TEATRANDO
commedia in due atti di
Anna Mauro
Ai miei straordinari compagni di viaggio: Sonia Reina (mia figlia), Gino Bonanno, Marilia Chiovaro, Maurizio Tusa, Simonetta Genova (che mi ha dato la spinta per la stesura di quest'opera), Marisa Capone, Salvo Rubino, Silvana Sardina, Irene Ponte, Maria Teresa Ricotta, Filippo Minneci e a tutti i componenti dell'Associazione culturale “Il carrozzone” di Palermo, per l'incommensurabile fiducia che mi hanno dimostrato.
Personaggi
Irene - regista
Lilli, Gloria, Alice, Mariuccia-attrici amatoriali
Fulvio, Marcello, Michele, Salvino-attori amatoriali
Silvana-aspirante attrice amatoriale
Primo atto
Il sipario si apre su una sala prove. Sulla scena la regista e un gruppo di attori di età eterogenea.
Fulvio
Come mi devo mettere? Le mani dove le tengo?
Irene
Scommetto che a casa non hai provato nemmeno una volta.
Fulvio
Non ho avuto tempo.
Irene
(amareggiata) Ma che vi piglia, stasera, a tutti quanti? Quante volte ve lo devo dire che un lavoro efficace dev’essere nascosto, meditato…dovete chiudervi a chiave in una stanza. Dovete provare, riprovare, truccarvi. Tutto dev’essere un’esplorazione dell’io. Cercate di essere ricettivi, ragazzi. Spesse volte quando parlo ho l’impressione di far prendere una boccata d’aria alle mie tonsille. Fulvio, dai, tocca a te.
Fulvio
Agghiacciante il momento in cui…
Gloria
(suggerisce)…toccai quella mano…
Fulvio
(secco) Toccai quella mano.
Irene
Gloria, perché suggerisci?
Gloria
Per dargli una mano.
Irene
(ride) Toccai quella mano per dargli una mano.
Gloria
Non posso?
Irene
Lo sai che non puoi.
Gloria
E perché?
Irene
Te l’ho spiegato duemila volte il perché. Il suggeritore devia la concentrazione, accentra l’attenzione e l’attore non riesce ad entrare completamente nel personaggio.
Gloria
Io non capisco perché tutte le altre compagnie hanno il suggeritore e noi no. Noi che siamo…speciali?
Irene
Speciali, speciali. Se non altro non siete le mie vittime sacrificali.
Gloria
Esagerata!
Irene
Un minuto di prove e trenta di discussioni perse. Ve lo ripeto per l'ennesima volta. Io ritengo che il suggeritore sia una vittima sacrificale, simbolo della totale incapacità del regista di fornire agli attori i mezzi e gli strumenti idonei per il raggiungimento della padronanza dei ruoli da interpretare.
Mariuccia
(agli altri) Comunque…ha ragione. Io vieto ai miei alunni di farsi interrogare con il libro davanti. Passerò per cattiva, ma ho notato che assimilano meglio e riescono a districarsi in maniera molto più disinvolta.
Alice
(entra di corsa trafelata) Scusate il ritardo, ma vengo da una visita di condoglianze.
Lilli
Chi è morto...lo conosco?
Alice
Forse...la mia estetista. Poi ti racconto.
Irene
Fulvio, ricomincia, per favore.
Fulvio
Agghiacciante il momento in cui toccai quella mano…
Lilli
No, non così. (ripete la frase con una particolare intonazione) Agghiacciante il momento in cui toccai quella mano.
Fulvio
(la imita) Agghiacciante il momento in cui toccai quella mano…
Irene
Mi sto incacchiando di brutto. Lilli, perché lo correggi?
Lilli
Così.
Irene
E tu, Fulvio, perchè la imiti?
Fulvio
Perché…così!
Irene
Ma lo sai che chi imita gli altri è falso, manca d’intelligenza, è artefatto e innaturale? Questo del…perché…così!...è lo stile del mediocre.
Fulvio
Mediocre a me? Me ne vado, non resisto più.
Irene
Non mi dire che ti sei offeso…Il sangue me lo stai facendo diventare acqua.
Fulvio
Sì, mi sono offeso. Non hai modi. Io sono qui per divertirmi. Per me il teatro è divertimento.
Irene
Ma per favore co’ ‘sta storia del divertimento. Scambiate il divertimento che viene da divertere, mutare, con la risata da sacco coi pupi nello stomaco. Riprendi il tuo posto, dai!
Fulvio
No, me ne vado.
Irene
(rassegnata) Vattene. Lo so, tu preferiresti un regista che ti segua passo passo, che ti dica esattamente quello che devi fare e come lo devi fare. Ma quello è il regista che tende a fare dell’attore una fotocopia di quella che è la sua idea, senza rispettare la personalità dell’attore e quindi senza stimolare le potenzialità che potrebbero saltarne fuori. Quello è un regista che non rende indipendenti. E tu vuoi dipendere da qualcuno.
Fulvio
Non è vero!
Irene
E’ vero sì, è sacrosanto. E sai perché? Per fare ricadere tutta la responsabilità sulle spalle di qualcun altro.
Fulvio
Dai!
Irene
E più si getta la responsabilità sugli altri, mio caro, più diminuisce la possibilità di far lavorare il proprio cervello. (Fulvio, offeso, esce di scena).
Gloria
Dai Fulvio!
Irene
(profondamente amareggiata) Sapete qual è il grande difetto di questo metodo? Cambia la gente, cambia la sua vita, cambia i suoi automatismi. Ed è lì che nasce l’antagonismo con il regista. Gli attori lo temono, gli sono nemici…Vi dirò di più…gli stessi attori saranno pronti a lodare e a venerare un qualunque altro regista che parla e filosofeggia. Ma il regista del metodo otterrà un grande risultato: la fiducia di ogni attore nei propri mezzi. Tutti penseranno di avere fatto le cose da soli, perchè non sono stati imboccati, ma abituati a cacciare da soli. Adesso cinque minuti di pausa. Grazie. Ah! Un’ultima cosa. Ricordatevi che quando avrete la consapevolezza di avere fatto bene, non sentirete neanche il bisogno degli applausi.
Lilli
Secondo me la gente applaude quando si fa due palle così.
Mariuccia
Applaude per rimanere sveglia.
Salvino
Basta sentirla quando inizia uno spettacolo in ritardo.
