TRASFORMAZIONI
commedia in tre atti di
Maria Letizia Compatangelo
I ATTO
Il sipario si apre su uno stanzone rettangolare dal soffitto basso e privo di
finestre, salvo un piccolo sfiatatoio in alto a sinistra. É il seminterrato di
uno stabile che ospita uffici di pubblico servizio, attrezzato
semi-clandestinamente dagli uscieri a tinello con uso di cucina: c'è infatti un
tavolo con quattro sedie scompagnate nel mezzo, un cucinino con corredo di
vecchie casseruole e stoviglie, una credenza e, sulla parete di sinistra, un
cumulo di cimeli di tifoseria calcistica, che culminano in un altarino,
contornato dai manifesti di una squadra. Accanto all'altarino c'è anche un
pannello con spie luminose e campanello elettrico. Sulla parete di destra due
gradini ed una porta che, si capirà presto, conduce alla guardiola. In scena due
uomini di mezza età in divisa di usciere: Rocco, grasso e lento, e Saverio,
mingherlino e nervoso, il più giovanile dei due. Rocco sta preparando il caffè,
Saverio invece sta terminando di affiggere al muro con lo scotch un nuovo
manifesto. Entrambi svolgono tali mansioni con amorevole pignoleria.
ROCCO: ... Che te ne pare?
SAVERIO: Eccezionale.
Fa un furtivo segno della croce dinanzi all'altarino e bacia l'immagine della
sua squadra,quasi per trasmetterle una benedizione.
ROCCO: Davvero?!
SAVERIO: Cosa?
ROCCO: Ti ho chiesto che te ne pare di quello nuovo!
SAVERIO: Ah! Scusa, non avevo sentito...(studia l'effetto del poster sul muro)
Bello,vero?
ROCCO: (scotendo la testa) Ti stai scimunendo.
SAVERIO: Ho capito, ho capito! - E che ti posso dire? Il tempo di accompagnarlo
dal capo del personale... Sembra a posto.
ROCCO: In che senso?
SAVERIO: Tranquillo, un tipo tranquillo.
ROCCO: Uno stupido?
SAVERIO: E che ne so?! - Piacere, Saverio Stradi. E lui : salve, Donato...
eccetera, molto lieto.
ROCCO: E poi?
SAVERIO: Uh, e che scocciante che sei! Niente! - Allora, questo caffè?
ROCCO: Arriva. - No, sai, è che ... è importante che non ci mandino il tipo
sbagliato.
SAVERIO: Hai ragione. Bisognerà torchiarlo un po'.
ROCCO: (sospira) E Giovanni non c'è!
SAVERIO: Già... Speriamo bene!
Alla porta del seminterrato si affaccia Donato,un bel ragazzo sui
venticinque/ventotto anni, alto e bruno. Il suo abbigliamento è semplice,
sportivo e piuttosto accurato. Ispira simpatia e fiducia.
DONATO: Si può?
SAVERIO: Avanti, avanti! Benvenuto sul posto di lavoro!
Donato si guarda intorno interdetto : fornello,pentole, stoviglie, gagliardetti,
mazzi di carte e caffè fumante sul tavolo. Rocco lo squadra con evidente
diffidenza.
SAVERIO: Lui è Rocco Santoro. “Gargantua” per gli amici.
DONATO: Piacere, Donato Sacchi.
ROCCO: (facendogli il verso) Molto lieto... Vuoi un caffè?
DONATO: Grazie... (guarda preoccupato verso la porta)
SAVERIO: Non ti preoccupare. Siediti.
DONATO: Ma... non c'è nessuno nella guardiola!
SAVERIO: (senza ascoltarlo) Che ti ha detto quello là?
DONATO: Quello là?
ROCCO: Tigesti. Il Capo del personale.
DONATO: Niente di particolare. Le solite raccomandazioni, suppongo: il
cartellino, gli orari, la disciplina...
Saverio scoppia a ridere. Rocco, sedutosi a prendere il caffè, lo zittisce con
un calcio sotto il tavolo.
ROCCO: Lo conosci?
DONATO: (sorpreso) Chi?
SAVERIO: Quello là.
ROCCO: Tigesti
DONATO: No, perché?
SAVERIO: Strano. Ultimamente nessuno viene assunto...Insomma non lo conosci quel
porco.
ROCCO: Lascia perdere. (al giovane) Come ci sei arrivato,qua?
DONATO: É una lunga storia. Un concorso che avevo fatto tanti anni fa, appena
diplomato - ne ho fatti tanti... Non me ne ricordavo nemmeno più.
SAVERIO: E invece,eh?! Senza che te l'aspettassi (sottolineando le parole) senza
fare niente... Un bel posto statale che ti piove dal cielo!
DONATO: Praticamente.
ROCCO: Senza una raccomandazione.
SAVERIO: Dai, a noi puoi dirlo! E che ci sarebbe di strano?!
DONATO: A dir la verità io ho preso il posto di uno prima di me che...
ROCCO: Che?
DONATO: Non lo so. É morto.
SAVERIO: Morto?
DONATO: Defunto. Un attacco di cuore. - Aveva appena appreso la notizia.
Saverio ride.
ROCCO: E il secondo in graduatoria eri tu.
DONATO: Spero di trovarmi bene qui. Cercherò di non crearvi problemi,
lavorerò... e seguirò tutti i vostri consigli, naturalmente.
SAVERIO: (batte un pugno sul tavolo. A Rocco) Che ti dicevo? É a posto. Qua la
mano, amico!
Donato si alza per stringere solennemente la mano tesagli e fa cadere il
voluminoso pacco che ha tenuto sino ad adesso sulle ginocchia.
ROCCO: Che cos'è?
DONATO: La divisa...(estrae dal pacco una giacca enorme) Forse era pronta per
quell'altro.
ROCCO: Dà qua. (esamina l'indumento) Te la faccio stringere io. Diecimila,
d'accordo?
DONATO: (capisce di essere stato accettato) Grazie. Se tutti qui sono come
voi...
ROCCO: (tossisce intenzionalmente e guarda Saverio) Ce n'è un altro. Un altro
collega. È stato via per ...
SAVERIO: Problemi di famiglia. Dovrebbe tornare a giorni.
ROCCO: Già. É stato via un bel po'. Speriamo bene.
Squillano contemporaneamente due campanelli dal pannello accanto all'altarino
calcistico di Saverio. Donato scatta in piedi, ma la manona possente di Rocco lo
ricaccia a sedere.
ROCCO: (ridendo bonariamente) Buono, buono pivellino! Non vorrai far
prendere cattive abitudini...
Donato guarda i suoi interlocutori piuttosto sorpreso. Saverio siede di fronte a
lui a cavalcioni della seggiola.
SAVERIO: Credo che sia giunto il momento.
ROCCO: Certo.Come fece con noi Giovanni. - Inizia tu.
Durante la disquisizione che segue Rocco si assorbirà tutto nella complicata
preparazione del pranzo : affetterà cipolla e pancetta, aprirà una bottiglia di
salsa etc., intervenendo solo di tanto in tanto a correggere Saverio, il quale
tende ad esagerare le cose, secondo il proprio temperamento eccitabile e
collerico.
SAVERIO: Allora ascoltami bene: cerca di non farmi ripetere volte la due stessa
cosa, ma se non hai capito fermami e chiedi pure spiegazioni. Okay? (ripetendosi
subito, come farà spesso) È molto importante che ti siano molto chiari alcuni
semplici cosi...come dice Giovanni...
ROCCO: Concetti.
SAVERIO: Giusto, concetti. Pochi, semplici concetti chiari ...e qua dentro puoi
stare come un pascià. Voglio dire...certamente devi lavorare, eh! E certo, mica
uno può rubare il pane, no? Con tutta la gente che lavoro non ce l'ha e chissà
che farebbe...chissà che cosa, guarda...
Rocco tossisce con impazienza.
SAVERIO: No, deve essere chiaro che qua uno lavora, però...Però. (si ferma a
connettere le idee, ingarbugliate nel lungo preambolo; riprende quindi
trionfante) Però "cum grano salis"! Lo sai il latino? Cum grano salis: con
moderazione.
DONATO: (non sapendo che pesci prendere) Capisco.
SAVERIO: Tu come sei arrivato qui? Che facevi prima?
DONATO: Io...
SAVERIO: (bloccandolo) ce lo spieghi dopo. Volevo dire : tu ti sei svegliato un
bel mattino e ti sei trovato bell'e pronto su un cabaret d'argento un posto
fenomenale, un posto statale di usciere che ora non ti può togliere nessuno.
Nessuno, capisci?! - Nessuno tranne il Padreterno naturalmente, come ha fatto
con quel povero disgraziato che stava prima di te, pace all'anima sua.
DONATO: Amen.
SAVERIO: Sì, ma quanto avrà brigato per ottenerlo? Che ne sai? Magari si sarà
andato ad impegnare anche l'orologio, chissà?
DONATO: Già...
SAVERIO: Ora tu devi sapere prima di tutto una cosa: chi sta qua dentro
non è normale. Punto primo. Non è normale!
DONATO: No ?!
ROCCO: Ascolta.
SAVERIO: Chi è entrato vent'anni fa adesso o è rincoglionito o nella
migliore delle probabilità... No, come si dice? Nella migliore delle...
ROCCO: Ipotesi.
SAVERIO: Ipotesi, appunto. - Nella migliore è stanco e non gliene fotte
più di niente e di nessuno. Mi segui?
DONATO: Sì...
SAVERIO: E veniamo al punto.Chi invece è entrato negli ultimi tempi non è
normale perché ha dovuto brigare tanto e aspettare tanti di quegli anni,
chiedendo favori e facendosi in diecimila pezzi per smuovere l'ira di Dio delle
persone... che quando arriva qua dentro è avvelenato. Capito?
DONATO: Avvelenato.
SAVERIO: Schifato. Incazzato col mondo intero. E veniamo al punto... Cosa ha
ottenuto? Un bel posto statale che mo’ neanche il Padreterno - salvo le debite
eccezioni – gli può levare. E che cosa succede? (pausa. Donato non risponde) Che
qualche cosa deve pure fare, no?! È logico?
DONATO: Certo...
SAVERIO: E a lui non gli va! Si è spompato nell'attesa. E si arrabbia
sempre di più, ma qualcosa la deve fare comunque, e allora che succede?
ROCCO: (spazientito) Che succede!
SAVERIO: Che si sfoga con chi gli sta sotto! L'impiegato di terzo livello con
quello del secondo livello, quello del secondo livello con quello del primo,
quelli del primo con quelli a tempo determinato e così si scatena un putiferio
di ordini, contrordini, buste e protocolli che fanno avanti e indietro, pratiche
che girano di qua e di là...e chi ci va di mezzo?
Donato non fiata, tramortito dalla frenetica logorrea di Saverio
SAVERIO: (assumendo un tono compito) Secondo te, a lume di naso...
chi ci può andare di mezzo? Eh? - Ma noi, no!
Rocco sospira soddisfatto.
SAVERIO: E allora non bisogna darci soddisfazione, a quei cretini
paranoici e frustrati!
Urla le ultime parole picchiando il pugno sul tavolo. Donato sobbalza
impressionato,Rocco richiama tutti all'ordine picchiettando il dorso del mestolo
sul bordo della pentola. Saverio si calma.
SAVERIO: Tu pensi che sto esagerando.
DONATO: No, per carità... (ci riflette su) - E i dirigenti?
SAVERIO: Quei porci sono un discorso a parte. Ma danno meno fastidio perché
hanno tutti gli impiegati con cui sfogarsi. A noi ci calcolano...ci scocciano
meno, insomma. - Punto secondo allora: non gli devi dare soddisfazione. Ognuno
qua vuole dimostrare che ha un potere, anche una cacatina di mosca di potere...
ma a noi non ce ne fotte niente, giusto?
DONATO: Giusto.
SAVERIO: E così se loro suonano, non bisogna mai, dico MAI rispondere subito,
sennò se ne approfittano! - Rocco, fammi il piacere, versami un goccetto, che a
furia di parlare...
ROCCO: (a Donato) Tu vuoi?
DONATO: No, grazie, a quest'ora...
SAVERIO: (sorseggia il vino) Certo se c'era Giovanni lui ti spiegava meglio ...
E poi un'altra cosa, punto terzo: noi qua non siamo i facchini di nessuno,
chiaro?
ROCCO: Chiaro?!
SAVERIO: Ci proveranno, guarda, ci proveranno in tutte le maniere, con le buone
e con le cattive, ma tu devi resistere, resistere, capito?! Altrimenti mandi a
farsi fottere tutti questi anni di lotte nostre!
ROCCO: (minaccioso) E questo proprio non si può fare.
DONATO: D'accordo. (attende con aria interrogativa)
SAVERIO: I plichi.
DONATO: I plichi?
ROCCO: E i pacchi.
SAVERIO: I plichi, i pacchi, i fasci di giornali, i rotoli di carta igienica o
gli accidenti che se li portano! Noi possiamo trasportare solo pratiche con peso
non superiore a trenta grammi. Ricorda : trenta grammi!
DONATO: E quanti sono trenta grammi?
SAVERIO: (aspettava la domanda) Una busta con quattro fogli, due buste con due
fogli o una pratica da cinque fogli o una cartellina standard con non più di due
fogli. Ma non ti preoccupare. Dopo un po' ci fai l'occhio.
ROCCO: Le prime volte sbagli, ma poi ti viene l'occhio a bilancino.
SAVERIO: E se ti dicono porta questo raccoglitore di là al Capo servizio per le
firme...Nix! Niet! Niente da fare. Mi raccomando. Non è compito tuo. Chiaro?
DONATO: Chiaro.
ROCCO: A meno che... (guarda Saverio)
SAVERIO: Beh, certo... (a Rocco) Non volevo dargli troppi concetti tutti
insieme, che magari poi fa confusione... - Okay, è chiaro, ci sono sempre le
eccezioni, come dice Giovanni...
ROCCO: ...E saper scegliere dimostra l'intelligenza dell'individuo.
DONATO: Ma chi è questo Giovanni?
SAVERIO: Giovanni? Uno veramente con le idee chiare, puoi credermi.
ROCCO: É il collega che deve tornare. (sospira) Speriamo bene.
SAVERIO: (furtivo) Speriamo... purché non sia troppo tardi.
ROCCO: Già.
Si zittiscono entrambi, pensosi. All'improvviso si scatena una sarabanda di
campanelli. Donato non sa che fare, ma subito tutto torna nel silenzio.
DONATO: Dicevate... le eccezioni...
