TAVOLO PER DUE

di

Enrico Luttmann
 

(testo secondo classificato alla III edizione del Premio Giorgia Vignoli)



Lo spettacolo si compone di tre atti unici, che si svolgono allo stesso tavolo dello stesso ristorante in tre momenti diversi della giornata. Gli attori posso essere diversi in ogni atto - a parte chi interpreta il CAMERIERE che è sempre lo stesso in tutti e tre gli atti -, oppure possono recitare in più di un atto, avendo così due ruoli a testa.

Primo tempo
AMICHE
MENZOGNE

Secondo tempo
IL POSTINO BUSSA SEMPRE DUE VOLTE


S C E N A
Lo spettacolo si svolge in un ristorante piuttosto lussuoso.
Ci sono due tavoli ai lati del palcoscenico e un tavolo centrale apparecchiato per due persone. A questo tavolo centrale si svolgono i tre unici della commedia.



AMICHE

P E R S O N A G G I :

E M M A
A N G E L A
C A M E R I E R E

Al tavolo centrale è seduta ANGELA, una donna poco più che trentenne. È vestita in modo elegante ed è, apparentemente, molto sicura di sé. Sta fumando una sigaretta. Si guarda intorno un po' nervosamente. Dalla sinistra del palcoscenico entra EMMA. È una donna di mezza età. È truccata con cura ma vestita con semplicità. Va dritta al tavolo.
EMMA Tesoro, scusami se ti ho fatta aspettare, ma non potevo non fermarmi a salutare Renata. Era da più di un anno che non la vedevo, sai? (ANGELA fa un sorriso tirato. È evidentemente poco interessata) Incredibile, no? La vita, alle volte... Vengo qui, a pranzo con te e chi ti vado a incontrare? Renata. È quella che si dice una ‘coincidenza imprevista’.
ANGELA Le coincidenze sono sempre impreviste, mamma.
EMMA Come dici, cara?
ANGELA Dico che è difficile che una coincidenza possa essere prevista. Smetterebbe di essere una coincidenza.
EMMA Ah, già. Certo, certo. (Si siede) Una volta la vedevo così spesso... Renata, dico. Eravamo quasi sempre insieme. Te lo ricordi? Adesso, col fatto che sto fuori città... Voglio dire, da quando tuo padre ha voluto cambiare casa, ho dovuto rinunciare anche a quel poco di vita sociale che avevamo. Non che critichi nessuno, sia ben chiaro. Si sa come vanno queste cose. Lontan dagli occhi e lontan dal cuore. Non mi fraintendere, ti prego. Io sto benissimo dove stiamo. L'aria buona, la pace e la tranquillità della campagna... Un'altra vita, proprio! È solo che alle volte mi piacerebbe uscire di casa e incontrare dei miei simili senza essere costretta a prendere la macchina. Tutto qua. La campagna è sicuramente un posto incantevole, ma al mondo ci sono cose più eccitanti dello sterco di vacca, non ti pare?
ANGELA Non saprei.
EMMA Certo che, però, quando vengo in città e vedo il traffico caotico che c'è, beh, guarda, ringrazio il Cielo di vivere in mezzo ai campi. Qui, ogni volta che respiri è come se ti fumassi una sigaretta.
ANGELA (Spegnendo la sigaretta) Infatti.
EMMA Oddio, è anche vero che qui in città hai tutto a portata di mano. La posta, l'anagrafe, l'ospedale... È una gran bella comodità. L'altro giorno che sono andata in posta per una raccomandata, sono tornata a casa che sembravo la sopravvissuta di un disastro aereo. Capisci? Prendi la macchina, mettiti in coda sulla tangenziale, trova un parcheggio... Dico solo che è un po' scomodo, ecco. Alla sera, poi, non ne parliamo. Qui non mancano i posti dove andare. Cinema, teatro, sale da ballo... Hai solo l'imbarazzo della scelta. Da noi, invece, la serata più eccitante è quando riusciamo a vedere bene la terza rete! (Guarda ANGELA che non dice niente) Comunque, anche se abitassimo ancora qua, tuo padre non mi porterebbe da nessuna parte lo stesso, quindi è inutile lamentarsi.
(Entra il CAMERIERE portando due menù. Li consegna alle due donne ed esce)
EMMA (Leggendo il menù) Hai visto com'è invecchiata? Renata, dico. Era una così bella donna fino a poco tempo fa... Hai visto che rughe che le son venute? Pare che le sia passata una scavatrice sulla faccia. È ingrassata, anche. Ha messo su due fianchi che sembra che abbia il salvagente addosso. Se penso che ha solo tre anni più di me, mi vengono i brividi.
ANGELA Non ti devi allarmare, mamma. Ci sono donne che invecchiano prima di altre.
EMMA Lo so io perché è invecchiata in quel modo. Suo marito. Lei ha avuto il crollo dopo la malattia di Bruno. Il suo fisico non ha retto allo stress ed è... straripato ai lati.
ANGELA (Leggendo il menù) Non sapevo che Bruno fosse stato male.
EMMA Sì, l'hanno anche operato. Non te l'ho detto? Ha avuto un brutto male. In gola. Ha rischiato grosso. Ma, d'altra parte, chi è causa del suo mal, pianga se stesso. Fumava tre pacchetti di sigarette al giorno! Aveva sempre la sigaretta in bocca. Di notte pare che si svegliasse ogni due ore per andare a fumare. È incredibile. Mi chiedo dove trovava i polmoni necessari... Adesso non fuma più. Dopo l'operazione non parla neanche più, ma questo che cosa vuoi che sia quando rischi la vita? Rantola. Voglio dire, gli escono dei suoni, ma non si capisce quello che dice. Una volta ho chiamato a casa loro per sapere come stava lui - questo era almeno... due anni fa, credo - e mi risponde proprio lui e si mette a fare dei versi orribili. Sembrava di stare al telefono con uno di quei maniaci. Solo che l'avevo chiamato io! Poverino, lui si sforzava di parlare, ma più lui si sforzava, meno capivo io. È stato così imbarazzante. (Legge il menù) A dire la verità, non mi è mai stato troppo simpatico, quell'uomo. Non che gli augurassi un malanno, per l'amor del cielo... È che ha gli occhi piccoli e tua nonna mi diceva sempre di stare attenta agli uomini con gli occhi piccoli. Sono pericolosi. Ricordatelo anche tu.
ANGELA Appena torno a casa, me lo segno sull'agenda.
EMMA Adesso che ci penso, non è stato per niente carino da parte tua non fermarti a salutare Renata con me. Capiti così raramente da queste parti che non è bello che tu faccia la preziosa. Lo sai che Renata ti ha praticamente visto nascere?
ANGELA Me lo hai raccontato almeno trecento volte.
EMMA Appena ha saputo che mi avevano ricoverata, si è precipitata. Tuo padre è venuto solo a tarda sera. Era rimasto bloccato in ufficio. Una riunione importante, credo. È arrivata che eri nata da pochi minuti. Quando ti ha vista, si è commossa come una ragazzina. Ti guardava e giù lacrimoni dagli occhi. A fiotti. Non riusciva a trattenersi. Continuava a ripetere che eri bellissima, che eri la bambina appena nata più bella del mondo. La verità era che non aveva ancora mai visto una bambina appena nata, perché io lo sapevo che eri bruttina. Sembravi un ragnetto. Pelosa e con le gambe storte. Dio solo sa lo spavento che mi son presa quando l'infermiera mi si è avvicinata con questo fagotto tra le braccia e mi ha detto 'Questa è sua figlia, signora'. Mi vengono ancora i brividi a pensare a quel momento.
(Entra il CAMERIERE con taccuino e penna per segnare le ordinazioni)
CAMERIERE Le signore hanno scelto?
EMMA Che cosa prendi, cara?
ANGELA (Al CAMERIERE) Un'insalata e una mozzarella, grazie.
CAMERIERE E per lei, signora?
EMMA Non so... Il piatto del giorno.
CAMERIERE Da bere cosa posso portarvi?
EMMA Ti va del vino, Angela?
ANGELA No, grazie. Dell'acqua minerale naturale andrà benissimo.
CAMERIERE Bene.
(Il CAMERIERE esce. Pausa)
EMMA Angela, non ti sembra di mangiare poco?
ANGELA Oh, mamma, ti prego, non cominciare...
EMMA Scusami, Angela, ma è giusto che io te lo dica. Sei una donna giovane, piena di attività, vai e vieni per l'Italia, non è possibile che ti mangi solo un'insalata.
ANGELA E una mozzarella.
EMMA Non mi dirai che sei ancora a dieta?
ANGELA Mamma, per favore...
EMMA Voi oggi siete tutte uguali. Volete essere piatte come un'asse da stiro. Non avete ancora capito che la donna è bella con delle forme e non se è dritta come un'autostrada?
ANGELA Sì, ma le forme bisogna averle nel posto giusto.
EMMA Io non dico che non ci si debba curare - Dio non voglia che mi diventi come Renata - ma da qui a digiunare, ce ne corre. Io proprio non ti capisco. Guardati, sei un fiore.
ANGELA Già, un crisantemo.
EMMA Alla tua età, io pesavo quasi cinquantanove chili - sì, cinquantanove - e non mi sentivo certo grassa. Avresti dovuto vedere come mi guardavano gli uomini. A loro piace toccare un po' di carne, sai? Se vai avanti così, diventerai pelle e ossa e allora non farai felici gli uomini, ma i cani.
ANGELA Segnerò anche questa sull'agenda.
EMMA Hai visto il giornale? Hai visto quelle due povere ragazze? Volevano essere magre come due fotomodelle e adesso rischiano di morire. Le tengono in vita con le macchine.
ANGELA Quelle ragazze sono malate. Sono anoressiche.
EMMA Non m'importa quello che sono, so solo che si sono ridotte in quel modo per fare la dieta. Vuoi fare anche tu la stessa fine?
ANGELA Non farò quella fine, mamma. Non ti preoccupare.
EMMA Invece io mi preoccupo. Chi mi dice che non finirai in ospedale anche tu?
ANGELA Va bene, mamma, hai vinto. Stasera, a casa, mangerò un piatto di spaghetti, una bistecca, delle patatine fritte, una fetta di torta, una mela e un caffè con tanto zucchero. Credi che possa bastare?
EMMA Vorrei proprio vedere a casa tua cosa mangi. Nel frigorifero che cosa ci tieni? I piatti e le pentole, immagino.
ANGELA Mamma, perché non provi a fidarti di me, qualche volta?
EMMA Tu hai bisogno di qualcuno che ti sistemi un po' la vita, altroché.
ANGELA Ti sbagli. Non ho bisogno proprio di nessuno.
EMMA Angela, io sono tua madre. Se vedo che ti rovini la vita e che rischi di morire, è mio dovere dirtelo.
ANGELA Io non rischio di morire, mamma. Sono solo a dieta.
EMMA Sei la mia unica figlia. Mi preoccupo per te. Dio non voglia che ti succeda qualcosa...
ANGELA Io non ti sto dicendo di non preoccuparti per me, mamma - conoscendoti, sarebbe impossibile che tu lo facessi...
EMMA Mi stai solo chiedendo di non romperti le scatole, non è così?
ANGELA Io capisco che lo fai a fin di bene, ma ogni tanto esageri. Sai che ci sono giorni che mi telefoni anche cinque volte?
EMMA Abiti lontano. In un'altra città. Che cos’altro potrei fare per sapere come stai? Segnali di fumo? (ANGELA alza gli occhi al cielo) Ogni volta che vieni è la solita storia. Non ti va mai bene quello che faccio. Sei sempre lì pronta a rimproverarmi.
ANGELA Io non ti rimprovero niente. Sei fatta così. Ormai mi sono arresa.
EMMA Riconosco quel tuo tono di voce, sai?
ANGELA Che cos'ha la mia voce, adesso?
EMMA Hai il tono di voce di quando sei sul punto di arrabbiarti.
ANGELA Io non mi sto arrabbiando.
EMMA (Con aria di sfida) Sei sicura?
ANGELA Senti, è per questo che mi hai invitato qua oggi? Per scoprire il limite oltre il quale perdo la pazienza? (Entra il CAMERIERE con una bottiglia d’acqua. La posa sul tavolo ed esce. Dopo una pausa) Mamma, perché mi hai portato qui? Voglio dire, che cosa ci siamo venute a fare?
EMMA Oh bella questa! A mangiare. Che cos'altro vorresti fare in un ristorante?
ANGELA Hai capito benissimo.
EMMA Che cosa c'è? Il fatto che ti abbia invitato fuori a pranzo ti sembra così strano? Abiti così lontano e vieni così di rado da queste parti che quando sei qua, ho voglia di stare un po' da sola con te. Non mi sembra così assurdo. Sei pur sempre mia figlia, in fondo. Non te lo dimenticare.
ANGELA Già. Forse.
(Entra il CAMERIERE con l'ordinazione di EMMA e quella di ANGELA. Posa tutto sul tavolo)
CAMERIERE La sua mozzarella, signorina. Il cuoco si è permesso di condirgliela secondo una sua ricetta. Spero che non le dispiaccia.
ANGELA No, va benissimo. La ringrazio.
(Il CAMERIERE esce con un sorriso)
EMMA Hai visto come fa il carino con te?
ANGELA Chi?
EMMA Come chi? Il cameriere. Non hai notato come ti guarda? Ti spoglia con gli occhi.
