Gli straordinari sogni del sig. Evandro

di 

Pietro Dattola

TESTO VINCITORE DEL CONCORSO EUROPEO DI DRAMMATURGIA PER GIOVANI, VII EDIZIONE, TERZA FASCIA D’ETÀ (23-28 ANNI) (2007)

NB: le didascalie non sono vincolanti. Per quanto costituiscano un piano di regia in sé concluso, loro scopo precipuo è rendere l’atmosfera immaginata dall’autore.


Personaggi: 4 maschili - 2 femminili - 1 indeterminato

Sulla scena, una camera da letto matrimoniale, come può essere quella di una coppia tra le nozze d’argento e quelle d’oro, e un ingresso vivibile. L’ingresso presenta una porta, che dà sul vialetto di casa, che possiamo immaginare come una di quelle villette a schiera presenti in periferia. Dunque la casa (o per lo meno la parte che ci interessa) è tutta al pianterreno. Nella parte della camera da letto potrebbe esserci una finestra con una inferriata per ostacolare l’accesso ai ladri. Dalla camera da letto si accede direttamente all’ingresso. Inoltre dev’essere presente un’altra uscita (che porti in cucina, dietro le quinte). L’arredamento deve dare l’idea di una casa in cui tutti gli acquisti sono stati ponderati e dove forse si è privilegiata la qualità alla quantità, magari anche a costo di rinunciare a qualche comodità per qualche tempo. In camera da letto, un televisore e un telefono e sicuramente un comodino o un tavolo (che devono essere ben visibili al pubblico). C’è anche una poltrona, dal lato opposto del letto, che troviamo quasi sfatto per metà: la moglie non vive più in questa casa (anzi: non vive più) e data l’ora, il signor Evandro si sta accingendo, solo in casa, ad andare a letto. Sopra un mobile appoggiato alla parete di fondo, un quadro della Madonna. Affianco o sotto, un piccolo e semplice vaso trasparente, con dentro un’unica rosa, a mo’ di omaggio alla Madonna. Ogni “notte” ci sarà una rosa di colore diverso. 

PRIMA NOTTE - LA ROSA GIALLA

Luci di sala accese, sipario già aperto. Nessuno in scena. Un lato del letto matrimoniale è già scoperto, evidentemente SIG. EVANDRO sta per andare a letto. La finestra della camera da letto è aperta; in sala si possono già sentire i rumori che ne provengono (animali, automobili, passanti). Un orologio o una sveglia indicano chiaramente l’orario: sono circa le 23:00. Vaso della rosa vuoto. Quando sarà l’ora di iniziare lo spettacolo, squillerà forte il telefono e continuerà a squillare mentre si farà il buio in sala, il più rapidamente possibile, finché non entrerà trafelato SIG. EVANDRO, in vestaglia. Viene dalla cucina e ha in mano un bicchiere d’acqua con dentro una pastiglia o una polverina che si sta sciogliendo (un sonnifero). 

SIG. EVANDRO (di corsa, potrebbe rovesciare il liquido nel bicchiere) Arrivo, arrivo! 

Posa il bicchiere sul comodino o su un tavolino (in bella vista), vorrebbe berlo, ma il telefono incalza, ha un attimo di indecisione, alla fine si decide per il telefono ma proprio mentre sta per prendere in mano la cornetta il suono cessa bruscamente: l’altro ha desistito. 

SIG. EVANDRO (tra sé) Chi sarà stato? (guarda l’ora) A quest’ora? (si sforza di pensare, non torna a capo di nulla)

SIG. EVANDRO nota la finestra aperta e si ricorda di chiuderla. Chiude l’inferriata e poi abbassa la serranda (di quelle a discesa): ora è certo che nessuno può penetrare in casa sua. Si dirige verso il bicchiere col sonnifero. Sta per prenderlo in mano, quando squilla di nuovo il telefono.

SIG. EVANDRO Stavolta…! (si fionda come un falco, prende la cornetta) Pronto? Pronto, chi è? Ah, Alberto! (pausa) Come mai a quest’o- anzi, scusa Alberto, eri tu, prima? No? No, ho capito. (pausa) Eh, non lo so, a questo punto pensavo che fossi tu. Beh, come stai? Tua moglie? (pausa) Bene, bene. Sì, pure io, grazie. Lo sai, tiriamo ava- (pausa) Mah, è un po’ che non la sento, avrà il suo daffare con la famiglia... sì, la sua... (pausa) Il piccolo? Dice che si trova bene, ha già fatto amicizia con un paio di colleghi... I soldi, nel conto, glieli verso regolarmente... tutto a posto, credo (getta un’occhiata all’orologio, pausa) Sì. (pausa) Quelle di oggi? Secondo me abbiamo fatto benissimo. Quelle sono azioni sicure. Ma figurati se- (pausa) Però non ti mettere in testa di venderle domani e di guadagnarci un capitale- no, quelle sono come se avessimo messo i soldi in cassaforte (pausa) Sì, stanno sicuri, ma rendono relativamente poco. Eh, beh. Ah, sai cosa ho scoperto oggi dal commercialista? (pausa; poco convincente:) Mannò che non penso solo a questo!... Una cosa... non ti dico! (pausa) Sì, te la dico, però domani. Vengo io, ritiro la pens- Ti trovo? (pausa) D’accordo. (pausa) Il teatro? No... lo sai, da quando sto solo certe cose... era mia moglie che amava uscire, io- (pausa) Mah, secondo me sono perdite di tempo. (pausa; l’opera di convincimento dell’amico comincia a stufarlo) Anche il cinema, certo. Tutte storie. Sono cose che non sono reali. Non esistono. Tutte cose inventate, senza valore- per me, sia chiaro. (pausa) Certo, certo, ognuno... per carità... (lunga pausa) Tu dici? Ormai non ho più l’età... Senti, Alberto, ora- (pausa, poi quasi irritato:) Ma cosa mi risposo a fare? (calmandosi, volendo recuperare lo scatto di poco prima con una battuta) Eh, lo dici soltanto per farmi venire con te al cinema... (pausa) Sì, sì... (pausa) No, scusami tu, scusami tu. Buonanotte- sì, anche a tua moglie, ciao. (riattacca)

Fa per prendere il bicchiere, ma nota che il vaso della consueta rosa alla Madonna è vuoto. Vagamente irritato, esce di scena e torna poco dopo con una rosa gialla (appena colta in giardino), che senza proferire parola inserisce nel vaso, quasi meccanicamente, senza dare una vera importanza al gesto. Si prepara definitavamente per andare a letto 

SIG. EVANDRO Risposarmi? Che idea... (si toglie la vestaglia; quando ha finito:) L’amore, ormai... (indossa il pigiama; quando ha finito, tra sé:) Ah, domani devo comprare il Sole, c’è l’inserto sui tributi... (fa per prendere il bicchiere col sonnifero, ma squilla di nuovo il telefono) Pronto? Silvio! Ti sembra l’ora- (pausa) ti è arrivato il bonifico? (pausa) Tutto a posto, allora. Mi raccomando. (pausa) Non perdere tempo. Non sprecare il tempo: a disposizione ce ne hai poco e devi saperlo mettere a frutto. (pausa) Ah, hai conosciuto- va bene, però non farti distrarre. Sei lassù per un motivo- eh, sai tu quale. (pausa) Io sto bene sì. Tiriamo avanti. Tu pensa piuttosto a stu- (pausa) Io posso anche sostenerti finché campo, ma poi- (pausa) Papà ha bisogno del sonnifero, lo sai. No, non mi fa nulla, stai tranquillo. Preoccupati piuttosto di stu- Eh, bravo. Buonanotte. (riattacca)

Si infila nel letto. Accende il televisore.

SIG. EVANDRO Come funzionava questo timer?...

Armeggia col telecomando finché non pare soddisfatto. Si ritira dentro al letto e si copre per bene. Da sotto le lenzuola emerge una mano che va a cercare alla cieca un interruttore. Lo trova e lo aziona. Sulla scena cala di colpo il buio completo, salvo la luce che promana dallo schermo del televisore. SIG. EVANDRO si addormenta. Dopo qualche secondo si spegne il televisore - automaticamente per via del timer. Buio completo in scena. Dopo qualche altro secondo, un’unica luce, bianca e perpendicolare, scende sul bicchiere col sonnifero, ancora pieno, sul tavolino. L’orologio avanza rapidamente. Si fanno le 02:00 circa. Si sente bussare. Si spegne la colonna di luce sul bicchiere.
Dopo un po’, si sente di nuovo bussare.
Dopo un altro po’, ancora.
Dopo un intervallo inferiore ai precedenti, viene suonato il campanello della porta - insistentemente finché SIG. EVANDRO non si sveglia di soprassalto emergendo dalle lenzuola e accende la luce.

SIG. EVANDRO Chi è! Chi- (si guarda intorno) La porta! (ci pensa un secondo, guarda l’orologio) La porta? 

SIG. EVANDRO scende con cautela dal letto, come a non far rumore. Finché non aprirà la porta, a brevi intervalli verrà insistentemente suonato il campanello d’ingresso. Dalla camera da letto, SIG. EVANDRO passa nell’ingresso. Guarda dallo spioncino. Pare sorpreso. Si fa coraggio e chiede, con malcelata paura:

SIG. EVANDRO Chi è?
VOCE Sono io! (la voce è vibrante e allegra, come quella di una ragazzina che proprio quel giorno abbia scoperto quanto sia meravigliosa la vita)

SIG. EVANDRO, quasi in trance, senza pensarci, apre la porta, dalla quale entra difilata, per l’appunto, una ragazzina tutta sprizzante vitalità. È vestita con una tuta o abiti di colore grigio e/o spento. Non è una bella ragazzina, ma neanche brutta; ordinaria, per la strada passerebbe inosservata. 

