IL PROCESSO SQUÌCCHERI

di

Valrio Di Piramo



PERSONAGGI

Antonio Squìccheri, imputato, anni 35;
Giudice, anni 50-60;
Cancelliere, molto miope, anni 60-65;
Margherita Sfornapane, parte lesa, anni 25;
Arnaldo Bentivoglio, fidanzato di Margherita, anni 40;
Avvocato difensore, anni 35; (uomo o donna)
Pubblica accusa, anni 35; (uomo o donna)
Mario Carobbi, primo testimone, anni 30;
Geltrude Teladetti, secondo testimone, anni 50-60.



I due atti sono ambientati all'interno di un'aula di un tribunale.
Magari non sarebbe male un cartello con la dicitura:
LA LEGGE E’ UGUALE PER QUASI TUTTI.



Dichiarazione Siae 99361



ATTO I °

ALL'APRIRSI DEL SIPARIO LA SCENA E' VUOTA, ED UNA VOCE DI FUORI DICE:
"ENTRA LA CORTE"; ENTRANO IN ORDINE PRIMA IL GIUDICE E POI IL CANCEL-
LIERE.



GIUD. Ed eccoci all'inizio di un nuovo giorno... Cancelliere, cosa abbiamo
in programma oggi?
CANC. Io subito dopo il processo vado a pescare, ma se lei ha qualche altra
idea...
GIUD. Certo che ho un'altra idea! Mi vado a cercare un'altro cancel-
liere! Intendevo dire cosa abbiamo da discutere qui in aula!
CANC. Ah, il processo! E chi lo sa? Non ho ancora esaminato gli
incartamenti...
GIUD. Non ha ancora... ma possibile che dopo quarant'anni di servizio
presso questo tribunale non sappia ancora quali sono le sue mansioni?
CANC. Via, signor giudice, non mi tratti così... lo so che prima di ogni
altra cosa dovrei esaminare gli incartamenti, ma avevo fame...
GIUD. E allora? Non mi dirà che ha mangiato gli incartamenti !?!?
CANC. Ma no... sono andato a fare colazione, e non ho avuto il tempo di
leggerli...
GIUD. E va bene, dia qua...(Leggendo)...ah! Oggi abbiamo il processo Squìccheri.
CANC. Cosa abbiamo?
GIUD. Il processo Squìccheri.
CANC. Squìccheri, Squìccheri... questo nome non mi è nuovo... devo avere
avuto un professore al liceo che si chiamava così...o forse no...
GIUD. Noto con piacere che la sua memoria è pari alla sua vista.
CANC. Via signor giudice, non è il caso di infierire su un pover'uomo
ormai prossimo alla pensione...lo sanno tutti che non distinguo una
lucertola da un coccodrillo a due metri di distanza...
GIUD. Lasciamo perdere, che è meglio... (Continuando a leggere) Questo
signor Squìccheri è accusato di violenza carnale.
CANC. Con una donna?
GIUD. No, con un cavallo…cancelliere, eviti le domande idiote e cerchiamo di cominciare questo benedetto processo!
CANC. Va bene, va bene...se il signor giudice è d'accordo, direi di far
entrare l'imputato.
GIUD. D'accordissimo...vediamo un po’ che faccia ha...(Forte) GUARDIA,
FACCIA ENTRARE L'IMPUTATO!
ANTO. (Entrando con gli occhi bassi) Buongiorno...
CANC. (Velocemente) Cognome nome et professione.
ANT. Eh?!?
CANC. Cognome nome et professione.
ANTO. Squìccheri Antonio, ho trentacinque anni e faccio il montatore.
CANC. IL MONTATORE? Lo sospettavo!
GIUD. Cancelliere, per favore! (All'imputato) Dunque, lei sa di che cosa è
accusato?
ANTO. Sì, ed è proprio per questo che vorrei...
GIUD. SILENZIO! Si limiti di rispondere alle domande che le verranno
rivolte! Lei è accusato di aver usato violenza carnale ad una donna!
ANTO. Che voleva, che violentassi un cavallo?
GIUD. SILENZIO! Cancelliere, faccia entrare la parte lesa ed i rispettivi
avvocati.
CANC. Subito, signor giudice...(Esce e rientra quasi subito seguito da
Margherita insieme alla pubblica accusa; dietro segue l'avvocato
difensore).
GIUD. Accomodatevi... Cancelliere, diamo inizio alla lettura degli atti.
CANC. Subito...(Tenendo il foglio molto vicino agli occhi) Dunque...
In questo giorno, ventidue maggio 1996, siamo in questa pubblica
aula per giudicare un prosciutto...
