T: Tralasciando Godo
di
Aniello Nigro
All'apertura del sipario, apparirà una scena completamente rivestita di
bianco (magari con delle tele). Quest'ultima sarà, dal proscenio fino al
fondo scena, sempre più ristretta, come se fosse un imbuto. All'uscita
sul fondo, in alto, vi sarà affisso un cartello direzionale, impressa su di
esso la parola "Epididimo". Il proscenio invece avrà due forme concave
(realizzate a seconda della fantasiosa visione del regista, considerando
che le due forme rappresentano i testicoli), all'interno delle suddette vi
saranno i due protagonisti, che dovranno sembrare degli spermatozoi,
uno dei quali prende il nome di X, e l'altro quello di Y. Tali simboli
campeggeranno anche sui loro costumi, ambo i profili. Alle loro spalle
vi saranno un cospicuo quantitativo di comparse, anch'esse rappresen-
tanti spermatozoi, le quali farfuglieranno continuamente qualcosa di in-
definito. All'improvviso alcune di esse verranno risucchiate verso il fon-
do, sarà una vera e propria lotta "intestina", o meglio, "intesticola".
Solo una comparsa riuscirà ad uscire dal fondo. Quest'ultima sarà subi-
to rimpiazzata da un altro spermatozoo proveniente dalle quinte. All'ini-
zio, per un minuto circa, si avvertirà solo un brusìo, poi prenderanno
a parlare i due protagonisti.Y cercherà di indossare una specie di
scarpa, vi si accanirà faticosamente, per più di tre volte, poi…
IPSILON: (dandosi per vinto) Niente da fare.
ICS: (svegliandosi, al lato destro) Comincio a crederlo anch'io. (si siede, si
ferma e pensa) Ho resistito a lungo a questo pensiero; mi dicevo: Ics,
sii ragionevole, non hai ancora tentato tutto. E riprendevo la lotta (si gira
indietro, dove ci saranno degli spermatozoi che lottano, quindi prende
un'aria assorta e pensa alla lotta. A Ipsilon) Dunque sei di nuovo qui, tu?
IPSILON: Credi?
ICS: Sono contento di rivederti. Credevo fossi partito per sempre.
IPSILON: Anch'io.
ICS: Allora niente da fare vero? (ripensa con aria aliena alla lotta) Non è faci-
le, bisogna trovare il momento opportuno (ripensa ancora una volta alla
colluttazione). Ci riuscirai?
IPSILON: Credi?
ICS: E' un attimo. Tutti, sai, hanno avuto degli attimi prima di…
IPSILON: Credi?
ICS: E' un istante. Anche il più stolto dei gameti ha avuto degli istanti in cui…
IPSILON: Credi?
ICS: (nervoso) Penso. Punto. Penso.
IPSILON: Anch'io.
ICS: No. Tu credi.
IPSILON: Anch'io ci riuscirò?
ICS: Certo, se lo vuoi.
IPSILON: (Cercando, in tutte le maniere, di mettere al suo pseudo-piede la sua
pseudo-scarpa) Ma io lo voglio. (Si sforza) Ma forse, ecco, mi mancano
alcuni istanti.
ICS: Li perdi. Questo è il tuo problema. Li perdi. Ora li hai persi. In questo
momento li hai perduti.
IPSILON: (Si guarda intorno a cercare) Dove?
ICS: Non te ne sei accorto? Io sì. Tra l'altro anch'io li ho perduti. Io lo so però.
Tu no. E' questo il tuo problema.
IPSILON: (inferocito, ribellandosi alla pseudo-scarpa e, ad Ics) Basta! Non ci
riuscirò mai! In quanto a te… (incredibilmente si placa) Sono contento di
rivederti!
ICS: Anch'io.
IPSILON: Credi?
ICS: Penso.
IPSILON: Allora va bene!
ICS: (Pensa imbambolato) Che bello!
IPSILON: A cosa pensi?
ICS: Io penso. Tu a cosa credi?
IPSILON: A ciò che pensi.
ICS: (inalberato) Finiscila. Non sono la tua ragione. Non potrei esserlo. Io non
penso a ciò che credi.
IPSILON: Sarà. Ma a cosa pensi?
ICS: A quello che sarà lì. Fuori.Li ho sentiti, sai. Continuamente a dire così…
(facendo da solo il coro) La lotta è dura e non ci fa paura! La lotta è dura
e non ci fa paura!
IPSILON: Dici?
ICS: Dico.
IPSILON: Pensi?
ICS: Penso.
IPSILON: Strano.
ICS: Cosa?
IPSILON: Tu ti ispiri a quelli là fuori?
ICS: Lo sai Ics, è una pre-vita che ne parliamo. E tu ti stupisci ancora. Ogni vol-
ta te lo devo ripetere!? Il nostro scopo è quello. Lo vuoi capire!? Diventare
ciò che sono loro.
IPSILON: Strano.
ICS: (stufato) Cosa?
IPSILON: Che tu ti ispiri a quelli là! (sorpreso) Possibile!
ICS: Certo.
IPSILON: Dici?
ICS: Dico.
IPSILON: Pensi?
ICS: Penso.
IPSILON: Ecco la tua stranezza, dici ciò che pensi (impaurito, scioccato). Non lo
vorresti mica fare anche lì fuori, spero?
ICS: Perché?
IPSILON: Non è possibile! Lì non è possibile!
ICS: Ma cosa dici? Perché?
IPSILON: (si accanisce di nuovo con la pseudo-scarpa) Perché… Io non ci riuscirò
mai.
ICS: Non vuoi, per questo non hai. Volere è potere.
IPSILON: (si sforza in modo inumano) Non posso perché non voglio. Ah! Maledet-
to potere. Io voglio, è lui che non vuole.
ICS: (seccato) Smettila! Di accanirti continuamente con il tuo flagello!
IPSILON: Io con il flagello scoperto non rimango. Alla mia coda ci tengo. E o prima,
o dopo, io la scarpa al mio flagello la metterò.
ICS: Ma tu sei il flagello degli spermatozoi, questo sei… E usa una volta tanto
i tuoi enzimi.
IPSILON: Ieri ti ho visto poco. Dov'eri?
ICS: Ero andato a fare un giro in prostata.
IPSILON: (spaventato) Oh mio orgasmo!
ICS: Ma dico hai cromosomi scombussolati!? Ma potrebbe mai succedere se-
condo te?
IPSILON: Una volta ho sentito dire…
ICS: Stop. Non hai visto. Non sai. Ti sembra mai possibile che uno spermato-
zoo vada in prostata, si faccia riempire del liquido secreto e torni nelle go-
nadi? Lasciamelo dire: tu più che uno spermatozoo, mi pari la tua casa!
