Dramma piccolo borghese in atto unico per sei personaggi di
PERSONAGGI (6, 2 donne e 4 uomini)
Marco Scandella: 50-55 anni, ragioniere, agente immobiliare, marito di Luisa e padre di Andrea. Un tipo dall'aspetto banale, un po' come la sua vita. Vive a Milano in un condominio di buon livello. Onesto e gran lavoratore, ha sempre cercato di riscattarsi dalle sue origini umili, soprattutto per compiacere la moglie Luisa. Ha un unico figlio, disabile, di cui si prende cura molto più di Luisa.
Luisa Scandella: 50 anni, estetista diplomata, moglie di Marco e madre di Andrea. Bella, alta, snella, occhi e capelli scuri. Molto impegnata a lavorare e a guadagnare per soddisfare le proprie smanie di crescita sociale e finanziaria. Insoddisfatta del suo matrimonio e della sua vita in generale, non ha mai accettato la disabilità del figlio. Da giovanissima sognava di diventare attrice.
Andrea Scandella: 30 anni, licenza media, disabile dalla nascita. Sembra più giovane della sua età, sia nell'aspetto che nel modo di fare. Non è in grado di camminare. Sta quasi sempre in casa, spesso da solo. Immaturo e incattivito dalla propria condizione e dal fastidio che la madre prova per lui, troverà conforto nell'amicizia interessata di Alonso.
Mario: 70-75 anni, laureato, milanese, ex professore di filosofia diventato barbone suo malgrado, amico di Marco. Ha un aspetto dignitoso indipendentemente da come è vestito. È sua la voce dello speaker nella scena 9.
Alonso: 30-35 anni, diplomato alla scuola alberghiera, fattorino/aiuto cuoco nella trattoria dove pranza Marco e amante di Andrea. Bello, palestrato, sempre allegro, sempre pimpante. Arrivato giovanissimo dalla Puglia con il sogno di lavorare nella moda, arrotonda la paga prostituendosi con giovani uomini. Ha un sogno di riserva: aprire un locale a Ibiza.
Madame Sourire: 40-45 anni, diplomata, astrologa-cartomante, vicina di casa degli Scandella. La versione bionda con gli occhi chiari di Luisa, ma più elegante e raffinata. Suscita ammirazione al suo passaggio e questo le basta. La sua erre moscia fa pensare che sia di origine francese. Il suo vero nome non si conosce. Abile nell'arte di arrangiarsi con stile, conduce una vita piuttosto agiata. Divorziata da molti anni, vive per la sua "arte".
NOTE DELL'AUTRICE
Il dramma è ambientato a Milano, all'inizio degli anni 2000, nel soggiorno di casa Scandella in cui sono presenti: la porta di entrata, un tavolo con due sedie, un divano, la TV, un tavolino basso. Le indicazioni riguardanti l'aspetto e l'abbigliamento dei personaggi non sono vincolanti.
SINOSSI
Marco Scandella è sposato da sempre con Luisa. Originari di un paesino nelle valli bergamasche, hanno raggiunto un certo benessere trasferendosi a Milano. Il loro unico figlio, Andrea, non è in grado di camminare.
Marco scopre di avere una malattia degenerativa che, nel lungo periodo, lo renderà invalido come il figlio e lo porterà alla morte. Terrorizzato dall'idea di non potersi più occupare di Andrea e, non ritenendo la moglie all'altezza del compito, è angosciato al pensiero del destino del figlio dopo la sua morte.
Confida i suoi tormenti all'amico Mario, un vecchio professore di filosofia diventato barbone suo malgrado.
Alonso, il cuoco della trattoria La Schiscetta, conosce Andrea e ne diventa l'amante con lo scopo di rubare in casa Scandella.
Luisa fatica sempre più a tollerare il figlio e la sua disabilità. Disperata e arrabbiata al pensiero di avere un secondo disabile in casa, crede di trovare una soluzione rivolgendosi alla cartomante Madame Sourire.
Mario, Alonso e Madame Sourire, seppur non del tutto sprovvisti di empatia, vogliono approfittare economicamente di Marco e Luisa e agiscono di conseguenza.
Quando Marco scopre che la sua malattia sta progredendo molto velocemente e gli resta poco da vivere è spiazzato. Non sapendo più come provvedere al figlio e, temendo che finisca i suoi giorni abbandonato in un istituto, lo uccide e si suicida.
SCENA 1
Buio. In sottofondo, un coro canta Ballo in fa diesis minore (Branduardi).
Sipario chiuso. Marco entra davanti al sipario, si ferma da un lato, viene illuminato da una luce spot. Quando la musica sfuma, inizia a parlare.
MARCO: Sono, o meglio ero, Marco. Ieri sera ho lasciato questo corpo, in silenzio. Stava diventando troppo pesante per me. Non sono mai stato un tipo atletico, io. Ma voi, state comodi e ascoltate fino alla fine. Sospendete ogni giudizio finché non avrete conosciuto la mia storia. È la storia di un piccolo uomo che un giorno si è trovato davanti a un grande interrogativo: "Fino a quando la vita è degna di essere vissuta?"
Sipario.
SCENA 2
Milano. Sala da pranzo di casa Scandella. Ora di cena. Da un lato la porta di entrata, accanto un tavolo con due sedie, dal lato opposto un divano e la TV, di fronte al divano un tavolino basso.
Luisa sta apparecchiando la tavola. Fa avanti e indietro dalla cucina con l'occorrente.
Marco è appena rientrato da una visita medica e ne comunica l'esito a Luisa.
MARCO: Luisa, tesoro. Siediti un attimo, per favore. Devo parlarti.
LUISA: (infastidita) Cosa c'è di tanto urgente? Non puoi aspettare che vada in cucina a mettere lo sformato nel forno? Togliti il cappotto intanto.
MARCO: (serio) I cavolfiori possono aspettare. Io, non più.
LUISA: (innervosita) Va bene, dimmi. Ma veloce, ché sono a pezzi. Oggi ho avuto una giornata campale al beauty center: due lavoranti hanno preso l'influenza e ho dovuto sostituirle. Io proprio non capisco: sono molto più giovani di me e ne hanno sempre una, come se un'orda di virus le inseguisse per aggredirle. C'è anche da dire che, appena hanno due linee di febbre, ne approfittano per rimanere sotto le coperte a guardare la TV, tanto c'è quella scema della Luisa che lavora sempre e comunque. Io, la gente che ne approfitta così proprio non la sopporto! A dirla tutta, non sopporto neanche i malati. Io non mi sono mai potuta permettere di ammalarmi, pur essendo il capo. Anzi, proprio perché sono il capo! Come te, del resto. Tutto il giorno e tutti i giorni in
agenzia, a portare quei ricchi arroganti a vedere case di lusso. E io, al salone, a impiastricciare le facce delle loro mogli per farle sembrare più giovani. Che vita di… (Pausa) Ma… Volevi dirmi qualcosa?
MARCO: Sì. (Solenne) Sono stato dal medico.
LUISA: E allora? (Esce)
MARCO: (riluttante) Non so proprio come dirtelo.
LUISA: (rientra con una tovaglia) (Spazientita) Dillo e basta. È così terribile? MARCO: Abbastanza.
LUISA: (molto spazientita mentre stende la tovaglia) Allora? Non tenermi sulle spine.
MARCO: (risoluto) Fermati un secondo, per favore.
