PER SENTIERI SELVAGGI

Commedia in due atti di

Enzo Ferrara
 

PERSONAGGI:
Laura ……  la madre
Carla …….  figlia
Giulia ……  figlia
Massimo …  figlio
Bruno …….  amico di chat


ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

L'ambiente è una cucina che ha visto tempi migliori. Ai lati qualche sedia, una credenza, un frigorifero.
Al centro del palco un tavolo da cucina. Sul tavolo prodotti da colazione.
In sottofondo una radio sveglia, fra parole e musica.
Entra Laura. Indossa una vestaglia, è un po' assonnata. Apre il frigo, prende una bottiglia di latte, si avvicina al tavolo, intanto entra Carla, prende la caffettiera, la posa sul tavolo. Laura posa il latte sul tavolo, prende dalla credenza delle scatole di cereali. Alla fine le due donne si sono affiancate. Non parlano. I loro gesti sono meccanici frutto di una consuetudine mattutina.

Laura prende due tazzine li riempie di caffè e ne da una a Carla,
Carla prende quattro fette di biscotti ne da due a Laura e due a se stessa.
Laura riempie due bicchieri di succo di frutta e ne da uno a Carla.
Carla nel suo lato del tavolo cerca in una scatola e trova un dolce, vede che è l'unico rimasto. Lo guarda con desiderio, lo odora e lo mette al centro della tavola.
Laura, guarda anche lei con desiderio il dolce.

Laura: Turno di notte. (Sta per prendere il dolce)
Carla: Litigata con Michele. (Laura lascia il dolce)
    (Carla si appresta a prendere il dolce)
Laura: Domani mi scade il contratto di lavoro. (Carla si blocca. Laura sta per prendere il dolce)
Carla: Oggi devo vendere almeno 16 abbonamenti. (Laura lascia il dolce)
    (Carla si appresta a prendere il dolce)
Laura: Oggi mi devo incontrare con l'avvocato per il decreto ingiuntivo del sequestro... (si guarda attorno sconsolatamente)
    (Carla prende il dolce e lo porge a Laura che lo divide in due e lo spartisce con Carla)
        
    Le due donne fanno colazione.

Laura: Perché hai litigato?
Carla: Mamma! Lo sai com'è Michele: Ci sposiamo, non ci sposiamo...
Laura: Beh! È comprensibile... quattro anni di fidanzamento...
Carla: Quante volte dobbiamo fare questo discorso? Io...
Laura: “… finché non ho una mia indipendenza economica” … eccetera...
Carla: Ecco, lo sai!
Laura: Michele ha già un buon lavoro.
Carla: E allora? Dovrei farmi mantenere.
Laura: Fino a quando non avrai trovato…
Carla: Quando?
Laura: Qualcosa dovrà succedere, non possiamo continuare a vivere in queste condizioni…
Carla: Vecchio discorso…
Laura: E poi, anche per te…
Carla: Per me, cosa?
Laura: Hai mai sentito parlare dell’orologio biologico.
Carla: Il mio orologio aspetterà… se vorrà aspettare…
Laura: Mi preoccupa anche il tuo stato psicologico, sei in continua tensione, sempre nervosa…
Carla: (Stretta nelle spalle si massaggia compulsivamente le braccia)
Laura: (Bloccando quello spasmodico su e giù delle mani sulle braccia) Usa la tua intelligenza. Lo so che non ti vuoi arrendere, ma le guerre hanno anche bisogno di tregue. Fai una tregua con te stessa.
Carla: (divincolandosi, in preda a una crisi isterica) Ho trent’anni, sono laureata da sei e non sono riuscita a concludere niente… sono una fallita, una buona a niente….
Laura: (scuotendola forte) Smettila, smettila… non sei una fallita, ma lo sarai se combatti una guerra che non ti appartiene… Tu sei caduta nella trappola, ti hanno fatto credere che la felicità era nel loro paradiso ma ti ingannato, hanno ingannato te, me e tutti; il loro paradiso non esiste, il paradiso stesso non esiste. E’ il momento che tu cominci a cercare il “tuo paradiso”.
Carla: (prostrata piange dentro)
Laura: (abbraccia Carla) Piangi se ti serve, ma ti voglio combattiva, abbiamo molte cose da fare.
Carla: (fa segno di si con la testa)
Laura: Adesso devo andare, devo sostituire una collega per tre ore... tu che fai?
Carla. Che faccio? Meditazioni su: come vendere 10 abbonamenti in sei ore e vivere felici.
Laura. Spiritosa! (esce)
    (Carla mette un pc portatile sul tavolo e comincia a smanettare)
    (Entra Laura vestita per uscire)
Laura: Io vado... (giunta davanti la porta) riguardo i mobili della stanza di Giulia... (capisce di aver toccato un tasto delicato) ha risposto qualcuno all'annuncio... lo sai quanto mi dispiace…
Carla: lo so, ma sono passati due anni…
Laura: …e due mesi.
Carla: ..appunto. Possiamo anche tenerli, non saranno quei quattro soldi che possono risolvere.
Laura: Hai ragione… ma non è per i soldi… non lo so…
Carla: Non riesci a rassegnarti.
Laura: Tu ci riesci? Io vado. Ciao.

Carla indossa una cuffia con microfono e comincia a di7gitare un numero di telefono sul suo pc:

Carla: Buon giorno signore, le posso rubare solo tre minuti per parlarle di “Starlife” la promozione della Lorelay la nostra casa editrice per il trentennale della sua fondazione... (blocco. L'interlocutore ha chiuso il telefono)
(Carla rifà un nuovo numero telefonico)

Carla: Buon giorno signora, le posso rubare solo tre minuti per parlarle di “Starlife” la promozione della Lorelay la nostra casa editrice per il trentennale della sua fondazione le offre l'opportunità di avere gratuitamente un abbonamen...
     
(blocco. L'interlocutore ha chiuso il telefono)
(Carla rifà un nuovo numero telefonico)

Carla: Buon giorno signora, le posso rubare solo tre minuti per parlarle di “Starlife” la promozione della Lorelay la nostra casa editrice per il trentennale della sua fondazione le offre l'opportunità di avere gratuitamente un abbonamento a: People solo rispondendo alle nostre domande per una ricerca statistica...

