IL TRIANGOLO DEL LEONE

(2 tempi e 4 quadri)

 

di

ALFREDO BALDUCCI

 

[Testo tutelato dalla Società Italiana degli Autori e degli Editori]

 

 

LE PERSONE:

ALFA, vagabondo (anziano)

DIRETTORE del giardino zoologico (mezza età)

CLOTILDE, moglie del direttore (giovane)

GREGORIO, guardiano del giardino zoologico (vecchio)

PROFESSORE, veterinario del giardino zoologico (anziano)

SEBASTIANO VULDOK, esploratore, presidente della società zoologica (mezza età)

SIGNORINA ANDROPIUS, direttrice dell'orfanotrofio (mezza età)

COLLEGIALE, allieva della signorina Andropius (giovanissima)

STUDENTE (giovanissimo)

INVESTIGATORE (giovane)

CAPITANO ROKY (anziano)

ASSISTENTE DEL PROFESSORE – VISITATORE DEL GIARDINO ZOOLOGICO – GARZONE FORNAIO, mimo (giovane)

2° VAGABONDO, mimo (mezza età)

 

 

LA SCENA

L'interno di un giardino zoologico: alberi, cespugli, aiole, vialetti. Al centro, uno spiazzo con una panchina di legno. In scena sono tre gabbie per leoni, il davanti delle quali guarda il fondo. Dalla platea, quindi, sono visibili solo i casotti in muratura che costituiscono la parte posteriore delle gabbie, la curvatura alta delle sbarre anteriori interrotta dagli sportelli attraverso i quali vengono gettate le razioni di cibo. La prima gabbia è collocata a sinistra, le altre due sono a destra, l'una vicino all'altra, in modo di essere comunicanti nella parte anteriore. All'estremità dì ogni casotto c'è uno sportello di legno.

La presenza dei leoni nelle gabbie dovrà essere rivelata dai ruggiti e, a volte, dallo spostarsi di un'ombra proiettata sulle sbarre, in modo da creare l'illusione degli animali che passeggiano.

 

 

PRIMO TEMPO

I QUADRO

 

E’ una mattina di primavera inoltrata. Sono in scena il direttore del giardino zoologico e Gregorio, il guardiano, con la sua carretta che contiene gli arnesi da lavoro e le razioni di cibo per gli animali. Da sinistra, poco dopo, con un fascio di fiori in braccio, entra Clotilde, la moglie del direttore. E’ una donna giovane, bella e frivola.

CLOTILDE – (sta cercando qualcuno; chiama) Luigi!... Luigi!... (si ferma a parlare con Luigi, invisibile oltre una siepe del fondo)... ah, siete qui! Perché non rispondete quando vi chiamo?... Che cos'è successo nell'aiola accanto alla fontana? C'è scoppiata in mezzo una granata?... Che cosa?! Stanotte uno degli ippopotami è uscito dal suo recinto?... (al marito)... ti avevo pur detto di tener d'occhio quelle bestiacce! La settimana scorsa si sono mangiati un lenzuolo e sei paia di calzini stesi ad asciugare...

DIRETTORE – (un po' seccato) E tu perché mandi la cameriera a stendere il bucato in giardino?

CLOTILDE – ... ieri l'altro hanno divorato otto metri e mezzo di siepe, e, come se non bastasse, stanotte devastano un'aiola di tulipani... (ancora a Luigi)... il prato all'ingresso è un vero disastro: l'erba è alta mezzo metro... e poi sarebbe anche l'ora di riverniciare le panchine, no? (torna verso il marito).

DIRETTORE Mi permetto di ricordarti ancora una volta, cara, che sarebbe bene tu lasciassi a me l'incombenza di dare ordini ai giardinieri.

CLOTILDE Mi permetto di ricordarti ancora una volta, caro, che non sono disposta a rinunciare ai miei diritti su questioni di estetica.

DIRETTORE In casa nostra puoi fare quello che vuoi, ma qui no. Sono io il direttore del giardino zoologico, e devo essere io solo a comandare... (in tono più basso)... almeno di fronte ai miei dipendenti.

CLOTILDE – E così, in giardino, io non sono libera di aprire bocca... qui in giardino, la libertà ce l'hanno solo gli ippopotami!

DIRETTORE – Vedi, Clotilde, io...

CLOTILDE – (sbuffando) Ancora Clotilde?! Non basta Clo? che bisogno c'è di pronunciare per esteso il mio nome?

DIRETTORE – (conciliante) Come vuoi, cara... certo che per me è difficile chiamarti semplicemente Clo: mi pare quasi di rivolgermi a una parte soltanto di te.

CLOTILDE – E per te una parte non è più che sufficiente? (con un'occhiata sprezzante e significativa)... Io spesso mi domando che cosa te ne faccia... dell'intero.

(Clotilde si gira intorno e strappa qualche fiore da unire al mazzo. Il marito la segue).

DIRETTORE – Scusami, cara, per la mia osservazione di poco fa, ma sai bene che su certe questioni io sono inflessibile. Del resto, la stessa posizione che occupo mi impone questa linea di condotta: le apparenze devono essere salve, in ogni modo. (Clotilde guarda il marito e sbuffa). Per ricoprire un posto come il mio è necessario conservare prestigio e autorità... (con compiaciuta pedanteria)... Ah, sì, mia cara, la direzione di un giardino zoologico è un incarico di straordinaria importanza che richiede la massima delicatezza. Si tratta di amministrare una porzione del nostro globo, compresi i rappresentanti animali e vegetali, rispettare le leggi dell'armonia naturale tenendo d'occhio l'equilibrio indispensabile per la comune convivenza. Naturalmente, come al solito, tu potrai farmi conoscere in privato i tuoi desideri, ed io cercherò di accontentarti, ma ufficialmente io devo essere immune da qualunque influenza. Vedi bene che la mia severità non è tirannia, ma soltanto buonsenso che mi consiglia di non trascurare il primo dei doveri di ogni uomo: la difesa delle apparenze. Ed ora, mia cara, ti prego di scusarmi per qualche minuto. (Si avvicina a Gregorio che è accanto a una delle estremità delle gabbie di destra) È terminata la visita?

GREGORIO – (apre lo sportello e guarda nell'interno) Non ancora, signor direttore.

DIRETTORE – Sono le nove meno dieci minuti e il narcotico che abbiamo dato ai leoni è sufficiente soltanto per un'ora di sonno: dovrebbero saperlo il professore e il suo assistente. Pensa un po' se i leoni, risvegliandosi, trovassero quei due nella gabbia.

GREGORIO – Sarebbe molto grave, signor direttore: è vietato persino dal regolamento... (guarda ancora nella gabbia)... Mi pare che stiano uscendo.

DIRETTORE – Finalmente!

(Dalla gabbia escono curvi il professore e l'assistente: tutti e due sono in camice bianco ed hanno in mano alcuni strumenti scientifici).

PROFESSORE – (all'assistente, con gravità dottorale) Che ne dice, allora, di quest'esperienza, mio giovane collega? Sì, capisco che di molte cose non ha potuto rendersi conto: gli animali dormivano sotto l'effetto del sonnifero e la fascia muscolare, per esempio, era inerte al tatto... però, io credo che ben difficilmente nella sua carriera riuscirà a palpare dei leoni svegli.

(Clotilde mette in ordine il suo mazzo di fiori e lancia qualche sguardo verso i due. L'assistente ha notato la presenza della donna. Il direttore aspetta con visibile ansia che il professore smetta di parlare per potergli rivolgere una domanda).

DIRETTORE – Come sta, allora, la nostra leonessa?

PROFESSORE – Stavo appunto dicendo al mio giovane collega che io respingo le teorie correnti sullo sviluppo fisico dei carnivori. Petronius Papp, per esempio...

DIRETTORE – (interrompendolo timidamente) Se lei permette, professore...

PROFESSORE – (lo guarda con severità)... Petronius Papp, per esempio, ha scritto che il topo muschiato del Canadà...

DIRETTORE – Io volevo...

PROFESSORE – (con un'altra occhiata)... Il topo muschiato del Canadà presenta, sotto alcuni punti di vista, analogie impressionanti con l'orso bruno dei Carpazi. (Una pausa. Il direttore sta per ripetere la sua domanda, ma l'altro riprende con animazione). Se vogliamo entrare a fondo nella questione, nei due leoni che abbiamo esaminato stamani, uno dei tratti caratteristici era proprio la linea agile del corpo...

(Clotilde s'è chinata a raccogliere un fiore; l'assistente la guarda e con la testa approva quello che dice il professore).

PROFESSORE – ... La forza scattante dei muscoli che lei ha certamente intuito, e che avrebbe voluto sentire vivi nella sua mano... ma purtroppo, il narcotico...

(L'assistente, sempre guardando lo donna chinata, emette un involontario sospiro).

DIRETTORE – (deciso) Chiedo scusa, professore, ma...

PROFESSORE – (con sufficienza) Va bene, direttore, parliamo pure della leonessa.

DIRETTORE – E’ per il rapporto da inviare alla società zoologica.

PROFESSORE – Rassicuri pure questi signori: la leonessa gode di ottima salute.