Irene
Concordo. Il problema non è far fare ginnastica alle braccia e alle mani. Il punto è riuscire a trascinare tutti dentro la trama.
Lilli
Mi piacerebbe tanto recitare un monologo su questo tema. Così, se nessuno applaude, penso che è per il testo e non mi scoraggio. Ciao, vado in pausa.
Entrano Silvana e Michele.
Michele
Irene, ti presento una mia amica, Silvana. Vorrebbe entrare a far parte del nostro gruppo.
Silvana
(le stringe la mano) Michele mi ha tanto parlato di voi e ha insistito al punto tale che non ho più potuto rifiutare.
Irene
Piacere, Silvana, accomodati. Michele, fai tu gli onori di casa. Arrivo subito.
Michele
Ricordati…non deve sapere il vero motivo per il quale sei venuta qui. Mi sbatterebbe fuori dalla compagnia senza farmi dire Bi, senza remissione di peccati. E anche se sono innamorato di te, non me la sento di farle questo.
Silvana
Ok, tranquillo.
Irene
(entra in scena) Scusatemi, ogni tanto la fisiologia si fa strada e ci ricorda di non essere macchine…(a Silvana) Silvana...vero?
Silvana
Sì.
Irene
Sei pronta per entrare nella fossa dei leoni?
Silvana
Sì, sappi però che io non ho mai recitato.
Irene
(a Michele) Dicono tutti così.
(a Silvana) E se ti dicessi invece che tu invece hai sempre recitato mi crederesti?
Silvana
No, non potrei.
Irene
Sì, nella vita, in ogni attimo, ogni giorno, a casa, a scuola, in ufficio…Sediamoci un attimo insieme. (si siedono)
Non per incoraggiarti…ma gli eventi che hai vissuto finora ti hanno costretto a indossare delle maschere che non ti appartenevano.
Silvana
Sì, forse hai ragione.
Irene
Il pubblico e il privato, i vizi e le virtù, la madre di famiglia, la dipendente bistrattata. Non c’è un personaggio, fra quelli che hai interpretato, uguale all’altro. Un po’ come una firma. Riconosci subito una contraffazione se due firme, una sovrapposta all’altra, sono identiche.
Di più.
In ogni situazione che hai vissuto i personaggi si sono comportati in maniera diversa.
Silvana
Sì, è tutto vero, ma ho paura e nello stesso tempo tanta voglia di cimentarmi. Pensi che potrò farcela?
Irene
La paura è difesa ed è giusto che ci sia. Ma qui state tutti sulla stessa barca. Nessuno di loro (indica il gruppo dietro le quinte) è un professionista. E gli attori amatoriali hanno le stesse reazioni dei malati. Quello che fa bene a uno, è veleno per l’altro.
Silvana
Spero di non assumere veleno (ride, più rilassata)
Irene
Giuro! Cercherò di non ucciderti.
Silvana
Come fai a saperlo? Mi stai mettendo ancora più paura.
Irene
Come? Perchè se la stessa cosa può essere giusta o sbagliata, non può esistere una prescrizione capace di soddisfare chiunque.
Silvana
Meno male.
Irene
Nel mio lavoro il regista può essere paragonato ad uno chef.
Deve sapersi avvalere delle sue ricette nel modo giusto.
Gli attori, anche tu di conseguenza, devono solo procurarsi gli ingredienti che servono.
Silvana
(divertita) Per esempio?
Irene
Una manciata di costanza, una spolverata di diligenza ed un pizzico di ambizione. Abbondante buonumore, entusiasmo in dosi massicce e un grande spirito di cooperazione.
Silvana
(ride) Allora potrò farcela senz’altro.
Irene
Ah! Dimenticavo la cosa più importante. Ci vuole fegato. Ne hai?
Silvana
Da vendere.
Irene
Allora è fatta, ma ti avviso! Tante volte ti verrà di gettare tutto alle ortiche. Ricordati però che in un momento di crisi il debole muore e il forte diventa ancora più forte.
Silvana
Tutto quello che hai detto segue una logica spietata.
Irene
Assolutamente no. Il teatro non è logica perché non può seguire né la mia, né la tua, né la logica di altri. E’ un insieme di fiori ed erbacce, ma non puoi scegliere. Non puoi raccogliere quello che vuoi e non puoi escludere quello che non vuoi.
Silvana
Fiori e malerba.
Irene
Insieme. Tanto sai che la malerba non muore mai.
Scoprirai un’alternanza di carezze e bruciori, di coccole e dolori e soprattutto non saprai mai cosa troverai girando l’angolo.
Silvana
In fondo, come la vita.
Irene
Brava. Il teatro è come la vita. E’ sorpresa. Non può essere vissuto secondo preconcetti e bisogna agire sempre, in qualunque momento, come se non si conoscesse niente.
Silvana
E’ veramente affascinante. Michele mi ha detto che scrivi per loro.
Irene
Per la verità scrivo per me, passando per loro.
Silvana
Che significa?
Irene
E' difficile da spiegare...Una volta delineata la trama, sono gli stessi personaggi a chiedermi di accompagnarli dove vogliono andare. Mi prendono per mano. Avverto il loro contatto fisico. Talvolta cerco di dissuaderli dai loro propositi, ma è inutile. La scelta è loro, non mia. La vita è loro, non mia. Forse perché anche nel teatro, come nella vita, tutto è destino.
Silvana
E gli interpreti?
Irene
Loro contribuiscono quando entrano in maniera violenta dentro il mio personaggio e pensano come lui, agiscono come lui. Lì hanno tutto il diritto anche loro di condurmi dover vogliono, sempre che la situazione che sono riusciti a creare riesca a coinvolgermi profondamente. (perplessa) Ehi, Silvana! Non crederai mica che ti conceda un’intervista.
Silvana
(si tradisce) So benissimo che sei refrattaria a questo tipo di cose (Irene si allerta, mentre Michele sgomita Silvana)
Irene
(riprendendosi dalla sorpresa) Allora, cosa aspetti? Ti invito a provare stasera stessa. Almeno saprai di che morte morirai. (ridono tutti insieme)
Il gruppo di attori amatoriali, di età compresa fra i venti e i cinquanta anni di età parlotta animatamente.
Gloria
Prima o poi andrò a fare quel provino, che vi piaccia o no.
Gli altri
Ma dove devi andare...
Irene
Silenzio, chiacchieroni. (il gruppo si zittisce) Che pace, ragazzi! Chiacchierare fa benissimo e permette di apprezzare il silenzio che segue. Alternanze di parole e di silenzi. Ecco l’utilità della pausa.