    (Squilla il citofono)
    (Carla assorbita dalla conversazione si alza e va ad aprire la porta sempre parlando. Apre senza vedere a chi apre e torna indietro sempre parlando.)
    (Di colpo realizza. Si blocca e si volta sbalordita verso la nuova arrivata)

Carla: GIULIAAAAA?!
Giulia: (Giulia, sorella di Carla è sulla soglia, ai suoi piedi una sacca o valigia. Resta immobile)
Carla: STRONZA, BUGIARDA, INGRATA... (al telefono) Nooo, non dico a lei... signora, non parlavo con lei parlavo con...(riavutasi dalla sorpresa) mia sorella... (si toglie la cuffia)
Giulia: E' questa l'accoglienza al figliol prodigo!?
Carla: …
Giulia: Nemmeno un abbraccio?!
Carla: Abbraccio? Una pedata negli stinchi ti meriteresti.
Giulia: La mia vecchia e cara sorella maggiore… prendermi a calci è sempre stato il tuo sogno. Confessalo!
Carla: Con che faccia tosta ti presenti a casa dopo averci fatto mancare tue notizie per due anni...
Giulia: ( Entra in casa) Non è esatto. Avete avuto mie notizie, ho telefonato...
Carla: Due telefonate in due anni... Lo sai quanto ti abbiamo cercato… il tuo numero di telefono non rispondeva, hai cambiato numero e non ce lo hai detto…
Giulia: Calma, calma... se mi dai tempo ti spiegherò tutto...
Carla: Non è a me che devi spiegare, non solo a me, lo devi alla mamma...
Giulia: Lo so, lo so... anche a lei...
Carla: Soprattutto a lei... non si era ancora ripresa dalla perdita del lavoro che tu lei hai dato la botta finale andandotene via.
Giulia: Le cose stanno così, dal tuo punto di vista, io ho un'altra visione delle cose...
Carla: Quale sarebbe la tua visione delle cose?
Giulia: Ti spiegherò anche questo. Dove è lei adesso?
Carla: Al lavoro, dove vuoi che sia...
Giulia: In quella sala scommesse?
Carla: Sala! Quella bettola di ubriachi...
Giulia: Perché è andata li, non poteva scegliere di meglio?
Carla: Come no! Le hanno offerto la direzione della General Motors, ma lei ha rifiutato.
Giulia: Avrebbe dovuto accettare… con questi chiari di luna è meglio che niente.
Carla: Certo sarebbe stato diverso se avessimo potuto aiutarla noi. Non credi?
Giulia: E come? Tu vendendo cianfrusaglie per telefono...
Carla: Telelavoro. Si chiama: telelavoro!
Giulia: Si chiama sfruttamento. Tu laureata con il massimo dei voti, con tesi di laurea da applausi che rompi le palle alla gente... non è lavoro: è sprecare intelligenza.
Carla: Si chiama sopravvivenza...
Giulia: Si può chiamare: resa incondizionata...
Carla: Ancora la tua teoria di questa casa come Fort Alamo! Allora adesso siamo a cavallo, é arrivato Davy Crocket!
Giulia: Sono appena arrivata e già litighiamo?
Carla: Questa è anche casa tua.
Giulia: C'è del caffè? Ci penso io, sistemo la mia roba... (esce)
Carla: (parlando forte per farsi sentire)...sei arrivata in tempo...
Giulia: (Solo voce che arriva)) Perché?
Carla: Abbiamo messo l'annuncio per vendere la tua roba...
(Si sente un po di trambusto di Giulia che sistema la sua roba)
Giulia: Potevate affittare la stanza...
Carla: La mamma non vuole estranei in casa... la verità è che lei ti aspettava ma non lo diceva.
Giulia: Che strano…
Carla: Cosa è strano?
Giulia: Tutto come lo avevo lasciato… ma senza polvere.

(Giulia rientra)
(Carla smanetta al computer)
 (Silenzio delle due)
 
Carla: Allora?
Giulia: Cosa?
Carla: Due anni!
Giulia: Allora?
Carla: Due anni... cosa hai fatto?
Giulia: Niente!
Carla: Niente!? Come: niente!
Giulia: Niente che valga la pena di essere raccontato.
Carla: (sbarra gli occhi e fa un gesto di sbalordimento)
Giulia: Cosa vorresti, che io ti facessi un resoconto dettagliato...
Carla: Nooo! Ma avremo il diritto di sapere...
Giulia: No! Non avete nessun diritto... se mai sarò io, quando ne avrò voglia, a raccontare...  raccontare poi, cosa c'è da raccontare... parlare, forse, ma nemmeno... detesto questa continua esposizione della propria vita a tutti... questo continuo raccontarsi, (imita uno che digita al computer)    
Carla: Tutti?! Io e la mamma non siamo: “tutti”,  siamo la tua famiglia-
Giulia: ...e io vi voglio bene, siete importanti per me...
Carla: ...ma?!
Giulia: Ma io ho bisogno di tempo per capire tutto quello che mi è successo.
Carla: Tempo per capire?! Ecco la vera Giulia! La ribelle riflessiva. Una vera contraddizione in termini.
Giulia: Per favore... (con aria stanca) non ho voglia di discutere

(Silenzio delle due)

Carla: Io vado di la devo continuare a lavorare. (esce)


SCENA SECONDA

(Giulia resta sola. Sorseggia il caffè)
Un rumore di chiavi. Entra Laura:

Laura: GIULIA?!
Giulia: Ciao mamma.
Laura: Ciao mamma? Tutto qui?

(Laura si libera delle cose, (borsa, giacca...) si mette al centro, allarga le braccia. Giulia si avvicina a lei. Le due si abbracciano in silenzio.)

Giulia: Mamma devi darmi tempo, ti spiegherò, ma non ora, non saprei come dirti, cosa dirti...
Laura: Ti ho chiesto qualcosa? L’importante è che stia bene. Stai bene?
Giulia: Sto bene.
Laura: Ecco, il resto me lo dirai quando vorrai.
Giulia: Grazie mamma, sei sempre grande.
Laura: Piuttosto, sei arrivata in tempo stavo vendendo i tuoi mobili.
Giulia. Non credo ne avresti ricavato molto.
Laura:  Quel poco oggi può servire. Ho già venduto il pianoforte di Alberto.
Giulia: E' cosi brutta la situazione?
Laura: No, è solo preoccupante, ma cambierà.
Giulia: Diventerà disperata?
Laura: Non essere pessimista, adesso che ci sei anche tu troveremo la soluzione. Io sono ottimista.
Giulia: Non me la racconti.
Laura: Cosa?
Giulia: Tu hai un piano. Ti conosco.
Laura: Non è un piano, è un’idea.
Giulia: No, no, è qualcosa in più… quando tu dici: ho un’idea, vuol dire che hai un progetto.
Laura: Macchè progetto.
Giulia: (chiamando) Carla! Carla, vieni…
(entra Carla)
Giulia: La mamma ha un progetto.
Carla: Progetto? Che progetto?
Giulia: Una soluzione ai nostri problemi.
Carla: Sarebbe?
Laura: No, non adesso. Siamo in una fase creativa.
Carla: Creativa?!
Laura: Di studio, ma non dirò niente di più.