GIUD. CANCELLIERE! Ma cosa sta dicendo?
CANC. (Guardando meglio) Mi scusi, signor giudice, ma il riflesso mi ha
ingannato... dunque, continuo: Per giudicare un “presunto” atto di
violenza carnale che tal Squìccheri Antonio, di professione...emh...
MONTATORE... avrebbe commesso ai danni della qui presente signorina
Margherita Sfornapane, di anni trenta, di professione... maiala… GIUD. CANCELLIERE!
CANC. Eh no, stavolta ho letto quello che c'è scritto! (Mostrandogli il
foglio) Guardi, signor giudice, guardi... che c'è scritto qui?
GIUD. (Guardando il foglio) Ehm... veramente ci sarebbe scritto proprio
maia...ehm, così... ma cos'hanno combinato quei cretini della
segreteria?
CANC. Li devo far chiamare?
GIUD. No, no, lasci fare... signorina, lei che mestiere esercita?
MARG. Signor giudice, io non faccio quella roba che c'è scritto lì...io
faccio la “magliaia...”
GIUD. La magliaia? Ma allora si spiega tutto benissimo...si tratta solamente
di un errore di battitura... cancelliere, continui a leggere.
CANC. Subito...dunque...dov'ero rimasto? (Scorrendo il foglio velocemente)
Eeeeeeeee....Squìccheri.....Eeeeeeeeeee....montatore....Eeeeeeee....
GIUD. Che cos'è, un'ambulanza?
CANC. No, no...stavo solo ricercando il segno...ah, eccolo! Dunque...
allora maiala lo correggo con magliaia...però lei lo sa signor giudice, questo è un vizio di forma che devono correggere gli scrivani…
GIUD. Lo so, cancelliere, lo so. Più tardi provvederemo. Ora, per cortesia, le dispiacerebbe andare avanti?
CANC. Subito, subito…ecco... nella tarda serata del 14 aprile 1996. Ho finito.
GIUD. Dopo aver dato lettura degli atti riassuntivi del caso in questione,
dichiaro aperto il dibattito. La parola alla pubblica accusa.
P.A. (Alzandosi di scatto e parlando forte) SIGNOR GIUDICE!
GIUD. Oh Dio, e che è ?
CANC. Invito la pubblica accusa a moderare un pò il tono della voce onde
evitare collassi in aula. Grazie.
P.A. Signor giudice, nella notte del 14 aprile, e più precisamente alle
ore ventitrè e trenta, questo verme schifoso...
A.D. MI OPPONGO!!! La pubblica accusa sta cercando di suggestionare la
corte con valutazioni strettamente personali!
GIUD. Mi chiedo dove andrà a finire un processo che comincia in questo modo.
Opposizione accolta. La pubblica accusa si limiti ai fatti astenendosi
dal sottolineare eventuali difetti o pregi dell'imputato.
ANTO. (Scattando) E POI VERME SARAI TE!
GIUD. SILENZIO! Silenzio o faccio sgombrare l'aula!
ANTO. Ah, per me faccia pure...non penserà mica che mi dispiaccia se si va tutti a casa, eh?
GIUD. (Alla Pubblica accusa) Vada avanti.
P.A. Dicevo dunque, che alle ore ventitre e trenta del 14 aprile, il qui
presente Squìccheri Antonio, di professione montatore, dopo aver
consumato una lauta cena a casa della qui presente signorina Margheri-
ta Sfornapane, la faceva ubriacare con del liquore ad alta gradazione, ed approfittava ignobilmente del suo corpo per trarne piacere.
GIUD. Imputato, alzatevi. I fatti esposti dalla Pubblica accusa corrispondo-
no a verità?
ANTO. Non capisco cosa sia il liquore ad alta gradazione.
P.A. Grappa, signor Squìccheri, grappa!
ANTO. Alta gradazione? Ma quale alta gradazione! Era svanita, sembrava camomilla…
GIUD. INSOMMA! Si astenga da pareri personali e dica alla corte se i fatti appena esposti sono o non sono la verità.
ANTO. Sì... è tutto all'arrovescia, però ci siamo quasi...
GIUD. Ma cosa dite? Spiegatevi meglio!
ANTO. Mi spiego subito...i fatti si sarebbero svolti così se al posto mio ci
fosse stata lei...
GIUD. IO?!?
ANTO. Ma no, non lei-lei, intendevo dire lei-Margherita! Dicevo che i fatti
si sarebbero svolti così se al posto mio ci fosse stata lei, e al
posto suo ci fossi stato io... chiaro?
GIUD. No.