ANGELA Mamma, che cosa ti salta in testa?
EMMA Mamma, mamma... Che cosa c'è? Sei una bella ragazza. È normale che gli uomini ti guardino in quel modo. Quando io ero giovane, succedeva anche a me, sai? Non lo dico per vantarmi, ma avevo un sacco di spasimanti. Le mie amiche bruciavano di invidia. Oh, ma io ho detto di sì solo a tuo padre. Era un uomo così elegante, così distinto... Avresti dovuto vederlo. Ah, bei tempi... Immagino che anche tu sia piena di uomini che ti fanno la corte.
ANGELA Che cosa?
EMMA Non mi dirai che non ci sono uomini che ti telefonano e ti pregano di uscire con loro?
ANGELA Vorrei sapere come ti vengono in mente certe domande.
EMMA Che cos'hanno le mie domande? Non sei più una bambina, Angela. Sei una donna. E anche una bella donna. Non posso credere che non ci siano degli uomini che ti desiderino.
ANGELA Mamma, possiamo parlare d'altro, per favore?
EMMA Perché? Che cosa c’è di male a parlare di queste cose? O nella tua vita c’è qualcosa che io non posso sapere?
ANGELA Non c'è niente che tu non possa sapere, mamma. Solo che non mi va di parlarne.
EMMA Sei fidanzata, non è vero, Angela? Convivi con qualcuno ma non vuoi che io lo sappia. È così, vero?
ANGELA Mamma...
EMMA Sono tua madre, Angela. Con me puoi parlare. Io e te non siamo mai state molto... intime e non abbiamo mai parlato. Di cose serie, voglio dire. Perché non proviamo a rompere questa abitudine? Magari ti posso aiutare. Dare dei consigli.
ANGELA Non ho bisogno di consigli.
EMMA È così terribile parlare con me, Angela?
ANGELA Non è questo.
EMMA E allora cos’è?
ANGELA Ho le mie buone ragioni, mamma.
EMMA Quali?
ANGELA È... una cosa che non ti farebbe piacere sentire.
EMMA Mio Dio, perché? È un poveraccio? Un delinquente?
ANGELA No, niente del genere.
EMMA È malato? Un infermo?
ANGELA No, non è malato. Sta benissimo.
EMMA Allora non capisco. Che cos'ha?
ANGELA (Sbotta) È sposato, mamma. Sposato. Sei contenta, adesso?
EMMA Sposato? Vuoi dire che ha una moglie?
ANGELA Quello significa essere sposati.
EMMA Non mi verrai a dire che ha anche dei figli.
ANGELA Non hai dei figli. Ne ha una sola. Una bambina.
EMMA Una bambina!... Ma è terribile... Oh, Angela, che cosa stai facendo? Che cosa ti è saltato in testa? Uscire con un uomo sposato...
ANGELA Lo sapevo che non dovevo dirtelo.
EMMA È una cosa... disgustosa! Io non avrei mai creduto che mia figlia... Ho sempre pensato che tu avessi la testa sulle spalle. Insomma, io non ti ho mai insegnato a rovinare le famiglie.
ANGELA A dire la verità mi hai insegnato ben poco.
EMMA Può darsi, non lo nego, ma in quel poco ti ho insegnato comunque ad essere una donna perbene.
ANGELA Mamma, uscire con un uomo sposato non significa necessariamente essere una puttana.
EMMA Ha almeno intenzione di divorziare?
ANGELA Non lo so. Preferiamo non parlarne.
EMMA Come sarebbe a dire?
ANGELA Evitiamo l'argomento. Per il momento ci sta bene così. A tutti e due.
EMMA Io proprio non ti capisco. Che cosa vuoi fare, Angela? Passare il resto della tua vita all'ombra di una famiglia che non è la tua? Fare l'amante ti sembra così divertente? Lascia perdere quest'uomo. Lui ti sta usando, non lo capisci? A lui fa comodo. Chi, alla fine, ci rimetterà, sarai tu. Avevo un'amica che è stata per anni con un uomo sposato.
ANGELA Oh mio Dio...
EMMA Lui le prometteva mari e monti, che avrebbe divorziato appena possibile e che sarebbero scappati insieme all'estero a sposarsi. All'estero... Beh, vuoi sapere com'è finita? Lui ha da poco festeggiato i trent'anni di matrimonio e lei vive a Milano in un'enorme casa tutta da sola. Non capisci? Quando lei si è accorta della malafede di lui, era troppo tardi per tornare indietro. Gli anni erano andati e nessuno glieli avrebbe più restituiti. Per stare con quell'uomo, ha perso la possibilità di costruirsi una famiglia tutta sua e, Dio lo sa quanto ha sofferto, anche l'opportunità di diventare madre.
ANGELA A me non succederà, mamma. Marco non è l'uomo della tua amica.
EMMA Questo è quello che credi tu. Alla fine della battaglia si contano i morti.
ANGELA Certo che sei incredibile! Mi vieni a dire che io e te non parliamo mai di cose serie, che non siamo intime e poi, quando finalmente mi decido a raccontarti una cosa mia privata, tu ti metti a lanciare profezie. Perché invece di fare l'Oracolo di Delfi, non mi chiedi piuttosto che cosa provo per lui? O che cosa prova lui per me? Come ci sentiamo quando stiamo insieme? Invece di giudicarmi, perché non provi a capirmi?
EMMA (Dopo una pausa) Lo ami?
ANGELA Mi fa sentire come non mi sono mai sentita in vita mia. È un uomo meraviglioso. E mi vuole bene.
EMMA Però ha già una famiglia, Angela.
ANGELA Lo so e mi dispiace. Mi sento in colpa. Non tanto per la moglie che sembra nata per essere abbandonata, quanto per sua figlia. È ancora così piccola...
EMMA Spero che tu sappia quello che stai facendo.
ANGELA So solo che per adesso non potrei fare altrimenti.
EMMA E ti sei ispirata a lui per il tuo libro?
ANGELA Il mio... libro?
EMMA L'ho comperato la settimana scorsa.
(Pausa)
ANGELA Come lo hai saputo?
EMMA Un puro caso. Ero venuta in città per... fare spese. Passando davanti alla libreria che c'è in piazza, l'ho visto. All'inizio ho pensato che fosse un caso di...di... Come si dice quando due persone hanno lo stesso nome?
ANGELA Omonimia.
EMMA Ecco. Ho pensato che fosse una cosa del genere. Per questo sono entrata. Volevo vedere se sul libro c'era la foto di questa donna che si chiamava come mia figlia. Mi sembrava una cosa così divertente. Che esistesse un'altra col tuo nome... E quando nel risvolto della copertina ho visto la tua faccia, non riuscivo a crederci. Fissavo quella fotografia cercando dei motivi per dubitare che fossi proprio tu. Ma non ce n’erano. Alla fine mi sono dovuta arrendere. Eri tu. Non c'era dubbio che tenesse. Allora l'ho comprato e sono andata a casa. Quando ho incontrato tuo padre, a cena, gliel'ho mostrato credendo di fargli chissà quale sorpresa, ma mi ha risposto che lo aveva già visto e che aveva letto i bozzoli la volta scorsa che eri venuta a trovarci.
ANGELA Le bozze. Aveva letto le bozze. Non i bozzoli.
EMMA Mi sono sentita così stupida. Non riuscivo a capire perché non me lo avessi detto.
ANGELA Mamma, senti, io non ho voluto nascondertelo. Aspettavo solo l'occasione giusta per dirtelo. E poi credevo che papà te ne avesse parlato.
EMMA Oh, ti conosco, Angela. Non c'è bisogno che cerchi scuse. Sei sempre stata al limite del mutismo con me. È per questa ragione che, finito il liceo, sei subito scappata di casa con la scusa dell'università. Non ti andava di rendere conto della tua vita a me.
ANGELA Non è vero. Me ne sono andata solo perché la facoltà che avevo deciso di frequentare, qui non è molto quotata.
EMMA Parli come se io non sapessi quello che pensi di me. Guarda che lo so che mi consideri una donna superficiale, stupida e mortalmente noiosa, capace di andare a fare la spesa, cucinare e badare alla casa, una donna senza ambizioni e senza interessi, che il giornale più interessante che riesce a leggere è “Case e Giardini”. So che mi rimproveri di non essere abbastanza colta, di non avere studiato...
ANGELA Aspetta un momento, mamma. Che cosa stai dicendo? Io non ho mai detto niente del genere.
EMMA Ah no? (Dalla borsetta tira fuori il libro di ANGELA) E questo? (ANGELA la guarda senza capire) Angela, posso anche sembrare cretina e per certe cose lo sarò pure, ma guarda che ho capito benissimo di essere stata io ad ispirarti il personaggio della madre della protagonista.
ANGELA Quel personaggio è inventato, mamma. Come tutto. Non è un libro autobiografico. È solo una storia.
EMMA Davvero? Allora perché non mi hai detto di aver pubblicato un libro? Perché me l’hai tenuto nascosto?
ANGELA Te l'ho spiegato il perché. Aspettavo l'occasione giusta. Volevo... farti una sorpresa.
EMMA Tu mi hai sempre tenuto fuori della tua vita. Mi hai sempre impedito di entrarci. A diciotto anni te ne sei andata di casa e mi hai chiuso la porta in faccia. Non che prima le cose andassero meglio...
ANGELA Ti faccio notare che tornavo a casa tutti i fine settimana.
EMMA Certo e che cosa facevi? Mi salutavi - due baci veloci, qualche volta perfino un abbraccio - e poi via da tuo padre e dai tuoi amici. Sempre indaffarata ad andare da qualche parte di corsa.
ANGELA Stai dicendo che cercavo di evitarti?
EMMA Nei due minuti che riuscivamo a stare insieme, mi rispondevi a monosillabi. Appena poi mi permettevo di chiederti qualcosa di più personale, cambiavi argomento. E non ti andava neppure di ascoltare me. I miei problemi di casalinga ti annoiavano. Non erano abbastanza profondi, importanti. E com'eri brava a sfuggire. D'altra parte ad usare le parole sei sempre stata una specie di genio. Fin da piccola. Quando ti venivo a prendere a scuola e la maestra mi diceva che ne avevi combinata una delle tue, Dio sa quanto eri brava a rigirare la frittata. Alla fine riuscivi sempre a cavartela. Dicevi delle mezze verità e ne venivi sempre fuori pulita. Anzi, sembravi quasi la vittima della situazione. Beh, sono contenta che quest'arte ti sia tornata utile.
ANGELA Mamma, come siamo finite a parlare di questo?
EMMA E solo con me lo fai, perché con papà, invece... Ore chiusi nello studio a parlare. Siete sempre appiccicati. Parlate sottovoce come... un prete nel confessionale.
ANGELA Sei gelosa del mio rapporto con papà?
EMMA Oh, lo so che voi due l'avete sempre pensata allo stesso modo. Siete sempre riusciti a farmi passare per stupida. Avete sempre dato la colpa a me di tutto. Tu mi rimproveri di non capirti, di non essere abbastanza intelligente, quando in realtà la verità è solo che tu ti vergogni di avere una madre come me. E tuo padre lo stesso. Si vergogna di me. Come moglie non sono abbastanza per lui...
ANGELA Mamma, che cosa ti prende, oggi? Hai manie di persecuzione?
EMMA Guarda che avere studiato non vuol dire avere il monopolio della sofferenza. Anche noi ignoranti siamo in grado di soffrire, di stare male o di sentirci insoddisfatti. Abbiamo anche noi i nostri problemi e, nonostante quello che credi tu o quello che pensa tuo padre, non sono meno importanti dei vostri. Voi ve ne state rinchiusi nella vostra torre e guardate tutti dall'alto verso il basso. Non vi degnate di scendere tra di noi. Siete troppo colti, sapete tante cose, avete letto un sacco di libri, mentre quelli come me... È noioso averci a che fare. Troppo stupidi, ignoranti. Tempo sprecato parlare con noi o provare ad ascoltarci.
ANGELA Tu sei pazza, mamma. Non sai quello che dici.
EMMA Guarda che anch'io ho una sensibilità, perché grazie al cielo la sensibilità non va di pari passo con quanto uno ha studiato. Chi è più colto non è sempre più sensibile. Non è affatto così. La sensibilità è una caratteristica umana che è indipendente dallo sviluppo intellettuale.
ANGELA Brava. Complimenti. Dove lo hai letto tutto questo? Su un giornale dal parrucchiere, immagino.
(EMMA colpisce ANGELA con uno schiaffo. ANGELA rimane immobile a guardare la madre. È stupita. Entra il CAMERIERE)
CAMERIERE (Ad ANGELA) Posso portare via?
ANGELA Cosa?... Sì.
CAMERIERE La mozzarella non era di suo gradimento?
ANGELA Avevo poca fame. Mi porti un caffè, per favore.
CAMERIERE Subito. La signora? Desidera altro?
(EMMA scuote la testa. Il CAMERIERE esce. Pausa)
EMMA Sono stata all'ospedale, Angela.
ANGELA All'ospedale?
EMMA Mi sono fatta delle analisi. Avevo dei disturbi e allora... (S’interrompe)
ANGELA Beh? C'è qualcosa che non va? Mamma, rispondimi.