DIRETTORE – E quello strano gonfiarsi della pancia, da che cosa dipende?

PROFESSORE – Non si tratta di tumore come da principio avevamo pensato, e nemmeno di idropisia, punto sul quale sembrava soffermarsi la nostra diagnosi... in quanto al morbo di Basenkoff che, sebbene raro, può qualche volta colpire i mammiferi allo stato di prigionia, è escluso completamente... (all'assistente)... A questo proposito, anzi, ricordo di quando mi venne affidato come paziente un coccodrillo sessantenne che perdeva le scaglie della coda...

DIRETTORE – (esasperato) Che cos’è successo alla leonessa, allora?!

PROFESSORE – La leonessa?... Ah, già, dimenticavo. Niente di strano: si tratta di una semplice, volgare, inoffensiva gravidanza.

DIRETTORE – (stupito) Che cosa?!

PROFESSORE – La leonessa è pregna, o incinta, come meglio le piace.

DIRETTORE – Ma se il leone...

PROFESSORE – (continuando)... È inadatto alla procreazione? Esatto. Io stesso tre anni fa ho effettuato su di lui un necessario intervento operatorio che lo ha privato della gioia di diventare padre. La futura prole non può essergli attribuita in alcun modo.

DIRETTORE – Eppure la leonessa non può avere avuto contatto che con lui. (Indicando) Abbiamo un altro leone, ma vive nella gabbia accanto, e fra lui e la coppia c'è una solida parete di sbarre. Come è possibile che...? Oppure bisognerebbe pensare...

PROFESSORE – (continuando)... Che il contatto abbia avuto luogo attraverso le sbarre di divisione? ma cosa le salta in mente? Non dimentichi che si tratta di animali!

(L'assistente, intanto, s'è avvicinato a Clotilde e ha incominciato a parlare con la donna).

DIRETTORE – Come può essere avvenuto, allora?

PROFESSORE – Io ho accertato il delitto: sta a lei ora trovare il colpevole.

DIRETTORE – (chiamando) Gregorio!... Gregorio!

GREGORIO – (compare da dietro le gabbie) Eccomi, signor direttore.

DIRETTORE – (deciso) Gregorio, la leonessa è incinta e tu ne sai certamente qualcosa.

GREGORIO – (sbalordito) La leonessa è...? E che cosa volete che ne sappia io, signor direttore?

DIRETTORE – Dimmi tutto, non avere timore.

GREGORIO – Mi guardate in un modo, come se...

DIRETTORE – Non è il momento di scherzare, Gregorio! La leonessa ha avuto contatto con il leone dell'altra gabbia, perché qualcuno ha aperto lo sportello di divisione.

GREGORIO – (guarda verso la gabbia di sinistra come se gli fosse venuta una idea, poi, un po’ indeciso) Io non so nulla.

DIRETTORE – E invece tu sai.

GREGORIO – (guarda ancora la gabbia di sinistra, poi, piagnucolando)... Non è vero, signor direttore.

(Clotilde e l'Assistente, intanto, si sono seduti sulla panchina e chiacchierano animatamente. Di quando in quando si sente la fresca e sonora risata della donna).

DIRETTORE – (inquisitorio) Chi è stato?

GREGORIO – (vincendo l'esitazione) Ebbene, sì: dirò tutto... io non sono capace di mentire, ogni volta che ci provo mi prende, con vostra licenza, come un senso di nausea. La sorella di mia cognata...

DIRETTORE – (interrompendolo) E che cosa c'entra la sorella di tua cognata col giardino zoologico?

GREGORIO – Niente, signor direttore... adesso, poi, anche se volessimo farcela entrare non sarebbe più possibile: la poveretta è morta.

DIRETTORE – E perché, prima di morire, s'è presa il disturbo di venire qui a combinare questo guaio?

GREGORIO – Ma, con vostra licenza, che cosa c'entra la sorella di mia cognata col giardino zoologico?

DIRETTORE – (gridando) Ma è proprio quello che ti ho domandato anch'io!

GREGORIO – Io stavo raccontando che la sorella di mia cognata mi diceva sempre: "Impara a dire qualche bugia", ma io non ne sono mai stato capace.

DIRETTORE – (al colmo della pazienza) Chi è stato a far incontrare la leonessa col suo vicino di gabbia?

CLOTILDE – (all'assistente, ridendo) È stato lei?... Ah, ah, ah... uno scherzo magnifico!... E che cosa ha fatto poi il suo amico?...

(Una breve pausa. Tutti guardano per un attimo verso la panchina).

DIRETTORE – (a Gregorio) Allora?

GREGORIO – Ebbene, sì... sono stato io.

DIRETTORE – (aumentando a poco, a poco di tono) Come t'è venuta in mente una cosa del genere? non sai che ogni accoppiamento fra gli abitanti del giardino viene studiato e ordinato dalla società zoologica? Nemmeno io, che sono il direttore, posso prendermi la libertà di decidere un accoppiamento qualsiasi!

CLOTILDE – (al marito) A proposito, caro, ricordi il nome di quel giovanotto che abbiamo conosciuto l'anno scorso al mare?

DIRETTORE – Ma se al mare, l'anno scorso, ci sei andata da sola!

CLOTILDE – È vero! Me n'ero dimenticata. (Riprende a parlare con l'assistente).

DIRETTORE – (a Gregorio) Voglio una spiegazione completa.

GREGORIO – Certo, signor direttore... È accaduto nel febbraio scorso, verso la metà del mese...

DIRETTORE – (al professore) Cosicché, il… diciamo... lieto evento, dovrebbe avvenire… verso...

PROFESSORE – (contando mentalmente) Metà febbraio... marzo... uno... due, tre... fra una ventina di giorni al più tardi.

DIRETTORE – Chissà cosa dirà il presidente della società zoologica!... (a Gregorio)... Avanti!

GREGORIO – Mi ricordo che era una notte di luna piena: tutti gli animali del giardino dormivano, ma voi, invece, eravate ancora desto...

DIRETTORE – (offeso) Perché "invece"? Sono un animale anch'io, forse?

GREGORIO – Scusatemi, signor direttore, io non volevo offendervi... io, con vostra licenza, volevo dire che tutti gli animali dormivano, eccetto voi...

DIRETTORE – (trattenendo la collera) Vai avanti, Gregorio, vai avanti.

GREGORIO – ... Infatti, nella vostra camera era ancora accesa la luce... ma poi mi sono accorto che avevo sbagliato credendo che voi solo foste sveglio e gli altri dormissero...

DIRETTORE – Gli altri chi?

GREGORIO – Gli altri animali.

DIRETTORE – (cominciando a perdere la pazienza) Mi sembra che tu faccia un po' di confusione, Gregorio.

GREGORIO – No, signor direttore, ricordo benissimo: voi non eravate solo.

DIRETTORE – Ci sarà stata mia moglie con me.

GREGORIO – No, no... c'era la leonessa con voi.

DIRETTORE – (sbalordito) La leonessa nella mia camera?!

GREGORIO – Non nella vostra camera, nella gabbia.

PROFESSORE – (sbalordito) Il direttore nella gabbia con la leonessa?!

GREGORIO – (un po' stizzito) Uffa! Io, con vostra licenza, stavo dicendo che avevo sbagliato a credere tutti gli animali addormentati, perché di svegli...

DIRETTORE – (gridando)... C'ero io...

GREGORIO – (approvando col capo)... e la leonessa.

PROFESSORE – Insomma, ci voleva tanto a dire che in tutto il giardino zoologico c'erano soltanto due animali svegli?!

(Il direttore lo fulmina con un'occhiata).

GREGORIO– Non ci voleva molto, solo che mi fosse stato possibile parlare liberamente.

DIRETTORE – In quanto a libertà, quando parli, mi pare che te ne prenda abbastanza. (Qualche passo nervoso; qualche occhiata sospettosa verso la panchina) Avanti, allora!

GREGORIO – La leonessa era irrequieta, non faceva che ruggire lamentosamente... era un vero strazio starla a sentire, signor direttore... il leone della gabbia accanto era in piedi, vicino alle sbarre di divisione, e quella povera bestia: avanti e indietro, avanti e indietro, lamentandosi e strofinando la schiena contro quelle sbarre... (Senza volerlo accenna verso la panchina; Clotilde in quel momento scoppia in una risata e si stringe contro l’assistente)

PROFESSORE – E il suo compagno di gabbia?

GREGORIO – Il marito? (Accennando involontariamente verso il direttore)... Era là... disteso in un angolo... dormiva tranquillo senza accorgersi di niente...

DIRETTORE – E poi?

GREGORIO – lo vi ho descritto la scena... (Esegue gli stessi cenni con la mano)... Laggiù la leonessa a lamentarsi e a strusciarsi... e là il marito, immobile, insensibile...

DIRETTORE – (nervosamente) Macché marito e marito! Che cosa sono questi sciocchi infantilismi? Il compagno di gabbia, devi dire.

