La corsa di Monciccì

di

Carmelo Gallico, Antonio S. Antonuccio, Emanuela Giordano



Nel buio , in controluce Lucia è seduta.
In fondo, dietro al palco, spunta la testolina di Laura
Dall’altro lato del palco spunta la testa di Claudia, Laura se ne accorge e subito scompare.
Claudia si guarda intorno: Dove sei?..Ora ti piglio.
Scompare anche lei sotto il palco.
Rispunta la testa di Laura , si guarda intorno, scavalca, corre da Lucia ( che è completamente persa nei suoi pensieri) si nasconde sotto la sua gonna.

Claudia l’ha spiata, sa dove si è nascosta: Zi, hai visto Laura?

Lucia: Laura? Ntz!

Laura ride, Lucia le fa cenno di stare zitta per non farsi scoprire.

Claudia si avvicina a Lucia: Ah non c’è? Peccato! Avevo un Chupa Chups di cioccolato! Cioccolaten! Vabbè lo mangio io, solo questo c’ho!

Lucia: Che peccato! Questo Chupa Chù chi ran ciauro!

Claudia: Se dici ciauro quella non capisce.

Lucia: Uh ! Che buon odore questo chupa chù e lo mangi tutto?

Claudia: Eh che devo fare. Questo c’ho! Adesso lo scarto, mi tocca mangiarmelo tutto da sola! Laura si è nascosta così bene che chissà quando la trovo. Che devo fare, lo devo buttare?

Lucia: Nooo

Laura spunta fuori ridendo, cerca di afferrare il Chupa Chups

Claudia: Ah ecco dov’eri! Ora ti pigghio!

Laura scappa via.

Lucia: Piggliala pigghiala!

Claudia: Ti pigghio ti pigghio!

Corrono corrono intorno alla zia, a destra a sinistra, poi Laura raggiunge uno sgabello abbandonato a terra, tra fogli e matite colorate, lo mette dritto, ci sale sopra.

Laura: Urrà! Ich hab’s geschaft! (evviva! ce l’ho fatta! in tedesco la pronuncia è isc abs ghesciaft)

Claudia si siede a terra ansimante: Meno male che ti sei salvata sennò morivo io.

Laura : Isc abs gesciaft!

Claudia: Ho capito! Scendi! E’ finito il gioco!

Laura: Noch mehr ! ( Ancora! Dai ancora! )

Claudia: Scenni su, fammi sedere!

Laura: Noch mehr bitte! ( in tedesco)

Claudia: No, su sta zitta e mangiate stu cosu. Non mi piace a me.

Laura: Bitte!

Claudia: Che dici? Non ti capisco. Parla bene. Metti la mano qua, mi sta niscenno u core da cascia.
Zi cummattici tu.

Lucia: Cantiamo una canzone? Vieni qua gioia! Inizia a cantare : Ma che laia la me zita tutta fradicia e impurrita ah… questo insieme, tutte e due ah!..laia è….

Claudia: Ma che ci canti a da piccidda, zia che sei giovane, sforzati, ‘na canzone chiu moderna ce la puoi cantare? Ce l’avete in Germania Gigi D’Alessio? Gigi d’Alessio mi piace. Ma ti piace a te sta canzone? A me non mi piace. Ma sa i che dice? Sono proprio le parole… ma che significano? Una ragazza brutta, che c’ha i piedi a piripò e quando cammina fa si e no, c’ha le gambe di ferro filato che quando cammina si butta di lato…Zia non ci piace. Gigi d’Alessio: “ Scusami….”

Lucia smette di cantare per un second, poi riprende

Claudia: Senti metti a posto tutto stu burdello chi facisce, matita per matita, tutto a posto, no così è facile, giallo cu giallo, rosso cu rosso, verde cu verde..

Laura invece di mettere in ordine si mette a disegnare, Claudia si rivolge alla zia che continua a cantare.

Claudia : Lei fa la vacanza ma poi metto a posto io, basta co’ sta colonna sonora chi m’atturra.
Guarda il foglio su cui laura disegna Che è? Ma chi è la zia? La zia Lucia ? Laura non risponde, continua a disegnare sorridendo, come a voler iniziare un altro gioco. E’ idda ? E’ lei? Ma tu, qualche parola in italiano la sai dire? Si, no, mi piace, non mi piace.

Laura: Si!

Claudia: Oh ecco, hai sentito, ha detto si, ehhh un applauso! Zia ti sta facendo a te ( fa il gesto di una donna grassa) Ti fa un ritratto che quando lo vedi..

Lucia: Sono bella? Come mi hai fatto? Bella?

Laura: si

Claudia: Oggi due ne ha detti, sta imparando! Ha detto si e poi ha ridetto si. Sta prendendo confidenza!! Zia t’ha fatto grossa!

Lucia: E mica sono grossa.

Claudia: E si vede che ti vede così, i bambini..E chi è sto scavacchio accanto a zia?