SIG. EVANDRO (come risvegliandosi dalla trance) Ma... dico! 
RAGAZZINA Sì? Cosa?
SIG. EVANDRO Cosa?
RAGAZZINA Sì? Cosa dice?
SIG. EVANDRO Cosa dico? Dico che... dico! È questo il modo di disturbare alle... alle due di notte! Chi è lei? E poi, chi le ha dato il permesso di entrare? Io le ho solo aperto la porta per cortes- (RAGAZZINA, dopo aver iniziato ad ascoltare, nota la porta che dà sulla camera da letto e la imbocca senza pensarci o chiedere permesso, come se fosse padrona della casa e dell’universo intero. SIG. EVANDRO chiude la porta d’ingresso e la insegue) Ehi! Questa è casa mia! Esigo- esigo delle spiegazioni! (RAGAZZINA si siede sul... letto!) Si alzi, per favore. Quello è il mio letto. Ma come si permette? Dico a lei, sa? (perde la pazienza) Ehi, tu!
RAGAZZINA Ah, finalmente!
SIG. EVANDRO Finalmente che?
RAGAZZINA Finalmente, ci diamo del tu!
SIG. EVANDRO Ma senti que-
RAGAZZINA -non sarei obbligata, a dire il vero. Ma date le circostanze... mi fa sentire più a mio agio. 
SIG. EVANDRO Vuole- vuoi- vuole spiegarmi che ci fa in casa mia? Alle due di notte? Sa com’è, ho questo grillo per la testa di saperlo!
RAGAZZINA Ah, vuoi sapere perché mi trovo qui?
SIG. EVANDRO Sì!
RAGAZZINA Alle due di notte?
SIG. EVANDRO Proprio così!
RAGAZZINA (dopo un tempo, come se fosse la cosa più normale del mondo:) Non lo so.
SIG. EVANDRO Non lo s- Cosa? 
RAGAZZINA (spallucce) Non lo so.
SIG. EVANDRO E se non lo sai tu, figlia mia, chi vuoi che lo sappia?
RAGAZZINA (dopo un tempo indica SIG. EVANDRO col dito)
SIG. EVANDRO Stai scherzando? E perché dovrei sapere io cosa ci fai qui tu? E poi (cercando di mettere ordine nella sua testa), anzi, soprattutto, chi diavolo sei? Cos’è? Non sai nemmeno questo?
RAGAZZINA No, no. Questo lo so!
SIG. EVANDRO Ah, alleluja! 

Silenzio.

SIG. EVANDRO Beh?
RAGAZZINA Beh cosa?
SIG. EVANDRO Beh? Il tuo nome? Uè, ragazzina, guarda che è notte fonda e che è tardi per giocare. Devo dormire, io. Se voi giovinastri non sapete che fare la notte, va bene, ma lasciate riposare noialtri! Avanti, lo scherzo è durato abbastanza. Scommetto che là fuori ci sono i tuoi amichetti che si stanno scompisciando dalle risate. (fa per prenderla sottobraccio per poi accompagnarla alla porta) Ma domani non devi andare a scuola? Ci vai a scuola, vero? Drogata non mi sembri. (espira, quasi comprensivo) Ora dimmi chi sei e poi te ne vai, eh? (Silenzio) Allora, il tuo nome?
RAGAZZINA (seria) Io non ho nome.
SIG. EVANDRO Aaaahh (spazientito)
RAGAZZINA Io non ho nome. Sono semplicemente l’Universo.
SIG. EVANDRO Seeee, bonanotte! Avanti, ragazzina, è ora di piantarla. Alzati di lì ed esci subito fuori!
UNIVERSO (sicura di sé) Oseresti scacciare l’Universo?
SIG. EVANDRO Ma quale universo e universo! Mocciosa che non sei altro! (UNIVERSO gli lancia un’occhiata che lo fulmina: lo sguardo di UNIVERSO non è più quello di una ragazzina vivace, ma è senza tempo e sorretto da una sicurezza capace di far crollare quelle di chiunque altro) Andiamo!... Che... che ci farebbe l’universo in casa mia?
UNIVERSO (mantenendo lo stesso sguardo. Sembra stia giocando al gatto col topo) Alle due di notte, per giunta.
SIG. EVANDRO Eh!... Alle due di notte!...
UNIVERSO (torna la ragazzina di prima, sorridente e vivace) Se non lo sai tu! Il sogno è tuo!
SIG. EVANDRO Sogno? (incredulo) Vorresti dire che... sto dormendo? Non è possibile! E poi io non sogno mai! Saranno vent’anni che non sogno! Colpa del sonnif- (lo sguardo gli cade sul bicchiere, ancora pieno, sul tavolo) -ero.
UNIVERSO Non male direi: il tuo primo sogno dopo vent’anni, e inviti a casa addirittura l’Universo! (scherzando) Megalomane!
SIG. EVANDRO (continuando un suo pensiero) ...ho dimenticato di prenderlo... (rispondendo, e pian piano sta sempre più al gioco) Macché universo! Sei una ragazzina! Voglio dire, che universo è, una ragazzina? L’universo è... è...
UNIVERSO Com’è, l’Universo?
SIG. EVANDRO È... l’universo! ...è... è... grande! Enorme! Immenso! Infinito!
UNIVERSO Non credi tu stesso a quel che dici. E io ne sono la prova. Io sono come tu mi immagini - effettivamente. Non si sfugge all’immaginazione, soprattutto se se ne dispone di tanto poca come nel tuo caso. (spiegando) Potevi dire che l’Universo è strabiliante, inconcepibile, persino irreale... invece ti sei limitato al dato quantitativo, a quello che si può misurare. E poi guardami: dico io! Non sono una gran bellezza davvero! E questo vestito? Più spento non poteva essere! Che triste visione devi avere della vita! 
SIG. EVANDRO (quasi scusandosi) Io...
UNIVERSO Grigia, senza rilievi. Eppure la vita - l’Universo - non è così! 
SIG. EVANDRO E... com’è?
UNIVERSO Ma l’Universo è strabiliante, inconcepibile, quasi irreale! Di fronte a te dovresti avere una conturbante stangona bionda - anzi, facciamo rossa - incantevole, capricciosa, voluttuosa! Non... (dispiaciuta più per lui che per sé) me.
SIG. EVANDRO Ah...
Bussano alla porta. 
SIG. EVANDRO Chi sarà? Ma che succede stanotte? Scusa un istante.
Ormai rinuncia a farsi domande serie. Va alla porta, seguito da UNIVERSO. 
SIG. EVANDRO Chi è?

Guarda dallo spioncino; assume una certa espressione, senza neanche aspettare una risposta, apre la porta. Entra una ragazza, grosso modo com’è stata descritta da UNIVERSO poco prima, ma leggermente volgarotta al confronto Ha con sé una busta da shopping. SIG. EVANDRO lancia un’occhiata a UNIVERSO come a dire: “E questa chi è?”

RAGAZZA (entra porgendo al mano) Salve, sono l’Universo.
SIG. EVANDRO Un... un’altra- ehm, un altro?
UNIVERSO No, no. Siamo l’Universo. Io sono l’Universo-
UNIVERSO 2 -e io pure.
SIG. EVANDRO Lo... stesso?
UNIVERSO Certo! Quanti Universi vuoi che ci siano?
UNIVERSO 2 Non vorrà mica dare credito a quella sciocca teoria degli universi paralleli?
UNIVERSO (a UNIVERSO 2) Puoi anche dargli del tu.
UNIVERSO 2 Ah sì?
UNIVERSO Abbiamo già chiarito quella questione. (guarda SIG. EVANDRO)
SIG. EVANDRO Certo, certo...
UNIVERSO 2 (si esamina per bene) Mmf. Un po’ volgarotta.
UNIVERSO Già. Ma guarda me e lamentati!
UNIVERSO 2 Oh, cielo! Ma dove ti ha preso?
UNIVERSO Vallo a sapere! Guarda che capelli! Come può pensare che una ragazzina vada in giro così?
UNIVERSO 2 Dimmi la verità: non darò mica l’idea di una... una...
UNIVERSO (inizialmente non capisce, poi:) Ah! (poco convinta) Ma no, dài... queste calze a rete non sono fini, ma-
SIG. EVANDRO Scusate...
UNIVERSI (contemporaneamente) Sì?
SIG. EVANDRO Devo, ehm, essermi eccitato a sentire la descrizione che la sua, ehm, collega, faceva di lei... di sé... insomma... 
UNIVERSO 2 Ma si figuri! 
UNIVERSO Pensa che non sognava da vent’anni!
UNIVERSO 2 Davvero? Poverino! Beh, questo spiega la sciatteria - perdona, cara - del primo simulacro e la, ah-em, incontrollata prorompenza del secondo.
SIG. EVANDRO Simula-
UNIVERSO Simulacro, sì, beh, è... è un concetto complicato. 
UNIVERSO 2 (volendo aiutare) Personificazione.
SIG. EVANDRO Ho capito! (tra sé, a bassa voce) Ho capito... Mmm...
UNIVERSO (i due UNIVERSI si guardano, ma è uno sguardo che equivale a uno scuotimento di testa) Diciamo che ha capito. Ora-

Suona il campanello. 

UNIVERSO (chiedendoselo davvero) Chi sarà?

UNIVERSO 2 fa spallucce, SIG. EVANDRO invece va di filato alla porta, e senza guardare nemmeno dallo spioncino fa per aprirla. I due UNIVERSI capiscono in tempo cosa sta per accadere e lo fermano.