GREGORIO – Eh, già, di quale marito si può mai parlare? Che marito è mai quello! (i continui cenni della mano mettono il direttore in stato d'imbarazzo)... Vive accanto a una femmina giovane e ardente, tutta presa dal richiamo dell'amore, e non sa fare altro che dormire con la pancia all'aria. (Istintivamente il direttore si passa una mano sul ventre). Io avrei voluto avvertirvi, ma poi ho pensato che non potevate farci nulla e che era meglio tenervi all'oscuro...

DIRETTORE – (seguendo il filo dei suoi pensieri; allarmato) …All’oscuro di che cosa?

GREGORIO – Di quello che stava accadendo nella gabbia dei leoni.

DIRETTORE – (sollevato) Ah… di quello che…

GREGORIO – Se non mi sono spiegato bene posso ricominciare da capo.

DIRETTORE – (pronto) Non ce n’è bisogno: vai pure avanti.

GREGORIO – Non avreste sopportato uno spettacolo simile… e avanti, e indietro, e lamenti, e ruggiti: uno strazio, vi assicuro. Insomma, io non sono stato capace di resistere... e ho aperto lo sportello fra le due gabbie.

CLOTILDE – (all'assistente) Un pensiero veramente squisito: nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere.

(Una breve pausa. Tutti guardano per un attimo verso la panchina).

DIRETTORE – (a Gregorio) Ed ecco quello che hai combinato! Spero, almeno, che sarai pronto ad assumerti le tue responsabilità davanti alla società zoologica.

(Gregorio allarga le braccia rassegnato).

PROFESSORE – Adesso, prima di tutto; bisognerà separare la leonessa dal suo compagno di gabbia.

DIRETTORE – Crede che sia necessario?

PROFESSORE – Indispensabile: il leone non accetterebbe mai una prole che non gli appartiene. Del resto, è un comportamento naturale. Che cosa farebbe lei nei suoi panni... pardon!... nella sua pelle?

DIRETTORE – Ma che cosa c'entra?

PROFESSORE – Sì... dico, se sua moglie, per esempio...

DIRETTORE – (per cambiare prontamente discorso; a Gregorio) Trasferirai la leonessa nella gabbia vuota. (Indica la gabbia a sinistra).

GREGORIO – Non è possibile... (correggendosi)... Non sarebbe meglio passarla nella gabbia accanto?... Tanto ormai... (Vuol dire: quello che è fatto è fatto)

DIRETTORE – Nemmeno per sogno. Sarebbe come approvare il fatto compiuto.

GREGORIO – (imbarazzato) È perché, con vostra licenza, io penso che... la leonessa accetterebbe malvolentieri la solitudine...

DIRETTORE – Fammi il piacere di pensare di meno e di eseguire i miei ordini. (Al professore) Vogliamo andare a stendere il rapporto per la società zoologica? (Si avvia col professore verso sinistra; dopo qualche passo si volta e guarda la panchina)... E la presenza del suo assistente, non è necessaria?

PROFESSORE – Assolutamente superflua.

DIRETTORE – Ma, dato che anche lui ha partecipato agli accertamenti...

PROFESSORE – Come vuole. (All'assistente) Venga con noi, mio giovane collega.

(L'assistente e Clotilde seguono i due che escono da sinistra. Rimasto solo, Gregorio muove qualche passo preoccupato, poi si avvicina alla gabbia di sinistra e batte alcuni colpi allo sportello. Nessuno risponde; Gregorio batte di nuovo).

GREGORIO – (chiamando) Alfa!... Ehi, mi senti?...

(Dallo sportello si affaccia una testa scapigliata).

ALFA – (sbadigliando) Che ore sono?

GREGORIO – Sono quasi le dieci.

(Alfa ritira bruscamente la testa e richiude rumorosamente lo sportello).

GREGORIO – (bussando) È una cosa importante, Alfa, vieni fuori... apri, Alfa!... Lascia che ti parli...

(Lo sportello si apre ed esce sbadigliando e stirandosi uno strano, spavaldo individuo con il viso sudicio di barba. Indossa un maglione a righe vivaci, pieno di strappi).

ALFA – Che cosa succede, Gregorio, stai diventando matto?

GREGORIO – È accaduto un fatto imprevisto di cui ti devo parlare immediatamente.

ALFA – A quest'ora, per Pitagora! Non sono ancora le dieci.

GREGORIO – Vedi, Alfa, io...

ALFA – (interrompendolo) Quando due anni fa decisi di trasferire la mia residenza dal secondo pilastro del ponte di Sant'Agata al giardino zoologico, non fu soltanto per assecondare le tue continue, insistenti richieste, ma anche a causa del direttissimo delle undici e mezzo che passava sul ponte con un fracasso assordante.

GREGORIO – (timidamente) Beh, io proprio non ricordo di avere tanto insistito per farti venire qui.

ALFA – Vuoi dire che non mi hai pregato, scongiurato per farmi occupare questa gabbia?

GREGORIO – Vedi, Alfa, io...

ALFA – È questo il senso di riconoscenza che nutri per me?

GREGORIO – Vedi, Alfa...

ALFA – Hai già dimenticato quello che ho fatto per te, quando ricoprivo la carica di bidello all'istituto di matematica, fisica e chimica?

GREGORIO – Ma no, ti assicuro...

ALFA – Chi ti ha accolto come un fratello sotto il suo tetto, mettendo a tua disposizione... il ripostiglio della segatura?

GREGORIO – Tu, Alfa, tu... è stato per tre settimane, prima di venir qui come guardiano.

ALFA – E allora, è stato appunto nella ricerca di un valore direttamente proporzionale al beneficio ricevuto che tu mi hai supplicato di venir qui a occupare questa gabbia.

GREGORIO – Un valore che cosa?... Quando deciderai di incominciare a parlare più chiaro?

ALFA – (con sussiego) Non vorrai negarmi, spero, dopo i lunghi anni passati come bidello all'istituto di matematica, fisica e chimica, di adoperare qualche termine scientifico, nel tentativo di far reagire la grigia soluzione del linguaggio comune eccessivamente satura di banalità.

(Intanto guarda in giro per terra e raccoglie due o tre cicche, le rompe nel palmo, estrae una cartina da sigarette e la passa dov'è il tabacco, poi, con quella sola mano, arrotola una sigaretta e la inumidisce. Naturalmente la sigaretta era celata nella mano che ha preso la cartina).

GREGORIO – Insomma, Alfa, io volevo dirti...

ALFA – (interrompendolo con un gesto solenne) Non turbare con le tue chiacchiere uno degli attimi più importanti della giornata. (Mostra la sigaretta) Qui dentro è racchiusa la serie infinita delle possibilità creative: è una provetta nella quale ho gettato alcune gocce di liquidi scelti a caso sul tavolo di laboratorio. Quale formula, conosciuta o ignota, ho, senza volerlo, ricalcato o scoperto? Che cosa c'è qui dentro? Un elisir di lunga vita, un veleno mortale, un potente esplosivo?

GREGORIO – C'è soltanto un po' di tabacco.

ALFA – Ma quale tabacco? Alcuni filamenti di una bionda matassa orientale, lasciati cadere da un'indiana di passaggio? Oppure il mozzicone di un marinaio, che racchiude una foglia trita ed aspra, impregnata di alcool e di salsedine? E in quale misura l'uno e l'altra? E quale squisito sapore risulterà dalla miscela di questi due componenti? (Sfrega un fiammifero sotto la suola della scarpa, accende la sigaretta, aspira una boccata di fumo con un gesto ampio, da gran signore, quindi getta via la sigaretta e tossisce con una smorfia di disgusto) Camomilla!... Sono le ragazze del collegio che vengono qui a fumare di nascosto... Eh, a quest'ora, per terra, non si può trovare niente di meglio. Non c'è che un posto in tutta la città dove si riesce ancora a fumare decentemente: il marciapiedi davanti al palazzo della borsa.

GREGORIO – Credo, amico mio, che d’ora in poi sarai costretto a frequentarlo quel marciapiedi.

ALFA – (allarmato) Cosa c'è, i visitatori non possono più fumare all'interno del giardino zoologico?

GREGORIO – Oh, no, non si tratta di questo... (Alfa tira un respiro di sollievo)... Si tratta di ben peggio... (All'orecchio di Alfa, con aria di mistero)... La leonessa sta per partorire.

ALFA – (guarda Gregorio, poi, fingendo costernazione) Una vera tragedia!

GREGORIO – (assentendo col capo) Nessuno se l'aspettava, perché il suo compagno, da circa tre anni... (Si accorge che Alfa sta andando verso la gabbia di sinistra)... Ehi, Alfa, dove stai andando?

ALFA – Ma, per Pitagora, credi che abbia tempo da perdere per ascoltare i tuoi pettegolezzi sui miei vicini di gabbia?!