Laura la guarda e non capisce

Lucia: Se gli dici scavacchio non capisce. Parla italiano bene.

Claudia: Scavacchio, scarafaggio, questa cosa brutta chi è?

Laura: Tu

Claudia: Io? A me nun me piace

Lucia: Si vede che ti vede così. A me grossa, a te scavacchio. I bambini, no?

Lucia riprende il canto

Claudia: Fai la mamma, allora, dai fammi vedere come la fai a mia sorella, ci scommetto che la fa più giovane di me e più bella. Giallo? Che fai col giallo? Ah è bionda!? Pure bionda, coi boccoli, una fata! Guarda che mamma non è gialla, è tinta e vecchia. Dieci anni più di me c’ha. Trent’anni c’ha! E’ vecchia e tinta.

Laura fa cenno di no

Claudia: E tu che ne sai!

Laura: Che ne sai tu!

Claudia: Parla! Tre parole tutte insieme ha detto! Se non lo so io che sono sua sorella, tua madre è nera, è vero zia, e astutate cinque minuti, è vero che in famiglia siamo tutti NERI? ( Lucia smette di cantare)

Lucia: Niuri comme u carbone (sulla cantilena della canzone)

Lucia continua a canticchiare la canzoncina sommessamente e senza parole

Claudia: Neri come il carbone! E quello chi è?

Laura: Antonio

Claudia e Lucia si guardano.Lucia dopo un attimo riprende a canticchiare come a simulare disinvoltura.

Claudia: Zia ma ciu cuntasti tu? Che ne sape?

Lucia: Io un ci rissi nente chi ni saccio addomannaccello

Claudia: Ma Antonio..che ne sai tu?

Laura: L’ho visto

Claudia: E dove l’hai visto?

Laura: nella fotografia

Claudia: E chi te l’ha data?
Laura L’ho presa

Claudia: Dove l’hai presa?

Laura: Nel cassetto

Claudia: Hai frugato in casa?

Laura: L’ho presa nel cassetto di mamma

Claudia: Di mamma… e certo, mamma lo tiene chiuso nel cassetto così non si sciupa, non si sciupa lei, non si sciupa Antonio Ora parla con la nipote ma guardando la zia. Ma che in sta foto c’ha il grembiulino? E’ senza scarpe? A piedi nudi è in questa foto?

Laura: Si

Claudia: Ecco, abbiamo scoperto il mistero, ti ricordi “Né neè neè” Zia che ti dicevo dov’è la foto di Antonio a piedi nudi con il grembiulino?

Lucia fa finta di non capire ripete sempre le stesse note della canzone.

Lucia: Non me lo ricordo

Claudia: Mi sa che qualcuno deve averla presa e magari l’ha spedita. Nè nè neèèèè

Lucia: ( a Laura) insieme Ah laia è… anche se non sai le parole fai ah na-na-na.. ( lascia la frase della canzone a metà e si s”spegne”)

Claudia: Che facesti t’astutaste troppo bona, miracolo all’improvviso muta

Lucia: Oh cecca di finilla..mi stai annuianno..chi parli ammatula di quan’avi chi nascisti

Claudia: La foto era mia. Tanto a tia chi ti ni futte .

Lucia: la foto nun era tò, era de tò madre

Claudia: Appunto. Chidda un mi lassao nente, aimeno una foto ma pozzo tenere?

Lucia: Viri chi è matre magari di to sora, madre di tutte rui è…mettiti a lingua in sacchetta ogni tanto

Claudia: E certo, ha ragione la zia, quello che è vero è vero, me matre era matre pure di mia sorella e Antonio è me frate e so frate. Ah la zia ha ragione che io paulo a matula

Lucia: E brava, meno male che l’hai capito

Claudia: hai ragione scusa

Lucia: mi pigghi po u culu?



Claudia: non mi permetterei mai. Solo non capisco come mai se Antonio è mi frate e so frate come mai allora mia sorella se n’è dovuta andare in Germania, è scappata a fare finta di niente, tanto che ci vuole che qualcuno le mandi la foto per ricordarselo. Te lo dico io perché, perchè c’è una cretina..

Lucia: per favori, ah! Non accuminciamo!

Claudia: Prima la corriera per andare a Gela, da Gela il treno per andare a Messina, con quel pacco che pesa dieci chili

Lucia: Due sarde sott’olio non ce le vuoi mettere?

Claudia: Da Messina il traghetto per passare quel cazzo di stretto

Lucia: Pummaroli secchi 4 olivi sigarette qualcosa ce lo vuoi mettere?

Claudia: un altro treno sette ore per arrivare a Roma

Lucia: Qualche mutanda i chiappari un cio de calia e semenza non ce li vuoi mettere?

Claudia: la coincidenza per andare a farsi fottere in quel cazzo di posto

Lucia: Non parlare così

Claudia: Che me ne futte tanto capisce solo u tedesco.(“ senza punta” commenta a bassa voce)

Lucia: A tia ti pare

Claudia: Hai capito qualcosa di quello che ho detto?