UNIVERSO Fermo! (a UNIVERSO 2) Controlla!
UNIVERSO 2 (va a guardare dallo spioncino, fa una smorfia; accennando all’ideale UNIVERSO 3) Completamente nuda!
UNIVERSO Hai capito il signorino!
SIG. EVANDRO Fatemi aprire! Preferisco parlare con lei! Il sogno è mio, no? (UNIVERSO si porta SIG. EVANDRO sottobraccio in camera da letto, mentre UNIVERSO 2 apre la porta e fa un gesto all’ideale UNIVERSO 3 come a dire “Aria, bella!” e chiude la porta. Dalla camera da letto:) Non è giusto, ora che ho capito come funziona!...
UNIVERSO 2 (entrando in camera da letto, a UNIVERSO) Sarà dura.
UNIVERSO Già. Ora capisco perché siamo qui.
SIG. EVANDRO (desistendo tutto d’un colpo dalle sue lamentele e davvero curioso) Perché? 
UNIVERSO Prima me. Poi lei. Poi... l’altra. 
UNIVERSO 2 Io credo ci sia del buono in lui.
UNIVERSO Anch’io. (come valutando la situazione) Bisogna soltanto tirarlo fuori.
SIG. EVANDRO Di cosa state parlando?
UNIVERSO (inizia un discorso a due, che SIG. EVANDRO fa fatica a seguire, anche fisicamente) Fino a pochi minuti fa la sua visione dell’Universo era grigia e insignificante, ma sono stati sufficienti pochi accenni per mutarla radicalmente - tralasciando, certo la... direzione assunta più di recente.
UNIVERSO 2 Alquanto tendente al materiale.
UNIVERSO Poco fantasiosa.
UNIVERSO 2 Gretta.
UNIVERSO Maschilista e utilitarista.
UNIVERSO 2 Ma non è esclusivamente colpa sua.
UNIVERSO Certo, nessuno è completamente artefice di se stesso... e tuttavia occorre che faccia uno sforzo.
UNIVERSO 2 Deve prendere il volo!
UNIVERSO Deve guardare al mondo con respiro più ampio!
SIG. EVANDRO (dato che si parla di lui, vorrebbe dire la sua) Io-
UNIVERSO 2 Deve essere portato laddove non immagina neanche che esista un luogo in cui essere portato!
UNIVERSO Deve essere-
UNIVERSO 2 -Ma solo se è lui a volerlo.
UNIVERSO Certo! Non possiamo imporgli nulla!
SIG. EVANDRO (come prima) Io-
UNIVERSO 2 Deve essere una sua scelta!
UNIVERSO Non potrebbe essere altrimenti!
UNIVERSO 2 Del resto la nostra stessa presenza, stanotte, è indice-
UNIVERSO Certo! Avrebbe potuto sognare di essere uno sceicco e basta!
UNIVERSO 2 Ma l’esito potrebbe essere-
UNIVERSO È una strada dalla quale non si fa più ritorno-
UNIVERSO 2 -per il bene-
UNIVERSO -o per il-.
SIG. EVANDRO (riuscendo finalmente a intromettersi) -Scusate! (pausa) Mi ha fatto piacere trascorrere del tempo con voi - e a questo punto non avrei sgradito anche dell’altra compagnia - ma ora devo davvero andare a dormire. Mi congratulo con voi e con me stesso per il fantastico sogno che stiamo vivendo nel preciso momento in cui parlo, ma domani ho un mucchio di faccende da sbrigare, quindi se volessimo, non so, interromperlo... non c’è un modo per...?
UNIVERSO L’hai sentito?
UNIVERSO 2 Un mucchio da fare!
UNIVERSO No no no no no no.
SIG. EVANDRO (cambiando repentinamente tono e adirandosi, come se finora fosse stato al gioco per cortesia) Eh no! “No” lo dico io! Ma che storia è questa? Abbiamo giocato, abbiamo scherzato, ci siamo fatti due risate - e va bene. Vi siete prese gioco di un povero signore che neanche vi conosce - e va bene. Ma ora basta! Ho cercato di farvelo capire con le buone, ma è chiaro che non capite o non volete capire! De-vo dor-mi-re! Devo tornare a letto, e anche voi, giovinastre! Chi sono i vostri genitori? Lo sanno che siete qui? Non credo! Quale genitore permetterebbe a una figlia di fare quello che state facendo voi! Sparite, o chiamo la polizia! 
UNIVERSO (a UNIVERSO 2) Ti immagini? La polizia!
UNIVERSO 2 Suvvia, non è questo il modo di trattare l’Universo-
SIG. EVANDRO (davvero alterato) E BASTA CON QUESTA STORIA DELL’UNIVERSO! È ridicola! Sono tutte sciocchezze, avete capito? Non mi prendete per i fondelli! Non mi prendete per i fondelli con le vostre sciocchezze!
UNIVERSO (gelida: qualsiasi traccia di benevolenza scomparsa) Sciocchezze? L’unica sciocchezza, qui dentro, sei tu, Evandro.
SIG. EVANDRO Come fai a sapere il mio nome?
UNIVERSO Il caro signor Evandro: vedovo, pensionato-
UNIVERSO 2 -un figlio universitario a carico, una figlia sposata-
UNIVERSO -titolare di tre conti in banca nonché di 40.000 azioni della-
SIG. EVANDRO -ok, ok, basta così: chi vi ha fornito queste informazioni? 
UNIVERSO Che domande: tu. 
UNIVERSO 2 Con la tua vita.
UNIVERSO Una ben misera vita, peraltro. (accennando all’altra) Forse è ora di ristabilire le dovute proporzioni.
UNIVERSO 2 Hai idea di quale sia il tuo posto nell’Universo, Evandro?
UNIVERSO Hai idea della inconcepibile immensità del cosmo e della assoluta irrilevanza della tua presenza in esso? E bada che “irrilevanza” è un eufemismo.
SIG. EVANDRO Come vi permettete?
UNIVERSO Sia chiaro: nulla di personale - ma che vado dicendo? È come dire “Nulla di personale” a un microbo.
UNIVERSO 2 Questa stanza, questa casa, questo quartiere, forse persino questa città sono a misura d’uomo. Ma immagina soltanto di elevarti fino a ricomprendere con lo sguardo tutto il Paese, poi tutto il continente e infine l’intero globo. (SIG. EVANDRO segue quanto viene detto e man mano lo assale un’angoscia sempre maggiore) Riesci a vederti? Non potresti dire “Eccomi!” senza indicare con la punta del dito almeno altri centinaia di milioni di individui come te, tutti ammucchiati nello spazio di un’unghia.
UNIVERSO Ora con la mente continua a innalzarti sempre di più, fino a far rientrare nel tuo campo visivo l’intero sistema solare: la Terra è scomparsa, non è più visibile, e lo stesso Sole non occuperebbe un decimo dell’unghia di prima. 
UNIVERSO 2 Ma di soli, qui intorno, ce ne sono centinaia di miliardi di miliardi, tutti separati l’uno dall’altro da distanze vertiginose, e li puoi vedere tutti sfrecciare dinanzi a te nella tua folle corsa verso l’esterno, finché non ricompongono la placida, rassicurante, inconcepibilmente immensa galassia, in cui persino il Sole ha perso la sua identità- 
UNIVERSO -e non è che una, fra le centinaia di miliardi di miliardi di galassie presenti nell’Universo.
UNIVERSO 2 Qualsiasi individuo non ha più nessuna influenza, nessuna importanza, nessun senso, in un panorama simile. Verrebbe quasi da dire che non esiste più. 
SIG. EVANDRO (sconvolto) Ho... Ho le vertigini... Io...
UNIVERSO Tu non conti assolutamente nulla. Come nessuno, del resto. Non esiste uomo tanto importante o influente da potere spiccare in un quadro simile.
SIG. EVANDRO Ma allora che senso ha la vita? Se non siamo che microbi, anzi peggio!...
UNIVERSO La vita ha il suo senso, bisogna solo riacquistare il senso delle proporzioni.
UNIVERSO 2 Non lasciarsi dominare da ridicole beghe quotidiane-
UNIVERSO E non insuperbirsi: non dare nulla per scontato ma assaporare il gusto della conquista pezzo per pezzo di ciò che si ha, ricordandosi che in ogni caso non è nulla in confronto a ciò che è soltanto immaginabile-
UNIVERSO 2 -che a sua volta non è che una inconsistente frazione di ciò che esiste davvero.
SIG. EVANDRO (sprofondando nella poltrona) Sono un essere... inutile.
UNIVERSO (col tono di chi rincuora) Proprio così! 
UNIVERSO 2 Esatto!
UNIVERSO Pensa al lato positivo!
SIG. EVANDRO Lato positivo? Che lato positivo può esserci nell’essere assolutamente insignificanti?
UNIVERSO Parecchi! Per esempio... ricordi quando da giovane ti rompesti la gamba? Ricordi il dolore?
SIG. EVANDRO Atroce!
UNIVERSO Certo, ma cosa vuoi che fosse quel dolore, in mezzo alla sconfinata vastità del cosmo? Che rilevanza vuoi che abbia avuto nel contesto del tutto?
SIG. EVANDRO Nessuna!
UNIVERSO Nessuna, certo! 
UNIVERSO 2 Bravo!
UNIVERSO Vedi? Ristabilendo le dovute proporzioni si scopre che il dolore non ha senso. La sofferenza non esiste - non esiste nulla, nel contesto del tutto.
SIG. EVANDRO Ma allora, nel quadro generale delle cose... persino la morte...
UNIVERSO Una bazzecola.
UNIVERSO 2 Neanche degna di menzione.
UNIVERSO Praticamente irrilevante.
SIG. EVANDRO (cominciando a far sua la lezione) Però! Non avevo mai valutato le cose da questo punto di vista. (comincia a ragionare tra sé, come a convincersi ancora meglio) 
UNIVERSO Lo sapevo che ce l’avremmo fatta!
UNIVERSO 2 Quando ero entrata mi sarei messa le mani nei capelli!
UNIVERSO Fossero tutti così!
UNIVERSO 2 La materia prima era di qualità, no scordiamocelo. Fino a vent’anni fa...
UNIVERSO (a SIG. EVANDRO, interrompendo i suoi ragionamenti) Ora dobbiamo andare.
SIG. EVANDRO Cosa? Ma no, vi prego, restate! Voglio sapere-
UNIVERSO No, no.
UNIVERSO 2 Ha già saputo abbastanza per questa notte.
UNIVERSO E poi questo sogno non può durare all’infinito. A che ora vuoi svegliarti domani mattina?
UNIVERSO 2 Hai un mucchio di cose da fare!
UNIVERSO Eh, già!
SIG. EVANDRO Cose da fare? Io?... Da fare...?

Nel frattempo i due UNIVERSI hanno guadagnato la porta d’ingresso, seguite da SIG. EVANDRO.

SIG. EVANDRO Ci rivedremo?

I due UNIVERSI si scambiano uno sguardo che non sembra presagire una risposta positiva. SIG. EVANDRO lo segue, le due se ne accorgono.

UNIVERSO (a SIG. EVANDRO) Domani notte potrebbe ricevere un’altra visita.
SIG. EVANDRO Ma... che fai? Mi dai del lei?
UNIVERSO 2 Pericolosa.
UNIVERSO Una volta messo in moto, il meccanismo è-
UNIVERSO 2 Non badi a quel che le verrà detto.
UNIVERSO Si sforzi di distinguere i buoni insegnamenti dai cattivi.
UNIVERSO 2 Ricordi che per noi lei è, è stato e sarà sempre assolutamente insignificante-
UNIVERSO -non avremmo motivo di ingannarla. (porgendo la mano) Addio. (SIG. EVANDRO prende la mano, la scuote senza davvero rendersi conto di quello che sta facendo) 
UNIVERSO 2 Addio (c.s.; UNIVERSO 2 apre la porta, rimane per un attimo impietrita, la richiude. A SIG. EVANDRO:) Si volti, prego. 

SIG. EVANDRO, sempre senza realmente riflettere, si volta, spalle alla porta. UNIVERSO 2 invita gentilmente UNIVERSO a uscire. UNIVERSO esce. UNIVERSO 2 lancia un’occhiata a SIG. EVANDRO, ancora di spalle e accenna un sorriso. Poi, alla porta:

UNIVERSO 2 Quanto a te, svergognata, copriti e vieni con noi!

UNIVERSO 2 imbocca la porta e uscendo la richiude. 
Buio. 

SECONDA NOTTE - LA ROSA ROSSA

Luci. Nessuno in scena. Il letto matrimoniale è completamente rifatto. La finestra della camera da letto è aperta; in sala si possono già sentire i rumori che ne provengono (animali, automobili, passanti). Un orologio o una sveglia indicano chiaramente l’orario: sono circa le 23:00. Nel vaso, una fresca rosa rossa. SIG. EVANDRO, in vestaglia, entra dalla cucina. Ha in mano il suo bicchiere d’acqua col sonnifero. Si ferma un attimo a guardare compiaciuto la rosa rossa. Accende il televisore. Dopo qualche istante, squilla il telefono. Ha in mano bicchiere e telecomando: si alza, raggiunge il telefono (che squilla insistentemente), si guarda le mani, è indeciso su cosa mollare - non tanto perché la decisione sia importante, ma proprio perché per lui sarebbe indifferente e non si aspettava di dover scegliere - alla fine posa si ail bicchiere sia il telecomando, ma quando sta per afferrare la cornetta, lo squillo si interrompe a metà.