ROCCO: Naturalmente. (arrotando un coltello) Per esempio : tu vedi una bella...
una bella... una che ti tira, insomma. Ora, se lei fa troppo la difficile tu la
mandi a quel paese e questo a certe donne fa anche bene... ma se invece è
simpatica, non parliamo poi se ti fa anche capire qualche cosetta di più...
Allora è consentito fare un favore. Ma devi sottolineare che non sei tenuto, e
che lo fai solo per fare una cortesia a lei.
SAVERIO: In via del tutto eccezionale.
DONATO: Ho capito. E poi?
ROCCO: Poi c'è il caso dello scambio dei piaceri. Come si dice... una mano lava
l'altra... Ma bisogna saper distinguere, e siccome qui dentro quello che si può
muovere meglio in un certo modo sei tu... devi farla pesare.
DONATO: Pesare?
ROCCO: Certamente. Sei tu quello che può dare di più. Quindi quando un dirigente
ti chiama e ti affida, che so io... un pacco che qualcuno deve venire a ritirare
in portineria,ecco. Tu lo guardi, dici sì, sì, va bene... ma fai capire - e qui
devi essere bravo - fai capire soppesando così, mi vedi, il pacco, che non va
bene manco per niente! Allora lui te lo chiede per favore e così tu lo fai, ma
gli hai fatto un favore. E i favori prima o poi...
DONATO: Si restituiscono.
Rocco e Saverio annuiscono soddisfatti con una complice strizzatina d'occhi.
ROCCO: Impari facilmente.
SAVERIO: Per oggi basta così. Se c'è qualcosa che non sai, chiedi a noi.
(solenne) Qualsiasi lavoro si impara solo con la pratica.
GIOVANNI: (entrando tra la sorpresa generale) E non si impara mai abbastanza.
Giovanni è un uomo sui cinquantacinque – sessant’ anni, alto e robusto: ha nel
portamento e nel modo di parlare un non so che di maestoso che gli conferisce
un' aria austera, accentuata dal segno di un profondo dolore che gli marca il
viso dai lineamenti ancora giovanili. Rocco e Saverio si slanciano a salutarlo
affettuosamente.
SAVERIO: Giovanni, finalmente! Come stai?
ROCCO: Stai bene? Non lo sapevamo che arrivavi oggi!
GIOVANNI: Ciao, come va?
SAVERIO: Da quanto tempo ti aspettiamo! Ci sei mancato. Come stai?
GIOVANNI: Bene, bene.
ROCCO: L'ultima volta che ci siamo visti è stato al funerale...
SAVERIO: (troncandogli la parola sulle labbra) Ti trovo bene, invece. Qua senza
di te le cose non sono mica le stesse,sapessi!
ROCCO: (dspiaciuto per la gaffe) No, volevo dire che se da allora non ci siamo
visti è stato perché... Insomma, noi ti abbiamo telefonato, ma tua moglie ci ha
detto che non volevi...
GIOVANNI: (fa un cenno con la mano per fermarlo.Parla dopo una lunga pausa.) Lo
so, e vi ringrazio. É stato terribile,ma ora va meglio.
ROCCO: (battendogli una mano sulla spalla) Quanto mi fa piacere, Giovà! A poco a
poco le cose si sistemeranno, vedrai...
SAVERIO: Basta adesso! Guarda un po' chi c'è!
Saverio indica Donato, che è riuscito a capire molto poco, salvo che a Giovanni
deve essere accaduto qualcosa di molto triste. A maggior ragione è imbarazzato
ora che tutti gli sguardi convergono su di lui nel silenzio. Si avvicina agli
altri lentamente, come per sostenere un nuovo esame.
DONATO: Donato Sacchi, molto lieto. Sono il nuovo collega.
GIOVANNI: (gli stringe la mano) Giovanni Giudici. - Tu dovrai prendere il mio
posto, allora.
DONATO: Non capisco.
GIOVANNI: Lo credo. In pensione dovrò andarci tra due anni.
SAVERIO: Non è lui. Ha preso il posto di quello che è riuscito a farsi assumere.
ROCCO: É morto. Il primo.
GIOVANNI: (gira intorno a Donato osservandolo) ...ma la macchina ormai si era
messa in moto... e così ti hanno spedito al posto suo.
DONATO: Esatto.
GIOVANNI: Insomma adesso sei qui. (austero, agli altri due che gli si rivolgono
come a un capo) Gli avete già parlato?
SAVERIO: Certo, una bella lezione, come facesti tu con noi... (si accorge che
Giovanni non lo ascolta)
GIOVANNI: Due mesi... sono passati solo due mesi...
ROCCO: Vuoi un goccetto?
GIOVANNI: (senza udirlo) ...due mesi che ti cambiano una vita intera...
Si sposta ma urta contro una sedia facendola cadere. Si china a raccoglierla e
sbatte contro il tavolo, come se in quello spazio, così evidentemente familiare
per lui, non riuscisse più a calcolare le misure. Rocco e Saverio,
impressionati, lo seguono attentamente con lo sguardo.
GIOVANNI: Non me lo ricordavo.
SAVERIO: Cosa, Giovanni?
GIOVANNI: Che questo posto fosse così stretto. Non me ne ricordavo. (si siede) E
allora? Come va? Come procedono gli affari in questa piattaforma sublunare per
umani da scrivania?
ROCCO: (ride sollevato. A Donato) Che te ne pare? E questo è niente! Devi
sentire quando è in forma!
SAVERIO: La sai l'ultima?
Giovanni lo guarda senza replicare.
SAVERIO: Già, non la sai... Non la puoi sapere... - Ma è troppo divertente, vero
Rocco? Quella di Ombretta!
ROCCO: (ride, per coinvolgere Giovanni) Altroché!
SAVERIO: Tu sai che quella, no, è una che... gli piace, no... Beh, cosa si è
messa in testa? Di riuscirci con Benga, figuriamoci!
ROCCO: (ridendo) Con quel pesce lesso! (studia la mancanza di reazioni di
Giovanni e incalza) E quando Saverio si è appiccicato con il direttore?!
Giovanni solleva un sopracciglio, scettico.
SAVERIO: Insomma, non che ci abbia proprio litigato, ma gliene ho cantate
quattro belle chiare.
ROCCO: E avevi ragione! - Non voleva fargli cambiare una lampadina?!
GIOVANNI: Lume da tavolo?
ROCCO: No, lampadario!
Giovanni annuisce gravemente e subito si assenta di nuovo.
ROCCO: E poi Giovà... c'è un'altra cosetta piuttosto importante... (si
interrompe, chiama Donato) Giovanotto, va’ a comprare un po' di pane, fammi il
piacere.
DONATO: Ma non so se posso allontanarmi...
SAVERIO: (interrompendolo) Puoi, puoi. Ci siamo noi, no? Vai, non ti preoccupare
- poi ci dici quant'è. (lo spinge fuori)
ROCCO: (inseguendolo con la voce) Otto rosette! Ben cotte, mi raccomando!
(prende la bottiglia e altri bicchieri e siede di fronte a Giovanni) Allora, in
poche parole la faccenda sta così : c'è la possibilità di guadagnare un
cinquantino. Da dividere in tre.
SAVERIO: Cinquanta, forse meno... forse molti di più.
ROCCO: Dipende dall'appalto, capisci?
GIOVANNI: Come l'avete saputo?
SAVERIO: Per la verità ci sono proprio venuti a cercare. Così, come se niente
fosse, una chiacchiera tira l'altra e poi tracchete! La domanda. - Se potevamo
far conoscere in anticipo... con qualche sistema... le offerte degli altri
concorrenti.
GIOVANNI: (freddo) Perché da voi? Sapevano dell'altra volta?
ROCCO: Figuriamoci! Sono passati cent'anni, tra un po'! - No, sono venuti con
quello, quello del quarto piano... ce li ha portati lui.
GIOVANNI: Bisogna stare attenti.
SAVERIO: (eccitato) L'altra volta ci siamo dati tutti una bella sistemata, no?
Chi più, chi meno... c'è sempre qualche problema. Io poi adesso, con lo
sfratto...
GIOVANNI: Hai la casa assegnata.
SAVERIO: E che ci posso fare io! La famiglia! Dicono che là non ci vogliono
andare, che è un sobborgo, che quelle case popolari fanno pena...
ROCCO: (tagliando corto) I soldi non fanno schifo a nessuno. Se si può fare, si
fa. Tanto troverebbero qualcun altro. (a Giovanni) Tu riflettici un poco...
GIOVANNI: Io non ho più bisogno di niente.
Saverio e Rocco si sbirciano sconcertati. É accaduto ciò che in fondo temevano:
Giovanni non è più lo stesso. Loro però hanno assolutamente bisogno delle sue
capacità per concludere l'affare. In quel momento la porta viene rumorosamente
spalancata con un calcio.
MARIA PINA: Si può?
SAVERIO: No!
ROCCO: (sottovoce) Pensaci,Giovà. (alla donna) Avanti, avanti!
Entra Maria Pina. O meglio, entrano quattro stampelle cariche di abiti e
maglioncini di ogni sorta, quindi una sagoma femminile e infine altre due
stampelle cariche.
MARIA PINA: Che profumo di caffè!
ROCCO: (a Giovanni) Ne riparliamo più tardi. (a Maria Pina) Forza, poggia qua.
Rocco aiuta Maria Pina a posare il suo carico sulla seggiola ove era seduto.
Scopriamo così una donna sui trent'anni, slanciata , con una bellissima
capigliatura e lineamenti gradevoli, vestita molto sportivamente, con quei
piccoli tocchi di compiacimento infantile che di questi tempi tutte le riviste
femminili raccomandano. Ma per essere attraente le manca qualcosa, forse un
pizzico di sensualità o forse solo di femminilità rilassata: a guardarla bene in
effetti è un po' rigida, e la sua pelle tende al verdino.
MARIA PINA: Guarda chi c'è! Giovanni! (gli stringe la mano calorosamente) Come
stai?
GIOVANNI: Bene, bene. Ti trovo in forma.
MARIA PINA: Dici? Lasciamo perdere, ho un diavolo per capello...
ROCCO: (ride) Come al solito...
SAVERIO: È questo il campionario?
MARIA PINA: Sì, ma da qui non deve uscire. Chi vuole qualcosa viene qua, se la
prova, e se va bene se la piglia. Il resto me lo riporto via domani.
ROCCO: E già, adesso ci facciamo un atelier, qua dentro!
MARIA PINA: Mica è roba mia. Mi avete chiesto voi il favore, e invece di dire
grazie...
SAVERIO: Va bene, va bene! - Telefono a mia moglie e le dico di passare entro
oggi pomeriggio, sennò niente. - A me che mi frega, è roba da donne...
MARIA PINA: Forse posso rimediare anche delle belle camicie da uomo e delle
cravatte stupende.
ROCCO: Porta, porta... ce l'hai qua?
MARIA PINA: Le sta vendendo Brigitte al terzo piano. - Ma è roba firmata!
SAVERIO: Embè? Quanto costa?
MARIA PINA: Che ne puoi capire tu... Sempre meno che al negozio, stai certo.
Entra Donato con il pane. Si ferma intimidito vicino alla porta.
ROCCO: Bravo, dai qui. Quanto hai speso?
DONATO: No, niente, figurati.
SAVERIO: Donato Sacchi, Maria Pina Locchi. - Lui è quello nuovo.
(stupita) Quello nuovo?
GIOVANNI: Che mi sostituirà tra due anni.
MARIA PINA: (gira intorno a Donato, squadrandolo spudoratamente) Da quanto sei
qui?
DONATO: Da oggi.
MARIA PINA: Quanti anni hai?
DONATO: Ventotto, perché?
MARIA PINA: Così...
SAVERIO: (malizioso) Sei sposato?
DONATO: (sconcertato) No...
MARIA PINA: (seccata) Sei compagno?
DONATO: Io...
MARIA PINA: (aggressiva) Ciellino?
DONATO: No, io...
MARIA PINA: Cosa sei?
ROCCO: A Mariapì, e fallo respirare!
DONATO: Non sono iscritto a nessun partito.
MARIA PINA: (lo scruta attentamente) Vuoi venire venerdì alla manifestazione?
Contro la mafia. (guarda severamente gli altri) Tutti dovremmo partecipare, è un
dovere civico!
ROCCO: I cortei non sono più quelli di una volta.
SAVERIO: (stiracchiandosi) Già... eravamo così belli, gagliardi e tosti...
incazzati! (scuote la testa) Oggi le manifestazioni sono troppo tristi.
MARIA PINA: Perché vi siete rammolliti! Tutti rinchiusi nel privato, tutti in
pantofole!
ROCCO: A ragazzì, io ai cortei ci andavo che tu dovevi ancora fare la prima
comunione!
MARIA PINA: (sfottendolo) Diciamo piuttosto che non ero ancora nata!
Alla porta del seminterrato si affaccia un uomo anziano vestito dimessamente ma
con molta proprietà.
UOMO: Scusate...
ROCCO: Qua non si può entrare.
UOMO: Di là non c'è nessuno ...
SAVERIO: Embè? E lei allora entra in casa d'altri così?
UOMO: Mi scusi, non sapevo fosse privato...
GIOVANNI: Non importa. Cosa cerca?
UOMO: L'ufficio controllo assegnamento pensioni.
SAVERIO: È tardi adesso.
UOMO: Ho impiegato due ore per giungere qui con gli autobus!
GIOVANNI: Deve ritornare domani, mi dispiace. L'ufficio chiude alle undici.
UOMO: (tramortito) Domani!
ROCCO: (cercando di liberarsene) Ci provi, se vuole. Quinto piano, stanza 12.
Veda un po' se le danno ascolto...ma non credo. (stringendosi nelle spalle) Noi
che ci possiamo fare?
UOMO: Grazie. Devo solo chiedere un'informazione, per sapere se devo... magari
voi...
ROCCO: (interrompendolo, spazientito) Vada su, le ho detto. Quinto piano, stanza
12.
UOMO: Grazie. Stanza 12. E scusatemi.(esce)
MARIA PINA: (annoiata) Allora, ci venite? O per voi il dovere civico non
significa nulla?
ROCCO: (versandole il caffè) Io poi vorrei entrare nella testa tua e capire cosa
pensi quando dici così... a bocca piena: dovere civico!
SAVERIO: Significa che è un dovere di tutti i cittadini.
MARIA PINA: Giusto.
DONATO: (intervenendo a sorpresa, calmo e a bassa voce) Ma non perché c'è una
legge scritta. - Dovere di cittadino significa... di un individuo che sente di
appartenere ad una comunità, ad una "polis"... dunque un dovere essenzialmente,
prima di tutto... morale.