EMMA Io... Non posso, Angela. Non posso.
ANGELA Che cosa non puoi? Stai male?
EMMA No, Angela. Sto benissimo.
ANGELA Che cosa c'è? Che cosa stai cercando di dirmi? Mamma, ti prego, non fare la melodrammatica. Mi stai facendo impazzire.
EMMA Te l'ho detto. Sto bene. Non ho niente.
ANGELA Allora perché hai questo tono da funerale? È forse per papà? È lui che sta male?
EMMA No, anche lui sta bene. Credo. È solo che... (S’interrompe di nuovo)
ANGELA Che? (EMMA non risponde) Insomma, mamma, ti decidi a parlare?
EMMA Quando sono andata all'ospedale per le analisi, mentre aspettavo nel corridoio... C'erano altre persone che aspettavano. Saremmo stati una quindicina, più o meno. Tutti di una certa età. Settanta, anche ottant'anni. Ma c'era anche questa ragazza. Giovane. Seduta su una di quelle lunghe panche di ferro, esattamente di fronte a me. Non potevo non vederla. Guardava dritta davanti a sé. Fissava un punto sopra la mia spalla. Era evidente che non stava bene. La guardavo negli occhi grandi, verdi, spalancati e cercavo di leggere che cosa pensasse in quel momento, che cosa provasse. Ti sembrerà ridicolo, ma soffrivo per lei. Non era semplice pietà o compassione. No. Era proprio dolore. Avevo lo stomaco contratto e gli occhi pieni di lacrime. Come se al suo posto ci fossi stata tu. Poi è arrivato un ragazzo che le si è seduto vicino. Lei gli ha chiesto se era riuscito a trovare un parcheggio e lui le ha risposto che aveva messo la macchina all'angolo. Non hanno detto altro. Si sono abbracciati e sono rimasti in silenzio. Lei con la testa poggiata sulla spalla di lui. Era strano, ma a guardarla adesso sembrava più bella. L'espressione della sua faccia era più serena e il colore della sua pelle era meno bianco, più... sano. Capisci? Uscita dall'ospedale, ho visto in libreria il tuo libro e l'ho comprato. Tornata a casa mi sentivo strana, nervosa e quella notte, dopo aver letto il tuo libro, ho sognato quella ragazza e quel ragazzo. Erano ancora lì, nel corridoio dell'ospedale, stretti in quell'abbraccio su quella scomoda panca di ferro. Non si erano mossi. Lei con la testa sulla spalla di lui... Solo che quei ragazzi non erano loro. Non erano gli stessi che avevo incontrato quella mattina. Eravamo tuo padre ed io. Mi sono svegliata nel cuore della notte piangendo. Tuo padre dormiva come un sasso. Ho avuto l'istinto di svegliarlo, ma mi sono trattenuta. Non credo che avrebbe capito. Allora mi sono alzata piano piano dal letto, mi sono infilata la vestaglia e mi sono chiusa in bagno. È stato lì, seduta per terra, che ho pensato di... Oh Dio, sono proprio una stupida. Forse è vero. Tu e tuo padre avete ragione.
ANGELA Cosa hai pensato, mamma?
EMMA Niente, Angela. Veramente. Lascia stare.
ANGELA Mamma, per favore.
EMMA Non è niente. Una sciochezza.
ANGELA Mamma, dimmelo. Ti prego.
EMMA (Dopo una pausa) Prima però promettimi che non ti arrabbierai.
ANGELA Arrabbiarmi? Perché dovrei farlo?
EMMA Promettilo.
ANGELA Va bene. Se ci tieni, te lo prometto.
EMMA Promettimi anche che non parlerai con papà di quello che ti dirò.
ANGELA Ma che mistero è?
EMMA Promettilo, altrimenti non ti dico niente.
ANGELA D'accordo, non parlerò con papà.
EMMA Giuralo.
ANGELA Mamma, ti prego. Non ti sembra di esagerare?
EMMA Dammi almeno la tua parola d'onore.
ANGELA Parola d'onore.
EMMA Va bene. (Prende fiato) Ho falsificato le analisi.
ANGELA Che cosa?
EMMA Le analisi. Quelle che ho fatto in ospedale. Le ho falsificate.
ANGELA Falsificate? Non capisco. Che cosa vuol dire?
EMMA Tuo padre crede... che io stia male. Molto male. Crede che io abbia un tumore.
ANGELA Stai scherzando? Mi stai prendendo in giro? (EMMA scuote la testa) Ricapitoliamo. Tu mi stai dicendo che hai fatto credere a papà di avere un tumore. È così? Ho capito bene? (EMMA annuisce) No, non posso crederci. È uno scherzo. È una cosa... assurda. Io non posso credere che ti sia venuto in mente di... di fare una cosa del genere... È una follia!
EMMA Ti ricordo che hai promesso di non arrabbiarti.
ANGELA Sì, ma l'ho fatto quando ancora non sapevo cosa avessi architettato. Dire a papà di avere un tumore. È una cosa orribile. Te ne rendi conto?
EMMA Lo so.
ANGELA È pazzesco! C’è gente che pagherebbe oro per stare bene e lei va a inventarsi di avere un tumore! È ridicolo! E poi perché? Perché hai fatto una cosa così... stupida? Questo non riesco proprio a capirlo. Perché, mamma?
EMMA Perché ho cinquantacinque anni, Angela e vivo accanto un uomo che si accorge di me solo quando gli do fastidio. Per il resto, potrei essere morta nel letto vicino a lui che non ci farebbe caso. Ho una figlia che se n'è andata a vivere lontano e che si... dimentica di farmi partecipe dei suoi successi. Ho una casa isolata in mezzo ai campi. Non vedo mai nessuno. Che cosa devo fare per non sentirmi così... inutile? È stata un'idea folle, me ne rendo conto, ma che cos’altro mi restava da fare?
ANGELA Vuoi dire che hai architettato tutto questo per rendere la tua vita più interessante?
EMMA L'ho fatto per tuo padre. Leggere il tuo libro e vedere il personaggio della madre...
ANGELA Ti ho già detto che è un personaggio inventato. È frutto della mia fantasia.
EMMA Può darsi, però mi ha dato lo stesso un'idea precisa di quello che tu e tuo padre pensate di me. Mi ha fatto riflettere sulla mia vita, sul mio matrimonio. Io sono sola, Angela. Improvvisamente e per la prima volta in vita mia, mi sono resa conto di questo. Io sono sola. E lo sai qual è la cosa buffa? È che io sono sempre stata sola, semplicemente prima non lo sapevo. Prima c'eri tu che avevi bisogno di me. C'era la casa in città e c'era sempre qualcosa da fare, gente da incontrare, ospiti a cena... Mi sentivo impegnata e quindi non mi accorgevo della mia solitudine. È stata un'idea che mi è venuta così. Però devi credermi, Angela, non l'ho fatto con cattive intenzioni. Volevo solo che qualcuno si accorgesse di me. Non è bello essere dati per scontati, sai? E vivere con tuo padre non è per niente facile.
ANGELA Non è facile vivere con nessuno, mamma. Questa però non è una ragione sufficiente per prendere in giro la gente. Soprattutto papà. Non si merita un trattamento del genere.
EMMA Io, invece, merito di essere ignorata, non è così?
ANGELA Non ho detto questo.
EMMA Ma lo hai pensato, vero? (Sorride) Sei sempre dalla sua parte. Da bambina, appena potevi, correvi da lui. Con i compiti andavi sempre da lui a farti aiutare. Se ti facevi male, ti facevi consolare da lui. Esisteva solo lui per te. E ancora oggi... Io sono solo una... presenza. E per tuo padre lo stesso. Mi ha sempre tenuto fuori da tutto. Anche dal trasferimento. È una cosa che ha deciso lui, io ho dovuto accettarlo e basta. Oh Angela, io voglio bene a tuo padre. È solo che... è difficile voler bene a qualcuno che non c'è.
ANGELA Qualcuno che non c'è? Hai il coraggio di dire che papà non c'è? Mamma, tu non hai idea di che cosa voglia dire dividere la propria vita con una persona che non c'è. Aspettare le ore davanti al telefono a pregare che squilli. Il terrore, ogni volta che lo incontri, che ti dica 'Basta, è finita, io resto con mia moglie'. Il desiderio di dormire e di svegliarsi con lui. Guardarlo mentre se ne esce da casa tua e sapere perfettamente dove sta andando. No, mamma, tu non conosci tutto questo. Non sai che cosa significa.
EMMA Lo sapevo che non avresti capito.
ANGELA Io ho capito che hai mentito a papà e questa è una cosa che non mi piace.
EMMA Anche a me, però è servito. Tuo padre è cambiato con me. Sono tornata ad essere importante per lui. E io ne ho bisogno, Angela. Ho bisogno di sentirmi importante per qualcuno. Ho bisogno di sentirmi amata.
ANGELA Anche con l'inganno?
EMMA Se è necessario...
(Entra il CAMERIERE con una tazza di caffè, che posa davanti ad ANGELA)
ANGELA Grazie. Può portarci il conto, per favore?
CAMERIERE Subito. (Esce)
EMMA Vuoi andare?
ANGELA Mi manca l'aria qui dentro.
EMMA È per quello che ti ho detto?
ANGELA (Beve il caffè. Posa la tazza. Guarda EMMA) Mamma, credimi, io ci ho provato nel corso della mia vita a stabilire un rapporto con te, ma tu sei sempre stata così lontana da me, dai miei interessi, da tutto quello che mi piace che è sempre risultato impossibile trovare un terreno sul quale comunicare. Tu ti sei solo preoccupata per la mia vita. Mi hai soffocato di parole, di attenzioni, ma non hai mai cercato di conoscermi per quella che sono. Il tuo amore per me è stato come una gabbia. Rinchiusa, come un animale allo zoo e tu fuori, il guardiano, che passava, controllava che stessi bene, che mi nutriva e niente di più. Mamma, questo non significa amare. Questo è possedere. E io così mi sono sempre sentita, come una tua proprietà. Non sono mai riuscita ad avere una vita mia fino a quando non ti ho lasciata e da allora è una lotta continua per difendere i miei spazi, per non permetterti di rinchiudermi di nuovo, per non lasciarmi invadere da te. Adesso basta, mamma. Sono stanca. Mortalmente stanca. Non voglio più combattere. Mi arrendo. Alzo la bandiera bianca. (Breve pausa) Tu sei un'egoista, mamma e un'egoista anche della peggiore specie. Tu credi di essere generosa, di essere altruista, di prodigarti per gli altri. In realtà tu gli altri non li ascolti, non ti interessi veramente dei loro bisogni. Sei troppo presa da te stessa, dalla tua smania di dare, per conoscere in profondità chi ti sta vicino. Mamma, credimi, è difficile volerti bene, perché tu, le persone che ti vogliono bene, le divori, le soffochi, le fagociti. Oh, ma che senso ha parlare di questo? È inutile. Tu non cambierai, come non cambierò io e come non cambierà papà. Resteremo quello che siamo. Ognuno nel proprio mondo. Io nel mio, papà nel suo e tu nel tuo.
EMMA Io sto cercando di cambiare.
ANGELA Troppo tardi.
EMMA (Sorride amaramente) Eccoci qua, ancora una volta. Parliamo due lingue differenti, ma non siamo poi così diverse come credi tu. C'è ancora una cosa che volevo dirti.
ANGELA Se è un'altra menzogna, ti prego di lasciar perdere. Ne ho avuto abbastanza per oggi.
EMMA Sono contenta che tu ce l'abbia fatta. È la verità. So quanto contasse per te. Quand'eri piccola e qualcuno ti chiedeva cosa ti sarebbe piaciuto fare da grande, rispondevi scrivere. Avevi le idee chiare già allora. È una grossa fortuna.
ANGELA Immagino di sì.
EMMA Il tuo libro mi è piaciuto molto, Angela. Oh, lo so, il mio non è un parere importante però... ci tenevo che tu lo sapessi. Sono fiera di te.
ANGELA (Imbarazzata) Grazie. Mamma...?
EMMA Parlerò con papà. Te lo prometto. Ma non subito. Non ne ho il coraggio.
ANGELA Metterai papà al corrente di tutto?
EMMA Ho paura per come reagirà. Non sarà una cosa facile.
(Entra il CAMERIERE, posa il conto sul tavolo ed esce)
EMMA (EMMA prende il portafogli dalla borsetta) Lascia, faccio io. (Paga e si alza) Possiamo andare. (ANGELA si alza) Angela?
ANGELA Sì?
EMMA Mi sento molto in imbarazzo.
ANGELA Lascia stare.
EMMA (Riferendosi allo schiaffo) Per quello che è successo prima... Scusami. Non volevo. Ero fuori di me. Ho perso il controllo.
ANGELA Non è successo niente. Non ti preoccupare.
EMMA Angela?
ANGELA Cosa c'è?
EMMA Hai promesso. Non dirai niente a papà. Te lo ricordi, vero?
ANGELA Sì, me lo ricordo. Anche tu, però hai promesso.
EMMA Sì. (Ride) È divertente.
ANGELA Che cosa?
EMMA Io e te abbiamo un segreto. Non lo trovi divertente?
ANGELA Già. Infatti.
EMMA Siamo come due amiche, non ti pare?
ANGELA Amiche?... Sì, hai ragione, mamma. Siamo come due amiche. (Si sforza di sorridere. EMMA prende la figlia sottobraccio e insieme si avviano verso l'uscita. Le luci calano. BUIO)