Un coglione!
IPSILON: (dolce) Senti, perché non la finisci di soggiogarmi? Guarda che il più lun-
go sono io (tono rude, duro). E sai bene che sono uno spermatozoo Y.
E sai bene, quindi, che sarò un futuro XY. Quindi tu che sarai una XX qua-
lunque, mi devi solo ascoltare… e a volte pensare, mai credere!
ICS: Ma caro, guarda che sei arretrato. A te il sessantotto chi te l'ha insegnato?
IPSILON: No, mi dispiace, mio caro Ics, ma bisogna essere coerenti.
ICS: In quanto a coerenza tu non parlare. Tu che per nascere hai bisogno di
una X. E parli da belluino contro noi X. Quale coerenza conoscerai mai tu!
IPSILON: Non incominciamo. Finiamo.
ICS: Io non finisco.
IPSILON: Io sì!
ICS: Allora ecco finito!
IPSILON: Hai sentito parlarne!?
ICS: No, sono quasi due mesi oramai.
IPSILON: Due mesi!?
ICS: Sì, due mesi che non sento più il suo nome.
IPSILON: Cosa sarà successo?
ICS: Forse si sarà lasciato con la sua XX.
IPSILON: Credi?
ICS: Penso. Certo però, bisogna sbrigarsi.
IPSILON: Secondo me bisogna solo aspettare.
ICS: Cosa?
IPSILON: Che si faccia risentire il signor Godo.
ICS: Sì, tu aspetti… aspetti sempre… mai che vieni a fare una lotta… Ma come
vuoi nascere tu… Spiegamelo, sù!
IPSILON: Ma che c'entra, io non sono un tipo belligerante.
ICS: Vedi che tu non devi dire ciò che pensi, perché dici solo "urinate". Non hai
il senso del dovere. Lo sai, sì o no, che la vita è tutta una lotta?
IPSILON: Credi?
ICS: Ma dimmi un po’... a te ti piace dondolare continuamente in queste caverne
viscide, umide e (un brivido di freddo) fredde. Se a te piace, credici, a me
no.
IPSILON: (si gongola) Però è pur sempre confortevole, con lo schienale in pelle. In-
somma: questione di abitudine. Io sto bene qua.
ICS: Hai dormito bene?
IPSILON: Un pochino ho sognato che ero insieme ad uno zero. Poi mi son svegliato
di soprassalto ed il mio incubo è ricominciato con la scarpa.
ICS: Ci riuscirai prima o poi, vedrai!
IPSILON: Beh, spero di vederci quando ci riuscirò.
All'improvviso un rumore tipo terremoto, tutti i presenti sul palcoscenico
si dimenano e incomincia un' efferata lotta, a cui parteciperà anche
Ics. Si vedrà uno spermatozoo vincente che va via dall'uscita in
fondo, contento. Mentre Ics ritornerà dov'era, ritrovando Ipsilon che non
si era mosso di là. Riparleranno come se niente fosse successo.
IPSILON: Cosa c'è, ti vedo un po’ stranito!?
ICS: Niente. Non c'è niente e questo mi turba!
IPSILON: (prende la scarpa, gliela mostra) Ci riuscirò?
ICS: Ci riuscirai!
IPSILON: Sentito cosa è capitato a Ics 32?
ICS: Quando?
IPSILON: Poco fa.
ICS: Sì, ma poco fa quando?
IPSILON: Perché, quanti poco fa esistono?
ICS: Tanti Ipsilon, tanti!
IPSILON: Dici?
ICS: Dico.
IPSILON: Quando poco fa hai combattuto tu, il solito tappo.
ICS: No, vuoi dire che anche stavolta si è messo quella plastica davanti.
IPSILON: Sì. Voglio dire questo. Posso?
ICS: Ma certo. Come fai a saperlo?
IPSILON: L'ho sentito da qui il tonfo, sai. Tu eri troppo concitato per la colluttazione.
ICS: O maledetti condom! Ancora una volta una vita sprecata.
IPSILON: Non c'è niente di più inutile di una vita mai nata, buttata così in un cappuc-
cio di lattice… (con orrore) Viscido, ibrido, sordido, lurido…
ICS: Bisogna sconfiggere questo nuovo ostacolo, sfondare una volta per tutte
quella putrida plastica…
IPSILON: E come pensi di fare?
ICS: (ride a crepapelle) Aaaaahh… Confortevole! Ha detto confortevole, non
c'era asserzione più ridicola che tu potessi mai fare!
IPSILON: Ipsilon, mi sa che sei in ritardo col tuo ragionamento, questa cosa l'ho det-
ta un po’ di tempo fa, e poi che c'è da ridere?
ICS: Siamo qui nel gonade di un XY che non fa altro che trastullarsi dalla mat-
tina alla sera, quando gli va, e tu dici confortevole. Questo, se ha iniziato
adesso, chissà quand'è che finirà.
IPSILON: Mah, sarà! Io non faccio la fine di tutti quelli che ci hanno preceduti.
ICS: Quelli che ci hanno preceduti?
IPSILON: Sì, tutti contenti di andare lì, di oltrepassare l'Epididimo, e di arrivare poi
con un bel tuffo, in un cesso qualunque.
ICS: Sì, e poi dici che aspetti Godo, ma quale Godo e Godo.
IPSILON: Perché, cosa vorresti farmi intendere, che non lo aspetto, forse? L'ho sen-
tito… E questa volta proprio forte e chiaro… L'XY che diceva Godo, Go-
do.
ICS: E perché non sei venuto lì a combattere?
IPSILON: Sono un tipo riservato io.
ICS: Ho pronto la mia astuzia, so come sconfiggere il cappuccio in lattice, vedrai,
si sentirà parlare di me come XX Magno, il più grande inseminatore.
IPSILON: Pensi?
ICS: Sì che penso. Lo sai perché ci hanno sempre tenuti qui, sospesi tra il
corpo umano e tutto ciò che il corpo umano vuole che ci sia sotto di noi?
IPSILON: Per farci divertire.
ICS: Tutt'al più per farci venire mal di mare. Imbecille, perché non potevamo sta-
re alla stessa temperatura del corpo umano. Perciò qui fa un freddo im-
mane. In modo che sempre più spermatozoi si immagazzinassero in que-
ste caverne.
IPSILON: Dici?
ICS: Certo.
IPSILON: Allora?