Tutti si voltano a considerare Donato, compiaciuti e meravigliati del suo
improvviso exploit. Maria Pina, più esattamente, lo sta lentamente divorando con
gli occhi. In quel mentre entra Rita, una donna robusta, con un bel viso pieno e
luminoso. Indossa sopra il vestito un grembiule da lavoro, ha un fazzolettone in
testa e un paio di guanti di plastica in mano.
RITA: Si può?
ROCCO: Amore mio, come non si può?! Entra, entra, vieniti a prendere un goccio
di caffè! (la abbraccia, palpandola)
RITA: E guarda se impara a tenere le mani a posto! Ciao Saverio. Signor
Giovanni,che piacere rivederla!
GIOVANNI: Ciao Rita, come stai?
RITA: Si tira avanti...oggi,con l'ascensore rotto, fare su e giù con il
secchio... E che ci possiamo fare? (ficca i guanti in una tasca, e resta
immobile)
ROCCO: Quanto zucchero?
RITA: Uno, grazie.(è molto imbarazzata dalla presenza di tante persone; cerca di
essere cordiale, ma è piuttosto in soggezione) Quanta bella gente!
ROCCO: (presentandola in modo sommario) Donato Sacchi - Rita. Maria Pina la
conosci, no?
DONATO: Molto lieto, signora.
SAVERIO: E siediti, no? Vuoi crescere?!
RITA: (ride nervosamente,prendendo con deferenza la sedia accanto a Giovanni)
Posso?
Giovanni acconsente gravemente. Rita si siede in bilico sul bordo e comincia a
girare il caffè nella tazzina senza mai accennare a berlo. Si accorge degli
abiti.
RITA: Uh, quante belle cose! Posso vedere?
MARIA PINA: (assorta da Donato) Come no...
ROCCO: Ti piace? E questo, ti piace? Te lo regalo io.
RITA: Sei pazzo.
ROCCO: Ci vediamo stasera?
RITA: O Gesù Maria! Questo crede ancora di essere un ragazzino! - E poi guardavo
per mia figlia.(Giovanni ha un sussulto, ma la donna procede spedita e
orgogliosa) Vedeste com'è diventata!
SAVERIO: (accortosi del malessere di Giovanni) Lo sappiamo. Ti è venuta a
prendere l'altro giorno.
RITA: (dimenticando ogni soggezione, come sempre quando parla della figlia)
Trenta ha preso, all'ultimo esame! Studia anche troppo, secondo me... e poi
dicono dei giovani d'oggi... - Ma lei dice: mamma,con tutta la gente che c'è che
vuol diventare avvocato...
Giovanni si alza di scatto, col volto contratto. Rocco e Saverio fulminano Rita
con lo sguardo.
ROCCO: Vieni, vieni un attimo di qua! (si avvicina agli scalini)
SAVERIO: Che magari, se la pulissimo un po', quella schifezza di portineria, uno
ci starebbe anche più volentieri!
RITA: (mortificata) Ma io...
ROCCO: (aprendo la porta) Ti vuoi muovere?
RITA: (posa sul tavolo la tazzina con il caffè, intatta) Sì. Allora... ci
vediamo dopo...scusatemi. (esce e Rocco richiude la porta)
MARIA PINA: Beh, me vado anch'io.
Squilla insistentemente un campanello sotto l'altarino.Rocco si tende ad
ascoltare gli squilli, quindi, ad un certo punto, scatta in avanti verso la
portineria e gli uffici.
MARIA PINA: (a Donato) Ci verrai allora?
DONATO: Venerdì?
MARIA PINA: Magari andiamo con la mia macchina.
DONATO: Va bene.
MARIA PINA: Tanto ci si vede. Ciao a tutti. (esce)
DONATO: (a Giovanni, che si è risieduto, cupo e silenzioso) Cos'è quel
campanello?
Giovanni non risponde. Interviene Saverio.
SAVERIO: Sono tre i campanelli : piani superiori, impiegati, visitatori. -
Abbiamo modificato i circuiti originari, per cui solo alla sesta chiamata si
accende il campanello.
DONATO: Alla sesta?!
SAVERIO: Sei è stato giudicato un giusto quoziente di perseveranza per
significare importanza, effettiva urgenza o insistenza pericolosa, per esempio
di un visitatore.
DONATO: Ingegnoso.
SAVERIO: Tutto merito di Giovanni. - Il vantaggio sta nell'annullare tutta una
serie di chiamate poco motivate e quindi superflue.
GIOVANNI: (grave) È l'attuazione fedele delle nostre mansioni.
SAVERIO: Dobbiamo fungere da filtro, no? E questo è un fil...
GIOVANNI: (interrompendolo) Un selezionatore preventivo.
SAVERIO: Geniale! L'ho sempre detto io, geniale!
GIOVANNI: (reprimendo uno scatto d'impazienza) Saverio, per favore... vorrei
restare un momento da solo con questo giovanotto. Se poi mi compri il solito
tabacco...
SAVERIO: (obbedisce deferente) Certo Giovanni, come vuoi tu. Tra quanto debbo
tornare?
Giovanni fa un segno vago con la mano. Saverio si eclissa. L'anziano usciere
carica con calma la sua pipa. Scruta Donato, che sembra sentire il peso di
quello sguardo tranquillo.
GIOVANNI: Così è la vita. Bisogna andare avanti - spostarsi. E fare spazio a
qualcuno che sta pronto dietro di te.
DONATO: Come le ho spiegato, io non sapevo che...
GIOVANNI: Per due anni ancora - ci faremo compagnia. Ti preparerò il mio posto.
DONATO: Ho già un posto.
GIOVANNI: Qui dentro tu non esisti, se io non voglio.
DONATO: Senta, senza offesa, questo non è certo il lavoro che desideravo, io ho
studiato... - Però, visto che me l'hanno dato, per ora me lo devo tenere. (rude)
Quanto tempo è che lei non mette il naso fuori di qui? Io ho ventotto anni: alla
mia età, chi non lavora non esiste.
GIOVANNI: Alla mia, invece... senti cadere goccia a goccia gli ultimi mesi. - Ed
ero felice... Prima... pensavo a tutte le cose che avrei potuto fare una volta
'libero", a come me la sarei spassata... (esplode esasperato) Non capisco! Tutto
ora combacia alla perfezione, ma perché?!!
DONATO: (calmo) Non è poi così grave.
GIOVANNI: Hai figli?
DONATO: No
GIOVANNI: Arriverà il giorno che ne vorrai. Per lasciare a loro il tuo spazio.
Così tutto, ti dici, avrà un significato.
DONATO: È naturale
GIOVANNI: (incalzando) È giusto, secondo te?
DONATO: Credo di sì.
Ora è Donato che osserva tranquillo Giovanni, sempre più inquieto e nervoso.
GIOVANNI: Tu li capisci i ragazzi d'oggi? Dovresti riuscirci meglio, sei più
simile a loro...Vieni, vieni qui, siedi più vicino, dimmi... (interrompendosi,
si alza di scatto) Dio mio, Dio mio!
DONATO: (passando con naturalezza a dargli del tu) Che hai? Parla, sfogati pure,
se vuoi...
Giovanni crolla a sedere, si aggrappa alla mano inerte del giovane.
GIOVANNI: Qui dentro non lo sa nessuno! Ascolta... - No, lasciamo stare.
DONATO: Si tratta di tua figlia?
GIOVANNI: Che ne sai tu?!
DONATO: Ne parlavate... ho sentito. E ti ho visto quando quella donna... Rita,
mi sembra... parlava della sua.
GIOVANNI: (investendolo con furia dolorosa) E allora forza, dimmelo tu, se puoi!
Perché, perché secondo te una ragazza di quindici anni può volersi... può
volersi... (non riesce a proseguire)
DONATO: Che cosa? Cosa può volere di così tremendo? (a mezza voce) Uccidersi?
GIOVANNI: (con un urlo) Tu mi hai spiato!
DONATO: (senza scomporsi) Ho solo fatto una supposizione... (lo fissa) Allora è
vero.
GIOVANNI: Tu hai preso informazioni! Nessuno lo sa! Non l'ho detto a nessuno, né
qui, né fuori, neanche ai parenti, niente... e tu (improvvisamente furioso) Sei
andato all'ospedale a chiedere! Per sapere, per tenermi in pugno!
DONATO: Ho solo indovinato. - Deve essere stato atroce.
GIOVANNI: (volgendogli le spalle, per asciugarsi gli occhi) Tutto. Le avevamo
dato tutto, capisci?
DONATO: Ma perché?
GIOVANNI: Non c'è perché. Non esiste perché! Era così vivace, bella, un fiore...
DONATO: Droga?
GIOVANNI: (gli salta al collo) Che cazzo dici! Come ti permetti, stronzetto! (si
blocca istupidito) Ma sarebbe stata una spiegazione, almeno... No. Era sana,
tranquilla. Normale, come gli altri ragazzi... (esasperato) E che ne so?!! Ci
stavo poco, io. Stavo qua, capisci? Qua dentro. Anni e anni, a marcire, a
cumulare ore su ore di straordinario per dare a lei... e ora... Il giro è
finito. Giù dalla giostra, il turno è scaduto, devo lasciare il posto - il mio
posto a qualcun altro. Il posto nella vita... a te, magari.
DONATO: Non ci devi pensare, ti fai soltanto del male.
GIOVANNI: Certo, certo, tu non c'entri niente, è solo una coincidenza. - E
invece no!
DONATO: Non essere assurdo.
GIOVANNI: Io lo so, lo sento che non è’ possibile! Devo fare qualcosa!
Giovanni si avvicina a Donato, lo carezza delicatamente sul viso, scrutandolo
intensamente, ansiosamente, come se volesse impossessarsi di quei lineamenti
sconosciuti.
GIOVANNI: Io ti adotto. Ti renderò tutto facile qui dentro.
Le mani rugose di Giovanni scendono e si stringono attorno al collo del giovane.
GIOVANNI: Così. Sarà così, caro figlio mio nuovo. É un patto che non puoi
sciogliere – e che non puoi rifiutare! Ci faremo una bella compagnia.
(serrandogli più forte le mani sul collo) Sei d'accordo?
DONATO: (fissandolo negli occhi, imperturbabile) Come vuoi.
GIOVANNI: Lo so, lo so che dovrò stare attento a te. - Ma anche tu. Io non sono
scemo come puoi supporre,caro figliolino... Così è. C'è un segreto che ci lega.
E tu non lo dirai a nessuno. Vero?!
DONATO: (senza emozioni nella voce) Perché credi che nascondere una disgrazia...
GIOVANNI: (stringendo la morsa) Giura!
DONATO: (ormai infastidito) Sta’ tranquillo, non lo dirò a nessuno.
Giovanni molla la presa e si accascia su una sedia. Donato dall'alto lo osserva
con lucida commiserazione. In silenzio. Irrompe Saverio.
SAVERIO: Ecco qua! (butta sul tavolo il pacchetto del tabacco) Allora? Come va?
(A Giovanni) Scommetto gli hai schiarito bene bene le idee, vero?!
FINE DEL I ATTO
II ATTO – I QUADRO
Come nel I Atto, il sipario si apre nuovamente sul seminterrato.
La scena però si è, in un certo senso, trasformata: lo stanzone degli uscieri,
rimasto immutato nell'arredo, appare ora decisamente più angusto ed inoltre
arretrato e spostato sulla sinistra rispetto all'arco scenico. Ciò consentirà di
allestire in proscenio a destra la zona atrio-portineria con la guardiola degli
uscieri, nonché lo stretto corridoio di collegamento tra i due ambienti.
In palcoscenico Rocco e Saverio. Il primo come al solito alle prese con pentole
e fornelli, il secondo seduto al tavolo in attesa, visibilmente impaziente.
SAVERIO: Sta arrivando?
ROCCO: Sta’ calmo . Ricordati che senza Giovanni non si può fare niente.
SAVERIO: Non è più lo stesso. È passato già un mese, no? Se aspettiamo ancora un
po' ci fanno fuori dall'affare, e lui che fa?!!
ROCCO: (sconsolato) Lavora!
SAVERIO: Come un pazzo! Corre su e giù per gli uffici, dice di sì a tutti! Ha
gli occhi di un pazzo!
ROCCO: Speriamo solo che regga sino alla fine.
SAVERIO: E non sai l'ultima! - Lo sai che ha fatto ieri Giovanni?
ROCCO: (sospira rassegnato) Che altro?
SAVERIO: È andato via alle quattro. Niente straordinario! - Ho dovuto
falsificare io il suo cartellino.
ROCCO: Hai fatto bene. Ci mancherebbe altro che ci togliessero quelle quattro
lire.
SAVERIO: Sta diventando pericoloso. Forse è meglio cercare qualcun altro, o
lasciar perdere del tutto. - Hai sentito? La magistratura in questo periodo sta
mettendo sotto bagno un sacco di uffici.
ROCCO: La torta è grossa. – È grossa la fetta per noi, figurati il resto... No.
Quelli non mollano. - Comunque, se ci vogliamo ritirare proprio adesso...
SAVERIO: (sulle spine) Non lo so! Certo, noi o qualcun altro il quoziente non
cambia,e perdere tutti quei soldi... E poi che ci sarebbe di male? Uno fa
un'offerta, quello ne fa un'altra e il nostro... deve fare quella più bassa,
tutto qui. - Tanto qualcuno dovrà pure farle queste ristrutturazioni, no?
Pulito, regolare... l'importante è che poi il lavoro sia fatto bene, no? (fissa
ansioso Rocco) Che c'è di disonesto?
GIOVANNI: (entra, squadra i suoi compagni) Certi discorsi, Saverio, è meglio che
li vai a tenere fuori di qui. – Avrebbero potuto sentirti.
SAVERIO: (imbarazzato) Hai ragione, scusa.
GIOVANNI: Allora, al lavoro! (sedendosi) La mia pipa, Rocco, abbi pazienza.
ROCCO: (sollevato nel vederlo di nuovo al timone) Subito Giovanni. (apre un
cassetto della credenza) Quale vuoi?
GIOVANNI: Sì, quella. Siediti qui. - No, chiamatemi il ragazzo.
SAVERIO: (premuroso) Hai bisogno di qualcosa, Giovanni? Dì a me!
GIOVANNI: Chiama il ragazzo. Voglio che ci sia anche lui.
Rocco e Saverio si guardano costernati.
SAVERIO: E perché?!
GIOVANNI: Perché ci deve essere anche lui.
ROCCO: (ragionevole) Senti, non possiamo correre rischi.Chi è questo qui? Se ne
sta sempre in guardiola a leggere... appena è libero si chiude là dentro. - Che
fa, che pensieri tiene? Lo conosci solo da un mese! Che cosa ne sai di lui?
GIOVANNI: Chiamatelo.
