Pioggia su New York

di

Alessandro Trigona


Sullo sfondo, una grande finestra chiusa da una veneziana. Vicino un mobiletto-bar. Al centro della scena, una normale poltrona. Spostato sulla sinistra, un televisore. Sulla destra, due poltrone ‘chaise longue’. La differenza di stile identifica ambienti spazio/temporali diversi.


ecce homo

Il televisore è acceso. Da sinistra entra Woyzeck. Ha circa quarant’anni, la barba lunga e l’aria abbrutita. L’uomo viene avanti,fino alla finestra. Alza la ‘veneziana’ e guarda lo skyline di New York con ancora il ‘World Trade Center’. Si versa da bere e beve. Riabbassata la ‘veneziana’, siede sulla poltrona. Il televisore trasmette una partita di baseball. L’audio è in americano


l’attesa

Si abbassano l’audio, le luci e, da sinistra, entra Patrick, trent’anni, vestito grigio. Parla al cellulare

patrick:     cosa? Fottiti, Sam. Lo sai come la penso: basta un’incertezza e sei fottuto. Fottuto, nel vero senso della parola. Nel nostro mestiere ci vuole determinazione, voglia di fare e non guardare mai in faccia a nessuno. Era chiaro che stavano bluffando, che stavano soltanto cercando di alzare il prezzo e… cazzo! È caduta la linea

Da sinistra viene avanti Vera, trent’anni circa, indossa un tailleur. Il suo è il tipico atteggiamento da donna in carriera

vera:     Patrick; volevo dirti…
patrick:     questi maledetti cellulari! Cade sempre la linea
vera:     Patrick?
patrick:     che c’è, Vera?
vera:     volevo dirti…
patrick:     cosa?
vera:     congratularmi. Sei stato abile, veramente abile
patrick:     ho soltanto fatto vedere quello che valgo: centinaia di migliaia di dollari
vera:     proprio in gamba
patrick:     avevo anche in tasca la lettera di dimissioni
vera:     come?
patrick:     un errore, anche solo un piccolo errore e la mia carriera era finita
vera:     sei un grande
patrick:     molto di più che grande, stratosferico
vera:     quello che stavo per dire
patrick:     gestire la vittoria. Ora bisognerà gestire la vittoria
vera:     questo è il punto
patrick:     domani mattina alle nove c’è la riunione del consiglio d’amministrazione
vera:     al ‘trade’
patrick:     all’ultimo, ma solo all’ultimo, quando quel figlio di puttana di Martin si sarà esposto, avrà chiesto le mie dimissioni candidandosi a sostituirmi, allora, ma solo allora, entri tu…
vera:     …con il fax con la conferma dell’esclusiva per tutto l’estremo oriente
patrick:     voglio vedere la sua faccia, voglio vedere l’espressione di quel figlio di puttana quando verrà a sapere del contratto
vera:     un colpo di genio
patrick:     quel bastardo avrà quel che si merita…
vera:     bene
patrick:     …e poi via, in Malesia, Thailandia, Giappone a raccogliere i frutti del nostro lavoro
vera:     non vedo l’ora di partire
patrick:     domani sarà comunque dura e noi dobbiamo essere al massimo
vera:     sarai anche stanco
patrick:     euforico. (entrambi si avviano verso destra, raggiunta l’estremità della scena Patrick si ferma) Solo una cosa
vera:     cosa?
patrick:     (l’afferra) sono indeciso se scoparti qui o a casa tua
vera:     stamattina è tornato mio marito
patrick:     merda
vera:     quello che dico anch’io: merda
patrick:     e allora lo faremo qui
vera:     in ascensore?
patrick:     non lo hai mai fatto in…? è la fine del mondo, credimi, la fine del mondo. E domani, sarà anche meglio
vera:     (ammiccante) la fine del mondo?
patrick:     crollasse tutta Manhattan se non sarà così
vera:     il ‘trade’? Crollasse il ‘trade’?
patrick:     sarà Martin a farlo saltare in aria, lui con la sua boria
vera:     staremo a vedere
patrick:     sarà così

I due cominciano ad amoreggiare e le luci si smorzano su di loro…



ecce homo 2

Al centro della scena: Woyzeck, lui e lui solo. Si è addormentato davanti al televisore. Da destra, entra Maria, la moglie. È una donna di circa quarant’anni, trasandata ma pur sempre bella. Maria gli gira intorno osservandolo con disgusto. Va alla la finestra e alza la ‘veneziana’. È già giorno

maria:     Woyzeck? Woyzeck? (spegne il televisore e scuote l’uomo che lentamente si sveglia) Ti sei addormentato. Ancora una volta ti sei addormentato davanti alla televisione. (Woyzeck non dice niente, la guarda in silenzio con aria colpevole) Maledetto elettrodomestico, maledetto lui e chi l’ha inventato. Credo che se non esistesse, anche tu non esisteresti con lei. (Woyzeck sbadiglia) Sì, sbadiglia, sbadiglia pure. Fingi pure di non sentirmi tanto per quello che mi importa. (Woyzeck accende il televisore e si immerge a guardarlo) E oggi? Niente ufficio oggi? (Woyzeck la guarda per un attimo , inespressivo. Torna a guardare il televisore) Sì, sì, ho capito, ho capito. Vieni almeno a prenderti la colazione e… vai a farti fottere

La donna esce a destra. Woyzeck si alza e, voltandosi continuamente indietro per guardare il televisore, esce a destra




un momento prima

Da sinistra, entrano Sue e Kaprinsky e si vanno a sedere sulle poltrone ‘chaise longue’. Kaprinsky, bloc-notes in mano, prende degli appunti

kaprinsky:     allora dicevi?
sue:         dicevo?
kaprinsky:     no, dico… mi stavi raccontando…
sue:         ah, sì. Dicevo… no. Cosa dicevo?
kaprinsky:     di ieri, all’Università
sue:         ah, sì all’Università, il professore… coso, come si chiama?
kaprinsky:     …quello di fisica?
sue:     sì, lui, proprio lui. Stavamo lì, nel corridoio, prima della lezione e lui mi parlava, mi diceva che… non so, esattamente ma, insomma, sì, mi parlava, lui mi guardava e mi parlava
kaprinsky:     e tu?
sue:         io gli sorridevo e non ascoltavo
kaprinsky:     come?
sue:     non riuscivo, non riuscivo proprio a stare dietro a quei suoni, alle sue parole. Cioè… lui parlava, articolava le parole ed io… io non lo ascoltavo, non lo sentivo neanche. Ero troppo intenta a… (pausa) …le sue labbra. La sua bocca
kaprinsky:     guardavi quella?
sue:         dio! Avrei voluto strappargliela… a morsi
kaprinsky:     cosa?
sue:         le labbra, la bocca, la lingua. A morsi
kaprinsky:     fargli l’amore?
sue:     fosse solo quello! Era così sensuale, eroticamente sensuale che – miodio! - mi vergogno
kaprinsky:     non ti preoccupare
sue:     lo avrei divorato, letteralmente divorato di tutto. Lì, sul posto, in quel momento, in quel preciso momento, divorato, mangiato, sbranato, cannibalizzato
kaprinsky:     e poi?
sue:     lui non capiva. Continuava a parlare e non capiva, non riusciva a rendersi conto di quello che io stavo vivendo, in quel momento
kaprinsky:     e che hai fatto?
sue:         mi sono chiusa in macchina, dentro la macchina e… (tace)
kaprinsky:     ti sei masturbata?
sue:         un po’, soltanto un po’
kaprinsky:     a lungo?
sue:         giusto il tempo di farlo
kaprinsky:     e la polizia ti ha beccata
sue:         quella stronza di poliziotta che… mi odia
kaprinsky:     perché lo dici?
sue:     ce l’ha sempre con me, mi perseguita. E la multa per divieto di sosta, e quella volta che mi ha fermata che avevo bevuto
kaprinsky:     bevuto?
sue:         un po’, giusto un po’, qualche bicchierino di… gin
kaprinsky:     bevuto
sue:     un paio di bottiglie con gli amici, una sbronza tra amici prima di… mi capisce, no?
kaprinsky:     e la poliziotta ti ha sorpreso?
sue:     in macchina che… mi davo da fare. Mi sfogavo. Da sola. Senza nessuno. Sola
kaprinsky:     e per questo che sei venuta qui da me, così presto questa mattina?
sue:         mio padre. È lui che ha voluto che venissi
kaprinsky:     certo, tuo padre
sue:         mi è venuto a recuperare alla centrale di polizia e ha tirato giù dal letto lei
kaprinsky:     sono il tuo analista, mi sembra anche normale, quando è urgente, veramente urgente. Come si dice… ‘sempre a disposizione’
sue:         (ammiccante) in che senso?
kaprinsky:     per i clienti, la terapia, visite urgenti
sue:         (ammiccante) e la mia lo è… urgente?
kaprinsky:     tuo padre ritiene di sì
sue:         (c.s.) ed è disponibile, sempre disponibile, solo per questo?
kaprinsky:     vuoi dire?
sue:         (c.s.) un po’ come ieri, con il professore di fisica
kaprinsky:     quello di cui mi parlavi?
sue:         (c.s.) lui parlava, parlava e non capiva
kaprinsky:     le tue pulsioni?
sue:     (c.s.) proprio quelle! Lui parlava, parlava di fisica quantistica, delle reazioni dell’atomo quando è sottoposto ai bombardamenti dei neutroni, le radiazioni – non so - e non riusciva a capire, a percepire il senso di quello che io, in quel momento, stavo vivendo
kaprinsky:     immagino dove vuoi arrivare
sue:     (c.s.) il bombardamento di ormoni, sollecitazioni che subivo in quel momento, in quel preciso momento
kaprinsky:     capisco
sue:         (c.s.) un po’ come è adesso
kaprinsky:     adesso?
sue:     (c.s.) lei parla, parla ma… (pausa) …le sue labbra, la bocca, la lingua. Vorrei strappargliele. Strappargliele a morsi
kaprinsky:     anche ora?
sue:         (c.s.) soprattutto ora. Adesso. In questo preciso momento
kaprinsky:     vuoi dire che…?
sue:         (c.s.) voglio dire che…