(Si mette due dita in bocca ed emette un piccolo fischio. Allo sportello della gabbia si affaccia carponi il 2° vagabondo. È un tipo magro e snodato che indossa una giacca di taglia abbondante. Alfa fa un piccolo cenno col capo; il 2° vagabondo rientra nella gabbia ed esce con un grosso secchio. Alfa si china in avanti, in atteggiamento di chi vuole lavarsi il viso e con le mani aperte davanti alla testa aspetta lo scroscio dell'acqua. Il 2° vagabondo inclina lentamente il secchio, come per regolare la caduta del liquido, intanto dà qualche occhiata al fondo. Finalmente il secchio viene capovolto: escono poche gocce che Alfa raccoglie nelle dita strofinandosi subito dopo gli occhi. Si raddrizza, e con gli occhi chiusi, come se li avesse insaponati, annaspa con le mani. Il 2° vagabondo cava di tasca un largo fazzoletto colorato; Alfa porta il fazzoletto al viso, a guisa di asciugamano, ma, invece di asciugarsi gli occhi, si soffia rumorosamente il naso).

GREGORIO – (piagnucolando) È questo il modo di ringraziarmi, dopo quello che ho fatto per te!

ALFA – (annoiato) Non eleviamo a potenza i benefici distribuiti: qui c'era una gabbia libera e tu mi hai permesso di occuparla. Ecco tutto. (Con calore) Io, invece, quando ti ho accolto all'istituto, non avevo posti liberi, ma c'era un ripostiglio della segatura, e io ho pensato che dove stava la segatura potevi stare benissimo anche tu.

GREGORIO – Ti ho detto che è accaduto un fatto imprevisto.

ALFA – (dandogli un colpetto sulla schiena curva) Su, Gregorio, raddrizza l'ipotenusa e spiegami bene quello che vuoi dire.

GREGORIO – La leonessa deve partorire...

ALFA – Questo l'ho capito.

GREGORIO – ... Ma il padre dei piccoli che nasceranno, non è il suo compagno di gabbia, bensì il leone della gabbia accanto. Ebbene, nonostante questo, io stamani, davanti al direttore, ho assunto su me ogni responsabilità.

ALFA – E perché vuoi togliere a quel leone i suoi diritti?

GREGORIO – Ma io non tolgo nulla a nessuno... a te, se mai, ho tolto qualcosa.

ALFA – E che cosa mi hai tolto?

GREGORIO – La colpa.

ALFA – (toccandosi la testa) Scusa, Gregorio, ma qui la pila comincia a non funzionare.

GREGORIO – Ti ricordi di quella notte quando hai aperto lo sportello di divisione fra le due gabbie?

ALFA – Certo che ricordo... ma era impossibile dormire, ti assicuro: un lamento continuo. Invece, aperto lo sportello, tutto è cessato d'incanto.

GREGORIO – E stamani, quello sportello, ho dovuto dire di averlo aperto io. Non potevo certo raccontare al direttore che voi due abitate là dentro.

ALFA – Sicché, è bastata quella notte per...

GREGORIO – Sembra di sì.

ALFA – (lentamente) Si tratta, allora, dì un vero e proprio adulterio... un triangolo coniugale... (con entusiasmo)... Magnifico, Gregorio! La matematica è veramente la scienza fondamentale dell'universo. Sprofondati nella serie infinita dei valori numerici, partecipiamo tutti allo svolgimento dell'eterno problema dell'esistenza. Perché viviamo? Per la sola ragione che 1'incognita "Y" è chiusa in una parentesi quadra. Non c'è altro, mio buon Gregorio.

GREGORIO – (protestando) Ma, insomma...

ALFA – (interrompendolo) E osi negarlo? Ma se anche i nostri sentimenti, come se non bastassero le nostre azioni, hanno una rappresentazione matematica: la convergenza dell'amore, la divergenza dell'odio, il parallelo dell'indifferenza... Il triangolo dell'adulterio. Credevo che, almeno i leoni, nei loro rapporti sociali, rifiutassero certe figure geometriche... e invece mi ero ingannato. Eccolo là, proiettato in tutta la sua indiscutibile evidenza: il triangolo del leone!

GREGORIO – (spazientito) Ma lasciami parlare una buona volta!

ALFA – Stai tranquillo, amico mio: non c'è niente di tremendo nella nascita di uno o più esseri. Si tratta di semplici unità di valore positivo che, di solito, dànno luogo a un facile calcolo di addizione. A volte, è vero, le operazioni sono più complicate, ed è quando queste unità si chiamano, per esempio, Alessandro Magno o Cristoforo Colombo; ma qui, trattandosi di leoni, questo caso mi sembra meno probabile.

GREGORIO – (tutto d'un fiato) E che unità sono quelle che, per il loro prossimo arrivo, stanotte ti costringeranno a dormire all'aperto, a meno che tu non voglia trasferire di nuovo la tua resistenza al secondo pilastro del ponte di Sant'Agata?

ALFA – Per Pitagora! Stai scherzando, vero?

GREGORIO – Ma se sono due ore che cerco di dirtelo!

ALFA – Divagando, amico mio, divagando: non dimenticare che la linea retta è la più breve distanza fra due punti.

GREGORIO – Il direttore m'ha dato ordine di trasferire la leonessa in questa gabbia.

ALFA – È piuttosto spiacevole, direi... In fondo, questa gabbia era abbastanza comoda, e i traslochi, poi, sono operazioni antipatiche... ma sono certo che, tanto io quanto il mio collega, ci troveremo a nostro agio anche nel nuovo alloggio che tu ci assegnerai.

GREGORIO – È duro dovertelo dire, ma non ci sarà un altro alloggio.

ALFA – Che?! Vuoi farmi credere che tutti i bisonti e i coccodrilli del giardino zoologico, si sono gettati in una selvaggia corsa alla riproduzione, per cui qua dentro non sono rimasti due posti liberi, sia pure in una modesta uccelliera o in una capanna da trampoliere?

GREGORIO – Non ci sono, amico mio: tutto occupato.

ALFA – (indignato) È un'offesa bruciante per tutto l'ordine dei primati! Persino nell'Arca del Diluvio l'uomo era presente!

GREGORIO – (commosso) Ti assicuro che non posso fare niente per te.

ALFA – (serio) Comportarsi in questo modo con un amico...

GREGORIO – È il direttore che vuole così.

ALFA – ... Gettare me e il mio collega sulla strada, mentre qui anche gli sciacalli hanno un posticino al caldo.

GREGORIO – (piagnucolando) Non è colpa mia... che cosa posso farci?...

ALFA – (gli batte paternamente la mano sulla spalla) Andiamo, Gregorio, non è necessaria questa condensazione in lacrime.

GREGORIO – Dove andrai a dormire adesso?

ALFA – (improvvisamente allegro) Ma credi forse, per Pitagora, che un ex bidello dell'istituto di matematica, fisica e chimica sia privo di risorse? Esistono sempre soluzioni parziali per lo svolgimento dei piccoli problemi quotidiani...

(Entra un visitatore del giardino dall'aria un po' sempliciotta: in una mano ha un panino imbottito e nell'altra un sigaro acceso. Il visitatore viene avanti lentamente alternando i morsi al panino con boccate di fumo).

ALFA – (indicando con gli occhi il nuovo arrivato)... Ecco, per esempio, un problema che mi viene incontro e che io devo cercare. di risolvere in qualche modo.

(Alfa porta due dita alla bocca ed emette un piccolo fischio. Gregorio scrolla le spalle e se ne va. Compare il 2° vagabondo; Alfa indica col capo il visitatore e l'altro estrae dalla tasca una boccetta, quindi si sdraia sulla panchina. Alfa incomincia a frizionargli un polpaccio con il liquido della boccetta. Il visitatore si avvicina incuriosito).

ALFA – Sono sicuro che questa volta ci riusciremo: siamo già alla terza applicazione... i tessuti sono diventati clastici, scattanti... (Passa a frizionare l'altro polpaccio mentre il visitatore spinge sempre più avanti la testa)... Il muscolo è nelle migliori condizioni per trasmettere lo slancio a tutto il corpo... questa è la volta buona. (Il 2° vagabondo si alza ed esce da sinistra. Alfa fa cenno al visitatore di scostarsi)... da questa parte, prego... (al 2° vagabondo fuori scena)... siamo pronti?... via, allora! (Batte le mani. Da sinistra il 2 ° vagabondo entra in scena e l'attraversa con una serie di salti mortali, uscendo da destra. L'esercizio, eventualmente, potrà essere compiuto da una controfigura).