SAVERIO: Ma
GIOVANNI: Non discutere.
ROCCO: (ora più rude) Non si possono far entrare altre persone. Abbiamo già
stabilito le ripartizioni.
GIOVANNI: A lui penso io. Dalla mia quota.
SAVERIO: (esplodendo) Ma perché?!! Avremo almeno il diritto di saperlo!
GIOVANNI: Tra un po' io me ne dovrò andare in pensione. Lui deve prendere il mio
posto. In tutto. È l'unico che può farlo. - Chiamate il ragazzo. O non se ne fa
niente.
SAVERIO: E se parla?
Giovanni non risponde. Guarda fisso dinanzi a sé.
ROCCO: Come vuoi. Ma è uno sbaglio.
Rocco esce e rientra subito con Donato.
GIOVANNI: (a Donato) Come va? - Non ci siamo parlati molto, da quella prima
volta...Ti trovi bene qui? So che stai studiando.
DONATO: Cerco di utilizzare i tempi morti.
GIOVANNI: Bravo, bravo... Sono molto orgoglioso di te.
Saverio e Rocco sono allibiti. Donato invece considera Giovanni con
indifferenza.
GIOVANNI: Ti vedi spesso con Maria Pina.
DONATO: Siamo andati insieme ad una manifestazione. E a qualche riunione della
base.
GIOVANNI: Ho deciso di fare qualcosa per te. Siediti.
Donato esegue ed attende tranquillo. Rocco e Saverio sono sempre più tesi ed
allarmati.
GIOVANNI: Ci sono delle persone che vogliono quel contratto. – Non fare lo
gnorri. L'appalto per le ristrutturazioni. Se ne parla da mesi, ultimamente è al
centro di tutte le discussioni... nelle vostre riunioni.
DONATO: Non sono le "mie" riunioni.
GIOVANNI: (senza badargli) Ora siamo agli sgoccioli. E ti sembrerà strano, ma è
da qui - qui dentro... che parte tutto.
Donato sorride incredulo, ma ha un'ombra di disagio sul viso.
GIOVANNI: Un usciere può molte cose. Per esempio, quando arriva certa
corrispondenza delicata, prima che approdi all'ufficio protocollo...
DONATO: (si alza di scatto) Devo andare.
GIOVANNI: Hai capito benissimo, infatti. - Ce n'è anche per te.
DONATO: Non mi interessa.
GIOVANNI: Sono un mucchio di quattrini. Che entreranno comunque nelle tue
tasche. Perché ce li metterò io.
DONATO: Provaci.
GIOVANNI: Tu dovrai prendere il mio posto, ragazzo.
DONATO: Lasciami stare, lasciami in pace, hai capito?!
GIOVANNI: Ormai hai sentito. Dovevi sapere che ti aspettano un bel po' di
milioni. - Ora puoi andare, se vuoi.
DONATO: Tu non farai niente di tutto ciò!
GIOVANNI: Hai solo un'alternativa.
DONATO: (con disgusto) L'altra faccia del buon padre di famiglia... che
squallore.
GIOVANNI: Appunto. - Ora che farai? Che dirai alla prossima riunione? Ci denunci
tutti, senza una prova, e proprio tu, l'ultima ruota del carro... o invece stai
zitto... e aspetti la befana?
DONATO: (a tutti) Non vi ho chiesto niente. (a Giovanni) Non voglio niente!
GIOVANNI: Ma sei piovuto dal cielo... E noi ti dobbiamo crescere.
DONATO: Tu sei pazzo.
GIOVANNI: (aspira profondamente la pipa) E tu, adesso... non sei più lo stesso
di stamattina.
DONATO: Ma perché devo prendere il tuo posto?
GIOVANNI: (cupo) Lo sai. Tui sei l'unico che lo sa veramente. Bisogna
ristabilire il corso naturale delle cose.
Donato sembra cedere. Rilassa i muscoli del volto, sorride, si china verso
Giovanni, che è sempre rimasto seduto e immobile, appoggiando entrambe le mani
sul piano del tavolo.
DONATO: E chi sarà il vincitore della commissione?
GIOVANNI: (sorride sornione) No. Questo non ti deve interessare. Adesso vai. Vai
- và a studiare, ragazzo.
Donato scruta a lungo, in silenzio, i tre interlocutori. Ha riacquistato la sua
aria indifferente e tranquilla. Alla fine, senza una parola, esce per tornare in
guardiola. Non appena la porta si richiude, Saverio scatta.
SAVERIO: (a Giovanni) Ma ti rendi conto che stai scherzando anche con le nostre,
di vite?! Dove vuoi arrivare con questo fottuto modo di fare?!
GIOVANNI: (si leva in piedi furioso) Non dirlo mai più, non ti permettere! (si
domina con sforzo violento) Se te ne vuoi uscire fa’ pure. - Altrimenti ci
vediamo qui alle due. Per gli ultimi dettagli.
Giovanni butta la pipa sul tavolo ed esce. Rocco lentamente la raccoglie, la
svuota, la ripone e pulisce il piano del tavolo. Saverio si rintana nel suo
angolo "sportivo", sistema il nuovo poster della sua squadra giunto ad
arricchire la collezione e comincia a spolverare energicamente, tanto per fare
qualcosa, gagliardetti e bandiera, taciturno e in ebollizione. Alla fine
esplode.
SAVERIO: Non dirlo più!... Ma chi si crede di poter comandare ancora?! È
rincretinito, è diventato l'ombra, no, l'avanzo di se stesso... e si atteggia
ancora a duce! - Ce n'è stato già uno, e ci è bastato, no? ... Brutto stronzo
arteriosclerotico e fascista!
ROCCO: Hai finito?
SAVERIO: Perché, ho torto?
ROCCO: (scuote la testa pensieroso) Deve esserci sotto qualcosa. Ha un piano nel
cervello.
SAVERIO: E se questo piano significasse solo la rovina di tutti? Eh? - Ma non lo
vedi? Dopo la disgrazia non gli interessa più niente e nessuno, non gli importa
nulla di ciò che fa, di quello che gli succede...
ROCCO: Tranne questa strana passione per Donato. - Però, è in gamba quello. Non
ha battuto ciglio.
SAVERIO: Non gli ha creduto. L'avrà preso per pazzo.
ROCCO: Con noi lì a sentire, tutti attenti? - No. Giovanni aveva previsto anche
questo.
SAVERIO: Allora bisogna tenerlo d'occhio. È pericoloso. L'avevo detto, io!
Entra Maria Pina. Ha un pacchetto con un bel fiocco tra le mani.
ROCCO: Ciao, Mariapì...
MARIA PINA: Ciao, come va?
ROCCO: Non sta in guardiola?
MARIA PINA: ...Chi?
SAVERIO: L'amore tuo. Parlavamo giusto di lui.
MARIA PINA: Di... Donato?
ROCCO: È molto sveglio. (accenna al pacchetto) Per lui?
Maria Pina arrossisce. Con la mano libera la fronte dai capelli: un gesto
nervoso che ripete spesso automaticamente.
MARIA PINA: Un'occasione, su da Brigitte, e allora...
SAVERIO: E come procede?
MARIA PINA: (riacquistando la sua disinvolta padronanza) Mi piace. - Allora?
Sono maggiorenne, vaccinata ed autosufficiente. Avete finito di fare le vecchie
zie? (a Rocco) Che me lo fai un bel caffè?
ROCCO: L'ho finito.
SAVERIO: Ho sentito che siete andati insieme a certe riunioni...
MARIA PINA: (scoppia a ridere) Sembri un cospiratore! - (si accende una
sigaretta con fare noncurante) Cosa volete sapere?
Saverio e Rocco la fissano interdetti.
MARIA PINA: Forza ziette, cosa bolle in pentola?
SAVERIO: Ma che dici! Niente! (spaventato) Perché, hai visto Donato?
MARIA PINA: Quando?
SAVERIO: Prima, poco fa... adesso!
MARIA PINA: E perché lo starei cercando qui, secondo te? - Non me la contate
giusta, fuori il rospo.
ROCCO: A Mariapì, non ci sta niente da raccontare. - Giovanni sta tutto strano
da un po' di tempo... Secondo noi se ne va via presto. - E allora Donato...
MARIA PINA: (sorride, fissando le nuvolette che produce con la sigaretta) Donato
non resterà a lungo neanche lui.
SAVERIO: (allarmato) Cosa?!
MARIA PINA: Ho... qualche progetto... su di lui.
ROCCO: In che senso?
MARIA PINA: Deve fare carriera.
SAVERIO: (ride) Come usciere!
MARIA PINA: Questo è solo il punto di partenza. - Ha una bella presenza, sa
parlare, sa adeguarsi, tastare il polso delle situazioni... Prima nel sindacato,
poi... chissà. Ha tutte le carte in regola: viene dalla gavetta.
ROCCO: E lui è a conoscenza di questi bei progetti?
MARIA PINA: Ce lo sto portando a poco a poco. Per adesso risponde bene.
SAVERIO: Avrà bisogno di soldi allora. Molti soldi.
MARIA PINA: (sorridendo) Vorrà dire che li chiederemo a voi.
ROCCO: (con violenza, scosso dall'abituale pachidermica placidità) Perché?! Che
vuoi dire adesso?!!
Maria Pina sorpresa ed intimorita fissa Rocco con acuto sguardo inquisitore. Sta
per rispondere, ma entra Rita.
RITA: Ecco il caffè! Tremila quattrocento lire.(poggia il pacchetto sul tavolo)
È aumentato.
ROCCO: Sì... quanto ti devo allora?
RITA: Figurati. (si siede) Fammi solo sedere un momentino, ho la schiena a pezzi
stamattina, accidenti al tempo!
MARIA PINA: Io torno su. Magari ripasso dopo, così finiamo... la discussione.
Ciao ziette! (esce)
RITA: (scoppia a ridere) Questa è buona! Ziette!
SAVERIO: (tra i denti) Spiritosa... piccola troia. (a Rita) E che ci avrai da
ridere tu, smettila, no!
RITA: (li fissa, subito seria) ...se non ci si può neanche rallegrare un
momentino... - Ahi, questa schiena... Dio mio, Dio mio non ce la faccio più!
Fammela laureare presto quella figlia mia, ché non ne posso più di ramazzare per
terra!
SAVERIO: E mo' piange! Ma non ce l'hai una via di mezzo?
RITA: Non ne ho il tempo.
SAVERIO: (cattivo) E che sarà mai! Un po' di pulizie! Fai quello che faresti a
casa tua, e per giunta ti pagano!
Rita accusa il colpo e sta per reagire, ma Rocco la previene, obbligandola con
affettuosa fermezza a restare seduta.
ROCCO: Buona... non lo stare a sentire. Quando è un po' nervoso morde... e non
pensa a quello che dice.
Rocco sottolinea polemicamente l'ultima frase, fissando Saverio che indispettito
esce sbattendo la porta. Lo si sente gridare con qualcuno.
SAVERIO: (fuori scena) E che ne so io?!! Ma sì, vada, vada pure, tanto qui entra
e esce chi vuole!
Si affaccia alla porta l'uomo già conosciuto nel I atto : Il suo vestito scuro,
che mostra ancora l'antica raffinatezza della fattura, sembra però più gualcito
e dimesso.
GIULINI: Permesso? Buongiorno.
ROCCO: E lei chi è?
GIULINI: Professor Giacomo Massimo Giulini.
ROCCO: Piacere. Ma che vuole ?
GIULINI: Si ricorda... io venni qui quattro settimane or sono...
ROCCO: Non mi ricordo.
GIULINI: Per la faccenda degli arretrati della pensione di...
ROCCO: (interrompendolo perentorio) Non può stare qui. È proibito, lo sa?
Neanche noi potremmo starci. Vada su. Quinto piano, stanza 12.
GIULINI: (pazientemente) Sì, sì, ha ragione, ma vede... torno giustappunto da
quell'ufficio, e lì la pratica non c'è.
ROCCO: Se l'hanno già sbrigata deve andare al terzo piano, stanza... beh, poi
quand'è lì lo chiede.
GIULINI: No,mi scusi. La pratica non c'è, non c'è proprio, dicono che non è mai
arrivata lì al quinto piano.
RITA: (cordiale e partecipe) E come mai?
GIULINI: Ho chiesto se potevano darmi qualche lume, un'indicazione, per cercare
di rintracciarla... ma non ne sanno nulla.
Giulini cava fuori di tasca un lindo fazzoletto e se lo passa più volte sul
viso, in realtà perfettamente asciutto. Cerca poi inutilmente di soffiarsi il
naso, ma gli umori del suo corpo sembrano essersi rinsecchiti. Infine ripiega
con le dita tremanti il fazzoletto e lo ripone.
GIULINI: Speravo che qui almeno...
ROCCO: (rude) E se non lo sanno loro che ci lavorano...
Giulini fissa con occhi smarriti i due interlocutori. Rita coglie quello sguardo
braccato.
RITA: (carezzando con improvvisa civetteria il braccio di Rocco) Dai, Rocco! Voi
qui ne sapete più di tutti gli impiegati dello stabile messi insieme!
ROCCO: Niente da fare. L'orario di visita è passato.
RITA: Non potresti andare tu?
ROCCO: Sì, e qui chi resta?!
GIULINI: (aggrappandosi con entrambe le mani alla spalliera della sedia vuota di
fronte ai due) La prego, la prego per carità, mi usi questa cortesia!
(disperato) Non so più cosa fare!
Rita si alza, si avvicina all'uomo, impressionata. Giulini si aggrappa a lei
come ad un'ancora di salvezza. È evidentemente giunto ai minimi termini della
propria resistenza psicologica.
GIULINI: (con voce rotta dallo sforzo di trattenere la propria esasperazione) Vi
prego... scusatemi... - Ma se non arrivano questi soldi io... io non rispondo
più delle mie azioni. Sapete come succede... ho dovuto... contrarre un
prestito... -Dovevano arrivare sei mesi fa almeno, mi avevano detto, venti
milioni! (abbassando il capo) La mia pensione basta appena a coprire gli
interessi - ormai abbiamo impegnato tutto.
RITA: Dio mio...
ROCCO: Venti milioni?
GIULINI: Gli arretrati della pensione di invalidità di mia moglie... (si
accascia sulla sedia che a questo punto Rocco gli porge)
ROCCO: È da imbecilli rivolgersi a certe persone.
GIULINI: Io non potevo immaginare! - Mia moglie ha bisogno di assistenza, in
ospedale non la possono ricoverare... Non abbiamo nessuno qui. E i nostri
amici... tutti scomparsi... (ripetendo a loro qualcosa che deve essersi detto
mille volte) Non posso tornare al mio paese in questo stato, a chiedere
l'elemosina! Il figlio dell'avvocato Giulini, il professore, laureato alla
Normale di Pisa, con tanto di libere docenze e pubblicazioni! Si può rinunziare
a tutto, proprio alla fine?!