LUISA: Ti ascolto lo stesso. (Esce e rientra velocemente col cestino del pane)
Dimmi.
MARCO: (solenne) Ho una malattia degenerativa. Ecco: l'ho detto. (Si toglie il cappotto e si siede)
LUISA: (sconvolta) Cosa? (Lascia cadere il cestino del pane sulla tavola) E me lo dici così?
MARCO: (rassegnato) Sì, te lo dico così, come lo hanno detto a me. Senza anestesia.
LUISA: Ma c'è una cura, vero? Dimmi che non è così grave.
MARCO: Hai presente quei crampi alle gambe di cui ti parlavo giorni fa? LUISA: (sorpresa) Crampi? (Pausa) Ah, sì. Ora ricordo. (Esce) MARCO: (arrabbiato) Ma… Mi stai ascoltando?
LUISA: (rientra con in mano dei piatti) Sì, certo che ti ascolto. Intanto apparecchio. Se non lo faccio, non si mangia.
MARCO: (arrabbiato) Il cibo non è la priorità in questo momento. Ti pare? LUISA: Ah, no? E poi chi lo sente Andrea? (Appoggia i piatti ed esce)
Marco, spazientito, la segue con lo sguardo scuotendo la testa. Luisa rientra con le posate.
MARCO: (spazientito) Ascoltami bene: ho la sindrome di Zuckrauss. Porta all'atrofia totale dei muscoli delle gambe e poi, con gli anni… Il professor Pedrini mi ha prescritto un farmaco di nuova generazione per rallentare al massimo il progredire della malattia. Dice che dovrebbe funzionare.
LUISA: (arrabbiata, appoggia le posate sulla tavola con violenza) Dovrebbe? E se invece non funziona? Tu come fai? Io cosa faccio? Come faccio? Un altro sulla sedia a rotelle? No, non è giusto. Non me lo merito. Non ci voglio neanche pensare.
MARCO: (alterato, quasi in lacrime) Neppure l'altro se lo merita, non credi? LUISA: (imbarazzata) Ma no, certo che no. Volevo solo dire…
MARCO: (deluso) Lo so quello che intendevi. L'ho capito fin troppo bene, purtroppo.
LUISA: (asciugandosi con la mano una lacrima che non c'è) Per favore, Marco.
Ti prego…
MARCO: Ora mi è tutto chiaro.
LUISA: Che significa?
MARCO: (deluso) Significa che sarò solo in questo viaggio. E questo mi rattrista molto.
LUISA: (astiosa) Anch'io sarò sola, un giorno. Sola con lui.
MARCO: (comprensivo) Lo so. Non cominciare ad angustiarti. Il decorso della malattia è molto lento. Probabilmente passeranno anni prima che… (Si siede e si prende la testa tra le mani) Avremo il tempo per decidere cosa fare.
LUISA: (infuriata, sottovoce) Santo paradiso! Perché tutte a me? Perché tutti a me?
MARCO: (triste) Da come reagisci è evidente che non mi sopporti più, e chissà da quanto tempo… Hai già dimenticato tutti i bei momenti vissuti insieme.
LUISA: (arrampicandosi sugli specchi) Dai, Marco. Non fare così. È che non mi aspettavo questa tegola sulla testa e sono rimasta stordita. Cerca di capirmi.
MARCO: Tegola…
LUISA: (scivolando giù dagli specchi) Insomma, volevo dire…
MARCO: (serio) Non ti sforzare.
LUISA: (scuotendo la testa) Sono stanca, stanca, stanca. (Si siede e appoggia la testa sulla tavola nascondendo il viso)
MARCO: Capisco che tu sia stanca. Lavori troppo e da troppo tempo. Dovremmo prenderci una lunga vacanza, tutti e tre insieme, prima che… (Speranzoso) Potremmo affittare una villa al mare in Liguria o, magari, in Sardegna, e starci un mese intero. Andrea ne sarebbe entusiasta. E tu? Che ne dici? Ci rilasseremmo un po' e cominceremmo a studiare una soluzione per il futuro di nostro figlio.
LUISA: Futuro? Quale futuro?
MARCO: Quando non potrò più occuparmi di lui, accompagnarlo al parco, sostenerlo… Insomma, qualcuno dovrà pur sostituirmi. E, con tutto il bene che ti voglio, non credo tu abbia energie a sufficienza.
LUISA: (decisa) No, non ce la farei proprio. Conosco i miei limiti.
MARCO: (rassicurante) Vedrai, riuscirò a organizzare tutto, sia per me che per lui. E farò in modo di crearti il minor disagio possibile, nonostante tutto.
LUISA: (bruscamente) Disagio? Quale disagio? Non devi neanche pensarlo. (Poco credibile) Dammi solo il tempo di abituarmi all'idea e, in qualche modo, riuscirò a fare la mia parte. Sei mio marito, in fondo.
MARCO: Sì, in fondo.
LUISA: (incerta) E ti a…
MARCO: (incredulo) Mi ami?
SCENA 3
Stessa scena.
Andrea entra sulla sedia a rotelle. Marco e Luisa trasaliscono al pensiero che il figlio possa averli sentiti parlare.
LUISA: (irritata) E tu che ci fai qui? Non stavi guardando la TV?
ANDREA: (ironico) Sai com'è: ogni tanto mi viene voglia di stare con persone in carne e ossa, chiacchierare, farmi due risate. Chiedo troppo?
LUISA: (irritata) La tua ironia è del tutto fuori luogo. Sia io che tuo padre siamo esausti dopo una giornata di lavoro. Scusa se non ci va di parlare dell'ultimo film di Pieraccioni che non abbiamo avuto il tempo di vedere.
ANDREA: (spazientito) Magari ci fosse stato un film comico oggi pomeriggio… Solo programmi noiosissimi. Ormai ne ho le palle piene dei documentari sulle api. (Ironico) In cucina, invece, che film danno?
LUISA: (acida) Un horror, se continui su questo tono.
MARCO: (calmo) La mamma sta preparando lo sformato di cavolfiori.
ANDREA: (irritato) Sformato di cavolfiori? Altro che horror… Immagino che lo servirà insieme a frittelle di gramigna con salsa di ortiche, secondo la ricetta della fattucchiera vegana.
LUISA: (spazientita) Senti, Andrea: stasera va così. Se per domani hai delle richieste particolari, le fai ad Alonso e vai a mangiare giù in trattoria.
MARCO: (supplichevole) Ora basta, per favore. Smettetela. Andrea, ci vorrà ancora un po' per la cena. Abbi pazienza. E tu, Luisa…
LUISA: (frettolosa) Sì, Andrea. Torna pure in camera tua. Ti chiamo io quando è pronto.
ANDREA: (sconsolato) Camera e cucina. Pranzo e cena. E… Pazienza. Che vita di merda!
MARCO: (in tono di biasimo) Non dire così, Andrea. Pensa a chi sta peggio di te. Pensa ai barboni come Mario che vivono per strada: sempre fuori, al caldo e al freddo. Un professore di filosofia che da un giorno all'altro ha perso tutto e ora dorme su una panchina. Quando gli va bene qualcuno, cioè io, lo invita a pranzo. Ti sembra una bella vita la sua?
ANDREA: (spazientito) Lui, almeno, è libero di stare al parco Sempione quanto vuole, io solo quando mi ci porti tu. E una volta dato il grano ai piccioni: a casa!