SIG. EVANDRO Pure stasera! Mi chiedo chi...? (si volta, fa in tempo a compiere forse due passi che il telefono squilla di nuovo; senza perdere tempo, risponde) Pro- Alberto! Ciao, Albe- sì, non ti preoccupare... (pausa) Stavo andando a letto, ma lo sai, non ho il sonno facile... (si ricorda del bicchiere, tenta di prenderlo con l’intenzione di bere durante la telefonata, ma il filo della cornetta è troppo corto; leggero disappunto) Senti, Alberto, eri tu poco fa? No, eh? Già come ieri sera. Che ti devo dire, sarà un’ammiratrice segreta... (pausa) Ah... (pausa; cambia espressione) Davvero? L’hanno detto in tivù? Arrestati, tutti? Bancarotta fraudole- (pausa) E io ora, noi cosa- (sta bene a sentire; lunga pausa) Certo, certo, hai fatto bene, Alberto. Eh... Non so cosa pensare. Certo, certo, sembrava, era un titolo sicuro... (pausa) No, no, ho diversificato un po’ - anche tu, no? - ma, certo, il grosso stava- (pausa) Guarda, tanto stanotte la borsa è chiusa, non ci possiamo fare nulla. Domani vedre- (pausa, poi accennando a ridere a una battuta dell’altro) Sì, doppio sonnifero, stanotte, sì, eh eh. Speriamo bene, Alberto, che ti devo dire? Certo, rode... (pausa) Sì, speriamo la cosa si risolva, sì. (pausa; comincia a guardarsi intorno, la conversazione stagna laddove ormai non ci si può far più niente) Eh, beh. (come a cogliere un’occasione offerta dall’altro:) Sì, sì, buonanotte, Alberto, buonanotte - anche a tua moglie, sì, a domani, ciao (chiude. Intuiamo che normalmente adesso sarebbe di pessimo umore, ma è come se lui stesso non sapesse spiegarsi come mai invece sia tutto sommato sereno) Ma cose dell’altro mondo! Ma come ti va a fallire, una società del genere? Quanto ci ho-...? (pensa di andare a controllare, poi di spegnere il televisore, poi l’occhio gli cade sul bicchiere, decide di tralasciarlo per il momento e fa per prendere il telecomando e spegne il televisore; subito dopo risquilla il telefono. Va a rispondere) Pronto? Ah, Carla, ciao. Come va? (pausa) Sì, ho sentito. (pausa) Eh, a quanto pare ero l’unico a non saperlo. Me l’ha detto poco fa Alberto. Il mio collega, quello con cui... L’altra sera dicevamo giustappunto che era un po’ che non ti facevi senti- a proposito, eri tu, prima? (pausa) Mmm, cinque minuti fa. No? (tra sé) Ma chi sarà stato? Mah. (a lei) Come stai? Il bambino, sta be- (pausa; cambia espressione - deluso? o disilluso?) Eh... cosa ti devo dire? Staremo a vedere. (pausa) No, no, c’è dell’altro, altrove. (pausa) Calmo? Troppo? Io? Eh, pensa che ancora non ho nemmeno preso la pasticca. (pausa) Quella per dormire, sì. (pausa) Mi fa male... devo pur dormire... (pausa) Per i titoli vedremo. Domani. Ora non si può far nulla. (pausa) Sciacalli, sì. Beh, insomma, l’importante è che stai bene, che state tutti bene, al resto c’è rime- (pausa) Sì. (pausa) No. (pausa) Va bene, anche a te. E al bambino (pausa sua, non dettata dall’intervento di Carla, poi:) E, certo, anche a... (non ricorda, o forse non vuole ricordare; gli viene suggerito, probabilmente in tono di rimprovero) ...Luigi, certo, Luigi. (pausa) Ho capito. Smettila di preoccuparti per le azioni, tanto che ci- (pausa) Boh, sarà l’ora. Buonanotte, sì. Buonanotte, ciao (chiude).

SIG. EVANDRO, vagamente pensieroso (più a causa della prima, o della seconda, telefonata?), si toglie la vestaglia e si mette a letto. 

SIG. EVANDRO (come a volerselo imprimere nella memoria, con buona volontà) Luigi... Luigi...

Tira su il lenzuolo e la leggera copertina e si sistema nel letto. 

SIG. EVANDRO Non era Alberto. Non era Carla. Chi...? (sbadiglia)

Da sotto le lenzuola emerge una mano che va a cercare alla cieca un interruttore. Lo trova e lo aziona. Sulla scena cala di colpo il buio completo. Dopo qualche secondo, un’unica luce, bianca e perpendicolare, scende sul bicchiere col sonnifero, ancora pieno, sul tavolino. L’orologio avanza rapidamente. Si fanno le 02:00 circa. La luce sul bicchiere si spegne. Dopo qualche secondo, all’altezza della poltrona, si vede una luce: un fiammifero! Qualcuno si sta accedendo una pipa. Ancora al buio, emette qualche buffo di fumo di prova. Soddisfatto, si alza e va verso l’orologio. Lo porta avanti fino alle 08:00, facendo suonare l’allarme della sveglia. Si tratta di un uomo, vestito in maniera elegante, da sera; modi affabili, sguardo intelligente, spiritoso e cordiale. Astuto.

SIG. EVANDRO (svegliandosi di soprassalto) Chi é? Che c’è? All’armi!
OSPITE “All’armi”! Buona questa, era tanto che non la sentivo!
SIG. EVANDRO (accendendo finalmente la luce) Chi è? Chi è lei?
OSPITE Il Diavolo, per servirla.
SIG. EVANDRO Il diav- cosa? Ma che scherzi sono que- (vede il bicchiere ancora pieno) Oh. Dovrò fare più attenzione.
DIAVOLO A cosa, se mi è concesso?
SIG. EVANDRO Primo, a bere quel dannato sonnifero; secondo, a non fare entrare in casa estranei inopportuni. Che diamine-
DIAVOLO (compiaciuto) Ahh
SIG. EVANDRO -sembra che vi siate tutti dati appuntamento qui!
DIAVOLO Non le fa piacere? C’è gente che pagherebbe per vivere sogni vividi come i suoi!
SIG. EVANDRO (poco convinto) Sogni?... (ricorda) Ancora con questa storia dei sogni!
DIAVOLO Eh, eh.
SIG. EVANDRO Ho capito, finché non berrò quel dannato coso mi perseguiterete fino alla morte. E lei, chi ha detto di essere?
DIAVOLO Il Diavolo - per servirla, amico mio.
SIG. EVANDRO Ehi, piano con gli “amico mio”! Io non sono amico di nessuno! (riflette su quanto appena detto) Già... (si riprende) E certo non sono amico del diavolo! Figuriamoci! Lo sanno tutti che il diavolo è malvagio e trama alle nostre spalle- 
DIAVOLO Dunque?
SIG. EVANDRO Dunque non bisogna ascoltarlo. È tanto semplice!
DIAVOLO Un po’ troppo, non trova?

Silenzio.