Sue comincia ad insidiare l’uomo che la scansa

kaprinsky:     ti prego!
sue:         fallo!

Sue gli si getta addosso e Kaprinsky riesce a fatica a sottrarlesi. L’uomo è in piedi, vicino alla finestra mentre la ragazza si ricompone

kaprinsky:     che diamine, Sue!
sue:         mi scusi…
kaprinsky:     sono un professionista!
sue:         non volevo. Non credevo proprio ma… ha visto come mi succede?
kaprinsky:     mi rendo conto
sue:     di colpo, come se niente fosse, mi sale una eccitazione che… devo sfogare… in qualche modo
kaprinsky:     capisco
sue:         non volevo offenderla. Solo che… (tace)
kaprinsky:     le pulsioni?
sue:         quelle
kaprinsky:     anche adesso?
sue:         soprattutto adesso. È come se… dovessi esplodere in qualche modo…
kaprinsky:     ancora? (Sue, mortificata, annuisce) …se vuoi… proprio devi… (Sue, sempre più mortificata, annuisce di nuovo) …lì, c’è il bagno (indica a destra)
sue:         il bagno?
kaprinsky:     se hai bisogno… proprio devi…
sue:         (rassegnata uscendo a destra) grazie

L’uomo, rimasto solo, apre la ‘veneziana’ e si serve un bicchiere di whisky, cercando di recuperare la propria compostezza. Suona il cellulare, Kaprinsky risponde

kaprinsky:     Ah sei tu, Dorothy. Sì. No. No. Non sono più partito. Non ancora almeno. Dovevo prendere il treno delle undici ma… lo perdo. L’ho perso. Una cliente. Una cosa urgente che… speravo di poter arrivare lì, da te, al mare, presto ed invece… una cosa urgente. Mi hanno buttato giù dal letto ed eccomi qui, taccuino alla mano e una cliente che… non poteva aspettare, non era il caso. (da destra, remissiva, rientra Sue) Appena ho finito, ti prometto, chiudo tutto e vengo giù, al più presto. Roba di un’ora… (Sue appare terrorizzata. Kaprinsky non ne capisce il motivo e, preoccupato cambia tono) …almeno… credo… spero (riattacca)

Attraverso la finestra aperta si vede arrivare contro un aereo

kaprinsky:     Sue, che diamine…?
sue:         (indicando terrorizzata fuori dalla finestra) l’aereo! Ci viene addosso!

Kaprinsky si volta e vede l’aero quando ormai gli è addosso

kaprinsky:     minchia!

Esplosione di suoni e luci. Buio


ecce homo 3

Il televisore trasmette le immagini del disastro di New York, le stesse immagini che si vedono attraverso la finestra che è rimasta aperta. Rientra Woyzeck, con una ciotola piena di corn-flakes. Con espressione preoccupata guarda il televisore. Non capendo di cosa si tratti, cambia ripetutamente canale ma sul teleschermo appaiono sempre e soltanto le immagini del disastro delle ‘torri gemelle’. Woyzeck si guarda intorno perplesso. Alla fine si accorge che, attraverso la finestra, si vedono le stesse immagini che trasmette il televisore. Ancora più perplesso guarda fuori e poi, di nuovo, si volta a guardare il televisore. Woyzeck non capisce, non è in grado di farlo. Guarda alternativa­mente il televisore e fuori dalla finestra, il televisore e fuori dalla finestra. Scuote la testa, indeciso sul da farsi. Alla fine si decide: chiude la ‘veneziana’ e siede davanti al televisore a guardare le immagini del ‘World Trade Center’ in fiamme. Il televisore è decisamente più rassicurante


qualche attimo dopo

Improvvisamente… fumo. Un uomo anziano avanza. Barcolla, tossisce, impreca. Cade anche, ma si rialza

anziano:     avanti, maledetti, avanti. Fatevi pure avanti che io e dio sapremo come trattarvi, figli del demonio. (tossisce) Trecentoventimilacin­que­­centosette… trecentoventimila­cin­que­­cen­to­set­te… trecentoventimi­la­cin­que­centosette… (tos­si­sce) Voi, siete ancora voi, figli di un giuda infame e ladro. E pure bastardo. Voi! (inciampa ma si rialza) È dai giorni del ghetto che mi perseguitate, che massacrate la mia vita… Volevate il mio sangue? E lo avrete, voi che ne perseguite lo scempio, il crocifiggere dell’uomo per esaltare i pensieri del vostro niente storico. (tossisce) Trecentoventimilacinque­cen­to­sette, trecen­to­­­venti­­mi­­la­cinque­centoset­te, trecentoventimilacin­que­­cen­to­­­sette, il nu­­me­ro che per sempre mi porto addosso. Il numero di satana che i suoi porci seguaci mi hanno affibbiato. (tossisce) Trecentoventimila­cin­que­cen­to­­sette, il mio numero per l’'inferno, per quello che è stato e sempre sarà l’inferno: Aushwitz. (tossisce) Voi mi avete voluto e cercato ancora, un'altra volta, l’ultima. Prendete pure il corpo, questo corpo. Io ne sono stanco: il trecentoventimilacinque­centoset­tesimo dell’era della morte

L’uomo anziano stramazza al suolo. Intervengono due pompieri: uno dei due, se lo carica sulle spalle

bob:     presto! Presto, John! È vivo, questo è ancora vivo… forse. Dai un’occhiata di là, se c’è ancora qualcuno vivo, da portare fuori, evacuare, prima che sia troppo tardi