MARCO: (in tono di rimprovero) Mario è libero solo di essere in balia del freddo e dei delinquenti. Ma ti rendi conto di quello che dici? Lo sai cosa c'è là fuori dopo il tramonto?
ANDREA: (indica le sue gambe) E tu, lo sai com'è vivere così? (Si tocca la tempia) Lo sai cosa c'è qui dentro? (Gira la sedia a rotelle ed esce)
LUISA: (sconsolata) Quel ragazzo non apprezza i sacrifici che facciamo per lui da quando è nato. Non so proprio come faccia a non capire…
MARCO: Non è molto diverso da te: dirige tutta la sua attenzione verso ciò che
gli manca e non si accorge di quello che ha.
LUISA: (infastidita) Non ho mai avuto tempo per i ragionamenti filosofici, io. Mi sono data da fare in ogni modo possibile per contribuire al nostro benessere. E se oggi abbiamo una casa grande, dei mobili di design, i quadri alle pareti e la colf che pulisce, è anche merito mio. Sia ben chiaro!
MARCO: (accondiscendente) Ma certo, tesoro. Volevo solo dire che, forse, Andrea si sente trascurato.
LUISA: (imbufalita) Trascurato? Ma se non gli facciamo mancare niente, neanche la psicoterapia. A proposito: se lo psicologo non è ancora riuscito a fargli accettare la sua condizione, penso che abbia proprio fallito il suo scopo. Con tutti i soldi che gli abbiamo dato in questi anni…
MARCO: (sconsolato) I soldi, sempre i soldi… Ne abbiamo comunque abbastanza, non credi?
LUISA: Abbastanza per cosa?
MARCO: Per il necessario e per il superfluo.
LUISA: E per il futuro?
MARCO: Anche per quello.
LUISA: Se lo dici tu…
MARCO: Sai che non parlo mai tanto per parlare.
LUISA: Allora, parla per te. Anzi, non dire più nulla, ti prego. Mi scoppia la testa.
Musica. Buio.
SCENA 4
Stessa scena. Il giorno dopo, ora di pranzo.
Luisa esce. Marco si siede su una sedia.
Luce.
Mario entra asciugandosi i capelli con un asciugamano. Sul tavolo ci sono due bicchieri, una bottiglia di ginger e delle patatine in una ciotola.
MARIO: Grazie, Marco. Mi ci voleva proprio una bella doccia bollente. Spero che a tua moglie non dia fastidio…
MARCO: Non ti preoccupare, è al beauty center e rientrerà tardi, come sempre. Andrea, invece, è dallo psicoterapeuta e non può fare la spia. Nessuno dei due capirebbe, benché sia quasi Natale.
MARIO: Pensa se Luisa tornasse a casa e mi trovasse qui… Di sicuro mi scambierebbe per un ladro visto che indosso i tuoi vestiti.
MARCO: Tranquillo, Mario. Sono ancora padrone di decidere dei miei oggetti personali. Se vuoi fare una lavatrice, accomodati pure. Intanto, preparo qualcosa da bere per tutti e due. (Versa il ginger)
MARIO: Ho già messo i miei panni nella lavasciuga più tecnologica di Milano, grazie ancora.
MARCO: Allora, siediti e bevi con me. Oggi ho il morale sotto le suole delle scarpe.
MARIO: (si siede) Volentieri, mio benefattore. Perché sei così abbattuto?
Problemi in famiglia?
MARCO: (piangendo) Il problema sono io, o meglio, lo diventerò. MARIO: Cioè? Cosa vuoi dire?
MARCO: Che sono malato. L'arrivo del Natale mi intristisce sempre, ma quest'anno… Forse perché a casa dei miei non si facevano né l'albero né il presepe per mancanza di soldi. Ora che posso averli, non li vogliono né Luisa né Andrea. Lei dice che rovinano l'estetica del soggiorno, lui che sono cose da bambini. E io so che continuerò a farne a meno per tutti i prossimi Natali, probabilmente pochi. È questa la cosa che mi fa più male.
MARIO: Non essere così negativo. (Beve un sorso)
MARCO: Perché no? Ieri sera sono tornato a casa e ho comunicato a Luisa che un giorno finirò su una sedia a rotelle. Lei ha reagito così stizzita che ho avuto la netta sensazione di essere diventato una zavorra per lei. Trent'anni fa, quando le chiesi di sposarmi, le promisi che avrei dedicato la mia vita a renderla felice. Eravamo due ragazzini quando nacque Andrea. Lei era così bella…
MARIO: Lo è ancora. E, a modo suo, ti vuole bene.
MARCO: Quando rimase incinta era letteralmente terrorizzata all'idea di avere un figlio. Ora che ci penso, non ne ho mai capito del tutto la ragione. Forse era troppo giovane per una responsabilità così grande. Avrebbe voluto studiare recitazione, diventare attrice, e invece… Io, però, avevo un impiego sicuro e, sebbene non fossimo neppure fidanzati, la mia famiglia la accolse a braccia aperte infischiandosene delle malelingue. Dopo pochi mesi ci fu il trauma della nascita di Andrea. Chi avrebbe mai immaginato che due persone giovani e sane, senza tare familiari, potessero concepire un disabile? Ho ancora nelle orecchie il primo vagito di Andrea. Ero in attesa fuori dalla porta della nostra camera da parecchie ore. A un certo punto le grida di Luisa cessarono e, poco dopo, il silenzio fu squarciato da un pianto acutissimo: l'espressione dell'immenso dolore del suo venire al mondo. Del suo essere uscito sbagliato, dalla persona sbagliata, nel momento sbagliato. È tutto frutto del caso o esistono delle regole nel gioco della vita? Cosa determina il fatto che uno nasca bello e intelligente e un altro deforme e con una mente mediocre? Cosa rende una vita più degna di un'altra? Fino a che punto la vita è degna di essere vissuta?
MARIO: Queste domande mi spiazzano. Nonostante abbia frequentato con profitto sia l'Università Cattolica che quella della strada, non ho ancora una risposta definitiva.
MARCO: (prende in mano il bicchiere e lo guarda) Povera Luisa… Quanto sangue ha perso. Per fortuna si è ripresa in fretta, nel fisico. È dentro che le si è frantumato qualcosa. Qualcosa che non sono riuscito a rimettere insieme. (Fa per appoggiare il bicchiere sul tavolo, ma gli scivola e si rovescia schizzando il ginger addosso a Mario)
MARCO: (fa un gesto di disappunto) Che pasticcio ho combinato! MARIO: A questo c'è rimedio. (Tampona con l'asciugamano)
MARCO: Quando ci siamo trasferiti a Milano il cambiamento è stato grande: dalle valli bergamasche alla città. Una città che ci ha inghiottiti entrambi. Prima ci ha abbagliati, poi storditi, e poi non so… All'inizio, la cosa che mi colpì di più fu il grigio: il cielo grigio, i piccioni grigi, i palazzi grigi, le panchine grigie. In seguito, Luisa mi fece notare le luci dei locali la sera, le vetrine scintillanti delle gioiellerie, anche le insegne al neon le piacevano. Non potendo mai uscire a cena per via di Andrea, imparò a cucinare piatti deliziosi: il risotto giallo coi porcini e il filetto in crosta erano le sue specialità. Insieme a una bottiglia di Barolo ci permettevano di evadere da un grigiore che offuscava anche l'anima. Adesso lei ha completamente perso la voglia di cucinare per me, per noi. Lo fa solo per dovere, come tutto il resto.