Mariuccia
Noi veramente non stavamo chiacchierando.
Irene
Ah, no? E cosa stavate facendo?
Mariuccia
Gossip. Sul giornale di oggi c’era scritto che sette minuti di gossip migliorano la vita.
Irene
(divertita) Non potreste cercare di migliorarla in altro modo? No, vero?
Marcello
(secco) No.
Irene
Ma che avete stasera tutti quanti…Siete stati morsi dalla tarantola? Boh, chi ci capisce è bravo! Ok. Intanto vi presento Silvana.
Salvino
Piacere.
Lilli
Benvenuta.
Irene
Fatti i convenevoli di rito iniziamo la lezione.
Gloria
(a Silvana) Sei arrivata al punto giusto.
Irene
Per cosa?
BUIO-Dalla platea entrano Fulvio e Alice reggendo una torta con le candele accese e intonando tanti auguri. Tutti gli altri si uniscono al coro.
Irene
Vi siete ricordati del mio compleanno…Grazie…è bellissima.
Fulvio
Dai, spegni le candeline ed esprimi un desiderio.
Irene
(soffia sulle candeline) Fatto. (guarda Fulvio stupita) Ma tu non eri andato via?
Fulvio
In realtà volevo farti incazzare per non farti sospettare niente.
Irene
Fa 'nculo! (si toglie una scarpa e gliela tira, poi lo rincorre per la sala lanciandogli tutto quello che le capita a tiro: copioni, penne, borse. Ridono) Mi hai fatto stare male. Disgraziato! Ci sono caduta in pieno.
Gloria
(cantilenando stizzosa e divertita) Eravamo tutti d’accordo per farti venire il nervoso.
Irene
Però…nulla da dire. Sono fiera di voi. Avete recitato alla perfezione.
Tutti
Discorso! Discorso!
Irene
(commossa) Che vi devo dire, ragazzi? Grazie, con tutto il cuore. Cosa farei senza di voi...Riuscite a fare uscire il meglio di me facendomi fissare obiettivi impensabili.
Gloria
Quali, per esempio?
Irene
Riuscire a mettere il giudizio da parte e riuscire ad amare la gaffe, l’errore. Fare viaggiare la gente in mondi non suoi, in mondi sconosciuti. Far chiedere in continuazione...“E se fossi al posto dell’altro?”
Michele
A cosa devi il tuo successo?
Irene
Io devo il mio successo a quello degli altri. Ti dirò di più. Io vivo il successo delle persone che conosco come se fosse mio.
Michele
Senza invidia?
Irene
E che sono scema? Perderei tante gioie se invidiassi qualcuno. Piuttosto li ammiro.
Michele
E il tuo obiettivo più difficile, quello che consideri un'utopia,
qual é?
Irene
Ma stasera sei veramente curioso, Michele. Eppoi, se lo dico, mi prendete per pazza. Non che ci voglia molto...
Lilli
Dai, dai , diccelo. Lo vogliamo sapere.
Irene
Neanche per sogno, quello non ve lo dirò mai. Adesso non mi fate commuovere e facciamo onore alla torta. A proposito…chi è l’artefice di questa meraviglia?
Mariuccia
Io.
Irene
Che profumino di fragole e rhum!
Fulvio
Ti stai dopando?
Irene
E come no? Quando risentirò questo profumo, ripenserò a questo momento. Dovreste farlo anche voi. Fisserete un fotogramma della nostra vita nella vostra memoria. Ecco un modo per stimolarla. (odora la fetta di torta) Odorare e doparsi. Gli aromi sono come la musica. Non a caso si parla di note.
Mariuccia
E' vero! Io quando sento profumi e balocchi piango sempre.
Tutti ridono
Irene
Vorrà dire che quando dovrai piangere, per aiutarti, utilizzeremo questa canzone. Quando si è in scena, chiunque deve metterci tutto quello che possiede, tutto quello che ha raccolto dalla sua vita.
Alice
Sì, ma come si fa a ricordare tutto?
Irene
L’olfatto, l’olfatto, ve lo ripeto. Purtroppo la nostra ignoranza olfattiva è sconfortante. Dobbiamo solo esercitarla. Ricordatevi che l’olfatto è il trampolino della memoria. E la memoria è semplicemente un muscolo che ha necessità di allenarsi. Ci vuole un esercizio costante.
Gloria
Per esempio?
Irene
Chiudete gli occhi (gli attori chiudono gli occhi). Odorate la torta (gli attori odorano la fetta di torta). Se vi rilassate, prima o poi affiorerà qualcosa alla vostra memoria.
Fulvio
Ehi! E' vero! Il matrimonio di mia zia.
Irene
Prova a chiederti il perchè.
Fulvio
Ha il profumo delle torte marriage, classiche dei ricevimenti nuziali.
Salvino
Il suo odore di rhum mi ricorda una delle prime merendine confezionate.
Irene
Bene. E la stessa cosa vale se provate a rievocare, per esempio, il profumo del ragù che si spandeva per le scale nelle domeniche di tanti anni fa.
Marcello
A me capita quando lo risento... mi rivedo a casa di mia nonna...Che nostalgia, ragazzi!
Alice
Perchè a me riesce quasi impossibile?
Irene
Possono essere due i motivi. Uno, perché sei abbastanza giovane. Due, perché magari le tue abitudini igieniche, la diffusione dei deodoranti e l’assuefazione all’inquinamento non riescono a stimolarti. Ultimo, ma non ultimo, un fattore di stress che impedisce ai polmoni di aprirsi e assimilare gli odori.
Odori e profumi sono anche legati a fatti culturali e periodi storici e, quando questi passano, cessa anche il loro potenziale evocativo. Prendiamo il patchoulj per esempio. (Prende un flaconcino di patchoulj e lo svita) Silvana, vieni qui.
Silvana
Io?
Irene
Sì, tu. Chiudi gli occhi (Silvana chiude gli occhi), respira profondamente (Silvana esegue) e rilassati…(con voce suadente) Dove sei?
Silvana
In una stanza.
Irene
Sei sola?
Silvana
No.
Irene
Chi c'è con te?
Silvana
Una donna (inizia a tremare)
Irene
Cosa avverti?
Silvana
Freddo, c'è freddo.
Irene
Cosa fa la donna?
Silvana
Sistema degli strumenti sul tavolo.