Il primo pompiere esce a destra portandosi sulle spalle l’anziano. L’altro si spinge fino all’estremità sinistra del proscenio

john:     nessuno, mi pare non ci sia più nessuno. Almeno qui

John torna sui suoi passi, mentre, da destra, rientra il primo pompiere

bob:     cazzo! Pesava, pesava il vecchio! Non sembrava ma invece poi… dioloabbiaingloria
john:     è vivo?
bob:     penso di sì, credo di sì. Ho detto a Mike di portarlo giù, di sotto mentre noi continuavamo a cercare
john:     cosa vuoi cercare ancora? Chi è vivo, chi era vivo, ormai è fuori
bob:     fosse vero!
john:     è meglio che ci sbrighiamo, prima che venga giù tutto
bob:     ne dubito. Questa è roba forte, roba americana
john:     però un aereo è sempre un aereo
bob:     un edificio destinato a durare in eterno
john:     le piramidi d’egitto
bob:     fidati, John. Siamo in una botte di ferro. Anzi, sai che ti dico? (togliendosi la maschera e sedendosi) Fanculo tu, fanculo tutto
john:     ma che fai? Sei impazzito?
bob:     non vorrai che mi fumi uno di questa con la maschera? (siede)
john:     ma che sei scemo? Siamo in pieno incendio e tu che fai? Ti siedi e ti fumi un sigaro?
bob:     e che sigaro! Un avana!
john:     ehi! Dove lo hai trovato?
bob:     (accendendosi il sigaro) al settantunesimo piano, in quell’ufficio. C’era una scatola che sembrava solo aspettare che qualcuno la prendesse
john:     e tu lo hai fatto?
bob:     che volevi che la lasciassi bruciare?
john:     ti sei appropriato di una cosa che non è tua?
bob:     John, è più di un’ora che combattiamo con questo incendio di merda. Cosa vuoi che significhi una scatola di sigari in cambio di quello che rischiamo?
john:     non è corretto
bob:     ne vuoi uno?
john:     uno?
bob:     non farmi la morale. Ci facciamo un culo così, rischiamo la pelle, mi sembra il minimo
john:     giusto uno
bob:     quello che è rimasto

Bob porge a John una scatola d’argento con dentro un sigaro

john:     caspita è buono questo!
bob:     che ti dicevo?
john:     varrà un sacco di soldi!
bob:     roba da signori
john:     un furto!
bob:     un furto è fottersi la vita per quattro soldi come facciamo noi
john:     certo, Bob, però… (aspira il suo sigaro)
bob:     vatti a fare fottere, amico. Siamo in piena emergenza. Dei cazzo di terroristi hanno lanciato due aeroplani contro le ‘torri’, noi interveniamo per salvare il salvabile e tu mi fai la morale per una scatola di sigari?
john:     è solo una questione di principio e poi forse è anche meglio muoverci
bob:     aspetta un attimo. Ancora qualche boccata e poi ci muoviamo, torniamo giù e vediamo il da farsi
john:     solo qualche boccata?
bob:     non siamo mica di ferro
john:     no, certo
bob:     hai visto quanti ne abbiamo portati via prima?
john:     sei stato bravo, Bob
bob:     so il fatto mio
john:     certo, il fatto tuo
bob:     sono anni che faccio questo mestiere quindi…
john:     anche quel vecchio, adesso, te lo sei caricato addosso come se niente fosse
bob:     sembrava ridotto male
john:     già, proprio male
bob:     allora cosa vuoi che sia una scatola di sigari?
john:     avana
bob:     non è certo colpa mia se Castro è uno che se ne intende
john:     chi?
bob:     il dittatore cubano, quello con la barba
john:     quello comunista?
bob:     sì fuma certi sigari che… dioloabbiaingloria! (pausa) Non è che per caso c’hai qualcosa da bere?
john:     acqua
bob:     solo quella?
john:     perché cosa volevi?
bob:     whisky! Gin. Qualcosa del genere
john:     magari champagne?
bob:     giusto un sorso. Con tutta questa polvere… mi si è asciugata la gola
john:     la vita
bob:     anche quella
john:     (sentendo degli scricchiolii) sei proprio sicuro che non verrà giù tutto?
bob:     (ostentando sicurezza) forse è anche meglio andare, magari ci stanno cercando

Un forte rumore li zittisce

john:     mette quasi paura
bob:     cosa?

Un forte boato, luce, fumo, polvere. Buio


ecce homo 4

Ad illuminare la scena, solo lo schermo del televisore con Woyzeck che è lì, rimasto lì, inquieto, ad osservare le immagini del ‘World Trade Center’ che crolla. È sconvolto. Si volta verso destra, a cercare Maria, ricercarne il sostegno, un conforto

maria:     (entrando) una tragedia? Una vera tragedia? Sei tu una tragedia, Woyzeck. Una vera tragedia per me! Ancora mi chiedo perché ho accettato di venire a stare con te, a mettermi con te. Sarà pure vero che insieme abbiamo fatto un figlio, ma… insomma… avrei pure dovuto conser­vare un po’ di dignità
woyzeck:     (tra sé) …troia…
maria:     sì, gioia. Gioia dei miei occhi. Figurati che gioia!

Maria esce a destra. Mentre il televisore ripropone sempre e soltanto le immagini del disastro di New York


l’ansia

Da sinistra entra e si va a sedere davanti al televisore, Greta, una ragazza di venticinque anni. È smarrita, forse anche terrorizzata, con gli occhi inchiodati sulle immagini del televisore. Nell’aria si inseguono una serie di voci dal tono concitato

prima voce fs:    pronto? Sono Mary Double. Sto cercando mio figlio. Volevo sapere… è andato in ufficio questa mattina e… sì, in ufficio. Al ‘trade’, ottantanovesimo piano e… non si sa nulla? Ancora nulla? Richiamo
seconda voce fs:     sono il direttore. Cerco il signor Forbs. Sì, Bill Forbs. Per delle comunicazioni urgenti. No, non riesco a contattarlo, neanche al cellulare e lui… lui doveva chiamarmi, dirmi. Sì. È il mio avvocato. Lui, il mio avvocato e… sono nei guai, nei guai fino al collo e, se non riesco a parlarci, ancora peggio. Ha lo studio al ‘trade’, torre nord e… novantaquattresimo piano e… sono stato arrestato per frode fiscale   
terza voce fs:     (apparentemente calmo) Dave? Sono io, Dave. (pausa) Cosa ti avevo detto? Dico… ci siamo sentiti ieri e cosa ti avevo detto? (infuriandosi) Vendi! Cazzo, ti avevo detto di vendere! Me ne fotto di quello che hai dovuto fare, degli impegni presi! Ti avevo detto di vendere e tu dovevi vendere: gli assicurativi e le compagnie aeree! Questo dovevi fare: vendere gli assicurativi e le compagnie! Hai visto cos’è successo? E allora? Cosa credi che succederà ora? Te lo dico io: che quelle azioni crolleranno, andranno giù e per noi... per noi sarà un bagno di sangue! Sì, di sangue, proprio di sangue
quarta voce fs:     cerco mia moglie. Sì, mia moglie. Lavora alla ‘point corporation’ e… sì, al ‘trade’. Uno degli ultimi piani e… dice che… non risponde nessuno perché… perché…? Lo so quello che è successo. È proprio per questo che chiamo! Voglio sapere… sì, sapere che fine ha fatto... se è viva oppure…
quinta voce fs:     quel bastardo del direttore mi ha licenziato e… proprio ieri. Non mi sopportava, non mi sopportava proprio e allora… diceva che lavoravo male, che inservienti come me ne trova a centinaia e allora mi ha fatto fuori. In due minuti, fatto fuori. Gli avevo chiesto di mettermi in prova. Ancora una settimana, gli chiedevo e lui? Niente. Non ne ha voluto sapere, non ha voluto stare a sentirmi e allora. Fuori, fatto fuori in cinque minuti. Se sono contento? No, non sono contento. Ora sono disoccupato, solo che… questa mattina, proprio questa mattina sarei dovuto andare a fare delle pulizia grosse, roba grossa… al ‘trade’, alla torre sud, centesimo piano. (pausa) Gli devo la vita
sesta voce fs:     pronto, mamma? Sì, sono io, sono… No, non ho notizie, non riesco a parlarci. Magari non è ancora arrivato in ufficio, magari ha trovato traffico e… magari…. non è mai arrivata lì... spero

Da sinistra entra Peter. Sembra un fantasma ricoperto com’è di polvere e calcinacci. La ragazza lo guarda sgomenta. L’uomo rimane alcuni istanti immobile prima di venire avanti

greta:         Peter? Peter…!

