SE CI RIESCO TI LASCIO
atto unico di
Pasquale Galdi
PERSONAGGI
FRANCO
PAOLO
ANNA
ENRICHETTA
VOCE
VICINA
N.B: I personaggi “Voce” e “Vicina” non compariranno mai in scena. Sono solo
delle voci dietro le quinte; tuttavia, a discrezione del regista, il personaggio
“Voce” potrebbe stare in scena.
La scena si svolge nell’ampio soggiorno di un appartamento moderno. Lo
spettatore dovrà poter vedere almeno due porte: quella d’ingresso - centrale - e
quella della cucina - a sinistra -. Sulla destra una finestra. Spostato contro
una parete in fondo a destra, un divano con sopra un cuscino. Sempre a destra,
una piccola scala a tre piedi, di quelle che usano le commesse nei negozi.
Vicino alla scala, un secchio di vernice bianca. Gli altri elementi di scena
saranno svelati nel corso della commedia. Ogni tanto si sente il pianto di un
neonato.
In scena c’è Franco, un uomo di cinquant’anni. Veste sportivo. Sta imbiancando
la parete vicina al divano. Mentre imbianca fa anche degli esercizi ginnici.
FRANCO: (ad ogni numero sale un gradino della scala) Uno, due, tre, pennellata.
(dopo quest’ultima parola, intinge il pennello nella vernice e imbianca la
parete) Via, scatto. (corsa fino alla porta d’ingresso) Uh! Uno, due, tre,
pennellata. Via, scatto. Uh… uh… uh. Uno, due, tre, pennellata. Via… senza
scatto. (qualche esercizio di stratching, poi ancora “uno due tre”. Dopo poco
suonano alla porta. Franco apre senza interrompere i suoi esercizi. Entra Paolo,
un suo amico. E’ ben vestito) Ciao Paolo. (neanche lo guarda) Bene? Tutto bene!
Come mi trovi? Bene? Bene! Visto come ci si mantiene in forma?! Tempo due
settimane e anche questo po’ di pancetta sparirà! Uno, due, tre, pennellata.
Via, scatto! Sai quanti anni ho, caro Paolo?
PAOLO: Quasi…
FRANCO: Bravo! Chi me li darebbe tutti questi anni? Nessuno! Dopotutto sono
anche un uomo che ha il suo perché, o no?
PAOLO: Credo…
FRANCO: Bravo! È quello che dico anch’io, e poi c’è da dire che, uno, due, tre,
pennellata. Via, scatto… rivesto una certa posizione sociale, sono un uomo
abbastanza conosciuto in città e soprattutto sono un uomo di carattere! Sono una
persona sicura, determinata, che quando vuole una cosa la ottiene! È vero?
PAOLO: Io…
TUTTI: Bravo!
FRANCO: La mia vita fino ad ora è stata una bella vita. Ho avuto un’ infanzia
felice, un’ adolescenza ricca di scoperte, poi mi sono sposato ed è stato un bel
matrimonio. Ho avuto una figlia stupenda che mi adora, poi, uno, due, tre,
pennellata. Via, scatto… ho divorziato.
PAOLO: Si, ma ti sei rifatto una vita. Ora non sei “felicemente” fidanzato?
FRANCO: E’ stata la mia rovina! Non la sopporto più!
PAOLO: Ma se è così dolce, attenta, è sempre presente…
FRANCO: Giusto, è sempre presente, è un’esagerazione. Mi sta distruggendo! Per
lei è come se al mondo non ci fossi che io. Mi si è aggrappata addosso come un
figlio alla pensione del padre.
PAOLO: Non dire cazzate! Tu hai bisogno di lei, e poi siete una bella coppia.
FRANCO: Non è vero, abbiamo pure vent’anni di differenza. Non la reggo più. Non
posso continuare a subire le sue paure, le sue insicurezze, e poi si è fissata
che ci dobbiamo sposare.
PAOLO: È normale, lei ti ama.
FRANCO: Appunto, lei, mi ama. Uno, due, tre, pennellata. Via, scatto. Sto
benissimo da solo. Faccio come te: da solo a vita.
PAOLO: Chi ti dice che io non abbia una compagna?
FRANCO: Ce l’hai?
PAOLO: No, ma potrei averla.
FRANCO: Ce l’hai?
PAOLO: No.
FRANCO: A volte ti invidio. Nessun legame sentimentale, solo sesso.
PAOLO: La donna quello vuole: sesso! E io glielo do… Sono un benefattore. A
proposito, proprio ieri ho benedetto la barista qua sotto.
FRANCO: Chi, la biondina?
PAOLO: No, quella l’ho giustiziata due mesi fa.
FRANCO: La brunetta allora?
PAOLO: No, quella l’ho castigata quasi un anno fa, dopo un cappuccino.
FRANCO: Facesti sesso prima col monaco e poi con la ragazza?
PAOLO: Latte e caffè.
FRANCO: A stomaco pieno?! Ma è faticoso.
PAOLO: Il cappuccino era senza zucchero.
FRANCO: Ah, beh. Quindi ti sei spupazzato la rossa?
PAOLO: Già, la rossa che poi è anche russa. La siberiana più calda che abbia mai
conosciuto.
FRANCO: Ragguagliami.
PAOLO: Sono un gentiluomo. (entusiasta come un bimbo davanti ad un giocattolo
nuovo racconta l’episodio. Segue Franco nei suoi esercizi) È stata fantastica!
Siamo andati a casa sua e appena varcata la porta di ingresso mi è saltata
addosso, mi ha buttato contro la parete e mi ha sbottonato la camicia con la
bocca.
FRANCO: (arrestandosi) Con la bocca?! (riprende gli esercizi)
PAOLO: Si, poi con passione mi ha baciato e leccato. Sembrava una ventosa, e
mentre continuava questo “succhia succhia“ mi ha slacciato la cintura con un
ginocchio.
FRANCO: (arrestandosi) Con un ginocchio?! (riprende gli esercizi)
PAOLO: Si, e mentre stavamo tutti aggrovigliati, intorcinati contro il muro, con
un tallone ha acceso la tv prima e il lettore dvd poi (Franco si arresta senza
dire niente, poi riparte)… Era un film porno russo.
FRANCO: Qual è la differenza con un porno italiano?
PAOLO: Che l’attrice italiana dice “si si si“, mentre quella russa dice “da da
da”. Comunque ho cercato di sbottonarle anch’io la camicetta con la bocca e per
poco non mi rompevo un incisivo. Allora ho ritentato lo “sbottonamento“ e mi è
rimasto incastrato un bottone nel ponte, quindi ho abbandonato la soluzione
“dentale“, però non potevo fare la figura del borghese medio, tradizionalista,
era in ballo la dignità del maschio italiano.
FRANCO: Giusto.
PAOLO: Dovevo essere passionale! Allora le ho strappato la camicetta con le
mani, ed è stato lì che…
FRANCO: È caduta ai tuoi piedi!
PAOLO: No, mi ha dato un grande schiaffo, facendomi traballare il ponte già
instabile.
FRANCO: È stata presa da un momento di libidine violenta?
PAOLO: No, dal nervosismo! Quella camicetta le era costata quindici giorni di
lavoro.
FRANCO: Quale è stata la tua reazione, le hai dato un cazzotto?
PAOLO: No, ho sputato prima il ponte e poi le ho fatto un assegno, per riparare.
FRANCO: Quindi l’avventura è finita lì?
PAOLO: Quando mai! Oramai ero in mutande.
FRANCO: Di quant’era l’assegno che le hai firmato?
PAOLO: Ero in mutande nel vero senso della parola, e lei sbattendomi contro il
muro, mi ha sfilato gli slip con l’alluce.
FRANCO: (arrestandosi) Con l’alluce?! (riparte)
PAOLO: E a quel punto, nudo come un verme mi ha fatto strisciare fino al divano,
e lì sono iniziate le acrobazie sessuali.
FRANCO: Racconta racconta.
PAOLO: Lo sai che sono un gentiluomo… amante dei dettagli. È più facile
spiegarti con un esempio che raccontarti il tutto (sposta un po’ il divano verso
la finestra) Tu fai “lei”! Mentre ancora strisciavo, ho visto lei che con un
solo gesto si è spogliata, poi con un salto è balzata sul divano, mica si è
seduta come una persona normale? Ha poggiato…si è messa che…insomma con una
gamba… (“manovrando” Franco, cerca di spiegarsi. Fa sedere Franco con le cosce
sul bracciolo del divano di modo che il sedere vada oltre il bracciolo) Mi ha
bendato gli occhi col suo perizoma, ma visto che era troppo sottile l’ha
sostituito col reggiseno, ma visto che era trasparente mi ha ordinato di tenere
gli occhi chiusi. Così, cieco come un… cieco, ho dato il via al mio famoso
movimento di bacino ondulatorio e sussultorio (simula con Franco. Più che fare
sesso sembra che lo dondoli, e il suo movimento di bacino è opposto ai movimenti
di Franco) E dopo quasi mezz’ora capii che per fare centro dovevo solo aprire
gli occhi.