Irene
Hai paura?
Silvana
Sì, sì....(comincia ad ansimare e a tremare)
Irene
(categorica) Ok, basta. (Silvana, in silenzio, va a sedersi in mezzo agli altri). (A tutti, come se niente fosse accaduto) Adesso vi spiego una cosina. Accendo lo stereo e voi, via via che io parlerò, eseguirete una serie di esercizi.
Salvino
Per cosa?
Irene
Scegli tu.
Salvino
Cos’è un grande attore, secondo te?
Irene
Bella domanda, complimenti (accende lo stereo)…Vediamo un po’…Un grande attore è come una pianta floreale odorosa. Interessante è conoscere la metamorfosi che deve avvenire, la trasformazione che la pianta, così come la persona che si avvicina al teatro, deve subire partendo da seme. Tengo a precisare che è un percorso molto difficile e doloroso. Il seme è quell’aspirante attore che ha un desiderio vivo di cimentarsi sulla scena, ma che se non riesce a relazionarsi con l’ambiente e con gli altri, resta seme, isolato e incapsulato, e incapace di rapportarsi con la terra, con l’aria, con l’universo. Adesso chiudete gli occhi, visualizzate la situazione e provate la sensazione di essere dei semi, chiusi nella vostra corazza, l’uno lontano dall’altro (il gruppo di attori esegue, richiudendosi in posizione fetale). Bene. Con la voglia di fare inizia la metamorfosi. Il seme affonda nel terreno, fuoriesce dalla scorza ruvida e diventa un tutt’uno con la terra. Provate. Ok. Adesso può seguire due vie: o muore per il suo egocentrismo…(eseguono) oppure si diffonde nel terreno e germoglia…(eseguono). Adesso fermatevi un attimo. (si fermano)
L’uomo, come seme che si dissolve nel terreno, perde ego e personalità e lascia germogliare l’attore che è in lui. Ma sa benissimo di correre un rischio. Una piantina appena nata ha una grande fragilità rispetto ad un seme racchiuso nella propria armatura. La pioggia, il sole infuocato, le bufere possono distruggerla. Provate, coraggio! (eseguono secondo direttive)…Vento… sole infuocato… Pioggia… Bufera…
Stop! (si fermano)
Lo stesso per il neo attore saranno le critiche, i fischi, i successi precoci. Ma se l’aspirante attore riesce a sopravvivere, si fortificherà e, se riuscirà ad aprire e a spalancare il suo cuore come fosse un corollario di petali, diventerà un fiore bello da vedere.
Raggiungerà questa fase soltanto se proverà amore e volontà per il ruolo che interpreterà sulla scena. Tutto in lui, a quel punto diventerà forza della natura. Il punto d’arrivo sarà la fragranza, il profumo che, in quanto energia, una volta emanata, scomparirà nell’universo, diventandone parte integrante. Questa fase, che chiameremo dell’espansione, penetrerà negli animi degli spettatori, produrrà un processo d’identificazione e li condurrà alla riflessione.
Lilli
Posso fare una domanda?
Irene
Certo.
Lilli
Quando ci si accorge di avere raggiunto l’espansione?
Irene
Ve ne accorgerete da soli. Quando avrete la consapevolezza di avere fatto un buon lavoro, non avvertirete il bisogno del riconoscimento di nessun altro. La consapevolezza è una sensazione meravigliosa, è libertà. L’attore capace di comprendere, agisce totalmente, ma agisce nel momento. Questa sarà la sua grandezza. Si sentirà una massa d’energia. E l’energia conta molto, molto di più delle parole, perché rappresenta l’uomo nella sua interezza.
Salvino
E dello spettatore che ne facciamo?
Irene
Altra bella domanda. Due sono in realtà i protagonisti del teatro: l’attore e lo spettatore. Questi è la nostra ragione d’essere, il re, il giudice dei nostri sforzi, chi, con i suoi consensi o con i suoi fischi, determina il successo di un’opera. E’ come un elettore che designa l’ascesa di un uomo politico, un turista che pubblicizza un paese sperduto. Attore e spettatore sono come due parti della stessa cellula e l’attore è quello che deve riuscire a modificare sé stesso. Deve vivere il teatro con passione. E’ una sfida!
Il teatro è natura, è magia, è vita, non divertimento. E’ un fiume, non una palude. E’ un fluire e non un ristagnare. Così come ogni esistenza. (agli altri) Voi dovete immaginare di essere il tracciato elettrocardiografico di un cuore che palpita. Alti e bassi, sistoli, diastoli…sembrano montagne russe. Questa è la vita, questo è il teatro. Senza questi picchi, sareste il tracciato di un cuore morto.
Sì, proprio così. Elettrocardiogramma piatto uguale morte.
Evocate il passato. L’attore più bravo è quello che ha sofferto di più, è quello che ha un patrimonio di eventi.
Marcello
Allora, se è per questo...Eccomi qui. Piacere, Gasmann Vittorio. (scoppiano tutti a ridere).
Irene
La bravura è nel ricreare in noi un’emozione, non nel cercare di suscitarla. Si suscita da sé, naturalmente, se i presupposti sono giusti.
Alice
L'ultima domanda. Io, quando faccio bene, divento talmente orgogliosa di me tanto da rasentare la superbia. Quanto gioca l'umiltà in tutto questo?
Irene
Tantissimo. Per me, per esempio, l’umiltà non è la qualità che reprime superbia e orgoglio. E’ ben altro. E’ molto di più. E’ la capacità di rivedere sempre le proprie posizioni, di fare marcia indietro quando non si vuol far male a qualcuno, del non vergognarsi nel chiedere aiuto. E allora diventa assolutamente indispensabile, una qualità fondamentale.
Gloria
(ridendo, a Fulvio) Prenditi questa, pallone gonfiato. (agli altri) Morirebbe lui piuttosto che fare marcia indietro o chiedere aiuto agli altri.
Irene
Dai ragazzi, preparatevi, è tardissimo e domani dovremo andare tutti a lavorare. Grazie a tutti. (tutti escono allegramente dalla porta, mentre Silvana si avvicina a Irene)
Silvana
Non capisco cosa mi abbia preso.. Ho perso il controllo. Sono mortificata, scusami.
Irene
Tu non devi scusarti di niente. Piuttosto…come stai?
Silvana
Sei riuscita a farmi rivivere un episodio in modo così…così…sono ripiombata nella disperazione e nell’angoscia. O forse non ne ero mai uscita. Eppure, sarà l'impressione, ma in questo momento sto molto, molto meglio di prima.
