsi
La gente gli lanciava sassi, poi… sentite? Una mitragliatrice. 
Le Berkut cominciano a sparare da dietro le mura
Sparano e ammazzano
Ma non ci spaventano, lottiamo per la nostra libertà, noi vinceremo,
L’Ucraina entrerà in Europa, l’Ucraina farà parte del mondo libero, noi saremo liberi.
Le Berkut erano diventate dei cecchini, sparavano a chiunque, prete, medico, chiunque
Nel posto che avevamo fatto come ospedale arrivavano feriti, uno dopo l’altro
Eravamo come in un ospedale di guerra
I funerali furono un coro di popolo
Poi arrivò il messaggio da dare al governo:
“Viktor Yanukovic si deve dimettere subito”
Forte e chiaro fu il messaggio del popolo.
(Insieme)
Dimissioni subito, Dimissioni subito, Dimissioni subito 

Un cronista televisivo

Il 22 febbraio 2014 poco prima dell’alba il presidente Viktor Yanukovic lasciò l’Ucraina. 
Qualche ora dopo il parlamento riunito in assemblea straordinaria dichiara
1° il presidente Viktor Yanukovic ha lasciato il suo posto in maniere non costituzionale, pertanto, non è più il presidente dell’Ucraina
2° le elezioni per eleggere il nuovo presidente saranno svolte il 25 maggio 2014
3° la risoluzione entrerà in vigore nel momento che verrà accettata. 328 sono stati i voti a favore. La risoluzione è adottata
Finalmente dopo 23 anni di finta indipendenza e grazie a chi ha combattuto in questa piazza è diventata reale
Il popolo ha vinto. Noi, popolo, uomini, donne, di tutte le lingue, tutte le religioni siamo stati uniti e abbiamo vinto.
La generazione dei giovani nati negli anni 90, nell’Ucraina indipendente, conosciamo i nostri diritti e sappiamo cos’è il patriottismo.
Maidan è diventata il luogo in cui è nata la nostra vera libertà, una esperienza unica, qui si è respirato il vero patriottismo.
Nei 93 giorni a Maidan ci sono stati 125 morti, 65 dispersi,1890 feriti
Le forze Berkut sono state smantellate, il nuovo governo ucraino ha firmato l’accordo con l’Europa, Yanukovic ha trovato asilo dal suo amico Putin in Russia
La Russia ha inviato il suo esercito e con i separatisti filorussi ha occupato e annesso la Crimea in Ucraina meridionale
I filorussi nella Ucraina orientale hanno protestato scatenando una guerra sanguinosa nel Donbas
Fino alla primavera del 2015 il conflitto ha fatto oltre 6000 morti

BUIO

Dalla voce di radio o tv arrivano notizie di guerra.  

“Dopo diciotto mesi di guerra, da quel fatidico 24 febbraio del 2022, l’esercito ucraino è riuscito a resistere e cacciare i russi da Kherson, da Kharkiv , ma l’esercito russo si è asserragliato nelle oblast di Donec’k e Luhans’k. La resistenza dell’esercito ucraino ha del prodigioso. Grazie alle armi offerte dalla Nato, dagli stati Uniti e dall’Europa si sta preparando alla controffensiva. Una controffensiva lenta, sofferta. Ma il popolo ucraino conosce il nemico contro cui combatte. È un nemico, infido, malvagio, senza scrupoli morali. Molte sono le vittime da entrambi gli eserciti. Ma nessuno dei due si può dichiarare vincitore. Aspettare e lottare. Mai perdere la speranza.

Il dibattito sulla guerra nei talk show
Pacifisti, storici, politici, accademici.
Ognuno con una tesi

“Combattere la Russia è un suicidio. L’esercito russo è il secondo esercito più potente al mondo. Occuperà l’Ucraina, la sventrerà. Perché combattere? Se si resiste la Russia può usare le sue armi nucleari. Sarebbe un disastro per tutti. Bisogna trattare.”

La verità! È la Nato che ha dichiarato guerra alla Russia. Il popolo ucraino non conta niente, è solo un burattino nelle mani degli Stati Uniti, della Nato e anche dell’Europa.”

“Signori, ci si dimentica quello che James Baker, il segretario di stato degli StatiUniti disse a Gorbacev? Anche se non fu mai scritto, ma la Nato assicurò che non ci sarebbe stato nessuna estensione verso est. Questi sono i fatti storici. È ovvio che la Russia ritenga legittimo invadere l’Ucraina per la sua sicurezza”
 
“Dare armi all’Ucraina vuol dire provocare morte e distruzione. Sarebbe più saggio arrendersi e trattare. Anche se governati da un regime dittatoriale è sempre meglio che morire.”