FRANCO: E la mosca cavallina l’avete fatta? L’avete fatta?
PAOLO: Ovvio! E via mosca cavallina, salta salta cavallina, salta.
FRANCO: Enrichetta non l’ha mai voluta fare.
PAOLO: Salta salta, mosca cavallina. (Voce dell’anziana signora che abita di
fronte a casa di Franco)
VOCE: Vergognatevi! Brutti zozzi, osceni e delinquenti. Vecchi pervertiti!
FRANCO: Signora, guardi che era solo uno scherzo, un esempio!
VOCE: Un esempio schifoso!
PAOLO: Si faceva per scherzare.
VOCE: Non dica sciocchezze, non si scherza mai sulla mosca cavallina.
FRANCO: Come fa a conoscere la mosca cavallina?
VOCE: Lei la faceva sempre con sua moglie, non si ricorda?
FRANCO: Cos’è lei, una guardona, una maniaca?
VOCE: No, sono una dirimpettaia.
PAOLO: Potremmo denunciarla, lo sa?
FRANCO: Chiamo la polizia!
VOCE: Io le mando la finanza in azienda.
FRANCO: Io…io non mi ricordo più il numero. Va be’, semmai chiamo dopo.
PAOLO: Signora per favore, torni alle sue faccende casalinghe.
VOCE: Le ho già finite.
FRANCO: Invece di guardare noi, guardi la tv, come tutte le vecchie.
VOCE: La televisione mi fa più schifo di voi.
FRANCO: Faccia quello che vuole, ma la smetta di spiarmi.
VOCE: Voi però non fate le schifezze che si diventa pure ciechi.
FRANCO: Ma cosa dice?!
PAOLO: Si, va bene. Arrivederci.
VOCE: Si ricordi che se vuole che la sua fidanzata faccia la mosca cavallina con
lei, deve migliorare il movimento di bacino e deve smetterla di portare le
mutande di lana.
PAOLO: Porti le mutande di lana?
FRANCO: Ho i dolori.
VOCE: Arrivederci! E non fate le schifezze…gay. (il neonato non si sentirà più)
FRANCO: Lo sapevo che questa sarebbe stata una grande giornata. Comunque
parliamo di cose serie: com’è andata a finire con la russa?
PAOLO: L’abbiamo fatto tre volte: sul divano, sul lampadario e…
FRANCO: Sul lampadario?!
PAOLO: Te l’ho detto che è un’acrobata circense? È salita sulle mie spalle e poi
si è arrampicata al lampadario e si è messa a testa in giù, mi ha preso per il
collo e mi ha sollevato fin sopra il lampadario.
FRANCO: Non dire cazzate! Come ha fatto a reggervi, un lampadario?
PAOLO: Che ne so! L’avrà collaudato con qualcun altro, forse con un nano del
circo, oppure l’avrà fatto rinforzare per farci gli esercizi.
FRANCO: Non è stato scomodo?
PAOLO: Particolare, diciamo che è stato particolare! Certo, ogni tanto ti
ritrovavi con qualche lampadina tra le chiappe… che tutto sommato non è male,
però…
FRANCO: Ha ragione la signora? Sei un po’ gay? Perché a casa mia non bussa mai
una donna che vuole fare sesso con me sul lampadario?
PAOLO: Perché a casa tua ci sono solo plafoniere.
FRANCO: E la terza volta, dove l’avete fatto dove l’avete fatto?
PAOLO: La terza volta è stata la più perversa.
FRANCO: Dove l’avete fatto dove l’avete fatto?
PAOLO: Sul letto, io sopra e lei sotto.
FRANCO: Come tutti?
PAOLO: Si, ma il letto l’abbiamo messo sul pianerottolo di casa.
FRANCO: No! Non vi ha visto nessuno?
PAOLO: Più di una persona.
FRANCO: No!
PAOLO: Eravamo mascherati.
FRANCO: Con quali maschere?
PAOLO: Io avevo quella di Pulcinella e lei quella di Arlecchino: gliele ho fatte
vedere di tutti i colori.
FRANCO: Un giorno tu morirai d’infarto. Basta! Dimenticati per un momento il
sesso e pensa a me.
PAOLO: Ok, penso a te ma contemporaneamente penso anche al sesso, è più forte di
me.
FRANCO: Ho deciso, la lascio.
PAOLO: Perché? Mi sembra che tutto scorra tranquillo.
FRANCO: No no no. Mi sto logorando! Sembro un cinquantenne.
PAOLO: Tu sei, un cinquantenne.
FRANCO: Fatti i cazzi tuoi! Mi sento oppresso, e poi non abbiamo neanche una
buona intesa sessuale.
PAOLO: Il sesso non è tutto…è molto di più.
FRANCO: Non viaggiamo lungo la stessa strada, ci piacciono programmi tv diversi,
a me piace il caffè e a lei il tè, a lei…
PAOLO: (sarcastico) Si si, il tuo problema è questo. Da quando tua moglie ti ha
lasciato…
FRANCO: Non mi ha lasciato lei!… E non fare quella faccia!
PAOLO: Che faccia sto facendo?
FRANCO: La faccia di quello che pensa “povero idiota è stato abbandonato dalla
moglie e ora vive tutto triste e sconsolato come un verme facendoci credere che
sta bene che lui è un uomo tutto di un pezzo che non ha subito dispiaceri o
traumi che ora è fidanzato con una donna che non ha mai amato che da quando si è
lasciato con la moglie non si è più innamorato di nessuna”.
PAOLO: Non pensavo di essere così espressivo.
FRANCO: Il mio problema è Enrichetta, non la mia ex moglie.
PPAOLO: Bugiardo. Tu non vivi più da quando tua moglie ti ha lasciato.
FRANCO: Non mi ha lasciato. Abbiamo deciso di comune accordo di prenderci una
pausa.
PAOLO: Ma se avete divorziato quattro anni fa! E poi quale comune accordo, per
poco non ti sei ucciso coi barbiturici.
FRANCO: Pensavo fossero “tic tac”.
PAOLO: Tua moglie è stata già una santa a sopportarti tanti anni.
FRANCO: Sopportarmi! Ero un marito perfetto, non le facevo mancare mai niente.
PAOLO: Tranne la tua presenza.
FRANCO: Si, però aveva la casa piena di fotografie mie. Non l’ho mai trascurata.
PAOLO: Va be’, alcune volte ti ritiravi alle tre di notte, però…
FRANCO: Capitava massimo quattro-cinque volte a settimana.
PAOLO: Va be’, tua moglie sapeva di una tua mezza relazione con la tua
segretaria, però…
FRANCO: Era giusto per ammazzare il tempo, una cosa senza importanza.
PAOLO: Un hobby.
FRANCO: Spesso le portavo le rose.
PAOLO: Dopo averla tradita, un classico.
FRANCO: Andavamo sempre a cena fuori.
PAOLO: Con la segretaria.
FRANCO: Erano cene di lavoro.
PAOLO: Nel senso che lei poi ti faceva i “lavoretti”?
FRANCO: Non mi interessa più niente della mia ex moglie. Chiuso!
PAOLO: Hai ragione, oramai è solo un ricordo lontano.
FRANCO: Giusto.
PAOLO: Neanche ricordi più la sua voce.
FRANCO: Giusto.
PAOLO: È normale che tu sia tranquillo, sei nel giusto.
FRANCO: Giusto.
PAOLO: Non hai bisogno di nessuno.
FRANCO: Mi stai prendendo per il culo?
PAOLO: Giusto.
FRANCO: Tra poco Enrichetta sarà qui, ma io ho già preparato qualche
trabocchetto per farmi lasciare, poi se tu mi tiri contro con lei, meglio
ancora. Mi dispiace deluderla, ma mi è necessario per la mia salute. Vedi? Sono
costretto ad imbiancare le pareti per tenermi impegnato e non vederla. In
azienda non posso starci più, sta sempre tra i piedi. Le ho detto di non venire
a casa perché gli imbianchini non possono ricevere visite mentre lavorano, anzi
durante tutto il periodo di lavorazione, perché…neanche mi ricordo perché.
Purtroppo mi ha chiamato e mi ha detto che, lavoro o non lavoro, deve vedermi.
Sta per arrivare.
PAOLO: Cosa dovrei fare io?
FRANCO: Non lo so, devi aiutarmi ad eliminarla.
PAOLO: Ok, compro la pistola.
FRANCO: Ma no…
PAOLO: Vuoi ucciderla con arma bianca?
FRANCO: Voglio eliminarla come fidanzata, senza farla soffrire.
PAOLO: Va bene, la riempiamo di morfina e la scanniamo, neanche se ne accorgerà.
FRANCO: Smettila!
PAOLO: Scusa ma dov’è il problema? Diglielo chiaramente: “cara Enrichetta è
finita”.
FRANCO: Hai capito di chi sto parlando? Ho provato già altre volte a lasciarla
ma non ci sono mai riuscito. È tutta appiccicosa, volubile, opprimente, ma è
anche tanto tanto sensibile e quando la vedo piagnucolare non riesco a dirle
cose brutte. Non voglio farla soffrire.