ICS: Penso. Sì, questo, più che un pensiero, è il mio piano. Dopo aver passato
l'Epididimo, mi soffermo lì alla prostata in modo che assorba tutto il calore
possibile, cosicché, arrivato lì, dilato quello schifo di plastica e nasco…
(contentissimo, realizzando) Nasco. (infervorato sempre più) Nasco,
capisci, nasco!
IPSILON: (sbadiglia) Mi sto annoiando. Facciamo qualcosa di appassionante. Co-
sa proponi?
ICS: (in modo lapalissiano) Aspettiamo Godo.
IPSILON: (contento) Sì, aspettiamo.
ICS: Quanto ce ne abbiamo?
IPSILON: Di cosa?
ICS: Sì, di istone!
IPSILON: Beh, a giudicare dalla mia forza, credo poco.
ICS: Ci vuole qualcuno che ci difenda!
IPSILON: Ho paura. Mi sento a pezzi.
ICS: Te lo posso dire, più che avere una cellula eucariota mi sa che tu…
IPSILON: …possiedi delle cellule procariote.
ICS: Come ti permetti, cellula procariota a me.
IPSILON: Tu l'hai detto a me.
ICS: Non l'avevo ancora detto. Sono nel diritto di reagire e difendermi dal tuo
vilipendio. (Come a dire una bestemmia) Per Orgasmo!
IPSILON: Mi scuso!
ICS: Quanto ce ne abbiamo?
IPSILON: Beh. Se in questo tempo, XX ha avuto le mestruazioni, che hanno ral-
lentato lo sforzo del nostro XY, ad averci occhio e croce direi… (si mette
a fare dei calcoli mentali)
ICS: Sai, vorrei nascere Ariete, perché credo che sia il giusto segno per noi XX.
Si dice che (parlerà come un astrologo): sono gli impulsivi per eccellenza,
oltre che testardi, egocentrici, soprattutto energici, con una forza immane,
che non hanno remore, diplomazia, insomma coloro che si buttano a capo-
fitto in tutte le situazioni. Ora, più di noi, che ci buttiamo a capofitto nel vero
senso della parola, chi c'è?! (A Ipsilon intento ancora a fare i suoi conti)
Capito? Mi Ascolti?
IPSILON: Credo. (sempre ragionando)
ICS: Per quanto, anche se nascessi Toro, non mi dispiacerebbe. Segno dell'e-
quilibrio, testardo, attivo, poco diplomatico, reattivo, veloce, indaffarato
come i Gemelli. Sì, anche Gemelli.
IPSILON: 22 Ottobre, mi sa proprio che è il 22 Gennaio.
ICS: Mi vorresti far credere che potrei nascere Bilancia?
IPSILON: Credere? Io credo, tu pensi.
ICS: No, il segno della diplomazia, che schifo, il segno creativo, che schifo,
quello vanitoso. Non potrei mai.
IPSILON: (in catalessi) Io sì.
ICS: Posso capire il Capricorno, il Cancro, forse accetterei anche lo Scorpione,
ma la Bilancia. No.
IPSILON: (riprende la scarpa, vorrebbe riprovarci, poi sconfitto la riposa) Credo
si sia fatto tardi.
ICS: (stiracchiandosi) Inizia una nuova giornata.
All'improvviso, come prima, tutti all'attacco; non parteciperà stavolta Ics.
Idem sarà anche la risoluzione della scena con il solito vincitore.
IPSILON: Ics, mi stupisci! Come mai non hai attaccato?!
ICS: Penso. Che. Stiamo sbagliando tutto. Oramai ho capito.
IPSILON: Credi?
ICS: Te l'ho già detto. Penso. Ci sono tanti sosia del signor Godo, sai. Ma pro-
prio tanti.
IPSILON: Tanti quanti?
ICS: Tanti... un'immensità. Quando senti quel suono risonante, allora vuol dire
che non è il giusto Godo.
IPSILON: E qual è il giusto Godo?
ICS: Quando senti quel suono rimbombante, non significa altro che: l'XY ha in-
serito, ancora una volta, quella che lui chiama Videocassetta. E il risultato
finale è sempre lo stesso, lo sciacquone del water.
IPSILON: Per questo non hai attaccato?
ICS: Vedi, il giusto Godo è quello di lei.
IPSILON: (incredulo) No. Ma che dici, lei non potrebbe mai dirlo.
ICS: Sì. Invece sì.
IPSILON: Ma non si è mai sentita una sciocchezza simile. Ma cosa ti passa per
l'acrosoma. (a dire 'sei fuori') Ma sei eiaculato.
ICS: (a risposta del 'sei fuori') Non sono eiaculato. E' la verità. Anche XX
può avere il suo Godo. E' raro ma può avercelo.
IPSILON: Sono istanti che vegeto in questo gonade, e non ho mai sentito simili cor-
bellerie. Secondo me tu c'hai dei mitocondri fuori posto.
ICS: Ti dico che è così. (pausa) Se vuoi che ti dica che non è così. Allora non
parlo. (pausa) Parlo?
IPSILON: Sì, ma non è così!
ICS: Allora non parlo. (pausa) Parlo?
IPSILON: (incuriosito) Sì è così!
ICS: Allora parlo. (pausa) Il signor Godo che cerchiamo noi, si presenta con
la sua iniziale.
IPSILON: G?
ICS: E' quello il punto.
IPSILON: Il punto g?
ICS: Esatto hai colto nel seno… Volevo dire hai colto nel segno. Il punto g.
IPSILON: Ma sei sicuro che esiste, 'sto punto?
ICS: Se vuoi che esista, parlo. (pausa) Parlo? (guarda Ipsilon che è ormai al
suo cospetto, iper incuriosito)
IPSILON: (di getto) Sì, esiste!
ICS: Nessuno sa se esiste. Ma tutti fanno finta di sì. Per noi resta però il fanto-
matico Signor Godo.
IPSILON: Mi chiedevo.
ICS: (ride a crepapelle) Tu ti chiedevi (si blocca) Scusa. (pausa) Parla.
IPSILON: Mi domandavo.
ICS: (c.s.) Tu ti domandavi (c.s.) Scusa. (pausa) Parla.
IPSILON: Mi interrogavo.
ICS: (accenna a fare come sopra, poi si ferma) Scusa. Davvero. Parla.
IPSILON: Se bisogna arrivare al punto g, no? Come ho potuto capire, lui... il nostro
XY, dove sarà arrivato?
ICS: Ma secondo me non può essere che ad A. Forse appena appena è giunto
a B. Ma la C, non sa di sicuro cos'è.
IPSILON: (pausa. Riflette.) Per questo non hai attaccato.