Laura fa cenno di no, apparentemente distratta dal disegno

Claudia: Brava, niente devi capire. Ecco abbiamo messo a posto. Appena trasu là dentro me vene u lanzu, u lanzu me viene. Perché non ci va sua madre da Antonio? Facciamo un mese io un mese lei. Che Dusseldorf Fossombrone non ci sono aerei, non ci sono treni, cos’è l’oceano Atlantico che se lo deve fare a nuoto? Anzi perché non ci vai tu? Che sei vecchia che non ci puoi andare tu?

Lucia: Io abballo ancora n’ capu a un pere.

Claudia: balla n’capu a un pere, facci vedere come balli! e si mette a cantare battendo le mani sfacciatamente e mimando balli “televisivi” da letterina.
Lucia è calma, non accetta la provocazione, non si scompone.

Lucia: finiscila! vieni qua gioia, vieni da me, non ti far scantare, non ti far mettere paura da quella indemoniata, quella canzone non si canta così, che sono quelle mosse? Non si canta così finiscila!

Claudia canta flebile “ scusami…”

Claudia: a te ti piace Gerry Scotti? A me mi piace. Continua a ballare nel silenzio

Lucia: Non si canta così.

Claudia smette di cantare ma ha un’aria provocatoria, da schiaffi.

Lucia: A Giancarlo, ad Antonio, uno qui, uno qua ( indica le ginocchia ) li mettevo e ci cantavo. Maria che ridere mi facevano quei due. Sempre insieme, che due cugini si sciarriano, no quelli no, non si facevano i dispetti come due cagnuleddi. Sempre insieme che già a cinque anni in collegio le suore uno lo mettevano a dormire qua, l’altro lo mettevano a dormire là e la mattina quando li trovavano insieme sempre insieme. Te lo ricordi?

Claudia: che cosa mi ricordo?

Lucia: Quanno avevano cinque anni?

Claudia: Ma se io non ero ancora nata, neanche pensata. Devi smettere di fare la pazza. ( a Laura)

Lucia: Non dire quella parola

Claudia ( con la testa tra le mani distratta) : me l’ha raccontata tante di quelle volte che è convinta che c’ero pure io, ci manca poco che mi convinco che c’ero davvero.. Claudia canticchia WMCA…
Ma lo sai che a Napoli c’è un video di una canzone di due che spuntano da sotto e cantano Sono la sogliola e mi chiamo pescarola, poi un altro sbuca da sotto Sono un cefalo e mi chiamo pescarola… Minchia mi fa troppo ridere ma a te ti piace questa canzone? A ma mi piace.

Lucia guarda Claudia con rimprovero.

Claudia: “ Scusami…” ( abbassando gli occhi) Scusa. Claudia sospira…forse canticchia la solita canzone ma appena accennata, come una nenia “ spezzata!
Silenzio. Cambia per qualche istante l’umore, il colore delle cose dette. Lucia rompe il silenzio per allentare la tensione che si è creata.

Lucia: Laura, vieni qua, ( la bambina va in braccio a Lucia) Vieni! Lo sai che quando tornavano dal collegio, a Natale, figghioli cinque anni avevano, avevano una faccia gialligna ma gialligna che io gli dicevo a Giancarlo: Ma che ti danno da mangiare figlio mio? Lenticchi. Tutti i giorni? Tutti i giorni lenticchi, lenticchi e lenticchi. Eh! E allora? Chistu t’hai da mangiare, che qua non ci sta manco chisto. Era una grazia che ce l’avevano presi tutte e due in collegio a Giancarlo ed ad Antonio. Ma non c’è niente da fare i lenticchi li schifava e allora si uncia cu so cugino e comminavano danno.

Claudia: Danno giusto! Già aviano accuminciato!

Lucia: E che aviano a fare, morere e fame?

Claudia: vedi ‘ n si more di linticchi zia.

Lucia: Non fare tanto la spiritosa,chi cullu c’avisti tu, to frate e tuo cugino su sunnavano all’età tua. ( A Laura ) Sai cosa gli facevano le suore quando li trovavano a rubare i biscotti, il pane, che loro in cucina , le suore, il pane, i biscotti ce l’avevano ma mica ce li davano, se lo tenevano per loro.
E allora Giancarlo e Antonio se li rubavano e giù lignate ma peggio di tutti i pizzichi che ci acchiappavano i mascidde e ci giravano tutti fino a farci nesciri i lacrimi di l’occhi.

Laura: Anche a te?

Claudia: Ti pare che io mi faccio dare i pizzicotti? Ma mi vedi?

Lucia: E certo lei si fa esperta, idda manco u sape che è u colleggio

Claudia: E chi c’ha fare, che i colpa mia si io nascii quanno il pane a casa c’era. E si un c’era il pane c’era il pesce e guarda qua come sono cresciuta bene. Ti piace la zia? Vuoi diventare come la zia?. Mangia u pisci. ( come se raccontasse di una pozione magica) Testa a colazione, panza a pranzo, cura a cena. Tutto fosforo, un te scordi chiù nente.