PAOLO: Va bene, basta che facciamo presto perché tra poco devo bagnare il
biscotto nel latte.
FRANCO: Fai colazione piuttosto tardi.
PAOLO: Voglio dire che devo entrare la macchina nel garage.
FRANCO: Così presto?
PAOLO: Ahhh. Devo mettere la pagnotta nel forno, il pico nella terra, il pallone
nella rete.
FRANCO: Ah, devi intingere il pennello nella vernice?!
PAOLO: Esatto!
FRANCO: Ma come fai a fare sempre sesso?
PAOLO: È una specie di malattia.
FRANCO: Di chi è il garage in cui devi parcheggiare?
PAOLO: Una certa Veronica.
FRANCO: Veronica chi?
PAOLO: La moglie del salumiere sotto casa mia.
FRANCO: No! Pensavo fosse una specie di monaca.
PAOLO: In effetti quando sta con me sta sempre in ginocchio, ma non prega.
FRANCO: Non riesci a stare un giorno senza andare a letto con qualcuno?
PAOLO: Se sto più di ventiquattro ore senza sesso sto male, mi prude
dappertutto.
FRANCO: Sei davvero malato.
PAOLO: Te l’ho detto. Qualsiasi cosa mi fa pensare a quella cosa. Trovo il sesso
ovunque, in tutto.
FRANCO: Come fai a trovare del sesso guardando per esempio quella sedia?
PAOLO: La sedia ha quattro gambe, quattro gambe uguale due donne, due donne più
io risultato una bella orgia.
FRANCO: Madonna, fai impressione. E quella bottiglia d’acqua cosa ti fa pensare?
PAOLO: Acqua: donna a cui si rompono le acque che quindi è incinta e quindi per
essere in grado di avere un figlio ha dovuto prima fare sesso.
FRANCO: Tu sei posseduto. E…e questo telecomando?
PAOLO: Telecomando: parola composta, butto “tele” e rimane comando. Donna
schiava che mi obbedisce. Lei incatenata ed io a domarla con la frusta,
risultato: sesso sadomaso.
FRANCO: Sei da ricovero.
PAOLO: Forse è vero, ma anche tu lo sei.
FRANCO: Certo, ma io ho il rimedio, mi faccio lasciare da Enrichetta e guarisco.
PAOLO: Non è vero, non guarisci.
FRANCO: Si, starò una bellezza.
PAOLO: Non cambierà niente, il problema è Luisa.
FRANCO: Non è vero mia moglie non c’entra.
PAOLO: La tua ex, moglie. (Si sente di nuovo il neonato piangere)
FRANCO: Io riavrò la mia tranquillità, la serenità, ritornerò una persona calma.
Il solo pensiero che tra poco mi sbarazzerò di Enrichetta mi fa stare già più
calmo. (picchia i pugni contro la parete che separa la sua casa da quella della
vicina in cui c’è il neonato) Allora, glielo mettiamo uno sturalavandini nella
bocca?!
PAOLO: Si vede che sei un uomo flemmatico.
VICINA: Ma ha le colichette!
FRANCO: Lo porti in ospedale. (il bambino seguita a piangere) Chiamo
l’amministratore.
VICINA: Le mando la Guardia di finanza in azienda.
FRANCO: (cambia registro) Signora per fargli passare le colichette a quella
anima di Dio, gli dia “Alginor”. Per ulteriori informazioni chiami Rossella
Russoli, è la migliore pediatra della città. Ovviamente tutte le spese sono a
carico mio. No, grazie non mi ringrazi, dovere. (il bimbo seguita a piangere per
altri pochissimi secondi, poi tace)
PAOLO: Che uomo di polso!
FRANCO: Mangi qui?
PAOLO: Va bene, ma prima devo passare dalla salumiera.
FRANCO: Perché non prepari un attimo il pranzo?
PAOLO: Basta che ci muoviamo. Cosa preparo?
FRANCO: Fai…fai… che ne so, metti a soffriggere una scatoletta di tonno e due
pomodorini che poi ci buttiamo gli spaghetti.
PAOLO: Ho capito: nouvelle coucine. (si avvia verso la cucina. Suonano alla
porta)
FRANCO: Aspetta! Apri tu… Aspetta! Fammi fare l’imbianchino. ( si mette ad
imbiancare la solita parete. Paolo sta per aprire la porta ) Fermo! Devo
cantare. Gli imbianchini cantano sempre quando lavorano.
PAOLO: Che genere di canzoni?
FRANCO: Le inventano al momento.
PAOLO: Come gli schiavi di colore nei campi di cotone.
FRANCO: Più o meno. (inventa una canzone ridicola dal motivo allegro)
Tra le mani questo pennello
Mi sento ancora più bello
Non ho bisogno di una donna
Mi compro un disco di Madonna
Non voglio mica lavorare
Mi basta solo…campare
Con il cappello in testa
Faccio tutti i giorni festa
VOCE: Io le sputerei dalla finestra
FRANCO: Quasi quasi le chiamo l’ambulanza
VOCE: E io la guardia di finanza
FRANCO: Chiedo scusa e le offro un fritto di paranza.
PAOLO: (apre la porta mentre Franco continua a canticchiare. Entra Anna, la
figlia di Franco. È una ragazza intorno ai trent’anni) Hei Anna! La piccola
Anna. Dai un bacino a zio Paolo.
ANNA: Non sono tua nipote.
PAOLO: Come se lo fossi, sei la figlia del mio più caro amico.
ANNA: Tanto lo so che con me faresti volentieri un “sessantanove”.
PAOLO: Vado in cucina.
FRANCO: (si accorge della figlia) Tesoro, sei tu.
ANNA: Chiamami Anna, non tesoro.
FRANCO: Papà ti chiama tesoro perché ti vuole bene.
ANNA: Perché, se mi chiami semplicemente Anna non mi vuoi più bene?
FRANCO: …Che sorpresa. Come mai qui?
ANNA: Devo chiederti il permesso se voglio venirti a trovare?
FRANCO: No, lo sai che puoi passare quando vuoi.
ANNA: Beh, sono passata.
FRANCO: Fatti dare un bacio.
ANNA: Grazie, ma sono allergica.
FRANCO: Che… Cosa mi… L’università? Che esame stai preparando?
ANNA: Mi sono laureata tre anni fa.
FRANCO: (vorrebbe recuperare alla gaffe)… Gli esami non finiscono mai… La mamma?
ANNA: È viva.
FRANCO: Ti servono soldi?
ANNA: Ecco, passo a salutarti e subito pensi che ho bisogno di
duemilasettecentocinquanta euro.
FRANCO: L’ho detto così per dire. Dopo ti faccio un assegno.
ANNA: Non trattarmi come una prostituta di alto borgo.
FRANCO: Per andare d’accordo con te devo solo stare zitto.
ANNA: Si, si dialogherebbe meglio.
FRANCO: …Stai sempre con quel ragazzo?
ANNA: Chi?
FRANCO: Quello biondino.
ANNA: Gianni? Antonio? Michele? Alfredo? Pietro?
FRANCO: …Quello alto.
ANNA: Forse parli di Vittorio? Di Gaetano? Di Vincenzo?
FRANCO: Cambiamo argomento. Perché non mi rispondi mai quando ti chiamo al
cellulare?
ANNA: Perché ho sempre tanto da fare.
FRANCO: Fare cosa?
ANNA: Fare, punto.
FRANCO: Lo sai che a casa da te c’è mamma e io non posso venire, almeno chiamami
quando trovi la chiamata sul cellulare!
ANNA: Cos’è, non puoi permetterti un imbianchino? Quando vivevamo insieme non
hai mai fatto niente dentro casa.
FRANCO: Non è vero!… Una volta ho innaffiato i gerani.
ANNA: Non abbiamo mai avuto piante a casa nostra.
FRANCO: Perciò poi non le ho innaffiate più. Come trovi papà tuo?
ANNA: Vestito da imbianchino.
FRANCO: Ti sembro ingrassato, dimagrito? Invecchiato, ringiovanito?
FRANCO: Hai le occhiaie, la tua “amichetta” si dà da fare?
FRANCO: Non si dice “amichetta“. È la mia compagna.
ANNA: Siete andati a scuola insieme?
FRANCO: Dovresti rispettare le mie scelte, e la mia compagna.
ANNA: Vuoi che la chiami mamma?
FRANCO: Lasciamo perdere. Cosa dice mamma?
ANNA: Un sacco di cose.
FRANCO: Sta…sta sempre con quello?
ANNA: Parli del medico-chirurgo bello, ricco, signore, dai modi gentili che ha
mille premure verso mia madre? Si.
FRANCO: Sei simpatica come una spina di cactus nel sedere. È felice?
ANNA: Molto più di prima.
FRANCO: Prima quando?
ANNA: Quando stava con un uomo che non c’era mai, e anche quando c’era non
c’era.
FRANCO: Quell’uomo voleva bene a tua madre.
ANNA: Perché ti ha lasciato allora?
FRANCO: Non mi ha lasciato! Sta facendo un percorso diverso dal mio, e un
giorno…
ANNA: Un giorno cosa? Lasciala stare, sta cercando di trovare la serenità che
non ha mai avuto.