ICS: E poi sai che ti dico: meglio una tubatura di fognatura, che nascere Bilan-
cia di sicuro. Se è il 22, basta che passi un giorno.
IPSILON: Credi?
Ancora come prima
ICS: (Come se niente fosse successo) Penso. Durano dai quaranta minuti,
alle due ore. Sto terremoto, chissà quand'è che finirà!
IPSILON: (pensando) Come sarà il mondo lì fuori? (pausa) Bello, pieno di luce.
(pausa) Gli spermatozoi cresciuti come agiscono? (pausa) Si amano,
si stringono, l'uno con l'altro, perché dovrebbero fare l'incontrario? (pausa)
L'appoggio delle quotidiane camminate, passeggiate come sarà? (pausa)
Verde, prati, fiori, odori di non so quali inebrianti fragranze (pausa, cupo
in viso) E se non fosse così?
ICS: (schernendolo) Perché, tu riesci ad immaginarti un mondo diverso?
IPSILON: (preoccupato) Sì, un mondo buio, pieno di odio, di qualcosa che non sia
verde ma non so cosa…
ICS: …dire perciò stai zitto! (pausa) Intanto aspettiamo Godo. Che è meglio!
IPSILON: Sì, perché a te ti basta godere qui dalla mattina alla sera senza riserve,
qui in questa (come per dire 'cavolo') centriolo di caverna.
ICS: Guarda che quello sei tu, che vuoi rimanere qui pre-vita natural durante.
IPSILON: O Santa Eiaculazione! (si accascia a terra, tenendosi la pseudo-testa)
C'ho un forte dolore all'acrosoma.
ICS: (tranquillo, mentre l'altro si dimena) Vuoi che ti aiuti?
IPSILON: Se puoi...
ICS: Se voglio? Volere è potere! (pausa) Diciamo che voglio… và!
IPSILON: O Sante ghiandole secrete in Prostata! Ma cosa sarà?
ICS: (lo controlla) Un emienzima. Basta un attimo e va via. Non c'ho nemmeno
un “Istant” da darti per il tuo acrosoma. Calmati e vedrai che tutto passerà.
(pausa) Tanto qui tutto passa, meno che Godo.
IPSILON: Dici?
ICS: (tetro) Dico, purtroppo dico.
IPSILON: (ripresosi) Mi è passato, è bastato un moment che tutto è ritornato alla
normalità.
ICS: (c.s.) Già, proprio tutto!
IPSILON: Ora posso mettermi qui tranquillo ad aspettare Godo.
ICS: (felice) Già! Bisogna aspettare Godo!
IPSILON: Hai mai pensato a come sarebbe la pre-vita, senza il piacere di un'attesa?
ICS: Non sarebbe di sicuro una pre-vita!
IPSILON: E se contassimo… Per vedere quanto tempo passa, prima che arrivi?
ICS: Se è per aspettare l'arrivo del Godo di lui, si può fare, non è molto impe-
gnativo, ti basterebbero pochissimi numeri. (pausa) E' per aspettare il
nostro Godo che la conta diverrebbe complicata. (pausa,a riferirsi a XX)
Se non impossibile!
IPSILON: Credi?
ICS: No, no stavolta non penso nemmeno. E' così.
IPSILON: Sai ho sentito dire che diventeremo polvere. Non so dove. (pausa) Ma l'ho
sentito.
ICS: Sì, ho sentito dire anche che nasciamo polvere. Non so dove. (pausa) Ma
l'ho udito.
IPSILON: Quindi?
ICS: Quindi che spermata stai dicendo?
IPSILON: Boh!
ICS: Io non ho mai visto uno spermatozoo diventato… Polvere o cenere…
IPSILON: E se fosse vero?
ICS: E se fosse vero vuol dire che quando diventerai polvere o cenere, il necro-
foro ti spazzerà via con una scopa. Sai io quante ne ho sentite dire.
IPSILON: Io intanto conto. Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette.
ICS: Ipsilon, non credi (come a dire 'hai rotto') che hai secrèto un po’ trop-
po?!
IPSILON: Davvero?
ICS: Sì. Finiscila di secernere spermate e, addormentati, rilassati, che quando
Godo arriverà, sempre se verrà, si farà sentire.
IPSILON: Dici?
ICS: E come se dico! Quel Godo lì, se arriverà, tuonerà per una pre-vita!
IPSILON: Sarà, ma io voglio essere sveglio, quando arriva, non voglio perdermi nem-
meno un microistante, di questa performance straordinaria.
ICS: Ti avverto che potresti attendere anche degli anni invano.
IPSILON: Se lo posso fare lo farò.
ICS: Fai come ti pare, tanto già so come andrà a finire pure stasera.
IPSILON: E come?
ICS: Come prima di due mesi fa. Quando lei si sentiva in lontananza che dice-
va "dai" e lui: "un attimo, vado in bagno, mi si è sfasciato il preservativo".
(pensando ai profilattici) Ah, maledetti condom! Chi sa quale volta perdo
il Control e ti castigo. Ma ce la farò. Vedrai, ce la farò. (Si mette supino per
addormentarsi)
IPSILON: (riprende la scarpa, cerca di mettersela) Ah, ce la farò. Vedrai che ce la fa-
rò. (alzando gli occhi al cielo) Signor Potere, visto che io voglio, per favo-
re, mi potrebbe far indossare questa scarpa sul mio flagello? (ci riprova)
Niente, quanto è bastardo quello lì. (scoraggiatosi di nuovo, butta via la
pseudo-scarpa, colpendo in pieno Ics)
ICS: (alzandosi, nervoso) Senti, qui due sono le cose. O invece di assorbire
gli istoni, assumi morfina. O invece di avere un ammasso di DNA, hai
solo un ammasso di marijuana. Mi stavi facendo fare una brutta meiosi, lo
sai o no? Imbecille! (gli ributta la scarpa) Hai rotto i neuroni, te e sta scar-
pa di sperma!
Come prima. Il movimento ed il rumore stavolta è diverso.
Si capirà che ciò che stanno facendo è meramente un rapporto sessua-
le. All'inizio Ics è un po’ titubante. Poi…
IPSILON: Ecco di nuovo il terremoto. Il solito terremoto.
ICS: No. Ipsilon. Stavolta c'è qualcosa di diverso. Uno. Non c'è il suono rimbom-
bante. Due. Non è un movimento fatto da una persona che è verticale. Tre.
Non fa poi tutto sto freddo. Sento che stavolta è la volta buona. Un viag-
getto di nove mesi non me lo leva nessuno!
IPSILON: Ics, non ti scaldare troppo, potresti rimanere deluso.