Lucia : I trigli, i pisci re, i saragnoli sai quanti ni pigghiava so nonno. Prima ca barcuzza, ma per pagare i debbiti dintra, a casa, un trasia nente, manco u sarda, nica nica, ma piano piano, quando è nata questa fortunata, coi sacrifici ha costruito la barca barca.

Claudia: Grande! Non sai quanto era grande! Nu titanic ! Di sette metri!

Lucia: La Sant’Anna… no, quella era la barcuzza.No era la San Francisco. A dieci anni già stavano a lavorare che il nonno se li portava sulla San Francisco, ma no a giocare come faceva co’ te. A fare fatica!

Claudia : A tirare e nasse ! Madre mia!( facendole il verso, nella dimensione epica eroica che illumina Lucia nei suoi racconti)

Lucia: A tirare e nasse Eh! Che si rischiava di morire. Ti pare che il mare è come a strata? Che se ti succede qualcosa c’è qualcuno che si ferma?

Claudia: Perché c’è qualcuno che si ferma?

Lucia: o chiami l’OESSEESSE

Claudia: Zia lo Sos e l’SS sono due cose diverse.

Lucia: Un ci posso neanche pensare, se me lo ricordo mi viene un male qua al petto

Claudia: Ma è possibile che mi devi sempre scantare che sempre qualcosa al petto ti viene?

Lucia: A tia ti fetiva la bocca di latte, co o ciuccetto in bocca , che ne sai tu, io e tua madre sveglie ad aspettare che s’arricampavano au porto.

Claudia: Ora arriva la tempesta che le barche non arrivavano al porto. Non arrivavano, ‘na cosa al petto, le onde grandi, il cielo nero come il mare.

Lucia: Guarda che quelli ci morivano sul serio.

Claudia inizia a fare la barchetta di carta

Claudia: Ci morivano lo so. UUUUH! Vieni facciamo la tempesta, ( fa sedere Laura sullo sgabello e si siede a terra) levati di là che se no ti vene dulure no petto pure a tia. Dai vieni va, sai fare le barche? Facciamo le barche. Zia pure fa la barca, facciamo le barche nella tempesta. Questa era la barca di Giancarlo e di Antonio e c’era il nonno, c’era mio padre, poveretto, tutti sul Titanic San Francisco e tutto intorno c’è il mare che è gonfio e nero, era nero che neanche si capiva qual’era il cielo e qual’era il mare, e la pioggia, il vento forte

( Claudia fa i rumori della tempesta e intanto Laura si incanta al racconto e inizia anche lei a fare una piccola flotta di barche di carta che si stagliano bianche sul nero del “fuori” scena, sullo spazio di proscenio non ricoperto dalla “ zattera” di telo bianco).

Lucia: Ci tagliavano ‘a faccia a quei bambini e a quegli uomini E le barche non si vedevano tornare.

Claudia: il mare nero, la pioggia, il vento forte…

Lucia: Il nonno ne aveva viste di tempeste da giovane, era imbarcato sulle grandi navi.

Claudia: le navi grandi!

Lucia: Il mare di Gela, meglio di tutti lo conosceva ma in quel peschereccio c’era tutta la sua famiglia, i figli, i nipoti.

Claudia: Il nonno guardava fisso, cercando la terra

Lucia: Cumannava i figli, aveva paura, ma non lo diceva. Mantinia a rutta! Tenia a rutta!

Claudia: Mio padre stava al timone. Giù sotto! I picciriddi sutta!

Lucia: I picciriddi volevano venre sopra ad aiutare che non si scantavano del mare forte, erano coraggiosi.

Claudia: No giù giù gridava il nonno, sotto coperta!

Lucia: Quante lacrime la mattina quando vidi arrivare la barca nel porto che pensavo che non li vedevo più.

Claudia: Il mare nero, la pioggia, il vento forte..

Lucia: Tutta la notte avevo pregato una cosa brutta, una cosa che neanche si può dire, se non li puoi salvare tutti, salva almeno mio figlio, fallo attaccare a un pezzo d’albero, fai il miracolo. Che cose brutte pensa una madre.

Claudia: Antonio! Giancà! Fa le onde, poi distrugge la barchetta. Dove siete? Se li so inghiottiti il mare!

Lucia: Erano coraggiosi!

Claudia : Coraggiosi coraggiosi, tanto capitani coraggiosi che un piede sulla barca ( butta la barchetta ) non ce lo misero più .

Lucia: Sarebbe stato meglio il mare!

Claudia: E certo, che a terra altro che squali incontri, ci si nasce squali, non lo so, si dice ma sarà vero? Ci si nasce o ci si diventa. Zia, Antonio e Giancarlo ci sono nati o diventati?
Lucia: Non ti devi permettere ( a Laura ) Non la stare a sentire, che quelli sempre bravi ragazzi sono stati.