DIAVOLO Eh... scagliarsi contro qualcuno, additandolo come la causa ultima di tutti i mali - comodo, troppo comodo. Così nasce l’intolleranza - e l’intolleranza porta all’odio e l’odio al peccato e poi si dice: “Hai visto?” e riecco che si ricomincia, quando la mia unica colpa, se mai ne ho una, è soltanto quella di esistere. Eppure, io non sono molto diverso da voi - da lei.
SIG. EVANDRO Vade retro!
DIAVOLO Mmf. Quella non funziona più. (riprendendo il suo discorso) Mi guardi: le sembro una creatura mostruosa, repellente, turpe? Non per vantarmi, ma ben poche... gentili signore direbbero questo di me. Io sono come mi vede: due braccia, due gambe, una testa-
SIG. EVANDRO Ah! Non è un simulacro?
DIAVOLO Simu-che, scusi? No, no... vedo che hanno fatto di tutto per confonderla. Ma no, eccomi qua - sono come appaio: un uomo, a cui piacciono le cose che piacciono agli uomini ma che non esita a... godersele con maggiore libertà. (pausa) Libertà... che meraviglioso suono ha questa parola!
SIG. EVANDRO Conosco la solfa: perché servire nella reggia di qualcun altro quando si può regnare in casa propria?
DIAVOLO Bravissimo! Non avrei saputo esprimermi meglio. (pausa) Trova che non sia un ragionamento valido? Ritiene che sarebbe più soddisfatto di sé a vivere come faccendiere a Buckingham Palace piuttosto che come capofamiglia qui in casa sua? A chinare la testa di fronte ai capricci di un moccioso che ha avuto la ventura di nascere in un luogo e in un momento appropriati, piuttosto che a vedersi rispettato - da pochi, magari, ma rispettato - per quel tanto che è riuscito a guadagnarsi con merito sul campo?
SIG. EVANDRO Chiaramente no.
DIAVOLO E allora? Cosa non la convince?
SIG. EVANDRO Cosa non mi convince? Che Dio è... Dio! Come si fa a non servirlo? È... buono! È Dio!
DIAVOLO Ah! E qual è la differenza, mi scusi? Dio è nato Dio! In un certo senso, poteva essere lei, Dio! Che merito ne ha, lui, se si trova a essere onnipotente, onnisciente e onnicompagnia bella? Crede forse che abbia seguito dei corsi, studiato su dei manuali, superato esami? O magari che abbia combattuto guerre, lottato all’ultimo sangue, eliminato uno ad uno pericolosi rivali? O magari che abbia superato in intelligenza, astuzia, perspicacia e logica degli agguerriti concorrenti? No! Certo che no! Lui è nato così - peggio: è sempre stato così. (pausa) E poi, scusi, lei dice che è buono - ma cos’è la bontà, se non quello che lui ha definito come tale? E se è così - ed è così - “buono” non ha più valore che “rosso” o “italiano” o che so io: si tratta di mere tautologie; ma a voler essere maligni - e qui, la prego, non parta prevenuto nei miei confronti - il suo atteggiamento non è molto dissimile da quello di un qualsiasi tiranno, come ne avete avuti tanti su questa terra - con l’aggravante che lui ha sempre il coltello dalla parte del manico e non ammette la benché minima replica! Se fosse a capo di una di quelle nazioni del terzo mondo, tutti giù a fargli al guerra, ma a lui no!- lui è intoccabile, perché lui è buono! Se l’è pensata proprio bella! (SIG. EVANDRO ha seguito il discorso e pian piano, se non proprio ad approvare, comincia a tenere in considerazione quanto ascolta. DIAVOLO vede che ormai si è accattivato se non la fiducia, almeno la simpatia dell’interlocutore e che il terreno è ormai fertile per piantare il seme successivo:) Ho saputo che ieri notte ha ricevuto una visita... inopportuna.
SIG. EVANDRO Eh? (uscendo come da trance; poi, ricordandosi:) Ah, sì, l’Universo. 
DIAVOLO Inutile dirle che quanto le è stato detto non è altro che un mucchio di sciocchezze colossali.
SIG. EVANDRO Trova?
DIAVOLO Ma certo! Come si permette l’universo di disprezzare a tal punto l’uomo - ciò che lo rende vivo, che lo fa palpitare!... Certuni non hanno proprio il senso della realtà! (pausa; inizia a spiegare col suo metodo affabulatorio) È vero: un singolo individuo, da sé, non conta nulla nell’universo. Voglio farle un esempio: in questo preciso momento, nel sistema Partakos milioni di partakosiani stanno morendo di fame. Ora, quand’anche volesse aiutare quei poveri disgraziati, lei semplicemente non potrebbe. Ma consideri anche questo: lei non ha mai visto un partakosiano e men che meno ha mai visto un partakosiano morire di fame - mi dica: riesce davvero a immaginare la loro sofferenza? Sia sincero!
SIG. EVANDRO (si sforza, poi) No... effettivamente no.
DIAVOLO Certo che no! Eppure, glielo assicuro, quello che stanno patendo sarebbe assolutamente insopportabile a vedersi per un uomo come lei. La loro è una sofferenza reale, ma lei non riesce neanche a immaginarla. Questo perché (il suo tono si fa quasi cospiratorio) le hanno voluto far credere che l’importanza vada valutata secondo una scala assoluta - in verità, le uniche cose che contano sono soltanto quelle con le quali si può stabilire una qualche relazione: la sua famiglia, i suoi vicini, il suo cane, gli uccelli che nidificano intasandole la grondaia... è rispetto a tutti costoro che va valutata la sua importanza, la sua influenza! 
SIG. EVANDRO C’è del vero in ciò che dice.
DIAVOLO Certo! Se vuole, lei può contribuire ad allargare il buco nell’ozono, ad inquinare i mari, a fare estinguere le balene! Se non è influenza, se non è potere, questo, cos’è allora? Ma non c’è bisogno di mirare tanto in alto: fino all’anno scorso, in banca, non aveva una sua posizione? Non era temuto dai sottoposti? Non contava? Quando bastava un suo parere negativo per frustrare le aspirazioni di coloro che chiedevano un prestito? E non solo... Lei forse non si ricorderà del dottor Canaletti, cui negò un finanziamento per un certo progetto che le aveva presentato; ebbene, tre giorni dopo la moglie ha chiesto la separazione! (SIG. EVANDRO sta per protestare, ma:) - Non si preoccupi, quel progetto non valeva una pera secca!
SIG. EVANDRO Sì, ma io non volevo-
DIAVOLO Ma non importa, capisce? Non voleva, ma ha potuto: gli individui contano, contano eccome! E le dirò di più: non c’è alcun motivo per cui non si dovrebbe desiderare contare, e contare sempre di più! (pausa) C’è poco da fare: certe posizioni esistono indipendentemente da chi le occupa, e si tratta sempre di posizioni di responsabilità: dal capofamiglia al capo di stato. Non trova anche lei?
SIG. EVANDRO Cosa vuole dire, esattamente?
DIAVOLO Voglio dire che, alla fine dei conti, si può sempre individuare qualcuno che ha l’ultima parola su una determinata questione - colui che, con riguardo a una determinata faccenda o a una serie di faccende, esercita un potere sugli altri. (pausa) Se non sarà uno a comandare, sarà un altro - e non vedo perché non si dovrebbe aspirare a essere colui che sta in cima, visto che una cima ci dev’essere: è il modo più sicuro per far sì che le cose cui teniamo davvero vengano curate nella maniera migliore - si tratti dell’economia di una casa o di un’azienda o di uno stato intero - per il loro bene. E se questo è il fine, il bene di ciò che a noi più sta a cuore, allora forse potrei anche spingermi a dire che per poter arrivare a fare del bene si potrebbe anche evitare di farsi qualche scrupolo di troppo!
SIG. EVANDRO Ora non esageriamo!
DIAVOLO E perché no? (SIG. EVANDRO apre bocca per rispondere, come se non dovesse neanche pensarci, invece si ritrova a non sapere cosa ribattere) Vedo che comincia, finalmente, a ragionare! A ragionare con la sua testa! Ignori chi vuole rintuzzarla e immiserirla ai suoi stessi occhi - se lo fa, è certo per approfittare di lei, per occupare quella posizione di potere alla quale altrimenti anche lei potrebbe legittimamente aspirare - legittimamente, sì, e forse anche con maggior merito!
SIG. EVANDRO Ognuno coltiva il proprio orto!
DIAVOLO Certo!
SIG. EVANDRO Anzi, anzi: ognuno deve coltivare il proprio orto!
DIAVOLO Assolutamente brillante!
SIG. EVANDRO Oh, signor Diavolo, non so come ringraziarla! Questa notte mi ha davvero aperto gli occhi - e pensare che quelle due ieri mi avevano quasi-
DIAVOLO La prego - dovere. Piuttosto- (si guarda con circospezione intorno, prendendo l’altro per le spalle e portandolo verso un cantuccio della camera) domani notte riceverà una, ehm, altra visita.
SIG. EVANDRO Anche domani notte?
DIAVOLO Sì.
SIG. EVANDRO E chi, di grazia?
DIAVOLO Lui.
SIG. EVANDRO Lui?
DIAVOLO Sì. (incoraggiante) Ma non si lasci intimorire: non è così sveglio quanto sembra - come le ho già detto, occupa la posizione che occupa praticamente per caso. In realtà- in realtà riceverà anche un’altra visita.
SIG. EVANDRO Ancora un’altra?
DIAVOLO Eh, sì.
SIG. EVANDRO E... chi?
DIAVOLO Non si spaventi: (pausa, finché non lo giudica pronto - anche se, come spesso accade, un incipit simile produce proprio gli effetti che vorrebbe evitare) la Morte.
SIG. EVANDRO La morte? Oh, santo cielo! Morirò? (a DIAVOLO) Vade retro! Vade retro!
DIAVOLO Mmf. Le ripeto che non funziona. (cospiratore, trova uno spiraglio) In ogni caso, non è detta l’ultima parola.
SIG. EVANDRO No?
DIAVOLO No. (pausa) Del resto, è cosa risaputa che la Morte non esiste.
SIG. EVANDRO Non esiste?
DIAVOLO No, certo. Come il freddo. Mica esiste, il freddo.
SIG. EVANDRO Ah, no?
DIAVOLO Venga, signor Evandro, venga che le spiego...

Sull’ultima battuta, DIAVOLO si porta SIG. EVANDRO a braccetto in un altro angolo della stanza, mentre lentamente sulla scena si crea il buio.

TERZA NOTTE - LA ROSA BIANCA

Luci. SIG. EVANDRO passeggia nervosamente per la camera da letto. Sul vaso per la Madonna c’è una fresca rosa bianca. Sono le 23:00 circa. 

SIG. EVANDRO Mi devo preparare! Non devo farmi sopraffare dalla Sua logica... (a gesti, si fa per conto suo dei ragionamenti,ai quali prova a ribattere, sempre gesticolando, con contro-ragionamenti, finché non si ricorda di qualcosa) Il Dormiben, accidenti, quasi mi dimenticavo! (pausa; tra sé) In realtà ultimamente ho dormito bene anche senza. (pausa) No, no, mi sento nervoso... questa sera... è importante... mi- mi serve un calmante...

Esce e va in cucina. Subito dopo squilla il telefono. 

SIG. EVANDRO (da fuori scena) Arrivooo!

SIG. EVANDRO impiega qualche tempo a raggiungere il telefono, e anche questa volta il trillo dell’apparecchio s’interrompe a metà proprio quando l’uomo stava per afferrare la cornetta.

SIG. EVANDRO Dannazione, comincio a stufarmi. (prende la cornetta e ci parla dentro) Ma chi è che chiama ogni sera e riattacca prima che risponda? Chi è? Chi è, voglio sapere! (sbatte la cornetta sul telefono con un moto d’ira - ma poi la riprende subito, per controllare che non si sia rotta, e delicatamente la ripone al suo posto; poi riprende, agitato come prima) Dovrò rivolgermi alla società dei telefoni - voglio vedere se non mi dicono il numero che- e se fanno resistenza, li denuncio tutti alla polizia, diamine! (idea improvvisa) Il sonnifero! (va in cucina a prenderlo; squilla di nuovo il telefono, questa volta fa in tempo; ha portato con sé il bicchiere) Pronto? Alberto! Ciao, Alberto, ciao. Cosa c’è? Ti sento g- (pausa) Ah, non hai fatto in tempo? È un bel guaio, certo - da domani coleranno a pi- (pausa) Eh, Alberto caro, ma dovevi pensarci tu, mica ti devo dire tutto i- (pausa) È vero, sì, ti avevo promesso che sarei passato ma ho avuto- (scatto, forse per difendersi da un’accusa?) Alberto, cavolo, hai sessant’anni pure tu, non puoi aspettare che siano gli altri a dirti cosa- (pausa) E mi dispiace, Alberto, ma la situazione non sarà tanto grave, no? Non avevi diversificato? No? E bella cavolata hai fatto, Alberto. Io te l’avevo de- (lunga pausa) Senti, è tardi e non ho voglia di stare ad ascoltare un perdente come te blaterare sui suoi insuccessi. (pausa) Sì, è vero, anche a me sono andati in fumo un mucchio di quattrini, ma io A) mi sono cautelato, B) sono subito corso in banca a ordinare- (pausa) Ma che tono vuoi che utilizzi con te, con i discorsi che mi fai! Come se fosse colpa mia! Bisogna sapersi dare da fare! Vai, vai a vederti i film al cinema, vai al teatro, invece di- (pausa) Mi dispiace, Alberto, ma non so proprio cosa dirti. (lunga pausa; calmo, come se fosse la cosa più naturale del mondo:) Non so proprio cosa dirti - buonanotte Alberto, a te, moglie e figli. Ciao. (riattacca) Ma te guarda che roba! Non sanno neanche come si chiamano e a momenti poi danno pure la colpa a te!

Prende il telecomando e accende il televisore, cogliendo un servizio di telegiornale già iniziato:

VOCE TV ...le spaventose immagini dell’incidente nei pressi della discoteca. Le due auto coinvolte si sono scontrate frontalmente: dieci morti, di cui tre carbonizzati. Alcuni corpi nell’urto sono stati sbalzati fuori dalle vetture, ma anche per loro non c’è stato nulla da fare. (da questo momento SIG. EVANDRO comincia a parlare, coprendo la voce del giornalista tv, che continuerà con il suo reportage finché SIG. EVANDRO non spegnerà l’apparecchio) La polizia stradale indaga sulle cause dell’incidente, ancora ignote, ma si sospetta, come spesso accade in questi casi, l’assunzione di dosi eccessive di alcool o forse anche di stupefacenti. (pausa) E dalla cronaca, passiamo allo sport. Oggi l’Internazionale ha battuto il Deportivo La Coruna, conquistando l’accesso alla finale di Champions League. I nerazzurri hanno-
SIG. EVANDRO (dal momento di cui sopra) Ma quello è... è... non può essere, che ci fa là? Oddio, non può, non può essere... (pausa) Cosa posso...? (si mette a pensare) Carla, chiamo Carla, forse lei lo ha sentito, forse- vedrai che- (spegne il televisore; va verso il telefono) Sicuramente mi sono sbagliato, non può essere lui, la vista... la stanchezza... (sta per prendere la cornetta, ma il telefono squilla lui per primo. SIG. EVANDRO rimane impietrito. Uno squillo, due squilli, tre squilli... sembra quasi che... anzi, ha paura di rispondere. Alla fine, si decide; con voce rotta) Pr- pronto? (pausa) S-sì, sono io. (pausa) Sì. (pausa) Sì. (pausa) ...Disgrazia? Silvio! Silvio!... Glielo dicevo di pensare a stu-... Silvio... Silvio... (scoppia in lacrime, non badando più alla voce alla cornetta, che gli cade di mano e rimane penzoloni. Il pianto, dapprima sommesso, acquista man mano forza, come se l’uomo attingesse da serbatoi di lacrime che prima non sospettava neanche di avere e li volesse deliberatamente svuotare del tutto, e continua così, singhiozzando in un pianto muto, fin quasi ad annegare nelle sue stesse lacrime.) 