MARIO: Mi dispiace davvero, Marco. Ora, però, devi pensare al pranzo. Non puoi arrivare a sera con due patatine.
MARCO: Ordino qualcosa alla Schiscetta. Mi fai compagnia?
Mario sorride, pregustando il pasto gratuito, e Marco prende in mano il telefono e chiama La Schiscetta.
MARCO: Pronto? Sono Scandella, quello dell'agenzia immobiliare. Fate consegne a domicilio, vero? Mi porteresti due porzioni di bucatini all'amatriciana? Abito proprio sopra di voi. Sì, Scandella, civico 21. Grazie. A dopo.
MARIO: Hai fatto bene a chiedere la consegna a domicilio, anche se Alonso… MARCO: Alonso cosa?
MARIO: Alonso è un gran simpatico, oltre che un gran drittone.
MARCO: (allarmato) Drittone? In che senso? Forse è meglio non farlo entrare in casa, allora.
MARIO: Tranquillo. I gioielli di tua moglie sono al sicuro.
MARCO: Quelli sì, sono chiusi in cassaforte. La collezione di acquasantiere antiche però…
MARIO: Marco: ma secondo te, uno come Alonso si è mai fatto il segno della croce?
MARCO: (sorridendo) Tu scherzi e io ci casco sempre come un pirla. MARIO: Stai tranquillo. Alonso è un buon diavolo.
MARCO: (pensieroso) A proposito di diavoli: secondo te, Alonso potrebbe approfittare di Andrea in qualche modo? Se si trovasse solo con lui, intendo. Sai, pensavo di fargli portare il pranzo quando io sono impegnato in agenzia.
MARIO: Approfittare di Andrea? Ma cosa ti viene in mente?
MARCO: Se ne sentono tante… I disabili sono prede ambite per certe persone.
D'altronde, a chi importa di loro al di fuori della famiglia?
MARIO: Alonso è di sicuro un tipo (Sottolineando) "alternativo", come si diceva ai miei tempi, ma le sue frequentazioni sono ben altre. Te lo garantisco! E mi fermo qui perché sono un gentleman.
MARCO: Domattina lo chiamo, allora. Ad Andrea farà piacere un diversivo.
MARIO: Così va meglio. Fatti forza, Marco. E non pensare sempre che tutti vogliano fregarti perché ti senti più vulnerabile. In fondo, la tua condizione è simile a quella di tanti altri. L'insoddisfazione, la tristezza e la malattia fanno parte della vita, che ci piaccia o no.
MARCO: Mal comune, mezzo gaudio?
MARIO: No. Il fatto è che le persone sono alla perenne ricerca di qualcosa e quel qualcosa è la felicità. Alcuni lo chiamano amore, carriera, denaro, successo… Poi capita che lungo la strada le priorità cambino e allora subentrano confusione e insicurezza. Il traguardo si allontana, sempre più verso l'esterno, decentrato alla periferia del sé. Il duro lavoro diventa il fine, non più il mezzo. Di tante fatiche rimane solo la fatica. La fatica di lavorare, di sopportare, di essere esclusi.
MARCO: Come parli bene, professore… Devi riconoscere, però, che il lavoro ci ha permesso di uscire dall'ambiente ristretto della campagna. È che non siamo riusciti a reggere il passo del cambiamento. Mi tocca proprio ammetterlo: siamo rimasti i provincialotti che eravamo all'inizio del viaggio. Correre, correre, correre… Senza una meta, solo tante piccole tappe: la casa, i mobili di design, gli abiti firmati… E quando le suole sono consumate, accorgersi che nulla ha più importanza, che un giorno guarderemo l'erba dalla parte delle radici e niente di ciò che ci era caro sarà caro a qualcun altro: nessuno farà il caffè con la nostra caffettiera.
MARIO: Luisa cosa ne pensa?
MARCO: Purtroppo, lei si lascia imbambolare da persone ambigue solo perché hanno un aspetto signorile e una certa cultura. Come Madame Sourire, la cartomante del piano di sopra. Con la sua erre alla francese la rimbambisce di chiacchiere: tra configurazioni astrali e tarocchi riesce anche a spillarle dei bei soldi.
MARIO: Madame è una donna di grande fascino. Riesce a sedurre chiunque, uomini e donne, solo con lo sguardo. Gli uomini vorrebbero portarla fuori a cena, le donne vorrebbero diventare come lei per essere invitate a uscire da quegli stessi uomini.
MARCO: Possibile che Luisa non si sia ancora tolta il prosciutto dagli occhi?
Ormai la frequenta da diversi anni. Dovrebbe aver capito.
MARIO: Vedi, Marco: Luisa non si sente più valligiana, ma non ha mai sviluppato un senso di appartenenza a una città che non le fa da specchio. Il futuro che la attende è la fotocopia di un presente ripiegato su se stesso. Non ha più voglia di niente e, allo stesso tempo, sente la mancanza di qualcosa. Forse non te ne sei accorto, ma io lei e Madame, seppur così diverse, hanno una cosa in comune: entrambe commerciano in illusioni. L'illusione dell'eterna giovinezza l'una, l'illusione di dominare il destino l'altra. Non è forse una grande abilità questa? Vendere una merce che, per sua stessa definizione, non è altro che una rappresentazione ingannevole, un falso, niente.
MARCO: Come ti dicevo, da giovane Luisa aveva altre aspirazioni: sognava il mondo dello spettacolo. Stupido io che mi sono illuso di poterla rendere felice nonostante le difficoltà, nonostante Andrea. Credevo che
il mio amore sarebbe bastato per tutti e due.
MARIO: Hai mai provato ad aprirle gli occhi su Madame?
MARCO: Sì. Mi ha dato dell'ottuso. Mi ha detto che non percepisco le energie che permeano l'ambiente intorno a noi. (Sconsolato) A quel punto mi sono arreso. Non avevo più argomenti. (Speranzoso) Forse, se le parlassi tu…
Suona il campanello. Andrea apre la porta ad Alonso che consegna due contenitori con il pranzo. Mario è seduto a tavola.
ALONSO: (pimpante) Buongiorno signor Scandella. Ecco il suo pranzo: due bucatini all'amatriciana, giusto?
MARCO: Perfetto, Alonso. (Estrae del denaro dalla tasca e glielo porge) Tieni pure il resto.
ALONSO: (contento) Grazie un milione, signor Scandella. Buon appetito. (Esce)
MARCO: È sempre così allegro, di un'allegria quasi finta. Non farà mica uso di sostanze?
MARIO: Alle sostanze Alonso preferisce di gran lunga le pietanze, soprattutto la carne. E poi… La vita non è semplice neanche per lui, non credere. Pensa che era venuto a Milano sognando di diventare modello e si è ritrovato a fare il fattorino/aiuto cuoco alla Schiscetta, ma lui è un tipo che vede sempre il bicchiere mezzo pieno ed è un esperto nell'arte di arrangiarsi, un po' come me. Ti ho mai raccontato di come sono finito per strada?
MARCO: Vagamente.