Irene
Tante cose bisogna provarle sulla pelle prima di metterle su carta.
Silvana
Come hai fatto a capire che avrei voluto fare un'intervista?
Irene
Non ci voleva poi tanto...Posso dirti una cosa? Tu e Michele avete recitato malissimo. Comunque, se ti va, possiamo sempre fare un gioco.
Silvana
Un gioco?
Irene
Sì, ma soltanto se ti va. Io e te da sole, però.
Silvana
Ok, accetto. Solamente vorrei avvisare Michele di non aspettarmi. Sai? Mi ha dato un passaggio e non vorrei che si attardasse troppo per causa mia.
Irene
Michelino! (Michele entra in scena) Smamma!
Michele
(a Silvana) Mi lasci andare da solo?
Irene
Non ti mangiano mica...Sei talmente duro, ma duro! Così come hai la testa, hai tutto il resto. Duro e indigesto.
Michele
Gentile! Ma Silvana come torna?
Irene
Tranquillo, la lascio io.
Michele
Tu? (a Silvana) Silvana, senti a me, è meglio se te la fai a piedi. Irene guida a dieci all'ora.
Silvana
Meglio. Chi va piano, va sano...
Michele
...e fa fare gli incidenti agli altri. Una volta hai fatto sbattere pure me.
Irene
Te ne vai, sì o no?
Michele
Ma voi cosa dovete fare?
Irene
Dobbiamo giocare.
Michele
Ma come non vi scoccia giocare a quest'ora? No, scusa, guarda...senti...questo lo so a memoria (imita Irene) Dovete giocare, fantasticare, sognare. Sognare è gratis. E dovete riuscire a fare quello che non vuole più nessuno: vivere nelle favole. Hai visto che so tutto a memoria?
Silvana
A cosa si riferisce quello che hai detto?
Michele
E' la filosofia del suo gioco: si chiama teatrando. Per Irene conversare con una persona può far darle degli spunti per una storia che inizia a vivere contemporaneamente alla conversazione. Alla fine ti ritroverai con qualcosa da recitare per la prossima opera.
Irene
Michè! Ti spieghi come un libro chiuso. Tu sei come l'uovo. Più cuoci e più duro diventi. Ed è meglio che ti togli dai piedi perchè ho capito perchè l'hai accompagnata qui.
Michele
Ma...
Irene
Fuori!
Irene
Comunque, Silvana, adesso che hai provato...vuoi scrivere ancora?
Silvana
No, non mi va più. Voglio soltanto recitare.
Irene
Non avevo dubbi. (l'abbraccia) Ok Silvana, benvenuta fra gli amatoriali.
Sipario
Fine primo atto
Secondo atto
Teatro- Sipario aperto
Si avvertono nell'aria i preparativi per lo spettacolo.
Mariuccia entra in scena
Gli attori
(cantano) Mamma! Mormora la bambina...
Mariuccia
Dai, ragazzi!Mi viene da piangere...(si accascia su una sedia)
Gli attori in coro
Mentre pieni di pianto ha gli occhi.
Irene
Basta! Vi prego. Lo sapete, per me ogni rappresentazione è un parto. E a me sono iniziate le doglie, va bene? Fra meno di un'ora andremo in scena.
Michele
In scena? In scema!
Alice
Il trucco. Non ci arrivo se qualcuno non mi trucca. Chi mi trucca?
Mariuccia
Chi ha preso il mio mascara?
Irene
Mollate tutto per un attimo. Stiamo per aprire il botteghino.
Un'ultima cosa. Ho cambiato il finale.
Fulvio
Non ce lo dire.
Mariuccia
Non è possibile che cambi sempre all'ultimo minuto.
Irene
E invece sì. Ci ho pensato stanotte.
Fulvio
Ti dovresti intavorare tu, la sera prima dello spettacolo, così non ci disorienti l'indomani.
Irene
Ok, ok. Presentazione finale. Tutti sul fondo. Alla fine del monologo che concluderà il tutto, voi, in coro, chiuderete definitivamente con questo brano (porge a Fulvio una serie di fogli). Qualche minuto per impararlo a memoria.
Mariuccia
E' pazzesco quello che ci chiedi!
Irene
Nulla è pazzesco. Pronti?
Lilli
Le mani, le mani!
Marcello
Fatemi spazio.
Fulvio
Anche a me.
(Tutti formano un cerchio con una mano su quella dei compagni).
Irene
Uno...due...tre...
Tutti insieme
Merda! Merda! Merda!
Il sipario si chiude per riaprirsi subito dopo uno stacco musicale.
Sipario
Mariuccia è di fronte al pubblico, a destra, illuminata da una luce rossa. Marcello è al buio, seduto, a sinistra. Nel dialogo o, meglio ancora, nell’interpretazione dei monologhi che s’intersecano, la luce si sposterà una volta su uno, una volta sull’altra. I colori delle luci cambieranno assecondando lo stato d’animo del momento dei personaggi.
Mariuccia
Un uomo, forse come tanti. Ma per te unico, adorabile, tenero, interessante, appassionato: il migliore fra tutti.
Marcello
Una donna. Non una come tante. Unica, come tutte le donne sanno essere. Una donna positiva, solare, come poche donne sanno essere.
Mariuccia
Una storia, forse come tante. Ma tu la vivi, ne sei la protagonista e, giorno dopo giorno, ora dopo ora, attimo dopo attimo, pensi che sia l’unica, la più bella, la più esaltante, la più squallida, la più tenera, la più disperata storia mai vissuta prima..
Marcello
Una storia, un’altra storia, un’altra storia da collezionare. Diversa perché con una donna diversa. O forse una storia come tante. Ma l’hai voluta, ti ci sei buttato a capofitto e pensi…non pensi, non vuoi pensare.
Mariuccia
L’inizio e la rivelazione…
Marcello
Quando ebbe inizio? Non ricordo…
Mariuccia
Gioia e paura all’unisono… il cuore che batteva per i fatti suoi e i polmoni che respiravano aria frizzante e che si chiudevano quando ti fermavi a riflettere.
Marcello
La volevi, la desideravi…
Mariuccia
Perché quella paura? Ma perché fingi con te stessa? Quando ami vivi, ma è pur vero che ogni tua storia d’amore ti ha travolto, squartato, fatto soffrire.