Le luci sulla scena diminuiscono gradatamente d’intensità (senza spegnersi) e con esse il pianto dell’uomo, che infine, esausto dalla disperazione, si addormenta sulla sedia dove s’era seduto. Il bicchiere, come al solito, giace sul tavolo, ancora pieno. Improvvisamente, si sente un rumore di chiavi nella toppa della porta d’ingresso. Le luci tornano all’ intensità normale. Dopo qualche giro di chiave, la porta si apre ed entra un BAMBINO. Ha l’aria di chi è pronto al gioco, ma nasconde una grande intelligenza. Indossa un pigiama molto semplice ed è calvo. Da come si muove, sembra non conoscere bene la casa. Si sposta in camera da letto e vede l’uomo, devastato dal pianto, addormentato sulla sedia. Per non svegliarlo, cammina giocosamente in punta di piedi fino all’interruttore e lo aziona. Le luci si spengono, mentre si accende quella sul bicchiere col sonnifero. Dopo qualche tempo, SIG. EVANDRO emerge dal sonno come da un’apnea, prendendo una rumorosa boccata d’aria. In tutta fretta, si alza e accende la luce. Quando si volta e lo sguardo gli cade sulla poltrona (dov’è seduto il RAGAZZO), quasi gli viene un colpo. 

SIG. EVANDRO Silvio!
BAMBINO (non risponde)
SIG. EVANDRO Silvio! Silviuccio mio!
BAMBINO (imbarazzato, evidentemente non è quello il suo nome)
SIG. EVANDRO Silviuccio, sono papà! Sapessi che brutto sogno ho fatto! Ma che hai fatto ai capelli? (lo accarezza, BAMBINO non reagisce) Eri... t’eri fatto grande, andavi all’università- eri morto, Silviuccio, pensa, in uno spaventoso incidente stradale, di quelli della tivù! E sapessi, ah ah (ogni tanto SIG. EVANDRO verrà colto da queste risatine isteriche), che strano sogno era, poi! Per tre sere squillava il telefono e io non riuscivo mai a rispondere in tempo per sapere chi era. Ogni sera, ah ah, ogni santissima sera! E la mamma vi era morta, Silviuccio, ma voi eravate già grandi... anche troppo. Carla... l’avevo perduta, Carla. Che sogno! Pure il diavolo ci si era messo di mezzo, ah ah! Perché te ne stai lì imbambolato? Non dici nulla a papà? Dimmi qualcosa, dimmi qualcosa ora che questo brutto sogno è finito! 
BAMBINO (neutro) Io non sono Silvio.
SIG. EVANDRO Come no? (l’incantesimo è ormai rotto; per convincere se stesso, ma senza riuscirci:) Sei uguale a lui! 
BAMBINO Io non sono Silvio.
SIG. EVANDRO (immaginando -temendo?- la risposta) Chi sei... allora?
BAMBINO Io? Dio!
SIG. EVANDRO Dio...
BAMBINO (tutto d’un tratto vivacissimo, giocando e apprezzando il suono delle parole) Però- suona bene! Io? Dio! - Io? Dio! Io? D-
SIG. EVANDRO Ma tu non puoi essere Dio! 
BAMBINO (come se la sua identità potesse davvero dipendere da quanto dice l’altro) No?
SIG. EVANDRO Tu- tu sei un bambino!
BAMBINO Dio non può essere un bambino? Che Dio sarebbe se non potesse essere anche un bambino?
SIG. EVANDRO E... sei identico a mio figlio, Silvio... Silviuccio...
BAMBINO Perché non riesci a pensare ad altro.
SIG. EVANDRO (realizza tra sé) È morto, allora.
DIO (annuisce semplicemente, con un accenno di placido sorriso sulle labbra)
SIG. EVANDRO (come a ribellarsi) Ma i bambini sono crudeli! I bambini- i bambini sono quelli che strappano le zampe alle mosche, quelli che per nessun motivo picchiano i compagni, quelli che si divertono a canzonare gli altri per difetti fisici di cui non hanno colpa! I bambini si divertono a fare soffrire gli altri - Dio non può essere un bambino! Dio non può- (colto da un improvviso pensiero) O forse sì? Aveva ragione!
DIO (sereno, per nulla curioso. Sa già) Chi?
SIG. EVANDRO (titubante, non sa se rivelare; alla fine cede) Il... diavolo.
DIO (sorride placido)
SIG. EVANDRO (forse interpretando male il sorriso) Mi hai punito! Mi hai punito perché ho dato ascolto al tuo avversario! È democrazia, questa? È democrazia? No! È tirannia! E allora sai cosa ti dico? Che aveva ragione su tutta la linea! Quel sant’uomo! La verità- la verità è che la storia la scrivono i vincitori- e bella forza, tu sei onnipotente: vinci, scrivi, tiranneggi! Ma se c’è qualcosa che posso fare per-
DIO Non sei stato punito.
SIG. EVANDRO No? Una coincidenza, allora! Certo, come no! La sera prima faccio quattro amabili chiacchiere col tuo nemico di sempre e quella successiva mio figlio si schianta a cento all’ora contro un fuoristrada - una normale, banalissima coincidenza! E a me che salta il grillo di prendermela con te! Ah!
DIO Perché avrei dovuto far morire tuo figlio e non te, allora?
SIG. EVANDRO (ci riflette un istante, abbaia la risposta) Una vendetta trasversale - chiaro.
DIO (pare giocare fra sé con l’idea per un istante, la trova divertente; sincero:) Sei spiritoso!
SIG. EVANDRO Ma senti questo!
DIO E i bambini sanno essere anche buoni.
SIG. EVANDRO Cosa?
DIO Per esempio, mi ricordo di un bambino che stava visitando con i genitori un museo archeologico. Gli era stato comprato un ghiacciolo per farlo stare buono durante la visita. L’aveva ormai quasi finito, quando vide spuntare da un corridoio laterale un altro bambino, tenuto per mano dalla madre. “Oddio,” pensò, “se quel bambino ora vede me col mio ghiacciolo, magari gliene viene il desiderio e se la mamma poi non glielo compra, potrebbe rimanere col desiderio e piangere.” Questo pensò il bambino. Il problema esigeva una soluzione rapida, perché il bambino nel corridoio laterale stava per voltarsi verso di lui e allora sarebbe accaduto l’irreparabile - per evitarlo, il bambino decise, con indiscutibile senso logico, di eliminare il problema alla radice, inghiottendo in un sol colpo quel che rimaneva del suo gelato - un blocchetto di ghiaccio di queste dimensioni (fa segno con la mano - il blocco mimato è pericolosamente grande, soprattutto per le dimensioni della gola di un bambino) - così da impedire che l’altro bambino, accorgendosi del suo ghiacciolo, potesse sviluppare il desiderio di qualcosa che forse non avrebbe potuto ottenere. (pausa) Non dimostrò, questo bambino, una notevole sensibilità d’animo?
SIG. EVANDRO S-sì.
DIO E ricordi chi fosse, quel bambino?
SIG. EVANDRO (con voce rotta) Io...
DIO (fa un cenno d’approvazione col capo, sorridendo; poi, tanto serio da spiazzare:) E dov’è, ora, quel bambino tanto sensibile? Dov’è finito? (prende a guardarsi intorno, come se si aspettasse di trovarlo o di vederlo saltar fuori da qualche parte) Sei arrossito! Che... dolce. C’è ancora quel bambino, vedo - se l’uomo potesse arrossire a comando, non sarebbe un uomo, sarebbe un camaleonte. O un partakosiano.
SIG. EVANDRO (imbarazzato, lieto di poter distrarre per un attimo il discorso da sé) Partakosiano?
DIO (con dolcezza) Ne hai già sentito parlare, no? (SIG. EVANDRO, se possibile, arrossisce ancora di più) Sebbene, ripensandoci, avresti potuto offrirglielo.
SIG. EVANDRO Eh?
DIO Quel che restava del ghiacciolo - all’altro bambino. (ci riflette brevemente) Ma forse non era il caso.

Silenzio: SIG. EVANDRO è ancora perso tra i ricordi del bambino che fu. DIO lo guarda placidamente, dall’alto dei suoi sette anni o giù di lì e sembra godere immensamente di ciò che vede attraverso la memoria dell’altro. Dopo qualche tempo, SIG. EVANDRO si scuote e, a bruciapelo, quasi sospettoso:

SIG. EVANDRO Cosa vuoi da me?
DIO Io? (fa spallucce, sorridendo) Niente! Cosa potrei mai volere da te? Ho già tutto.
SIG. EVANDRO (cerca di prenderlo in castagna, di trovare una falla logica) Allora perché sei qui?
DIO Il diavolo ti aveva annunciato la mia visita, se non sbaglio. Perché fargli fare brutte figure?
SIG. EVANDRO (c.s.) Ma chi comanda chi, allora? Tu o lui?
DIO (come se la cosa fosse ovvia) Io.
SIG. EVANDRO (c.s.) Ah, ma non su di me! “Libero arbitrio”!
DIO Sì, ricordo di averne distribuito un po’ in giro.