ALFA – Bene!... Perfetto!... Che ti dicevo io? Ci siamo riusciti... (Il visitatore che ha seguito con attenzione l'esercizio, ora guarda meravigliato il 2° vagabondo che, da destra, è tornato in scena. Alfa, con il tono di imbonitore da fiera)... Lei forse pensa che questo giovanotto sia un giocoliere, o comunque un individuo allenato ad eseguire certi esercizi... niente di più falso: questo signore, tre giorni fa, non si sarebbe mai sognato di arrivare a compiere qualcosa del genere... ma ha avuto fiducia in me e si è lasciato massaggiare i polpacci con il contenuto di questa boccetta... (solleva la boccetta)... Osservi attentamente la prego, e provi ad agitare il liquido... (porge la boccetta al visitatore, ma poiché questo ha tutte e due le mani occupate, Alfa gli toglie il panino, quindi, mentre continua a parlare, lo addenta avidamente)... Lei, forse, non vedrà altro che una soluzione oleosa di colore biancastro: è una sostanza che non si trova in commercio, trattandosi di un mio modesto ritrovato ancora allo stato sperimentale. Il punto di partenza per questa mia scoperta può essere ricercato nelle discipline astronomiche. La terra gira su se stessa, mi sono detto: ogni oggetto, quindi, che si trova su di essa, può compiere un eguale movimento di rivoluzione, basta che riceva dal basso una spinta adeguata... (Ha mangiato metà del panino e passa quello che è rimasto al 2° vagabondo)... Stappi adesso la boccetta e inumidisca il palmo della mano... (Il visitatore vorrebbe eseguire il movimento, ma il sigaro che tiene nella sinistra glielo impedisce. Alfa prende il sigaro e, sempre parlando, aspira grandi boccate)... Ora, con quella mano, incominci a massaggiare delicatamente. Qui sta il punto della questione, perché il liquido della boccetta, venendo a contatto, attraverso i pori, con il muscolo del polpaccio, dà l'elasticità necessaria alla spinta. Spiccato il salto, poi, non occorre che il coraggio di girarsi per aria. Il coraggio, certo, non si può massaggiare: occorre fiducia. Ha fiducia, lei, nella legge di gravità? (Il visitatore muove rapidamente la testa per dire di sì)... E allora si giri pure, tanto non potrà che ricadere sulla terra. (Fa l'atto di andarsene, ma si ferma per aggiungere qualcosa) C'è modo e modo di cadere, è vero, ma questo si acquista con l'esercizio e la pazienza.

(Esce da sinistra con il 2° vagabondo, tirando ampie boccate dal sigaro. Il visitatore lo guarda imbambolato, guarda la boccetta, poi esce da destra. Entra il direttore che si guarda in giro come se cercasse qualcuno. Dal fondo viene avanti Gregorio).

DIRETTORE – (è inquieto ma non vorrebbe mostrarlo) Da che parte vieni, Gregorio?

GREGORIO – Dal recinto degli ippopotami, signor direttore.

DIRETTORE – (con studiata indifferenza) E, non hai visto, per caso... mia moglie... era con quel tipo in camice bianco... sì, l'assistente...?

GREGORIO – (brontolando) Sono entrati in un'aiola di tulipani e l'hanno devastata...

DIRETTORE – (allarmato) Chi è entrato fra i tulipani?

GREGORIO – Gli ippopotami stanotte.

DIRETTORE – Io parlavo di mia moglie e dell'assistente.

GREGORIO – Erano qui poco fa... già, ma c'eravate anche voi...

DIRETTORE – (nervosamente) Dopo, dico, dopo... non li hai visti?

GREGORIO – (con ingenua curiosità) Perché, sono andati via insieme?

DIRETTORE – (cercando di sviare ogni sospetto) Si sono allontanati... passeggiando... e io volevo sapere se, per caso... (si accorge che Gregorio ascolta con interesse)... Ma non ha nessuna importanza... (Gli volta le spalle).

(Entra Sebastiano Vuldok, esploratore; cammina a piccoli bassi veloci, proprio nello stesso modo come parla. Da sinistra tornano in scena i due vagabondi).

ESPLORATORE – (fermandosi davanti al direttore) Male, malissimo! Prima di tutto, in qualità di cittadino, tengo a dichiararle che certe faccende qua dentro non devono avvenire...

DIRETTORE – Lei ha perfettamente ragione.

ESPLORATORE – In secondo luogo, in qualità di presidente della società zoologica e di donatore della leonessa, chiedo spiegazioni su questo arbitrario accoppiamento, per cui una leonessa di pura razza somala, dovrà generare da un bastardo algerino.

DIRETTORE – Avanti, Gregorio, racconta al presidente come sono andati i fatti.

GREGORIO – (esitante) Ecco, io...

DIRETTORE – Coraggio... la leonessa ruggiva e si lamentava...

GREGORIO – (guardando Alfa) Già... ruggiva e si lamentava...

DIRETTORE – ... Tu ti sei lasciato impietosire ed hai aperto lo sportello...

GREGORIO – ... Io mi sono lasciato impietosire e ho aperto lo sportello.

ESPLORATORE – E non hai pensato che quest'atto sorpassava le tue attribuzioni di guardiano? Davanti a queste manifestazioni, il tuo dovere di assistente...

DIRETTORE – (che aveva perso il filo del discorso continuando a guardarsi attorno) Dov'è?... Quando l'ha visto?... Era solo?

ESPLORATORE – (stupito) Che cosa?

DIRETTORE – (indicando qualcosa fuori scena) Mi sembra di vederlo là in fondo... c'è qualcosa di bianco fra gli alberi... scusi per un attimo, presidente... (Esce rapidamente).

ESPLORATORE – Dicevo, dunque, che il tuo dovere era quello di informare la direzione.

GREGORIO – Vedete, signor presidente... io, con vostra licenza...

ESPLORATORE – ... E non quello di agire in modo così inconsulto.

ALFA – (avvicinandosi all'esploratore) Se lei permette, io...

ESPLORATORE – (ad Alfa, bruscamente) Lei chi è, scusi?

ALFA – Volevo solo dire che tutti possiamo sbagliare nello svolgimento del nostro lavoro quotidiano.

ESPLORATORE – Quotidiano?... Un giornalista! (A Gregorio) La stampa è già informata. (Ad Alfa, pavoneggiandosi) Dica pure ai suoi lettori che non c'è motivo di preoccupazione. L'incidente verrà prontamente risolto con la soppressione dei nascituri: il nostro giardino zoologico ha il dovere di preservare la purezza delle razze, eliminando il prodotto di incroci. Scriva pure che questa dichiarazione è di Sebastiano Vuldok... con la "v"... esploratore, presidente della società zoologica e donatore della leonessa... Sì, l'ho catturata io stesso durante una spedizione in Somalia... e la cattura m'è costata anche un certo sacrificio... tre portatori e un capocolonna divorati... ma io la volevo viva... (Toglie di tasca un pacco di fotografie)... Se le interessa qualche fotografia... eccomi nel Borneo, accanto a una tigre abbattuta poco prima... qui, invece, sono in Brasile... io nel Sahara... nel Congo: io sono quello a destra, a sinistra c'è il serpente... ed eccomi nel territorio del Nepal... sì, ha indovinato, là fra i cespugli ci sono io, Sebastiano Vuldok... con la "v"... tanto per evitare noiose rettifiche... (Consegna il pacco ad Alfa)... ecco, scelga lei... (Va incontro al direttore che è rientrato)... Venga a salvarmi lei, direttore: io detesto la pubblicità.

(Esce col direttore dal fondo. Gregorio scrolla il capo ed esce da destra. Alfa dà un'occhiata alle fotografie, le getta via ed esce da sinistra. Il 2° vagabondo raccoglie le fotografie, le esamina con gran divertimento rifacendo il verso di qualche posizione, quindi le ficca in tasca ed esce da sinistra. Da destra entra lo studente roteando in aria un pacco di libri legati da una cinghia; si ferma saltellando vicino alla panchina, guarda fuori di scena e fa un fischio. Poco dopo, di corsa e guardandosi indietro, arriva una ragazza vestita da collegiale, con due trecce che escono di sotto il cappello).

STUDENTE – (ad alta voce) Eri sorda stamani? È più di mezz'ora che ti sto fischiando.

COLLEGIALE – (con un dito sulle labbra) Zitto! Se la signorina Andropius sente la tua voce e viene da questa parte, è un bel guaio.

STUDENTE – Perché, la signorina Andropius si sposta sempre dalla parte dove sente la voce di un uomo?

COLLEGIALE – Non ti sarai mica messo in testa di essere un uomo, tu?

STUDENTE – Sei vuota come il cranio di un fossile: io non so perché perdo il mio tempo a parlare con te.

COLLEGIALE – E io non so perché, ogni giorno, durante la passeggiata, mi allontano dalle mie compagne per venire qui.

STUDENTE – Io invece lo so questo perché.

COLLEGIALE – Il tuo o il mio?

STUDENTE – Il tuo, si capisce.

COLLEGIALE – Tu non sai proprio un bel nulla.

STUDENTE – Ho sentito dire che, al tuo collegio, l'unico uomo in circolazione sia il giardiniere che ha più di settant'anni...

COLLEGIALE – Non è vero: c'è anche il professore di storia e geografia.

STUDENTE – Buono quello: completamente calvo e balbuziente.

COLLEGIALE – Anche Cesare era calvo.

STUDENTE – Vorrei sentirlo quando parla in classe:... la pa... pa... pace di Campo... po... po... poformio fu firmata da Napo... po... po... poleone nel 1821...

COLLEGIALE – Nel 1797! Nel 1821 Napoleone moriva a Sant'Elena.

STUDENTE – (a malincuore) E’ vero, ho confuso le date... oh, ma non darti tante arie, sai!... in che anno è avvenuta la battaglia di Austerlitz? E la spedizione in Russia? E l'assedio di Tolone?... (Sale sulla spalliera della panchina e salta a terra)... E’ la mia materia più forte la storia... specialmente quella di Napoleone... (Ripete il salto)... Hai visto quel film sulla campagna d'Egitto?... ma già che il tuo collegio non va mai al cinema.

COLLEGIALE – Ogni tanto la signorina Andropius fa delle proiezioni interne.