ROCCO: Intanto però sta in mano agli strozzini.
GIULINI: (sempre più affannato) Non sarebbe accaduto, senza questo ritardo
abnorme! Quindici mesi!
RITA: Rocco, magari tu potresti cercare di ritrovare la pratica, e
accelerarla...
ROCCO: (per farsi pregare) Sì, mo' c’ho la bacchetta magica!
RITA: Il signore deve avere venti milioni...
ROCCO: (visibilmente tentato) Potrei andare a dare uno sguardo...
Giulini, ansimando, estrae dalla tasca un piccolo mucchio di fogli spiegazzati:
li mette nelle mani di Rocco, stringendogliele come quelle di un amico
ritrovato.
GIULINI: Ecco, tenga, qui c'è tutto, c'è scritto tutto, le date, i nomi, il
numero della pratica...
ROCCO: (infastidito,ma con garbo) D'accordo, lei aspetti qui. Rita, se arriva
Saverio... spiegagli tu...
Rocco accompagna la frase con un gesto eloquente ed esce. Giulini si risiede,
stanco ma sollevato. Rita lo osserva con simpatia.
RITA: Vedrà che la ritroveremo, la sua pratica.
GIULINI: (con un filo di voce) Sette controlli, dodici firme e dodici timbri,
ognuno in un ufficio diverso, senza contare quello che c'è voluto per
l'assegnazione! Una via crucis... E adesso tutto sparito!
RITA: Si calmi, si sistemerà tutto.
GIULINI: (ricomponendosi debolmente) È che ho un peso qui... Con mia moglie non
posso sfogarmi, povera donna... e sapesse cosa significa tacere, tacere, tenersi
tutto dentro per cercare di nascondere... Di mantenere ancora un briciolo di
digni- tà... - Anche se tutti, ormai... Si rendono conto. Non lo avevo mai
notato, sa? Ma le persone sanno valutare... come dire... ad occhio, ecco, quanto
danaro hai in tasca. (pianissimo) Anche i bambini, credo.
Entra Donato. Osserva meravigliato l'estraneo seduto, lo riconosce.
DONATO: Salve. Ciao, Rita. (a Giulini) Noi ci siamo già incontrati, vero?
GIULINI: Venni qui circa un mese fa, per un'informazione. - Sempre la stessa
pratica, è sparita.
DONATO: Posso andare a cercargliela io.
Giulini sorpreso sta per accettare la spontanea offerta di aiuto, ma Rita
interviene.
RITA: È già andato Rocco. Ha detto di restare in guardiola, nel frattempo.
Vedrai che adesso arriva.
DONATO: Meglio così. (a Giulini) Tutto a posto, allora.
RITA: Sì,caro. Vai, vai di là. Resto io con il signore.
Donato senza chiedere ulteriori spiegazioni esce. Giulini guarda interrogativo
la donna.
RITA: È giovane, pieno di entusiasmo... Ma ha visto mai che poi la pratica
sparisce sul serio? Si tratta di venti milioni! Lasci fare a Rocco, dia retta a
me. È un po' ingordo, ma poi me lo lavoro io, glielo prometto. Deve solo stare
tranquillo. - Ma pure lei, professore! Davvero credeva di poter fare tutto da
solo? (sorride amaramente) Si può anche morire, nel frattempo.... Bisogna sempre
avere qualche santo in paradiso, come si dice... E quelli che stanno al piano
terra, dia retta a me, non sono meno potenti di certi nelle alte sfere!
GIULINI: Capisco. Forse i suoi amici uscieri...
RITA: (vivacemente) No! Non sono miei amici. Mi hanno aiutata, quando ero nei
guai per il ricovero di mio marito... Riuscì a morire in pace, povera anima, in
una bella cameretta pulita, silenziosa... (si scuote) E adesso me li tengo buoni
per mia figlia, che si laurea tra un anno. (sottotono) Ma non sono amici miei:
io li odio.
Irrompe Rocco piuttosto alterato. Dietro di lui si affaccia Donato, che resta ad
ascoltare sulla porta, senza scendere i gradini.
ROCCO: (cupo) La pratica sta da Benga.
RITA: Bene!
ROCCO: Bene un corno! (a Giulini, con malagrazia) Vada, vada lei: quinto piano,
stanza 24. Adesso se la può sbrigare da solo.
RITA: Ma Rocco!
ROCCO: E statti zitta!
RITA: Cosa era successo?
ROCCO: Che quello è scemo, che è un imbecille, ecco cosa era successo! Ma tu
pensa: la pratica era stata sbrigata dall'ufficio 12, ma fatalità era finita
sotto il mucchio di quelle ancora da evadere... e allora che fa, quell'idiota?!
Vede che nella numerazione gliene manca una, lui sta al controllo, no? - e se la
va a prendere, se la va!... Per forza quei poveretti della 12 non ne sapevano
niente!
RITA: (disgustata, cerca però di lusingarlo) Fortuna che ci hai pensato tu!
ROCCO: (allungando subito le mani) Certo, sennò stavate freschi!
RITA: E adesso non si potrebbe...
ROCCO: (sgarbato e volgare) E dàlli! Ma che, sei di coccio?! - Non c'è trippa pe’
gatti da Benga, come te lo devo dire! Già me rode, e num me lo fa’ ripetê! (a
Giulini) Vada, vada su. Qua non ci possono stare estranei. È proibito.
Giulini, che ha seguito la breve conversazione con occhi sempre più smarriti,
pare accasciarsi sulla sedia.
DONATO: Venga, la conduco io.
GIULINI: (più inebetito che consolato) Grazie. Grazie giovanotto. (si leva
lentamente in piedi) E mille grazie anche a lei, signore.
Rocco non risponde. Rita si alza.
RITA: (a Rocco) Non ti preoccupare. Sai quanti ce ne stanno come questo
signore... e non tutte le pratiche finiscono da Benga.
Rocco non coglie la frecciata di Rita, che si avvia dietro Giulini e Donato.
Salgono i gradini, si inoltrano nello stretto corridoio che conduce all'esterno.
Lo scantinato si immerge nel buio, mentre lo scorrere della parete di destra ci
scopre lentamente l'interno dell'angusto budello - reso ancora più impraticabile
da pacchi di incartamenti ammucchiati in terra - che collega il "retrobottega"
alla guardiola. Al termine del movimento scenico, lo scantinato è completamente
celato, mentre si illumina la parte anteriore del palcoscenico: rappresenta
l'atrio a pianterreno del palazzo. Al centro campeggia la guardiola degli
uscieri: luminosa e moderna,piena di citofoni e sofisticati pannelli zeppi di
bottoni e spie elettriche, come si conviene alla portineria di un complesso di
uffici al passo con i tempi. Donato, Giulini e Rita entrano in guardiola dalla
porticina al termine del corridoio: quando quella viene richiusa alle loro
spalle, anche quest'ultimo scompare alla vista degli spettatori. I tre escono
dalla guardiola. In quell'istante sopraggiunge Maria Pina.
MARIA PINA: Ciao, Donato! Ti vieni a prendere un caffè?
DONATO: Dopo (accenna a Giulini)
MARIA PINA: Su! Il signore potrà aspettare dieci minuti, no? Devo parlarti di
una cosa importante.
DONATO: (con una carezza) E se è importante non bastano dieci minuti... (si
stacca brusco) Ci vediamo dopo.
Donato si allontana con Giulini: salgono verso gli uffici, incrociando Giovanni
che scende e si dirige verso lo scantinato con un pacco di incartamenti
piuttosto voluminoso.
RITA: Un altro pacco!
MARIA PINA: (tra sé) E che pacco! - Giovanni deve essere impazzito, non lo
avrebbe mai fatto prima, neanche sotto tortura!
RITA: Strano. Non fa che accumulare cartaccia in quel corridoio... documenti su
documenti... Tra un po' non ci si passerà più. (fissa Maria Pina) Non devi
tenere granché da fare, nel tuo ufficio.
MARIA PINA: (saltando su come punta ) Vorrei vedere te! Un cumulo di pratiche
così!
RITA: (serafica, infilandosi i guanti di plastica) Appunto. (pausa) Senti a me,
lascialo stare.
MARIA PINA: (fissando la donna con occhi ridotti a due fessure cariche di
antipatia) Che cavolo stai dicendo?
RITA: (con un grosso respiro soddisfatto) È che a te, che non conti nulla per il
mio bisogno, posso dire quello che penso. Lascia stare quel ragazzo. Non è pane
per tuoi denti.
MARIA PINA: (ridendo esageratamente, per sfregio) Ha parlato madame Pompadour! E
che ne può sapere una come te di Donato?
RITA: So quello che vuoi fare di lui.
MARIA PINA: E allora? Lo voglio tirare fuori da questa fogna. - Ieri in sezione
ha fatto un discorso bellissimo, lo hanno applaudito tutti. È la sua strada.
RITA: È un gioco pesante.
MARIA PINA: E allora?
RITA: Non è istruito a sufficienza.
MARIA PINA: Uh, quanto rompi, con questa figlia all'Università! Comunque Donato
studia molto, legge, si informa su tutto.
RITA: E non ha le spalle coperte... capisci cosa intendo.
MARIA PINA: (sicura di sé) I soldi qua vanno e vengono in continuazione. Basta
non essere proprio deficienti... e qualcosa rimane, per chi ci sa fare.
RITA: Lo vuoi cambiare.
MARIA PINA: Modellare. Ma perché sto qui a perdere tempo con te! Sei il quadro
vivente della sconfitta e ti senti ancora in diritto di parlare!
Rita non replica all'insulto. Si limita a fissare la giovane in silenzio.
MARIA PINA: Perché, se qualcuno mi fa un regalo lo devo rifiutare? Se io faccio
un favore a uno, e quello poi...
RITA: Ma che favore, quello per cui ti danno lo stipendio!
MARIA PINA: Un favore! - Beh? Che cosa c'entro io allora, ho forse chiesto
niente?
Torna Donato con Giulini, che appare alquanto rinfrancato.
DONATO: Adesso manca solo la firma del direttore.
GIULINI: Che brav'uomo, quel Benga!
MARIA PINA: (tra i denti) Un imbecille.
Fa capolino Rocco.
ROCCO: Chi è che deve firmare?
DONATO: Il direttore.
ROCCO: Ma adesso è fuori città!
DONATO: C'è il vice-direttore.
ROCCO: (con finta noncuranza) Già. Ma è sempre talmente impegnato...
Giulini con un sussulto stringe la sua mano scarna sul braccio di Donato. C'è
nuovamente un'ombra di paura nel suo sguardo.
ROCCO: Io lo conosco bene, il vice-direttore... ricade sempre tutto su di lui...
RITA: Rocco!
ROCCO: Vedrò cosa posso fare. (a Giulini, con evidente sottinteso) Altrimenti...
vorrà dire che dovrà avere ancora un po' di pazienza!
II QUADRO
Ufficio di Maria Pina. Quattro scrivanie allineate l'una di fronte all'altra
lungo le due pareti laterali. Sul fondo una finestra il cui davanzale è ornato
da una teoria di eterogenee piantine. Scrivanie, poltroncine, armadietti e
scaffalature sono identici, e tali sembrano anche le pratiche che ingombrano
tutte le superfici. Diverso è "l'arredo murale" alle spalle di ogni scrivania.
Dietro quella di Maria Pina spicca, tra simboli WWF e posters di viaggio, il
manifesto
raffigurante un busto virile nudo, molto muscoloso ed abbronzato. La giovane sta
terminando la vestizione di Donato: gli aggiusta il nodo della cravatta, quindi
si allontana per studiarne l'effetto, compiaciuta.
MARIA PINA: Mi sembra perfetto.
DONATO: (rimirandosi nel vetro della finestra) Non ti pare un po'... un po'
troppo lezioso?
MARIA PINA: Perché? La giacca è sportiva... Pantaloni larghi, comodi... camicia
chiara, cravatta e fazzolettino intonati, cinta firmata... No, sei a posto.
Elegante e casual.
DONATO: Mi sento un po' legato.
MARIA PINA: (senza ascoltarlo) È questo il "look" che adesso piace alla base.
Eleganza, forza e sicurezza. (gli sistema il fazzoletto nel taschino della
giacca) La penna nuova ce l'hai? (infila una mano nella sua giacca, per
controllare, carezzandolo dolcemente) Mi raccomando, devi farli fuori tutti! (lo
bacia) Hai fatto furore negli ultimi tempi, adesso è il momento di stenderli.
Devi essere nominato tu.
DONATO: Primo vice-rappresentante delle categorie uscieri e posti di minore
aggravio...
MARIA PINA: ... per la zona sud-est. Suona bene, no? Dopo soli due mesi! - Ehi!
Dove vuoi arrivare?!
DONATO: (la prende tra le braccia) Già, dimmelo tu. Dove voglio arrivare? (la
riempie di piccoli baci sul collo)
MARIA PINA: (ride e si schernisce, ma è già eccitata) Io?! - Tesoro... mi
sembra... mi sembra che tu sappia molto... (un gemito) molto bene dove vuoi
arriva... (un sospiro le tronca la parola sulle labbra)
DONATO: (staccandosi all'improvviso) Purché non ci sia Giovanni anche stasera! -
Hai notato? Da un mese non perde una riunione. Sempre in prima fila. Ma non
prende mai la parola.
MARIA PINA: Sarà affascinato anche lui dalla tua personalità. (si avvicina,
comincia a carezzarlo lievemente)
DONATO: Non scherzare! (resta però fermo sotto le sue mani) Mi guarda fisso con
certi occhi! Come se aspettasse ch'io dica qualcosa... (cupo) come se mi stesse
sfidando...
MARIA PINA: Ma che dici?
DONATO: (scuotendosi) Sì, insomma, non so mai se è dalla mia parte.
MARIA PINA: Non gli badare. Fuori dalla sua guardiola non conta nulla. E ci sono
io dalla tua parte. - Bada, c'è Sentini che vorrà un dibattito. Stai attento.
DONATO: Figurati! Ormai ci sono abituato a quello.
MARIA PINA: Sì, ma adesso sei un responsabile! (si corregge sorridendo) Lo sarai
tra due ore... (lo guarda preoccupata, in ansia) Ricordati di non abbandonare
mai, MAI! le tue posizioni - che poi devono essere quelle della segreteria.
DONATO: (ridendo) E questa, adesso... che significa?