ICS: No. Stavolta me lo sento. Sta per arrivare Godo.
IPSILON: (cerca di sedare la furia infervorante di Ics) Vedi che puoi rischiare
di finire in acqua. E poi dovremmo essere ancora nel segno della Bilan-
cia, non ti ricordi?
ICS: No, ma io sto calmo. (pausa) Sto molto calmo, tanto la prima è sempre
un fiasco, lascia che si ammassano tra di loro. So io quando colpire, dove
colpire e, soprattutto, come colpire.
IPSILON: Prima, colpire… Ma tu sei uscito fuori dal tuo acrosoma.
ICS: (ormai in trance) So io che cosa dico, non ti preoccupare!
Via uno all'Epididimo.
IPSILON: Uno è andato via e Godo non si è sentito. Che t'avevo detto?
ICS: Anch'io l'avevo detto, la prima no. In questo caso nemmeno la seconda.
Conoscendo il soggetto XY.
IPSILON: Credi?
ICS: (nervoso, trattenuto, frenato un po’ da Ipsilon) Penso. Punto. Penso.
IPSILON: Stai attento, non ti affaticare, calma il tuo flagello.
ICS: Non ci penso nemmeno, stavolta so come fregarlo. Mi devo soffermare al-
la prostata. Che se lo metta pure quel profilattico di sperma. Se lo metta,
vedrai come glielo buco.
IPSILON: Non è così facile come pensi, guarda che oggi esistono dei condom con
spermicida, me l'ha detto Ipsilon 43. Sono micidiali per noi.
ICS: Grazie dell'avviso, farò attenzione, non vegeterò nell'istante in cui eiacule-
rò. Ma ce la farò, vedrai se non troverò Godo.
IPSILON: Ics, sii cauto. Mi raccomando. Fallo per i tuoi futuri “nipogameti”. Se
mai l'avrai.
ICS: Non ti preoccupare.
Via un altro spermatozoo.
IPSILON: (guardandolo negli pseudo-occhi) Ics, ti ho voluto bene.
ICS: Anch'io, ma senza i doveri, Ipsilon, non si possono pretendere i diritti. Addio
(va via, nella lotta agguerrita, che si sta svolgendo alle spalle del solita-
rio Ics).
Ics riesce ad entrare nell'Epididimo.
Si sentirà una voce sinuosa che urlerà "Godo!"
Tremeranno tutte le gonadi all'ennesima potenza.
IPSILON: (felicissimo) E' arrivato Godo. Ed ora. (pausa) Qual era il mio scopo?
(pausa) E' arrivato ed io vivrò in funzione di un'altra attesa. (pausa) Ics
ha forse capito il senso e c'è riuscito. (pausa) Ed io. (pausa) Ed io
vorrà dire che mi accontenterò dell'unica cosa che, di sicuro, si può fare
qui dentro. (pausa) Con quel passatempo risolverò la mia pre-vita.
(pausa) Vorrà dunque dire. (pausa) Che aspettando Godrò! (guarda fis-
so la scarpa).
FINE I ATTO
Alla riapertura del sipario, apparirà una cameretta, anche un po’ in di-
sordine, arredata in stile moderno. Attigua al muro di sinistra, una
specchiera. Al lato sinistro del letto una finestra. L'entrata della camera,
sarà, ovviamente, nella quinta a destra. La scena dapprima buia, verrà
prepotentemente illuminata, ed in modo univoco partirà la canzone "Uno
su Mille". Le note di questa canzone vengono da uno stereo, che la pro-
tagonista prontamente spegnerà al momento opportuno.
Entrerà Simona, ballando, in procinto di truccarsi, avrà quindi dei co-
smetici nella mano. Poi canticchierà.
SIMONA: (canticchiando) …nannananananannananana. Uno su mille ce la fa, ma
com'è dura la salita in gioco c'è la vita… nananananananannannana.
(abbassando lo stereo, lo spegnerà). Io ce l'ho fatta. Mi sono vestita. Man-
ca il trucco. (posa i trucchi sulla specchiera, corre alla finestra). Quando
nascerà? (nervosa) Allora non mi trucco! Se non c'è niente da festeggia-
re?! Perché affaticarsi per un qualcosa che non è successo? Aspetterò.
Ci vuole un niente.
Suona il campanello.
Oddio! Bisogna truccarsi… C'è una novità. (corre alla specchiera,celere,
si trucca in altrettanto modo)
Risuona il campanello.
Un attimo! Una novità si attende e si attende nel migliore dei modi, altri-
menti quando la si ricorda si possono avere dei rancori, per il fatto stesso
di non aver fatto il massimo quando lo si poteva fare. (Lo dice come se
colloquiasse con qualcuno)
Risuona il campanello.
Ma io non capisco, quindi parlo, voglio capire. (si è truccata con tutti i
cosmetici possibili immaginabili, in modo svelto e inattento. Risulterà
truccata in modo grottesco). Truccata! (va ad aprire. Poi con scatto
fulmineo, rivà alla finestra) Sarà nata? No. (ritorna all'uscio per aprirlo).
LORENZO: (entra in camera con un mazzo di rose) Signorina, lei non mi conosce…
Ma io sì… Per questo le parlo… perché la conosco… Non ho mai parla-
to con un qualcosa che non conosco…
SIMONA: Ah sì?! Vedo la sua poca coerenza! Mi dispiace!
LORENZO: Si riferisce a me?
SIMONA: Sì!
LORENZO: Allora vuol dire che mi conosce… Per parlarmi!
SIMONA: In questo istante mi sono accorta che esiste. Per questo mi sono permes-
sa… Potevo?
LORENZO: Ma certo.
SIMONA: Dicevo che lei… è alquanto incoerente… con le sue asserzioni. Perché
mi scusi. Cos'è questo? (indica il letto)
LORENZO: Penso convintamente che sia un letto.
SIMONA: Quindi lo conosce.
LORENZO: Beh! Sicuro!
SIMONA: Allora cosa aspetta, perché non colloquia con lui?
LORENZO: Sì, certo, aspettavo il momento più propizio (Si china e farfuglia confusa-
mente con il letto)
SIMONA: Vedo che c'è un ottimo feeling.
LORENZO: Sì, mi trovo bene, specialmente coi lettini.
SIMONA: Perché?
LORENZO: Perché anch'io sono un single.
SIMONA: Capisco. Un po’ come me. Io invece mi trovo bene con la specchiera. E'
sempre sincera con me. L'unica che ha il coraggio oramai di dirmi la veri-
tà, non mente mai. Basta guardarla dritta negli occhi, che ti sputa in faccia
tutti i difetti.