ANTO. Ma come no! E' semplicissimo, stia a sentire: Io sono io e lei è lei..
giusto? E allora le cose non si sono svolte così. Ma se io fossi
stato lei e lei fosse stata me le cose si sarebbero svolte proprio
così... ma siccome la realtà è questa, e cioè che io non sono lei e
che lei non è me, qui non torna più nulla... ha capito ora?
GIUD. Senta, signor Squìccheri, fino ad ora ho avuto la bontà di ascoltarla,
ma lei sta facendo dei discorsi talmente assurdi che non vedo il
modo di continuare...perciò, sia così cortese da tapparsi quella sua
dannatissima bocca, e lasci parlare il suo avvocato difensore...
HA CAPITO?
ANTO. (Piano) Sì..
A.D. Poichè mi è sembrato che mi sia stata data la parola, e volendo io
porre fine ad ogni equivoco, chiamo a testimoniare proprio l'imputato
stesso, Squìccheri Antonio, di professione...
CANC. (Trionfale) MONTATORE!
GIUD. CANCELLIERE! Questo lo avevamo già capito...proceda.
CANC. (Ad Antonio, che si è già seduto al banco degli imputati) Imputato,
alzatevi. Giurate di dire tutta la verità solo la verità e nient'altro
che la verità? Alzate la mano destra e dite "Lo giuro".
ANTO. Lo giuro.
A.D. La sera del 14 aprile 1996 voi eravate in compagnia della qui presente
Margherita Sfornapane?
ANTO. Sì, ero stato invitato a cena a casa sua.
A.D. E da chi eravate stato invitato?
ANTO. Dalla signorina stessa.
A.D. Bene. Finito di mangiare, che faceste?
ANTO. Il ruttino.
GIUD. IMPUTATO!
ANTO. Oh?
GIUD. Queste sono cose che non ci interessano!
ANTO. E allora perchè me le chiedete?
GIUD. Voglio dire che non hanno alcun fine nel dibattito in corso!
ANTO. Senta signor giudice, io ho giurato di dire la verità, e siccome
per me la verità è una sola, o vi prendete tutto il pacchetto o io non vi rac-
conto più nulla.
GIUD. Oddio le mie pasticche per il cuore... dove sono le mie pasticche per
il cuore? (Le trova in una tasca e ne butta giù una con un gesto
violento della testa) Avvocato, procedete.
A.D. Dunque, cosa faceste?
ANTO. Siccome la cena era stata un pò pesantina, Margherita mi chiese se
volevo un goccino di grappa per digerire meglio... nonostante fosse svanita, dopo il sesto bicchierino persi il conto, anche perchè la stanza cominciò a girare come il cestello di una lavatrice... quando fui finalmente in grado
di capire qualcosa, mi ritrovai sdraiato sul letto, nudo come un
bagnino senza costume, con la Margherita sopra che saltava e urlava:
“Trotta cavallino, trotta che si vince la corsa alle Cascine!!!"
(Margherita e la Pubblica accusa scattano in piedi)
P.A. E' INAUDITO!
MARG. (Coprendosi il viso) Che vergogna!
CANC. (Al giudice) Visto che il cavallo c'era?
GIUD. (All'imputato) Signor caval...ehm, signor Squìccheri, sono costretto a
chiederle di moderare il linguaggio.
ANTO. E da chi?
GIUD. Da chi che?
ANTO. Da chi che che?
GIUD. IMPUTATO! Si prende forse gioco di me?!?
ANTO. Non mi permetterei mai, signor giudice... no, è che lei ha detto
"Sono costretto a chiederle di moderare il linguaggio..." volevo
solo sapere chi che la costringe...
GIUD. NESSUNO! NON MI COSTRINGE NESSUNO! E’ UN MODO DI DIRE! QUESTO E’ IL MIO TRIBUNALE, E USO IL LINGUAGGIO CHE VOGLIO! HA CAPITO? (Prende una pillola) Avvocato, vada avanti.
ANTO. Non si scaldì così...
GIUD. E SE MI VOGLIO SCALDARE MI SCALDO QUANTO MI PARE E PIACE! E LEI STIA MOLTO ATTENTO, PERCHE’ ALLA PROSSIMA BATTUTA DI SPIRITO LA FACCIO RINCHIUDERE IMMEDIATAMENTE! Proceda, avvocato.
A.D. Dunque, voi asserite che fu la signorina Sfornapane ad usarvi
violenza, e non il contrario?
ANTO. Sì.
MARG. MAIALE!
GIUD. Signorina, non mi costringa ad allontanarla dall'aula! Avvocato,
continui.
A.D. Vorrei soffermarmi un attimo su quello che fu il menù di quella
famosa cena...