FRANCO: E vuole trovarla con un medico-chirurgo?
ANNA: E’ perfetto per lei. E poi tu non hai il diritto di parola! Stai con una
più giovane di te di vent’anni.
FRANCO: Diciannove. Sto per lasciarla. Tempo mezz’ora e sarò di nuovo single.
ANNA: Ti dedicherai solo alla tua segretaria?
FRANCO: Sempre questa storia della segretaria. L’ho licenziata sei mesi fa.
ANNA: Era diventata troppo vecchia per te?
FRANCO: No, era diventata brutta. Sto scherzando. Ho preso un segretario
omosessuale. (questa battuta sarà recitata davanti alla finestra)
VOCE: Sempre le solite schifezze! (Franco chiude la finestra)
ANNA: Ma quando cresci?! Eri un immaturo e sei rimasto tale.
FRANCO: Non esagerare. Ricordati che sono sempre tuo padre.
ANNA: Chi lo può dire?!
FRANCO: Metti in dubbio la paternità?
ANNA: Potrei essere anche figlia del medico-chirurgo.
FRANCO: Impossibile! Sei antipatica come mia sorella, appartieni alla mia
famiglia.
PAOLO: (rientra indossando un grembiule da cucina) Scusate l’interruzione. Devo
metterci l’aglio o la cipolla nel tonno?
FRANCO: Uno spicchio d’aglio va bene.
PAOLO: Anna, mangi con noi?
ANNA: Con te volentieri.
FRANCO: Io vado a mangiare fuori al balcone?
PAOLO: Che ore sono?
FRANCO: Non è tardi.
PAOLO: Pensavo fosse più presto. (si gratta. Torna in cucina)
FRANCO: È un malato. Non per sapere, ma a cosa ti servirebbero i
duemilasettecentocinquanta euro?
ANNA: Solo perché mi presti quattro soldi, pretendi di sapere?
FRANCO: A parte che duemilasettecentocinquanta euro corrispondono a tre stipendi
da operaio… Te lo chiedevo per sapere se devi investirli in un progetto, se devi
risolvere un problema…
ANNA: Devo comprare una macchina.
FRANCO: E cosa compri con questi soldi?!
ANNA: Ne ho degli altri, non ti preoccupare.
FRANCO: Chi te li ha dati?
ANNA: Mirko.
FRANCO: Chi è Mirko?
ANNA: Il compagno di mamma.
FRANCO: Ah, il suo “amichetto“. Quanto ti ha dato?
ANNA: Non ha importanza.
FRANCO: Ti do il doppio.
ANNA: No.
FRANCO: Non li accettare i soldi di quello.
ANNA: Perché?
FRANCO: Sono soldi sporchi.
ANNA: Non è vero.
FRANCO: Guadagna con il traffico clandestino di organi.
ANNA: Non dire scemenze, è un professionista serio.
FRANCO: Il tipo che abita sotto di me, cinque mesi fa ha avuto il trapianto del
fegato, e sai chi gliel’ha procurato? Quello! Per la modica cifra di centomila
euro.
ANNA: Chi è che ha avuto il fegato nuovo di contrabbando?
FRANCO: Il tizio che abita al piano di sotto.
ANNA: Papà siamo al primo piano, e non c’è un piano terra.
FRANCO: … Abita nel garage.
ANNA: Bugiardo, traditore, immaturo…un tris perfetto. E poi ti meravigli che
mamma ti ha piantato.
FRANCO: Non mi ha piantato, si è momentaneamente allontanata. (qualcosa sbatte
contro la finestra. Franco apre e gli arriva una noce in faccia) Cosa fa?
VOCE: Lasci la finestra aperta che non riesco a sentire.
FRANCO: Sono fatti nostri.
VOCE: Io i fatti vostri voglio sentire! Anzi, se fate un breve riepilogo… Ero
rimasta al “segretario omosessuale“.
FRANCO: Non è successo granché. Mia figlia ha continuato ad insultarmi.
VOCE: Brava signorina.
ANNA: Si figuri, dovere. (la finestra resta aperta)
FRANCO: Quale auto vuoi comprare?
ANNA: Una macchina vale l’altra.
FRANCO: Come mai ti sei decisa ad acquistarne una?
ANNA: Mi è necessaria per andare a lavoro.
FRANCO: Quale lavoro?
ANNA: Un lavoro da segretaria.
FRANCO: Segretaria?! Non voglio che tu faccia la segretaria!
ANNA: Perché?
FRANCO: Perché sei una bella ragazza e i datori di lavoro ci provano sempre con
le segretarie.
ANNA: Davvero?
FRANCO: Solo io sono un imprenditore serio.
ANNA: Nel senso che ci provi seriamente?
FRANCO: Vieni a lavorare in azienda, in fondo è anche tua.
ANNA: No, grazie.
FRANCO: A me serve un aiuto, una persona di fiducia. Con la tua laurea puoi dare
un contributo importante alla nostra impresa.
ANNA: Perché, sai in cosa sono laureata?
FRANCO: Certo!… Economia.
ANNA: Giurisprudenza.
FRANCO: Meglio, ci sono sempre un sacco di leggi che cambiano, nuovi decreti.
Collaborerai con il mio avvocato.
ANNA: Odio gli avvocati.
FRANCO: Farai le fotocopie va bene?
ANNA: Lavorerò per i fatti miei.
FRANCO: Ma come è possibile? Tu hai la possibilità di lavorare nell’azienda di
famiglia e ti ostini ad andare altrove.
ANNA: Altrove non ci sei tu.
FRANCO: Il tuo nome comparirà nell’insegna della società, nelle pubblicità.
Pensa che bello: “mai più senza scarpe con Franco e figlia; ogni scarpa diventa
scarpone, cosa aspetti? Acquista le nuove scarpe da Franco e figlia”.
VOCE: Una volta ho comprato le scarpe da voi, mi sono usciti i calli.
FRANCO: Le ha comprate durante la promozione: “ogni paio di scarpe, in omaggio
due calli”.
PAOLO: L’aglio è finito, come la cipolla del resto.
FRANCO: Mettici solo un po’ di peperoncino. (Paolo si gratta) A cosa ti fa
pensare quel cucchiaio?
PAOLO: Cucchiaio: chiamasi cucchiaio anche un particolare tiro che eseguono
grandi calciatori come Francesco Totti. Francesco Totti è sposato con Ilary
Blasi, nota showgirl, che quindi appartiene al mondo dello spettacolo in cui si
dice che le donne per fare carriera devono essere molto “carine” con
presentatori, produttori, autori, e quindi sono costrette a fare… sesso.
(rientra in cucina)
FRANCO: È insuperabile! È impressionante, in ogni cosa riesce a vederci il
sesso. Perfino in questo secchio riuscirebbe a vederci una posizione del
kamasutra!
ENRICHETTA: (la sua voce arriva dalla finestra) Amoreee.
VOCE: È arrivata la scema.
FRANCO: Oddio, eccola. Anna, aiuta papà.
ANNA: No.
FRANCO: Si! Aiuta papà a farsi lasciare da Enrichetta.
ANNA: Cos’è, hai paura di prendere una decisione?
FRANCO: È una storia complicata. Tu vienimi dietro e non ti preoccupare. Apri tu
che io devo imbiancare. Mi raccomando, fai quello che sai fare meglio.
ANNA: Cioè?
FRANCO: L’antipatica. Come fai con me. Se ci riusciamo papà ti compra una
Ferrari.
ANNA: Non sei in grado di comportarti da persona adulta? Poi ti lamenti che
mamma ti ha mollato.
VOCE: Mamma non mi ha mollato, si è presa una pausa.
FRANCO: Brava signora! (suonano alla porta) Aspetta. (riprende a imbiancare la
parete, e ricanta quella canzoncina. Anna apre)
Enrichetta è una ragazza sui trent’anni, di aspetto gradevole e
dall’atteggiamento da ochetta
ENRICHETTA: (senza neanche guardare abbraccia Anna convinta che si tratti di
Franco) Orsattocchino mio mio, quanto mi sei mancato. (si accorge di Franco) Ma
ci sono due orsacchiottini? (si allontana da Anna) E tu chi sei?
ANNA: Un cucciolo di orso. (Enrichetta corre da Franco, lo abbraccia all’altezza
della vita e si piega in avanti poggiando la testa sulla sua pancia sculettando
freneticamente come un cagnolino che scodinzola)
VOCE: Dopo se passa da casa le do gli avanzi di ieri, li dà al cagnolino.
FRANCO: Non è per niente spiritosa! (accarezza Enrichetta sulla testa) Cuccia
tesoro, cuccia.
ENRICHETTA: Sei stanco? Ti faccio un massaggio al braccino?
FRANCO: Sto bene, sto bene.
ENRICHETTA: Ok. (gli massaggia il braccio) Chi è quella ragazza?
ANNA: (si finge dolce e disponibile per fare un dispetto al padre) Lascia che mi
presenti: sono Anna, sua figlia.
ENRICHETTA: Certo, Anna. Piacere, sono felicissima di conoscerti.