Marcello
Non volevi che soffrisse. Infatti l’avevi avvisata. Gliel’avevi detto..”pensa ai patemi d’animo, ai casini che potrebbero nascere…
Mariuccia
Eppure ti aveva avvisata…Perché non gli hai dato retta?
Marcello
Perché non ti ha dato retta?
Mariuccia
Forse perchè già lo amavi e non lo sapevi. Forse per correre di nuovo incontro alla vita.
Marcello
Perché tenta di farmi venire complessi di colpa? Cosa pretendeva da me? Ma cosa voleva?
Mariuccia
Hai voluto sfidarti per l’ennesima volta....per la dolcezza dei suoi baci, per il tuo annullarsi nei suoi abbracci, per la gioia di accarezzargli le mani, per quella strana luce dei suoi occhi, per la felicità di stargli vicino...
Marcello
Ha cominciato a spaventarti. Si annullava nei tuoi abbracci, ha iniziato a perdere la sua autonomia, ad essere assolutamente dipendente da te. Per questo sei partito con la scusa di quella gara.
Mariuccia
Sparito! Una scusa, una partenza e un cambiamento radicale al suo ritorno. Non era più lui. Ripensamenti…o rimorsi, chissà! Non l’hai saputo e forse non lo saprai mai. Non una parola, né un gesto affettuoso, solo la telefonata con cui ti avvisava che non poteva venirti a prendere. E tu, sconvolta da questo silenzio e da questa indifferenza, hai sentito il bisogno della spalla sulla quale tante volte avevi pianto, dell’unico uomo che ti aveva veramente amata, della tua prima casa, della camera che tu stessa avevi arredato e che è rimasta intatta. Come sempre. I posters scelti da te, la tua bambola sulla sedia, i tuoi disegni sul muro e con loro la parola “fine” scritta col pennello da imbianchino. Nove anni sono passati ed è come se non te ne fossi mai andata, come se non l’avessi mai lasciato. La tua presenza è lì, anche quando non ci sei. Anche lui è lì, lui che finalmente ha trovato un’altra che gli ha fatto dimenticare te, che è sereno e che solo per questo ti può aiutare. Come sempre ti apre le braccia e tu, soffocata dalle lacrime, gli racconti la tua storia, tutta d’un fiato. Con lui hai parlato sempre di tutto: delle tue speranze, dei tuoi sogni, delle tue angosce, delle tue sensazioni. Stavolta gli chiedi cosa gli farebbe piacere se si trovasse al posto dell’altro, cosa gli darebbe fastidio. Chi può capire un uomo meglio di un uomo? Ti parla, ti rassicura...la sua spalla è sempre lì e tu conosci la pericolosità di quella spalla. Ma a poco a poco te ne allontani. Non piangi più. La sua voce è interrotta dagli ultimi tuoi singhiozzi. Esci dalla ”casa” più serena, liberata dal peso che ti opprimeva. Adesso sei pronta ad aspettarlo.
Marcello
Quanto ti manca la sua voglia di vivere! Il lavoro ti stritola, la famiglia ti opprime, le responsabilità ti attanagliano. Hai voglia di vederla. Subito! Hai voglia di possederla, di farti riscaldare dal suo sorriso, di sentirti avvinghiare dalle sue braccia.
Mariuccia
E quando torna, quando lo vedi, freni l’impulso irresistibile di corrergli incontro e gettargli le braccia al collo. Sai che non lo apprezzerebbe.
Marcello
E’ diversa, è più bella, è più donna. Ha sofferto per me. Lo sento, la sento tremare, nasconde le sue lacrime di commozione. Ma è tutta un’esplosione di gioia che m’investe e mi addolcisce. Vorrei tenerla ancora stretta a me, ma lei si riveste, saluta e va via. Proprio come un uomo che non vuole vincoli. Hai paura di perderla, ma non vuoi illuderla.
Mariuccia
Ma ormai la vita ti appare costellata di punti interrogativi. Verrà? Telefonerà? Mi penserà? Un’attesa che ti svuota sempre più e che ti rende quasi inanimata se il punto interrogativo si trasforma in no. Certe domande a lui non le farai mai. Hai paura, perché se gettassi la maschera e rivelassi i tuoi veri sentimenti, anche lui avrebbe paura e, stavolta, non tornerebbe più. Te l’ha detto anche all’inizio di “non prenderla troppo calda”. Ma tu non sai usare il contagocce: o dai tutta te stessa o nulla. Vorresti dargli tutto ciò che nessuna donna gli ha mai dato. Ma tu, cosa effettivamente non hai mai dato a un uomo che potresti dare a lui? Forse la tua completa sincerità, anche se l’ antica saggezza femminile te lo sconsiglia. Non vergognarti di dimostrargli anche la tua vulnerabilità, la tua fragilità. Ti accorgi di essere gelosa del suo passato, che ignori. Ti addolora il non averlo visto crescere, il non averlo conosciuto bambino o adolescente. “ Chissà com’era” ti chiedi e scruti i volti dei tuoi alunni per carpire qualche cosa che assomigli nei gesti, nello sguardo, nella bocca. E ti rendi conto che ormai è dentro di te. E’ parte inscindibile dai tuoi pensieri e tu non vuoi. O forse sì. Te lo senti dentro, vive con te. A volte pensi che sarebbe bello avere un figlio da lui, un figlio che gli assomigli e che abbia per occhi gli stessi due pezzi di cielo che ha lui, per ricordartelo quando lui non ci sarà più...a costo di qualsiasi prezzo e sacrificio...
Marcello
Devi assolutamente vederla. Quando finirà la scuola, per lei, non sarà più così facile disporre del suo tempo.
Mariuccia
Il penultimo giorno di scuola...quella sua risposta alla tua frase “Chissà quando ci rivedremo..-”.
Marcello
”Forse fra un mese, o fra un anno, forse mai più...”.
Mariuccia
La sensazione di gelo che ti paralizzava le gambe perché pensavi che non l’avresti più rivisto...E le margherite tutte appassite; quelle margherite che sfogliavi interrogandole giorno dopo giorno. E’ l’ultimo giorno di scuola e non ci sono più margherite: l’ultima l’hai sfogliata il giorno prima. La tua storia ha seguito la sorte del cespuglio.
Marcello
Non posso perderla. Al diavolo tutto! La famiglia, il lavoro…devo dirglielo. Lei mi fa sentire importante, mi sento un uomo vero.