STUDENTE – (ridacchiando) I documentari sugli animali... ci sono andato ieri al cinema... c'era "Delitto sul grattacielo"... Gangsters... C'era il capo che tirava fuori la pistola, la faceva girare nella mano, e non sbagliava mai un colpo... così... (Esegue il movimento).

COLLEGIALE – E perché la faceva girare prima di sparare?

STUDENTE – Mah!... però ci sapeva fare... (Fa un altro salto). E poi c'era una ragazza che il capo voleva per sé, mentre lei era innamorata di un altro... (Lancia i libri per aria).

COLLEGIALE – E come va a finire?

STUDENTE – (disegna qualcosa per terra con un bastoncino) Il tipo amato dalla ragazza viene catturato dagli uomini del capo, ma poi riesce a fuggire e a trovare la ragazza... e appena i due si incontrano... (Cancella col piede quello che ha disegnato).

COLLEGIALE – Vai avanti.

STUDENTE – (saltella appoggiando sulla panchina prima un piede e poi l'altro) Alfa... beta... gamma... delta... domani ho compito in classe di greco... l'ultima volta il professore me l'ha annullato perché diceva che l'avevo copiato... qualcuno ha fatto la spia, si capisce... se riesco a trovarlo, però... (Fa l'atto di prendere una pistola alla cintura e ripete il gesto del film).

COLLEGIALE – Cosa succede quando quei due s'incontrano?

STUDENTE – T'interessa, eh?

COLLEGIALE – Nemmeno per sogno... Domandavo, così... per curiosità.

STUDENTE – (siede accanto alla ragazza) Non ti immagini che cosa può succedere quando una donna incontra l'uomo che ama?.. Sei proprio un'oca completa, allora!

COLLEGIALE – Tu fai tanto il gradasso perché certe cose le vedi al cinema.

STUDENTE – Per saperle, certe cose, non ho bisogno di vederle nei film, io.

COLLEGIALE – Uh, quante arie!

STUDENTE – Io non ho una signorina Andropius alle costole: sono libero, io; vado dove voglio e faccio quello che voglio... (Ridacchiando)... Non era niente male la scena quando quei due si sono incontrati... Lui l'ha stretta forte nelle braccia e ha incominciato a baciarla.

COLLEGIALE – (alzando le spalle) Le solite sciocchezze.

STUDENTE – No, no... c'è modo e modo di baciare. II capo, per esempio, le donne le prendeva per i capelli, così... (Esegue il gesto)... e avvicinava la testa al suo viso, come se fosse stata una mela da mordere... ma l'altro, invece, era tutto un'altra cosa... te lo voglio far vedere...

COLLEGIALE – Non ce n'è affatto bisogno.

STUDENTE – Hai paura, eh?

COLLEGIALE – Io paura? Mi fai ridere.

STUDENTE – E perché fai così la schizzinosa, allora?

COLLEGIALE – Va bene, per dimostrarti che non ho paura... fai pure: tanto io terrò gli occhi chiusi. (Irrigidisce il busto e spinge un po' avanti la testa; lo studente, senza toccarla, fa per darle un bacio, ma la ragazza si ritrae di scatto)... Mi hai punto!

STUDENTE – (toccandosi il labbro superiore, compiaciuto) Sono i baffi... bisognerà pure che tu ci faccia l'abitudine.

(La ragazza ritorna nella posizione di prima: lo studente la bacia).

COLLEGIALE – (allontanando la testa di nuovo) E come si fa per respirare?

STUDENTE – E che bisogno c'è di respirare? Fai conto di essere sott'acqua.

COLLEGIALE – (fa per riprendere la stessa posizione, ma riapre gli occhi) E quanto tempo deve durare?

STUDENTE – Non c'è una lunghezza precisa: a volte è più corto, a volte più lungo.

COLLEGIALE – (chiude ancora gli occhi, ma li riapre subito) Aspetta... (respira profondamente).

(Lo studente la bacia. Improvvisamente dal fondo appare la signorina Andropius).

SIGNORINA ANDROPIUS – (scandalizzata) Piccola sporcacciona!

(I ragazzi si voltano terrorizzati; la collegiale fugge e lo studente la segue, ma ha dimenticato i libri e torna a prenderli, quindi esce da sinistra dietro alla ragazza).

SIGNORINA ANDROPIUS – (seguendoli) Vieni qui, svergognata!... (Incontra il direttore che entra)... Ha visto dove sono andati quei due?

DIRETTORE – (allarmato) Quali due?

SIGNORINA ANDROPIUS – ... Erano qui poco fa... senza alcun pudore... davanti a tutti...

DIRETTORE – (angosciato) Che cosa facevano davanti a tutti?

SIGNORINA ANDROPIUS – (con una smorfia di disgusto) Si baciavano! (Il direttore ha accusato il colpo)... E pensi che quella spudorata non ha ancora sedici anni!

DIRETTORE – (sollevato) Ah... ma lei parlava della ragazza dell'orfanotrofio che correva con uno studente?...

SIGNORINA ANDROPIUS – E di chi dovevo parlare?

DIRETTORE – Andavano verso le gabbie degli orsi.

SIGNORINA ANDROPIUS – Mi aiuti a raggiungerli, direttore... prima che sia troppo tardi.

DIRETTORE – Andiamo di qui: faremo più pesto.

(Escono dal fondo. Da sinistra rientrano i due ragazzi. Lo studente sale sulla panchina come posto d'osservazione).

STUDENTE – Si sono allontanati: non c'è più pericolo.

COLLEGIALE – E’ meglio che ritorni con le mie compagne.

STUDENTE – Sei impazzita? Non hai visto che occhi faceva quella strega? Quella ti salta addosso e ti pianta le unghie nel viso. Bisogna darle il tempo di sbollire la rabbia, dai retta a me.

COLLEGIALE – Ma se continuo a fuggire la sua rabbia aumenta.

STUDENTE – Storie. Non sai come si fa per pescare le balene?

COLLEGIALE – Cosa c'entrano le balene con la signorina Andropius.

STUDENTE – C'entrano, ti dico... gli si pianta un arpione nella schiena e si lasciano andare dove vogliono: quando sono sfinite, anche un bambino potrebbe tirarle accosto alla barca. Vedrai che la signorina Andropius farà lo stesso dopo aver corso per tutto il giardino zoologico.

COLLEGIALE – Io credo che farei meglio a tornare fra le mie compagne.

STUDENTE – Lasciati guidare da me. Sono io, no, che ti ho messo in questo guaio. Presto, andiamo che stanno tornando.

(Fugge a sinistra tirandosi per mano la ragazza. Da un vialetto del fondo entra, agitata e ansante, la signorina Andropius; da un altro vialetto arriva il direttore).

SIGNORINA ANDROPIUS – Niente?

DIRETTORE – (allargando le braccia) Niente.

SIGNORINA ANDROPIUS – (accasciata) una rovina! Pensi alla reputazione dell'orfanotrofio!

DIRETTORE, – Si calmi, signorina... li troveremo questi ragazzi, stia tranquilla... (Gregorio entra da destra) Gregorio! Hai visto dove sono fuggiti quei due?

GREGORIO – (con divertito stupore) Non li ha ancora trovati?

DIRETTORE – Non parlavo di mia... (la presenza della signorina Andropius lo trattiene)... dell'assistente, ma di un ragazzo con i libri sotto il braccio.

GREGORIO – (meravigliato) Ha già cambiato compagnia? (il direttore fa un gesto di dispetto).

DIRETTORE – (alla signorina Andropius) Cerchiamo da questa parte, adesso.

(Escono da sinistra. Gregorio tentenna la testa in atto di compatimento ed esce da destra. Dal fondo entrano Clotilde e l'assistente).

CLOTILDE – (sorridente, felice) Era tanto tempo che non passavo una giornata così simpatica... (Scuote la testa per aggiustare i capelli)... Qui la vita è grigia, monotona... (Fa l'atto di sedersi, ma. l'assistente la trattiene per pulire il legno col fazzoletto)... E poi, mio marito... così noioso, così opprimente... pensi che pretenderebbe di controllare la mia esistenza minuto per minuto, passo per passo, pensiero per pensiero... proprio come se non si fidasse di me!... (Ascolta quello che il giovane le dice sottovoce)... Mi trova deliziosa? Grazie, amico mio... ecco, vede: non c'è pericolo che mio marito mi dica mai cose come queste... per sentirle devo sempre rivolgermi agli altri... (ascolta ancora)... che cosa?... (Sorride) Lei va troppo in fretta, amico mio... (Tende la mano) Ecco, le permetto di baciarmi la mano... perché quella faccia, non le basta?... (Il giovane si alza e le bacia la mano salendo lungo il braccio: Clotilde si ritrae graziosamente, poi si alza anche lei)... Ed ora la condurrò nel luogo più romantico di tutto il giardino: il laghetto dei cigni...

(Escono da destra. Da sinistra entrano il direttore e la signorina Andropius: la donna ha il cappello di traverso, è stanca e depressa).

SIGNORINA ANDROPIUS – (crollando sulla panchina) Niente!... Chissà dove saranno in questo momento.