MARIA PINA: (incalzando) Anche se i tuoi interlocutori dicono delle cose
giustissime, sensate, sacrosante! - Anche se ti convincono, capisci? ...Beh,
tappati le orecchie, sorridi, fai finta di niente oppure urla, insultali, sbatti
tutto per terra... ma non ascoltarli, per carità! Sennò ti fottono. Penserebbero
che sei uno stupido.
DONATO: Ma discutere allora...
MARIA PINA: (scoppia a ridere) Ma CHI discute?! - Hai mai sentito un politico
cambiare opinione durante una discussione?
DONATO: (riflette) Quante volte si sente dire alla TV che quello e quell'altro
si sono accordati su...
Maria Pina interrompe Donato con un bacio tenero ed eccitato. Poi gli prende la
testa tra le mani e tenendola vicinissima alla propria gli parla sottovoce.
MARIA PINA: Ma in segreto! - Solo in segreto, capisci? Noi non sapremo mai cosa
si sono detti, cosa hanno barattato... (lo lascia andare) Ma questo non ti
riguarda ancora. (sorride orgogliosa e complice) Più in là, quando sarai più in
alto, perché tu salirai... allora lo saprai, perché ci sarai tu al loro posto! E
mi racconterai, perché io ti starò sempre vicina, e ti aiuterò. (fissa la sua
gallina dalle uova d'oro) E tu mi vorrai... (lo spinge verso la scrivania) Mi
vorrai sempre bene, vero?
Maria Pina, eccitata dal suo sogno di potere forse più che dalla prestanza del
giovane, sta per rovesciarglisi addosso sulla scrivania, quando entra Benga.
Arturo Benga è un uomo ancora giovane dall'aria troppo responsabile: si presenta
chiuso e leggermente ripiegato su se stesso, precocemente invecchiato nell'unica
compagnia del suo caparbio senso del dovere. Nei modi e nell'abito può evocare
il ritratto di Giulini da giovane.
MARIA PINA: (ricomponendosi rapidamente, seccata) Naturalmente non si bussa.
BENGA: Questa non è ancora la succursale della sua camera da letto, signorina
Locchi.
DONATO: Buonasera.
BENGA: Buonasera. - Signorina, dove è finita la pratica Giulini?
MARIA PINA: E che ne so io? (è evidente il suo disprezzo sgarbato per il
superiore) Ce l'aveva lei.
BENGA: Da un mese l'ho consegnata qui per la firma del direttore!
MARIA PINA: Allora l'avrà firmata e inviata in tesoreria...
BENGA: Ho controllato, non c'è. Possibile che la segreteria del direttore non ne
sappia niente?!
MARIA PINA: (sbuffando) Io non imparo a memoria i numeri delle pratiche. - Che
ne so?
BENGA: Quel pover'uomo di Giulini ha passato un sacco di guai per colpa nostra.
MARIA PINA: (violenta) Come sarebbe a dire?! Se per ogni pratica che passa qui
dentro dovessimo farcene una croce, staremmo freschi!
BENGA: Una croce no, ma il lavoro necessario con lo scrupolo necessario.
MARIA PINA: (sbrigativa e maleducata) Qua non c'è. Se vuole se la cerchi da sé.
Io ho di meglio da fare.
DONATO: (severo) Il dottor Benga ha il diritto di chiedere un'informazione ad
una segretaria.
Maria Pina fissa Donato con rabbioso rancore : come ha potuto dare ragione a
quell'insulso di Benga, uno scocciatore odiato da tutti! Infuriata raccoglie in
fretta le sue cose.
MARIA PINA: Bene. Allora l'informazione è questa : io non ne so niente. L'orario
di lavoro è terminato e non sono tenuta a soddisfare richieste non pertinenti e
non urgenti. Vi saluto.
DONATO: Ci vediamo alla...
Donato non riesce a terminare la frase, poiché Maria Pina esce sbattendo
intenzionalmente la porta.
BENGA: (cercando su una delle quattro scrivanie) "Non urgente"! Un mese per una
firma... non urgente! (passa ad un altro tavolo)
DONATO: (appoggiato al muro, a braccia conserte) Lei è diverso dagli altri.
BENGA: Prego?
DONATO: Dagli altri impiegati.
BENGA: (sorride) Dica piuttosto emarginato. E sinceramente poco me ne... cale.
(cerca sulla terza scrivania)
DONATO: Ma esattamente lei di che cosa si occupa?
BENGA: (considerando per la prima volta attentamente Donato mentre gli risponde)
Sono il responsabile dell'ufficio che controlla la regolarità giuridica e
amministrativa delle pratiche.
DONATO: Vuol dire che qualsiasi documento deve passare sotto di lei?
BENGA: Per accertarne la regolarità, certo. - Anche lei sembra un pesce fuor
d'acqua.
DONATO: È una storia lunga. Sono impegnato nel sindacato.
BENGA: (ride) Allora va bene! Immagino sia una pacchia. Avevo un sottoposto che
tra un permesso e l'altro... non si vedeva mai.
DONATO: Ha ragione. Devono migliorare molte cose per una reale efficienza dei
servizi.
BENGA: Osservazione molto nuova.
DONATO: È la realtà.
BENGA: (finendo di frugare la quarta e ultima scrivania) Bene, siamo d'accordo
dunque. - Arrivederci.
DONATO: Aspetti! (il suo atteggiamento è quello di un superiore) Sarebbe
disposto, all'occorrenza, a fornirmi dei pareri?
BENGA: Prego?!
DONATO: Retribuiti, naturalmente. Abbiamo dei fondi a disposizione per le
consulenze.
BENGA: No. Non credo.
DONATO: Fuori dell'orario d'ufficio lei è libero. Laureato in economia e
commercio, vero?
BENGA: È ben informato.
DONATO: Solo un'esatta supposizione. - Stasera sarò designato ad un posto di
responsabilità, un piccolo gradino... - Ma mi manca la conoscenza tecnica di
certe cose.
BENGA: (sogghignando amaramente) E allora?
DONATO: (insinuante) Non sarebbe meglio se certe decisioni fossero sempre prese
con l'ausilio di persone competenti? Non ne trarrebbe vantaggio tutta la
collettività?
BENGA: Certo...
DONATO: (stringendo la trattativa soddisfatto e sbrigativo) Ci terremo in
contatto, adesso devo andare. - Lei sarà una persona preziosa per me, con le
mansioni che svolge... con la sua competenza nel campo, voglio dire.(va verso la
porta)
Benga - Aspetti un momento, io...
DONATO: (incalzando, pur nell'allontanarsi) Lei è sprecato per quello che fa.
Sottovalutato. Non basta essere degne persone, bisogna farsi valere - o vuole
finire come quel povero cristo, là... Giulini?
Donato apre la porta, si volta di nuovo verso Benga il quale,
colpito dalla franchezza e dalla sfrontatezza delle affermazioni del
giovane usciere,non ha la prontezza di rispondere. Donato sente di aver
fatto breccia.
DONATO: (cordiale ed accattivante) Ci sentiamo allora. - Ah, a proposito di quel
poveretto a cui lei tiene... vedrò cosa posso fare per la sua pratica. Forse ho
una mezza idea di dove può essere finita.
Donato esce. Benga, frastornato e colpito, scuote la testa, si cava
gli occhiali da sopra il naso e comincia a pulirli automaticamente,
sovrappensiero.
FINE DEL II ATTO
III ATTO
I QUADRO
Il sipario si apre sullo scantinato degli uscieri,che si presenta
ulteriormente ridotto nelle dimensioni e più lontano. In scena Rocco, Saverio e
Giovanni, che, seduto al tavolo con un paio di lenti bifocali sul naso, sta
lentamente compilando degli assegni. I due colleghi lo osservano attentamente,
sbirciando sopra le sue spalle. Giovanni termina, ripone nella tasca posteriore
dei calzoni il libretto, quindi consegna loro i due assegni.
GIOVANNI: Va bene?
ROCCO: (controlla la cifra) A posto.
SAVERIO: Certo...tutto a posto.
Saverio allunga il collo per verificare l'entità della somma
destinata a Rocco; questi si accorge della manovra del compare e gli
mostra l'assegno. Saverio fa altrettanto.
GIOVANNI: Quindici milioni per voi e venti per me. C'è il rischio del versamento
bancario da calcolare.
SAVERIO: E la fetta per Donato...- Ma perché, poi?!
ROCCO: E smettila! (a Giovanni) Questa cosa proprio non gli va giù.
SAVERIO: È ovvio! - Ma come, quello non fa niente, non rischia niente e gli deve
arrivare la manna dal cielo, a lui che non ha né genitori né una famiglia da
mantenere, come noi!
GIOVANNI: A voi non è stato tolto nulla, chiaro? - I patti erano questi, e con
la mia parte ci faccio quello che voglio. - E poi, ora che sta facendo strada,
il ragazzo ne ha bisogno.
SAVERIO: Ma ti senti, quando parli? - Non è mica figlio tuo!
Giovanni picchia violentemente il pugno sul tavolo.
GIOVANNI: E anche se fosse?! - Che cavolo c'entri tu?
Rocco poggia al centro della tavola una bottiglia dentro un
cestello con del ghiaccio.
ROCCO: Adesso basta. Dobbiamo brindare.
SAVERIO: (con un fischio d'ammirazione) Caspita, che servizio!
ROCCO: Ho pensato che per quest'occasione...
SAVERIO: (fissando il suo calice in trasparenza) È la seconda volta, questa.
Dopo dieci anni. - Mi domando se saremo ancora qui a festeggiare la terza.
ROCCO: Già pensi alla prossima, ma sei insaziabile!
GIOVANNI: Io non ci sarò.
ROCCO: Se ci manteniamo su un affaruccio ogni dieci anni nemmeno
io ci sarò più.
SAVERIO: Tra un po' ci mettono via! (li guarda ridendo) Bisognerà accorciare la
tradizione.
GIOVANNI: Non scherzare su queste cose, Saverio.
ROCCO: Brindiamo sì o no?
Entra Donato con Maria Pina.
GIOVANNI: Bene ragazzo! Mi fa piacere che ci sia anche tu, con la tua fidanzata.
DONATO: La mia che?
MARIA PINA: (a Donato) Lascia stare. - Allora, si festeggia?
GIOVANNI: Proprio così. E anche Donato dovrebbe partecipare. Domani riceverà un
bel regalo.
DONATO: (allarmato) Maria Pina, ti dispiace aspettarmi al bar? Ti raggiungo
subito.
Maria Pina non si muove.
GIOVANNI: Non c'è bisogno di fare misteri con Pina. Sa tutto.
DONATO: Cosa?!
GIOVANNI: Le ho parlato io.
DONATO: (perdendo per un attimo la calma) Che cosa hai fatto?!!
MARIA PINA: Stai calmo, tesoro. Io so quello che tu pensi... ma è Giovanni che
ha deciso così.
DONATO: Sì, e ti sei chiesta perché, cosa vuole?
MARIA PINA: Vuole solo aiutare te, che sei giovane. (sottotono) Ha perduto da
poco la sua unica figlia.
DONATO: Capisco... (riflette in silenzio, poi si scuote e li guarda sorridendo)
Insomma è capitato proprio a me...quello che chiunque desidererebbe : il
benefattore, il mecenate! Uno che al momento giusto ti offre proprio ciò di cui
tu hai bisogno...è capitato a me!
MARIA PINA: Esatto. Rifletti, amore. Ti servono: tra poco c'è il rinnovo delle
cariche e tu potrai dare una grande festa per i candidati della tua corrente...
DONATO: ...Per quei quattro imbecilli?
MARIA PINA: Esatto.
DONATO: Serviranno dei milioni.
MARIA PINA: Appunto!
DONATO: E non si chiederanno come me li posso essere procurati, con il mio
stipendio?
MARIA PINA: No.
DONATO: No?
MARIA PINA: Non ha importanza.
DONATO: Già. - Ma è meglio che li tenga tu.
MARIA PINA: Io ?!
DONATO: Mi fido ciecamente di te. (la bacia) Tu sei più brava in queste cose.
Occupatene tu, ti prego.
MARIA PINA: Come preferisci.
Maria Pina si volge incerta verso Giovanni, che acconsente con un cenno del
capo.
DONATO: (a Giovanni) Versali sul suo conto, d'accordo?
MARIA PINA: Ma sei sicuro che vuoi...
DONATO: È la stessa cosa, tra noi... vero, tesoro?
MARIA PINA: Ti farò fare una figura stupenda. Già si fidano di te. Sei l'uomo
nuovo, il fiore all'occhiello del movimento...
GIOVANNI: E senza ... acqua... i fiori appassiscono presto.
DONATO: Queste sono ragioni che non ammettono repliche! – Forse qualcuno avrebbe
qualcosa da ridire sull'origine di questi fondi... ma noi li faremo servire per
una buona causa, no?
MARIA PINA: Certo, tesoro. Non ci pensare.
SAVERIO: (velenoso) La mano destra non vuol sapere cosa fa la sinistra.
ROCCO: (levando il calice) Allora al futuro!
GIOVANNI: Al futuro... (a Donato) Vieni qui, fatti abbracciare!
Donato sta per reagire all'invito affettuoso e imbarazzante di Giovanni, ma
Saverio non gliene dà il tempo.
SAVERIO: ... Ed altre cento, mille Immobilrama e all'animaccia loro, che Dio
l'abbia in gloria!!!
ROCCO: Ssssth!
GIOVANNI: Zitto, stupido!
Nel silenzio costernato di tutti entra Giulini. Pallido e tremante, trasandato e
sporco. Le sue battute iniziali sembrano il soliloquio a voce alta di un pazzo.
GIULINI: Proprio come pensavo io! (avanza al centro dello stanzone) In un primo
tempo ho creduto che vi steste rubando i soldi di qualche disgraziato come me, o
magari proprio i miei... Poi ho riflettuto: no, mi sono detto,questo dev'essere
qualcosa di eccezionale, di fuori dall'ordinario!
Si avvicina a Rocco e Saverio i quali si scansano con evidente disgusto.
GIULINI: È la percentuale sull'appalto delle ristrutturazioni!
MARIA PINA: Ma cosa va dicendo! Chi è lei?
GIULINI: Io? - Un topo, cara signorina, un topo di fogna... pardon, d'ufficio.
Un ratto. Un animale disgustoso che vive acquattato nel buio, che nuota nella
melma... È da un mese che passo qui, nascosto, tutte le mie giornate... E vi ho
spiati! - Ho sentito quello che si dice negli altri uffici, e quanto se n'è
parlato di quest'appalto vinto non si sa come, all'ultimo momento, proprio dall'Immobilrama!