Silenzio. DIO sta a guardare per qualche tempo SIG. EVANDRO; poi, vedendo che l’altro, in difficoltà, non sa come continuare, prende a recitare a bassa voce una filastrocca per bambini, facendo dondolare le gambe (che non toccano terra) dal bordo della poltrona su cui siede. Ora è SIG. EVANDRO a osservarlo. Alterna espressioni di arrendevolezza ad altre che palesano un suo tentativo di penetrare quella apparentemente inespugnabile corazza di placidità. A un certo punto, quasi con sforzo:

SIG. EVANDRO I-io-
DIO Sì?
SIG. EVANDRO Io- valgo! Io valgo! Qualcosa... valgo!
DIO Ne sono sicuro.
SIG. EVANDRO (incredulo) S-sei d’accordo?
DIO Perché non dovrei esserlo? O credi forse che tutto ciò che ho creato non valga nulla? È questo che pensi? Ho sprecato il mio tempo?
SIG. EVANDRO Ma l’universo ha detto che-
DIO Eh, Universo! (pausa) Ti dirò: (abbassa il tono, come a confidare un segreto) si crede l’unico, ma non sa che-
SIG. EVANDRO (capendo al volo) Gli universi paralleli!
DIO (come a un allievo intelligente) Esatto. Si sente forte e invincibile perché per ora è in espansione, ma lascia trascorrere un paio di miliardi di anni e vedremo...! (sorride al pensiero) Beh, tutto deve avere una fine. (pausa) A proposito - sai che domani notte-
SIG. EVANDRO Sì.
DIO Sei pronto?
SIG. EVANDRO Ma questi... non sono soltanto dei sogni?
DIO I sogni non partecipano forse della realtà? (pausa) Il bambino sensibile crebbe e diventò un acerbo ragazzotto superbo. Prese a fare un sogno ricorrente, se non sbaglio. (gesto a dire: “dimmi tu qual era”)
SIG. EVANDRO Venivo a scoprire che i miei genitori erano morti.
DIO E sai perché?
SIG. EVANDRO Non so... i sogni sono sogni.
DIO Tu eri dispiaciuto.
SIG. EVANDRO È- normale.
DIO Non di quello.
SIG. EVANDRO (dopo un tempo) Che... non avessi mai detto loro quanto gli volevo bene. (pausa) Non glielo avevo mai davvero detto. (voce rotta) E non glielo dissi mai. Neanche quando- (la commozione, che aveva cominciato a montare da quando DIO aveva accennato al sogno ricorrente, non può più essere trattenuta e per la seconda volta, quella notte, SIG. EVANDRO si ritrova a piangere - questa volta con qualcuno accanto. E se quello era un pianto disperato, lacerante e proiettato verso l’esterno, questo è amaro, e tutto interno.)
DIO I sogni!... (lunga pausa; poi, con il tono che si adotta con i bambini per non distrarli dalla ferita per la quale stanno piangendo:) Quel tuo amico... (fa finta di non ricordarsi) ...il diavolo! - Non aveva tutti i torti, sai? Si è importanti, per coloro che ci vogliono bene - e finché è possibile, è meglio agire, per quel poco che può valere. (SIG. EVANDRO prende a singhiozzare - queste parole possono aver accresciuto in lui la commozione - o anche solo aver acuito il suo rimpianto. DIO scende dalla poltrona, lo guarda teneramente) Certo, un po’ di prospettiva non guasta. (sorride; poi, affondando la testa tra le pieghe della vestaglia all’altezza del petto dell’altro ancora piangente, DIO abbraccia SIG. EVANDRO, come un nipote abbraccerebbe il nonno.) 
Buio.

ULTIMA NOTTE - LA ROSA NERA

Luci. In camera da letto, l’inferriata della finestra è aperta. L’orologio segna le consuete 23:00. Il bicchiere col sonnifero è scomparso dal tavolo. SIG. EVANDRO, pronto ad andare a letto, sta parlando al telefono. Vaso della rosa: vuoto. SIG. EVANDRO porta dei segni discreti di lutto.

SIG. EVANDRO ...grazie, Alberto, grazie. (pausa) No, scusami tu per ieri... scusami tu... (pausa) No, no, quel che è giusto è gius- (pausa) Dopodomani. La salma arriverà domani. (pausa) Sì, certo, verrà anche Carla. Con... (attimo di indecisione) Luigi- Luigi, sì. (pausa) Grazie ancora, grazie. A domani. Vieni tu? Bene, grazie. Ciao. Buonanotte, buonanotte. (riattacca) 

SIG. EVANDRO si guarda intorno. La sua espressione è quella di chi sta per partire e si sforza di ricordare se non sta per caso dimenticando qualcosa. Nel loro girovagare, finalmente gli occhi si fermano sul vaso della rosa: si stava dimenticando! Esce e poco dopo torna con una rosa nera. 

SIG. EVANDRO Pare fatto apposta. (la sistema nel vaso; poi la guarda; poi si guarda - in particolar modo si sofferma sui segni di lutto che indossa) Una morte è più che sufficiente. Come posso evitare...? (riflette) Potrei stare sveglio tutta la notte: se non dormo non posso... ricevere visite. Mmm. No, finirei per addormentarmi comunque. (riflette ancora; poi, l’illuminazione:) Ma certo! Non potrò evitare di dormire, ma posso mettermi nelle condizioni di non sognare! Il sonnifero! Dipende tutto dal sonnifero! Sono tre sere che per un motivo o per l’altro me ne dimentico, e guarda caso- Stanotte no! (esce, va in cucina, torna con un bicchiere pieno e due bustine) E non uno- due! Meglio andare sul sicuro. (amaro) Con la morte... non si scherza. (versa il contenuto delle due bustine nell’acqua e beve). Aah. M’infilo subito nel letto, così... (esegue, ma nel togliere le coperte avverte un leggero fastidio allo stomaco; spegne la luce. Al buio, si sente borbottare una preghiera.) 

Dopo qualche secondo, si sente un bussare alla porta. Chi bussa lo fa con le nocchie delle dita e lo fa con un ritmo ben preciso, quale potrebbe essere quello di una canzone o di un codice segreto per farsi aprire. La cosa si ripete, SIG. EVANDRO si sveglia.

SIG. EVANDRO Accidenti a...! (si alza, va ad aprire; nel frattempo si ripete quello strano bussare, poi un lungo silenzio prima che SIG. EVANDRO apra effettivamente. Quando lo fa, non trova nessuno) Beh? Che scherzi sono questi? Ma tu guarda, mi fanno alzar- (dalla finestra, rimasta aperta, si capitombola dentro un GIOVANE MASCHERATO in costume da supereroe. L’abbinamento dei colori è un pugno nell’occhio ed è ridicolo, la foggia è antiquata, sul petto è iscritta la prima lettera del suo nome. Rialzatosi dall’acrobazia, si guarda intorno furtivamente, come se temesse di essere assalito da ogni parte; intanto SIG. EVANDRO ha sentito il rumore in camera da letto e vi si precipita. Lì trova il SUPEREROE) Chi è lei? Come è entrato?
SUPEREROE Dalla finestra! (quasi a scusarsi) Ho bussato, ma nessuno apriva!
SIG. EVANDRO Superboy?! Superboy!
SUPEREROE (sussurrando) Shhh! Sono in incognito!
SIG. EVANDRO (c.s.) Col costume?
SUPERBOY (c.s.) Quello non lo posso togliere per contratto!
SIG. EVANDRO (c.s.) Ah! (poi:) Che ci fai qui?
SUPERBOY Hai chiuso la porta? (SIG. EVANDRO fa cenno di no col capo) Chiudi la porta, presto! (SIG. EVANDRO va ed esegue (mentre SUPERBOY chiude la finestra); appare quasi sollevato: di qualunque cosa si tratti, è molto meglio dell’ospite che attendeva) Mi stanno inseguendo! Ti prego, dammi rifugio per qualche minuto! Devo far perdere le mie tracce!
SIG. EVANDRO Chi ti insegue?
SUPERBOY Ho provato ad avvertirti - da tre giorni cerco di mettermi in contatto con te via astrotelefono, ma-
SIG. EVANDRO Ah! Eri tu! (ripensa, sorridendo) E chi ti insegue?
SUPERBOY Gli Infernali Segugi del mio attuale acerrimo nemico, il Dottor Malvagius. 
SIG. EVANDRO Accidenti! Gli Infernali Segugi del Dottor Malvagius! Proprio loro! E se vengono qua e ti trovano?
SUPERBOY Non verranno. Credo di averli seminati. (ripensandoci) Ad ogni buon conto, tu hai in casa un Cristallo di Trekkenite? Con quello dovremmo paralizzarli! 
SIG. EVANDRO (incerto, come se potesse davvero avercelo) N-no, non mi pare.
SUPERBOY (ci pensa un attimo, poi decide che la cosa non ha importanza. Batte le i palmi e se li sfrega, in segno di soddisfazione) Fa niente. Li ho già messi fuori combattimento a mani nude nell’episodio 23 - “La lunga notte di Kator”. (pausa; guarda l’altro) Beh, vecchio mio, che si dice di bello? Sempre in forma, eh? Bravo, bravo! Non mi sembra di vedere la tua collezione dei miei fumetti. In cantina?
SIG. EVANDRO Non so... da qualche parte...
SUPERBOY (cenno di rimprovero col dito) Ha-ha! Non si dimenticano i vecchi amici, sai? Se non altro, potresti passarli a tuo figlio. Hai un figlio?
SIG. EVANDRO I-io... (lunga pausa) È morto ieri.
SUPERBOY (sembra accusare il colpo, ma è solo un istante) Gli Infernali Segugi del Dottor Malvagius stanno setacciando il quartiere. Ti dispiace se rimango ancora qualche minuto? Per riprendere fiato. (poi, per legittimarsi) Guarda! (estrae qualcosa da qualche parte del costume) Ta-dah! Ho sottratto il terribile siero della Super-invincibilità al Dottor Malvagius - è per questo che non mi sta dando tregua. 
SIG. EVANDRO (forse ancora un po’ risentito) Perché non lo bevi, allora? Così non avrai ragione di temere i Segugi infernali.
SUPERBOY Troppo semplice, ti pare? L’avventura sarebbe già bella che finita e io ho quarantasette pagine mensili da riempire!
SIG. EVANDRO E proprio in casa mia, le devi riempire?
SUPERBOY (per la prima volta mostra di essere offeso - o di dare una qualsiasi importanza a quanto ha detto l’altro, se è per questo) Non credevo di disturbare tanto. (impettito, fa per andarsene) Vorrà dire che affronterò gli Infernali Segugi del Dottor Malvagius a viso aperto. E quando-
SIG. EVANDRO Ma no, fermati. (pausa) Lo sai, eri il mio supereroe preferito...
SUPERBOY (sorridente in un baleno) Certo che lo so! Non sarei qui altrimenti. Sapevo di poter contare sul tuo aiuto! Però, bei sogni che fai! Vividi! A colori! (pensa) Un momento! Giurerei che ai tuoi tempi i miei fumetti li stampassero ancora in bianco e nero. (indagatore, ma scherzoso) Come fai a sapere che il mio mantello è di questo colore? Eh?
SIG. EVANDRO Sono- ero un tuo fan.
SUPERBOY Mmm - le bugie hanno le gambe corte davanti a Superboy!
SIG. EVANDRO E va bene... qualche volta ho sbirciato i fumetti di mio figlio. (sguardo implacabile di SUPERBOY; l’altro si arrende e si sfoga) D’accordo, me li sono letti tutti... di nascosto (arrossisce, imbarazzato; ma l’averlo confessato ora lo inorgoglisce quasi, come se dopotutto fosse stata un’azione meritoria) 
SUPERBOY Bravo! Era quello che volevo sentirti dire! (pausa) Ora credo di poter togliere il disturbo. Il pianeta Mongos e i suoi abitanti ti saranno eternamente grati. (strizza l’occhio) Anche l’editore. Addio (saluta con un gesto plastico da supereroe)!
SIG. EVANDRO Aspetta! 
SUPERBOY Cosa c’è? Devo ancora salvare un paio di figlie presidenziali!
SIG. EVANDRO Figlie presidenziali?
SUPERBOY (quasi a giustificarsi) La monarchia è out.
SIG. EVANDRO Ah. (pausa) Senti, non potresti restare ancora qualche minuto?
SUPERBOY Il dovere mi chiama!
SIG. EVANDRO Sì, ma... vedi, tra poco dovrebbe arrivare qui la Morte (SUPERBOY assume un’espressione alquanto esplicita) e... sì, ho paura. 
SUPERBOY La Morte? Qui? (l’altro annuisce) Mmm. Non disponi di un criogenizzatore Wasco a basso consumo? (l’altro fa di no con la testa) Già. Sono usciti fuori produzione dopo il numero 81. Ma io non posso aiutarti! Devo andare!
SIG. EVANDRO Ti prego!
SUPERBOY (si capisce che l’arrivo della Morte per lui non è che un motivo in più per andarsene - e alla svelta - ma lo sguardo dell’altro lo impietosisce. Torna virile:) Va bene! Dopotutto mi hai salvato la vita! Ma sappi che nessuno può affrontare la tua morte per te! 
SIG. EVANDRO Sì, certo... (pausa. I due cercano un argomento di conversazione. Alla fine lo trova:) Dài, raccontami com’è la vita di un supereroe!
SUPERBOY La vita di un supereroe? È fantastica, ecco com’è! Da un’avventura all’altra, senza contare le ristampe! Vuoi sapere qual è la mia preferita? Quella del numero 22 - gran numero, quello. (SIG. EVANDRO ascolta il tutto affascinato, perduto nei ricordi e partecipe) All’epoca il Dottor Malvagius non era stato ancora disegnato e il collare del mio costume era a “V” - più comodo, ed esaltava il mio possente petto villoso. Ad ogni modo- Il nemico di turno era il Dottor Crudelius, che per motivi di marketing aveva sostituito il Dottor Ferocius - ma il castello era sempre quello su Volturn III. Il Dottor Crudelius e i suoi Diabolici Segugi mi davano la caccia perché, infiltratomi nel castello, avevo sottratto allo scienziato pazzo l’arma più micidiale che avesse mai concepito, il siero della Super-invisibilità, con la quale progettava di conquistare l’intera galassia - eh, non ne scrivono più di avventure così!
SIG. EVANDRO Davvero! Se avessi i tuoi poteri, Superboy, farei esattamente come te: mi dedicherei a combattere il male, a proteggere i deboli e gli innocenti e a garantire la pace e la giustizia nella galassia!
SUPERBOY (estremamente compiaciuto; come un soldato americano a un bambino che chiede di combattere) Ma anche tu, nel tuo piccolo, sei grande, ok? (pollice alzato o gestualità similare - SIG. EVANDRO non pare molto convinto; la magia s’è dissolta e lui è tornato alla realtà) No? Come sarebbe? È... è il messaggio fondamentale dei fumetti di qualsiasi supereroe! L’appiglio psicologico su cui si fonda l’impero dei fumetti! 
SIG. EVANDRO Sì, sì, ma vedi... tu, con i tuoi superpoteri hai potuto fare del bene a molte persone - reali o inventate che fossero, non importa - se ora la Morte venisse per te, potresti dire a testa alta “Io ho fatto del bene a molte persone! Sono pronto!” Ma io... a chi ho fatto del bene io? (silenzio; dopo un po’:)
SUPERBOY Coraggio! Il momento dei bilanci non è ancora giunto! C’è sempre un’ultima occasione per riscattarsi! Ti prometto che un giorno, molto lontano (lo sottolinea scaramanticamente), quando il mondo avrà deciso che potrà fare a meno di me, voleremo insieme per gli azzurri cieli di Mongos, dove i giusti riposano! Forza! Ora devo andare - ho una importantissima missione da completare! Addio, mio giovane, vecchio lettore! (saluta come prima, lasciando SIG. EVANDRO dov’era e senza aspettare la risposta si dirige verso la porta. La apre guardingo, infine decide che è tutto ok e si fionda all’esterno, lasciando la porta aperta.)