MARIO: Dopo l'università ho cominciato e lasciato tanti lavori, uno più frustrante dell'altro. Un giorno, un conoscente si impietosì e mi raccomandò al preside di una scuola privata. Fu così che mi ritrovai a insegnare filosofia al liceo classico. Tra i miei studenti ce n'era qualcuno che cercava di andare oltre le spiegazioni preconfezionate dalla scuola. Naturalmente, io assecondavo la loro curiosità intellettuale. Per me era una grande soddisfazione: significava che stavo facendo bene il mio lavoro. Purtroppo, questo non piaceva al preside. Per farla breve: dopo qualche anno e tanti rimproveri, mi cacciò dandomi del sovversivo. E, non avendo più né casa né lavoro, finii a dormire in macchina. Finché non me la rubarono.
MARCO: Che schifo! Il clero pensa solo a conservare il suo potere sulla gente, anche a scapito della verità.
MARIO: Bravo, Marco.
MARCO: Io sono un semplice ragioniere diventato agente immobiliare per caso.
Sono bravo solo a fare i conti. E neanche sempre…
MARIO: Tu sei un essere pensante. Ti poni degli interrogativi. Non ti lasci vivere.
MARCO: (sollevato) Si vede che parlare con te mi fa bene alla mente, oltre che al cuore. Sei il mio guru. Anzi, no. Qual è il termine che usi sempre tu? (Pausa) Ecco, ce l'ho: mentore. Sei il mio mentore.
MARIO: Mentore mi piace molto più di guru. Sai perché? Perché il guru si accontenta di una ciotola di riso integrale bollito mentre io ho una fame…
Marco e Mario aprono i contenitori che contengono sia i bucatini che le forchette e iniziano a mangiare.
MARIO: (mentre gira la forchetta nel piatto) Devo proprio dire che gustare i bucatini di Alonso è un'esperienza che va oltre il mero atto di mangiare. La forchetta li ghermisce dal piatto avvolgendoli strettamente a sé. Il sugo, ricco e oleoso, li impregna dall'esterno all'interno facendoli lussuriosamente scivolare tra le labbra per andare poi a colare ai lati della bocca. I pezzettini di pancetta, rinvigoriti dal peperoncino scoppiettano allegramente tra i denti. Ci scriverei una poesia: Ode al bucatino. Che te ne pare, Marco?
MARCO: (sospirando) Beato te che non hai pensieri e puoi goderti il cibo.
Purtroppo, io devo andare a prendere Andrea dallo psicoterapeuta. MARIO: Ti accompagno, così faccio due passi e digerisco. (Fa per alzarsi) MARCO: Ma no, finisci pure di mangiare. Quando esci chiudi bene la porta.
Marco esce. Mario si guarda intorno con curiosità.
MARIO: Il diavolo e l'acqua santa. Ci riuscirà?
Buio.
SCENA 5
Stessa scena. Stesso giorno, ora di cena.
Mario esce. La tavola è apparecchiata. Luisa, vestita elegantemente, rientra con un quadro appena acquistato e vorrebbe che il marito la aiutasse ad appenderlo.
Luce.
LUISA: (soddisfatta) Eccomi a casa. Oggi pomeriggio mi sono presa un'ora di pausa per tirarmi un po' su. Guarda qui cosa ho trovato dal signor Ampelio: un Fontana! (Tiene in mano il quadro, una tela rossa piena di tagli, tutta orgogliosa)
MARCO: (dubbioso) Sicura che sia autentico? Quel vecchio mercante d'arte mi sembra un gran furbone.
LUISA: (seccata) Certo che è autentico. Mi è costato un occhio della testa! Dai, appendiamolo nello studio, vicino alla finestra. Dammi una mano. Muoviti! Non fare il disfattista come al solito.
MARCO: Cerco solo di metterti in guardia verso chi vuole approfittare di te. LUISA: Alla mia età non credo proprio…
MARCO: Ti sottovaluti, anche se non intendevo quello che hai pensato.
Luisa e Marco stanno per uscire dal soggiorno quando arriva Andrea che per poco non travolge la madre con la sedia a rotelle.
LUISA: (infastidita) Arrivi sempre al momento giusto, tu. (Appoggia il quadro)
ANDREA: (sarcastico) Sono le otto, la mia ora. Cosa c'è per cena? Quadri con contorno di cornici, a quanto vedo.
LUISA: (spazientita) Senti, Andrea: non mi aspetto che tu capisca l'arte astratta né che la apprezzi, ma abbi almeno la decenza di tacere!
ANDREA: (visibilmente alterato) Quella che tu chiami (Sottolineando) "arte" è solo una tela colorata presa a rasoiate da un barbiere isterico.
LUISA: (rivolta a Marco) L'unico isterico qui è lui.
Andrea gira la sedia a rotelle e se ne va indispettito mentre Luisa appoggia il quadro, esce e rientra velocemente.
LUISA: (stizzita) Ecco: la cena è nel microonde. Tra poco si mangia. Sarà contento finalmente!
MARCO: Ti prego, Luisa! Non mi va che lo tratti sempre così. LUISA: Così come?
MARCO: Come se fosse un peso.
LUISA: Lo è, Marco. Lo è. Purtroppo… MARCO: È nostro figlio! Vedi di non dimenticarlo.
LUISA: (fuori controllo) Non ne posso più. Tutto gira intorno a lui. E sarà sempre peggio. Sono stufa!
MARCO: Luisa, finiamola qui. Andrea potrebbe sentirci. Non se lo merita. Non ce lo meritiamo.
LUISA: (a voce bassa) E io? Me lo sono forse meritato, io?
MARCO: (disperato) Non lo so. Chi decide chi merita che cosa? Chi? Dio? Il destino?
LUISA: (acida) Tu non hai mai saputo niente. Ti sei sempre lasciato vivere. MARCO: (sospirando) Non voglio sentire più nulla. Non ce la faccio più.
Il suono del timer pone fine alla conversazione. Luisa va a prendere la cena e la posa sulla tavola. Arriva anche Andrea e si avvicina alla tavola in silenzio.
Buio.
SCENA 6
Stessa scena. Ora di pranzo del giorno dopo.
Luisa e Marco escono. Suona il campanello di casa Scandella. Andrea apre la porta e si trova davanti Alonso con il pranzo.
Luce.
ALONSO: (sorridente e disinvolto) Buongiorno signor Scandella. Ecco il suo pranzo: bucatini all'amatriciana.
Andrea è basito e anche un po' a disagio mentre guarda Alonso entrare.
ANDREA: (incerto) Grazie. Appoggi pure lì (Indica il tavolo). Pensavo sarebbe salito mio padre.
ALONSO: Le dispiace che sia venuto io? Sono Alonso, il cuoco tuttofare della Schiscetta. Insomma, quello che cucina e, ai clienti affezionati, consegna.
ANDREA: (squadra Alonso da capo a piedi mangiandoselo con gli occhi) Non mi dispiace per niente, anzi. Mio padre mi ha parlato molto bene della sua cucina. (Imbarazzato) È che non sono abituato a ricevere visite, tutto qui. In realtà, ero anche curioso di conoscerla.
Mentre Andrea parla, Alonso si guarda intorno attentamente.
ALONSO: Gran bella casa, Andrea. Complimentoni! ANDREA: Grazie. Tutto merito di mia madre.
ALONSO: Sai che le assomigli? (Guardandolo fisso negli occhi) Hai i suoi stessi occhi. Sei proprio un ragazzo fortunato…
ANDREA: (guardandosi le gambe) Dici?