Ho sentito... omai non si prendono neanche la briga di cacciarmi, non mi vedono
più.... No: ieri un impiegato mi ha fatto l'elemosina. Mille lire. (le estrae da
una tasca, le sbatte sul tavolo con una manata rabbiosa) Eccole qua. Ve le
regalo.
DONATO: Dio mio...
GIULINI: (con voce acuta, isterica) Se non fosse per quella povera donna a casa,
qui potrei anche dormirci, sapete? Negli sgabuzzini, nei sottoscala, in un
cesso! Sono diventato trasparente. Una tignola attaccata alla parete, che vede e
ascolta tutto di tutti...
GIOVANNI: Cosa vuoi?
GIULINI: Adesso mi dà anche del tu, il signore! Allora sentimi bene: voglio i
miei soldi, entro tre giorni. Altrimenti andrai presto a fare quattro
chiacchiere con un pretore. Me lo ricordo ancora cosa si deve fare in un affare
sudicio come questo. - Denuncia diretta alla Procura della Repubblica.
MARIA PINA: È un ricatto!
GIULINI: Che banalità, signorina. Naturalmente. - Tre giorni.
SAVERIO: Ma non dipende da noi!
GIULINI: Sì, invece! L'avete fatta sparire voi la mia pratica, per ridurmi alla
disperazione, per farmi promettere qualsiasi cifra! Quanti ne volevate? Un
terzo, la metà? Il settanta per cento?!! - Tre giorni.
Donato va nell'angolo dove c'è la credenza,apre un cassetto, fruga tra varie
carte.
ROCCO: Fermo, non ti impicciare!
DONATO: (estrae una cartellina zeppa di fogli) E levami quelle zampe di dosso!
(a Giulini) Me ne occupo io, immediatamente! (esce come una furia)
GIULINI: Anche lui sapeva allora...
Si avvia lentamente alla porta,sale i due gradini,si volge a fissare il
quartetto annichilito e silenzioso.
GIULINI: Tre giorni... signori.
Giulini esce. Il buio cala lentamente sui visi esterrefatti e preoccupati dei
tre uscieri e di Maria Pina. Seguiamo per un tratto Giulini che si inoltra nel
budello di collegamento alla guardiola, lo stretto corridoio verso l'esterno che
sembra ad ogni passo più impraticabile, strozzato da cumuli di incartamenti, e
sempre più oscuro, sino al buio completo.
II QUADRO
Guardiola degli uscieri: in modo opposto e corrispondente rispetto al
seminterrato, anche la zona atrio-portineria si trasforma con lo scorrere degli
atti. Adesso è infatti molto più ampia, occupa buona parte del palcoscenico e
tutto il proscenio. La luminosità e il nitore dell'ambiente ultra moderno
contrastano con lo strano spettacolo offerto da Giovanni, Rocco e Saverio
appollaiati in fila sui propri sgabelli, immobili e cupi. Hanno un aspetto
decisamente trascurato e, nonostante l'immobilità, affannato.
SAVERIO: Allora siamo fregati.
ROCCO: Così pare.
Pausa.
SAVERIO: (esplodendo a bassa voce e immobile) Porca la miseria fottuta, a me e a
chi me l'ha fatto fare, per quei quattro soldi di merda!
GIOVANNI: Non tutto è perduto.
ROCCO: Maria Pina è stata chiara: Benga ha trovato nella pratica Giulini un
appunto che ci accusa, e proprio su un documento segretissimo dell'appalto che
avrebbe dovuto essere all'ufficio legale!
GIOVANNI: Un appunto non vuol dir nulla.
SAVERIO: Maledetto, sarà andato subito dal direttore!
GIOVANNI: Un appunto non significa niente.
SAVERIO: E il documento?! Ma che cazzo dici, ti vuoi svegliare, Cristo!
ROCCO: (a Giovanni) La colpa è tua. Proprio tu, che ci hai insegnato tutto, vai
a lasciare scritto... - Ci hai rovinati.
SAVERIO: L'hai fatto apposta. Maledetto. Maledizione a te e a quell'altro
stronzo. È lui che ha portato la pratica a Benga.
ROCCO: Lui non sapeva che Giovanni...
GIOVANNI: (pensieroso) No. Lui non poteva...
SAVERIO: Se sto fermo ancora un po' crepo.
GIOVANNI: Oggi sembrano tutti scatenati. Dobbiamo stare al chiodo, non c'è altro
da fare.
Arriva Maria Pina. Pallida e spettinata, ha un'aria decisamente spaventata.
MARIA PINA: (a Giovanni) Ti vuole il direttore!
GIOVANNI: Ha mandato te?
MARIA PINA: No. Ma ho sentito che ne parlavano.
Squilla il citofono. Giovanni risponde brevemente, quindi esce dalla
guardiola per avviarsi. Si ferma di fronte a Maria Pina.
GIOVANNI: Stai calma, Pina. Sistemerò tutto io, vedrai.
MARIA PINA: (torcendosi le mani per il nervosismo) Cosa gli dirai?
GIOVANNI: Non so ancora cosa mi chiederà... Stai tranquilla.
MARIA PINA: Se hanno controllato i conti correnti... saranno arrivati anche a
me, ai soldi che hai versato sul mio!
GIOVANNI: (dolcemente) Ssssth! Ci penso io. (esce)
ROCCO: Non riesce a pensare neanche a se stesso.
MARIA PINA: Dio mio, Dio mio! Tutto rovinato, tutto perduto... per una
stupidaggine!
SAVERIO: Una leggerezza criminale.
MARIA PINA: (chinando il capo) Leggerezza, stupidità, avidità! Ma io l'ho fatto
per lui! Per Donato...Ci vogliono soldi, soldi, soldi per andare avanti!
ROCCO: Ma che stai a dì?
SAVERIO: La leggerezza criminale è stata quella di Giovanni, che ha lasciato...
ma dico io, è mai possibile?! - Nomi, cifre... persino un numero di telefono! (a
Rocco) Era questo il piano che aveva nel cervello? Rovinarci tutti!
ROCCO: Bisogna rimediare.
MARIA PINA: Come?
ROCCO: La colpa è di Giovanni? E allora anche di fronte agli altri deve essere
incolpato lui. Di tutto. Solo lui. - Dobbiamo liberarcene, ormai dà solo
fastidio.
SAVERIO: Non lo farà mai.
ROCCO: Lo costringeremo. E comunque che potrà fare, a fronte delle nostre
testimonianze? E di quella di un testimone esterno? Chi gli crederà?
SAVERIO: Un testimone?
ROCCO: Certo. L'ho chiamato stamattina, sarà qui a momenti. - Bisognerà
accordarci, vedere cosa chiede.
SAVERIO: Potrebbe funzionare.
ROCCO: Funzionerà. Ci ho pensato tutta la notte: lui è entrato nel retro per
un'informazione ed ha sentito chiaramente Giovanni che cercava di convincerci a
stare zitti offrendoci prima dei soldi, poi ricattandoci. Sì, con la minaccia di
coinvolgerci accreditando somme ingenti a nostro nome, a nostra insaputa.
MARIA PINA: Ma è possibile fare una cosa del genere?
SAVERIO: Tutto si può fare in una banca.
Arriva Donato dagli uffici: ha un aspetto magnifico, riposato ed efficiente.
ROCCO: Beh, io vado. A Mariapì, se vuoi salvarti il posto, non ne fare
parola...(indica Donato) con nessuno. Chiaro? – Se arriva Giulini mandacelo di
là.
MARIA PINA: (sottovoce) È quel vecchio che...
ROCCO: (assentisce col capo) Zitta, capito?!
SAVERIO: Vengo anch'io. Sennò quello lo strozzo.
Rocco e Saverio infilano la porticina che conduce al seminterrato e spariscono.
Maria Pina guarda in silenzio Donato.
MARIA PINA: Sembri allegro stamattina.
DONATO: No, perché? - Con quello che è successo... So che rischi di essere
coinvolta per colpa mia. - Ho riflettuto. Devo andare a dire tutto, subito, a
chi di dovere.
MARIA PINA: (con uno sguardo carico di ridicola gratitudine) No, caro... ancora
no! Aspetta. Forse c'è un sistema per uscirne fuori senza che tu debba subirne
le conseguenze.
DONATO: Quale sistema?
MARIA PINA: È ancora tutto da vedere. - Giovanni sembra molto tranquillo.
DONATO: Lui vuole solo suicidarsi. Per forza è tranquillo.
MARIA PINA: Non ti immischiare, amore. Vai... magari pensa a scrivere un
volantino di protesta e tienilo pronto, serve sempre in casi come questi.
DONATO: Volevo mostrarti quello per la morte di Nardelli... ma ti rendi conto?!!
Uccidere un compagno sindacalista!
MARIA PINA: Sì, certo, è terribile... ma meglio non stare troppo qui a
chiacchierare.
DONATO: (la abbraccia furtivo dietro la porta della guardiola) Ma stai tremando!
- Non posso permettere questo, devo fare chiarezza!
MARIA PINA: No! Ancora un poco amore, aspetta ancora sino a stasera... Non ti
immischiare. Forse esiste un modo... aspetta sino a stasera, ti dirò tutto.
Lo bacia, mentre la scena cala lentamente nel buio. Luce nello
scantinato, sempre più angusto e remoto, grazie anche al diaframma di
un velatino trasparente . Rocco, Saverio e Maria Pina attendono in
silenzio. Si apre la porta ed un anziano signore distinto, in abito scuro,
con cappello e bastone da passeggio, scende i due gradini all'entrata.
I tre osservano stupiti la trasformazione di Giulini, azzimato e composto.
GIULINI: (con tono dimesso) Mi avete fatto chiamare?
ROCCO: (arrogante) Certo. Sedetevi.
GIULINI: No grazie.
ROCCO: Come vi pare. Allora: lei è al corrente della questione Immobilrama.
GIULINI: Naturalmente.
ROCCO: Tra un po' se ne occuperà la questura.
GIULINI: (dissimulando la soddisfazione) Ma come è successo?!
ROCCO: Lasciamo perdere. Comunque noi non c'entriamo e lei deve testimoniarlo.
GIULINI: (sorridendo) Cosa?
ROCCO: Beh, naturalmente...ci si potrà mettere d'accordo...
GIULINI: Certo... Ma come potrei esservi utile?
ROCCO: È semplice: lei è giunto qui per chiedere un'informazione... cosa che poi
è vera, no?
GIULINI: Vada avanti, prego...
ROCCO: Sì, beh...allora , senza essere visto, ha udito l'altro collega,
Giovanni, che ci minacciava...
GIULINI: Minacciava...
ROCCO: Sì, e diceva che ci avrebbe coinvolto tutti se noi non stavamo... se noi
non avremmo...
GIULINI: (correggendo calmo) ...se non aveste promesso di tacere.
SAVERIO: Proprio così.
GIULINI: Non è difficile.
MARIA PINA: Allora accetta?!
GIULINI: Dunque sarà l'usciere anziano Giovanni il capro espiatorio.
ROCCO: È sua la colpa del pasticcio.
SAVERIO: Lui c'è di mezzo comunque. È inutile rovinarci tutti, non crede?
GIULINI: Certo, è molto ragionevole...
I tre sorridono sollevati.
GIULINI: Ed avete pensato proprio a me.
ROCCO: Ormai ci conosciamo...
GIULINI: (dopo una pausa ed un lungo, profondo respiro) No. Noi non ci
conosciamo. Voi non mi conoscete. Io sono il professor Giacomo Massimo Giulini,
e adesso il Professore può esprimere ciò che pensa. (centellina con gusto le
parole) E il Professore vuole, personalmente, vedervi sputare il sangue. Tutti.
MARIA PINA: Ma questo è un pazzo pericoloso!
GIULINI: Pericoloso per voi, certo. Ma pazzo no. Sono tornato quello che ero:
una persona onesta - una persona! Una persona che era stata distrutta dai
capricciosi casi della vita ... e degli uffici pubblici.
ROCCO: Cosa chiede? Possiamo metterci d'accordo.
GIULINI: Lei va al sodo, vero? Lei lo sa che un uomo senza danaro oggi non è
neanche un uomo... Non ha più coraggio. Se cammina in strada si guarda le
spalle, ha timore, e chiede scusa con gli occhi a ciascuno che passa... e magari
passa un ladro, o un imbecille! Se chiede aiuto... gli regalano un bel calcio
nei denti.
Giulini è diventato paonazzo per il rancore, ed è terribile nella sua ira
contenuta ed educata, con la sua figura gracile ed anziana.
GIULINI: Un ricatto... per riconquistare la mia dignità, schiavo del danaro che
non possedevo, ho dovuto piegarmi ancora, scendere ancora, ad un espediente
infame... - Aiutarvi? Voi?! Io mi sono vergognato, tanto... e vi odio, odio voi,
il vostro menefreghismo, la vostra avidità camuffata, perché mi avete portato ad
odiare, ad essere una bestia impaurita di fronte a uomini e donne dabbene come
voi: padri e madri di famiglia che rabbrividiscono, poverini, e si indignano,
solo a sentir parlare di mafia, di corruzione... o di droga!
Giulini, raggiunto il culmine del suo sfogo , si placa. Si aggiusta il colletto,
sistema la giacca e scruta dall'alto per qualche secondo, in silenzio, il suo
pubblico: Maria Pina è crollata riversa sul tavolo con la testa tra le mani,
quasi a volersi turare le orecchie; Saverio fa scivolare tra le dita, come i
grani di un rosario, i pezzettini di carta a cui ha ridotto l'amato poster della
sua squadra; Rocco ha continuato a versarsi vino nel bicchiere e a bere, per
tutto il tempo.
GIULINI: Ma adesso sono tranquillo. Tutto è sistemato, mia moglie è al sicuro,
figli non ne abbiamo... No! È inutile che ne parliate...
Su queste ultime parole di Giulini la scena si immobilizza - il tempo sospende
se stesso sui visi annientati dall'ansia di Saverio, Rocco e Maria Pina e lo
scantinato torna di nuovo, repentinamente, nell'oscurità. Subito si illumina
l'atrio: Giovanni sopraggiunge dagli uffici - sulla destra - e si avvicina alla
guardiola. Si ferma ad un passo da Donato, che riattacca frettolosamente il
citofono al quale stava parlando sottovoce attraverso il vetro aperto davanti
alla consolle.
GIOVANNI: Stai calmo, figliolo. Sistemerò tutto io. Non avrete problemi, vedrai,
né tu né la tua fidanzata.
DONATO: Cosa pensi di fare?
GIOVANNI: Sono vecchio, ma il cervello funziona ancora! – Bisogna vedere come si
mettono le cose, ma a mali estremi... estremi rimedi.
DONATO: Quali?