DIRETTORE – (meccanicamente) Coraggio, signorina.

SIGNORINA ANDROPIUS – Che sciagura per il mio collegio!

DIRETTORE – Finora non si tratta che di una ragazzata senza importanza.

SIGNORINA ANDROPIUS – Ragazzata, lei dice? farsi baciare in pubblico, da un uomo, a sedici anni... quando ci sono delle... (parla di se stessa)... delle giovani donne che non osano pensare a certe cose, neppure nel segreto del loro cuore.

DIRETTORE – (irrequieto) Ed ora, signorina, se permette, io dovrei assentarmi...

SIGNORINA ANDROPIUS – (prendendogli la mano) Ah, non mi lasci sola, direttore, la prego: ho tanto bisogno di sentirla vicino a me.

DIRETTORE – Vedrà che tornando al suo collegio troverà quella ragazza in mezzo alle altre.

SIGNORINA ANDROPIUS – Lei ha un animo generoso e cerca di consolarmi, ma io so che purtroppo il buon nome dell'orfanotrofio è caduto nel fango. Non una sola macchia nei suoi sessant'anni di vita... non tutti sotto la mia direzione, si capisce.

DIRETTORE – Non ne avevo il minimo dubbio, le assicuro. E adesso io dovrei... (Fa per andar via).

SIGNORINA ANDROPIUS – (sempre tenendolo per mano) Perché tanta fretta?... perché così preoccupato?... (il direttore cerca di ricomporsi)... non cerchi di nasconderlo... quando correvamo per il giardino, per esempio, lei era distratto... pensava ad altre cose, ad altre persone...

DIRETTORE – Io cercavo di aiutarla.

SIGNORINA ANDROPIUS –– E il guardiano, poco fa, che cosa intendeva con le sue strane parole?

DIRETTORE – Non so proprio... ma Gregorio è un vecchio così strano...

SIGNORINA ANDROPIUS – Perché, allora, è così nervoso?(Tirandolo per la mano) Venga vicino a me, e si confidi.

DIRETTORE – (siede) Non ho proprio nulla da confidare.

SIGNORINA ANDROPIUS – (all'improvviso) E la sua signora... (il direttore ha un breve scatto)... come sta?

DIRETTORE – Perché, mia moglie...?

(La signorina Andropius incomincia a parlare lentamente, con tono trascurato, poi, a poco a poco, più svelta e sottolineando alcune frasi, mentre il direttore dà segni, ora d'impazienza, ora di protesta, ma sempre incapace di arrestare la loquacità della donna).

SIGNORINA ANDROPIUS – Perché sua moglie?… perché pensavo che fosse lei la causa della sua inquietudine... è uscita, dicevo, e tarda a rientrare... è uscita per delle commissioni, o soltanto a passeggio... magari qui nel giardino... ecco che si spiegherebbe perché, mentre correvamo dietro ai due ragazzi, lei mi sembrava così distratto, come se non cercasse la mia allieva, ma qualcun altro... che sciocco, Gregorio! credeva che lei stesse cercando l'assistente. Un momento: se sua moglie è nel giardino, è logico che lei si preoccupi di sapere dov'è l'assistente... ho visto anch'io, l'altro giorno, quel giovanotto... non che l'abbia osservato a lungo: i miei principi non me lo consentono... una semplice occhiata, niente di più... mi è sembrato uno di quei tipi che le donne farebbero bene ad evitare, specialmente nei viali solitari e suggestivi di un giardino zoologico... ma non è i1 caso di preoccuparsi: anche se quel giovane è qui in giro, non è poi una belva fuggita da una gabbia che si getta sulla prima persona che passa... in questo caso, la preda dovrebbe offrirsi... e non c'è dubbio che la signora Clotilde... già... ma che cosa intendeva dire Gregorio con la faccenda della "compagnia"?... ah, ecco: sua moglie è in compagnia dell'assistente... beh, non è una tragedia... si tratterà di una passeggiata amichevole, innocente... sì, capisco che i giovani d'oggi sono intraprendenti, audaci... almeno per quanto se ne dice... ma lei, naturalmente, è sostenuto da una illimitata fiducia, lei sa bene che sua moglie saprà resistere a ogni attacco, anche ai più pericolosi, condotti con consumata perizia da un professionista dell'avventura... povero signor direttore!

(Il direttore svincola la sua mano da quella della donna e corre verso destra, ma all'improvviso si arresta e torna indietro).

DIRETTORE – (freddo) Grazie per i suoi avvertimenti, signorina, ma quando un uomo ha la fortuna di avere accanto a sé una moglie come Clotilde, può vivere tranquillo senza curarsi dei dongiovanni da strapazzo che girano per il giardino. I miei rispetti. (esce da destra dopo un breve inchino. Le luci si sono un po' attenuate. Da dietro la gabbia di sinistra viene una risata sommessa. La signorina Andropius corre verso quel luogo).

SIGNORINA ANDROPIUS – (con rabbia) Fuori di lì, piccola sporcacciona!

(Viene avanti Clotilde seguita dall'assistente).

CLOTILDE – (tra lo stupore e l'indignazione) Che cosa?!

SIGNORINA ANDROPIUS – (portandosi la mano alla bocca) La signora Clotilde!... la prego di scusarmi... l'avevo scambiata per una mia allieva...

CLOTILDE – E le chiama sempre con nomignoli così graziosi?

SIGNORINA ANDROPIUS – Mi scusi, la prego... si tratta di un errore... (Esce rapidamente dal fondo)

CLOTILDE – (che si muove graziosamente) Ha sentito, amico mio? mi ha scambiato per una sua allieva: una quindicenne o una sedicenne al massimo... e, veramente oggi mi sono comportata come se avessi quell'età... io che sono una donna seria, sposata, onesta... però è bello ogni tanto respirare, respirare un po' d'aria fresca, nuova... grazie, amico mio, per avermi fatto dimenticare per un'intera giornata i miei abituali, noiosissimi impegni... è venuto il momento di dire: "arrivederci"... (Il giovane le parla all'orecchio)... che cosa?!... io venire...? ma come può pensare che dica di sì?... (Altro bisbiglio)... no, non sono offesa... sono sicura che il suo appartamentino da scapolo è molto grazioso... e poi così vicino al giardino... ma non posso accettare... (altro bisbiglio)... come?... c'è anche una pelle di leopardo?... ma è un vero incanto il suo appartamentino... no, non mi dica altro, tanto per me è impossibile venire... ora... mi comprenda, amico mio... una sola occhiata?... un solo minuto?... ma perché tentarmi in questo modo?... e se dovessi accettare, che cosa penserebbe di me?... io sono una donna seria, sposata, onesta... mi assicura che è per un solo minuto?... posso fidarmi?... beh, a queste condizioni, non mi sembra più il caso di rifiutare e... accetto. Andiamo, presto... (Escono dal fondo)

DIRETTORE – (entrando da destra e dirigendosi verso sinistra) Clotilde!... Clo!... Clo!...

(Dal fondo viene un mormorio di voci: è un gruppo di visitatori che stanno compiendo il giro del giardino zoologico. Ora la voce di Alfa, fredda e meccanica come quella di un cicerone, domina le altre. Poco dopo, Alfa appare su un vialetto del fondo: ha un berretto con la visiera e parla ai visitatori che, si intuisce, sono raccolti davanti alle gabbie di destra).

ALFA – ... Dopo aver fatto conoscenza con i rettili ed esserci resi conto degli usi e costumi dei plantigradi, la nostra scorribanda nel regno animale ha termine davanti alle gabbie di questi mammiferi. Leo – leonis, quadrupede carnivoro di indole cosiddetta feroce: alla vostra destra potete ammirare due superbi esemplari di razza somala, a sinistra, invece, un abitante del deserto algerino... l'esploratore Sebastiano Vuldok, con la "v", asserisce che le sue origini sono piuttosto dubbie... origini del leone, si capisce... la stessa incertezza, invece, non potrà sussistere alla nascita della futura prole, in quanto è accertato che i piccoli che devono arrivare non appartengono al compagno della leonessa, ma al suo vicino di gabbia. Il leone somalo, naturalmente, è all'oscuro di tutto e ancora non sappiamo quali saranno le sue reazioni, tuttavia, trattandosi di un'avventura fra mammiferi, la nostra esperienza personale può esserci di aiuto... Vedo, a questo punto, che il vostro interesse per le scienze naturali si fa sempre più vivo... ne approfitterò, allora, per esporvi le mie opinioni... Come i signori possono constatare, ci troviamo di fronte a un triangolo coniugale i cui sviluppi sono incerti, essendo tracciato fra animali dei quali non conosciamo troppo bene le abitudini. Ma un altro triangolo s'è costruito in questo stesso giardino... non fra leoni, questa volta, ma fra uomini... però, la differenza non conta... quello che conta è il teorema che dice:" Due triangoli si dicono simili quando hanno gli angoli ordinatamente eguali e, per conseguenza, i lati proporzionali". Misuriamo l'apertura dei rispettivi angoli: non c'è forse la stessa gabbia nella quale si trovano rinchiusi due esseri differenti? il richiamo esterno, non è forse il medesimo? nessuno può avere dubbi che i lati siano proporzionali: c'è la rispettiva, ottusa cecità, la rispettiva, fragile difesa delle apparenze. Eccola, signori, la soluzione che cercavamo: mettiamo i freni alla nostra fantasia: qualunque possa essere lo sviluppo futuro di uno o dell'altro triangolo, rimarrà sempre fra loro un rapporto di similitudine... (Breve pausa)... Ed ora, signore e signori, debbo ricordarvi che la direzione non permette che siano gettati cibi nelle gabbie... il mio assistente che sta passando in mezzo a voi è appunto incaricato di raccogliere le vostre offerte... Penseremo noi a farle giungere ai destinatari con le normali razioni giornaliere... Le offerte, naturalmente, possono anche essere in denaro: sarà nostra cura tramutarle in cibo...