ALONSO: Dico, dico. Hai una bella casa, una bella famiglia, magari anche una bella fidanzata…
ANDREA: (molto imbarazzato) Veramente, io… ALONSO: (incalzante) Tu hai fame e io parlo troppo. ANDREA: (molto imbarazzato) Ma no, è solo che…
ALONSO: Se vuoi, posso aiutarti (Apre il contenitore dei bucatini): i bucatini si raffreddano.
Andrea si avvicina al tavolo dove ci sono una tovaglietta all'americana, un tovagliolo, un bicchiere e le posate. Alonso mette il tovagliolo al collo di Andrea e si siede accanto a lui.
Andrea inizia a mangiare.
ANDREA: Grazie, ma non vorrei farti perdere tempo. Immagino tu abbia molto da fare giù alla Schiscetta.
ALONSO: Tranquillo. Posso prendermi un piccola pausa. Il mio capo è un tipo
comprensivo, anche se a volte alza un po' la voce.
ANDREA: Se ti può consolare, anche in questa casa si alza la voce. Quando torna dal lavoro stressata, praticamente un giorno sì e un giorno anche, mia madre non si sopporta per quanto grida.
ALONSO: Ma tu sei un ragazzo paziente. Si vede subito.
ANDREA: (rassegnato) Sai com'è… Io non posso sbattere la porta e andarmene. ALONSO: Neanch'io se è per quello, almeno per il momento. In futuro, si vedrà.
Mi piacerebbe aprire un locale tutto mio, magari a Ibiza. Ho fatto il cameriere lì per un'estate: è un posto fantastico.
ANDREA: Se non altro, tu puoi permetterti di sognare.
ALONSO: (complice) Secondo me, sotto sotto, un sogno segreto tu ce l'hai. Ti va di raccontarmelo? Magari, ti posso aiutare a realizzarlo dopo che avrai finito di spazzolare i miei bucatini.
ANDREA: (incerto) Non l'ho mai detto a nessuno. A volte, quando me ne sto da solo in camera mia davanti alla TV, immagino che qualcuno entri all'improvviso e… (Vergognoso) No, non posso. Non posso proprio.
ALONSO: (amichevole) Rilassati. Con me puoi parlare di tutto. Sapessi quante ne ho viste da quando mi sono trasferito qui a Milano… Nulla mi stupisce, nulla mi scandalizza più. Anzi, Freud, a me, me spiccia casa.
ANDREA: (sorridendo, incerto) Allora, forse…
ALONSO: Forse ho capito. (Si alza lentamente e si avvicina ad Andrea. Gli mette le mani ai lati del collo per massaggiarlo) Sei molto teso.
Buio.
SCENA 6bis
Alonso sta per andarsene quando arriva Marco.
Luce.
MARCO: (leggermente sorpreso) Salve, Alonso. Tutto a posto? Andrea? ALONSO: (pimpante) Tutto OK, signor Scandella. Stavo per andarmene. Andrea è
in bagno a lavarsi i denti. Non immagina neanche quanto suo figlio abbia apprezzato. (Pausa) I bucatini.
MARCO: (moderatamente contento) Son proprio contento.
ALONSO: In verità, mi ha chiesto di tornare anche domani. E anche tutti gli altri giorni. Sempre se lei non ha nulla in contrario.
MARCO: No, no. Anzi, mi faresti un gran favore. Mio figlio ha così poche occasioni di incontrare i suoi coetanei… Solo non vorrei abusare della tua disponibilità.
ALONSO: (soddisfatto) Ma ci mancherebbe! Lo faccio con estremo piacere. MARCO: Bene, bene. Ti ringrazio.
ALONSO: Come dicevo ad Andrea, avete una casa davvero elegante e di grande gusto. Suo figlio mi ha mostrato la vostra collezione di acquasantiere antiche: (Furbescamente) ma lo sa che ci sono dei pezzi di grande valore?
MARCO: (sospettoso) Ah… Sei un esperto di antichità?
ALONSO: Non esattamente. Ho uno zio parroco giù in Puglia. È con lui che ho avuto occasione di visitare alcune collezioni private di oggetti religiosi: roba notevole. Mio zio mi ha insegnato a distinguere le patacche dagli oggetti di pregio. Nel settore dell'antiquariato ci sono tanti furboni: bisogna stare molto attenti.
MARCO: Allora, al prossimo acquisto, dirò a mia moglie di chiederti un consiglio.
ALONSO: (molto pimpante) Volentierissimo, signor Scandella. Sarà un piacere assisterla. Ora, però, devo proprio scappare.
Buio.
SCENA 7
Soggiorno/pranzo di casa Scandella. Sera.
Marco e Alonso escono. Madame Sourire e Luisa sono sedute sul divano. Madame indossa un abito lungo di lana bianca, una pashmina celeste sulle spalle, al collo porta una lunga collana di pietre dure, in mano ha un mazzo di tarocchi. Luisa indossa pantaloni e dolcevita neri, ballerine nere.
Luce.
M.ME SOURIRE: Bene. Eccoci qui anche stasera, mia cara Luisa. Come va?
LUISA: Non me ne parli. Ho avuto una giornata di quelle… Per fortuna Marco e Andrea sono andati al cinema. Una volta tanto ho la serata libera.
M.ME SOURIRE: Ha l'aria stanca.
LUISA: Non è solo il lavoro. L'atmosfera qui in casa è pesante, anzi pesantissima.
M.ME SOURIRE: Allora facciamo subito un giro di carte per inquadrare la situazione attuale e poi andremo in profondità. Come le ho già spiegato, ogni problema ha almeno ventun soluzioni. Si ricorda la simbologia del numero ventuno, vero? (Luisa annuisce, ma si vede dallo sguardo che non ricorda) Quindi, non c'è motivo di angosciarsi. Il counseling tarologico è una manna dal cielo. Ma questo lei lo ha già sperimentato.
LUISA: (estatica) Certo, Madama Surí. Quando sono con lei mi dimentico di tutto e di tutti. E il giorno dopo mi sembra di camminare a mezzo metro da terra.
M.ME SOURIRE: (rassicurante) Perfetto. Ora dobbiamo fare in modo che questa sensazione di benessere l'accompagni in modo permanente. Le preparerò qualcosa di speciale: un mix di fiori di Bach e fiori californiani a cui aggiungerò anche il mio ingrediente segreto. Le sarà di grandissimo aiuto.
LUISA: (adorante) Così la smetterò con tranquillanti e sonniferi. Non so proprio come farei senza di lei…
M.ME SOURIRE: (rassicurante) Deve solo acquistare ancora un po' di fiducia…
LUISA: Oh, ma di quella ne ho già tantissima. (Adorante) Mi fido di lei come di nessun altro.
M.ME SOURIRE: Intendevo fiducia in se stessa, nella sua capacità di trasformare il presente per creare il futuro che desidera. Cominciamo a lavorarci. (Mescola i tarocchi e li stende sul tavolino)
LUISA: Santo paradiso! La morte, il diavolo, l'appeso…Che brutte carte!
M.ME SOURIRE: Ma chérie, non esistono carte brutte e carte belle tout court. Gli arcani vanno interpretati nella loro globalità. Solo così si può cogliere il senso profondo della storia che ci stanno raccontando. Una stesa complessa come questa parla. E noi dobbiamo aprirci all'ascolto.
Luisa chiude gli occhi, come per ascoltare meglio, mentre Madame muove le braccia nell'aria.