MENZOGNE

P E R S O N A G G I :

N O R M A
S A N D R O
C A M E R I E R E

La stessa scena dell’atto precedente.
Questa volta, al tavolo centrale, è seduta NORMA. È una donna di oltre cinquant’anni, vestita in modo elegante e dall’aria molto sicura di sé. Sul tavolo davanti a lei c’è un bicchiere di vino rosso.
Entra SANDRO. È un uomo di trent’anni, di bell’aspetto, che sembra molto più giovane della sua età. Si avvicina al tavolo con passo spedito.
SANDRO La signora Sismondi?
NORMA (Lo guarda) Ci conosciamo?
SANDRO Non ancora. Io sono Sandro. Da parte dell’agenzia. (NORMA resta a fissarlo a bocca aperta. SANDRO ricambia lo sguardo, aspettando che lei dica qualcosa, ma NORMA non apre bocca) Ci… stringiamo la mano? (NORMA non risponde. SANDRO, un po’ titubante, porge a NORMA la mano e così facendo, rovescia il bicchiere che è sul tavolo. NORMA si alza di scatto) Oh Dio, mi perdoni. Non so proprio come ho fatto...
NORMA (Scatta in piedi) Non si preoccupi.
SANDRO (Cerca di pulire il tavolo con un tovagliolo di carta) Sono proprio uno stupido. Mi scusi.
NORMA Le ho detto di non preoccuparsi. Non è successo niente di grave. (SANDRO pulisce il vestito di NORMA con lo stesso tovagliolo) Non c’è bisogno, è asciutto.
SANDRO Potevo combinare un disastro.
NORMA Non credo che con un bicchiere avrebbe potuto uccidermi. Forse se me lo avesse dato in testa...
SANDRO È sicura di non essersi bagnata il vestito?
NORMA (Guardando il vestito) Sì, le ho detto di sì.
SANDRO Se le avessi rovinato il vestito, non me lo sarei mai perdonato.
NORMA Non esageri. Ho abbastanza soldi per comprarne un altro.
SANDRO Aspetti, chiamo il cameriere. (Chiama) Cameriere! Cameriere!
NORMA Sta facendo un gran baccano per niente. Nessuno ci ha rimesso la vita.
(Entra il CAMERIERE con uno straccio)
SANDRO (Al CAMERIERE) Ho rovesciato il bicchiere...
CAMERIERE (Pulendo il tavolo) Volete qualcos’altro da bere?
NORMA Un altro bicchiere di vino rosso, per me. Sperando di riuscire a berlo questa volta.
CAMERIERE (A SANDRO) Lei desidera qualcosa?
SANDRO Un’aranciata. Grazie.
CAMERIERE Vino rosso e aranciata. (Fa per andare)
SANDRO (Al CAMERIERE, richiamandolo) Amara. (Il CAMERIERE annuisce ed esce) Sono ancora mortificato per quello che è successo.
NORMA Senta, si è scusato, si è praticamente prostrato ai miei piedi, che cosa vuole fare ancora? Flagellarsi per espiare il peccato?
SANDRO (Con un sorriso) Crede che sia necessario?
NORMA Se ha già indosso il cilicio, no.
SANDRO Mi sto rendendo ridicolo...
NORMA Se continuerà a restare lì in piedi come se stesse davanti alla maestra, finirà per rendere ridicola anche me.
SANDRO Oh... (Si siede) Così va meglio?
NORMA Beh, se non altro non devo allungare il collo per guardarla in faccia.
SANDRO È che alle volte non riesco a controllarmi. Il mio corpo sembra che agisca per conto suo.
NORMA È epilettico?
SANDRO Cosa? (Ride) No, sto benissimo.
NORMA Meno male, perché detesto fare l’infermiera. Mai piaciuto.
SANDRO (Prende fiato) Allora, dove eravamo rimasti?
NORMA Alla sua incapacità di controllarsi fisicamente.
SANDRO No, intendevo prima.
NORMA Prima di cosa?
SANDRO Prima di far cadere il bicchiere.
NORMA Ah, è tornato così indietro?
SANDRO Eravamo alle presentazioni, se non sbaglio. Io sono Sandro.
NORMA Norma. Piacere.
SANDRO Norma? È un bellissimo nome. Importante.
NORMA È un nome orrendo. Inutile. (Sbrigativa) Senta, signor Sandro, ci dev’essere stato un equivoco.
SANDRO (Interrompendola) Mi chiami solo Sandro, la prego.
NORMA Va bene. Sandro ci dev’essere stato un equivoco. La sua agenzia. Ha commesso un errore.
SANDRO Non capisco.
NORMA Diciamo che c’è stato… un fraintendimento. Un’incomprensione.
SANDRO Lei non è la signora Sismondi?
NORMA Io sono la signora Sismondi…
SANDRO Non è stata lei a chiamare la nostra agenzia?
NORMA Sì, sono stata io…
SANDRO Lei conosce il servizio che la nostra agenzia fornisce alla sua clientela, non è vero?
NORMA È il motivo per cui l’ho chiamata.
SANDRO Allora continuo a non capire.
NORMA È proprio questo il punto. Che lei non capisca, non mi stupisce per niente. Posso farle un domanda, Sandro? Quanti anni ha?
SANDRO Io?
NORMA (Sarcastica) No, il Presidente della Repubblica. (SANDRO non capisce) Certo, lei!
SANDRO Trentuno.
NORMA (Sbalordita) Trentuno?!
SANDRO Sì. Che cosa c’è che la stupisce così tanto?
NORMA Ero indecisa se dargliene dodici o tredici. (SANDRO sorride) Non c’è niente da ridere. Sto qua seduta col terrore di essere arrestata per abuso di minore.
SANDRO Posso farle vedere un documento, se vuole.
NORMA Lasci perdere. Le credo sulla parola. Anche se, ammetto, mi riesce difficile pensare che abbia già finito il liceo.
SANDRO Sono anche laureato, se è per questo.
NORMA Laureato?
SANDRO Da tre anni, ormai.
NORMA Incredibile.
SANDRO Non ho portato la laurea con me. Non credevo che potesse servirmi. Però, se vuole, può venire a casa mia. Gliela faccio vedere.
NORMA Grazie. Mi fido.
SANDRO Bene. C’è altro che posso dire o fare per metterla a suo agio?
NORMA Perché? Le sembro a disagio?
(Entra il CAMERIERE col bicchiere di vino e l’aranciata. Posa i due bicchieri sul tavolo ed esce)
SANDRO Allora? Non mi ha ancora spiegato l’equivoco.
NORMA Senta, Sandro, io non vorrei...
SANDRO (Interrompendola) Quand’è che potremo cominciare a darci del tu?
NORMA Senti, Sandro, io non ho niente di personale nei tuoi confronti, voglio che tu lo sappia e lo capisca bene. A parte il fatto che sei laureato e dichiari di avere trentun anni, non so altro di te. È solo che all’agenzia io avevo chiesto... qualcuno di diverso. Mi aspettavo una persona più... adatta alle circostanze. Capisci?
SANDRO Adatta alle circostanze?
NORMA Più adulto, insomma!
SANDRO Hai chiesto un uomo tra i trenta e i trentacinque anni. Io ne ho trentuno. Non mi sembra che ci sia stato nessun equivoco.
NORMA Sandro, ne dimostri sì e no sedici! E bevi pure l’aranciata!
SANDRO Che cosa c’è di male nel bere l’aranciata?
NORMA Non c’è niente di male nel bere l’aranciata. Solo che era da quando andavo alle elementari che non sentivo qualcuno ordinare un’aranciata. Amara!...
SANDRO Sono astemio. Non bevo alcolici. E poi mi piace.
NORMA Me lo auguro. Sarebbe stupido da parte tua ordinare qualcosa che non ti piace…
SANDRO Vuoi che ordini una birra?
NORMA Non è questo il punto… Guardati, sembri... Peter Pan.
SANDRO È per la mia faccia? Troppo infantile? Se vuoi, posso andare in bagno a farmi delle cicatrici.
NORMA Già, da Peter Pan a Frankenstein... (SANDRO sorride. NORMA lo guarda. Pausa) In che cosa sei laureato, Sandro?
SANDRO Io?
NORMA Oltre a non saperti controllare fisicamente, hai anche problemi di identità? Ogni volta che ti faccio una domanda diretta, la prima cosa che dici è ‘io?’. Che cos’è? Un principio di schizofrenia?
SANDRO Non mi rendo conto di farlo…
NORMA Bene. Sempre meglio. Non ti controlli fisicamente e non sai quello che dici. Altri problemi di cui dovresti parlarmi? (SANDRO scuote la testa) Bene, cerca di controllarti d’ora in avanti. Non è affatto piacevole per chi ti sta di fronte sentirsi rispondere ‘io?’. Mi fai sentire strabica. Allora, in che cosa sei laureato? Tu.
SANDRO Lettere moderne.
NORMA Lettere moderne? Senti un po’... Sei un professore mancato, allora?
SANDRO A dire la verità, no. Non mi è mai interessato fare l’insegnante. Volevo fare il giornalista.
NORMA Il giornalista? È stata una fortuna per te non finire nella redazione di un giornale. Avresti finito per scrivere necrologi tutta la vita.
SANDRO Credi?
NORMA Nessuno avrebbe avuto il coraggio di affidarti un articolo per paura che dovessi ancora imparare a leggere e a scrivere.
SANDRO (Sorride) Non l’avevo mai vista sotto questa luce. Effettivamente ho corso un brutto rischio.
NORMA Non peggiore di altri. Ogni mestiere ha le sue difficoltà. Anche quello che fai non dev’essere facile. (Breve pausa) Sei sposato?
SANDRO Sposato?!
NORMA Perché quella faccia? Non saresti il primo. E nemmeno l’ultimo. Non è così folle come può sembrare a prima vista.
SANDRO I legami intralciano il cammino.
NORMA (Amara) A volte anche essere liberi può essere d’intralcio. (Sorride) Non sei neanche fidanzato, allora? (SANDRO scuote la testa) Il tuo cuore non palpita per nessuno?
SANDRO (Scuotendo la testa) Evito di imbrogliarmi in situazioni da cui poi è difficile uscire.
NORMA Ma le hai già avute le tue prime esperienze sessuali? (SANDRO sorride) Bene. È importante. Col mestiere che fai, intendo.
SANDRO Ti stai prendendo gioco di me, Norma?
NORMA Perché dici così? Ti sto mettendo a disagio? Non ti piace parlare di te? Perdonami, Sandro. Sono una donna curiosa.
SANDRO Cambi idea rapidamente, vedo. (NORMA lo guarda) Prima volevi mandarmi via e adesso hai voglia di chiacchierare. Devi ammettere di essere volubile.
NORMA Sono pur sempre una donna. È una caratteristica del nostro sesso cambiare idea repentinamente.
SANDRO Solo questo?
NORMA (Dopo una pausa) No. È anche che... Hai un che di... ingenuo nel fondo degli occhi. È difficile pensare a te come ad un grande amatore. Oh, non ti offendere, ti prego. Non sto dicendo che tu non abbia delle capacità. Non ho avuto modo di sperimentare. È solo che... Sarò sincera, Sandro. Ispiri tenerezza.
SANDRO Beh, questa è una cosa carina.
NORMA Credi? A me sembra orribile.
SANDRO (Sorride. La guarda) Sei una donna molto interessante, Norma. Lo sai?
NORMA Interessante? (Sorride) Sei bravo, però. Non perdi un’occasione per fare un complimento. Anche se la qualità del complimento, è discutibile.
SANDRO No, non intendevo...
NORMA Lo so quello che intendevi. Non ti preoccupare. Perché fai questo lavoro, Sandro? Oh Dio, scusami. Ci sono ricascata. (SANDRO sorride) È che sei laureato, almeno così dici, sembri un ragazzo intelligente - forse un po’ maldestro, ma comunque intelligente - potresti aspirare a qualcosa di più. (Ironica) A conquistare vette più alte nella grande catena montuosa della vita.
SANDRO Quello che faccio mi piace.
NORMA Vuoi dire che da piccolo, cioè due anni fa, quando qualcuno ti chiedeva che cosa volevi fare da grande rispondevi questo? Oh no, è vero. Volevi fare il giornalista…
SANDRO Sono i casi della vita. Circostanze.
NORMA Vuol dire che se adesso sei qui con me è solo per caso?
SANDRO È capitato. Semplicemente. Non ho pianificato niente. Non faccio più progetti a lunga scadenza. Da quando ho capito che è difficile seguirli. La vita è un’eterna sorpresa. Basta seguire il flusso. Lasciarsi andare. Come su un fiume.
NORMA Non ti fai molte domande, vedo.
SANDRO Perché dovrei?
NORMA Farsi domande aiuta a crescere.
SANDRO Masturbarsi il cervello porta alla paranoia.
NORMA Non sarà per caso paura delle risposte?
SANDRO Il mondo è pieno di domande e di risposte. Ovunque ti giri ne senti una. Solo che a ogni domanda non corrisponde nessuna delle risposte che esistono già. E per le risposte è lo stesso. Non trovano la domanda a cui appartengono. È una continua ricerca. Infinita. Che senso ha sprecare tempo a insistere a mettere ordine là dove l’ordine non esiste?
NORMA Sembri molto saggio, anche se ho capito poco di quello che hai detto.
SANDRO (Sorride) Non hai perso niente d’importante.
NORMA Perché sei qui, Sandro?
SANDRO Questo dovresti saperlo tu. Sei stata tu a chiamarmi.
NORMA Io non so più niente da molto tempo.
SANDRO Perché t’interesso così tanto?
NORMA Beh, m’incuriosisci. Questa strana fusione che c’è in te tra il ragazzo e l’uomo, tra l’ingenuità e la malizia. È inquietante.
SANDRO Inquietante... Mi sembra un po’ eccessivo. Mi fai sentire un serial killer.
NORMA Hai l’aspetto dell’adolescente, bevi l’aranciata come gli adolescenti, rovesci i bicchieri degli altri come un bambino irrequieto, ma c’è in te una strana sensualità. Nelle tue mani, nei tuoi occhi. Come mi guardi. In quello che dici. Da uomo.