Mariuccia
E quando ritorna tu benedici le lacrime, l’angoscia, lo sgomento e fai l’amore con lui come se fosse l’ultima volta.
Marcello
Perché si comporta così? Sembra quasi che sia l’ultima volta che facciamo l’amore.
Mariuccia
Ami tutto di quest’uomo, così diverso da te: il suo silenzio, la sua riservatezza. Non cambieresti niente di lui. E ti rendi conto che ti dà i suoi momenti più belli, che non è “l’iceberg” che vuole far credere. Non può esserlo un uomo capace di risvegliare tali emozioni. Quando sei con lui non ci sono “ma”, “se”,”perchè”. Vivi quell’intimità per essere quello che con altri non sei, per rivelare a lui solo aspetti che tutti coloro che ti circondano ignorano. E accetti tutto come un regalo, pensando che se ci sarà una prossima volta sarà ancora più bella di quest’attimo che stai vivendo. Non gli chiederai mai niente. In fondo sei come lui: hai bisogno di un amore libero, libero da responsabilità, da doveri, che sfugge al mondo intero, a tutti gli altri, anche alla tua più cara amica. E nel rifugiarti fra le sue braccia, ti viene voglia di piangere. Di gioia. Non sai come finirà questa storia. Sicuramente stavolta tu non scriverai la parola FINE. Metterai un punto e aspetterai. Se lui vorrà potrà tornare a capo.
A coppie e individualmente gli attori si avvicenderanno sul palco. Nei loro monologhi si riconoscerà lo spunto che è nato nel primo atto.
(Gloria si rosicchia nervosamente le unghie. Ha appena finito di leggere la lettera di convocazione ai provini).
Gloria
Ma chi l’avrebbe mai detto che mi avrebbero risposto…a me non mi calcola mai nessuno.
E ora? Già, ora che caspita faccio? Io che so fare? (ride) Niente, non so fare niente!
Io so soltanto che voglio fare l’attrice e che questo è il mio sogno da sempre.
(Dà uno sguardo alla lettera) Ma qui si presentano i bravi, quelli che hanno le basi.
(Con infinita tristezza) Io, di basi, ho solo i miei piedi.
E per giunta un equilibrio niente di che.
Cosa potrei fare con i miei piedi?
Potrei ballare, certo!...
Sì, ma che gli faccio? (rosicchia le unghie)
Latino, sì, gli faccio latino. (canticchia un motivetto di musica latino americana e comincia a muovere qualche passo) Spalline, bacino…
Dai, si vede lontano un miglio che sono una cosa inutile. Ma che mi presento a fare? Vogliono che canti. Io? Che canti…stonata come una campana…(accenna una canzone e, sul finire, prende deliberatamente una stecca)
E se iniziano a sghignazzare e io scoppio a piangere?
Io ho la lacrima facile.
Per la verità anche la risata facile (sghignazza) Sono agli opposti. Non sono una equilibrata. Se ne accorgeranno subito. Mi sbatteranno fuori.
(Imita la voce rude di un uomo)“Signorina, lei crede forse di poterci prendere per i fondelli? Eh, no! Siamo dei professionisti, noi. La prego, si accomodi fuori”.
(Continua a martoriarsi le unghie) … E se vogliono sapere che cosa ho fatto fino a oggi, che gli dico…niente?
In fondo non è importante il “da dove si viene”, ma “il dove si vuole arrivare”.
Ma io non voglio neanche arrivare.
Io voglio andare.
Lontano. (canticchia “Andare lontano” tratto da Poster” di Claudio Baglioni ed esce di scena inseguendo il suo sogno)
Una luce tenue illumina Lilli.
Lilli
A che servono gli applausi? A dare consenso a chi?
Meglio il serpeggiare di emozioni, lo scambio emozionale attore-spettatore, la lacrima, il sorriso, il nodo in gola, la risata sbracata che contagia, il silenzio che unisce platea e scena e che dà vita a grande commozione.
Giungere a chiedersi…Chi è sul palco? E chi in poltrona? Attore o spettatore? Interprete o personaggio?
Tutti all’unisono incatenati all’opera. Lo spettatore inchiodato è uno spettatore in volo.
Salvino
Mi incazzo quando dicono di un artista ”Ha avuto fortuna”.
Ma che ne sa la gente di quello che sta dietro al successo...
C’è un duro lavoro, c’è l’inseguire un desiderio a testa bassa, con caparbietà. Per carità…potrebbe anche esserci il trovarsi nel posto giusto al momento giusto (Sfumano voce e luce)
L'occhio di bue inquadra Alice .
Alice
Ti vuoi fare truccare, si o no?… Perché no, perché tutti questi capricci? Ma che significa non è importante… e no, che non va bene! Il trucco è d’obbligo. Che tu lo voglia o no, è una prima teatrale, alla fine sarai chiamata sul palco e non potrai presentarti con questa faccia di pesce lesso. Basta! Mi hai scocciato. Siediti, non mangiarti le unghie e stai tranquilla che tutto andrà bene. (buio e poi nuovamente luce di colore diversa).
Estroversa, geniale, creativa, con il suo make-up riesce a trasformarti in ciò che vorresti essere in quell’attimo. Inizia, con la sua vitalità, ad allontanare dalla mente i pensieri, la tristezza, la malinconia, la paura e l’insoddisfazione del momento. E, a poco a poco, piano piano, al tocco delle sue sapienti mani, il magone si scioglie, i lineamenti si distendono ed il viso si illumina. Alla fine della sua opera ti guardi allo specchio e quasi non ti riconosci: le sfumature ed i giochi di luce che è riuscita a creare, ti fanno sentire bella, in forma smagliante, sicura, capace di affascinare e perché no? Anche di sedurre. Un miracolo? Sicuramente un’arte. E lei artista lo è per davvero. Non a caso ama dipingere. Una full-immersion, dunque, in un mondo di colori e di trasformazioni che la trascina via dal grigiore e dal bianco e nero della quotidianità per catapultarla nei sogni e nelle favole che ogni donna come me vorrebbe vivere. (Buio-Luce di colore diverso)
Sono venuta di corsa, quando l’ho saputo, pensavo si trattasse di uno scherzo, invece è tutto vero.
Quanta gente…sei elegantissima. Bello ‘sto vestito, non lo conoscevo. Quando l’hai comprato? Anche le scarpe sono scicchissime.