M.ME SOURIRE: Riapra pure gli occhi, Luisa. Gli arcani sono pronti a illuminare il suo percorso di vita.
LUISA: Anch'io sono pronta.
M.ME SOURIRE: (indicando o prendendo in mano una o più carte per sostenere le sue argomentazioni) L'handicap fisico di suo figlio, purtroppo, rappresenta un grande ostacolo sulla sua strada. Quasi insormontabile, direi. E suo marito, pover'uomo, soffre davvero tanto per la difficile situazione che si è creata tra voi. I vostri dissapori rischiano di inasprire il rapporto di coppia con forti ripercussioni su Andrea. Vedo del patimento fisico anche per Marco, e questo potrebbe costituire una complicazione ulteriore.
LUISA: (allarmata) Santo cielo! E io cosa faccio? E le ventun soluzioni?
M.ME SOURIRE: (rassicurante) Una cosa alla volta, mia cara. Per il momento concentriamoci su suo marito. Dalle sue condizioni fisiche dipende anche il vostro equilibrio come nucleo familiare, non lo sottovaluti. (Tira altre carte) La buona notizia è che questa malattia che si è abbattuta su di lui con la violenza di un uragano durerà ancora poco, pochissimo.
LUISA: Possibile?
M.ME SOURIRE: (poco convinta, indicando le carte) A quanto pare…
LUISA: Ma sì. Non può andare sempre male. Mi sento già sollevata. Non so come ringraziarla, Madama Surì. Non vedo l'ora di dirlo a mio marito. Ma forse è meglio di no, tanto non ci crederebbe. Lei cosa mi consiglia?
M.ME SOURIRE: Aspetti, Luisa. Diamo alle energie il tempo di espandersi. Per quanto riguarda Andrea, le proporrei un rituale che ho appena creato: Essere&Benessere. Vista la situazione energeticamente stagnante di suo figlio, le suggerisco di non aspettare troppo. Facciamo domani sera alle 21, che ne dice?
LUISA: Sì, sì. Va benissimo. Lei è sempre così disponibile…
M.ME SOURIRE: Fa parte della mia professione e, soprattutto, mi gratifica. (Raccoglie i tarocchi) Allora, sono 100 per stasera e 2.000 per il rituale. Regoliamo domani, non c'è fretta.
LUISA: (alzandosi) (Speranzosa) Chissà che non arrivi una specie di miracolo anche per Andrea… (Felice) Lei ha il potere di farmi vedere le cose da
un'angolazione diversa, Madama Surì. Ora so che in fondo al tunnel c'è la luce.
M.ME SOURIRE: (sorridendo) È tutto merito suo e del suo impegno. A domani sera.
Viene lei da me questa volta?
LUISA: Sì, credo sia meglio. Se mi dà un attimo, vado di là a prendere dei campioni di una nuova crema per il corpo che vorrei farle provare: un vero portento.
M,ME SOURIRE: Troppo gentile. La proverò con piacere.
Buio.
Luisa esce. Madame va verso la porta.
Luce.
M.ME SOURIRE: (compiaciuta) (Aprendo la porta) Bene. E anche la nuova borsa di Louis Vuitton è pagata.
SCENA 8
Stessa scena. Il giorno dopo, ora di pranzo.
Andrea e Alonso sono seduti sul divano semi abbracciati. La sedia a rotelle è accanto al divano. Sulla tavola c'è un contenitore pieno di cibo ancora intatto. Appeso a una sedia, uno zainetto.
ANDREA: (titubante) Alonso, posso chiederti una cosa? ALONSO: (con finta dolcezza) Certo, caro. Tutto quello che vuoi. ANDREA: Rimarresti qui tutto il pomeriggio?
ALONSO: (dispiaciuto) Lo vorrei tanto anch'io, credimi. Purtroppo, il dovere mi chiama. Ma ci rifaremo, te lo prometto. (Fa per alzarsi)
ANDREA: (supplichevole) Ancora un minuto. ALONSO: Se me lo chiedi così…
ANDREA: (guardandolo negli occhi) Non dirmi di no.
ALONSO: Te ne approfitti perché sai che quando mi guardi in quel modo mi sciolgo.
ANDREA: (sognante) Averti conosciuto mi fa sentire baciato dalla fortuna. Come se avessi vinto alla lotteria.
ALONSO: (lo bacia) Riprova e sarai più fortunato. (Lo ribacia)
ANDREA: (con gli occhi chiusi) Ancora, ancora…
ALONSO: (lo bacia) Adesso, però, devo proprio tornare al lavoro. Saprò farmi perdonare: il giorno in cui riuscirò ad aprire un mio locale a Ibiza ti porterò con me. Che ne dici?
ANDREA: (piacevolmente sorpreso) Veramente? ALONSO: (molto convincente) Ci puoi scommettere!
Alonso si alza dal divano e, mentre rimette Andrea sulla sedia a rotelle, entra Marco.
MARCO: (incredulo) Che cosa sta succedendo? (Si avvicina al contenitore del cibo e lo apre) Andrea: non hai mangiato?
ANDREA: (insicuro) Non avevo fame, papà. Mangio dopo. MARCO: (indagatore) E tu, Alonso? Come mai sei ancora qui?
ALONSO: (rassicurante) Stavo per tornare al lavoro, infatti. Il tempo vola quando si è in buona compagnia. Suo figlio è proprio simpatico, lo sa?
MARCO: (deciso) Andrea: vai in camera tua e chiudi la porta. ANDREA: (infastidito) Ma perché? Cosa ho fatto di male?
MARCO: (deciso) Niente. Voglio solo scambiare due parole con Alonso. Da solo.
Andrea esce. Marco prende lo zainetto, lo soppesa e ci guarda dentro.
MARCO: (inquisitore) Questo cos'è?
ALONSO: (tranquillo) Il mio zainetto, signor Scandella. Quasi lo dimenticavo.
(Allunga il braccio verso Marco per afferrare lo zainetto)
MARCO: (arretra di un passo soppesando lo zainetto) Piuttosto pesante, direi. Chissà cosa contiene. Non ti dispiace se do un'occhiata, vero? (Apre lo
zainetto ed estrae un'acquasantiera piuttosto grande) (Sarcastico) A pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca.
ALONSO: (calmo) Anche a condannare senza prove.
MARCO: (disgustato) Che coraggio! (Brandendo l'acquasantiera) E questa come la chiami?
ALONSO: (impassibile) È sicuro che faccia parte della sua collezione? MARCO: (leggermente alterato) Mi pare evidente.
ALONSO: (calmo) Ha un inventario completo di foto di tutte le sue centocinquanta acquasantiere?
MARCO: (stizzito) Non ho mai avuto il tempo per farlo. ALONSO: (meno calmo) Allora, dov'è l'evidenza?
MARCO: (alterato) Vorresti farmi credere che te ne vai sempre in giro con un'acquasantiera nello zaino?
ALONSO: (leggermente alterato) E se anche fosse? Riguarderebbe solo me, le pare?
MARCO: (schifato) (Appoggia l'acquasantiera sul tavolo) Che faccia di bronzo!
E io che mi sono fidato di te… ALONSO: (rassicurante) Può continuare a farlo.
MARCO: (arrabbiato) Sei proprio senza vergogna. E già che siamo in tema, spiegami cosa hai fatto sul mio divano con mio figlio.