L’uomo non risponde. La ragazza gli corre incontro. Lui la scansa, va al mobile bar e si versa da bere. Greta è rimasta al centro della scena, immobile a guardarlo

peter:         sono vivo. Cazzo. Ancora vivo

È come un segnale: Greta gli corre incontro e lo abbraccia. Lui lascia fare

greta:         amore mio…

I due rimangono alcuni istanti abbracciati. Peter si discosta da lei e alza la ‘veneziana’. Dalla finestra si vede l’inferno di Manhattan, le stesse immagini che trasmette il televisore. Peter appare comunque calmo e controllato

greta:     pensavo… temevo veramente di… averti perso
peter:    c’è mancato poco, veramente poco
greta:     ho provato a chiamarti… cercarti… sapere… ma – dio! – nessuno sapeva… poteva dirmi… cosa era successo… quello che ‘ti’ era successo
peter:     (tra sé) poteva essere la fine – cazzo! - la ‘mia’ fine (beve)
greta:     con quelle immagini… le immagini che… è incredibile… sembrava un film, solo un film…
peter:     (tra sé) vivo!
greta:     con la polizia… la televisione che dice… cerca di sapere, di scoprire… ma non sanno nulla… non possono dire nulla

Peter beve. Greta lo guarda, smarrita. Comunque felice che lui sia lì, ancora vivo

peter:     non so proprio come sia riuscito a salvarmi
greta:     (abbracciandolo ancora) Peter…
peter:     ero in banca. Al cinquantunesimo piano, quando c’è stata l’esplosione, la prima esplosione. Ed è stato panico…
greta:    immagino…
peter:     la gente urlava, scappava. Si precipitava giù per le scale, spingendo, gridando, urlando. Anche solo… piangendo
greta:     e tu?
peter:     (discostandosi da lei) anch’io spingevo, gridavo, anche solo… piangevo
greta:    povero amore…
peter:     avrei voluto fare qualcosa, dare una mano, aiutare qualcuno ma…
greta:     impossibile farlo
peter:     impossibile anche solo pensarlo! (breve pausa) Tutto era così confuso, impossibile da capire… anche solo… capire quello che stava accadendo
greta:     miodio!
peter:     con i pompieri…
greta:     i pompieri. Sì. Sì, i pompieri
peter:     loro che ci dicevano di restare calmi, di non accalcarci, di non ostacolare i soccorsi. Perché loro… loro dovevano salire, fermare il fuoco. Dicevano che un aereo… incredibilmente un aereo si era schiantato contro la ‘torre’
greta:     assassini

Peter beve ancora

peter:     quando poi mi sono trovato per strada, ho pensato di avercela fatta, di averla fatta franca
greta:         e invece?
peter:         qualcuno ha gridato, ha urlato qualcosa: ‘viene giù tutto’
greta:         ed è venuto giù tutto
peter:     ho fatto appena in tempo a voltarmi e ho visto la ‘torre’, quella massa venirmi addosso, travolgere tutti quelli che… pompieri, feriti, soccorritori che… si trovano sotto
greta:         l’inferno
peter:     mi sono ritrovato a terra, ‘appiccicato’ ad un muro. Coperto di polvere, calcinacci e… con tutte quelle grida, lamenti, pianti
greta:         e tu?
peter:         gridavo… mi lamentavo… piangevo
greta:         un miracolo!
peter:         è stato allora che ho capito
greta:         cosa?
peter:         che mi sono alzato. Mi sono ‘rialzato’ e…
greta:         lo sguardo perso
peter:     me ne sono andato… proprio… andato. Come se niente fosse. Ho voltato le spalle a tutto e sono venuto da te
greta:     hai pensato a me?
peter:         volevo andarmene… solo andarmene… tornare alla vita
greta:         è la paura
peter:     non me ne importava più niente dell’aereo, l’incendio, il crollo, dei morti, di tutto quello che era successo… niente
greta:         anche di me?
peter:         ero vivo. Sono vivo. Ancora vivo. Vivo!

Peter beve. Lei lo guarda, imbarazzata e incerta

greta:         e Margot?
peter:         sotto. È rimasta sotto
greta:         vuoi dire…?
peter:     mia moglie era in ufficio. Al centoduesimo piano quando è successo tutto. Mi dicevano… hanno detto che è impossibile anche solo pensare… supporre che qualcuno, là, da quel piano, si possa essere salvato
greta:         morta?
peter:         penso di sì. Penso si possa dire così

Peter beve. Greta è interdetta

greta:         Peter, che succederà adesso? La guerra?
peter:         siamo già in guerra, ad uno passo da una guerra che… non possiamo vincere
greta:         perché dici questo?
peter:         non abbiamo un nemico, nessun nemico da colpire, da abbattere
greta:         ma qualcuno è stato, deve essere stato!
peter:         il nemico, il vero nemico siamo noi, Greta. Noi
greta:         vuoi dire che…?
peter:         ci odiano
greta:         no. Non è vero. Non può essere vero
peter:         invece sì
greta:         non è possibile. Anche solo possibile... immaginarlo
peter:         noi... il nemico
greta:         (incerta) no...

Peter beve

peter:         spero solo una cosa
greta:         cosa?
peter:     (abbassa la ‘veneziana’) che l’assicurazione non faccia troppe storie a liquidarmi la polizza vita di mia moglie
greta:         (sbigottita) Peter…?!
peter:         (abbracciandola)  taci

Buio su loro



ecce homo 5


Sulla sua poltrona, davanti al televisore, Woyzeck si guarda intorno smanioso. Quasi si contorce. Malvolentieri si alza ed esce a sinistra. Nel televisore l’immagine della bandiera statunitense che sventola sulle note dell’inno nazionale. Da sinistra, fuori scena, si sente un urlo strozzato: è Woyzeck che, dopo alcuni istanti, rientra. Goffamente si mette sull’attenti, la mano sul petto. Emette sofferti e piagnucolosi lamenti sulle note dell’inno ‘god bless america’. Immobile, sull’attenti, con gli occhi lucidi e il cavallo dei pantaloni bagnato di urina. A destra Maria, disgustata, lo guarda scuotendo la testa. Buio. Nel televisore appare la sigla del grande fratello


il grande fratello


Da sinistra entrano Rupert e Janis.