 (le due sorelle si scambiano un sguardo)

Laura: no, no,no!
Carla: Dacci un indizio.
Giulia: Ci sono! Una rapina nella tua sala scommesse?
Carla: Ci sto! Hai già un piano?
Laura. Smettetela!
Giulia: Ma è ovvio! Sala scommesse: la stangata due!
Carla: E’ vero! Io sono Robert Redford…
Giulia: Io sono Redford…
Carla: Tu sei Paul Newman, Robert Redford sono io, sono più bella.
Giulia: E tu mamma? Chi sei?
Carla: La complice, la talpa…
Giulia: Allora mamma quanto è il malloppo? Un milione, due milioni…
Carla: Si mamma, dicci quanto potremo arraffare?
Laura: (Divertita) Ragazze! Smettetela, non scherziamo…
Carla: Allora?
Giulia: Si mamma, dai!
Laura: In trent'anni da manager in una azienda di successo avrò imparato qualcosa!
Carla: Allora è un progetto finanziario?
Giulia: Ma chi ti da' i soldi?
Carla: Hai un finanziatore'
Giulia: Ma sei sicura? Dove vuoi investire... ma soprattutto in cosa vuoi investire?
Carla: Confessa: hai un capitale di venti milioni in una banca svizzera e lo vuoi investire.
Giulia: In quale settore vuoi investire?
Laura: Stop, stop, stop! Non c'è nessun settore... e poi se avessi venti milioni, farei il lavoro che faccio?!
Carla: Allora? Dicci tutto…
Giulia: ...si mamma, dicci…
Laura: Noooooo! Non una parola uscirà dalla mia bocca. Non adesso. (Rivolto a Giulia) E tu? Rispetto la tua privacy ma sarebbe utile conoscere la tua situazione...
Giulia: Intendi: finanziaria, economica.
Laura: Si, lavoro, soldi... è deprimente lo so, ma è su questi due elementi che gira il mondo. Ma soprattutto voglio sapere le tue intenzioni.
Giulia: Che intenzioni?
Laura: Resti, vai via o… cosa.
Giulia: Intanto sono qui e sono contenta, per il resto non ho né soldi, né lavoro.

 (Silenzio)

Laura: (scuotendosi) Non preoccuparti. Risolveremo. (si avvicina a Giulia, fa un gesto affettuoso come ad una bambina) L'importante è che tu sia a casa, con noi.

(Laura si avvia verso l'uscita, ma viene fermata da Giulia)

Giulia: E Alberto?

(Laura si ferma e risponde)
Laura: Sta bene... almeno credo. Non lo sentiamo da... (guarda Carla)
Carla: Due settimane, l'ho sentito io... c'erano dei problemi...
Laura: Non me lo hai detto.
Carla: Abbiamo già i nostri di problemi... e poi Alberto ha quarant'anni... li risolverà lui i suoi problemi.
Giulia: Che genere di problemi?
Carla: Quelli di tutti: lavoro e... amore.
Laura: Amore?
Carla: Si mamma, e tu lo sai che quando ci sono problemi di soldi ci sono anche problemi, chiamiamoli: problemi d'amore.
Giulia: Ma è sposato da quanto?  cinque anni... tutto sembrava filare liscio...
Carla: Ecco: sembrava. Quando non ci sono figli tutto si complica, nel ramo sentimenti.
Laura: Sapevo che aveva buone prospettive di lavoro.
Carla: Sono sfumate, l’orchestra in cui suonava si è sciolta.
Laura: Si va bene… è un brutto periodo, ma vedrai, Alberto è in gamba, troverà la soluzione.

 (suona il campanello di porta, Carla, va ad aprire.)
(Laura resta in attesa di vedere chi è alla porta.)
(Carla rientra in scena)

Laura: Chi è?

(Carla non risponde, si fa da parte per fare entrare in scena Alberto con valigia in mano)

Alberto: Ciao mamma! Ragazze!
Carla: Come dicevi tu mamma: Alberto ha trovato la soluzione.

Buio.


SCENA  TERZA

(Carla con auricolare e microfonino parla)

Carla: No, no, signora la nostra è una offerta gratuita... No, ci deve credere, perché non ci crede? Le sembra strano? Ma non c'è trucco, non c'è un secondo fine... la nostra è una promozione per far conoscere il prodotto... Quale prodotto? Il giornale, e sì... il giornale è un prodotto, le spiegavo perché è gratuito perché lei e chiunque lo sfoglierà ne apprezzerà i contenuti e magari la prossima volta lo acquisterà... se non lo apprezza? Non lo compra ma intanto questo è in omaggio e lei non lo paga. Glielo mando signora? Bene! Sì sì, senza impegni, tranquilla signora... ecco se adesso lei mi da il suo indirizzo... lo appunto... ecco, sì, sì.. va bene signora, grazie e buona giornata...

(Giulia entrata a metà conversazione, sta in disparte)

Carla: (grosso sospiro) Che fatica!
Giulia: E' ovvio, oggi se tu dai una cosa senza farla pagare, la gente si insospettisce... penserà che c'è qualcosa di... poco chiaro, un imbroglio... invece tutto è chiaro: a voi interessa la sua identità, il suo l'indirizzo, il suo nome, il telefono, le sue preferenze, i suoi interessi... tutta merce che ha un valore sul mercato.
Carla: Lo so, ma non ci posso fare niente... io devo lavorare, non mi piace ma non ho scelta...
Giulia: (pausa)
Carla: E non venirmi a fare la morale!
Giulia. Non dico niente.
Carla: Non lo dici ma lo pensi.
Giulia: Si, lo penso!
Carla: Sei tornata per darmi lezioni? Vuoi insegnarmi cosa devo fare? Su, dai! Quale la prima lezione? Come si vive senza un lavoro? Comincia dai!
Giulia: (silenzio)
Carla: Cosa hai imparato la fuori? Hai fatto le tue esperienze di vita e adesso vuoi dispensarle a noi poveri piccoli borghesi?
Giulia: Perché sei cosi acida con me? Cosa ti ho fatto?
Carla: Sei straordinaria, hai lo stile di... di un politico di mestiere, sei come quel marinaio della nave che affonda che chiede agli altri: come mai stiamo affondando?... sei stupefacente.
Giulia: Non voglio insegnarti niente, perché non ho niente da insegnare, cerco solo di capire...
Carla: E in questi due anni non hai imparato niente!? Cosa hai fatto? Hai osservato le stelle, hai scrutato nella notte, hai assaltato treni, hai dormito nelle metropolitane, dove sei stata!
Giulia: Non voglio litigare con te. (si volge per andar via, ma viene bloccata dalla sorella che la trattiene mettendosi davanti a lei)
Carla: No, tu resti qui e mi dici cosa hai fatto in questi anni!
Giulia: Perché insisti su questa storia? Non è importante, non è successo niente di.. vero.
Carla: Vero? Cosa è successo di non vero?
Giulia: (come una resa) E' successo un amore non vero, è successo un percorso verso una verità non vera. Ti ricordi quel film che vedeva sempre papà, quello in cui una ragazzina viene rapita dagli indiani, i Sioux, o gli apache, e John Wayne la cerca e alla fine la trova.
Carla: Lo ricordo. Lo avrò visto venti volte con papà.
Giulia: Ricordi come cercavano quella ragazzina, per anni l’hanno cercata, sono invecchiati senza mai smettere di cercare…
Carla: Papà si commuoveva sempre alla fine.
Giulia: C'è stato un momento in cui mi sono sentita come quella ragazzina: rapita dagli      indiani... ma non è venuto John Wayne a liberarmi.
Carla: Perché? Perché sei andata via?
Giulia: Perché ho creduto a papà. Ci ha detto che il mondo è una frontiera aperta solo a chi ha coraggio ma non è vero; il mondo non è una frontiera aperta e non ci vuole coraggio, il mondo è un corridoio stretto e affollato, non ci sono praterie in cui correre, né fiumi da attraversare, solo stagni putridi e non ci vuole coraggio, ci vuole solo mancanza di scrupoli. E per questo che io sono tornata a casa, avevo bisogno di pulirmi.
Carla: (silenzio)
Giulia: Scusami se ti ho fatto del male, non volevo.
Carla:  Adesso sei a casa... E insomma... sei a casa.