P.A. MI OPPONGO! Figuriamoci, il menù! Non vedo come questo possa avere attinenza col processo in corso.
A.D. Signor Giudice, qualunque fatto, anche apparentemente insignificante,
può avere un peso determinante al fine dell'acquisizione della verità. In questo caso la composizione del menù non è solamente importante, ma addirittura indispensabile al buon fine dell’udienza in corso. E poi non dimentichiamoci che stiamo processando un uomo accusato di uno dei delitti più abominevoli che la mente umana possa concepire…un delitto per cui sono previste pene severissime, un delitto…
GIUD. Va bene, va bene…proceda…
A.D. Ebbene, dobbiamo dare a quest uomo la possibilità di difendersi!
ANTO. (Battendo le mani) BRAVO! Meglio di Perry Mason!
GIUD. SILENZIO!
A.D. (All'imputato) Vuol essere così cortese da ripetere alla corte quello
che ha detto a me prima del processo? E cioè in che cosa consisteva
il menù della cena di quel 14 aprile?
ANTO. Facile: L'antipasto era a base di caviale e pepata di cozze, il primo
dei semplicissimi tagliolini al tartufo, di secondo gamberoni al pepe
verde, e di dolce una specialità di Margherita: sformato di peperonci-
ni flambè!
A.D. Signor giudice, qualunque uomo in pieno possesso delle sue facoltà fisiche dopo una cena come questa avrebbe violentato non solo una donna, ma anche un cavallo!
GIUD. E dai con questo cavallo! Insomma, se ho ben capito voi sostenete che
da parte della signorina Sfornapane c'era premeditazione?
A.D. Senza dubbio, signor giudice... non avete sentito il menù? Tutta roba
altamente afrodisiaca... roba da far resuscitare un morto! Mi appello
all'intelligenza della corte che saprà certamente trarre le debite conclusioni.
GIUD. La difesa ha finito?
A.D. Ho finito, vostro onore.
GIUD. La parola alla Pubblica accusa.
P.A. Grazie, signor giudice... (Avvicinandosi all'imputato) Dunque, voi
asserite che fu la mia cliente ad usarvi violenza?
ANTO. Violenza? Ma quale violenza! Magari tutte le violenze fossero così!
Io so solo che mi ritrovai sdraiato sul letto, nudo come un bagnino..
P.A. Sappiamo, sappiamo... ricorda solo quello?
ANTO. Molte altre cose. A un certo punto ha detto: mi fai la poltrona?
CANC. Che cosa ha detto?
ANTO. Mi fai la poltrona.
GIUD. E in cosa consiste questa poltrona?
ANTO. Mi ha fatto sedere, e poi si è accomodata sopra di me come se io fossi una poltrona.
GIUD. (Urlando) MA INSOMMA, CHE COS'E' QUESTO, UN PROCESSO A LUCI ROSSE?
P.A. Signor Squìccheri, io volevo sapere se a parte questi particolari
non ricorda altro!
ANTO. No. A parte la cena e le quattro...violenze, non ricordo altro.
GIUD. QUATTRO?!?
CANC. All'anima del montatore!
ANTO. Specializzato.
GIUD. Ah, su questo non c'è dubbio...se la Pubblica accusa ha finito, darei
di nuovo la parola alla difesa.
P.A. Ho finito.
A.D. Chiamo a testimoniare la così detta parte lesa, la signorina
Margherita Sfornapane. (Margherita si siede)
CANC. Alzatevi. Giurate di dire tutta la verità solo la verità nient'altro
che la verità? Alzate la mano destra e dite lo giuro.
MARG. (Alza la mano e la continua a tenere alzata) Lo giuro.
GIUD. Volete andare in bagno?
MARG. No signor giudice.
GIUD. E allora abbassate quella mano. Avvocato, proceda.
A.D. Signorina Sfornapane, lei è stata vista molte volte in compagnia del-
l'imputato... devo dedurre che tra voi esiste, diciamo così, un
rapporto che va un pò più in là della semplice amicizia?
P.A. (Si alza in piedi e sta per urlare, ma il giudice lo ferma con un
gesto della mano; tutti restano immobili, mentre il giudice trangugia
velocemente due pasticche per il cuore; poi abbassa la mano.)
MI OPPONGO!!!! LA DIFESA NON HA ALCUN DIRITTO DI INDAGARE SULLA VITA PRIVATA DELLA MIA CLIENTE!
A.D. Per chiarire certi fatti non esiste che questa procedura.
GIUD. Opposizione respinta. Signorina, rispondete alla domanda dell'av-
vocato.
MARG. Sì..no...cioè...eravamo amici, ecco!