janis:     sai l’altra notte cosa ho sognato?
rupert:     me
janis:     figurati
rupert:     beh, diciamo che tu, uno come me, te lo sogni
janis:     guarda che io sono stata tre anni con un surfista di Santa Monica che… certi pettorali
rupert:     immagino. Muscoli gonfiati dagli anabolizzanti, con il - ‘BIP’ - che gli si gonfia a intermittenza e il cervello bruciato dalle lampade
janis:     avessi visto che tipo! Altro che Kevin Costner!
rupert:     buono quello! Forse andava bene dieci anni fa, ma ora…
janis:     io un pensiero ce lo farei
rupert:     è con me che tu devi fare un pensiero, mica con quelle balle di fieno di Hollywood
janis:     ehi, virginiano, non è che corri troppo. Va bene che anche il presidente è delle vostre parti ma…
rupert:     texano. Bush è texano
janis:     Virginia, Minnesota, Texas. Tutti uguali
rupert:     andiamo bene
janis:    sì. Proprio bene
rupert:     invece di dire - ‘BIP’ -, sai dov’è?
janis:     chi, Fred?
rupert:     e chi se no?
janis:     che - ‘BIP’ -  ne so io. Tu parli strano
rupert:     voglio dire… Fred dov’è?
janis:     credo che sia al bagno, o… dormendo
rupert:     forse si starà facendo una - ‘BIP’ - pensando a te!
janis:     stai a vedere!
rupert:     beh, non è che tu sia male, poi con la fame di - ‘BIP’ - che c’ha quello!
janis:     invece tu…
rupert:     quello che voglio sapere è se tu… tu hai capito quello che ti ho detto prima?
janis:     sì. Sì, ho capito. Capito bene
rupert:     non voglio che poi mi fai casino
janis:     casino? Quale casino?
rupert:     senti, bambina, ci sono duecentomila dollari in palio ed io non voglio certo perderli
janis:     figurati io
rupert:     dovresti stare attenta e muoverti con cautela che poi… poi facciamo a metà
janis:     cinquanta e cinquanta?
rupert:     cinquanta e cinquanta
janis:     non è che è uno scherzo?
rupert:     figurati
janis:     ti sei messo d’accordo con lui per - ‘BIP’ - me?
rupert:     quello è un - ‘BIP’ - un povero - ‘BIP’ - di New York, figurati cosa ne sa quello della vita!
janis:     è ingegnere
rupert:     ingegnere del - ‘BIP’ -
janis:     lavora ogni giorno alle ‘torri’ e…
rupert:     ci si buttasse giù dalle ‘torri’ invece di rompere il - ‘BIP’ – a noi
janis:     lavora in un ufficio al centunesimo piano e ogni giorno guarda fuori dalla finestra e domina la ‘grande mela’
rupert:     sai che spettacolo! Una metropoli di merda!
janis:     io non direi
rupert:     piena di negri, portoricani, ebrei. Comunisti!
janis:     questa è bella!
rupert:     è marcia New York. Marcia fino al midollo
janis:     stai scherzando?
rupert:     infetta, putrida, corrotta. Peggio di un bordello thailandese!
janis:     che dici?
rupert:     tu sei dell’Indiana, vero? (lei annuisce) Siamo noi l’America, la vera America, quella sana, pulita. Non quella banda di - ‘BIP’ -, negri, drogati dell’est
janis:     New York?
rupert:     lascialo perdere quello e vediamo di fotterlo, cerchiamo di fotterlo quello, lui e la sua New York del - ‘BIP’ -
janis:     che dici?
rupert:      ssssst
janis:     cos’è stato?
rupert:     un gracchiare di radio. Credo che si sia svegliato
janis:     penso anch’io
rupert:     allora hai capito? Lo provochiamo... Sempre. Gli stiamo addosso e gli facciamo fare la parte dell’idiota, così la gente…
janis:     i telespettatori…
rupert:     lo fanno fuori e noi ci spartiamo i duecentomila dollari del ‘grande fratello’
janis:     a proposito, la sai una cosa?
rupert:     cosa?
janis:     l’altro giorno ho sognato che ero io a vincere
rupert:     facevi fuori me? Impossibile
janis:     uscivo fuori e non trovavo nessuno. Non trovavo più nessuno
rupert:     che stronzata!
janis:     non c’era più nessuno, non esisteva più nessuno
rupert:     stai a vedere te… uno esce e… ‘paf’… è scoppiata una guerra che…
janis:     mi ha messo i brividi
rupert:     a me mette i brividi un’altra cosa
janis:     cosa?
rupert:     il culo. Il tuo culo. Con uno come quello, sai che ci farei? (le mette una mano sul sedere)
janis:     aaaaah coso!
rupert:     mi ci passa una fantasia
janis:     accontentati di quella
voce fuori scena:     ah, così? Devo fare così per parlare con loro? (Rupert e Janis si interrompono e cercano di capire chi parla) Ragazzi? Ragazzi, volevo dirvi che…
janis:     chi parla?
rupert:     grande fratello, sei tu?
grande fratello:     l’audio! L’audio togliete l’audio!
vfs:     hanno bombardato New York! Ditelo a Fred che…
rupert:     cos’è successo?
grande fratello:     l’audio!
vfs:     la sua New York non esiste più. Le ‘torri’ le hanno tirate giù!
janis:     come?
grande fratello:     l’audio!!!

L’audio è stato eliminato. Janis e Rupert, senza più audio, continuano a simulare di parlare tra loro

grande fratello: attenzione, telespettatori. Attenzione. I nostri amici, Janis, Rupert e Fred non sanno niente, ancora niente di tutto quello che è successo, degli aerei precipitati su New York. La produzione del programma ha riflettuto e ha deciso di non dire nulla, di non informare i partecipanti al ‘grande fratello’ di quello che è successo. Questo per non tradire la fiducia dei nostri telespettatori e per non alterare gli equilibri che, in queste ventitré settimane, si sono creati. Perché, come si dice, nonostante tutto: ‘the show must go on’. Qualcuno da fuori, non sappiamo chi, come, ha cercato di intromettersi, di informare i tre… Fred in particolare, informarlo di quello che è successo a New York, alla sua città. Questo non possiamo permetterlo. Per la serietà del programma e per la nostra stessa professionalità. Dobbiamo essere inflessibili, severi quanto giusti, imponendoci un doloroso silenzio. Ed ora… un minuto di silenzio in memoria dei morti di New York, del Pentagono e dell’aereo abbattuto in Pennsylvania

Buio su Rupert e Janis



ecce homo 6

Al centro della scena Woyzeck è sempre lì, abbrutito, ancora più abbrutito, davanti al televisore. Da destra entra Maria con un piatto di hamburger. I due si scrutano negli occhi

maria:     pena. Ecco quello che mi fai: pena

Woyzeck, umiliato, prende il piatto e comincia a mangiare. Maria esce a destra. Woyzeck si volta a guardarla ma Maria non c’è, non c’è più. Woyzeck emette un sordo, sofferto lamento e torna a guardare il televisore, a mangiare e a guardare il televisore



l’antrace

Da sinistra entra un postino che indossa una tuta per la guerra batteriologica. L’uomo viene avanti e si incrocia con una persona vestito in modo del tutto normale

postino:     Smith? Lei è… il signor Smith?
smith:     come?
postino:     sì. Dico, lei è il signor Smith?
smith:     perché?
postino:     il postino, signor Smith. Sono solo il postino
smith:     ah, mi scusi. Non l’avevo riconosciuta
postino:     (togliendosi la maschera) è che con quest’affare addosso, uno, magari, neanche riesce a capire con chi ha a che fare
smith:     proprio
postino:     del resto con tutte queste ‘lettere’ che girano
smith:     bisogna stare attenti
postino:     anch’io – sa? – sono sotto antibiotici, sotto cura, come si dice
smith:     e… come mai?
postino:     l’altro giorno ho recapitato una lettera spedita da Trenton e allora…
smith:     Trenton?
postino:     nel New Jersey. È l’ufficio postale dal quale sono partite molte, parecchie delle lettere ‘infette’
smith:     infette?
postino:     all’antrace, che contenevano l’antrace
smith:     e lei ne ha recapitata una?
postino:     noooo! La mia non conteneva alcuna sostanza, anzi… profumava di fresco. Sarà stata di qualche innamorata che scriveva al proprio innamorato
smith:     e allora?
postino:     solo che per sicurezza, ho richiesto... il sindacato ha voluto che mi sottoponessi alla terapia
smith:     e quest’armatura fa parte della terapia?
postino:     scherza? Questa è la divisa, la nuova divisa d’ordinanza
smith:     pratica
postino:     più che pratica, è sicura. Di questi tempi, con questi tempi, dopo l’undici settembre, bisogna stare attenti, tutti molto attenti, soprattutto noi, categorie a rischio
smith:     a rischio?
postino:     siamo al fronte. Siamo tutti al fronte, ormai
smith:     certo, al fronte
postino:     in trincea. Pronti ad affrontare le insidie del nemico
smith:     bene. Siamo tutti americani, no?
postino:     anche noi, gente di colore!
smith:     certo. Anche voi, gente di… colore
postino:     in difesa della democrazia e della libertà
smith:     evviva la libertà!
postino:     una firma
smith:     come?
postino:     sì. Una firma
smith:     cos’è una raccolta di fondi per le famiglie delle vittime di New York?
postino:     ho una lettera per lei
smith:     una raccomandata?
postino:     un’assunzione di responsabilità
smith:     non capisco
postino:     qualora lei dovesse rimanere contaminato, la lettera dovesse contenere antrace, carbonchio, botulino, vaiolo, lei se ne assume la responsabilità
smith:     io?
postino:     è una rinuncia ad ogni possibile futura azione civile o penale nei confronti della società postale
smith:     questo?
postino:     oltre ad esentare me, postino di categoria ‘b’, da ogni relativa responsabilità
smith:     sarebbe?
postino:     che io non c’entro niente
smith:     andiamo bene
postino:     firmi qui

Scettico Smith firma e indossa dei guanti. Il postino porge la lettera all’uomo e, mentre questi scruta la busta, rindossa la maschera antigas. Smith getta in un cestino la lettera. Il postino rimane sorpreso

postino:     ma che fa? Non la apre nemmeno?
smith:     il mittente è sconosciuto e allora…
postino:     non si fida
smith:     perché rischiare?
postino:     ma poteva anche essere una lettera normale, una proposta d’affari, d’acquisto! Una vincita!
smith:     se è qualcosa di importante, qualcosa che vale veramente la pena, mi invieranno altre comunicazioni, si rifaranno vivi, cercherebbero un nuovo contatto, magari per telefono. Altrimenti...
postino:     altrimenti?
smith:     il postino suona sempre due volte, no?
postino:     certo, due volte
smith:     e suoni anche forte, perché sono un po’ sordo. Arrivederci
postino:     ‘rci