Buio.


SCENA QUARTA

Alberto in scena. Seduto davanti ad un tavolo, Carta e penna in mano.
Entra Giulia. Viene da fuori.

Giulia: Ciao.
Alberto: Ciao (breve pausa)  Come è andata?
Giulia: Parli del colloquio di lavoro?
Alberto: Si, certo, come è andato?
Giulia: Solita storia: riempia un modulo, presenti il curriculum, riceverà notizie.
Alberto: Già! Nessuna speranza?
Giulia: Se la speranza fosse quotata, avrebbero chiuso la borsa per eccesso di ribasso. E tu?
Alberto: Io... cosa?
Giulia: Che progetti hai?
Alberto: Nessun progetto, anzi a pensarci, uno ce l'ho.
Giulia: Bene, e posso conoscerlo?
Alberto: Sicuro! L'ho chiamato: Milionar tango, o se preferisci: Milionar Cha cha cha!
Giulia: (ride) E come funziona'
Alberto: (mimando un conferenziere davanti al pubblico) Molti credono che la musica e la matematica siano due mondi distanti e inconciliabili, non è vero: note e numeri sono amici, anzi direi che sono amanti. Due amanti clandestini e quando si incontrano, al riparo da occhi indiscreti, fanno faville. Dovete sapere che dietro ogni frase musicale vi è un numero, ad ogni movimento musicale corrisponde una sequenza matematica. E per darvene un esempio io adesso suonerò: Perfidia... ma dato che non ho il mio pianoforte, chiederò a voi di cantarlo. Tu, (indica Giulia) conosci. Perfidia?
Giulia: Quella della carica dei 101?
Alberto: Ma che dici! Quella è Crudelia! Perfidia!
Giulia: Aah! Si! La famiglia Addams...
Alberto: Ma noooo! Quella è Mortisia... Perfidia...

(comincia a cantare e trascina la sorella nel ballo della stessa canzone: Perfidia.)

Mujer,
si puedes tu con Dios hablar,
preguntale si yo alguna vez
te he dejado de adorar.

21,48, 25, 30
espejo del mi corazon
38, 71, 6,
la perfidia del tuo amor
    
Giulia: (staccandosi da Alberto) Sei sempre in vena di giocare... fatta questa scoperta a che ti serve?
Alberto: (prende dei fogli dal tavolo) Ascolta queste sono le ultime dieci estrazioni del superenalotto. (sulla musica della “Baiadera” della Carmen)
    68, 45, 73, 27,54, 79, 31, 38...
    (alla fine) Quella che hai ascoltato è la matematica della baiadera della Carmen di Bizet.
Giulia: (divertita) ma ancora non capisco...
Alberto: E' semplice! Basta scoprire la musica delle prossime estrazioni eeee... fare un sei al superenalotto.
Giulia: Sei matto! Senza alcun dubbio sei matto!
Alberto: Si, lo sono... ma sono così, che colpa ne ho.
Giulia: (dopo una pausa) E Luisa? Ti confesso che vi invidiavo, sembravate una coppia perfetta...
Alberto: Ma lo siamo. Anche divisi siamo la coppia perfetta... ma...
Giulia. Ma, cosa?
Alberto: Non avevo niente da offrirle. Diventavo ogni giorno più trasparente, alla fine sarei diventato invisibile e non potevo accettarlo.
Giulia: (pausa) Stiamo tutti diventando invisibili. Ma tu no, tu hai talento, sei un artista...
Alberto. Sì, sì sì... smettiamola, basta per favore! Artista, cosa significa essere artista, meglio essere un ingegnere, un commercialista, un imbianchino, uno che produce, che fa qualcosa, l'arte è un prodotto che non ha mercato oggi... Scusa, sono in piena fase deprimente.

(suonano il campanello della porta)
(Alberto va ad aprire. Si sentono delle voci. Poi appaiono sulla porta: Alberto che sorregge Laura come svenuta e da un altro personaggio: Bruno, che aiuta Alberto a sorreggere Laura)

Giulia si precipita ad aiutare, Chiama: Mamma!
Entra anche Carla.
Adagiano Laura su una sedia. Laura si tiene la testa.

Laura: Non è niente, solo le mie vertigini che si fanno sentire, se sto seduta dieci minuti starò bene.
Giulia: Ma da quando soffri di vertigini?
Carla: E' da un anno...
Laura. ... ma non è niente, vengono e poi vanno... (rivolta al nuovo arrivato) Scusa Bruno, non era questa la maniera di farti conoscere la mia famiglia. Ragazzi lui è Bruno.

(Imbarazzati, sorpresi e a disagio i due fanno un cenno a Bruno, ancora più imbarazzato di loro)

Bruno: Non ha voluto che la portassi all'ospedale...
Laura: Ma che ospedale! Carla, portami in camera mia... Bruno, ti chiedo scusa...
Bruno: Ma non dirlo nemmeno per scherzo, vai adesso riposati...

(Carla e Giulia prendono Laura e sorreggendola la portano fuori)
(In scena restano Alberto e Bruno)

Alberto: Forse è meglio fare le presentazioni. Io sono Alberto.
Bruno: Bruno.
Alberto: Conosce da molto mia madre?
Bruno: Solo cinquantasei... cinquantasette giorni...
Alberto: Bene… Lei vive qui, intendo in questa città?
Bruno: Si, si, vivo qui, da sempre…

(Silenzio imbarazzato dei due)

Bruno: E' meglio che io vada...