Però, sei sempre la solita, predichi bene e razzoli male. Perché giusto oggi, hai questa faccia di pesce lesso… Tu, tu che dicevi sempre che un filo di trucco doveva farci trovare preparate pure dalla morte.
Fulvio siede sulla scaletta che permette il passaggio dalla platea al palcoscenico.
Fulvio
La domenica, quando quel profumo di ragù che proviene dalla casa del portiere invade l'androne del mio palazzo, torno indietro nel tempo. Mi ritrovo a casa di mia nonna...insieme ai miei cugini, quando continuavamo a giocare, malgrado tutti fossero già pronti per mangiare, lasciando i posti vuoti attorno al tavolo . I nostri genitori allora ci rincorrevano per prenderci a schiaffi e costringerci a prendere posto...
Occhio di bue su Silvana
Silvana
La odiai! Malgrado sapessi che in quel momento mi stava aiutando ero colta dai sensi di colpa e mortificavo me stessa e chi mi stava aiutando.
Lei diventò brusca, fredda, sbrigativa.
Mi disse…ti è piaciuto? Potevi pensarci prima.
Ero un’assassina?
Quanto ho pensato al bambino che mi negavo, a quella vita che avevo interrotto.
Il dolore e il senso di colpa non mi hanno mai abbandonato.
Non passa giorno che non pensi a ciò che ho fatto.
Ricordo quando gli parlavo e gli dicevo… non nascerai perché sarebbe un disastro, perché tuo padre non ha il coraggio di prendersi le sue responsabilità.
Mi chiedo spesso…chissà come sarebbe stato…Se avesse potuto parlare…che cosa avrebbe detto?
Che avrei potuto crescerlo anche senza il padre…con enormi sacrifici…
Dentro di me si scatenò l’inferno.
Questo bambino è rimasto nella mia mente e nel mio cuore per sempre.
Non riuscivo a dormire, mi sentivo vuota, come se mi avessero tolto qualcosa di mio.
Sono una persona razionale, ma il mio lato emotivo mi strazia, mi fa male.
Dopo, la prima fitta straziante la provai per strada quando incrociai una donna che spingeva una carrozzina.
Fui assalita dall’angoscia. Vidi negli occhietti di quel bimbo lo sguardo di mio figlio non voluto, uno sguardo che non mi ha più abbandonato.
Ancora oggi calcolo l’età che avrebbe. Lo immagino fisicamente…l’altezza, il colore degli occhi, dei capelli.
Gli parlo e piangendo gli chiedo perdono.
“E’ un’ossessione. Ansia e rimorso. Se solo potessi tornare indietro…oggi avrei la possibilità di stringere quel figlio fra le braccia. Invece mi rimane solo un forte senso di colpa per averlo rinnegato.
In seguito, quando decisi di avere il figlio, diedi per scontato che il mese dopo il bambino si annunciasse. Ma non fu così. Mese dopo mese, anno dopo anno, la speranza si tramutò in angoscia. Per vent’anni, mese dopo mese, la tortura di vedere arrivare il ciclo e di sentirmi un essere inutile... il senso di fallimento che mi faceva sentire donna a metà per l’impotenza nel raggiungere la realizzazione completa di una donna. Trafila di esami, di indagini, dolorose e inutili. Lui si sentiva usato. Un giorno mi disse che si riteneva soltanto oggetto, strumento utile affinché arrivassi alla fecondazione. Mi lasciò.
Tutta questa sofferenza ha segnato la mia vita. Pensavo a quella mutilazione come la giusta punizione per non essere riuscita a portare a termine quella gravidanza. Ho trattato ogni uomo che ho avuto come fosse mio figlio. Esplodeva in me ogni volta quel sentimento materno per quell’essere mai nato che ritrovavo in ogni atto d’amore.
Buio. Salvino sul proscenio
Salvino
Il mio lavoro di agente di commercio mi costringeva a spingere, sempre di più, in salita e in discesa, indipendentemente dal fatto che il traguardo fosse vicino o lontano. Da quando sono andato in pensione, per tre anni, ho praticato lo sport da salotto, dedicandomi a quest’attività con passione e impegno. Guardavo la televisione, leggevo… il mio livello era talmente alto che potevo entrare nel guinness dei primati come campione di pigrizia. Poi ho conosciuto il teatro amatoriale e lì è cambiata la mia vita. Qui, su questo palco, vibro, soffro, vivo. E’ una passione che mi divora. Sono un attore amatoriale, un attore di serie B, dicono. Io non mi sento tale. Non ho la tecnica giusta, è vero, ma ho amore per quello che faccio, per i personaggi che interpreto. E’ un fare teatro che non è quotidianità. Ogni quotidianità è schiavitù! Per questo il teatro amatoriale non mi rende schiavo, ma uomo libero. Mi sento come un amante pieno di passione. Devo reinventarmi, piacere. Io vedo tutti quei professionisti che ci snobbano, come delle coppie che vivono all’interno di un matrimonio, danno tutto per scontato, avvertono il peso delle loro responsabilità, ma sono come cristallizzati all’interno di un testo. E’ pur vero che dagli amatoriali ci si può aspettare di tutto. Che abbandonino dall’oggi al domani. Quando tornano non è più la stessa cosa. E’ come…come se ritornassero al paese natio senza riconoscerlo più. Non sanno quello che si sono persi in quel lasso di tempo.
(Buio. La luce illumina tutta la compagnia schierata).
Gli attori in coro
Quella del teatro amatoriale è una lotta contro i mulini a vento, ma prima o poi i mulini si sfasceranno e noi vinceremo non la battaglia, ma la guerra.
Irene
(a sorpresa entra in scena; la luce illumina gli attori stupiti che hanno preso parte allo spettacolo) Tante volte mi hanno chiesto qual è il mio obiettivo...Il mio obiettivo è l’orizzonte. Fisso quel punto che unisce due azzurri e cammino. Ogni tanto una pietra mi sfiora, altre mi colpiscono e mi feriscono. Talvolta una gragnola di sassate mi investe…E’ lì che comincio a correre, per non fermarmi, per non soccombere. Cado, certamente, ma la forza di rialzarmi non è mia, (guarda con riconoscenza la sua compagnia) è di tutti loro che mi incitano. Io scriverò finché loro saranno con me. Solo così potrò raggiungere il mio obiettivo. Perchè... (stringe tutti in un abbraccio)...sono loro le mie muse, sono loro i miei pensieri, sono loro il mio cuore, sono loro tutto ciò che io sono.
Sipario