Escono ognuno da una parte diversa



ecce homo 7

Woyzeck è sempre lì, fermo, immobile davanti al televisore. Maria è in piedi e guarda fuori dalla finestra, lo skyline di New York senza più le 'torri', il 'World Trade Center’.

maria:     (tra sé) è vero. È pure vero: New York, il mondo non è più lo stesso dopo l’undici settembre

Woyzeck la guarda smarrito. Anche Maria lo guarda in silenzio. Il loro è  un lungo, intenso scambio di sguardi

maria:     sì, Woyzeck. Piove su New York. Piovono pietre… e merda. Tanta merda

Maria lo guarda ancora con commiserazione. Nel video del televisore appare Bush, il presidente degli Stati Uniti, che annuncia che sono cominciati i bombardamenti in Afghanistan. Woyzeck indica il video quasi con orgoglio. Maria scuote il capo ed esce. Woyzeck torna a guardare le immagini del televisore




halloween

Da destra, entra un uomo vestito normalmente che si viene a sedere davanti il televisore. È la vigilia di Halloween e i diversi programmi televisivi ne parlano insistendo sul rischio attentati. Da destra, entra una donna che sta finendo di vestirsi da strega

candice:     ecco. La metto qui. (poggia una sacchetto di farina accanto all’uomo) E tu... ricordami la farina per mia madre. (si ferma e, stupita, guarda l’uomo) ...Alex, ma che fai?
alex:     la ‘tv’. Ascolto il notiziario che...
candice:     ma i Marlowe... i Marlowe saranno qui a momenti e tu perdi tempo dietro la televisione?
alex:     la CNN, dice che il rischio di qualche attentato. Per halloween si teme un attacco di quei terroristi
candice:     ma quale attacco?
alex:     all’antrace. C’è un’infermiera contagiata che rischia di morire, sta morendo e...
candice:     che ‘mi’ importa a ‘me’?
alex:     dicono che per la sfilata c’è il rischio che i terroristi colpiscano, ne approfittino per...
candice:     tra qualche minuto i Marlowe saranno qui, per  portarci alla festa di halloween di Luke e tu... tu che fai?
alex:     un attimo. Solo un attimo
candice:     non ti sei neanche vestito. Non ti sei ancora fatto la doccia
alex:     sento il notiziario e poi...
candice:     tu ancora perdi tempo davanti alla televisione
alex:     faccio presto
candice:     è dall’undici settembre che noi non usciamo, non andiamo più da nessuna parte per paura degli attentati, dell’antrace e di chissà ancora cosa. E tu... oggi tu vuoi che io... noi non ci si muova, si rimanga incollati davanti alla televisione a sentire le idiozie che dicono
alex:     c’è un’infermiera che... l’antrace...
candice:     ah, ma io me ne frego. Me ne frego proprio. Se loro arrivano, citofonano io... io me ne vado, scendo e me ne vado. Me ne vado da Luke con loro

Suona il citofono. I due si guardano

candice:     non mi interessa, non mi interessa proprio. Io adesso vado. Con te o senza di te
alex:     vengo. Vengo anch’io
candice:     e come? Non ti sei neanche mascherato
alex:     sono pronto... adesso pronto
candice:     e come? Vestito come?

L’uomo si alza e si versa addosso il contenuto del sacco di farina che Candice gli aveva messo accanto apparendo così come un fantasma, come il personaggio dell’episodio ‘l’ansia’

alex:     sopravvissuto. Vestito da sopravvissuto delle ‘Twin Towers’

La donna lo guarda esterrefatta. Buio su di loro



ecce homo 8

Davanti al televisore, Woyzeck. Da destra entra Maria. Lo guarda. Lui la guarda

maria:     Woyzeck, io vado... vado via

I due si guardano a lungo in silenzio. Maria esce a sinistra lasciando Woyzeck solo davanti al televisore



orgoglio e pregiudizio

Da sinistra, entrano tre barboni che, sistemati dei cartoni per terra, ci si sdraiano sopra coprendosi con dei giornali. Qualcuno beve. Si sentono fuori scena delle imprecazioni di una donna chiaramente ubriaca. Le voci dei barboni fanno da sottofondo al monologo della barbona

barbona vfs:     sporco negro, cerca di stare attento a dove metto i piedi, dove ‘io’ metto i piedi
primo barbone:     è arrivata
secondo barbone:     ha bevuto ancora?
terzo barbone:     sempre

Entra la barbona che, a passo lento, si porta sul proscenio. Con sguardo torvo, scruta il pubblico masticando del tabacco. Lo sputa

barbona:     merdre! (tornando verso il centro della scena) Che schifo! Con tutto quello che è successo… uno schifo… (sputa) …un vero schifo. Ma io lo dico, da sempre lo dico: è un’indecenza, una vera indecenza. Altro che conflitto di civiltà
primo barbone:     chiamala civiltà
barbona:     ma forse è vero, è veramente sbagliato dire una cosa del genere, pensarlo. Che civiltà, quale civiltà? (sputa di nuovo)
terzo barbone:     e sputa da un’altra parte, ubriacona! Da un’altra parte!
barbona:     ha ragione quella... quell’italiana… ‘cosa’, come si chiama? Non mi ricordo. Non ha importanza. Ma ha ragione... ragione lo stesso… mica sono civili quelli! Col cavolo che lo sono!
secondo barbone:     quello che dico anch’io
primo barbone:     no. Tu non dici niente!
barbona:     dobbiamo rispettarli… dice… ma io non voglio rispettarli, non voglio rispettare nessuno. Ho il mio mondo, io! La mia vita… e che il resto si fotta!
secondo barbone:     sì. Si fotta. Che il mondo si fotta
barbona:     dice che… hanno fatto la guerra per noi. Hanno mandato via i russi dall’Afghanistan per noi. E noi? A dirgli ‘bravi’, a rifornirli di armi. Ad incoraggiarli
terzo barbone:     ah! Io non dicevo niente. Io stavo zitto
primo barbone:     ecco, bravo. Stai zitto... almeno tu
barbona:     e quando i russi sono andati via… dice… noi eravamo pure contenti. E così… noi giù a incoraggiarli, a dargli di più
secondo barbone:     ed io che potevo dare? Niente!
primo barbone:     ad avercelo… niente
barbona:     e quelli ora? Che hanno fatto ora?
terzo barbone:     i fatti loro
barbona:     sono arrivati qui, fino da noi, a New York
primo barbone:     e che ‘mi’ frega a ‘me’? Io sono di Baltimora!
barbona:     e se le cose dovessero peggiorare? Dice… armi chimiche, biologiche, nucleari. La strage sarebbe inevitabile
secondo barbone:     inevitabili sono ‘ste pulci che… t’ammazzano
barbona:     (scalcia uno dei barboni sdraiati) Tanto per quello che conta… che frega a voi?
terzo barbone:     un cazzo! Proprio un cazzo
barbona:     perché non capite niente, non potete capire
primo barbone:     ci fosse ancora qualcosa da capire
barbona:     in ballo c’è il destino dell'Occidente, c’è. La sopravvivenza della nostra civiltà. Io dico... dice... siamo noi l’America, New York. Noi! E se crolla l'America, crolla l'Occidente, crolliamo pure noi
terzo barbone:     per quello che ci riguarda
primo barbone:     niente. Assolutamente niente
barbona:     al posto delle campane presto ci ritroveremo i muezzin, al posto delle minigonne, il chador. E questo perché? Lo volete sapere perché?
primo barbone:     frega un cazzo
barbona:     è uno scontro tra culture questo, uno scontro tra culture!
terzo barbone:     m’era sembrato di sentire qualcosa… un boato
barbona:     a me dà pure fastidio parlare di due culture, metterle sullo stesso piano. Ma come si fa, dico, come si fa? Dietro la nostra civiltà c'è Omero, Socrate, Platone…
secondo barbone:     in che squadra giocano?
barbona:     c'è l'antica Grecia. C’è Roma
primo barbone:     magica!
barbona:     certo… abbiamo avuto la Chiesa, l'Inquisizione. Ma vuoi mettere? Morire per la religione del Cristo piuttosto che… per quelli
terzo barbone:     proprio un’altra cosa
barbona:     noi abbiamo avuto il Rinascimento, Leonardo da Vinci, Michelangelo e Raffaello
terzo barbone:     su che canale?
barbona:     e la Scienza - perdio! - una scienza che ha inventato macchine che c’hanno pure portato sulla Luna e presto magari andremo pure chissàddove
terzo barbone:     ti ci mando io a… chissàdove
barbona:     (sputando per terra) poi la radio, la televisione. Il telefono! E gli altri? Quegli altri? Che c’hanno gli altri?
secondo barbone:     il petrolio! Che vuoi che c’abbiano? Il petrolio!
barbona:     e come la mettiamo col veto degli alcolici e la pena di morte per chi beve?
terzo barbone:     mettila un po’ come ti pare
barbona:     col principio che le donne non debbano andare a scuola?
secondo barbone:     io a scuola manco ci sono mai andato
barbona:     dice… al mondo c'è posto per tutti
terzo barbone:     e no! Qui ci stavo prima io!
barbona:     a casa propria ognuno può pure fare come gli pare
primo barbone:     ad avercela una casa
barbona:     e se quelle sono così stupide da accettare il chador, io dico… ‘quella’ dice… peggio per loro
secondo barbone:     così si imparano
barbona:     se sono così scimunite da sposare uno stronzo che vuole quattro mogli, peggio per loro
primo barbone:     meglio, molto meglio tre, quattro amanti alla volta
barbona:     non saremo certo noi a impedirglielo
terzo barbone:     figurati!
barbona:     mia mamma... anche mia mamma mi diceva: ‘Il mondo è bello perché è vario’
primo barbone:     meglio globalizzarli
barbona:     ma se mi vogliono imporre certe cose a me, a casa mia... mi viene voglia di buttare tutto in aria e di fare una strage
secondo barbone:     un’altra?
barbona:     però la cosa non si risolve così, non si esaurisce mica ammazzando Usama bin Laden
terzo barbone:     quasi, quasi ci speravo
barbona:     perché gli Usama bin Laden sono decine di migliaia. E ormai stanno dappertutto…
primo barbone:     fossimo noi gli Usama bin Laden?
barbona:     e i peggiori stanno proprio qui da noi, nelle nostre città, nelle nostre università. E anche quelli che sembrano… sono pure innocenti, sono i peggiori perché, anche se non vogliono distruggere la Torre di Pisa e nessuno vuol mettermi il chador, la loro presenza mi allarma, provo disagio
primo barbone:     a me invece preoccupi tu, quello che dici. Parecchio mi preoccupi
barbona:     quei volti distorti, cattivi. Quei pugni alzati, minacciosi. Da noi non ci può essere posto per i minareti, per il loro fottuto Medioevo, per il loro fottuto chador. E se anche ci dovesse essere, non glielo darei. Perché sarebbe come buttare via Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello
secondo barbone:     Maradona e Pelé
terzo barbone:     Michael Jackson e Madonna
primo barbone:     la coca cola e mac donald
barbona:     io non voglio regalargli la nostra patria, non voglio, no
terzo barbone:     gliela incarto o la consuma qui?
barbona:     io sono una patriota
secondo barbone:     un missile?
barbona:     sono un’occidentale… (sputa di nuovo) …una ‘civile’ occidentale. Ecco quello che sono… io… civile (si mette su dei cartoni, si copre di giornali) E poi… la civiltà? Che stronzata la civiltà! (si addormenta)