GIOVANNI: Io sono l'unico qui dentro che ti ha aiutato veramente. Ti ho
cresciuto come un figlio, ti ho dato come farebbe un padre, che non chiede
niente... (lo guarda serio) Ma adesso forse, per la prima volta, avrò bisogno
del tuo aiuto. - Tu conosci Benga.
DONATO: Sì. E sanno tutti che tipo è.
GIOVANNI: Lo stai legando al tuo carro, no?
DONATO: Pensa a qualcos'altro. Non ho tanto ascendente su di lui.
GIOVANNI: (sorride velenoso) Siete tutti coinvolti come me. Con me.
DONATO: La tua è stata l'opera di un pazzo suicida.
GIOVANNI: Non dire quella parola!
DONATO: Suicida, come sua figlia. So tutto. Che cosa ridicola. Si è uccisa
perché si è sciolto il complesso rock che lei adorava... Deve esserci una vena
di follia in famiglia.
GIOVANNI: Io ti rovino...
DONATO: Provaci. E tutti conosceranno la fine ingloriosa della tua stupida
quindicenne... Ne parleranno tutti: la figlia di Giovanni...che pazza!
GIOVANNI: Taci!
DONATO: E perché? Ho sopportato anche troppo il tuo amore malato, che puzza di
morte, e tutte le tue stranezze...(ride) No, è più giusto dire le tue pazzie!
Stavo a vedere dove potevano portare...
GIOVANNI: Ai soldi che ti ho donato! E che ti sei preso!
DONATO: Ma io non ho nulla, lo sai, non risulta nulla! - E visto che la metti
così, ti annuncio che non ne voglio più neanche sentir parlare. Affogate pure.
Tutti quanti siete.
GIOVANNI: Anche Maria Pina?
DONATO: Quella poi... Comincia a diventare asfissiante.
GIOVANNI: Ha ragione Saverio. L'hai fatto apposta.
DONATO: (sorride compiaciuto) Mi è capitato così, al volo... Quel foglio con
quell'appunto, e la pratica di Giulini... Al momento mi è sembrata un'ottima
idea - l'unica strada per liberarmi di voi. E sta funzionando.
GIOVANNI: (annichilito) E l'amicizia, l'affetto...la riconoscenza per chi ti ha
accolto, aiutato... niente... - Tu non avrai mai padre, né fratelli!
DONATO: (ride) Sono di un'altra razza.
GIOVANNI: Certo! Un piccolo approfittatore, un... un cuculo schifoso, piovuto
dal cielo!
DONATO: O dall'inferno. Retorica di merda. - Pensala come vuoi. Cominciavate a
pesarmi.
Dagli uffici scende Benga. Da lontano scorge Donato che parla con Giovanni.
Contrariato fa dietro-front, dopo aver fatto un cenno al giovane.
DONATO: (sbrigativo e brutale) Devi denunciarti. Assumere su di te tutta la
responsabilità - e io non dirò a nessuno di tua figlia. Oppure andate tutti
all'inferno. In galera! A me poco importa...- Vattene adesso, non voglio che mi
vedano parlare con te.
La porticina della guardiola si apre ed esce Giulini. Si rivolge ai due uscieri
con molta compunzione.
GIULINI: Io sono a disposizione della magistratura. Per qualsiasi evenienza.
GIOVANNI: Cosa ci fa lei qui?
GIULINI: Vada dentro a chiederlo ai suoi amici.
GIOVANNI: Perché?! Cosa le hanno detto?
GIULINI: Cosa pretendevano, vorrà dire. E con quale arroganza! Chiamiamo quel
poveraccio di Giulini, che farà tutto quello che vogliamo per pochi
soldi...(ridacchia compiaciuto) No. No cari signori, no! Giulini è tornato
quello di una volta, e così se ne vuole andare da questo mondo!
GIOVANNI: Che significa?
GIULINI: La mia è una razza in via di estinzione... non abbiamo più niente da
dare. E allora è meglio così. Estinguersi.
GIOVANNI: Volevano incastrarmi?
GIULINI: Nel gergo corrente... credo si dica proprio così.
DONATO: (a Giovanni) Come vedi non è solo un'idea mia: devi toglierti di mezzo.
GIULINI: Caro signore, siamo due vecchiumi. Lei ed io, in maniera diversa. (si
leva il cappello, cerimonioso) Addio, signori. Mia moglie mi aspetta. Ho in
animo di ritirarmi in campagna - al paese, finalmente! - e aspetteremo lì...
(pausa, calza il copricapo) la nostra ultima ospite.
Giulini esce sorreggendosi al bastone da passeggio, cercando di mantenere un
portamento eretto e dignitoso. L'incerta e traballante sagoma scompare nel buio
sul fondo. - Giovani appare terribilmente provato.
DONATO: Senti, fa’ quello che vuoi, esci o vai dentro, ma adesso allontanati.
(cambia tono) Su, non è poi così grave. Saresti comunque andato in pensione tra
poco, no? E allora! In più sarebbe molto nobile da parte tua non coinvolgere gli
altri...
GIOVANNI: Quei porci fetenti!
DONATO: D'accordo, nobile è una parola fuori posto. – Diciamo intelligente
allora, va bene? Perché se loro non verranno scoperti potranno aiutarti
sottobanco...e tu sai quanti soldi occorrono per queste cose: tribunali,
avvocati... (addolcendo il tono) Non è giusto anche tutelare quella povera donna
che ha avuto l'unico torto di sposarti? - Pensa... se si sapesse in giro della
fine di tua figlia, non morirebbe di pena? La vuoi far soffrire ancora, vuoi
farle rivivere quella tragedia, ancora una volta, e in mezzo alle risate della
gente?!
GIOVANNI: Come hai imparato bene a convincere. (ribellandosi con violenza) Ma
non ti credo, non c'è una parola di vero!
DONATO: (sprezzante) Allora sei proprio completamente rincretinito. È chiaro che
non faccio niente per niente: i soldi. Devi lasciarmeli.
GIOVANNI: Sono a nome di Maria Pina.
DONATO: (sorride) Vuol dire che dovrò sopportarla ancora per un po'. - (serio)
Io posso convincere Benga a non indagare troppo a fondo... ma tu devi
collaborare, altrimenti non ti potremo aiutare. Scegli.
GIOVANNI: È vero. Sei di un'altra razza... No! Tu non appartieni a nessuna
razza!- Devo togliermi di mezzo,vero? Vecchiume... Pazzo, pazzo, pazzo che sono
stato! Adottare un cuculo!
DONATO: Me la sbatto, una morale come la tua. (si avvicina Benga) Adesso
vattene.
Giovanni, silenzioso e malfermo, quasi in trance, si avvia lentamente verso lo
scantinato e scompare dietro la porticina, lasciandola però, inavvertitamente,
socchiusa. Donato lo segue attentamente con lo sguardo. Quando vede la porticina
che sta richiudendosi su di lui, si volge sollevato verso Benga.
DONATO: Finalmente! Ce lo siamo levato di torno.
Arturo Benga appare più giovane e dinamico. I capelli sono accuratamente
tagliati corti secondo la moda, il nodo della cravatta è diritto, il vestito
sembra rinnovato e un bel paio di occhiali sottili ed eleganti ha preso il posto
della spessa montatura nera e squadrata che gli barricava il volto nel II atto.
BENGA: Credi che accetterà?
DONATO: Certo. Farà come gli ho detto. Ha tutto da perdere, comunque - così
almeno salva la faccia e la moglie.
BENGA: Bene. Ho parlato con il direttore. A lui basta che ci sia una testa.
DONATO: (assentendo col capo) Avremo tempo di lavorarcelo.
BENGA: A proposito, andavano bene le proiezioni dei calcoli sugli sgravi per il
prossimo anno?
DONATO: Mi hai fatto fare un'ottima figura! (gli appioppa un affettuoso pugno
nello stomaco) Lo sapevo io che eri una puntata vincente!
Gli porge i palmi delle mani, Benga li colpisce con i propri e viceversa, come i
protagonisti di qualche telefilm americano. Ridono, soddisfatti e complici,
accennano insieme qualche passo di rock.
BENGA: (felice) Sono cambiato! La mia vita è cambiata! Sono un uomo nuovo, senza
radici e senza passato, un uomo senza problemi! Un uomo allegro, rispettato...
DONATO: Amato dalle donne!
BENGA: ...E tutto grazie a te!
DONATO: Dobbiamo fare ancora molto insieme.
BENGA: Puoi scommetterci, amico! - Avevi ragione tu. Bisogna darsi da fare!
DONATO: Arturo, ho bisogno di un tuo parere...
BENGA: (con tono meno giocherellone) Dimmi.
DONATO: Sul comunicato per la manifestazione di domani.
BENGA: Già... adesso si mettono a uccidere anche i sindacalisti!
DONATO: Dio solo sa come avrà fatto a farsi fare fuori! - Era uno importante,
scriveva molto... si esponeva parecchio, poveraccio. (estrae dei fogli dalla
tasca) Allora senti - no, andiamo dentro.
Entrano nella guardiola. Subito Benga manifesta un certo disagio.
BENGA: Che caldo! Ma come fai a resisterci?
DONATO: Necessità... - Allora ascolta, e dimmi se ti sembra vibrante e accorato
al punto giusto. - Ma dignitoso, okay? Dignitoso e accorato. (si siede)
BENGA: (togliendosi la giacca) Comincia. - Ma non senti uno strano odore?
Donato si ferma, annusa l'aria, quindi va alla porticina, la considera per un
attimo e la chiude con cura.
DONATO: Insomma, mi vuoi ascoltare? - "Nell'ora in cui la classe lavoratrice è
colpita dal lutto incolmabile del compagno Nardelli..."
BENGA: Non sarebbe meglio "... dal lutto incolmabile per l'uccisione del
compagno ,eccetera"? - E magari metterei anche "è stata colpita", è al passato,
no?
DONATO: Giusto... (corregge) Allora: "... uccisione del compagno Nardelli... ora
in cui ancora una volta la violenza cieca e brutale si scaglia contro chi ha
impegnato tutta la propria vita per la salvaguardia e la garanzia delle
strutture democratiche... – Mi segui? (Benga assentisce) ... la classe
lavoratrice è chiamata a serrare con più forte determinazione i propri ranghi e
ad urlare - con tutta la dignità della propria coscienza - il suo NO! - no a
questo ennesimo attentato..."
BENGA: Donato!
DONATO: "...alla vita onesta della gente comune che si impegna ogni giorno, nel
proprio quotidiano fatto di piccoli e grandi eroismi, a costruire un domani
migliore...No a chi vuole con il sangue...
BENGA: (scatta in piedi) Guarda! Esce fumo dalla porta!!!
Benga si avvicina alla porticina che conduce allo scantinato, la spalanca e
viene investito da una fitta nube di fumo. Tossisce violentemente.
BENGA: Innesta l'allarme! È un incendio!!! Ci sarà una schifezza d'allarme tra
tutti quei bottoni! (Donato non reagisce) Dov'è un'estintore?!
Benga corre fuori a cercare un estintore. Donato con molta flemma si guarda
intorno, indugia ancora un po' ed infine preme un pulsante sul pannello comandi
della portineria. Subito una sirena lacera l'aria. Donato resta immobile a
fissare la porticina. All'improvviso sobbalza.
DONATO: Porca miseria, i soldi!
Si slancia nel cunicolo con un fazzoletto premuto sul viso. Arriva Benga con
l'estintore, ma si ferma senza sapere cosa fare di fronte alla nuvola di fumo.
DONATO: (da dentro) Vieni, aiutami! Trattieni il respiro!
Benga si affaccia al corridoio.
DONATO: Tirala per i piedi!
Benga si inoltra di qualche passo, dopo pochi secondi escono entrambi
trascinando Maria Pina, esanime.
DONATO: (pulendosi il viso col fazzoletto) È morta?
BENGA: (tossisce) No... (ansimando) Mi sembra di no...
DONATO: Meno male.
BENGA: E gli altri?!! (fa per inoltrarsi ancora nel cunicolo)
DONATO: (bloccandolo) Fermo! Non possiamo fare niente! Il passaggio è
impraticabile, l'hai visto! - Dobbiamo aspettare i pompieri. (fissa Benga) È la
soluzione migliore... la più opportuna, credimi.
Si ode un vocio confuso che si avvicina: gente che corre, che grida e si
precipita per le scale. L'allarme continua a suonare ad intervalli regolari,
assordante. Benga osserva Maria Pina in terra.
BENGA: E sei anche un eroe...
DONATO: (segue lo sguardo dell'amico, fa una smorfia) Ancora per un po' sarà
bene sopportarla...
BENGA: Arriva gente! (fa per andare)
DONATO: (fermandolo per un braccio) È stato Giovanni!
Si fissano per un istante in silenzio, quindi Benga si svincola e corre incontro
alla folla spaventata.
BENGA: (da fuori scena) Calma, calma! Non c'è pericolo per noi, stanno arrivando
i pompieri! - Nello scantinato, sì, e nel corridoio,con tutte quelle cartacce...
Certo che era proibito stare lì! Ma mi faccia il piacere, se lo sapevano tutti!
- Sì, dentro ci sono ancora delle persone... L'usciere Sacchi è riuscito a
salvare solo una donna, non si riesce più a respirare...Sì, è stato un eroe,
veramente!
L'arrivo dell'autopompa dei vigili del fuoco a sirene spiegate copre le voci di
Benga e degli altri impiegati.
DONATO: (avanzando in proscenio) Non ci si doveva stare, lì dentro... gente
testarda. - ... E non è riuscito nemmeno ad accendere un bel falò... solo
fumo... fumo e vecchiume.
Buio.
C A L A L A T E L A
NOTA SULLA SCENOGRAFIA
Il nucleo centrale dell'azione parte dal seminterrato
degli uscieri, ma con lo svolgersi degli atti questo ambiente andrà
via via restringendosi, apparendo sempre più angusto e remoto rispetto
alla platea, per arrivare infine a suggerire, nel III atto, l'idea
della parte terminale di un imbuto in cui conflitto e contraddizione
vanno a strozzarsi senza via d'uscita in nome del "danaro", che diventa
sempre più tangibilmente incombente nel corso dell'opera.
Lo scantinato con il suo folcloristico vecchiume si restringe
ed allontana dal proscenio e con esso la simpatia buffa ed ancora
piuttosto innocua di un certo modo "d'arrangiarsi" che fu tipico del
secondo dopoguerra e che col tempo si è trasformato in un mondo di
corruzione diffusa dalle valenze ben più sinistre.
Acquisterà invece spazio sul palcoscenico la zona atrio-
portineria con la guardiola ultra moderna, dominio dell'esemplare di
una nuova razza: Donato.