Claudia: Che bravi ragazzi! Che dobbiamo farle credere che erano santi, è tedesca ma mica è scema, che zia, ma ti ricordi con chi si unciano, tu o scordasti?!

Lucia : ( non l’ascolta ) Sempre per difendersi

Claudia: Sempre per fare a pugni

Lucia: per difendersi! Si volevano bene.Te lo ricordi come lo chiamava ad Antonio?

Claudia: Zia basta e quante volte lo devo sentire? Sempre cambi discorso. Quando io provo a dire… tu sempre quanto si volevano bene.

Lucia: Non lo vuoi sapere? allora lo racconto a Laura. Giancarlo mio ad Antonio lo chiamava Monciccì, ci piacia tanto assai, pure a su madre, ch’aristao stu nome, anche quand’era grande. Tu lo sai che è Monciccì?

Laura fa cenno di no.

Claudia: E’ una scimmia brutta pelosa niura che l’orecchie a parafango che sicuro neanche ci arrivao nova, di quarta mano arrivò, sicuro, chissà quanti mani la toccarono prima di arrivare qua, sicuro era di qualche bambino ricco di Gela che c’avia annuiato e pun fare a mala fiura d’ittallo ci consegnarono ai parrini della parrocchia. Parrini, Tu comprì Parrini? I preti! Ma tua madre in Germania te le fa mai le lezioni di siciliano, eh no , e certo, quella è tedesca ormai. Se vuoi ti faccio fare un corso accellerato dalla Zia vecchia.

Lucia: Iu ballu ancora cu pere solo! Vecchia! Ehhh ancora ce ne vuole ad essere vecchia! Monciccì te lo dico io che è: una scimmiotta molto graziosa, con le orecchie un poco larghe, “ambie”, come Dumpo. Te lo ricordi a Dumpo?

Claudia: Ambie. La zia vecchia quando cerca di parlare bene l’Italiano viene il terremoto, non è una cosa sismica è zia, che la terra quando parla trema per la vergogna, e sai cosa dovrebbe fare, si dovrebbe aprire e fiu! Inghiottirla dentro.

Lucia: io parlo perfetto l’Italiano.

Claudia: Di forchetta! Di bene, fammi sentire, su..

Lucia: Come lo devo dire, lo dico come si dice: foicchetta

Claudia: terra apriti. Apriti. Vergogna . In tedesco come si dice?

Laura: Gabel

Claudia: Forchetta. Sicura?

Laura: Gabel

Claudia: Nun mi piace

Lucia: cretina smettila, faccelo vedere Monciccì. Va pigghialù va! E’ supra, rintra u cassetto dunne ci su tutti i cose missi di lato di Antonio

Claudia: Ah doveva ci stava la fotografia?

Lucia: Picchialo!

Claudia: Quella che mi hai rubato per mandarla a sua madre?

Lucia: Picchialo!

Claudia: Ma che cosa?

Lucia: Monciccì

Claudia: L’ho buttato

Lucia : cosa?

Claudia: Lu capiste

Lucia: Quanno? Picchi? Chiddo unn’era tuo, era d’Antonio…era d’Antonio!

Claudia: Facevano prima a rusicaresillo i vemmi, vemmi e surci che Antonio venire ca.

Lucia: E allora ce lo potevamo mandare col pacco il monciccì.

Claudia: E uno a 30 anni , in galera

Lucia: Zitta

Claudia: Uno a 30 anni in galera sicunnu tia si po mettere no letto a dormire cu da scimmia pi farisi pigghiare pu culo di tutti i carcerati.

Lucia: Zitta

Claudia: Tu hai capito adesso?

Laura fa cenno di no.

Claudia: E quello devi fare, vero zia, non deve capire, non devi capire! Tedesca! Come hai detto che si dice forchetta?

Laura non risponde, sembra distratta, apparentemente distratta dalla costruzione di una flotta di barche di carta.

Claudia: Non me lo vuoi dire più? Ti sei arrabbiata? Tanto non mi piace.

Lucia: Che bisogno c’era? Che dovevi raccontare a questa bambina?

Claudia ( non rispondendo) Io non lo capisco, non lo capirò mai quei due nel cervello che c’avevano come hanno fatto ad andare dietro a quelle quattro bestie solo perché c’avevano qualche anno più di loro, perché c’avevano la moto Suzuki che s’alzava su una ruota e facevano rumore? Perché c’avevano il giubbotto Roy Roger's e gli occhiali a specchio? Perché finisce che uno ci muore per gli occhiali a specchio. Perché non gli avete detto niente? Tu e la mamma, stavate a guardare zitte.

Lucia: E che dovevamo dire, quella era la compagnia, erano gli amici, dicevano andiamo al Bar, in piazza, andiamo al mare. Ragazzi

Claudia: L’ho visto io come ci andavano, coi coltelli, li vedevo io che se li mettevano in tasca.

Lucia: E perché non hai detto niente?