Lunga pausa

primo barbone:     quello che dio non può accettare è la mia esistenza

Buio

ecce homo 9

Il televisore trasmette le immagini del disastro aereo del 12 novembre sul quartiere Queens di New York. Voci concitate in americano. Woyzeck guarda quelle immagini con aria sempre più allarmata. Si volta ripetutamente indietro verso destra a cercare Maria ma la moglie non c’è, non c’è più. È andata via, per sempre. Woyzeck emette un sofferto, lungo lamento. Nel televisore, le immagini dell’incendio della cattedrale St. John of Divine di New York (18 dicembre 2001). A succedersi: immagini di guerra, dei bombardamenti e dell’invasione in Afghanistan, delle stragi in Medioriente (Ramallah, Gerusalemme, Tel Aviv) in un intenso crescendo



guantanamo

Da sinistra, un uomo di colore – Nessun Nome - viene sospinto a terra. Indossa la divisa arancione. Entrano due uomini bianchi che fingono di ignorarlo

sam:     ti stavo raccontando…
victor:     sì?
sam:     di mia moglie. Secondo me, mi tradisce
victor:     ha un altro?
sam:     o qualcosa del genere
victor:     come fai a dirlo?
sam:     è una sensazione. Di più: un’impressione
victor:     hai scoperto qualcosa?
sam:     nulla di certo, di concreto solo che… (tace)
victor:     cosa?
sam:     mezze parole, tante disattenzioni. Delle volte mi pare assente, come se con la testa fosse altrove
victor:     forse non solo quella ha altrove
sam:     non mi ci fare pensare
nessun nome:     (lamentandosi) maledetti...
victor:     dovresti seguirla, farla seguire
sam:     è quello che stavo facendo quando poi…
victor:     la guerra?
sam:     il terrorismo con tutto quello che ne è seguito
victor:     se vuoi ci penso io a lei. Tu ti occupi degli interrogatori e io… (ridendo volgare) …di tua moglie
sam:     non fare lo stronzo
victor:     forse non lo faccio lo stronzo. Forse lo sono (ridendo volgare)
nessun nome:     (lamentandosi) figli di puttana…
sam:     che è stato?
victor:     non lo so
nessun nome:    (cs) bastardi…
sam:     mi sembrava un gemito
victor:     il tuo cellulare?
sam:     è spento
victor:     vuoi vedere che è il nostro amico che ricomincia?
sam:     cosa te lo fa pensare?
victor:     (avvicinandosi a Nessun Nome) questo sibilo che… continua a dar fastidio
sam:     (riferendosi a Nessun Nome) pensavo gli fosse bastata
victor:     sai come sono questi ‘terroristi’…
nessun nome:    (cs) non sono un terrorista…
victor:     non ne hanno mai abbastanza
nessun nome:    (cs) sono uno che pensa, solo uno che pensa
victor:     un intellettuale del cazzo!
sam:     forse dovremmo dargli una scossa elettrica
victor:     impiccarlo alle sbarre?
sam:     come si faceva in Nicaragua… anni fa
victor:     quelli erano tempi!
sam:     eravamo giovani e senza troppi imbarazzi
victor:     mani libere e giustizia è fatta
sam:     certo è fatta

Victor si china su Nessun Nome. Lo afferra per il bavero

victor:     senti, amico, noi ci siamo stancati di te, di perdere del tempo dietro alle tue balle. Quindi se non vuoi fare una brutta fine…
sam:     proprio una brutta fine
victor:     cerca di farti furbo e collaborare. Ti conviene
sam:     devi solo confessare, dirci tutto. Ammettere le tue responsabilità e…
victor:     noi ti lasceremo andare, libero
sam:     proprio libero no
nessun nome:     (sofferente) io non so... non so niente
victor:     ti conviene dire che ti sei sbagliato
sam:     e noi attenueremo le tue responsabilità, diremo che ti hanno costretto… ricattato!
nessun nome:     (sofferente) io non c’entro. Non c’entro niente con le vostre guerre. Voglio solo che vengano rispettati i miei diritti
victor:     libertà? Tu, proprio tu parli di diritti?
nessun nome:     (sofferente) è in nome della libertà che io penso, parlo, dissento
victor:     (scagliandolo a terra) altro che diritti civili e libertà! So io cosa ci vorrebbe
sam:     dobbiamo difenderla la libertà, tutelarla
victor:     anche a costo di limitarla, sacrificarla
sam:     che è da sempre il miglior modo per preservarla
nessun nome:     (sofferente) fascisti!
victor:     c’è ancora troppa gente che ci mette in discussione, i nostri principi e questo noi non possiamo permetterlo…
sam:     tollerarlo
nessun nome:     (sofferente) di quante guerre avete ancora bisogno per legittimare il sistema?
victor:     (dando a Nessun Nome un calcio) allora non hai capito! Capito niente!
sam:     lascialo stare, Victor. Si vede che ancora non ha capito con chi ha a che fare. Non si è ancora reso conto come va il mondo, il nuovo mondo
nessun nome:     (c.s.) regime
victor:     glielo faremo capire noi
sam:     chissà che lasciandolo solo, a riflettere, non capisca, si renda conto da che parte è meglio stare e magari cominci a collaborare. (i due si spostano verso sinistra) Cosa dicevamo?
victor:     di tua moglie. Che ti tradisce e che tu vorresti che io…
sam:     (non capendo dove l’altro voglia andare a parare) che tu…?
victor:     (accompagnando la frase con un gesto volgare) mi occupi io di lei. Sì, insomma, ci pensi io a lei
sam:     fanculo, Victor. Sei un bastardo, un vero bastardo