ANNA: Anch’io, non sai quanto. Ero proprio curiosa di vederti. Mio padre mi
parla in continuazione di te.
ENRICHETTA: Tesoro!
ANNA: Non fa altro che dirmi: “quanto è cara Enrichetta, com’è bella Enrichetta,
è speciale Enrichetta, adoro Enrichetta, amo Enrichetta, Enrichetta Enrichetta
Enrichetta…”
ENRICHETTA: Dio, come sei romantico. Ti amo vita mia.
ANNA: Papà ha fatto proprio bene a scegliere una donna come te.
ENRICHETTA: Grazie. Com’è dolce tua figlia!
FRANCO: Si, come una broncopolmonite.
ENRICHETTA: Sei contento che sono passata?
ANNA: Contento?! Stava fremendo! Mi ha detto che un’ora in più senza di te e
sarebbe annegato nel secchio della vernice.
ENRICHETTA: Cricetino, sei delizioso.
FRANCO: Certo, certo. Anna, perché non vai in cucina a dare una mano a Paolo?
ENRICHETTA: C’è anche Paolo? Ma non mi hai detto che gli imbianchini non possono
ricevere visite durante il loro lavoro?
FRANCO: Tranne i giorni dispari feriali da mezzogiorno alle quattordici.
ANNA: Paparino, vado in cucina. Che bella coppia che siete, mi si riempie il
cuore a vedervi. Io vado di là. (bacia il padre)
FRANCO: Giuda!
ANNA: Spero tanto che diventiamo ottime amiche.
ENRICHETTA: Per me sei già la mia migliore amica. (si abbracciano)
ANNA: A più tardi. (va in cucina)
ENRICHETTA: Ciao ciao. Che persona adorabile! Allora ti sono mancata! E io che
credevo che volessi evitarmi, pensavo volessi tenermi lontana.
FRANCO: Te l’ho detto che dovevo imbiancare l’ingresso!
ENRICHETTA: È più importante una parete che io?
FRANCO: È questione di igiene.
ENRICHETTA: Non vedevo l’ora di vederti. Ho fatto presto presto, c’era un
traffico pazzesco, però ho trovato il tempo di comprarti un regalino.
FRANCO: Non dovevi.
ENRICHETTA: Perché? Cosa c’è che non va? Non sono padrona di comprare un
pensierino all’uomo che amo? Allora è finita? Ti sei stancato di me, è questa la
verità? Che cretina che sono stata a dare tutta me stessa ad un uomo che non
apprezza la persona che per lui rimane imbottigliata nel traffico, che passa tre
ore nei negozi di tutta la città solo per vederlo gioire per un piccolo cadeau.
(piange)
FRANCO: Non fare così, lo sai che…ti adoro.
ENRICHETTA: Non ci credo, lo dici per dire e non dici quello che vorresti dire,
hai capito quello che ho detto? (Franco sembra smarrito) Che disgraziata che
sono! Vivere per uomo che non ti stima, che non ti apprezza, che non ti sorride,
che non… (Franco sa che l’unico modo per farla tacere è quello di baciarla,
quindi provvede) Come? (altro bacio) Credi di risolvere le cose con un paio di
baci?… Ce ne vogliono almeno tre (c.s) Ecco fatto, riesci sempre a farti
perdonare, anche se non te lo meriti.
FRANCO: Mi fa piacere che mi hai fatto un regalino, ma mi dispiace che il mio
orsacchiottino si stressi per me.
ENRICHETTA: Oh, puzzola, come sei tenero. Lo sai che amo riempirti di
attenzioni, mi fa stare bene. Ho bisogno di sapere che tu vivi solo per me, che
non riesci a respirare se non mi hai vicino.
FRANCO: Infatti quando sei lontana mi viene l’asma.
ENRICHETTA: Oh, panzerottino di rosticceria, mi riempi di gioia. Allora
veramente ti sono mancata?
FRANCO: Si.
ENRICHETTA: Mancata quanto? Tanto, tantissimo, o tantissimissimo?
FRANCO: Tantissimissimissimissimo.
ENRICHETTA: Speravo di più.
FRANCO: L’ultimo “issimo” era periodico.
ENRICHETTA: Oh, sei dolcissimo, dolcissimissimo. (vorrebbe che Franco
continuasse il gioco degli “issimo“) Perché non dici niente? Non vorresti che io
aggiungessi qualche altro “issimo“?
FRANCO: Non c’è bisogno, mi accontento di quelli che mi dici.
ENRICHETTA: Vuoi dire che io per te sono un contentino?
FRANCO: No…
ENRICHETTA: Ah, nemmeno quello.
FRANCO: No…
ENRICHETTA: Nemmeno lo neghi più! Per te ci sono o non ci sono è uguale.
FRANCO: No, non è uguale.
ENRICHETTA: Bene, almeno sei stato sincero, la nostra storia finisce senza
rancori. Possiamo sempre restare amici, qualche volta ti telefonerò, andremo a
prenderci un caffè, lo pagherai tu, spero. Semmai mi presenterai la tua nuova
ragazza, diventeremo amiche, lei mi parlerà di te, io le darò qualche dritta,
poi noi ci… (Franco la bacia) E’ inutile, questa volta non mi convincerai a
cambiare… (c.s) Non sono ancora convinta (c.s).
Oh, mi dispiace, non volevo litigare, ma devo avere la certezza di stare con una
persona che mi voglia sempre accanto, ventiquattrore su ventiquattro, 365 giorni
all’anno.
FRANCO: (non credendo neanche lui alle parole che gli escono dalla bocca)
Anch’io voglio questo.
ENRICHETTA: Lo sapevo lo sapevo che il mio topolino vuole il suo groviera.
FRANCO: Che groviera?
ENRICHETTA: Io.
FRANCO: … Ahhh.
ENRICHETTA: Che sciocca, ancora devo mostrarti il regalino. Chiudi gli occhietti
(Franco a malincuore esegue. Enrichetta prende dalla borsa un pacchettino).
Voilà! (Franco apre gli occhi, vede il pacchettino ed accenna un timido sorriso)
Allora è vero! Non ti importa più niente di me?
FRANCO: Perché?
ENRICHETTA: Mica sono cieca! Ho notato la tua espressione quando ti ho mostrato
il pacchettino, hai fatto solo un sorrisino.
FRANCO: Ma orsacchiottino…
ENRICHETTA: No, è inutile continuare a mentirci, oramai è tutto chiaro come
l’aglio.
FRANCO: Come l’olio.
ENRICHETTA: (stizzita) Non correggermi! Forse resterò sola per il resto dei miei
giorni, almeno eviterò di stare una vita intera con un essere che mi sopporta
appena.
FRANCO: Posso spiegare il motivo della mia timida reazione?
ENRICHETTA: Si, tanto non ti ascolto. Parla! (si tappa le orecchie con le mani e
blatera parole incomprensibili per un po’, poi tace)
FRANCO: (bugiardo come pochi) Ho reagito così perché mi sono vergognato di me
stesso. Tu così carina, così gentile, così adorabile, hai speso del tempo
prezioso solo per vedermi gioire mentre io (fingendo commozione) non ho pensato
di comprarti qualcosa solo per vederti sorridere. (“disperato”) Sono una bestia!
ENRICHETTA: No.
FRANCO: Non ti merito… (perentorio) Lasciami!
ENRICHETTA: No no.
FRANCO: Si si. Non ti merito, non è giusto che… (Enrichetta lo zittisce con un
bacio) E’ inutile sono un… (altro bacio)
ENRICHETTA: Va meglio ora? Oh, mangustina, sei uno sciocchino. A me basta solo
vederti per stare bene, sono io quella che deve sorprenderti continuamente. Ah,
il regalino!
FRANCO: (finge di essere contento. Sfoggia un supersorriso) Sono curioso,
fammelo subito vedere.
ENRICHETTA: (entusiasta) Dici davvero?
FRANCO: Certo! (supersorriso da deficiente)
ENRICHETTA: Che bello! Dai, aprilo aprilo! (Franco esegue)
FRANCO: Ma è stupendo, è meraviglioso, erano anni che lo desideravo, è
bellissimo, è… che cos’è?
ENRICHETTA: È un portafortuna proveniente da un villaggio dell’Africa nera,
bisogna proteggere il nostro amore dagli occhi maligni. Sei contento?
FRANCO: Non potevo chiedere di meglio.
ENRICHETTA: È una bugia.
FRANCO: È vero, guarda il sorriso, sembro un bambino tanto sono entusiasta.
ENRICHETTA: Sicuro? (lui le mostra il suo sorriso ebete per convincerla) Guarda
che non devi dirmi per forza si. In un rapporto di coppia l’importante è la
sincerità.
FRANCO: Giusto.
ENRICHETTA: Ti piace o no? Schietto.
FRANCO: … Non tanto.
ENRICHETTA: Visto?! Non c’è problema… (in lacrime)
Sei un selvaggio, cos’hai al posto del cuore, un mattone?
FRANCO: Semmai una pietra.
ENRICHETTA: Non correggermi! Come, sono così carina, così dolce e tu, mi dici
che non ti piace?!