SANDRO Io sono un uomo, Norma.
NORMA Appena sei arrivato, non l’avrei giurato. (SANDRO ride) Perché ridi?
SANDRO È buffo.
NORMA Che cosa?
SANDRO Stupire le persone. Far credere una cosa e poi via, diventare qualcos’altro. Esibire sempre una faccia nuova, un’espressione diversa. Il gioco del mascherarsi.
NORMA Più che un gioco, per taluni è un vizio.
SANDRO Oh, non per me.
NORMA Come hai cominciato?
SANDRO Cosa?
NORMA Il tuo lavoro. Ci dev’essere stata una prima volta. Non avrai cominciato direttamente dalla seconda, no?
SANDRO Ero all’ultimo anno di università ed ero senza soldi. I rapporti con i miei genitori non sono mai stati un granché. Le circostanze della vita ti costringono ad imparare presto. Un amico mi parlò di un’agenzia di servizi che stava cercando dei giovani ragazzi aitanti capaci di lavorare come camerieri, posteggiatori, guardarobieri o altro in feste private. È stato una sera. Durante uno di questi ricevimenti. Mi è scivolato un vassoio colmo di bicchieri di cristallo…
NORMA Questo non mi è difficile crederlo.
SANDRO La padrona di casa non si è mostrata arrabbiata. Mi ha detto ‘Con te regoliamo tutto più tardi.’ Credevo che mi avrebbe costretto a ripagarle il servizio - non avrei guadagnato niente quella sera. Invece le cose andarono diversamente. Dopo che l’ultimo degli invitati se ne fu andato... Beh, diciamo che ho saputo... ‘mascherarmi’. (Sorride) Oltre al normale salario, quella sera ho guadagnato anche un extra. Solo più tardi ho scoperto che l’agenzia si occupava anche di quel... settore ed eccomi qua.
NORMA Devi essertela cavata bene con la signora.
SANDRO (Sorride) Non sta a me dirlo.
NORMA Bravo. La modestia è un’ottima qualità. Guadagni abbastanza da sopravvivere? (SANDRO la guarda) Lo so, sono curiosa, l’abbiamo già appurato.
SANDRO Dipende. È difficile dire.
NORMA Ti diverte, vero?
SANDRO Che cosa?
NORMA Quello che fai. Lo trovi divertente. Lo fai con passione.
SANDRO Sì, te l’ho detto. Mi piace.
NORMA Non credi che sia umiliante?
SANDRO Forse. Non mi sono mai posto il problema.
NORMA Ah già, tu non ti fai domande. Ti lasci andare al flusso della vita. Prendi quello che capita. Ti accontenti.
SANDRO Quando trovo donne come te, no.
NORMA (Dopo una pausa) Complimenti.
SANDRO Per cosa?
NORMA Per come riesci a sfuggire. Adesso non so più chi sei.
SANDRO Sono sempre io. Sandro. Vogliamo darci di nuovo la mano? (Le porge la mano ed involontariamente rovescia di nuovo il bicchiere)
NORMA (Balzando in piedi) Allora è un vizio!
SANDRO (Si alza) Perdonami… Ma come ho fatto...?
NORMA Ti succede solo quando ti presenti. Segui il mio consiglio, Sandro. Non dare la mano a nessuno se c’è un bicchiere nel raggio di un paio di metri.
SANDRO Sono mortificato. Mi sento così stupido.
NORMA (Spazzolandosi il vestito) Devo ammettere che un uragano avrebbe fatto meno danni.
SANDRO Questa volta il vestito l’ho preso, eh?
NORMA Appena, appena.
SANDRO Si è macchiato?
NORMA Non ti preoccupare. Hanno inventato le lavanderie.
(Entra il CAMERIERE con uno straccio)
CAMERIERE (Pulendo il tavolo) Posso portarvi qualcos’altro?
NORMA (Ironica) Grazie, ma ho già bevuto abbastanza per oggi. (Il CAMERIERE fa per andare) Aspetti. (Il CAMERIERE torna indietro. NORMA, porgendogli il bicchiere di SANDRO che è ancora pieno) Sono sicura che non ti dispiace, vero, Sandro? (Il CAMERIERE prende il bicchiere ed esce)
SANDRO (Dopo una pausa) Non so proprio cosa dire.
NORMA Non è successo niente.
SANDRO Ti ho anche macchiato il vestito.
NORMA Non importa.
SANDRO Devi credermi, Norma. Sono veramente dispiaciuto.
NORMA Ti credo, Sandro. Però adesso basta, eh?
SANDRO Mi perdoni?
NORMA Non insistere o finisce che cambio idea e ti mando il conto della tintoria.
SANDRO Non sei arrabbiata con me?
NORMA Io?
SANDRO Hey, che c’è? Hai problemi d’identità?
NORMA (Sorride) È incredibile. Riesci sempre a recuperare. Sembri lì, in disarmo, pronto a dichiarare fallimento, ma ecco che all’improvviso apri la tua valigetta magica e giochi una nuova carta. Sorprendere gli altri. Si vede che sei diventato un esperto. Nella vita hai avuto fortuna, Sandro. Quello che non ho avuto io. (Alza le mani) Mi arrendo. Hai vinto.
SANDRO Non m’interessava vincere. Non mi piacciono le gare.
NORMA Davvero? E che cosa ti piace?
SANDRO Mi piace regalare dei dolci momenti a qualcuno. Questo mi piace.
(Pausa)
NORMA Che cosa hai detto?
SANDRO Ho detto che è bello poter regalare dei dolci momenti ad una persona. Essere utile a qualcuno. Farlo stare bene.
NORMA (Scuote la testa) Non posso crederci...
SANDRO Cosa?
NORMA Non ti sembra di esagerare? ‘Regalare dolci momenti a qualcuno’. È un po’ troppo, no?
SANDRO Non capisco.
NORMA Voglio dire, tu affitti te stesso in cambio di qualche pezzo di carta. Tutto qua. Perché questo bisogno improvviso di nascondersi dietro a belle parole come ‘regalare dolci momenti a qualcuno’…?
SANDRO Perché essere brutali?
NORMA E perché no? Che cos’è? La verità ti scandalizza? Improvvisamente ti nascondi dietro alla tua ingenuità infantile?
SANDRO Se fosse come dici tu, starei agli angoli delle strade.
NORMA Credi, in fondo, che fra te e chi sta agli angoli delle strade ci sia molta differenza? (SANDRO non risponde. NORMA si guarda in giro) Sono stanca di stare seduta qua dentro.
SANDRO Possiamo andare da un’altra parte, se ti va.
NORMA Non mi pare di averti invitato a venire con me. (SANDRO la guarda deluso) Oh, per favore! Non fare quella faccia da ragazzino che ha perso il pallone con cui stava giocando. Non ti preoccupare. Vedrai che il papà te ne comprerà uno nuovo. (Si alza)
SANDRO Che cosa stai facendo?
NORMA Cerco il cameriere. Dove diavolo è finito quel deficiente?
SANDRO (Con un sorriso) Lo sai che diventi ancora più bella quando ti arrabbi?
NORMA Oh, no! Questa no! Questa risparmiatela! Nemmeno nei film americani la mettono più, ormai.
SANDRO Norma, che cosa c’è? Qual è il problema?
NORMA Che cosa ti fa credere che ci sia un problema? Va tutto benissimo.
SANDRO Non direi. Sembri un indiano che ha dissotterrato l’ascia di guerra.
NORMA Carina questa. Segnatela. Puoi usarla anche con la tua prossima cliente.
SANDRO Mi vuoi dire che cosa ho fatto?
NORMA (Sbotta) Niente! Non hai fatto niente! (Sospira) Ma non ti senti quando parli? Non presti attenzione alle parole che ti escono dalla bocca? Io non lo sopporto. Detesto vedere che c’è gente che ha bisogno di mentire, che ha bisogno d’indossare un alibi per digerire la squallida vita che conduce. Perché così è la tua vita, Sandro. Squallida. ‘Regalare dei dolci momenti a qualcuno’. Chi vuoi prendere in giro? Me? Beh, se è così, mi dispiace dirtelo, ma non sono nata ieri. Te stesso, forse? Può darsi. In questo caso, fai pure, in fondo a me non frega un accidente. Se ti piace ingannarti, continua così. Stai andando molto bene. D’altra parte, forse, lo hai sempre fatto che oramai non riesci neanche più distinguere la differenza tra la verità e la menzogna. E poi fa parte del tuo lavoro, no? Devi rispondere ai desideri delle clienti. E saresti capace di tutto, per questo. Sei un vero professionista. Ma sai qual è la verità, Sandro? La nuda e cruda verità? La verità è che tu hai paura. Ecco perché sei qui e non ti fai domande. Hai paura di guardare in faccia la realtà. Hai paura di renderti conto di quello che sei. Una marchetta. Questo sei. Tu sei la marchetta ed io la cliente. Vedi quant’è facile? Marchetta e cliente. Cliente e marchetta! (Pausa. Si risiede) Lascia perdere, Sandro. Perdonami. È solo che ho una resistenza ridotta di fronte a chi mente così bene.
SANDRO Vuoi bere qualcosa?
NORMA Non perdi mai la tua flemma, eh? Ah già, fa parte del tuo lavoro.
SANDRO No. Fa parte di me. (NORMA sorride scettica) Che cosa vuoi che faccia, Norma? Vuoi che me ne vada? Vuoi che esca dalla tua vita? Farò quello che mi dirai.
NORMA Sono così confusa...
SANDRO Che cosa c’è che ti confonde, Norma?
NORMA Guardati. Non ti vedi? Sembri un... bambino. Dio, sei così giovane! Tu così giovane e io così vecchia. Tu pieno di illusioni e io totalmente disillusa. Tu un bambino che nasce ed io una donna che muore. Anzi, che è già morta e che gira il mondo in cerca di un posto dove fermarsi a marcire in pace. Oh, Sandro, mi fa così schifo tutto questo, eppure... eccomi qua. Odio le menzogne, eppure vorrei tanto crederci... (Lo guarda. Disperata) Insegnami a mentire a me stessa, Sandro. Ti prego. Vivere sarebbe più facile, se io sapessi mentire. Anche essere qua con te, sarebbe più facile. Dovrei solo fingere di non essere stata io a telefonare alla tua agenzia, di non doverti pagare per le tue prestazioni... Basterebbe fingere che tu mi abbia sedotto di tua spontanea volontà. Ero seduta a questo tavolo e tu, dopo un po’ che mi guardavi, non hai saputo resistere al folle impulso di avvicinarti a me e di conoscermi. Vedi? Sarebbe tutto così semplice. Così potrei anche credere a quelle poche ore che passeremmo insieme. Potrei credere a tutto quello che mi dirai... (Ride) È più forte di me. Ti guardo e tutto mi sembra così ridicolo. Grottesco. Io sono solo una stupida vecchia che non riesce a darsi pace e tu... sei quello che sei...
SANDRO Tu sai che cosa sono, Norma? Davvero? Se è così, allora è meglio che vada. (Si alza) Solo una cosa, Norma. Tu credi di conoscermi, di sapere chi sono veramente, che cosa si nasconde dentro di me. Ma non è così, Norma. Tu non sai chi sono. Parli delle mie menzogne quando non sai dove finisce la mia realtà e comincia la mia menzogna. Qual è il punto d’incontro. Il confine. Il confine tra quello che sono e quello che faccio. Beh, sai una cosa, Norma? Quel punto, quel confine, non lo conoscerai mai. Neanche da qui a mille anni. Perché quello è il mio segreto, un segreto che conserverò fino alla mia morte, che non rivelerò mai ad anima viva. (Sorride) Siamo tutti così, Norma. Siamo fatti per metà di verità e per l’altra metà di menzogne. La linea che divide i due mondi tra loro è troppo sottile per riuscire a distinguere nettamente l’uno dall’altro.
NORMA Odio la mia vita.
SANDRO Potrei fartela amare.
NORMA Per quanto tempo?
SANDRO Per quanto vorrai. Dipende da te.
NORMA E se non ci riuscissi? Se dovessi fallire?
SANDRO Lasciami provare.
NORMA (Sorride) È il tuo lavoro.
SANDRO Cosa?
NORMA Tutto questo. Quello che dici. Quello che fai.
SANDRO Sei una donna speciale, Norma.
NORMA Un’altra menzogna.
SANDRO È la verità. Sei davvero speciale. È fortunato quell’uomo che incontrerà una donna come te. (Prende la mano di NORMA e la bacia, poi sorride ed esce. NORMA rimane sola un momento. Silenzio. SANDRO rientra e si avvicina al tavolo) Mi scusi se la importuno, signora, ma è da un po’ di tempo che la sto guardando.
NORMA Cosa...?
SANDRO Posso offrirle qualcosa da bere? (NORMA lo guarda. Non capisce ancora) Non le dispiace se mi siedo? (NORMA fa segno di no con la testa. SANDRO si siede) Mi chiamo Sandro.
NORMA Sandro?
SANDRO Esattamente. Tutti credono che sia Alessandro, ma, in realtà è proprio Sandro.
NORMA Sandro. È un bel nome.
SANDRO È sicura che non la disturbi? (NORMA fa segno di no con la testa) Ero al bar quando l’ho vista seduta a questo tavolo e non ho resistito all’impulso di avvicinarmi. È stato più forte di me. Oh, ma che stupido sono. Magari lei stava aspettando qualcuno...
NORMA No, non aspettavo nessuno.
(Le luci cominciano a scendere lentamente)
SANDRO Una donna come lei sola al tavolo di un ristorante? È un delitto della peggiore specie...
NORMA (Con un sorriso) Sa cosa le dico? Lo penso anch’io.
(SANDRO e NORMA si guardano, mentre le luci scendono fino al BUIO)