(Entrano Carla e Giulia)

Carla: Alberto non hai fatto gli onori di casa con il signore?
Bruno: Scusate, io sono imbarazzato...
Giulia: Perché? Anzi dobbiamo ringraziarla, se non ci fosse stato...
Carla: La mamma ha avuto il primo attacco più di un anno fa, non è grave, ma con il cambio di stagione succede che si presentino degli episodi di vertigine.
Giulia: Conosce da molto nostra madre?
Alberto: Solo cinquantasette giorni, ho già chiesto...
Bruno: Ci siamo conosciuti... (pausa) su internet, in un sito di... incontri... oggi ci si incontra anche così... non ci sono molte occasioni di incontri... e poi questi posti non sono quello che si crede, sono siti seri, gestiti da persone perbene... insomma non vorrei che pensaste male di vostra madre...
Giulia: Certo che no!
Carla: Solo che a noi non ha detto niente...
Alberto: Ma non c'è niente di male...

(i tre figli cercano di nascondere il disagio che provoca la notizia di cui non erano a conoscenza)

Bruno: Devo dire che conoscerla è stato per me... non so come dirlo... una folgorazione. Laura, vostra madre, è una donna straordinaria, piena di energia, non ci si annoia mai con lei... è riuscita a sconvolgere il mio mondo; io sono stato sempre una persona riservata, schiva… un solitario. Sono rimasto vedovo vent'anni fa e non pensavo più di... mi ero rassegnato a restare solo, ma è difficile... cosi una volta sono andato in uno di questi siti... devo dire che la mia natura di timido ha incontrato non poche difficoltà a cercare un dialogo, ma con Laura è stato come... come incontrare l'altra parte di me, quella nascosta... ma voi siete i suoi figli e non potete conoscere questo aspetto di vostra madre, ma vi posso dire che è una donna speciale.
Giulia: Beh... qualcosa l'avevamo capita...
Bruno: Che stupido...
Giulia: No, no... scherzavo... è molto bello quello che avete detto di nostra madre..
Alberto: Certo...
Carla: Ma poi è la sua vita privata, noi non abbiamo il diritto di entrarci dentro...
Bruno: Si, certo... Allora vi saluto... è stato veramente un piacere conoscervi.

((facendo un inchino a mo di saluto, esce di scena)
(i tre restano in scena ammutoliti)

Giulia: (a Carla) Tu non ne sapevi niente?
Carla: Vedevo che stavo ore al computer, ma non immaginavo...
Alberto: Cosa credevi che giocasse a scarabeo.
Carla: Ma no, credevo che facesse i soliti pettegolezzi su questi siti… sai: facebook, insomma quello che fanno tutti...
Giulia: Non ce la vedo la mamma a fare pettegolezzi...
Carla: Allora che dovevo fare? Controllarla!?
Giulia: Non è un rimprovero... solo che...
Alberto: Solo che? Cosa? Ha cercato un uomo! Mi sembra normale, non è vecchia, non è brutta... è vedova da dodici anni ormai.
Carla: Non è questo, è che credevo che non fosse tipo da... cerco marito su internet...
Giulia: Forse dovremmo fare uno sforzo, cercare di capire come ragiona una donna di sessant'anni, come vede la sua vita, la sua condizione di donna, non è che a sessant'anni ti si spengono le emozioni, anche i desideri, lo so, è difficile per noi figli parlarne, ma nostra madre è anche una donna.
Alberto: Ma sì, lasciamo che sia lei a gestire la sua vita. Per noi è la mamma, e basta.
Carla: Basta fino ad un certo punto, noi siamo anche responsabili delle sue scelte. Che sappiamo di questo signor... Bruno! Chi è, cosa fa, perché è interessato alla mamma....

(entra Laura visibilmente stordita)

Laura: Ve lo dico io chi è!


FINE PRIMO ATTO




SECONDO ATTO
Scena di musica prima dell’apertura del sipario “The long and winding road” dei Beatles

In scena: Carla, Giulia, Alberto, Laura.

Laura:  Volete sapere chi è Bruno? Bruno è il mio progetto che può essere anche il vostro.
Carla: Come sarebbe?
Laura: Ho quasi sessant'anni, ho un lavoro che mi da’ appena da vivere e che detesto, non ho una rendita, per dirlo apertamente: sono una poveraccia...
Alberto: ...mamma , non è vero...
Laura: Zitti, adesso lasciatemi parlare. Ho fatto la manager, ho fatto guadagnare molto denaro a tante persone: gli amministratori delegati, gli azionisti, gente che non conoscevo e che non mi conosceva. Che complimenti e che sorrisi quando le cose andavano bene, ma quando le cose non sono più andate come avrebbero voluto, un calcio e via. Come una buccia d' arancia, in cui non c'è niente da spremere: “la dottoressa Laura non è più congrua alla azienda”. Eccomi ridotta a fare la sportellista in una sgangherata sala scommesse sui cavalli. Devo restare cosi? Ditemi!
Carla:  No di certo! Ti possiamo aiutare noi...
Laura: Come? Con il tuo lavoro? (ad Alberto) col tuo? (a Giulia) o col tuo? Vedete, noi siamo ai lati di un tavolo da gioco e guardiamo gli altri giocare, un tavolo a cui puoi sedere solo se hai le fiches. Non contano: l'intelligenza, la capacità, l'impegno, la bravura, contano solo le fiches.
Alberto: E Bruno? Ha le fiches?
Laura: Molte, molte fiches, ma non sa come giocarle...
Giulia: E tu glielo vuoi insegnare.
Laura: Uno scambio, nessun imbroglio, io ho quello che a lui manca. La vecchia regola del mercato: domanda e offerta.
Carla: Mamma! Ma tu parli di... mercato, di domanda, di offerta, ma lui lo sa che sta comprando le tue azioni?
Alberto: E tu! Sei sicura che voglia comprarle?
Giulia: Allora il vostro è un accordo economico o sentimentale?
Laura: Vuoi i dettagli? Te li do! Bruno è un uomo solo, non ha famiglia, non ha amici, non ha affetti, ma ha una grande necessità, una forte necessità di amare ed essere amato. Io so di potergli dare quello di cui lui ha bisogno.
Carla: Ma questo è mercimonio!
Laura: Non ti permetto di dire questa parola, nemmeno di pensarla.
Carla: E tu come lo chiameresti uno scambio di amore con denaro'
Laura: So come la chiameresti tu: prostituzione. Io lo chiamo scambio d'amore.
Carla: Amore!? Mamma come puoi parlare d'amore e di... fiches...
Laura: Amore, si! Perché io, forse non ve ne siete accorti ma sono una donna e non sono decrepita o malata e non sono da buttar via e ho ancora amore da dare, ma la mia vita è come bloccata, come fossi legata ad una ruota, giro sempre sui miei stessi passi, non si può amare se si è legati ad una ruota che gira.
Alberto: Ma lui sa di essere oggetto di uno scambio?
Laura: Bruno è un uomo meraviglioso, ha dentro tante potenzialità che nemmeno lui conosce. La sua sensibilità è come un pennello che conosce solo pochi colori, se ne conoscesse altri sarebbe una esplosione di colori.
Giulia: Che succede mamma, ti stai innamorando del prodotto...
Laura: No, non è vero, Bruno è un uomo, non è un prodotto... e non accetto la raffigurazione che fate di me, come se fossi una arida arrivista, anaffettiva e  immorale.