FRANCO: Mi hai chiesto tu di essere schietto!
ENRICHETTA: Mentivo! Addio. Me ne vado.
FRANCO: Ho capito.
ENRICHETTA: Non cercare di fermarmi.
FRANCO: (la bacia) E uno (c.s) E due (c.s) E tre (c.s) Anzi. (c.s) Questo è
omaggio.
ENRICHETTA: Oh, pinguino mio di allevamento, lo so che forse qualche volta sono
un tantino esagerata, che ti stresso un pochino.
FRANCO: Chi, tu? Nooo.
ENRICHETTA: So anche che ti sei abituato e che forse mi desideri proprio così.
Tesoro, chi sei tu? Chi sei? … Il mio…
FRANCO: Cricetino… topolino…Il tuo pinguino? La mangusta?
ENRICHETTA: Il mio…
FRANCO: Zoo preferito.
ENRICHETTA: Il mio “tutto”. Abbracciami forte forte. Quando mi stringi capisco
che davvero mi vuoi bene. (lo abbraccia come lo ha abbracciato prima. Si trovano
di fronte alla finestra)
VOCE: Me lo può prestare domani il suo cane che devo andare “a tartufi“?
FRANCO: Signora!… Domani devo andare a caccia, mi serve.
ANNA: (si ferma prima a guardare Enrichetta che “scodinzola“ e il padre che le
accarezza la testa, poi parla) Che quadretto romantico, mi si ririempie il cuore
a vedere tanto amore.
FRANCO: Cosa c’è?
ANNA: Gli spaghetti sono finiti, facciamo i rigatoni?
FRANCO: Va bene, va bene…vai ai fornelli.
ENRICHETTA: Tua figlia ti vuole un mondo di bene. È proprio un angelo.
FRANCO: Si, Lucifero.
ANNA: Enrichetta, ti fermi a pranzo con noi?
ENRICHETTA: Non vorrei disturbare, accetto. Grazie.
ANNA: Paparino, avevi proprio ragione prima, quando mi hai parlato di lei! È la
donna perfetta per te… Fai bene a volerla sposare.
ENRICHETTA: Amore, si si si. Io non desidero altro, sono tre mesi che cerco di
fare di tutto per farti capire che voglio sposarti, ma tu mi porti sempre su un
altro argomento, invece… Ti amo ti amo. Si, sposiamoci!
ANNA: Vado a buttare i rigatoni.
FRANCO: Buttati anche tu. (Anna torna in cucina)
ENRICHETTA: Sono la donna più felice della Terra! Ci sposiamo a Maggio, che ne
pensi? Andremo a vivere in una nuova casa, una villa immersa nel verde con una
piscina a forma di cuore, e due cagnolini giocosi.
FRANCO: Pongo e Peggy.
ENRICHETTA: Potremmo fare un sacco di feste, invitare i nostri amici, mia madre.
FRANCO: Tua madre non sa nuotare, vero?
ENRICHETTA: No, perché?
FRANCO: Niente! L’idea della piscina mi piace.
ENRICHETTA: Le mie sono delle fantasie! Mi accontento di una semplice casetta:
due stanze, un bagno, e una cucina.
FRANCO: L’importante è avere lo spazio per la piscina.
ENRICHETTA: Visto che abbiamo deciso di sposarci, credo che sia giunta l’ora di
vedere mia madre.
FRANCO: Portami una sua foto.
ENRICHETTA: Davvero, vuole vederti.
FRANCO: Portale una mia foto allora.
ENRICHETTA: Come sono felice, come sono felice! Bisogna andare dal parroco…
Perché non ci andiamo oggi?
FRANCO: Non vedi che sto imbiancando casa?
ENRICHETTA: Hai ragione. Ci andiamo domani?
FRANCO: Domani non posso.
ENRICHETTA: Cos’hai da fare?
FRANCO: Ho promesso a Gino che l’avrei portato al concerto di Frank Sinatra.
ENRICHETTA: Frank Sinatra è morto.
FRANCO: Lo so, ma è l’unica tappa italiana del suo tour.
ENRICHETTA: Ma che dici? E poi chi è Gino?
FRANCO: Un fan di Sinatra.
ENRICHETTA: Non fare lo sciocchino.
FRANCO: E poi io non posso sposarmi più in chiesa.
ENRICHETTA: Già, è vero. Non importa, ci sposeremo solo al comune. Ah, dobbiamo
trovare i testimoni. Li facciamo fare a una coppia di amici, che ne pensi di
Dario e Rita?
FRANCO: Non vanno bene.
ENRICHETTA: Perché?
FRANCO: Sono siciliani.
ENRICHETTA: Allora?
FRANCO: Due siciliani che testimoniano?
ENRICHETTA: Hai ragione, non si è mai visto. Giovanni e Marcella?
FRANCO: No.
ENRICHETTA: Perché?
FRANCO: Ricordi i loro cognomi?
ENRICHETTA: Certo, lui si chiama “Perdere“ e lei “Lascia“.
FRANCO: Ovvero: “lasciaperdere”. Ti sembra che due che hanno questi cognomi
possano firmare il nostro contratto di matrimonio?
ENRICHETTA: Effettivamente… Giusy e Raimondo?
FRANCO: Si sono lasciati.
ENRICHETTA: Quando?
FRANCO: Fra un mese.
ENRICHETTA: Come fra un mese?
FRANCO: Stanno in crisi, tempo trenta giorni e si sfascia tutto.
ENRICHETTA: Mancato matrimonio per assenza di testimoni.
FRANCO: Va be’, sarà per la prossima volta. (entrano Paolo e Anna con degli
aperitivi e delle patatine)
PAOLO: (mentre si gratta) Abbiamo portato un aperitivo nell’attesa che sia
pronta la pasta. Ciao Enrichetta.
ENRICHETTA: Ciao Paolino.
FRANCO: (a Paolo in disparte) Cos’hai, la rogna?
PAOLO: Non lo sai cos’ho? Ho un’astinenza da sesso di ventiquattro ore. Fammi
andare via.
FRANCO: No, risolviamo prima il mio problema, che tra l’altro si è complicato
per colpa di quella dispettosa di mia figlia.
PAOLO: Facciamo una cosa, ci vediamo dopo pranzo, io vado un attimo dalla
salumiera, la castigo e torno.
FRANCO: No, devi spalleggiarmi, ora darò il via ai miei trabocchetti. Mi
raccomando, fai tacere Anna, e smettila di grattarti!
PAOLO: È l’astinenza.
ANNA: Facciamo un brindisi ai futuri sposi! (brindano)
ENRICHETTA: Grazie grazie grazie grazie.
ANNA: (pianto del bimbo) Spero mi farete presto un fratellino.
ENRICHETTA: Come sei dolce. Hai sentito amore?
FRANCO: No, purtroppo stavo ripetendo la tabellina del sei a memoria. (cambia
argomento) Le olive ci sono?
ENRICHETTA: Tua figlia ha chiesto quando avremo un bambino.
FRANCO: Sei per sei, trentasei; sei per sette, quarantadue; sei per otto,
quarantotto; sei per…
ENRICHETTA: Amore!
FRANCO: Si.
ENRICHETTA: Un bimbo, ci pensi? Un bimbo tutto nostro.
FRANCO: Perché, il pisciapannolini che piange di là non ti piace? (rivolgendosi
alla vicina) Faccia tacere quel mostriciattolo!
VICINA: Uno-uno-sette.
PAOLO: (a Franco che non ha capito) È il numero della guardia di finanza.
FRANCO: Suo figlio ha una voce stupenda, da grande gli faccia prendere lezioni
di canto, ovviamente sarà tutto a mie spese. Non mi ringrazi, per me è un
piacere. ( il bimbo smette di piangere dopo pochissimi secondi )
ENRICHETTA: Non ti piacciono i bambini?
FRANCO: Preferisco la pizza.
ANNA: Papà scherza sempre, lui adora i bambini.
ENRICHETTA: Lo so, lo so! Tesoruccio, avremo un bimbino tutto nostro, sei
felice?
FRANCO: Non salto dalla gioia solo perché ho mal di schiena.
ENRICHETTA: Ah! Mi è venuta un’idea: volete essere voi i nostri testimoni di
nozze?
ANNA: (senza dare il tempo a Paolo di rispondere) Io e Paolo accettiamo molto
volentieri.
ENRICHETTA: Che gioia! Finalmente abbiamo risolto, tesoro!
FRANCO: Si si,… Scusami un attimo amore, credo che questo divano non sia comodo
come una volta. Siediti un secondo così mi dai un tuo parere. Aspetta che ti
sposto il cuscino. (sotto al cuscino, Franco ha nascosto una cornice con una
foto del suo precedente matrimonio, apposta per farsi scoprire)
ENRICHETTA: Che cos’è questo?
FRANCO: Cosa?
ENRICHETTA: È la foto del tuo matrimonio.
FRANCO: Ma se non ci siamo ancora sposati!