IL POSTINO BUSSA SEMPRE DUE VOLTE

P E R S O N A G G I:

R O B E R T O
F R A N C A
C A M E R I E R E

La scena stessa scena dell’atto precedente.
Ad un tavolo è seduto ROBERTO. È completamente vestito da donna. Ha indosso un largo abito bianco, in testa ha un cappello a falde larghe e sul naso un paio di occhiali da sole stile anni ’60. Si guarda in giro imbarazzato. Dopo qualche secondo entra FRANCA. È vestita in modo sobrio. Ha l’aria molto preoccupata e nervosa. Si guarda in giro.
ROBERTO Franca! (FRANCA non lo sente) Franca! (FRANCA continua a non sentirlo. ROBERTO alza la voce) Franca, cazzo!
FRANCA (Spaventata) Ah! E lei chi è?
ROBERTO (Si toglie gli occhiali da sole) Franca, sei impazzita?
FRANCA (Sollevata) Oh, Roberto... (Lo guarda stupita) Roberto, sei tu?
ROBERTO Certo che sono io! Chi diavolo credi che sia? Dustin Hoffman?
FRANCA Scusami. Non sono abituata a vederti conciato così.
ROBERTO (Si guarda in giro, sospettoso) Siediti.
FRANCA Cosa hai detto?
ROBERTO Siediti, Franca. Siediti.
FRANCA Oh, sedermi. Certo. (Indicando la sedia) Vuoi dire qui? Mi devo sedere qui?
ROBERTO Quella è una sedia.
FRANCA E io dovrei sedermici, giusto? Ho capito bene?
ROBERTO (Esasperato) Siediti su quella stramaledettissima sedia!
FRANCA (Restando in piedi) Va bene, va bene. Scusami. Volevo solo essere certa di quello che mi avevi detto.
ROBERTO Franca, sei ancora in piedi.
FRANCA Come?... (Si siede) Scusami. Sono un po’ nervosa. Scusami.
ROBERTO Non ti scusare ogni momento. È una cosa che mi fa impazzire.
FRANCA Oh, certo. Scusami. No! No, non volevo dire scusami. Volevo dire.. mi dispiace, ecco. Scusami.
(Pausa)
ROBERTO (Si guarda in giro sospettoso, poi a FRANCA, sottovoce) Allora?
FRANCA (Ripete gli stessi movimenti di ROBERTO, poi, sottovoce) Cosa hai detto?
ROBERTO (Con voce normale) Ti ho chiesto ‘allora’?
FRANCA (Fissando le labbra di ROBERTO) Ah, allora. Ecco cosa avevi detto. Non avevo proprio sentito.
ROBERTO (Dopo una breve pausa) Allora, Franca?
FRANCA (Continuando a fissare le labbra di ROBERTO) Non capisco.
ROBERTO Franca, ti sei bevuta il cervello?
FRANCA (Con lo sguardo sulle labbra di ROBERTO) No. Sono appena arrivata. Non ho ancora bevuto niente.
ROBERTO Franca, ma che cosa stai dicendo?
FRANCA (Scuotendo la testa) No, no, è inutile, Roberto. Non ce la faccio. Non riesco a concentrarmi. Hai tutto il rossetto sbavato.
ROBERTO Il rossetto sbavato? (Dalla borsetta sul tavolo prende uno specchietto e si guarda) Hai ragione. (Prende dalla borsetta un fazzoletto e si pulisce la bocca) Meglio?
FRANCA Decisamente. Anche se quel colore t’involgarisce. Ti fa le labbra troppo grosse.
ROBERTO (Deluso) La commessa m’ha detto che era perfetto su di me.
FRANCA Ah, le commesse! Quelle sono capaci di qualsiasi cosa pur di venderti un rossetto.
ROBERTO Ci ho messo due ore per sceglierlo… (Si dà un’occhiata allo specchio, poi, improvvisamente sbatte la borsetta sul tavolo) Cosa diavolo sto facendo? Franca, ti decidi a dirmi come è andata?
FRANCA (Si guarda in giro, poi, dopo una pausa) Posso farti una domanda, Roberto?
ROBERTO Perché non rispondi prima tu alla mia domanda?
FRANCA Perché hai voluto che ci incontrassimo qui?
ROBERTO (La guarda) È questa la domanda?
FRANCA Roberto, la vuoi smettere di rispondere a una mia domanda con un’altra domanda? Mi diventa sempre più difficile capirti. Volevo dire, non era meglio trovarci da un’altra parte?
ROBERTO Un’altra parte?
FRANCA Sì, un posto meno frequentato. Più tranquillo.
ROBERTO Un posto meno frequentato? Più tranquillo?
FRANCA Qui con tutta questa gente che va e che viene mi sento a disagio.
ROBERTO Ti senti a disagio?
FRANCA Adesso che cos’hai, Roberto? Stai ripetendo tutto quello che dico.
ROBERTO Sto ripetendo tutto quel...? (S’interrompe) Si può sapere che ti prende, Franca? Qual è il problema?
FRANCA Problema? Quale problema? Hai un problema? Beh se hai un problema, è meglio che ne parliamo immediatamente. È meglio sputare subito i rospi, altrimenti quelli, se te li tieni dentro, c’è il rischio che diventino delle rane giganti, enormi e avere delle rane giganti dentro può provocare acidità di stomaco o altri disturbi e un giorno, non sai né come né perché, ti ritrovi all’ospedale davanti al medico che ti dice che hai una rana che ti salta dentro. E tutto questo perché non hai voluto sputare subito fuori il rospo. È terribile.
ROBERTO (Frastornato) Io non ho nessun rospo dentro.
FRANCA Beato te. Sai quanta gente vorrebbe dire altrettanto?
ROBERTO Franca, che cos’ha questo posto che non va?
FRANCA Posto? Quale posto?
ROBERTO Mi hai chiesto il motivo per cui ho voluto che c’incontrassimo qui. È evidente che c’è qualcosa in questo locale che ti dà fastidio.
FRANCA Ah, quello. No. Come ti viene in mente? È un posto così carino. Alla moda. No, non c’è niente che mi dia fastidio. Nel locale, intendo. (Sottovoce) È che è imbarazzante, Roberto.
ROBERTO Cosa è imbarazzante?
FRANCA Tu.
ROBERTO Io?
FRANCA Sì. Non potevamo vederci a casa tua?
ROBERTO A casa mia? Ma sei pazza? Vuoi far sapere a tutto il mondo che siamo amanti?
FRANCA Ci potevamo incontrare di notte. Nessuno avrebbe sospettato.
ROBERTO Franca, lo sai come chiamano la portinaia del mio stabile?
FRANCA Non lo so. Gina?
ROBERTO No. Segugio. E perché credi che la chiamino così?
FRANCA Perché assomiglia a un cane?
ROBERTO No, perché è una ficcanaso. Quella donna è una delle più brave investigatrici che io conosca. Meglio di Colombo. Riesce a dirti dov’eri e con chi eri il giorno prima solo guardandoti negli occhi. Risolve i casi della ‘Signora in giallo’ leggendo i titoli di testa. Se Agatha Christie l’avesse conosciuta, avrebbe smesso di scrivere e avrebbe aperto una profumeria in centro!
FRANCA Mio Dio, ma quella donna è malata.
ROBERTO E tu volevi che c’incontrassimo sotto il suo naso?
FRANCA Avremmo corso un rischio terribile. Come i due amanti del film ‘Il postino bussa sempre due volte’...
ROBERTO Suona.
FRANCA Cosa?
ROBERTO Il postino suona.
FRANCA Davvero? Strano. Non ho sentito il campanello. E poi come fai a sapere che è il postino, scusa? Potrebbe essere chiunque. Mica solo i postini suonano. Anche gli idraulici, i Testimoni di Geova, i Pony Express... Poi, se non vogliono aprire, avranno le loro buone ragioni. Scusa se te lo dico, Roberto, ma non è bello che t’impicci degli affari degli altri.
ROBERTO Ci sono dei giorni in cui penso che Dio li fa e poi li accoppia. Sono i giorni più deprimenti della mia vita.
FRANCA Ancora non mi hai risposto.
ROBERTO A cosa?
FRANCA Perché hai scelto questo posto. Voglio dire, la città è piena di posti dove andare, dove ci saremmo potuti vedere tranquillamente, senza dare troppo nell’occhio…
ROBERTO Alle volte penso che per farmi capire da te dovrei farmi sottotitolare alla pagina 777 di Televideo. Altre volte penso che non servirebbe neanche quello. Ma non capisci che è proprio questo il punto? Noi vogliamo dare nell’occhio!
FRANCA Allora potevamo vederci a casa tua!
ROBERTO (Alza gli occhi al cielo sconsolato) Franca, te l’ho spiegato almeno cento volte. Non ti ricordi del piano?
FRANCA Piano? Quale piano? Non ho mai avuto piani in vita mia. Avevo una tromba, questo è vero, ma quand’ero piccola. Adesso non so che fine abbia fatto.
ROBERTO Oh Dio, Franca! Non sto parlando di piano in senso di pianoforte, ma di piano in senso di progetto!
FRANCA Ah, il progetto! Ecco, lo volevo dire. Mi sembrava strano che tu improvvisamente ti fossi messo a parlare di strumenti musicali. Di pianoforti, poi! No, non me lo ricordo il progetto.
ROBERTO Siamo venuti in questo posto perché tu abbia un luogo dove poter dire di essere stata quando la polizia ti farà delle domande. Chiaro?
FRANCA (S’illumina) Ah, capisco. Ma tu perché ti sei vestito in quel modo?
ROBERTO Cosa volevi che facessi, Franca? Che mi presentassi in giacca e cravatta e magari con un cartello al collo con su scritto ‘amante di Franca’? Fai funzionare la testa! È stato l’unica idea che mi è venuta in mente per non insospettire nessuno. Così quando la polizia ti chiederà dov’eri e con chi eri al momento del decesso, tu potrai dire al ristorante con un’amica e loro non arriveranno mai a me, perché io sono un uomo. Capisci adesso?
FRANCA Io ho capito perfettamente. Sei tu che non hai capito. Io ti ho chiesto perché ti sei vestito in questo modo.
ROBERTO Te l’ho appena spiegato!
FRANCA Non intendo così così, ma così con quel vestito.
ROBERTO (Sulla difensiva) Perché? Che cos’ha il vestito che non va?
FRANCA Scusa, Roberto, ma lo sai che il bianco ingrossa, no? È una cosa che sanno tutti. Non potevi scegliere qualcosa di più sobrio? Di più discreto? Un tailleur grigio, per esempio. Con un tailleur addosso non sbagli mai.
ROBERTO Non capisco dove tu voglia arrivare.
FRANCA Ti tira tutto sui fianchi. Non te ne sei accorto? (ROBERTO si guarda i fianchi) È inutile. Dev’essere una questione genetica. Voi uomini, di vestiti da donna, non v’intendete proprio. Dove l’hai preso?
ROBERTO In una boutique. In periferia.
FRANCA Fa’ vedere. (Si alza e guarda l’etichetta del vestito) ‘Paradosso del vestito’. Mah, dev’essere un postaccio.
ROBERTO Paradosso del vestito?
FRANCA (Risiedendosi) Si chiama così. La boutique dove l’hai preso. È il suo nome.
ROBERTO Non mi pare. Credo che si chiamasse Paradiso. Sì, ‘Paradiso del vestito’.
FRANCA Paradiso? (Si alza e va a guardare l’etichetta) No, no, qua c’è scritto paradosso.
ROBERTO Fammi vedere. (Guarda l’etichetta) Ma no, non vedi? Quella è una ‘i’. Paradiso.
FRANCA Guarda che ti sbagli. Quella è una ‘o’. Paradoso. Paradoso? Manca pure la doppia ‘s’.
ROBERTO Franca, paradoso non vuol dire niente.
FRANCA Lo so anch’io che paradoso non vuol dire niente. Non sono mica un’analfabeta. Diglielo a loro che lo hanno scritto!
ROBERTO Quella è una ‘i’, Franca. Non è una ‘o’. Paradiso. Paradiso. Capisci? Non paradoso.
FRANCA (Andando a sedersi) Non sanno neanche scrivere, figurarsi fare un vestito...
ROBERTO A me sembra un modello grazioso…
FRANCA Io non ho detto che il modello sia brutto, ho detto che a te sta male. E poi, ammettendo che ti fossi proprio intestardito su questo modello, almeno non lo prendere bianco. Appena sono entrata e ti ho visto, ho pensato ‘cosa ci fa un pallone aerostatico in un ristorante?’
ROBERTO M’ingrossa così tanto?
FRANCA Non vorrei sembrarti crudele, ma sembri l’iceberg che ha fatto affondare il Titanic.
ROBERTO Grazie per non essere stata crudele.
(Entra il CAMERIERE)
CAMERIERE Signore...
FRANCA (Si spaventa) Aaahhh!!
CAMERIERE (Si spaventa a sua volta) Aaahh!
ROBERTO (Urla anche lui) Aaahhh!
FRANCA (Si calma) Ah, è lei.
CAMERIERE Le signore vogliono ordinare?
FRANCA Sì. Allora, io vorrei...
ROBERTO (Interrompendola e alterando la voce) No, grazie. Dobbiamo ancora scegliere. Può tornare tra un po’?
(Il CAMERIERE esce con un sorriso a ROBERTO)
FRANCA Perché lo hai mandato via? Adesso ci vorrà un’altra mezzora perché torni a prendere le ordinazioni.
ROBERTO C’era una cosa che ti volevo dire, Franca e non potevo parlare davanti al cameriere.
FRANCA Oooohhhh, come la fai lunga per questo vestito! Va bene, hai vinto. Ti sta benissimo. Sembri la Taylor nel film ‘La gatta che fuma sul tetto’.
ROBERTO ‘La gatta che fuma sul tetto’?
FRANCA Posso ordinare, adesso?
ROBERTO Franca, vuoi lasciarmi parlare? Non me ne frega niente del vestito. Volevo solo ricordarti di fare attenzione. Ne va della nostra vita. Ricordati che io sono una donna e che mi chiamo... Sara, va bene?
FRANCA Sara. Va bene.
ROBERTO Ricordati anche che devi ordinare qualche cosa di strano, di particolare, così, quando il cameriere verrà interrogato dalla polizia, si ricorderà facilmente di te e potrà confermare il tuo alibi. Hai capito?
FRANCA Va bene. Sara.
ROBERTO Sei sicura di aver capito tutto?
FRANCA Tu ti chiami Sara e devo ordinare qualcosa di particolare.
ROBERTO Perfetto.
(ROBERTO fa un cenno al CAMERIERE che entra)
CAMERIERE Avete deciso?
FRANCA Sì. Io vorrei qualcosa di particolare. (Guardando il menù) Mi porti... degli spaghetti al pomodoro e un bicchiere d’acqua.
CAMERIERE (Segnando l’ordinazione sul suo bloc-notes) Bene. (A ROBERTO, con un sorriso) La signora, invece, che cosa desidera?
FRANCA (Intervenendo) Anche la mia amica prende qualcosa di particolare come me. Anche per lei degli spaghetti al pomodoro e un bicchiere d’acqua. (A ROBERTO) Va bene, Bara?
CAMERIERE Bara?
FRANCA (Imbarazzata) Oh no, non era Bara. Era... Fara. No, neanche Fara... Mara?... (ROBERTO scuote la testa) No, infatti. Non era neanche Mara.
CAMERIERE (Suggerisce) Cara?
FRANCA (Guarda il CAMERIERE) Cara? (A ROBERTO, illuminata) Ecco sì: cara Sara!
CAMERIERE (Perplesso) Bene. (Esce)
ROBERTO (Dopo una pausa) Bara?
FRANCA Non fare quella faccia! Sono nervosa.
ROBERTO Mi hai chiamato Bara. Davanti al Cameriere. Bara.
FRANCA Beh, cosa c’è? Ho sbagliato. E poi, meglio Bara che Tomba, no?
ROBERTO E poi hai ordinato degli stupidi spaghetti e un bicchiere d’acqua...
FRANCA Che cos’hanno gli spaghetti che non vanno?
ROBERTO (Agitato) Ti avevo detto di ordinare qualcosa di particolare! Non puoi ordinare degli spaghetti al pomodoro e un bicchiere d’acqua! Non lo capisci? Non è strano che una al ristorante mangi degli spaghetti al pomodoro e beva un bicchiere d’acqua!
FRANCA Ed è qua che ti sbagli. È stranissimo che io, al ristorante, mangi degli spaghetti. Dovresti saperlo. Sono a dieta!
ROBERTO Sì, ma questo il cameriere non lo sa!
FRANCA Oh, come la fai lunga, Roberto! Se è solo questo il problema, quando torna glielo dico. (ROBERTO si prende la testa fra le mani. Affranto. Dopo una pausa) Roberto, c’è una cosa che ti volevo chiedere. Un dubbio che mi è venuto. Non la prendere sul personale. Non vorrei che tu fraintendessi. È solo una domanda.
ROBERTO (Sempre con la testa fra le mani) Franca, ti prego. Sii sintetica. Fai la domanda e basta.
FRANCA Sei sicuro di non esserti vestito così perché ti piace?
ROBERTO (Tira su la testa e la guarda) Ancora con questa storia?
FRANCA Non mi sono spiegata. Non intendevo così nel senso di vestito - quella è una cosa che abbiamo già chiarito: non hai gusto. Volevo dire così nel senso di donna. Capisci?
ROBERTO Aspetta un momento. Franca, mi stai per caso chiedendo se mi piace vestirmi da donna?
FRANCA Beh, in un certo senso.
ROBERTO In un certo senso? Che cosa vuol dire in un certo senso? Me lo stai chiedendo sì o no?
FRANCA Beh, io... Sì.
ROBERTO No! Come ti viene in mente una cosa del genere?
FRANCA Non te la prendere. Era solo una domanda.
ROBERTO Sì, ma tra le domande imbecilli da fare questa era di gran lunga la più imbecille!
FRANCA È che mi sembrava che te la fossi presa troppo per il vestito…
ROBERTO Io non me la sono presa affatto per il vestito. A me, del vestito, non me ne frega un accidente! Te lo vuoi mettere in quella zucca dura che hai? (Breve pausa) E comunque a me piace.