(esce di scena infuriata)


SCENA SESTA

Alberto: Non avevo mai visto la mamma così accalorata...
Giulia: Non avevamo mai visto la mamma come una donna e per di più innamorata.
Carla: Ma che sappiamo di quest'uomo. Non sopporterebbe un'altra delusione...
Giulia: Dovremmo parlare con questo signore, vedere che tipo è...
Alberto: Non guardate me! Non mi ci vedo nei panni del figlio che parla con il fidanzato di sua madre.
Carla: Ci parlo io.
Giulia. Non ne facciamo un caso. La mamma non è una sprovveduta avrà valutato bene la persona.
Alberto: (ride)
Carla: Perché ridi?
Alberto: Cerco di immaginarmi la scena, come quando assumeva il personale, la mamma che fa una selezione dei pretendenti, e poi ne sceglie uno.
Carla: Ricordo quando fece assumere nella azienda Daniela, una mia amica di liceo, una ragazza timida e impaurita, la fece diventare uno straccio, ma alla fine tirò fuori tutto il talento nascosto di Daniela. Quando la incontrai era cambiata, la sua personalità venne fuori. Provai quasi timore a parlare con lei. Questa è la mamma.

SCENA SETTIMA

Buio. Due punti di luce su Laura e Bruno.
I due parlano come se chattassero.

Bruno: Ciao, io sono Bruno, ti disturbo?
Laura: No, non disturbi. Sei nuovo?
Bruno: Si, sono nuovo, è la prima volta che parlo con qualcuno.
Laura: Non si dice: parlo, si dice: chatto.
Bruno: Chatto è un verbo? L’ infinito è: chattare?
Laura: Vuoi che ti faccia tutte le declinazioni?
Bruno: No, grazie. Ti secca se io uso il verbo: parlare?
Laura: Anzi, lo preferisco. Io sono Laura.
Bruno: Lieto di conoscerti Laura. Io sono Bruno.
Laura: Piacere! Come sei finito qui?
Bruno: Non so, ho pigiato su un tasto e poi risposto ad alcune domande ed eccomi qui. E tu?
Laura: Io scaccio la noia.
Bruno: E ci riesci?
Laura: Non sempre, qualche vola, raramente… quando mi capita un interlocutore intelligente.
Bruno: É difficile trovarne?
Laura: Dipende. Ci vuole esperienza, acume, bisogna analizzare i segnali...
Bruno: Cioè?
Laura: Per esempio il nick, il tuo nome. Se tu ti fossi chiamato “Belloedannato” o “morovilloso”, non ti avrei nemmeno risposto, ma tu hai usato il tuo vero nome.
Bruno: Ho sbagliato?
Laura: No, ma hai messo in evidenza la tua buona fede, la tua sincerità. Questo ti fa onore.
Bruno: E tu?
Laura: Tu, piuttosto, perché hai scelto me?
Bruno: Mi ha attirato il tuo nome, scusa,il tuo nick: Despina
Laura: Conosci?
Bruno: Despina è una delle città invisibili di Italo Calvino.
Laura: Lo hai letto?
Bruno: (Citando) “In due modi si raggiunge Despina: per nave o per cammello. La città si presenta differente a chi viene da terra e a chi viene dal mare...”
Laura: (Citando anche lei) Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone; e così il cammelliere e il marinaio vedono Despina, città di confine tra due deserti.
Bruno: Anche tu!?
Laura: E' uno dei miei libri preferiti. Ma che ci fai tu in un posto simile?
Bruno: Potrei farti la stessa domanda?
Laura: Non lo so. E’ strano, ma… non lo so.
Bruno: Forse è ora che tu te lo chieda.
Laura: Forse perché fuori pioveva. E tu?
Bruno: Adesso lo so.

(Le luci si allargano e illuminano realisticamente i due personaggi)

Bruno: Fu allora che tu diventasti imprescindibile. Non potevi che essere tu ciò che io cercavo.
Laura: Anch'io capii di averti trovato, ma devo, per onestà, dirti che non era l'amore che io cercavo.
Bruno: Cosa cercavi?
Laura: Cercavo un salvagente, una scialuppa, qualcosa che mi portasse in salvo.
Bruno: Per questo eri la?
Laura: Ero in cerca di una soluzione per la mia vita, o di quel che restava della mia vita.
Bruno:Non siamo tutti in cerca di una soluzione per la nostra vita?
Laura: Ma io avevo un piano preciso, un vero e proprio progetto finanziario. Dovevo scegliere freddamente, senza coinvolgimenti sentimentali, come fosse un investimento a reddito sicuro. Ti sembra morale?
Bruno: Mi hai insegnato a diffidare del concetto di moralità. Ricordo ancora cosa mi hai detto: la morale è una invenzione dei furbi.
Laura: Mi sono sentita una imbrogliona, una venditrice di falsi...
Bruno: Per questo eri così dura con me. Mi trovavi mille difetti.
Laura: Volevo che tu mi lasciassi.
Bruno: L'avevo capito. Ma come ti ho detto, tu sei diventata imprescindibile per me. Me ne accorgevo ogni giorno, dovevo sentirti, sentire la tua presenza, su uno schermo o meglio ancora: al mio fianco.
Laura. Eri diventato un esperto della chat. Battevi sulla tastiera come un consumato dattilografo, non mi davi il tempo di pensare
Bruno: Sono sempre stato uno di poche parole, ma con te era diverso, avevo tante cose da dirti che dovevo fare uno sforzo per bloccare le mie dita.
Laura: Eri diventato un seduttore digitale.
Bruno: Io un seduttore!?  No! Sono solo un uomo fortunato perché ho trovato quello che cercavo, da sempre.
Laura: Ero io quello che cercavi?
Bruno: Ti sembra assurdo? Mi sono messo nelle tue mani e tu mi hai svelato.
Laura: E’ bello quello che dici, ma è anche inquietante, mi fai sembrare una manipolatrice di uomini.
Bruno: Ma tu hai tirato fuori il meglio. Chi ha tirato fuori il mio lato romantico? Tu!
Laura: Io!?
Bruno: Tu, quando hai preteso che ti scrivessi poesie, ti portassi dei gladioli. E poi mi hai fatto conoscere i Pink Floyd!
Laura: Questo mi ha stupito di te, il fatto che tu, della mia stessa generazione, non li conoscessi.
Bruno: Li evitavo, mi ero fatto abbagliare da Salieri.
Laura: Il tuo Salieri, il tuo Bach, buoni si, ma non in dosi così massicce.
Bruno: Se non ti avessi incontrato sarei morto senza aver ascoltato Jim Hendrix, gli U2, i Queen. Avrei sprecato una vita.
Laura: Ti piace scherzare e sono contenta che tu abbia scoperto anche il tuo lato ironico.
Bruno: Vedi: anche questo tu mi ha fatto scoprire, quindi non farti venire sensi di colpa, tu non mi hai ingannato, mi hai rivelato e svezzato, ma mi devi ancora fare crescere.
Laura: Vuoi crescere con me?
Bruno: Voglio crescere e dividere con te tutto della mia vita, anche il denaro, perché tu, forse non lo sai, ma sei la donna più onesta che io abbia mai conosciuto.