ENRICHETTA: Del tuo primo matrimonio. Perché era nascosta qui sotto? (Paolo ha
tra le mani una busta di patatine e da questo momento in poi, seguirà i dialoghi
degli altri protagonisti partecipandovi con plateali esclamazioni- di ansia, di
stupore, di sgomento, ecc- come se stesse al cinema a guardare un film thriller
ad alta tensione pieno di colpi di scena)
FRANCO: Lo confesso, io sono…
ANNA: Papà non c’entra! Enrichetta, sono stata io a metterla là sotto, volevo
che paparino ogni tanto si ricordasse della mamma. Ora però ti ho conosciuta e
ho capito che la donna ideale per papà sei tu. (finge mortificazione) Scusate.
(fa sparire il portafoto)
ENRICHETTA: Come sei sensibile, mi viene quasi da piangere! Comunque il divano
mi sembra ancora buono. Lo cambieremo quando andremo ad abitare nella nostra
nuova casetta.
FRANCO: Certo, certo. Enrichetta, stasera vorrei rilassarmi un po’, magari ci
vediamo un po’ di tv, che ne pensi?
ENRICHETTA: A me basta stare con te.
FRANCO: Chissà se c’è un programma interessante? Ti dispiace prendere il
giornale lì sopra? Così vediamo la programmazione televisiva di questa sera.
ENRICHETTA: (prende il giornale e ne legge il titolo) “Nonna e figlia che sporca
famiglia”. Ma cosa leggi?
FRANCO: Non so come sia potuto succedere… È imbarazzante, mi comporto come un
adolescente coi brufoli. Lo so, non puoi vivere con uno così… Lasciami!
ANNA: Pa’ come sei altruista. Perché non le dici la verità?
ENRICHETTA: Quale verità?
FRANCO: Quale verità?
ANNA: Il giornaletto è di Paolo. (Paolo quasi si strozza con le patatine)
FRANCO: Non è vero, è mio: mea culpa mea culpa, mea grandissima culpa.
ENRICHETTA: Ma come…
ANNA: Diglielo, Paolo, che è tuo.
FRANCO: Paolo… dici la “verità”.
PAOLO: È… (Paolo sta per dire che il giornaletto è di Franco, ma Anna lestamente
lo raggiunge e gli gratta “sensualmente” la schiena facendogli provare grande
sollievo)
ANNA: E’ vero che è tuo il giornaletto?
PAOLO: (è in estasi) Si, è mio, faccio la collezione.
ENRICHETTA: Porcellino. Lo sapevo che il mio passerottino non è un depravato.
FRANCO: Balliamo?
ENRICHETTA: Adesso?
FRANCO: Mi piace ballare con te. (ballano. Franco fa in modo che Enrichetta vada
a sbattere contro il mobiletto su cui c’è un piccolo vaso. Il vaso cade) No!
Cos’hai fatto?!
ENRICHETTA: Non l’ho fatto apposta.
FRANCO: In questo vaso c’erano le ceneri di zio Pasquale. Ora la sfortuna mi
perseguiterà a vita.
ENRICHETTA: Non dire così che mi impressiono!
FRANCO: Rompere un vaso con le ceneri porta sfortuna al “parente delle ceneri” e
a tutti quelli che hanno rapporti con lui. Oh, come sono sfortunato. Salvati
almeno tu… Lasciami!
ENRICHETTA: (spaventatissima) Dio dio dio dio.
ANNA: Papà oggi sei proprio in vena di scherzare!
FRANCO: Zitta!
ANNA: Zio Pasquale è vivo.
ENRICHETTA: Allora di chi sono queste ceneri?
FRANCO: Di zio Pasquale.
ANNA: Zio è vivo.
FRANCO: Ma la sua gamba no. Puoi negare che a zio Pasquale manca l’arto
inferiore destro?
ANNA: No.
FRANCO: Mio zio si fece cremare la gamba e mi volle fare dono delle sue ceneri.
ANNA: Tu però non sai una cosa.
FRANCO: Cosa?
ANNA: Quelle sono ceneri derivate dalla legna. Le ceneri originali ce le ho io.
Sapendo quanto sei distratto, un giorno le ho sostituite. Quelle originali le ho
conservate a casa.
FRANCO: Non è vero!
ANNA. E’ vero, e Paolo ne era al corrente.
FRANCO: Paolo… dici la “verità”.
PAOLO: ( Anna gli gratta ancora la schiena ) Si, le ha sostituite.
ENRICHETTA: Siamo salvi, siamo salvi! Il nostro amore è salvo.
FRANCO: (oramai esasperato) No no no!
ENRICHETTA: Si si si!
FRANCO: No, non sono salvo. Non ce la faccio più!
ENRICHETTA: Cos’hai? I tuoi soliti dolori? Hai tolto le mutande di lana?
VOCE: Ce le ha, ce le ha.
ENRICHETTA: Qual è il tuo problema?
FRANCO: Tu, sei tu il mio problema! Non ti sopporto più. Mi sto logorando,
sembro un cinquantenne.
ANNA: Tu sei, un cinquantenne.
FRANCO: Fatti i cazzi tuoi! Basta basta, è finita!
ENRICHETTA: Non è vero, non ci credo. Mi hai sempre detto che ti faccio battere
il cuore forte forte.
FRANCO: Mi sono sbagliato, è la tachicardia.
ENRICHETTA: Sei un mostro!
FRANCO: Hai ragione, sono una bestia. Va, rifatti una vita con un uomo che ti
sappia amare.
ENRICHETTA: No, non posso. Nonostante tutto non posso abbandonarti proprio ora
che sei malato.
FRANCO: Malato!
ENRICHETTA: La tachicardia.
ANNA: Come sei buona.
ENRICHETTA: Ho l’istinto della crocerossina.
FRANCO: (gioca l’ultima carta) Ti ho tradito! (da questo momento anche Anna
mangia le patatine e segue gli altri protagonisti come se stesse guardando un
film ad alta tensione)
ENRICHETTA: Tu, il mio gattino, mi hai tradito! Quando? Con chi? Voglio sapere
tutto!
FRANCO: … Tre giorni fa.
ENRICHETTA: Chi è?
FRANCO: È… è una ragazza russa, una siberiana. Abbiamo fatto l’amore qui, in
questa stanza, sul lampadario.
ENRICHETTA: Ma se qui c’è la plafoniera!
FRANCO: Se l’è portato lei da casa il lampadario.
ENRICHETTA: (sempre piagnucolando) Dove sono finiti tutti i nostri sogni, il
nostro amore? Sei perfido, sei un egoista senza cuore.
FRANCO: È vero, ma ormai è finita.
ENRICHETTA: Mi verrebbe voglia di mandarti la finanza in azienda.
FRANCO: Non esageriamo.
ENRICHETTA: Me ne vado, ma prima voglio dirti una cosa: anch’io ti ho tradito,
ho fatto l’amore con Paolo. (Paolo si gratta più velocemente)
PAOLO: (si avvia verso la cucina) Ho la pasta sul fuoco.
FRANCO: Fermo! È vero quello che dice Enrichetta? (dall’espressione di Paolo
intuisce che è vero) Come hai potuto?!
PAOLO: Io sono malato! Ero in uno stato di incoscienza; comunque l’ho fatto
senza godere, senza gusto. Mi sono subito pentito.
ENRICHETTA: Ma se l’abbiamo fatto tre volte di seguito…
PAOLO: Infatti mi sono pentito tre volte.
FRANCO: Fai schifo!
PAOLO: Sono malato, lo volete capire che la mia è una malattia?! Alla fine è
stato semplicemente sesso.
ENRICHETTA: E la mosca cavallina?
FRANCO: No! Hai fatto la mosca cavallina con lui e con me mai!
ENRICHETTA: Con te mi vergognavo, non volevo pensassi male.
FRANCO: Puttana!
ENRICHETTA: E poi tu porti le mutande di lana.
FRANCO: Vattene via, traditrice. Fuori!
ENRICHETTA: Non trattarmi così.
FRANCO: Io non ti tratto proprio. Fuori!
ENRICHETTA: Ho avuto un momento di debolezza.
FRANCO: Tre, per l’esattezza.
ENRICHETTA: È stata colpa tua! Mi avevi trascurato.
FRANCO: Doppiogiochista.
ENRICHETTA: Siamo pari, io le ho fatte a te e tu le hai fatte a me, anche se le
mie corna sono state fatte senza malizia.
FRANCO: Non ti rispondo proprio, comunque io non ti ho mai tradito, ti ho detto
una bugia per sbarazzarmi di te definitivamente.
ENRICHETTA: Non è giusto…ma…ti perdono la bugia, potrai stare ancora con me.
FRANCO: Datemi una pistola!
VOCE: Ho il fucile della buon’anima di mio marito.
FRANCO: Esci da questa casa!
ENRICHETTA: Anna tesoro tu mi capisci, vero?
ANNA: Sparisci!
ENRICHETTA: Me ne vado… Addio. (esce)
ANNA: Meglio del cinema, questa casa!
FRANCO: Cinema horror.
VOCE: Addio, sgualdrinella.
FRANCO: Veniamo a noi. Ti rendi conto di quello che hai fatto?
PAOLO: Non l’ho fatto apposta.
ANNA: Per tre volte?