SIG. EVANDRO è seduto sul letto, a riflettere. Non sa se essere deluso, risentito o se semplicemente ringraziare Superboy per il diversivo. Ma non passa molto che qualcuno, con un bastone di legno, bussi al battente della porta lasciata aperta. Al bastone è attaccata la lama di una falce e la mano che lo cinge è particolarmente magra... scheletrica. Il nuovo ospite indossa una larga veste nera con cappuccio, è scalzo ed è caratterizzato da una qual certa inespressività - dopotutto, un teschio presenta le sue rigidità. La MORTE è una professionista: le poche parole che pronuncerà non hanno bisogno di essere sorrette da ragionamenti o emozioni: trovano fondamento e autorità nella notte dei tempi, quando il primo essere vivente vide la luce nell’universo. 

SIG. EVANDRO (si fa coraggio, poi:) Si accomodi. (cerca di guadagnare tempo) Ehm, si accomodi, si accomodi. Posso... offrirle qualcosa? (MORTE estrae da qualche parte un gomitolo di lana azzurro). Ehm… Cos’è? (MORTE gli lancia il gomitolo. Il filo è abbastanza spesso da essere ben visibile. MORTE impugna con una mano la falce, con l’altra l’estremità del filo; con rapidi movimenti della mano, attorciglia quest’ultimo intorno al metacarpo, per avere una presa migliore. Alza il braccio con la falce, pronta a recidere il filo della vita) Un momento! (MORTE alza la testa- è colta di sorpresa: non le accede spesso) Non sono pronto... mi dia il tempo di prepararmi- cosa le costa? (MORTE riprende a compiere la parte ascendente del suo ampio gesto, imperterrita) Un momento, la morte non esiste! (MORTE si blocca ancora una volta a metà gesto, ma questa volta abbassa la falce; SIG. EVANDRO, incerto, ricostruisce il ragionamento strada facendo, come se lo conoscesse ma non avesse fatto a tempo a ripassarlo; a un certo punto, tirerà fuori dalla tasca della vestaglia un foglietto di appunti, leggendo ogni tanto quando gli sembra di non ricordare) E- e anche il freddo! Non esiste! La morte, il freddo... non esistono! Il freddo... come la morte... sono concetti privativi! Cos’è il freddo, se non l’assenza di calore e cos’è... cos’è la morte, se non l’assenza di vita? Ma- perché c’è un ma! - Freddo e Morte in quanto tali non esistono, ehm... per esempio- per esempio- se mettiamo a contatto due corpi di diversa temperatura - uno più caldo e uno più freddo - sappiamo tutti che alla fine, dopo un tempo variabile (controlla) determinato dal materiale, dalle dimensioni ecc. ecc., i due corpi avranno la stessa temperatura. Evidentemente- evidentemente, qualcosa si è trasferito da un corpo all’altro, ma saranno state le calorie o, piuttosto, diciamo, le frigorie? A questo punto, ehm, ehm, (controlla) occorre fare un passo indietro e, ehm, ecco, e andare a scandagliare la natura del fenomeno calore/freddo. Il calore è dato- è dato, ehm, dal movimento delle particelle di cui è composto ciascun materiale - un corpo caldo è un corpo le cui particelle si agitano più freneticamente rispetto a quelle di un corpo freddo che, al limite, sono immobili. Ma se è così - mi, ehm, sta seguendo, sì? - poiché è chiaro che non è l’immobilità che può trasmettersi da un corpo all’altro, ma la mobilità, ne deduciamo che il vero fenomeno è il calore, mentre quello che chiamiamo freddo in realtà di per sé non esiste ma è soltanto uno stato di assenza di calore. E- e- e lo stesso ragionamento può applicarsi per il fenomeno vita/morte, onde per cui, come si è, ehm, chiaramente dimostrato, esiste soltanto la vita e non anche la morte!... credo. No? 
MORTE Ineccepibile. (pausa) Ma sarà vero? (fa per compiere il suo fatidico gesto - recidere con la falce il filo teso della vita, ma SIG. EVANDRO la interrompe di nuovo:)
SIG. EVANDRO Aspetti, la prego! Non si potrebbe discuterne? Ci sarà un modo, un... un... escamotage...? Lo so, lo so che stasera non sono l’unico a dover morire. Da qualche parte nel mondo, in questo stesso momento, sicuramente si starà verificando un incidente di qualche tipo, con decine, centinaia, forse migliaia di vittime, senza contare tutti i morti per malattia, fame e vecchiaia in Africa, in Sud America… un po’ in tutti i continenti, a dire il vero, e- e questo, solo sulla Terra – sì, sì, non si stupisca, so tutto della tragica situazione dei Partakosiani… In gioventù da qualche parte ho anche letto che il suo è un servizio pubblico, il più efficiente mai prestato, va detto, e sotto questo punto di vista è vero: una tale eccellenza non si raggiunge concedendo dilazioni o permessi speciali, ma- (MORTE rialza la falce) Un momento soltanto, la prego! Almeno... sono stato buono? Abbastanza buono?
MORTE Quanto succede dopo... non mi riguarda.
SIG. EVANDRO Abbia pazienza... lei non dovrà mai affrontare questo momento... - è vero, non sono stato un marito e un padre perfetto e non potrò mai cancellare dalla mente il volto impietrito di quell’unico nemico che uccisi in guerra - mi sbucò di fronte da un cespuglio, si trattava di me o di lui - e forse non sono stato grato ai miei quanto avrei dovuto esserlo, ma... ho fatto beneficenza per tutta la vita, ho persino adottato un bambino a distanza; ho sempre cercato di evitare di prevaricare gli altri nella vita e sul lavoro - se non di amare il prossimo, quantomeno di rispettarlo, forse non riuscendoci sempre, ma... e mi rendo conto che in fondo potevo fare molto di più, avrei potuto- avrei dovuto-... Ma almeno- almeno la mia famiglia, quello che ne rimane, mia figlia Carla, mio nipote, staranno bene? Potrò osservarli? Sorvegliarli? Proteggerli? Guidarli? Evitare che commettano i miei stessi errori, le mie stesse omissioni...? Mi accorgo ora, ora solamente, che non ho mai posseduto nulla di maggior valore della mia famiglia, dei miei cari- e non ho saputo godermeli! Ma se ho sprecato la mia vita, forse almeno sono ancora in tempo per evitare che loro facciano altrettanto! Cosa mi dici? Cosa mi dici?
MORTE Che è ora. 

MORTE alza la mano con legato al metacarpo il filo, così da tenderlo; solleva la falce e compie il movimento discendente, recidendo il filo. 
In quel preciso istante, buio. 

Fine.