Claudia: A sette anni? Che dovevo dire io a sette anni. Gli occhi ce l’avevo io come voi. Ma neanche quando Antonio è finito al minorile, avete indovinato che stava pigghianno a mala strada, neanche quanno è uscito che subito scumpario un mise. Non un giorno, un mise. Dov’è Antonio? Co su cugino. Dove? Non si sa. Chi ti paria che sinnavano iuto a fare una scampagnata, una crociera. Uh guarda ad Antonio gli è tornato all’improvviso l’amore per il mare e siccome al minorile ha guadagnato si è permesso di offrire a Giancarlo una crociera. Quando sono tornati come degli eroi! Da capo i capitani coraggiosi.
Invece di mazzalli a legnate, tante tante legnate fino a fetere!
E invece no, tu e mia madre a fare le feste, in cucina subito a faticare a fare i gnocculi cu agghio e muddica e chi gliel’aveva data la catena d’oro, chi gli aveva dato quell’orologio? Co quali soldi l’accattavano sti cose che aviave l’occhi attoppate?

Lucia: Io glielo dicevo, gli dicevo dove l’hai prese? E lui “ho faticato”. Ho fatto il carrozziere, la moto è un’occasione, quasi regalata mamà.

Claudia: Quasi regalata. Babbi Natali tanti così, a Gela, che quasi regalano

Lucia: il dubbio ce l’avevo.

Claudia: Ce l’avevi?

Lucia :Cuore aperto e occhi attoppati.

Claudia: Era meglio cuore attoppato e occhi aperti.

Lucia: Era meglio. Brava. Ma io a tredici anni ero orfana, ho cresciuto i fratelli, a quattordici anni mi sono sposata, ho cresciuto i figli, ho lavato le lenzuola cò la cenere da quando avevo l’età sua.
(indica Laura). Questo abbiamo fatto, abbiamo cresciuto i fratelli e poi i figli. Che ne sapevo io.

Claudia: Sempre che ne sapevo io.

Lucia: E’ così. E poi i più grandi hanno cominciato a vedere i film di quel cinese

Claudia: ma che dici ora, che c’entra? Chi è?

Lucia: a mia mu dumanni?

Claudia: ma chi? Bruce Lee? Thomas Milian? No quello non mi pare che era cinese. Bruce Lee chi dici?

Lucia: A lu dumanni? Io non ci sono mai stata, non c’avevo tempo di cinematografo. Quelli più grandi uscivano e facevano le mosse. I più piccoli allora facevano uguale. Tutti cinesi sembravano per strada.

Claudia: Ah! La colpa è dei cinesi! U male sempre di fora arriva ma di rintra. Oggi a chi vogliamo dare la colpa? Agli albanesi? Ma ti sei dimenticata la diga di Sueri? Zia, ancora! Anche al Polo nord lo sanno in mezzo a che siamo cresciuti. Appalti, subappalti, calcestruzzo e cemento armato. I ragazzini fanno comodo, eccome, a scuola nessuno ce li manda, pensano a fare soldi facili, a faticare meno, devi essere qualcuno, il gruppo ti deve pensare come un fico, ci sono quelli che fanno gli interessi grossi e ai ragazzini ci fanno fare i lavoretti sporchi che finisci ad ammazzare il vicino di casa e te ne fai una ragione, o vivi o muori, la vita non vale più di tanto e non ti ricordi neanche come hai cominciato. E’ così.

Lucia: Ti dissi sempre sono stati bravi, e non avevano ammazzato mai a nessuno.

Claudia: Se in un paese di 100mila anime ci stanno tre omicidi al giorno… vuol dire che di bravi ragazzi ce ne sono rimasti pochi.

Lucia: a Giancarlo ci piaceva fare la motocross la pesca sott’acqua, quello solo gli piaceva, a diciotto anni, non le pistole.Tuo fratello uguale. La motocross pescare, non le pistole, u capsiti Laura,! No le pistole.

Claudia: E però ce l’avevano.

Lucia: Tu o stai dicenno.

Claudia: L’ha detto pure Antonio, al processo, è scritto.

Lucia: Io non le ho mai viste, mai.

Claudia: Io si.

Lucia: E dove?

Claudia: Nella grotta, mentre le nascondevano. Ma quando sono arrivata hanno fatto finta di niente, che stavano giocando a tirare sassi nell’acqua.

Lucia: ma che vuoi da me adesso?

Claudia: Sai che volevo fare io? Andare dal giudice. A nove anni. Neanche sapevo cos’era un giudice, io l’ho sognato tutte le sere per non so quanti mesi, sentivo questa parola a casa, Giudice, lo sognavo come il Padre Eterno, con la barba, su una nuvola, gli dicevo: Lo giuro giudice io l’ho sentito mio fratello dire a Giancarlo scappiamo, andiamocene .Che volevamo vivere così noi? No e allora? E Giancarlo pure gli diceva: Hai ragione, qui finisce male, andiamo via, andiamo a cercare lavoro, fuori fuori, lontano, scappiamo via e Giancarlo diceva si scappiamo, qui facciamo solo danno, scappiamo via. E’ da vigliacchi? E chi se fotte se è da vigliacchi, qui facciamo solo danno. Scappiamo.Stavano dentro la Grotta Perciata tirando i sassi sull’acqua. Facendo finta i niente. Ce l’ho ancora qui il rumore di quei sassi, ma che dico, i sassi nell’acqua quale rumore fanno? Ma che ne so, forse è tutta una fantasia che mi sono fatta, che mi piace.