ANTO. AMICI?!? Ma non ti ricordi più, cinque mesi fa, quando ci trovammo
nel vagone letto del diretto Firenze-Milano? O che forse passammo tut-
ta la notte a chiacchierare?
MARG. No... leggemmo... giocammo a carte...
CANC. A scopa?
GIUD. UN'ALTRA OSSERVAZIONE COME QUESTA E LEI PASSA SECONDINO A REGINACELI!!
A.D. Dunque, lei ha appena ammesso che tra voi due è esistito un rapporto..
come dire...intimo?
MARG. Sì, ma a quel tempo non stavo per sposarmi...
ANTO. Ti...ti sposi?!? E con chi?
GIUD. SILENZIO!
ANTO. SILENZIO?!?!? Vado a casa sua, ceno, bevo, faccio un poker, e poi
non devo nemmeno sapere chi la sposa?
MARG. Mi sposo con Arnaldo!
ANTO. ARNALDO?!? Quello tutto intelito che sembra inzuppato nell'amido?
Ma l'hai visto bene?
MARG. L'ho visto, sì, ed è cento volte meglio di te... MOSTRO!!!
GIUD. ORA BASTA!!!! Vista l'impossibilità di continuare questo processo,
la seduta aggiornata a domani 23 maggio alle ore nove dell'anno
di grazia 1996.
ANTO. Di-grazia?!? A me sembra DI-SGRAZIA!


FINE I° ATTO



ATTO II °


STESSA SCENA DEL PRIMO ATTO; ALL'APRIRSI DEL SIPARIO IN SCENA CISONO SOLO MARGHERITA E ARNALDO.


ARNA. Non preoccuparti, Margherita... io ti voglio bene, e credo a te, e
non a quel... quel...
ANTO. (Entrando alla fine della frase) Fermo lì! Non una parola di più
sennò ti sgozzo come un pollo! Non penserai mica di offendermi
in un'aula di tribunale, eh?!?
MARG. Guarda che qui nessuno ti offende! E comunque ciò non toglie che
tu sia un porco! Ma ti rendi conto, no, dico, ti rendi conto di
come mi hai trattata ieri, proprio qui, davanti a tutti?
ANTO. E secondo te come ti dovevo trattare? E poi non ho forse giurato
di dire tutta la verità, solo la verità, nient'altro che la verità?
ARNA. Ma quale verità! La "tua" verità!
ANTO. O bravo! Ma lo sai che sei un fenomeno? Parli come se a quella famosa
cena tu fossi stato presente!
MARG. ANTONIO !
ANTO. Scusa, ma quell'affare lì tira fuori certi discorsi...
ARNA. (Scaldandosi) Senti Antonio, tu hai infangato l'onore della mia futura
moglie con delle menzogne; hai compromesso forse irrimediabilmente
il futuro di una famiglia; e ora cosa pretendi, che stia qui calmo
e impassibile mentre continui con queste fantasie da depravato?
MA IO T'AMMAZZO!
ANT. Sì, ecco, bravo. Così si cambia processo... guarda, Arnaldo, che non
sono stato io a portare tutta questa faccenda in tribunale. Se era
per me si stava tutti zitti zitti, così io ero contento, Margherita
era contenta, e tu eri... un becco!
ARNA. (Scattando) T'AMMAZZO!!!!
MARG. Calmati, Arnaldo, calmati! Ma non lo vedi che lo fa apposta?
Non fare il suo gioco!
(Voce di fuori) ENTRA LA CORTE! (Entrano in ordine: Giudice,
Cancelliere, Pubblica accusa e Avvocato difensore; le persone già
in scena si alzano, quindi si rimettono sedute; Arnaldo andrà tra
il pubblico in sala).
GIUD. Cancelliere, dia inizio alla lettura degli atti, ma faccia molta, molta
attenzione.
CANC. In questo giorno, 23 Maggio 1996, siamo riuniti in quest'aula per
la seconda parte del processo Squìccheri, in cui sarà giudicato
l'imputato Antonio Squìccheri, di professione montatore specializ-
zato, accusato di violenza carnale nei confronti della qui presente
signorina Margherita Sfornapane, di professione "magliaia"... devo
dare anche lettura dei fatti accaduti ieri?
GIUD. No, basta così, vedremo se sarà necessario in seguito.
CANC. Signor giudice, posso rivolgere una domanda all'imputato?
GIUD. Purchè faccia presto.
CANC. Signor Squìccheri, la mia è una domanda di carattere personale...
questa notte non ho chiuso occhio cercando di ricordare dove ho
sentito il suo strano cognome...poi mi è sembrato di ricordare che
devo avere avuto un professore di liceo che si chiamava come lei...
e a questo punto le domando: aveva o ha qualche parente che insegna-
va al liceo?