ALONSO: (calmo) Quello che avrebbe fatto lei con sua moglie. MARCO: (fuori di sé) Che cosa? Vuoi dirmi che tu e Andrea… ALONSO: (calmo) Sì. E siamo felici.
MARCO: (disgustato) Senza vergogna e senza scrupoli. Approfittare così di un povero ragazzo disabile.
ALONSO: Povero ragazzo non direi…
MARCO: (incalzante) Allora lo ammetti: lo hai fatto per denaro.
ALONSO: (con commiserazione) Ma no, non ha capito. Io lo vedo con occhi diversi da lei. Lo vedo come un uomo, non come un ragazzino da mandare in camera sua quando fa i capricci.
MARCO: (alterato) Vuoi anche insegnarmi a fare il padre? Per piacere… Un bel ragazzo come te può avere chiunque. Se ti interessi ad Andrea c'è una sola spiegazione: ne vuoi approfittare. Mi sembra tutto molto semplice, e molto squallido.
ALONSO: (aggressivo) E lei cosa ne sa? Mi conosce appena e sputa sentenze. Sa cosa le dico? Sì, mi trombo Andrea per denaro. È contento adesso, signor borghesuccio dei miei coglioni? Le ho detto quello che voleva sentirsi dire. Tanto, a lei, la verità non interessa. L'importante è mantenere i suoi pregiudizi. E ora, mi lasci andare. (Prende lo zainetto, senza l'acquasantiera, e se ne va sbattendo la porta)
MARCO: E adesso, come lo dico a Luisa? Glielo dico? (Crolla seduto su una sedia e si prende la testa fra le mani)
Buio.
SCENA 9
Stessa scena. Sera del giorno dopo.
Entrano in scena al buio Marco e Andrea.
Luce.
Marco (vestito come nella prima scena) e Andrea sono seduti sul divano, Andrea si è addormentato. La TV è accesa, il volume è basso. Trasmettono un notiziario: lo speaker dà la notizia di un padre che ha ucciso il figlio disabile. Marco guarda le ultime analisi e scopre che sta per morire. Ragiona a bassa voce sul da farsi.
SPEAKER: (in sottofondo) Ennesima tragedia della disperazione a Quarto Oggiaro. Un padre di famiglia, disoccupato da tempo, ha ucciso il figlio maggiore, disabile grave. Poco dopo si è sparato alla tempia. A dare l'allarme è stata la moglie al suo rientro a casa, ma per i due uomini non c'era più nulla da fare.
MARCO: (disperato) Povero me! Queste analisi sono pessime. La malattia sta galoppando, altro che rallentare, altro che farmaco di nuova generazione… Non sono riuscito a trovare una soluzione e ora sono fuori tempo massimo. Non c'è più niente da fare: sto morendo. (Suda copiosamente e respira in modo affannoso) Dunque, (Guardando l'orologio) Luisa starà su da Madame ancora un bel po'. Devo restare lucido se voglio scegliere il male minore per tutti. Lucido. (Si prende la testa tra le mani, chiude gli occhi e respira a fondo)
ANDREA: (parla nel sonno ansimando) Che bello… Continua, ti prego. Non
fermarti. (Pausa) Se questo è il paradiso, voglio andarci. Subito. Alonso, oh Alonso…
MARCO: (spegne la TV e guarda Andrea) (Sottovoce) E io che l'ho anche fatto entrare in casa mia… E Mario… Aveva intuito qualcosa e non mi ha detto niente. Perché? Il mio unico amico…
Suona il campanello.
MARCO: (sottovoce) Questa è lei: ha dimenticato i soldi per Madame e le chiavi, come al solito. No, Luisa. Ormai ho deciso. Credimi, è meglio se resti fuori.
Il campanello suona due volte. Marco e Andrea sono seduti sul divano. Andrea si sveglia.
ANDREA: (apre gli occhi, assonnato) Chi è che continua a suonare? MARCO: Una cliente di Madame che ha sbagliato porta.
ANDREA: Papà, che ore sono? Quando comincia il film? MARCO: Ormai è tardi. Il film è finito.
ANDREA: (stizzito) Uffa! Ma non potevi svegliarmi?
MARCO: E perché? Dormivi così bene… Sarebbe stato un delitto svegliarti.
(Accarezza la testa di Andrea)
ANDREA: Sai, ho sognato di stare in campagna, tra le colline, con gli animali, come quando andavamo a trovare i nonni a Brugolino. C'era anche la gallina Marta, quella che mangiava i pistacchi. Te la ricordi?
MARCO: Sì, e la sera tu avevi più paura del lupo di lei. Ma ci torneremo, lassù.
Io e te. Insieme.
ANDREA: Mi piacerebbe tornarci con Alonso. ALONSO: (infastidito) Cosa c'entra quello?
ANDREA: Proprio oggi mi chiedeva se abbiamo una casa in campagna o al lago.
MARCO: (infastidito) E a lui cosa interessa? (Esce e rientra con una boccetta in mano)
ANDREA: Rilassati, papà. Alonso è un bravissimo ragazzo. Sono così felice di conoscerlo… Mi ha detto che un giorno…
MARCO: (interrompe bruscamente Andrea) Contento te… Tanto, ormai, non ha più importanza. Niente ha più importanza. (Versa parte del contenuto della boccetta in un bicchiere d'acqua e lo porge ad Andrea)
ANDREA: (sospettoso) Cos'è?
MARCO: (falsamente sereno) Fiori di Bach. Ti aiuteranno a dormire meglio.
ANDREA: (poco convinto) Se lo dici tu… (Beve) E la mamma? È ancora su dalla fattucchiera? Sai, a volte penso che preferisca lei a noi.
MARCO: Non volergliene, Andrea. Fa quello che può, come tutti.
Andrea crolla addormentato. Marco prende un bicchiere, ci versa dell'acqua e quel che resta della boccetta di “fiori di Bach”, si siede accanto al figlio e chiude gli occhi. Il campanello suona altre tre volte.
SCENA 10
Come la prima scena. La luce illumina Mario. In sottofondo la musica de Il Funerale (Branduardi).
MARIO: Prima di lasciare questa storia e, forse, anche questa città, voglio dirvi un'ultima cosa. Datele il peso che credete, non m'importa. Nulla di ciò che ci circonda esiste realmente perché tutto muta. La primavera muore in autunno. La bellezza si trasforma in bruttezza, la giovinezza finisce in vecchiaia, la salute in malattia. Chi conosce, sa. Chi non conosce, giudica. Chi pensa di sapere tutto è un illuso. Per vedere ciò che pochi hanno visto dovete scendere dove pochi sono scesi. (declama l'intera canzone)
Se viene la sera compagno non avrai
da solo farai la tua strada
e allora la prima sarà la faina verrà per portarti paura.
Se non la fuggirai sorella ti sarà
è lei che davvero conosce
l’ordine segreto che il fiume conduce per il tuo passo il sentiero sicuro.
Se viene la sera compagno non avrai
da solo farai la tua strada sarà solo allora
che da te verrà il lupo verrà per portarti paura. Se non lo fuggirai fratello ti sarà
è lui che davvero conosce
il passo segreto che il monte ferisce per il tuo capo il riparo sicuro.
Seguendo la via che va verso il lago
là troverai la sorgente ritroverai la collina dei giochi e là tu deponi il tuo cuore.
SIPARIO
FINE