Lucia: Ora me lo racconti? Passarono 13 anni.

Claudia: Ora m’è venuto. Sarà la tedeschilla qui ( indicando la bambina) mi ha fatto ricordare come ero io a quell’età, a quello che sentivo, vedevo, a quello che nessuno mi ha saputo spiegare, ho dovuto faticare a farmi un’idea mia. Che fatica. E chissà se è l’idea giusta quella che mi sono fatta che io ancora adesso mica ci capisco sai, parlo ma mica ci capisco. Qualcuno che mi dicesse è andata così, così e così. E invece ora si deve fare così così e così. Fidati. Eh, qualcuno che mi dice fidati. Ma io poi mi fido?

Lucia: Mamma io domani parto, parto con Antonio. Andiamo a cercare lavoro fuori di qua, mi sembrò una benedizione e sono corsa a fargli la valigia subito, di corsa, che era meglio sentirgli dire partiamo che non sentirgli dire niente, vederlo di notte tornare con quegli occhi sporchi non erano i suoi. Era meglio sentirsi dire partiamo, ci ho messo tutte le cose più buone in quella valigia, la giacca, la cintura di pelle.

Claudia: A casa nostra Antonio non ci disse niente e anche a mia sorella, a tua madre, che era più grande di me sai, niente, non ci dissero niente neanche a lei che Antonio andava via sennò avremmo pianto, come facevamo sempre e ad Antonio non ci piaceva. Se ne usci che era l’alba.

Lucia: S’avivunu dato appuntamento al Porto, ma nessuno lo doveva sapere. Gli dissi: Perché non vuoi che t’accompagniamo? “ E’ meglio così, senza pianti, senza storie, tanto torniamo presto.” U primo arrivao Giancarlo, Antonio era sopra nella piazzetta e lo vide che lo stava aspettando al molo e fischiò per farsi vedere. Giancarlo gli feci scc, o vedo come ci fa, sccc! Chi pare cu u cumanda: Scendi, fa presto. Ma come? La corriera è vuota, c’è tempo ancora, ma Giancarlo ha fretta. Antonio corre giù per la gradinata che dalla Piazzetta porta al molo. Alla curva, quando la gradinata è nascosta dal muro sente Giancarlo che grida e i colpi, quattro, uno dietro l’altro. Non riesce a vedere quello che succede, nessuno vede, non c’è nessuno, la corriera è vuota, il molo è vuoto, Antonio si butta giù a correre per le scale, cade, la valigia si apre, lui si ributta a correre pensando solo a Giancarlo che ha urlato, che ha chiesto aiuto e iddi scalini non ci finivano mai.. corriva e nun ci finivano mai..

Claudia: Basta.

Lucia: O visti. Iettato in terra co e mani nella faccia.

Claudia: Basta

Lucia: Iddu ci disse “ portami via” questo ha detto, solo questo. L’autoambulanza, sirene, la gente (che si accalca) Antonio scappa, corre, lo vedono tutti che corre, nessuno lo ferma, nessuno di noi l’ha fermato, corre a cercare la pistola e riprende a correre neanche sa lui dove, finchè non lo trova e allora gli punta la pistola contro a quello che aveva ucciso Giancarlo, o che forse lo poteva aver ucciso perché neanche lo sa che non lo ha visto in faccia chi è stato. Gli punta la pistola contro, quella pistola che aveva sotterrato, gli vuole dire qualche cosa, gli vuole dire che loro volevano andare via, ma quello lo vede e Antonio allora invece di parlare spara prima che spari lui. Di nuovo corre, senza sapere dove, scappa dagli occhi di quel ragazzo che aveva ucciso mio figlio, forse, ma che prima di morire gli è sembrato assomigliare a lui. Uguali, il ragazzo, mio figlio, Antonio, morti.

Claudia: Non è morto Antonio

Lucia: Mi disse così. Ho vendicato tuo figlio, ho vendicato il mio amico, il mio fratello cugino, ho fatto la giustizia, ma ora tra me che ho sparato e chi è rimasto a terra non c’è differenza. Sono morto anch’io, non c’è perdono per quello che ho fatto.

Claudia: A che serve zia?

Lucia: Tu gli hai voluto dire che Antonio sta in galera , io gli voglio dire perché ci sta.

Claudia: Ci sta perché ha fatto una cosa che non avrebbe mai dovuto fare. Punto e basta. Non è un eroe.

Lucia: Ho detto che è un eroe?

Claudia: Da come lo racconti sembra.