LORENZO: Dice?
SIMONA: Dico.
LORENZO: Pensa?
SIMONA: Penso.
LORENZO: Ma dài! Complimenti anche, vedo il suo trucco.
SIMONA: Si vede?
LORENZO: Ho sbagliato a dirglielo?
SIMONA: No. Il trucco c'è e si vede. Si deve vedere, altrimenti perché lo si mette?
LORENZO: Un po’… Sì, asimmetrico direi.
SIMONA: Cosa significa? C'è e va bene.
LORENZO: Ha ragione! Una cosa la si mette per farla vedere.
SIMONA: Quei fiori sono per il letto?
LORENZO: No.
SIMONA: Per la specchiera?
LORENZO: No.
SIMONA: Per la finestra?
LORENZO: No.
SIMONA: Per...
LORENZO: …lei, prima di venire qui avevo pensato fossero per lei che non conosce-
vo…. Ora che la conosco… Non saprei.
SIMONA: E allora?
LORENZO: Bella Giornata! Credo che siano passati almeno... settecento anni, da quan-
do ha fatto l'ultimo caldo di questa portata.
SIMONA: Eh! Anche di più, Signor…. Come ha detto che si chiama?
LORENZO: L'avrei voluto dire. Prima. Alla porta, ma lei non me lo ha permesso.
SIMONA: No, è lei che è entrato, chiedendomi giustamente il permesso. Dunque era
lei che si doveva presentare.
LORENZO: Mi dispiace, signorina Concretaccio. Ma toccava a lei chiedermelo.
SIMONA: Ma dico, lei entra in casa di sconosciuti?
LORENZO: (vede il quadro alla destra del letto) Che quadro interessante!
SIMONA: Sì, trattasi della "Tour Eiffel", del noto pittore Robert Delaunay.
LORENZO: Non conosco (Poggia i fiori al di sotto del quadro). Almeno lui se li merita.
Non l'ho mai conosciuto di persona!
SIMONA: Se l'avesse conosciuto?
LORENZO: Chi?
SIMONA: Il signor Delaunay.
LORENZO: Sarei uscito a cena con lui.
SIMONA: Non è detto, mica bisogna portare a cena tutte le persone che si cono-
scono.
LORENZO: Tutte le persone che io conosco sono venute a cena con me.
SIMONA: Anche il letto.
LORENZO: Sono anni che mangio su di un letto.
SIMONA: Capisco.
LORENZO: Dice?
SIMONA: Dico.
LORENZO: Pensa?
SIMONA: Penso. Anche se. C'è qualcosa di strano, in quello che dice, quando dice,
dice? Qualcosa di recondito. Ci siamo forse conosciuti?
LORENZO: Dove?
SIMONA: In un posto qualsiasi.
LORENZO: Non credo di esserci mai stato in un posto qualsiasi.
SIMONA: Crede?
LORENZO: So sempre dove vado. Sono un uomo tutto di un pezzo, che sa dove va!
Sa cosa fa! Sa come lo fa! E sa dove arriverà.
SIMONA: A che ora!?
LORENZO: Glielo farò sapere. Perché quando mi metto in testa, di sapere una cosa,
la so.
SIMONA: Me lo faccia sapere subito. Signor… Come ha detto che si chiama?
LORENZO: Se prima me lo avesse chiesto. Le avrei gentilmente risposto. Signorina
Concretaccio. Le ho già fatto i complimenti per il trucco?
SIMONA: Non ricordo, mi scusi. Ma lo sa…
LORENZO: Credo. Una persona si trucca quando ha bisogno di nascondere la pro-
pria identità. Solo quando poi si entra in intima confidenza, si ha il corag-
gio di mostrare la propria realtà. A volte nemmeno. Però.
SIMONA: Vuole qualcosa?
LORENZO: Due ali… due ali per volare, ne avrebbe?
SIMONA: No. Vuole qualche altra cosa?
LORENZO: Un altro cuore. Perché potesse funzionare, alternato, quando il mio origi-
nale, palpita velocemente. O perché innamorato o perché ha paura.
SIMONA: E' vero, servirebbe, per annullare stupide emozioni. Ma non l'ho, vuole
qualcos'altro?
LORENZO: Vedo che non ha nulla. Allora non mi porti nulla.
SIMONA: Ho capito. Attenda. Le porto qualcosa da bere. Intanto lei legga, o guardi,
qualcosa sul giornale che deve essere là, a terra. (va via a destra)
LORENZO: Giornale. Preferisco la TV. Ma anche il giornale (cava dalla tasca una let-
tera chiusa, sigillata) Chi sa perché mio padre ha voluto che portassi la
lettera a questa signorina. Mi dice "Se ti trasferisci a Roma. Vai con que-
sta lettera da lei". Mah! (prende il giornale, incomincia a leggere, sorriden-
do, e poi ridendo)
SIMONA: (Arriva di corsa, con un vassaio contenente un Whisky e due bicchieri, li
poggia velocemente sul letto, corre alla finestra e fa un cenno di stizza,
poi si rivolge a Lorenzo, che ride, atto a leggere il giornale). Vedo che
le interessa?
LORENZO: Leggere novità. E' sempre interessante.
SIMONA: Novità?! Si metta un po’ di trucco.
LORENZO: Dice?
SIMONA: Dico, perché penso. (Prende una matita, e gli sporca la faccia).
LORENZO: Va meglio?
SIMONA: Certo. Cosa dice, il giornale?
LORENZO: (ridendo) Tre autobombe a Baquoq, due a Damasco. Che causano circa
trenta morti. Poi dicono che c'è una nuova rivoluzione a Caracas.
SIMONA: (ridendo) Ma dai. Anche queste sciocchezze mettono lì sul giornale.
LORENZO: (c.s.) Pensi, un uomo si getta dal sesto piano. Perché in difficoltà econo-
miche. La moglie successivamente si suicida, presa dal panico. E quel
bastardo del figlio, non ha risposto alle domande del giornalista.
SIMONA: Che indecenza. Neanche a dire due parole.
LORENZO: (c.s.) Si sono sciolti oramai i ghiacciai.
SIMONA: Tutte notiziole. Frivole.
LORENZO: Però subito dopo il colpo grosso. Alain Delon si lascia con la sua nuova
fidanzata.
SIMONA: (con orrore) Ma non l'avevo mica letto.
LORENZO: Bisogna leggere. Certe cose. Signorina.
SIMONA: (basita) E' che a volte non trovo il coraggio e quindi… (piange)
LORENZO: Non si piange, signorina. L'acqua non si può sprecare. E' un ordinanza
ministeriale. Le confiscano gli occhi, lei lo sa.