FRANCA Ecco! Lo vedi? Hai detto che ti piace.
ROBERTO Senti, Franca, smettiamola! Comincia a fumarmi il cervello.
FRANCA Vuoi andare in bagno a bagnarti la testa?
ROBERTO No, voglio che tu mi dica come diavolo è andata!
FRANCA Andata? Andata cosa?
ROBERTO (Parlando lentamente) Prima di venire qua, Franca, avevi una cosa da fare. L’hai fatta?
FRANCA Certo. Ho aspettato l’autobus. Volevo prendere un taxi, ma non sono riuscita a trovarne uno. I taxi sono come i vigili urbani. Quando ne hai bisogno, non lo trovi neanche a pagarlo. E quando, invece, non ti serve, eccolo là che ti sta facendo la multa. Il vigile urbano, intendo. Non il taxi. I taxi non fanno le multe. I taxi semplicemente non li trovi. Li cerchi, li cerchi, ma è come cercare un ago in un pagliaio. Anzi, credo che trovare un ago in un pagliaio sia più facile. Come gli autobus. Anche quelli, prima che arrivino... Ci hai mai fatto caso? Quando sei alla fermata che aspetti, prima del tuo, arrivano tutti gli altri autobus che si fermano a quella stessa fermata, poi, in ultimo arriva quello che stavi aspettando tu. È praticamente una legge matematica. (ROBERTO la guarda stancamente) Sono arrivata in ritardo? Questo mi volevi dire?
ROBERTO Io non so più cosa fare con te. Continui a fraintendere tutto quello che dico.
FRANCA Ho frainteso? Davvero? Scusami. Non me ne sono proprio accorta. Scusami.
ROBERTO (Grida) Ti ho già detto di non scusarti ogni momento!
FRANCA Va bene. Non lo faccio più. Scusami.
ROBERTO (Esausto) Ci rinuncio. (Casca con la testa sul tavolo)
(Pausa)
FRANCA Roberto?
ROBERTO Eh?
FRANCA Lo sai che io proprio non riesco a capirti?
ROBERTO Davvero? Sono contento, perché allora vuol dire che l’incomprensione è reciproca.
FRANCA Voglio dire, siamo qui a fare tranquillamente conversazione e ancora non ti è passato per la testa di chiedermi di mio marito.
ROBERTO (Senza capire) Eh?
FRANCA Del nostro progetto, quello in senso di piano!
ROBERTO (Esultante) Oh Dio, Franca, vuoi dire quello che intendo io? Dimmi tutto.
FRANCA Roberto, vuoi che sia sincera?
ROBERTO Dipende.
FRANCA Dipende da cosa?
ROBERTO Da quello che è successo. Non credo che potrei sopportare più di quello che ho già sopportato.
FRANCA Non essere pessimista. È stata una sciocchezza. Come bere un bicchiere d’acqua.
ROBERTO Giuralo.
FRANCA Lo giuro sulla tomba di mia madre.
ROBERTO Franca, tua madre è ancora viva.
FRANCA Allora lo giuro sulla tomba di mio padre.
ROBERTO Anche tuo padre è ancora vivo.
FRANCA Ah. Allora giuro sulla tomba di... Anche se non fa parte della famiglia, vale lo stesso?
ROBERTO Franca, lascia perdere i giuramenti e raccontami ogni cosa.
FRANCA Oh, Roberto, è stato tutto così facile. Ho preso il bicchiere e... Se giurassi sulla tomba di Greta Sgarbi vale lo stesso?
ROBERTO Greta Sgarbi?
FRANCA Che c’è? È viva anche lei?
ROBERTO No. Credo di no.
FRANCA (Raggiante) Perfetto. Allora giuro sulla tomba di Greta Sgarbi.
ROBERTO Vai avanti.
FRANCA Ti dicevo, ho preso il bicchiere e ci ho svuotato dentro la fiala che mi hai dato ieri. Voilà. Un gioco da ragazzi.
ROBERTO Mi sembra impossibile che sia andato tutto così liscio. Franca, guardami negli occhi. Sei sicura che non ci sia stato qualche problema?
FRANCA Beh... Un piccolo problema c’è stato.
ROBERTO Lo sapevo.
FRANCA Il gatto.
ROBERTO Il gatto?
FRANCA Mi osservava. Seguiva ogni mio movimento.
ROBERTO Il gatto?
FRANCA Ha capito. Io ne sono certa. Il gatto sa tutto.
ROBERTO Il gatto.
FRANCA Dovremmo farlo fuori, Roberto, non credi?
ROBERTO Il gatto?
FRANCA Certo! Prima che vada alla polizia a denunciarci.
ROBERTO Il gatto alla polizia?
FRANCA O peggio: potrebbe ricattarci!
ROBERTO Il gatto?!
FRANCA Oh, certo, Roberto, hai ragione. Come potrebbe ricattarci il gatto? È assurdo. Non gli crederebbe nessuno. Se avesse scattato delle foto, sarebbe diverso. Ma sono sicura che non ne ha fatte. Non aveva la macchina fotografica in mano. (Ride) In mano? Ho detto in mano? Che stupida! Volevo dire tra le zampe. Il gatto non ha mani... Però uccidere quella povera bestiola, Roberto… È da gente senza scrupoli uccidere un animale. Avremmo tutto il WWF contro. Forse sarebbe meglio pagarlo.
ROBERTO Vorresti pagare il gatto?
FRANCA Oh, è vero, Roberto. Pagare il gatto sarebbe pazzesco. Che se ne fa un gatto dei soldi. Forse basterebbe una razione extra di croccantini. Tu che cosa ne dici?
ROBERTO Dico che sei nervosa, Franca. I tuoi nervi stanno cedendo. Questa storia ti ha minato nel profondo. Dovresti cercare di rilassarti.
FRANCA Credi che sia stata una buona idea? Quello che abbiamo fatto era veramente l’unica cosa che ci restava da fare?
ROBERTO Era l’unica soluzione. Lo sai anche tu. Ne abbiamo parlato abbastanza.
FRANCA Mi sento come la Stanwyck ne ‘La fiumana del peccato’.
ROBERTO ‘La fiumana del peccato’? Non era ‘La fiamma del peccato’?
FRANCA Fiumana, fiamma... Che film meraviglioso! Lei si mette d’accordo con l’assicuratore di ammazzare il marito per prendere i soldi della polizza sulla vita. Una storia affascinante, piena di colpi di scena. Praticamente come la nostra.
ROBERTO Io non sono un assicuratore, Franca. Sono un commercialista. Il commercialista di tuo marito, per essere precisi.
FRANCA Lo vedi come sei, Roberto? Devi sempre precisare ogni cosa. Io dicevo in generale.
(Entra il CAMERIERE con gli spaghetti e l’acqua, posa tutto sul tavolo ed esce sorridendo alla volta di ROBERTO. Durante l’azione, FRANCA osserva attentamente il CAMERIERE. ROBERTO, appena è uscito il CAMERIERE, comincia subito a mangiare, FRANCA rimane immobile)
ROBERTO (Dopo una pausa, mangiando) Che cos’hai Franca? Un attacco di paresi?
FRANCA Il cameriere.
ROBERTO Come, scusa?
FRANCA Hai capito benissimo. Il cameriere.
ROBERTO Che cosa ha il cameriere? Credi che sospetti qualcosa?
FRANCA No, credo che tu gli piaccia. Come tu faccia a piacergli con quel vestito, io proprio non lo capisco.
ROBERTO Ma che cosa dici? Non essere ridicola.
FRANCA Ti fa gli occhi dolci. Ogni volta che ti vede ti sorride come se ti rivedesse dopo dodici anni di lontananza. Quando ti si avvicina, gli vengono due lucciconi di bava qui, al lato della bocca. E se ti sta accanto per più di due secondi di fila, comincia a sudare talmente tanto che a raccoglierlo tutto disseteresti il terzo mondo.
ROBERTO Franca, non ti sembra di esagerare? Per un sorriso, un po’ di bava e del sudore credi che io gli piaccia?
FRANCA Che cosa vuoi che faccia di più? Che si stampi sulla giacca ‘Voglio farmi quella donna che assomiglia a una mongolfiera’?
ROBERTO I camerieri sono pagati per sorridere e fare gli occhi dolci ai clienti. È il loro lavoro. E io non assomiglio a una mongolfiera.
FRANCA No, è qui che ti sbagli. I camerieri sono pagati per servire ai tavoli. Tutto il resto, sorrisi e moine, sono atteggiamenti personali. E tu assomigli tremendamente a una mongolfiera!
ROBERTO Questa storia comincia veramente a farmi arrabbiare.
FRANCA Fai attenzione, altrimenti rischi di scoppiare.
ROBERTO Franca, io lo so che sto per chiederti una cosa molto difficile per te, praticamente impossibile, però vorrei che tu ti sforzassi. Vorrei che tu lo facessi per me. Vuoi smettere di dire scemenze?
FRANCA Perché te la prendi tanto, Roberto? Non sarai attratto anche tu dal cameriere?
ROBERTO Franca, ma che cosa dici? Io, nonostante tutto, sono un uomo.
FRANCA E questo che cosa vuol dire? Non lo hai visto il film ‘A qualcuno piace il mambo’?
ROBERTO Il mambo?
FRANCA Il mambo, sì, il mambo. È un tipo di ballo. Non lo conosci?
ROBERTO Non era ‘caldo’?
FRANCA Cosa?
ROBERTO Il film. Non era ‘caldo’?
FRANCA Non lo so. Forse quando lo hai visto tu. Io l’ho visto d’inverno e morivo di freddo.
ROBERTO No, non in quel senso. Intendevo il titolo.
FRANCA Caldo il titolo? Che cosa dici? Cosa vuol dire? Come può essere caldo o freddo il titolo di un film?
ROBERTO Non ha importanza. Va’ avanti.
FRANCA In quel film c’era un milionario che si innamorava di un uomo.
ROBERTO È vero, ma quell’uomo era vestito da donna e il milionario non sapeva che si trattasse di un uomo.
FRANCA Sì, però quando alla fine del film l’uomo vestito da donna si svela, il milionario non si scompone e gli risponde che nessuno è perfetto. Capisci?
ROBERTO No.
FRANCA È così ovvio! Che anche se hai un’imperfezione - sia chiaro, un’imperfezione per il cameriere, non per me - al cameriere potrebbe andare bene lo stesso. Anzi, potrebbe essere proprio questo che lo attira in te. Capisci adesso?
ROBERTO No.
FRANCA È così evidente che mi sembra impossibile che tu ancora non l’abbia capito, Roberto.
ROBERTO Che cosa è evidente?
FRANCA Il cameriere è gay!
(Entra il CAMERIERE e prende il piatto di ROBERTO)
CAMERIERE (A ROBERTO con un sorriso) Tutto a posto?
FRANCA (Intervenendo) È tutto a posto, sì. Non si preoccupi.
CAMERIERE (Sempre a ROBERTO) È sicura signora?
FRANCA (Intervenendo) È sicura, è sicura. Non lo vede com’è sicura? (ROBERTO si gira e sorride imbarazzato al cameriere) Bene, può andare. Grazie. (Il CAMERIERE non si muove, come ipnotizzato dallo sguardo di ROBERTO) Ho detto che può andare, grazie. (Il CAMERIERE continua a rimanere immobile) Se ne vada, grazie! (Il CAMERIERE si risveglia, sorride a FRANCA ed esce) Maniaco! Guarda, io sopporto tutto, ma non i camerieri gay!
ROBERTO Che ore sono, Franca?
FRANCA (Guardando l’orologio) Le due.
ROBERTO Le due?
FRANCA (Togliendosi l’orologio e girandolo) Oh, è vero. Sono le otto e mezza. Avevo l’orologio al contrario.
ROBERTO Forse sarebbe meglio che tu vada a casa. È ora che tu scopra il cadavere.
FRANCA Aspettiamo ancora un po’. È meglio essere sicuri che abbia bevuto il latte.
ROBERTO Quale latte?
FRANCA Non te l’ho detto? Oh, è stata un’idea magnifica. Mi è venuta l’altra sera. Alla televisione davano quel film, ‘Il rospetto’ di Alfred Hitchcock. Un giallo straordinario...
ROBERTO Il rospetto?
FRANCA Sì, si chiama così perché la protagonista che è la Joan Fontaine non era bellissima. In lei, che è una ricca ereditiera, cresce la convinzione che il marito la voglia uccidere e arriva addirittura a credere che lui le abbia avvelenato il latte che lei beve ogni sera prima di addormentarsi.
ROBERTO Il sospetto! Non il rospetto. Il sospetto!
FRANCA Beh, comunque sia, è stato vedendo quella scena che mi è venuta l’idea del latte. Quindi oggi pomeriggio ho riempito un bicchiere di latte, ci ho versato tutto il contenuto della fiala e poi sono uscita.
ROBERTO Sei uscita? Cosa vuol dire che sei uscita?
FRANCA Vuol dire che ho lasciato il bicchiere sul tavolo della cucina e me ne sono andata a fare un giro in centro.
ROBERTO Oh no!
FRANCA Perché fai quella faccia, Roberto? Cosa avrei dovuto fare? Starmene a casa e vederlo morire?
ROBERTO Franca, tu mi stai, per caso, dicendo che tuo marito potrebbe essere ancora vivo? Che potrebbe non aver bevuto quel bicchiere di latte?
FRANCA Ma no, come ti viene in mente? Mio marito, quando torna a casa dall’ufficio alle sei e mezza, si stende sempre un po’ a letto.
ROBERTO Questo cosa c’entra?
FRANCA C’entra perché quando poi si sveglia e si alza, va subito in cucina.
ROBERTO Allora?
FRANCA Allora vedrà il latte. Te l’ho detto, l’ho lasciato sul tavolo della cucina.
ROBERTO Franca, il latte tuo marito non lo deve vedere, lo deve bere.
FRANCA Lo berrà, lo berrà. Stai calmo.
ROBERTO Come fai a saperlo?
FRANCA Scusa, Roberto, se tu ti alzassi dal letto dopo aver riposato un po’, andassi in cucina e vedessi un bicchiere di latte pronto sul tavolo, che cosa faresti?
ROBERTO (Timidamente) Lo berrei?
FRANCA Certo che lo berresti, no? Cos’altro vorresti farci?
ROBERTO Franca, non ti sfiora l’idea che tuo marito potrebbe alzarsi da quel letto, andare in cucina, vedere il bicchiere di latte sul tavolo e non avere sete?
FRANCA Come sei pessimista, Roberto. Che cos’è, hai avuto un’infanzia difficile? Guarda che se continui così, ti verrà l’ulcera.
ROBERTO Ce l’ho già l’ulcera, Franca.
FRANCA Non ti devi preoccupare, Roberto. Il nostro piano è perfetto. Io ho un alibi e nessuno sa della tua esistenza. (Sospira) Ma ti rendi conto? Se non avessimo visto quel film adesso non saremmo arrivati a questo punto. A pensarci è incredibile, non ti pare?
ROBERTO Quale film?
FRANCA Come ‘quale film’? ‘Il postino bussa sempre due volte’, no?
ROBERTO Suona. Il postino suona.
FRANCA Va bene, va bene, come vuoi: suona. Non capisco, però, perché t’interessi tanto. Aspetti posta?
(Entra il CAMERIERE)
CAMERIERE (A FRANCA, indicando il suo piatto) Posso portare via?
FRANCA Sì, sì, certo. Faccia pure. (Il CAMERIERE raccoglie il piatto. FRANCA fa un cenno a ROBERTO come a dirgli di non preoccuparsi che ci pensa lei. ROBERTO, naturalmente, si preoccupa) Ho preso abbastanza cose particolari per oggi. (Al CAMERIERE) Ah, ma le ho detto che sono a dieta?
CAMERIERE Veramente...
FRANCA (Interrompendolo) Oh mio Dio, mi succede sempre così. Una vera sbadata. Mi dimentico sempre di avvertire i camerieri che sono a dieta.
ROBERTO (A FRANCA, sottovoce) Smettila, Franca. Ti stai rendendo ridicola.
FRANCA (A ROBERTO) No, mia cara, lasciami parlare. Questa sera ho rotto la dieta ed è giusto che il cameriere lo sappia, così si renderà conto che è molto strano che una donna a dieta ordini degli spaghetti. (Al CAMERIERE) Non le pare?
CAMERIERE Non saprei, non m’intendo di diete.
ROBERTO (A FRANCA, con voce femminile) Ecco, lo vedi?
FRANCA (Scandalizzata) Che cosa? Lei lavora in un ristorante e non s’intende di diete? È scandaloso!
ROBERTO (Con voce femminile a FRANCA) Ti prego, cara, non insistere con questa storia. Lo stai mettendo in imbarazzo.
FRANCA (A ROBERTO) In imbarazzo? Perché dovrei metterlo in imbarazzo? Ah già, è vero. Hai ragione. Mi dimenticavo che è gay. (Al CAMERIERE) Dev’essere imbarazzante per voi gay parlare così con una donna...?
CAMERIERE Chi è gay?
ROBERTO (Con voce femminile) Mio marito!
CAMERIERE (A ROBERTO) Lei è sposata con un gay?
FRANCA Sei sposato?
CAMERIERE (Risponde a FRANCA) No, non sono sposato.
FRANCA (Al CAMERIERE) Come?... Oh, certo, che lei non è sposato. Come potrebbe, scusi? Nessun prete la sposerebbe. Pervertito!
CAMERIERE (A FRANCA) Pervertito a chi, scusi?
ROBERTO (Interviene con voce femminile) A mio marito. Sì, lui è un tale maniaco...
CAMERIERE (A ROBERTO) Lei è sposata con un gay maniaco?
ROBERTO (Con voce femminile) Sì, va a letto con tutti gli uomini che incontra.
FRANCA (A ROBERTO, parlando del CAMERIERE) Guardalo, guarda come gli brillano gli occhi all’idea. Vorrebbe essere così anche lui...
CAMERIERE (Fraintendendo, credendo che FRANCA si riferisca a ROBERTO. A ROBERTO) Vorrebbe veramente andare a letto con tutti gli uomini che incontra?
ROBERTO (Con voce femminile) Io?... Beh... proprio tutti... Qualcuno, magari, lo escluderei.