BUIO

SCENA OTTAVA

Alberto prende la valigia e comincia a riempirla di indumenti.
In scena anche Giulia.
Entra Carla.

Carla: Hai deciso!?
Alberto: (Non risponde. Continua a fare il bagaglio)
Carla: Non mi sembri entusiasta.
Alberto: No, non lo sono.
Carla: Era scontato che tu dovessi trovare una soluzione.
Alberto: Io! E invece l’ha trovata mia moglie, o meglio, il suo caro papà.
Carla: Ti ha offerto un lavoro!
Alberto: Direttore nella sua fabbrica di camicie. “Diomira! La camicia che non si stira!” Non inorridite?
Giulia: (ironica) Avresti potuto fare sei al superenalotto?
Alberto: Spiritosa. Sono un artista, non mi andava di sporcare la musica con i numeri. (pausa) Voi non mi approvate, vero?
Giulia: Cosa importa se ti approviamo o no. E' la tua vita.
Alberto: A me importa.
Carla: Stai facendo la sola cosa che potevi fare.
Alberto: No, sto consegnando le armi. E' una resa. Papà non mi avrebbe approvato.
Giulia: Papà non c'è più.
Alberto: Ma ci siete voi. Ditemi: che cosa posso fare?
Carla: Niente. Non puoi farci niente. Puoi solo sdrammatizzare, non è la fine del mondo, non bisogna mai perdere la speranza.
Giulia: Carla ha ragione: mai perdere la speranza. Ci sarà il nostro tempo. Deve esserci.

(si avvicina ad Alberto e lo abbraccia)

Carla:  (si avvicina anche lei lo abbraccia) Se ti può consolare anch'io vado via.
Giulia: Anche tu?
Carla: Michele mi ha dato l'ultimatum. O mi sposi o fra noi finisce.
    Come vedi anch'io ho alzato bandiera bianca!

(Giulia si irrigidisce scatta)

Giulia: Se non lo ami non accettare! Non sei obbligata!
Carla: No, non sono obbligata. Ho accettato perché sono stanca e anche perché lo amo.
Alberto: Michele è un bravo ragazzo e ha un buon lavoro. Vedrai sarà bello, magari mi darai dei nipotini... eh?
Carla: Ho accettato anche perché so che la mamma è in buone mani.
Alberto: Siete sicure di questo... Bruno!
Giulia: Conosci la mamma, sarà lei a dirigere.
Carla: Sono contenta anche per il fatto che non andrà più a lavorare in quella “sala” scommesse, specie quando doveva fare i turni di sera tardi.

(Alberto ha finito di fare la valigia)

Alberto: Io vado. Cosa dire?
Giulia:  (ironica) Trova qualcosa di toccante.
Carla: ...di solenne.
Giulia: ...che resti scolpito nella storia della nostra famiglia.
Alberto: (assecondando il tono ironico) In un momento così drammatico per la nostra società, quando uno dei più talentuosi musicisti della nostra storia viene strappato all'arte io vi invito ad osservare un minuto di silenzio.
Giulia: Un minuto e troppo, facciamo trenta secondi.
Carla: Macché trenta secondi facciamo dieci secondi...
Alberto: Stronze!

(Alberto abbraccia Giulia e poi Carla.)
(Prima di uscire si gira)

Alberto: Mi raccomando sorvegliate il forte, fuori è pieno di indiani.

(Le due attrici fanno il saluto militare)

BUIO

SCENA NONA

Laura in scena, seduta legge un giornale.
Entra Giulia. Si libera di un indumento.