SIMONA: Sì, certo, trattasi della legge 28 bis. Comma 10.
LORENZO: Perfetto. Si ride. Signorina. Va sempre tutto bene. Lei lo sa? No?
SIMONA: Sì, certo, che lo so (corre di nuovo alla finestra, poi disperata) Nulla! An-
cora nulla.
LORENZO: Attende signorina Concretaccio, vero?
SIMONA: Sì, perché lei no?
LORENZO: Certo, tutti aspettiamo che arrivi.
SIMONA: Sono mesi che aspetto. Ma nulla. Guardi (lo invita ad andare alla finestra)
lì. In quel campo. Vede quell'immenso campo, pieno di iris?
LORENZO: Sì.
SIMONA: C'è lì un posto vuoto. Quanto mi urta, lei nemmeno se lo immagina.
LORENZO: Me lo posso figurare, signorina.
SIMONA: Prima o poi dovrà nascere, qualcosa che lo ricopra.
LORENZO: Certo, ne sono convinto. E' un'oscenità che non ci sia nulla. A parte, vedo,
il letame.
SIMONA: Io esco pazza. Non capisco, ma il comune non se ne occupa di queste co-
se?
LORENZO: Ha ragione! Sono concorde. E' una scempiaggine. Occorre che il munici-
pio attivi tutte le sue forze. A far sì che nasca qualcosa.
SIMONA: Per fortuna che lei, signor… Come si chiama?
LORENZO: (come se non la conoscesse) Piacere, il dottor Lorenzo Concretaccio.
SIMONA: (anche lei, come lui) Il piacere è tutto mio. Signorina Simona Concretac-
cio.
LORENZO: Ma va, che coincidenza! I nostri nomi hanno una vocale ed una consonante
uguale. La a e la n.
SIMONA: Già, non ci avevo pensato.
LORENZO: Come mai lei qui?
SIMONA: Questa è casa mia.
LORENZO: Già, non ci avevo pensato.
SIMONA: Si trova bene qui?
LORENZO: Insomma!
SIMONA: Mi fa piacere che si trova bene in casa mia. Ma si sieda pure sul letto.
Guardi, c'è del Whisky. Lo prenda pure.
LORENZO: Vorrei ma non posso. Non c'è niente da festeggiare. Io aspetterei.
SIMONA: Invero dice la verità. Non ci avevo pensato.
LORENZO: Mi faccia conoscere sua madre. Non è educato non conoscere la mamma.
SIMONA: Mi dispiace, ma mia madre non c'è. Vivo da sola, mia madre insieme al
papà che non ho mai conosciuto. Mi ha solo messo un nome, iscritto ad
una religione, ospitato in una casa. E adesso sono qui io e la mia vita ad
aspettare.
LORENZO: Io inizio da adesso a vivere da solo. A differenza sua, io un padre l'ho avu-
to, una mamma no. Ma un padre sì. Anch'egli mi ha dato un nome, mi ha
iscritto ad una religione, ospitato in una casa. E adesso sono qui io e la
mia vita ad aspettare.
SIMONA: Mio padre è emigrato in Buenos Aires. Mia madre invece è sempre resta-
ta qui a Roma. Chi sa dove sarà mio padre?
LORENZO: Mi chiedo anche io la stessa cosa di mia madre, che da sempre vive a
Roma. Vengo adesso proprio dall'Argentina dove ho lasciato mio padre,
per lavorare, si figuri!
SIMONA: (corre alla finestra) No! (cade in deliquio)
LORENZO: (va a soccorrerla) Signorina, si riprenda, la prego! (poi, senza darle più
importanza, si alza a vedere). Dio mio! (sviene anch'egli)
Dopo un attimo di sbandamento, ed una forte luce proveniente dalla
finestra, Simona si rialza.
SIMONA: (guardandolo, cercando di farlo rinvenire) Signor Concretaccio. Signor
Concretaccio. Dottor Concretaccio
LORENZO: (rinvenendo) Sì?!
SIMONA: E' arrivato il momento!
LORENZO: Credo di sì (corre al whisky).
SIMONA: (va alla specchiera, truccandosi) Chi se lo aspettava, lo attendevo sì, ma
non me lo aspettavo.
LORENZO: (riempiendosi il bicchiere) Io proprio no!
SIMONA: (va alla finestra) Guardi là, quant'è grande.
LORENZO: (bevendo, andando alla finestra) Sì capisco, trattasi di una Rafflesia, il
fiore più grande del mondo. Può arrivare a pesare sette chili. Fiore che
nasce in Asia.
SIMONA: Apriamo la finestra, sentiamo il suo profumo (fa cenno di aprire, ma vie-
ne bruscamente fermata da Lorenzo).
LORENZO: L'odore è simile a quello della carne putrescente. E' il fiore più potente.
Rappresenta infatti quello. Il potere. Gli iris sono gli altri. La gente.
SIMONA: Come saprà tutte queste cose?
LORENZO: (come se non la conoscesse) Mi presento, Lorenzo Concretaccio, Dot-
tore in Botanica. Lavoro da oggi al comune di Roma, come consulente
dell'assessore all'ambiente, della città.
SIMONA: Incredibile! Non sapevo di conoscere un botanico. Piacere! Italiano?
LORENZO: Sì. Sono nato qui a Roma, in zona Nomentana, per la precisione in via
Lanciani 237. Mia madre, non l'ho mai conosciuta, so che è originaria
di Salerno. Mio padre invece natìo del varesotto.
SIMONA: Aaah! Tutt'altra storia. Io sono nata all'ospedale Pertini, in zona Nomenta-
na. Lo conosce? Si trova proprio vicino alla mia ex casa in via Lanciani
237. Al contrario suo, io mia madre l'ho conosciuta, e come. Conosco però
Salerno, ci sono i miei nonni materni. La famiglia di mia mamma è origi-
ria di quelle parti. Mio padre non l'ho conosciuto. So che era delle parti di
Varese. Almeno mia madre sempre così mi ha detto!
LORENZO: Strano!
SIMONA: Cosa?
LORENZO: Come fa a trovarsi qui una Rafflesia? E' un fiore asiatico.
SIMONA: Questa è una zona piena di asiatici. Qualcuno avrà piantato il seme, lì nel
campo.
LORENZO: Qualcuno chi? Bisogna sapere, prima di affermare. Perché se si afferma
il falso, che affermazione è?
SIMONA: Qualche thailandese.
LORENZO: Thailandese... e se fosse Vietnamita?