Lucia: E allora ho raccontato di un eroe morto

Claudia. E’ una bestemmia. C’è chi non ha più neanche un pensiero su cui piangere e tu lo sai più di tutti, perché ci invecchi ogni giorno cent’anni su quel pensiero. Io non ci posso credere che tu e la madre di quell’altro poveretto vi incontrate tutti i giorni al mercato e non ce la fate neanche a taliarvi nell’occhi. Quando la vedo mi sembra di vedere te, e mi ricordo le parole del prete al funerale: li avete convinti che l’onore era vendicare i morti ma i morti non si vendicano, si onorano con la vita e la dignità. Antonio non è morto può pensare, ora, co’ la testa sua. Ha imparato a scrivere, a chiedere perdono anche se il perdono non può arrivare, importante è che lo chiedi.

Lucia: Quando sono andata a trovarlo…

Claudia: dieci anni fa, zia.

Lucia: C’era ancora tua madre, era inverno, avevamo tutti le mani fredde, non riuscivamo a parlare, e anche lui ci guardava e non parlava e ci siamo uniti le mani per riscaldarle ma restavano fredde, non ce la faccio a vederlo così.

Claudia: Zia Antonio è chiuso ma è vivo, lui è vivo. Scrive, ci pensi lui che neanche le elementari ha finito, che in quarta elementare due volte lo bocciarono, adesso anche le favole scrive. Te l’ho letta quella della rondine e del principe? Te la leggo?
Laura! Poverina! Vieni qua, ti sei spaventata di queste brutte storie? Ora te ne racconto una bella, che non fa paura, l’ha scritta Antonio, te la leggo: no questa è quella del ragno, è venuta così così, ecco questa. ( legge) “ C’era una volta un principe triste che amava una bellissima principessa.” Ma che te la leggo a fare che la so a memoria: c’era un principe che teneva la depressione perché secondo me era innamorato di una sbagliata, che si dava le arie e viveva in un castello così fuori mano che per raggiungerlo a cavallo ci volevano sette giorni e sette notti. Ora il principe non aveva più una lira e aveva venduto anche i cavalli. Teneva solo una preziosissima perla, bianca e perfetta. Chiamò una rondinella e la pregò: rondinella rondinella porta questa perla alla mia bella. La rondinella volò sette giorni e sette notti più veloce di un cavallo, l’ultimo giorno si trovò in mezzo ad una tempesta che la bagnò e la strapazzò così tanto che quando la principessa la vide disse: che vuole da me questa brutta cornacchia? Sciò! Sciò! Vattene via bestiaccia o ti faccio impallinare. La rondinella allora tornò indietro, stanca, fradicia e affamata, la vide arrivare la figlia del giardiniere che la fece entrare in casa e la riscaldò al fuoco del camino. La rondinella pensò, mi sono di sicuro sbagliata è questa la principessa a cui dovevo dare la perla. E così la sputò fuori dal becco. La figlia del giardiniere riconobbe la perla. “E’ del principe” pensò. E se me la tengo? Nooo, per carità, niente si fa che niente si sa. Corse dal principe e gli disse: E’ arrivata una rondinella, teneva nel becco una perla. In quel preciso momento la perla si illuminò e il principe si innamorò. E vissero felici e contenti e la rondinella fece tanti rondinelli e la principessa rimase lì sola sola con le trecce sempre più lunghe che si era fatta fare anche le extension ma nessuno ci si voleva attaccare.Ti è piaciuta? Oh qualcosa la puoi dire sai? Ti è piaciuta?

Laura fa cenno di si, e si mette a cantare la canzone che ha cantato la zia all’inizio. La canta lentamente, a bassa voce, ma con tutte le parole giuste, in siciliano.

Lucia: Senti!

Claudia : Ha già imparato la canzone?

Lucia: Se l’ha appena sentita!

Laura continua a cantare

Claudia: Dicci un po’, ma la sapevi già?

Laura cantando fa si con la testa

Claudia: E chi te l’ha insegnata?

Lucia: Te l’ha insegnata mamma?

Laura cantando fa si con la testa

Claudia: Ma lo senti il siciliano?

Lucia: Sembra che lo parla come una di qua

Claudia: Sai solo la canzone?

Laura cantando fa cenno di no

Claudia: Ma allora tu il siciliano lo capisci?

Laura cantando fa cenno di si

Lucia: Hai capito tutto?

Claudia: Di la verità?

Laura cantando fa cenno di si

Claudia: Già la sapevi la favola della rondinella?

Laura fa cenno di si

Claudia: E del principe…?

Laura fa cenno di si

Lucia: E anche la storia di Antonio e di Giancarlo ?

Laura alza lo sguardo verso di loro, smette di cantare, smette di sorridere

Lucia: Tutto già sapevi?

Laura fa cenno di si.

Lucia: E perché te la sei fatta raccontare ancora

Laura: Picchi u vuria sentere n’atra vota così un mi la scordo chiu.

Laura riprende a cantare piano piano, continuando a giocare.