Giulia: Ciao mamma. Che fai?
Laura: Leggo. E tu? Come stai?
Giulia: Bene.
Laura: No, tu non stai bene.
Giulia: No, sto bene, sul serio.
Laura: Vieni, siediti e parla con me, e da tanto che non parliamo io e te.
Giulia: (si siede) Cosa vuoi sapere.
Laura: Tutto. Tutto quello che una madre vuole sapere dalla figlia che non vede da due anni.
Giulia: Non c’è molto da dire. Ho seguito un amore, ho avuto le mie delusioni, ho cercato la mia strada non l’ho trovata. Tutto qui.
Laura: Hai sofferto, e non ti sono stata vicina.
Giulia: Ho i problemi che hanno tanti ragazzi della mia età. Mancanza di lavoro, di prospettive… insomma tutta roba da inchiesta giornalistica.
Laura: Ma non è questo che voglio sapere, per questo mi basta leggere i giornali. No, io voglio sentire da te, che cosa hai dentro tu.
Giulia: Non ho niente di diverso dagli altri della mia età.
Laura: Va bene. Vuol dire che invece di parlare con “te” dei “tuoi” problemi, mi basta guardare un telegiornale? E’ da un telegiornale che avrò notizie della tua vita?
Giulia: Che vuoi dire? Cosa vuoi sapere?
Laura: Per esempio chi sono quelle due persone che stazionano qui davanti giorno e notte; perché hai cambiato numero di telefono quando sei andata via; perché hai sempre il telefono spento e non ricevi mai telefonate o messaggi. Ecco cose di questo tipo.
Giulia: Mamma! Come galoppa la tua fantasia! Cosa sarei? Un agente segreto, un terrorista… suvvia.
Laura: Puoi farci tutta l’ironia che vuoi, ma non sono una stupida, so guardare oltre le apparenze e trarre le conclusioni.
Giulia: E a che conclusioni sei arrivata?
Laura: Alla conclusione che tu stai percorrendo una strada che non è la stessa di altri ragazzi.
Giulia: E se cosi fosse?
Laura: E’ cosi?
Giulia: Mamma! (tirando un sospiro)
Laura: Giulia… sii sincera.
Giulia: Mamma, (avvicinandosi e stringendole le mani) ricordi quando a scuola i miei compagni mi volevano costringere a isolare un ragazzo perché era un omosessuale…
Laura: Si, mi ricordo.
Giulia: Tu allora mi dicesti, lo ricordo ancora con chiarezza: non seguire mai il gregge, ragiona con la tua testa e segui la tua coscienza. Ho sempre seguito questo tuo insegnamento. Non ho isolato quel ragazzo, ne ho subìto le conseguenze ma sono fiera di averlo fatto.
Laura: In questi giorni ho riflettuto sul mio ruolo di madre e mi rendo conto di averlo ricoperto male, molto male. Sono stata una madre assente, pensavo solo al lavoro, alla carriera…
Giulia: Come tutti… una pandemia, tutti di corsa, una forsennata corsa all’oro, convinti che fosse oro quello che inseguivate mentre non era altro che piombo, lo stesso che vi ha tirato giù, a fondo.
Laura: Era naturale, scontato: il successo, il denaro, era questo il nostro Graal…
Giulia: E non ti sei mai chiesta se fosse giusto?
Laura: No, non mi sono mai posto il problema…
Giulia: Perché?
Laura: Perché… era cosi, come una specie di delirio collettivo, come quando vai al concerto del tuo cantante e la musica intona quel motivo che conosci, e tu, come ipnotizzata, lo canti, lo urli, e tutti lo urlano, come se quella musica, quelle parole fossero parte di te, una eccitazione, una esaltazione come posseduti…
Giulia: Anche tu come tutti.
Laura: Sì, se solo avessimo ascoltato con attenzione, quella musica e quelle parole avremo visto che erano parole stupide, vuote, e la musica un ridicolo motivo e invece tutti a cantare a squarciagola, come invasati.
Giulia: Cantavi anche tu. Questo è quello che mi fa più male.
Laura: E’ questa la mia colpa? Essere come tutti?
Giulia: Sì, tu sei mia madre, non puoi essere come tutti.
Laura: Di cosa mi accusi?
Giulia: Ti voglio bene e non ti accuso di niente… (si alza e sta per allontanarsi. Si ferma davanti all’uscita) Poi su Bruno, mi sembra una brava persona, non mi sembra per niente una fiche.

(fa per andare. Laura Si alza e la chiama)

Laura: Giulia!
Giulia: (si volta e la guarda) Si mamma, starò attenta.


SCENA DECIMA


Giulia parla al telefono. Indossa i vestiti con cui è arrivata
A terra lo stesso borsone.

Giulia: (si muove nervosamente parlando, alternando pause a frasi o periodi) ...quando?  No, no, non può essere stato lui... mi sembra impossibile... non verrò, non credo ai supereroi, non ci credevo nemmeno quando avevo tre anni... (scandisce) io ho fatto quello che era giusto fare. Punto. (pausa)
    Si era fatto un patto, si era stabilita una linea d’azione, qualcuno si è ritirato, evidentemente non abbiamo tutti la stessa visione…

(intanto entra Carla che, non vista, ascolta)

    ...non ho mai approvato i vostri metodi, la scelta non è fra il fare e il non fare ma come fare... fate la vostra strada io farò la mia. (Chiude il telefono. Si gira e vede Carla)
    Da quando sei qui? Hai ascoltato?
Carla: Cosa nascondi?
Giulia: Nascondo? Non nascondo, solo non credo sia necessario dirle certe cose..
Carla: Smetti, per favore, dimmi la verità.
Giulia: Cosa vuoi sapere: quello che ho fatto o quello che voglio fare.
Carla: Dimmi di te. Di noi. Che ne sarà?
Giulia: Come se io fossi in grado di dirtelo.
Carla: Che ruolo hai?
Giulia: Cosa intendi?
Carla: Giro la domanda. Che gioco è quello che stai giocando?
Giulia: Non è un gioco…
Carla: Cazzo Giulia! Non far finta di non capire.
Giulia: E’ un solitario, un gioco stupido, una perdita di tempo.
Carla: Tempo. Il tempo è un bene prezioso, non bisognerebbe perderlo.
Giulia. (presa da un improvviso slancio verso la sorella di cui afferra le mani fra le sue) E’ questo il punto: il tempo. Quello che ci impoverisce e ci rende sterili è proprio questo: perdere il tempo… capisci! Chi ci ruba il tempo ci ruba la speranza, non possiamo stare inerti a guardare, dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo fare qualcosa…
Carla: Cosa?
Giulia: Non lo so! Vedi, ci hanno tolto anche la capacità di trovare la soluzione.
Carla: Tu credi che io sia una stupida che si è piegata senza combattere. Vero?
Giulia: Noooo! Tu sei forte, sei la sorella che tutte vorrebbero avere. La stupida sono io, sono come da bambina, ti ricordi? Volevo sempre avere ragione io, anche quando non ne avevo, e tu mi accontentavi.
Carla: Sei sempre stata una testarda. Ma non eri una bambina capricciosa. Avevi un esagerato senso di giustizia… per la tua età.
Giulia: Io devo andare. Non mi chiedere dove.
Carla: E noi?
Giulia: La mamma con il suo Bruno e tu con il tuo Michele avrete un riparo dalla tempesta.
Carla: Tempesta?
Giulia. Non vedi i segnali? Ma non ti spaventare basta trovare un nascondiglio, ben riparato, ben fortificato.
Carla: E tu?
Giulia: Io saprò cavarmela, e poi ho il mio fido “smartphone” che ti prometto userò più spesso.
Carla. Non scherzare. Siamo preoccupati per te. Tu non stavi cercando un lavoro, vero?
Giulia: Ricordi quello che diceva papà: nel lavoro ci deve essere divertimento, passione, gioia di fare. Se non c'è tutto questo non è lavoro.
Carla: So bene quello che diceva papà ma i suoi tempi non sono i nostri. Non mi diverto a fare quello che faccio ma devo farlo...
Giulia: E questo ti fa onore, sopporti un fardello maggiore del mio, credimi se ti dico che non sarei andata via se non avessi saputo che lasciavo la mamma in buone mani, le tue.
Carla: E adesso la vuoi lasciare di nuovo!
Giulia: La mamma ha trovato il suo John Wayne… e anche tu. Sono contenta per voi.
Carla: Dove andrai? Con chi andrai?
Giulia: Non so dove andrò, ma sarò sola.
Carla: Ti farai sentire?
Giulia: Non mi troverai su Facebook ma ci sarò. Te lo prometto.

(Giulia prende in mano la sua valigia o borsone. Si avvicina a Carla. Le due si abbracciano. Giulia si avvia.)

Carla: Ehi! Stai attenta la fuori. E' pieno di indiani!

Giulia si gira, sorride alla sorella. Esce.

FINE