SIMONA: Potrebbe, sempre asiatico è.
LORENZO: Sarà, ma io per ora vedo solo un uomo, lì accanto, che non sembra affatto
asiatico. Se non è italiano al massimo sarà un transalpino.
SIMONA: Dice?
LORENZO: Dico.
SIMONA: Pensa?
LORENZO: Penso.
SIMONA: Sarà un transalpino andato in Thailandia.
LORENZO: (Da adesso aleggerà un'atmosfera da interrogatorio) A fare che?
SIMONA: Le vacanze.
LORENZO: Perché è andato a fare le vacanze in Thailandia?
SIMONA: Gli piaceva la zona.
LORENZO: Perché dovrebbe piacere un paese che si chiama Thailandia?
SIMONA: Per le sue belle coste, che sono accompagnate da un certo clima tropica-
le e dai monsoni.
LORENZO: Come mai ci si trova il mare in questa ridicolissima zona che prende il no-
me di Thailandia?
SIMONA: Perché Qualcuno c'è l’ha messo.
LORENZO: Chi ha potuto fare mai questa così graziosissima opera, che adesso tu
chiami con disonore Thailandia?
SIMONA: Dio.
LORENZO: Chi è Dio?
SIMONA: (toni di nuovo normali) Che ore si saranno fatte?
LORENZO: Credo siano le quindici.
SIMONA: Da cosa lo evinci?
LORENZO: Da quello schermo laser, posto sotto la scritta "Orologio".
SIMONA: Come fa a saperlo lo schermo laser?
LORENZO: Credevo fossero le quindici.
SIMONA: E in realtà?
LORENZO: Non lo so.
SIMONA: Allora adesso cosa fare?
LORENZO: Aspettiamo. Siamo sempre in attesa.Ogni minuto che passa, è un minu-
to in meno all'attesa.
SIMONA: Di cosa?
LORENZO: Di cose provvisorie, che rendano la grande attesa meno noiosa.
SIMONA: Cose tipo le novità?!
LORENZO: Sì, tipo le invenzioni di ultima generazione. Bisogna quindi attendere il mo-
mento propizio.
SIMONA: Cosa?
LORENZO: Tutto ciò che si inventerà già esiste. Si aspetta il momento opportuno per
renderlo pubblico. Prima tutti debbono comprare il vecchio, dopodichè ar-
riverà la novità che per chi inventa è già vecchissima.
SIMONA: Allora la novità?!
LORENZO: Signorina, le volevo dire che io sono qui per dirle una cosa, che non so…
SIMONA: Allora se non la sa, la prego di non dirmela.
LORENZO: Va bene, allora credo proprio che non gliela dirò.
Fuori il cielo si fa plumbeo, rossastro, pieno di piombo. A significare,
colpi di artiglieria, con rumori assordanti. Una guerra lì fuori è scoppia-
ta, ma in casa tutto è tranquillo, e con movimenti pacati i due si avvicina-
no alla finestra.
LORENZO: Il tempo è nuvoloso. Toh! Guarda, c'è del sangue in cortile, un uomo dila-
niato.
SIMONA: Piove? Chi sa quando smetterà?
LORENZO: Questo potrebbe essere l'ultima pioggia! Bene che vada ci sarà poi un
"dopopioggia".
SIMONA: Ma non c'erano due palazzi? Lì!
LORENZO: Caduti, non erano a prova di pioggia. Farò un esposto alla magistratura.
Questi architetti è ora che si aggiornino. Ci vogliono le case intelligenti.
Le piogge sono sempre intelligenti.
SIMONA: Dobbiamo alzarci al loro livello.
LORENZO: Chi sa se l'ultima fidanzata di Ronaldo sarà in vacanza con quell'onorevole.
SIMONA: Io dovrò dimagrire. La statistica dice che un uomo su tre dice di volere
le donne 92-97-88. Come farò a riuscirci.
LORENZO: Guarda, c'è una mamma che piange. Ha perduto il suo bimbo, è lì a terra,
chi sa se domani uscirà a comprare il latte, che è ormai aumentato.
SIMONA: Comunque stasera c'è la nuova fiction della RAI. Resti qui?
LORENZO: Ma certo, sento che c'è qualcosa che ci lega.
SIMONA: Dici?
LORENZO: Dico.
SIMONA: Pensi?
LORENZO: Penso. Ma soprattutto credo.
SIMONA: Credi?
LORENZO: Sì, credo! Cosa c'è di strano, credo.
SIMONA: In cosa credi?
LORENZO: A ciò che pensi.
SIMONA: Non capisco. Per questo parlo. (corre alla finestra colta da una specie
di raptus). Signor dottore Lorenzo. Guardi tutti gli iris, sono appassiti,
calpestati, è rimasta soltanto la Rafflesia.
LORENZO: Quella non morirà mai. Quella se la cava sempre. Puoi star certa!
SIMONA: Chissà se arriverà anche per noi Godot?
LORENZO: Parla francese, signorina?
SIMONA: Ma va. Non lo sapevo.
LORENZO: Cosa?
SIMONA: Che parlo francese.
LORENZO: Complimenti!! Comunque bisogna aspettare, signorina.
SIMONA: Già. Ma quanto ancora?
LORENZO: Non si sa. Certe attese sono imprevedibili.
SIMONA: (rincuorata) Però. Che bello attendere.
LORENZO: Già. Cosa fare?
SIMONA: (provocante) Io un’idea ce l’avrei, nel mentre si aspetta.
LORENZO: Dici?
SIMONA: Dico.
LORENZO: Pensi?
SIMONA: Penso.
LORENZO: Allora aspetta. Che tolgo queste scarpe (fa uno sforzo immane per toglier-
si le scarpe, non riuscendoci).
SIMONA: Lascia stare le scarpe (si butta sul letto, portando con sé anche lui).
LORENZO: Ma dobbiamo aspettare.
SIMONA: Lascia fare, vorrà dire che per adesso godrò.
LORENZO: (incominciano a far l'amore) Ma io ero venuto qui…
SIMONA: Quando sei venuto qui?
LORENZO: Poc'anzi ero venuto per…
SIMONA: Eri venuto…
LORENZO: Ero venuto…
SIMONA: Sì.
LORENZO: Sono venuto. Ah!
SIMONA: Quindi?
LORENZO: Aspettando ancora un po’... godrò!
Buio. Poi due spermatozoi scivoleranno a proscenio, dove appropriati
fari li illumineranno. I due avranno in mano due telecomandi, con i quali
spegneranno quella realtà.
Rumore. Fine del mondo.
SIPARIO