FRANCO: Quando è successo?
PAOLO: È capitato quel giorno che dovevamo andare alla festa di Gerardo, che tu
mi chiamasti dicendomi di passare a prendere Enrichetta perché avevi un impegno
e non potevi venire. Ti ricordi? Beh, passai a prendere Enrichetta, la trovai in
lacrime. Piangeva perché tu non eri riuscito a liberarti per lei. Io cercai di
consolarla, ma lei piangeva come una fontana e mi si strusciava addosso. C’è da
dire che io non esercitavo da quasi due giorni, avevo una crisi di prurito
pazzesca, non capivo quasi niente. Io a dirle “spostati”! E lei non si spostava.
Io a dirle “spostati”! E lei non si spostava. E alla fine…
ANNA: Non si è spostata.
PAOLO: È successo quello che è successo senza che me ne rendessi conto.
FRANCO: Perché non me lo hai detto?
PAOLO: Non aveva importanza per me, lei era stata come una medicina contro il
prurito.
FRANCO: Me lo dovevi dire… così evitavo di inventare mille modi per farmi
lasciare.
PAOLO: Allora mi perdoni?
FRANCO: No.
ANNA: Dai papà, perdonalo, in fondo è malato!
FRANCO: Tu ti sei divertita a complicarmi la vita?
ANNA: Niente di speciale.
VOCE: Io mi sono divertita. A quando la prossima puntata?
ANNA: Paolo, tu ti sei divertito?
PAOLO: Ho la pasta sul fuoco.
FRANCO: Fermo! L’unica cosa positiva di questa giornata è che sono finalmente
libero.
ANNA: Come disse la mamma il giorno del divorzio.
FRANCO: Sei proprio un amore di figlia. Perché ce l’hai così tanto con me? Mi
odi più di tua madre.
ANNA: Mamma non ti odia.
FRANCO: (speranzoso) Mi ama ancora?
ANNA: Per mamma sei morto.
FRANCO: L’importante è saperle le cose. Perché ce l’hai con me?
ANNA: Me ne vado!
FRANCO: Dimentichi l’assegno. Paolo, fai un assegno a mia figlia di tremila
euro.
ANNA: Abbiamo detto duemilasettecentocinquanta euro.
FRANCO: Arrotondiamo.
PAOLO: Perché io?
FRANCO: Vuoi essere perdonato, no?
PAOLO: (prende il carnet degli assegni) Anna, mi gratti un attimo mentre scrivo
l’assegno? (Anna esegue) Ecco! (Anna prende l’assegno)
ANNA: Bene, io vado.
FRANCO: Quando passi a trovarmi?
ANNA: Non lo so.
FRANCO: Vieni più spesso!
ANNA: Cos’è, hai paura di restare solo?
FRANCO: Che c’entra? Tu sei mia figlia, dobbiamo restare sempre in contatto
anche quando non ti servono soldi.
PAOLO: Miei. (Anna strappa l’assegno)
FRANCO: Perché l’hai strappato?
ANNA: Non mi serve.
PAOLO: Tanto era scoperto.
ANNA: Mi ha mandato la mamma a vedere come stavi.
FRANCO: Allora…
ANNA: Non ti ama più, sta bene col chirurgo.
FRANCO: Perché ti ha fatto venire allora?
PAOLO: Perché tua moglie ha sempre avuto una testa e un cuore, e se lei non ti
ha perdonato, giustamente, ciò non significa che l’ex marito e sua figlia non si
debbano vedere.
ANNA: Grattati e fatti i fatti tuoi.
FRANCO: Significa che tu di tua spontanea volontà non saresti mai venuta?
PAOLO: Sei sveglio! (sguardo minaccioso di Franco) Mi gratto.
ANNA: Cosa vengo a fare da un uomo che non mi conosce?
FRANCO: Chi te l’ha detto?
ANNA: Non sapevi che ero laureata, non sai che sono fidanzata da dieci anni con
lo stesso ragazzo…
FRANCO: Ma se prima mi hai fatto un elenco di ragazzi che non finiva mai…
ANNA: E ci hai creduto.
FRANCO: Ma se non ti fai viva mai! Non mi rispondi a telefono.
ANNA: E’ colpa mia, quindi.
FRANCO: Si… no…
ANNA: Me ne vado.
FRANCO: Aspetta! Pranziamo prima e poi te ne vai.
PAOLO: Oramai la pasta sarà diventata una colla. (sguardi minacciosi dei due) Mi
gratto mi gratto.
FRANCO: (Anna si avvia all’uscita) Quando ci vediamo?
ANNA: Quando cresci.
PAOLO: Significa che non ti vuole vedere più.
FRANCO: Salutami la mamma.
ANNA: Appena torna dal week-end d’amore col suo medico-chirurgo te la saluto.
FRANCO: Sempre simpaticissima. (Anna esce)… Alla fine mi vuole bene… Molto “alla
fine”, ma mi vuole bene.
PAOLO: Beh, io andrei.
FRANCO: Tu non vai da nessuna parte.
PAOLO: Franco non scherzare! Non vedi come sto? Tra poco a furia di grattarmi mi
tolgo la pelle di dosso.
FRANCO: Hai un’intera casa da imbiancare prima di andare via.
PAOLO: Non sono in condizione di fare nulla. Fammi andare dalla salumiera.
(Franco chiude a chiave la porta d’ingresso e mette la chiave in tasca) Ti
prometto che torno. Starò tutti i giorni qui, ventidue ore su ventiquattro, solo
il tempo di uscire “punire” e tornare.
FRANCO: La tua vita è più triste della mia.
PAOLO: Si, ma fammi uscire.
FRANCO: Da quanto ti conosco, da sempre? Sempre a fare sesso qua e là, mai una
donna fissa.
PAOLO: Una volta sono stato con una sei giorni.
FRANCO: È anche colpa tua se mi trovo in questa situazione.
PAOLO: Si, è colpa mia, ma fammi uscire.
FRANCO: Eccomi qua! Solo, con un maniaco sessuale che se l’è spassata con la mia
fidanzata.
PAOLO: Ero in trance, non capivo. È stato solo un rimedio contro la malattia.
FRANCO: Poi ti lamenti che sei solo.
PAOLO: Non mi sono mai lamentato.
FRANCO: Vuoi dire che stai bene?
PAOLO: (in un momento di forte sconforto e depressione si sfoga) No, sto
malissimo. È questo che vuoi sentirti dire? Sono una caccola di uomo, malato,
incapace di farsi una famiglia, che ha fatto un grave torto al suo migliore
amico, che ha sempre avuto come massima aspirazione quella di diventare un
attore porno. Un uomo triste, talmente triste che anche il mio cane l’altro
giorno ha preso il guinzaglio e se n’è andato di casa. Va bene così? Fammi
uscire.
FRANCO: Ci sono le pareti che ti aspettano, e mi raccomando, non far cadere la
vernice per terra. Tra cinque ore pausa, così mangi i rigatoni cotti cotti
cotti. (il solito bambino piange. Paolo ha capito che con Franco non c’è
speranza, quindi “decide” di imbiancare le pareti)
PAOLO: (come Franco) Uno, due, tre, pennellata, mi gratto, via. (questo un paio
di volte)
VOCE: Paoletto, se vuoi te lo faccio passare io il prurito. (Paolo compie la
stessa azione di prima, ma quando passa davanti alla finestra si abbassa per non
farsi vedere e per sfuggire alle avance della signora)
FRANCO: Canta!
PAOLO: No!
FRANCO: Canta. Gli imbianchini cantano quando lavorano.
PAOLO: (imbianca e accenna a una canzone famosa )
FRANCO: La devi inventare.
PAOLO: (tra sé) Voglio andare via! (inventa una canzone)
Sono qui a lavorare
E ho appena cominciato
FRANCO: Devi fare la rima.
PAOLO: Sono qui a lavorare
Ma mi devo pur grattare
Dalla salumiera voglio andare
Perché il prurito mi deve passare
Franco per restare tranquillo e non sentire né il pianto del bimbo né il canto
di Paolo, decide di mettersi dell’ovatta nelle orecchie. Prende il giornaletto,
si mette comodamente seduto a guardarlo, e ogni tanto fa qualche esclamazione di
meraviglia - visto il tipo di giornale che sta sfogliando -
PAOLO: Grattami la schiena
Non fare la iena
Sono un uomo distrutto
Dalla finestra quasi quasi mi butto
Squilla il telefono
PAOLO: Franco il telefono… Il telefono. (risponde) Pronto… no in questo momento
è occupato… si glielo dico io… Ah! Riferirò. (si posiziona alle spalle di Franco
di modo che lui non lo veda) Ha chiamato il tuo segretario dalla voce equivoca…
C’è la finanza in azienda. (ovviamente Franco non ha potuto sentire quello che
ha detto Paolo) Beh, io te l’ho detto. Mi fa piacere che non l’hai presa male,
così resto a lavorare senza subire altre cattiverie da parte tua. (riprende a
lavorare e a cantare, mentre il bimbo continua a piangere e Franco continua con
le sue esclamazioni di meraviglia)
FINE