I due escono a sinistra

nessun nome:     (sofferente e mettendosi in ginocchio) e se guerra deve essere, che guerra sia. Totale e sporca come l’avrete voluta. Che il vostro dio vi abbia in gloria

Buio su di lui


ecce homo 10

Sullo schermo del televisore appare il Presidente degli Stati Uniti

vfs:     signori, il Presidente degli Stati Uniti.
presidente:    (schiarendosi la voce) inutile dirlo, cari, carissimi concittadini, la situazione è grave, gravissima. Alcuni assassini, terroristi si sono impossessati di nostri aerei e li hanno lanciati contro i grattacieli di Chicago… (tossisce) …New York, mi dicono. Decine… centinaia… migliaia… decine di migliaia… milioni di migliaia di nostri fratelli, di nostri concittadini, di nostri cittadini sono morti nel disastro di Los Angeles… (tossisce) …di New York. Per fare questo… vendicare questo e in nome di dio e della patria noi abbiamo dichiarato guerra al mondo. Agli assassini innanzitutto e poi a tutti gli altri. Abbiamo occupato e conquistato l’Afghanistan, l’Iran… (tossisce) …l’Iraq, mi dicono. Abbiamo liberato la Siria, la Palestina, la Corea, l’Italia, la Repubblica di San Marino, il Texas e l’appartamento di sotto. (tossisce) Quello no, mi dicono. Abbiamo disdetto il Protocollo di Kyoto. Imposto dazi al terzo e quarto mondo e liberalizzato il mercato degli altri. Abbiamo circondato la Cina e gli abbiamo intimato la resa: “uscite fuori con le mani in alto!”. Lo abbiamo fatto per voi/noi. In nome di dio. Del nostro dio, contro il loro dio, che è loro e dio non è. Perché questo ce lo chiedeva dio, il nostro dio. “Vendicami”, mi diceva. E noi lo abbiamo fatto. Perché bisogna uccidere il diverso, quello che la pensa in modo diverso da noi, quello che è diverso da noi e per questo è diverso. Oltre che omosessuale. Bisogna combatterlo e sopprimerlo. In nome della libertà. Ed in nome della libertà io dico… (tossisce) …noi diciamo che bisogna limitare la libertà. Sopprimerla anche, per meglio tutelarla e difenderla. Per questo, cari fratelli, cari concittadini, io ho limitato le vostre libertà e mi sono preso le mie. Vi ho spiato e vi ho fatto spiare. E chiuso in ghetti e prigioni sparse per il mondo. Vi ho torturato e fatto torturare. Vi ho mandato al fronte a difendere il mio stile di vita. In nome di dio, del padre di dio e di mio padre Bush. E allora, fratelli, concittadini e cittadini, abbiate sempre fiducia in me, perché solo con me sarà vostra la vita eterna, il paradiso e i musulmani moriranno, come anche i cinesi e tutti i musi gialli di ieri, di oggi e di domani. Amen.


Il televisore si spegne. Woyzeck rimane sbigottito a guardare lo schermo nero del televisore



happy end

Da sinistra, si sentono delle voci: sono quelle di Corie e Paul, i protagonisti di ‘a piedi nudi nel parco’ di Neil Simon. É la scena finale del testo. Corie entra da sinistra. È indecisa sul da farsi. Aspetta un po’. Alla fine si avvia verso sinistra. Mentre fa per uscire, entra, sempre da sinistra, Paul, ubriaco e raffreddato

corie:     Paul, sei tu?
paul:     ne dubito. Sinceramente ne dubito molto
corie:     e il tuo cappotto? Dove l’hai lasciato il tuo cappotto?
paul:     non serve il cappotto. Fuori ci sono solo quindici gradi sotto zero
corie:     che hai fatto?
paul:     che ho fatto? Ho passeggiato ‘a piedi nudi nel parco’ (si sentono, chiaramente registrati, degli applausi)
corie:     ma sei pazzo!
paul:     prova ad indovinare?
corie:     sei ubriaco?
paul:     te ne sei accorta
corie:     sei ubriaco, ubriaco fradicio!    
paul:     ma hai ancora le scarpe ai piedi. Come sei quacchera!

Paul inciampa e cade a terra

corie:     ti sei fatto male?
paul:     Corie, c’è una cosa che devo dirti
corie:     dopo
paul:     ora. Devo dirtela subito. Mentre scendevo le scale, ad un tratto mi sono reso conto… ho capito… E mi sono detto… è una stupidaggine! Non devo andarmene via così… la cosa giusta è un’altra
corie:     quale?
paul:     devi andartene tu! Perché io? Il contratto è a nome mio. Sei tu che devi tornare da tua madre, non io

Paul chiude gli occhi. Li riapre

paul:     non sei andata via? Posso darti altri dieci minuti per impacchettare il tuo ‘pelmenki’ e andartene
corie:     Paul, sei caldo, tu hai la febbre!
paul:     che meraviglia!
corie:     prenderai una polmonite
paul:     se è questo che vuoi, me la prenderò
corie:     anche le scarpe, sono bagnate fradice
paul:     non posso toglierle. Ho i piedi gonfi
corie:     non dovevo lasciarti uscire… così influenzato
paul:     Corie? Mi è venuta un’idea. Come dicevi tu: chiamiamo la polizia e vediamo se gli inquilini del palazzo vengono fuori, tutti. (va verso sinistra) Siete tutti in arresto, tutti!
corie:     a letto, Paul, mettiti a letto
paul:     vacci tu a letto…
corie:     stai male
paul:     non così tanto. Vieni qua (tenta di abbracciarla)
corie:     no, Paul, finiscila
paul:     mi piace quando sei cattiva!
corie:     lasciami o mi metto a gridare
paul:     sssst! C’è tanta neve sul tetto… farai venire giù una valanga!
corie:     Paul, non puoi andare in giro così… con la febbre

Corie va verso destra. Paul la segue ma si ferma vicino a lei. I due simulano che a dividerli ci sia una porta

paul:     apri la porta
corie:     ho paura
paul:     di me? perché?
corie:     perché sei cambiato… ed io voglio il vecchio, il mio vecchio Paul
paul:     era solo un vecchio ‘quacchero’ quello!
corie:     non è un vecchio ‘quacchero’. Lui è bravo, fidato e si prende cura di me. Mi difende da quelli violenti come te. Io voglio solo che lui sappia che io lo amo e che ho intenzione di sistemare casa  proprio come vuole lui. Ripareremo il buco nel lucernaio. E compreremo una vasca da bagno. E se vuole, lo porterò io in braccio fin quassù… perché è proprio così che lo amo
paul:     anch’io voglio fare il pazzo come tutti gli altri inquilini di questo palazzo
corie:     Paul, io non voglio che tu sia pazzo
paul:     devi dirlo forte e chiaro
corie:     qualsiasi cosa, Paul. Dirò qualsiasi cosa!
paul:     mio marito…
corie:     mio marito…
paul:     Paul Bratter…
corie:     Paul Bratter…
paul:     giovane avvocato…
corie:     giovane avvocato…
paul:     è ubriaco fradicio…
corie:     è ubriaco fradicio ed io lo amo
paul:     anch’io ti amo, Corie. Anche quando ero arrabbiato con te, ti amavo
corie:     Paul, siamo di nuovo innamorati?
paul:     di nuovo… innamorati. Sempre

Si abbracciano. Buio su loro

ecce homo 11

Davanti al televisore spento, pende impiccato il corpo di Woyzeck

tela