ANTO. No, però mio padre ha fatto il liceo...
CANC. Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima? Suo padre è stato un
mio compagno di studi! E mi dica... che liceo ha frequentato suo
padre?
ANTO. Il liceo classico Machiavelli.
CANC. (Trionfale) ANCH'IO!(Al giudice) Visto com' è piccolo il mondo? Ho
trovato il figlio di un mio ex compagno di scuola!
GIUD. Sì,sì..ma ora cerchiamo di andare avanti col processo. Vorrei cercare
di finirlo prima della pensione.
A.D. Col permesso della corte, ho portato a testimoniare un vicino di casa
della signorina Sfornapane, e sono propenso a credere che questo ag-
giunga dei fatti nuovi al processo, perciò chiedo la parola.
GIUD. Se la pubblica accusa è d'accordo per me va bene.
P.A. Non sono affatto d'accordo, in quanto di solito la pubblica accusa
ha la precedenza. Questo altro non è che un tentativo di sovvertire l’ordine naturale della giustizia…
A.D. E’ vero, di solito la pubblica accusa ha la precedenza... ma oggi vorrei io per primo la parola, poiché sono certo che le rivelazioni del mio teste daranno una svolta decisiva al processo in corso.
GIUD. D'accodo, avvocato, inizi pure lei, ma cerchi di restare nei limiti
di tempo concessi.
A.D. Chiamo a testimoniare il signor Carobbi Mario.
CANC. (Forte) IL SIGNOR CAROBBI MARIO!
(Entra il Carobbi dal pubblico e va al banco dei testimoni)
CANC. Si sieda. (Pausa) In piedi. Giuri di dire la verità solo la verità nient'altro che la verità. Alzi la mano destra e dica "Lo giuro".
CARO. Lo giuro.
A.D. Vuole dire alla corte il suo nome?
CARO. Carobbi Mario, nato a Firenze il 7 marzo del 1955.
A.D. Lei abita vicino alla signorina Sfornapane?
CARO. Sì, la parete della sua camera è comune con la mia, e siccome
abitiamo nelle case popolari, sento anche quando respira troppo
forte...
A.D. Allora lei ricorderà senz'altro cose avvenne quella famosa notte del
14 Aprile del 1996...
CARO. E come potrei dimenticarlo? Che notte, ragazzi! Sembrava una trasmis-
sione radiofonica a luci rosse!
GIUD. (Ingoiando una pillola) Le saremo grati se volesse esporci i fatti
senza opinioni personali.
A.D. Dunque lei può dirci cosa udì quella famosa notte?
CARO. Subito...quella sera rincasai verso le dieci; andai a letto,
e come mia abitudine presi un libro e cominciai a leggere. Stavo
quasi per prendere sonno, quando dalla stanza accanto mi giunsero
dei gridolini...
A.D. Può dirci esattamente cosa intende per gridolini?
CARO. Sì, erano sul tipo... Ahhhh....Uhhhh....Ihhhh....
A.D. Ehm... bene, basta così...poi udì altro?
CAR. Sì, sentii un gran trambusto, e riconobbi il rumore della testata
del letto della signorina Sfornapane contro la mia parete. Dapprima
lento, tipo Bum....bum...bum. Poi sempre più veloce... dopo dieci
minuti sembrava il diretto Firenze-Roma: Bu-bum,bu-bum,bu-bum...
A.D. E questa musica durò tanto?
CARO. Quattro volte! Cioè, fino a mezzanotte circa...
A.D. Ed oltre ai rumori prodotti dal letto non ha sentito altro?
CARO. Oh sì! Devo ripetere?
CANC. (Piuttosto eccitato) Ripeta, ripeta!
CARO. Dunque, a parte i soliti gridolini di lui e di lei, c'erano frasi
come "Va bene così, Dai ora, Scendi dalla spalliera del letto
altrimenti ti fai del male"... poi ad un certo punto lui ha detto
"Vengo" e lei "Aspettami che vengo anch'io" ed io ho pensato" Meno
male che vanno via, così almeno dormo"...
GIUD. (Pasticca) Basta così! Avvocato, continui...
A.D. Nessuna frase l'ha colpita in modo particolare?
CARO. Oh, sì, due... e mi hanno lasciato abbastanza perplesso... la prima
era una voce maschile che diceva:"Hai visto com'è facile? Basta reg-
gersi bene al lampadario!" La seconda era la signorina Sfornapane che
diceva: “Trotta, cavallino, trotta che si vince la corsa alle Cascine!"
CANC. (Con la bava alla bocca) Continui, continui...