FRANCA (Interviene) Beh, adesso basta! (Al CAMERIERE) Se ne vada e lasci in pace la mia amica Zara!
CAMERIERE Zara?
FRANCA No, non era Zara. Era... Rara!... No, neanche rara... Questo nome non mi resta impresso...
CAMERIERE Cara?
FRANCA Ecco sì: Sara cara! (A ROBERTO) Adesso che ci penso, non era meglio Roberta? Bastava cambiare la vocale ed era più facile per me da ricordare.
CAMERIERE Cambiare la vocale? Quale vocale?
FRANCA (Al CAMERIERE) Le ho detto che può andare! Vada.
CAMERIERE Le signore non desiderano dell’altro?
FRANCA (Interviene perentoria) No. Grazie. Vada. (Il CAMERIERE esce sorridendo alla volta di ROBERTO) Non ci torno più in questo posto. Dico, hai visto che sfacciato? Che uomo disgustoso... Uomo, poi... Una femminuccia!
ROBERTO (Finalmente di nuovo con la sua voce. Ironico) Complimenti Franca. Sei stata straordinaria. Mi hai fatto sudare sette camicie!
FRANCA Io? Forse è stato solo un momentaneo eccesso di sudorazione. Succede, sai? Forse ti devono venire le mestruazioni.
ROBERTO (Rassegnato) Andiamocene, Franca. Qui sta diventando pericoloso.
FRANCA (Con un sorriso) Pericoloso? Ma no, dai, non si sente neanche. E poi come vuoi che un po’ di sudore possa essere pericoloso?... (Improvvisamente urla) Aaahhhh!
ROBERTO (Allarmato) Che c’è? Che succede?
FRANCA (Spaventata) Oh, Roberto, Roberto è terribile... Sono appena entrati due Carabinieri... Oh, Roberto, cosa facciamo adesso?
ROBERTO Dove sono?
FRANCA Non ti girare! Non ti girare! Stanno guardando verso di noi! Mio Dio, questa volta è la fine... Si staranno chiedendo anche loro che cosa ci fa un pallone aerostatico in un ristorante. Ah! Stanno venendo verso di noi! Ci hanno scoperti! (Si alza e grida) È finita! È finita!
ROBERTO (Si gira a guardare dietro le sue spalle, poi tira giù FRANCA con uno strattone) Siediti, cretina! Quelli non sono Carabinieri. Sono marinai.
FRANCA Marinai?
(Entra il CAMERIERE di corsa)
CAMERIERE Che cosa succede?
FRANCA È finita... l’acqua. Ce ne porti dell’altra.
CAMERIERE (Prendendo la bottiglia) Subito. (Esce)
FRANCA Scusami. Ero convinta fossero Carabinieri. Hanno le divise uguali. Scusami. Io proprio non volevo. Scu... (S’interrompe perché vede lo sguardo di ROBERTO) Niente scuse.
ROBERTO Dobbiamo agire, Franca. Ascoltami bene. Adesso tu ti alzi da quella sedia e vai a telefonare a casa tua. Dobbiamo essere sicuri che tuo marito sia morto.
FRANCA Bene. Vado a telefonare. (Si alza, poi ci ripensa e si risiede) A chi devo telefonare?
ROBERTO A tuo marito. A casa tua. Dobbiamo sapere se è morto o meno.
FRANCA Ah. Certo. (Si alza e si risiede) Se è morto non verrà a rispondere al telefono, Roberto.
ROBERTO Appunto.
FRANCA Non capisco.
ROBERTO Franca, è quello che vogliamo, no? Vogliamo che tuo marito non risponda al telefono.
FRANCA Se vogliamo che non risponda al telefono, allora cosa lo chiamo a fare?
ROBERTO Te l’ho detto! È per avere la certezza che sia morto!
FRANCA Ho capito! Ma da che mondo è mondo, Roberto, i morti non rispondono al telefono!
ROBERTO È proprio questo il punto. Se non risponderà nessuno, vuol dire che è morto!
FRANCA Ah. Già. (Si alza, poi si risiede) Sei intelligente, Roberto, lo sai?
ROBERTO Ti vuoi decidere ad andare a fare questa maledetta telefonata?
FRANCA Oh, sicuro... (Si alza ed esce. Ritorna subito) Non ho gettoni, Roberto.
ROBERTO (Dalla borsetta prende delle monete e gliele dà) Tieni.
FRANCA Grazie. (Esce e ritorna subito) È a scheda.
ROBERTO (Dalla borsetta prende una scheda e gliela porge) Tieni.
FRANCA Grazie. (Esce e ritorna subito) È occupato.
ROBERTO Allora vai a fare la coda!
(FRANCA annuisce ed esce a destra. Da sinistra entra subito il CAMERIERE)
CAMERIERE La sua amica se ne è andata?
ROBERTO (Colto di sorpresa, senza alterare la voce) Eh? (Si riprende. Con voce femminile) No, è andata solo alla toilette. Sa come succede...
CAMERIERE E l’ha lasciata sola?
ROBERTO (Con voce femminile) La mia amica è terribile. Ogni volta che se ne va, mi lascia sola.
CAMERIERE È un vero peccato vedere una donna come lei seduta da sola al tavolo di un ristorante. Posso farle un po’ di compagnia?
ROBERTO (C. s.) La ringrazio, ma la mia solitudine è momentanea. La mia amica torna subito. Il tempo di... farla e sarà qui.
CAMERIERE Allora spero che sia una cosa lunga...
ROBERTO (C. s.) Oh, no, non credo che sarà una cosa lunga. Voglio dire, non doveva... Cioè, doveva solo... Insomma, tornerà presto, ne sono sicuro. No! Sicura!
CAMERIERE Io le devo confessare che è tutta la sera che la guardo. Ha un vestito così delizioso addosso...
ROBERTO (C. s. Sincero) Davvero? Trova? Non lo dice per adularmi?
CAMERIERE Sono molto serio. Le sta benissimo.
ROBERTO (C. s.) Non crede che mi stringa troppo sui fianchi?
CAMERIERE Stringerla sui fianchi? Assolutamente no. È un vestito bellissimo. Vorrei averglielo regalato io.
ROBERTO (C. s.) Sono contenta che le piaccia, perché deve sapere che la mia amica mi ha detto che con questo vestito addosso sembro un pallone aerostatico. (Si alza in piedi) No, dico, mi guardi. Le sembro forse un pallone aerostatico?
CAMERIERE (Facendolo sedere) La prego, si risieda. Non vorrei che la sua amica tornando la vedesse e pensasse che sta prendendo il volo. (ROBERTO si risiede con un sorriso) Le ha mai detto nessuno che ha due occhi che ricordano il blu dell’oceano?
ROBERTO (C. s.) I miei occhi sono marroni.
CAMERIERE Appunto. Come il blu dell’oceano quando c’è cattivo tempo. Senta, perché non si libera della sua amica? Farei molto volentieri un giro in.... mongolfiera.
ROBERTO (C. s.) Mongolfiera? Quale mongolfiera? (Capisce l’allusione e sorride intimidito) Ah, ho capito. Lei si sta prendendo gioco di me... (Vede FRANCA tornare) Se ne vada. La mia amica sta tornando.
(Il CAMERIERE esce a sinistra, FRANCA rientra da destra)
ROBERTO (Mentre FRANCA si siede) Finalmente, Franca! Dove diavolo eri finita? Mentre eri via, ho corso un brutto rischio. (FRANCA scoppia a piangere) No, non fare così. Non è successo niente. Dicevo così per dire...
FRANCA (Piangendo) Oh Roberto, è terribile. Non riesco neanche a parlare. Il dolore...
ROBERTO Oh, tuo marito. È vero. Non ha risposto nessuno al telefono, vero Franca?
FRANCA (Piangendo) Oooohhhhh! Non credevo che potesse fare così male...
ROBERTO Lo capisco, Franca. È normale che tu sia sconvolta, però cerca di contenerti. Stai dando spettacolo.
FRANCA Spettacolo? Tu vieni a dire a me che do spettacolo? E tu, con quel vestito addosso? Roberto, oltre che senza gusto, sei anche senza cuore. Non hai un po’ di rispetto. In fondo era da quattro anni e mezzo che vivevamo insieme e quattro anni e mezzo non sono una settimana. Sono quattro anni e mezzo.
ROBERTO Come quattro anni e mezzo? A giugno fanno sei anni che ti sei sposata.
FRANCA Allora? Questo cosa c’entra? Non abbiamo mica vissuto subito nella stessa casa.
ROBERTO Non vivevate insieme?
FRANCA No. All’inizio mio marito non voleva. (Piange più forte) Diceva che era avere una rogna per casa...
ROBERTO Una rogna? Beh, non mi sembra una cosa carina.
FRANCA (Piangendo) Oh, Roberto, è terribile. Terribile. Terribile. (Piange più forte) Mi sento morire...
ROBERTO Franca, ti prego. Cerca di calmarti.
FRANCA Calmarmi? Calmarmi? Sei impazzito, Roberto? Come credi che possa calmarmi? Non lo capisci? Ho ucciso un innocente. Sono un’assassina! Un’assassina a sangue freddo...
ROBERTO Franca, abbassa la voce. Non è il caso di farlo sapere a tutti. Sai com’è fatta la gente, potrebbe fraintendere...
FRANCA Non c’è niente da fraintendere, Roberto. È così. Io sono un’assassina e tu sei il mio complice. Dobbiamo pagare per quello che abbiamo fatto. (Si alza in piedi e grida) Noi dobbiamo pagare! Dobbiamo pagare!
ROBERTO (Tirandola giù con uno strattone) Smettila, Franca! Ti ha dato di volta il cervello? Si può sapere che ti è preso? Vuoi farci arrestare tutti e due?
FRANCA È proprio vero, Roberto. Il postino bussa sempre due volte.
(Entra il CAMERIERE di corsa)
CAMERIERE Ecco il conto.
FRANCA Il conto? Chi le ha chiesto il conto?
CAMERIERE Mi scusi, non era lei che due secondi fa urlava ‘Dobbiamo pagare! Dobbiamo pagare!’?
FRANCA Sì, io devo pagare perché sono un’ass...
ROBERTO (Interviene subito con voce femminile, al CAMERIERE) Un’assistente sociale. La mia amica è un’assistente sociale. E lei lo sa come sono le assistenti sociali, no? Vogliono sempre pagare loro. (A FRANCA) Ma questa sera no, cara. Non insistere. Stasera pago io.
FRANCA (Assorta) Pagheremo tutti e due per quel che abbiamo fat...
ROBERTO (La interrompe con voce femminile, al CAMERIERE) La sente? Vuole fare alla romana. È incredibile. Mai una volta che possa pagare io senza fare tutte queste storie. (Dalla borsetta tira fuori i soldi e li dà al CAMERIERE) Ecco. Tenga pure il resto.
CAMERIERE (Sottovoce a ROBERTO) La sua amica si sente male? Vuole che le chiami un taxi?
ROBERTO (Con voce femminile) No, grazie. Non serve.
CAMERIERE (C. s.) Sul conto le ho scritto il mio numero di telefono. (Strizza l’occhio a ROBERTO ed esce)
ROBERTO Franca, andiamocene da qui. (Si alza) Oltre che per omicidio, c’è il rischio che venga arrestato per adescamento.
FRANCA No, Roberto. Non posso.
ROBERTO Non puoi? (FRANCA scuote la testa) Cosa vuol dire che non puoi? Hai perso l’uso delle gambe?
FRANCA È inutile, Roberto. Io non posso più venire via con te. Non dopo quello che è successo.
ROBERTO (Risedendosi) Sento che tu sai qualcosa che io non so.
FRANCA Le cose sono cambiate, Roberto. Grazie a quella telefonata ora tutto è diverso. Il dolore ci ha uniti. Lo capisci?
ROBERTO No, non capisco niente.
FRANCA Ed è stato tutto merito tuo, Roberto. Se non fosse stato per te, io adesso non sarei arrivata a questo punto.
ROBERTO Perché? Dove sei arrivata?
FRANCA È stata la perdita. Ci ha fatto sentire diversi. Soprattutto lui è diverso, ora.
ROBERTO Chi è diverso?
FRANCA Mio marito. Lui è diverso. È cambiato. È maturato.
ROBERTO È morto.
FRANCA (Senza cogliere quello che ha detto ROBERTO) Oh, Roberto, sei proprio una persona fantastica. È mio marito. È giusto che io divida la mia vita con lui. Non ti offendere, ti prego.
ROBERTO Vuoi dividere la tua vita con un cadavere?
FRANCA Cadavere? Quale cadavere? No, il cadavere è stato già seppellito.
ROBERTO Lo hanno già seppellito?
FRANCA Sì. In giardino. Sotto l’olmo.
ROBERTO Sotto l’olmo?
FRANCA Era il suo albero preferito. Ci si arrampicava sempre. Stava le ore disteso lì, in mezzo alle fronde... Mi mancherà.
ROBERTO Tuo marito stava le ore disteso sull’olmo?
FRANCA Ma no, cosa hai capito, Roberto? Mio marito lo ha seppellito sotto l’olmo. Mi ascolti quando parlo?
ROBERTO Tuo marito ha seppellito qualcuno sotto l’olmo?
FRANCA Certo. Ha seppellito il cadavere. Che cosa volevi che facesse, che lo lasciasse sul tavolo della cucina?
ROBERTO Aspetta un momento. Mi stai dicendo che tuo marito ha seppellito un cadavere in giardino?
FRANCA Esattamente.
ROBERTO Quando?
FRANCA Come quando? Stasera. Dopo che me ne sono andata. Pensa, si è alzato dal letto dove dorme sempre, è andato in cucina, ha visto il bicchiere con il latte e lo ha bevuto.
ROBERTO Chi? Tuo marito?
FRANCA No, cosa c’entra mio marito! Il gatto.
ROBERTO Il gatto?
FRANCA Non è più con noi. Mio marito lo ha seppellito subito perché non voleva che tornata a casa lo vedessi in quelle condizioni. La mia vita non sarà più la stessa senza di lui.
ROBERTO Franca, mi stai dicendo che tuo marito è vivo?
FRANCA Certo che è vivo. Ha risposto al telefono! Soffre atrocemente, poverino. Sai, Roberto, credo una cosa. Questa morte così improvvisa ci ha fatto riflettere. A mio marito e a me, intendo dire. Ci siamo parlati come non ci siamo mai parlati prima. E ho capito che il nostro piano in senso di progetto era un errore. È proprio vero, Roberto: l’amore spesso divide, ma il dolore sempre unisce. (Si alza) Addio, Roberto. Grazie di tutto quello che hai fatto per me, ma si sa, i sentieri di Dio sono così misteriosi. Perdonami se non mi trattengo ancora un po’, ma mio marito mi aspetta per la cerimonia funebre e devo prima cambiarmi. Non posso certo presentarmi vestita così a un funerale. Oh, sarà una serata memorabile. Gli canteremo anche gli inni! (Esce a destra)
ROBERTO (Si alza per andarle dietro) Franca? Franca, dove vai?
(Entra il CAMERIERE da destra)
CAMERIERE Sta cercando di scappare?
ROBERTO (Con voce femminile) Oh, ancora lei!
CAMERIERE Non vorrei che se ne andasse proprio ora, proprio adesso che finalmente la sua amica se ne è andata.
ROBERTO (C. s.) La prego, mi lasci andare.
CAMERIERE Non dice sul serio.
ROBERTO Guardi, non vorrei sembrarle brusco... No! Brusca!... Però devo veramente andare...
CAMERIERE Perché domani non mi telefona? È il mio giorno libero.
ROBERTO (C. s.) Vedremo.
CAMERIERE Potremmo andare ad un cinema. A lei piace il cinema?
ROBERTO (C. s.) Abbastanza.
CAMERIERE Al D’essai sotto casa mia danno ‘Il postino bussa sempre due volte’. È un classico.
ROBERTO (Con voce normale) Eh no, non ci si metta anche lei! Il postino non bussa, suona! Suona!
CAMERIERE Hey, che grinta! Se vuole, io ho finito il turno. Se facciamo una corsa, riusciamo ad arrivare in tempo per l’ultimo spettacolo.
ROBERTO (Di nuovo con voce femminile) Magari un’altra volta. Grazie.
CAMERIERE La prego. Non sia così difficile. Mi dica di sì.
ROBERTO (C. s.) Non insista tanto. Mi lasci andare.
CAMERIERE Perché non vuole uscire con me? Non le piaccio?
ROBERTO (C. s.) Lo sa il perché, no? Non si ricorda? Sono una donna sposata.
CAMERIERE Beh, questo non mi sembra un ostacolo, visto i vizi privati di suo marito.
ROBERTO (C. s.) Sì, certo, ma vede, non è solo quello... È che io... Sono una donna che ha molti difetti. Molti... Uno, in particolare.
CAMERIERE Davvero? Tipo?
ROBERTO (C. s.) Beh, io... Sono una donna che suda. Che suda molto. In continuazione. Sempre. Mi devo cambiare anche tre volte al giorno. È molto imbarazzante...
CAMERIERE Non è un problema. Mai sentito dire che il sudore è l’aroma dell’amore?
ROBERTO (C. s.) No, questa mi mancava. Senta io... Non credo che sua madre sarebbe contenta che io e lei uscissimo insieme.
CAMERIERE Di questo non mi preoccuperei. Mia madre è morta.
ROBERTO (C. s.) Anche questa! ...Io bevo! Sul serio. Bevo dalla mattina alla sera. Bevo di tutto. Mi attacco anche ai detersivi. Sono un’alcolista all’ultimo stadio.
CAMERIERE Anch’io non disdico un buon bicchierino ogni tanto.
ROBERTO (C. s.) Senta, in confidenza, io sono frigida.
CAMERIERE Perché non ha ancora trovato l’uomo giusto.
ROBERTO (Si toglie il cappello, con voce normale) Ma non capisci? Io sono un uomo!
CAMERIERE Beh, nessuno è perfetto.
(E così dicendo il CAMERIERE afferra ROBERTO in un abbraccio e lo bacia appassionatamente sulla bocca, mentre calano le luci. BUIO)