“Bisogna accettare il fatto che il popolo russo e il popolo ucraino, sono popoli fratelli. Sono i nazisti al governo ucraino che vogliono la guerra per far morire i soldati ucraini.”

“Eppoi, ci siamo dimenticarti delle carneficine fatte dai soldati ucraini nel Donbas? Quanti russi fedeli alla patria russa sono stati uccisi? Migliaia, decine di migliaia. Bambini, donne ammazzati dai soldati ucraini.”

Marusia.
Andrea

“Mia madre è morta.  Mi hanno dato questa notizia, poco fa. È morta lontano dalla sua terra, dalla sua casa, dai suoi figl., Io devo tornare a casa. “

Andrea tace.

“Mio marito e mio figlio si trovano in zone di combattimento. Ho paura per loro.”

“Sia maledetta questa guerra.”

“Siano maledetti i russi! Sia maledetto Putin!”

“Bisogna trovare una soluzione. Quale che sia.”

“Non c’è soluzione, c’è solo la vittoria. Nella vittoria c’è la verità.”

“La verità è la prima vittima di ogni guerra. Eschilo”

“Conosco questa tecnica.”

“Che tecnica?”

“Quella di instillare il dubbio, fare addormentare la ragione, prendere in ostaggio la coscienza e portarla dalla parte della resa. Non provarci con me.”

“Ma che dici? Non voglio prendere in ostaggio nessuna coscienza Io voglio solo ragionare.”

“Ragionare? Ragionare? Quando capirete che “ragionare” non è un verbo che puoi usare mentre il tuo stupratore ti sta violentando? Quando capirete che non basta “riconoscere la differenza fra l’aggressore e l’aggredito” non basta la solidarietà, la vicinanza, la comprensione. Mi offende, mi infuria il “discorso distante”, “l’esame oggettivo”, la “visione storica”, quella geopolitica, quella strategica. Sono tutte puttanate. Sento tirare fuori teorie piene di dati, di personaggi, di carte, accordi, menzogne, insulti, ma non sento mai parlare di noi, del popolo ucraino. Gli esperti sono sempre pronti a sputare sentenze, ma delle aspirazioni di un popolo non ne parla nessuno. Non mi importa cosa ha detto quel politico, che accordi ha preso quel governo. Importa quello che ha scelto di fare il popolo. Il popolo ucraino nella sua sovranità, nella sua libertà, ha deciso di vivere ed essere europeo. Lo ha deciso il popolo. I trattati, le ossessioni del tiranno folle e sanguinario non interessano il popolo, Il tiranno folle si faccia curare, vada ad impiccarsi. 
Bisogna buttare fuori il fango che ci ha sporcato, bisogna pulire la nostra terra dalla ignominia, dalla menzogna, dall’infamia e se qualcuno dei pacifisti ipocriti vuole alzare le mani al cielo e chiamare Dio a testimone della sua ragionevolezza sappia, che Dio è con noi.

“Calmati Marusia. Non intendevo dire…”

“Scusa, scusa… ho visto troppa gente morire, lasciare la propria terra, ho vissuto giorni interminabili di distruzione, di bambe, di pianti e non posso accettare discorsi come “ragioniamo”. Le discussioni che sento in televisione su: Nato, America, nazismo e altre sciocchezze mi danno il senso del vuoto di valori, di disumanità che non riesco più a sopportare. 

“Ti capisco. Vorrei soltanto che questa guerra non ci separasse. Dovrei essere grato a lei per averti condotto da me e ora odiarla perché mi strappa te.”

“Capisci vero, che io devo andare?”

“Lo capisco, lo capisco benissimo e ti dico, vai, vai, corri dai tuoi cari, ritorna a casa, ma non sparire.”

Marusia si avvicina e lo accarezza.

Marusia tira il suo trolley
Gente dell’Ucraina
Donne
Uomini

“Marusia, sei tornata? Brava!”
“Vieni con noi! Dobbiamo cacciare fuori i russi!”
“Vieni Marusia, prendi un’arma, una qualsiasi…”
“Dobbiamo riprenderci Kherson”
“Mariupol è ancora in mano loro”
“Melitopol, Zaporizhzhia, Berdians’k…, 
“Cacciamo via i criminali…
“Fuori gli assassini, gli stupratori…
“…non toccate i nostri figli…
“…le nostre donne…
“…i nostri vecchi…
“Vieni Marusia c’è bisogno di te…”
“…c’è bisogno di tutti gli ucraini…”
“La Russia non è la nostra “madre”
“…è l’Ucraina la nostra “madre”
“…è l’Europa il nostro futuro…2
“…è la pace il nostro futuro…
“È la vittoria il nostro futuro!”
“Gloria all’Ucraina!”

Marusia si unisce alla gente, 
Una bandiera ucraina e una europea sventolano
gli porgono un’arma.
Insieme cantano l’inno ucraino.

FINE