GIUD. BASTA COSI'! Ha finito, avvocato?
A.D. Ho finito, signor giudice... come ha potuto sentire, una delle due
frasi corrisponde perfettamente a quella già citata dal mio cliente
nella prima parte del processo.
GIUD. Bene...la pubblica accusa ha qualche obbiezione da fare?
P.A. Con il permesso della corte vorrei rivolgere una domanda al signor
Carobbi.
GIUD. Proceda.
P.A. Signor Carobbi, lei ha asserito che stava leggendo un libro... posso
sapere di che libro si trattava?
CARO. Ma...veramente...non so se....
GIUD. Le ricordo che lei è sotto giuramento!
CARO. (Abbassando gli occhi) Era intitolato ...:" Il vizietto di Lulù"...
CANC. Quando l'ha finito, me lo presta?
GIUD. SILENZIO!
P.A. Finalmente è tutto chiaro! Lei era talmente eccitato dalla lettura
di quella porcheria che chissà cosa si è immaginato!
CARO. E no signor avvocato! Forse ero eccitato, ma non cretino! Se le dico
che ho sentito ho sentito!
GIUD. Grazie, signor Carobbi, ora può andare... invito la Pubblica accusa
a introdurre il suo teste.
P.A. Chiamo a testimoniare la signorina Geltrude Teladetti.
CANC. (Forte) GELTRUDE TELADETTI! (Poi ripensa al nome) TELADETTI? (scoppia in una fragorosa risata; mentre sta ridendo col volto coperto entra dal pubblico la teste, la quale si siede al banco degli imputati) Si sieda pure...
TELA. Ma io sono già seduta!
CANC. Allora si alzi. Giuri di dire tutta la verità, solo la verità, niente
altro che la verità... alzi la mano destra e dica "Lo giuro".
TELA. Lo giuro.
P.A. Il suo nome?
TEL. Geltrude Teladetti.
P.A. Età?
TELA. (Pianissimo) ...aantadue...
P.A. Come ha detto?
CANC. Centodue…
GIUD. CANCELLIERE! Lasci perdere, avvocato.
P.A. Professione?
TELA. Casalinga.
P.A. Signorina Teladetti anche lei è una vicina di casa della qui presente
Margherita Sfornapane?
TELA. Purtroppo sì.
P.A. Purtroppo? Perchè purtroppo?
TELA. Perchè rientra tardi la sera, perchè tiene troppo alta la radio, perchè...
GIUD. Basta così. Atteniamoci ai fatti.
P.A. La sera del 14 Aprile lei era in casa? Può ripetere alla corte quello
che ha detto a me prima del processo?
TELA. Sì, quella sera ero in casa, e stavo leggendo l'ultimo numero di
Famiglia Cristiana, quando sentii dei rumori provenire dalla cucina
di quella là.... allora feci un po’ di attenzione...
CARO. (Dal pubblico) DICA PURE CHE APPICCICO' L'ORECCHIO ALLA PARETE COME FA SEMPRE!!!
GIUD. SILENZIO LA' IN FONDO! SILENZIO O FACCIO SGOMBERARE L’AULA!
CARO. NON PUO’!
GIUD. E PERCHE’ NON POSSO?
CARO. PERCHE’ QUESTA GENTE HA PAGATO IL BIGLIETTO! DOVREBBE RENDERE I SOLDI A TUTTI.
GIUD. Va bene, allora soprassiediamo. (Alla Teladetti) Continui, la prego...
TEL. Ad un certo punto sentii dire: "Antonio, siccome abbiamo mangiato
troppo, non vorresti mica un goccio di grappa?" E lui "Sì, a patto che
tu beva con me" e lei "Ma non lo sai che l'alcool mi da alla testa?"
e lui " Via, solo un goccio per farmi contento!" e lei...
CANC. All'anima dell'attenzione! Questa non è una donna, è una segreteria
telefonica!
GIUD. SILENZIO! Signorina, continui...
TEL. Dov'ero arrivata? Ah sì... e lei "E va bene, ma solo un goccio..."
a questo punto cominciarono a bere, e dopo circa un'ora cantarono
tutto il repertorio degli alpini, dalla Valsugana al Mazzolin di
fiori. Poi lei disse: "E ora?" e lui "Ora andiamo a letto" e lei
"A letto? A fare cosa?" e lui " Andiamo a giocare a Ciccia eccomi!"
e lei "No, non voglio!"
P.A. Basta così! Avete sentito? AVETE SENTITO? La mia cliente disse
"Non voglio".... e quando una persona non vuole, per fare certe cose
si deve ricorrere alla violenza!
GIUD. La Pubblica accusa ha finito?
P.A. Ho finito.
A.D. Se la corte è d'accordo, avrei da rivolgere una domanda alla teste.
GIUD. Proceda.
A.D. Le dispiacerebbe continuare il discorso da dove stata interrotta?
TELA. Da dove?
A.D. Da quando lei disse “Non voglio”.
TELA. Ma certo! Disse:" No, non voglio! Figurati se vengo a letto con te
per giocare a Ciccia eccomi! " e lui "Ci si leva eccomi e ci si
lascia la ciccia!" e lei "Così sì che mi piaci! Andiamo?"
A.D. (Trionfante) Sentito? Altro che violenza! La signorina Sfornapane sapeva bene quello che la aspettava andando a letto con l'imputato!
ANTO. Lo dice come se si trattasse di una tortura!
CANC. SILENZIO!
ANTO. PAPA', NON POSSO STARE SEMPRE ZITTO!
CANC. Come...come ha detto?
ANTO. Ho detto che non posso stare sempre zitto!
CANC. No, no...prima...come mi avete chiamato?!?
ANTO. Come vi ho chiamato?
CANC. Mi avete chiamato...mi hai chiamato papà!
ANTO. (Abbassa gli occhi) Ah sì?
CANC. SI'! Che cretino sono stato! Il mio compagno di Liceo ero io! Io sono
Augusto Squicchèri!
GIUD. (Ingoiando due pastiglie) Volete dire che voi...che voi... siete il
padre dell'imputato? (Augusto annuisce; ad Antonio) E che voi siete
il figlio?!?!?
ANTO. Non vedo altra soluzione.
GIUD. Questa poi! (Ingoia altre due pasticche) Cancelliere, ma come avete
fatto a non riconoscere vostro figlio?
CANC. Sarà perché ci vedo così poco...
GIUD. E come avete fatto a dimenticare il vostro cognome?!?
CANC. Lo pronunciavano in maniera diversa... dicevano tutti “Squìccheri...”
invece la pronuncia esatta è “Squicchèri...”(Ad Antonio) Ma appena
torni a casa t'aggiusto per le feste!
GIUD. Calma, calma... queste sono cose che sistemerete in famiglia...prego
l'imputato e la parte lesa di avvicinarsi a questa corte, poichè
devo rivolgere una domanda comune ad ambedue...(I due si avvicinano,
e dopo un brevissimo colloquio col giudice tornano ai loro posti).
GIUD. Se gli avvocati delle due parti non hanno altro da aggiungere, vorrei
dire due parole io.
Bene, mi sembra di poter affermare senza ombra di dubbio che questo è
il processo più insolito che io abbia presieduto in trentacinque anni
di onorata carriera; un processo in cui le due parti sostengono di e-
sere state violentate l'una dall'altra... io mi sono chiesto: Ma non è
possibile che la grappa di quella famosa sera abbia agito allo stes-
so modo su tutti e due? Che i fumi dell'alcool abbiano avuto la parte
più importante in questa sequenza di fatti, e che i due abbiano fat-
to tutto quello che hanno fatto di comune accordo? (Pausa)
Dopo aver parlato con tutte e due le parti posso affermare che erano
ubriachi. Dichiaro perciò sciolto il processo, ed invito le parti in
causa a dividersi le spese processuali. La seduta è tolta!
ARNA. (Entrando dal pubblico) Un momento...e io?
GIUD. E costui chi sarebbe?
ARNA. Sono, anzi, ero il fidanzato di Margherita, e la dovevo sposare tra
pochi giorni.
MARG. Mi dovevi? Perchè, ora non mi vuoi più?
ARNA. No! Non ti voglio più! Bella figura che mi hai fatto fare! Ma lo sai
che ieri sera gli amici mi presero e mi gettarono in aria? E diceva-
no :"Uh, guarda, un cervo volante!"
ANTO. Ma scherzavano...
ARNA. SCHERZAVANO UN CORNO!
CANC. A me sembrano due...
ARNA. (Ad Antonio) Ma perchè non te la sposi te?
ANTO. IO?!? Anche subito! Però ho paura che lei...
MARG. DAVVERO?!? Antonio, guardami! Ma lo sai che andavo con Arnaldo solo perchè pensavo che tu non mi volessi?
ANTO. Non ho mai trovato il coraggio per dirtelo...
CANC. In tutta questa faccenda quello che ci guadagna di più sono io...
vengo a fare un processo e mi porto a casa una nuora... e forse tra
non molto sarò anche nonno! Però c'è una cosa che non ho capito...
GIUD. Quale?
CANC. L'hanno poi vinta la corsa alle Cascine?


FINE