(Il brusio dei visitatori aumenta, si allontana, si spegne. Appare il 2° vagabondo reggendo con le due mani il berretto nel quale i visitatori hanno gettato le offerte).

ALFA – (frugando nel berretto) Arachidi... semi di zucca... arachidi... ma, dico io, non ci sono soltanto scimmie al giardino zoologico!... semi di zucca... (pesca qualche moneta e la lascia ricadere)... spilorci!... Toh, una palla da tennis! (esamina la palla, poi la getta nel berretto che il 2° vagabondo accosta a una tasca facendo scivolare tutto il contenuto nell'interno di essa).

DIRETTORE – (entrando da sinistra e dirigendosi verso destra) Clotilde!... Clo!... Clo!...

(I due vagabondi lo guardano un po' stupiti, poi Alfa scrolla la testa e viene avanti sbadigliando. Le luci si sono attenuate ancora di più).

ALFA – Mestiere duro... sai che poco fa, quando hai fatto finta di cadere nella vasca dei coccodrilli, ho avuto paura?... Che questa sia l'ultima volta, intesi?... Tanto non ne vale la pena... vedi?... arachidi e semi di zucca... Con un esercizio simile, in un circo, ti guadagneresti la giornata... qui, invece, neanche una gabbia per dormire. A proposito, la leonessa è ancora di là... Vai a vedere se c'è posto per noi... (Il 2° vagabondo si avvicina alla gabbia di sinistra e ritorna otturandosi il naso con le dita)... Zolfo? me l'immaginavo: domani trasferiscono la leonessa e oggi hanno disinfettato la gabbia... (Si avvicina alla panchina)... Dormiremo qui... Del resto, sotto il ponte di Sant'Agata non andava molto meglio... (Alfa si distende sulla panchina e l'altro prende posto sotto di lui). Oh!... Ah... Ah... per Pitagora! (Si rialza)... Questo non è un sedile, ma una superficie poliedrica! (Tocca il legno, quindi si tocca i fianchi)... Strano, sentivo come due punte entrarmi proprio qui... Ma quanti anni ho... Te ne ricordi?... Dunque, vediamo un po'. Quarantacinque quando ho lasciato l'istituto... tre anni al mare sotto una barca capovolta... sarà una debolezza, ma ho sempre desiderato di dormire sotto un tetto... poi la barca ha ripreso il mare... comunque, sulla spiaggia non è mica male, sai?... la rena è soffice e, tolto il primo strato, sotto trovi ancora un po' di calore del sole... Altri due anni qua e là, poi il ponte di Sant'Agata... dovrebbero essere una sessantina... Allora, tutto è chiaro: non si tratta che di vecchiaia, mi ero impaurito... (Si distende di nuovo)... Ah... ah... e pensare che alla mia età, c'è chi va a letto con la borsa dell'acqua bollente... ma io mi accontenterei di molto meno: mi basterebbe un piccolo leone caldo da tenere sui piedi...

(È quasi buio. Da destra entrano la collegiale e lo studente. La ragazza piange).

STUDENTE – Ti stai comportando. come una ragazzina.

COLLEGIALE – Sei stato tu a farmi restare, io volevo tornare con le mie compagne: ma tu volevi pescare la balena.

STUDENTE – Speravo che alla signorina Andropius sbollisse la rabbia.

COLLEGIALE – E invece aumentava sempre di più: girava per il giardino come un’indemoniata.

STUDENTE – Beh, io credo che ora faresti meglio a tornare al collegio.

COLLEGIALE – Non posso tornare a questa ora. Mi domanderanno dove sono stata e io non so cosa rispondere.

STUDENTE – E che cosa risponderai più tardi, o domattina?

COLLEGIALE – Era meglio tornare subito fra le mie compagne... Perché mi hai fatto aspettare finora?

STUDENTE – E chi pensava che facesse notte così presto?... Su, non piangere, cerca di farti venire un po' di coraggio.

COLLEGIALE – Ho paura... ho paura...

STUDENTE – Ma perché, dico, mi sono lasciato abbindolare in questo modo?!

COLLEGIALE – E chi ti avrebbe abbindolato, io?!

STUDENTE – Proprio tu: li conosco bene questi trucchi... eppure ci sono cascato come, un sasso.

COLLEGIALE – (dimenticando tutto il resto) Che cosa vuoi dire?

STUDENTE – Lo so io che cosa voglio dire... e voleva farmi credere che non sapeva dare un bacio!

COLLEGIALE – (offesa) Ah, è questo che pensi? Non voglio più vederti, vai via!

STUDENTE – Grazie del consiglio: l'accetto subito... (Si allontana di qualche passo).

COLLEGIALE – (piangendo) Dove vai?

STUDENTE – Ah, mi chiami, adesso... oca che non sei altro. Vuoi tornare al collegio?

COLLEGIALE – Non posso, te l'ho detto: preferisco morire.

STUDENTE – E che cosa vuoi fare?

COLLEGIALE – Non lo so.

STUDENTE – E poi, è già tardi anche per me. Ti sei dimenticata che io ho una casa?

COLLEGIALE – Non hai detto che sei libero di fare quello che vuoi?

STUDENTE – Beh, libero fino a un certo punto... accidenti! Mi viene in mente che per domani devo tradurre cinquanta versi dell'Eneide… Vedi, bisogna proprio che vada.

COLLEGIALE – Ma sì, vai... vai pure a tradurre: la tua Eneide... io resterò qui sola, come Didone... Siete tutti eguali voi uomini!

ALFA – (che durante il colloquio dei ragazzi s'è levato a sedere sulla panchina) Ecco una risposta azzeccata!

COLLEGIALE – (accostandosi impaurita al suo compagno) Chi è che parla?... Chi c'è là?!

ALFA – Calma, ragazzi... qui c'è un uomo seduto su una panchina... Su, venite avanti.

COLLEGIALE – Lei, allora... ha sentito tutto quello che dicevamo?

ALFA – Naturale. L'aria che ci circonda è un veicolo al suono che si propaga in essa con la velocità di trecentotrentasette metri al secondo.

STUDENTE – Un professore!

ALFA – Non proprio... Studente, eh? (Il ragazzo fa cenno di sì con la testa)... Bene, bene, bene... Sai enunciarmi il teorema di Pitagora?

STUDENTE – Il quadrato costruito sull’ipotenusa...

ALFA – Bravo, basta così... (Alla ragazza, paterno)... Che cosa racconteremo, adesso, alla signorina Andropius? (La ragazza china la testa senza rispondere. Alfa, allo studente)... E la formula dell'acido solforico?

STUDENTE – La formula dell'acido solforico... La formula dell'acido solforico...

ALFA – Siamo deboli in chimica, eh? (Alla ragazza) Conosci qualche scusa per la generalessa?

COLLEGIALE – (sorpresa) Come fa a sapere che chiamiamo così la signorina Andropius?

ALFA – E occorre forse saperlo? Ma basta guardarla, per Pitagora!

STUDENTE – Il quadrato. costruito sull’ipotenusa...

ALFA – Sì, sì, ho capito che lo sai... (Alla ragazza)... Mah, qualcosa troveremo, stai tranquilla... (Di nuovo allo studente)... E, allora, quest'Eneide, andiamo a tradurla sì o no?

STUDENTE – (felice di potersi cavare d'impaccio) Certo... ma... (indicando la ragazza).

ALFA – Vai pure, ci penso io.

STUDENTE – Infatti... credo anch'io che sia meglio così... arrivederci... (Lancia in aria i libri trattenendoli per la cinghia e scappa di corsa verso il fondo).

COLLEGIALE – (guardandolo andar via) Vile!

ALFA – E perché? Ha una casa e una piccola tranquillità di scapaccioni amorevoli e di marmellata di more. Perché dovrebbe desiderare di rinunciarvi? Non vile: pigro, piuttosto... All'orfanotrofio, invece, è diverso, lo so... A due a due, avanti le più piccine, in fondo le più grandi... Come un lungo serpente che si snoda per i viali del giardino... (Con dolcezza)... Vi tira spesso le trecce la generalessa?

COLLEGIALE – Quasi ogni giorno.

ALFA – Anche senza motivo, vero?

COLLEGIALE – Anche senza motivo. La odiamo tutte al collegio.

ALFA – E per vendicarvi, le schizzate i vestiti con l'inchiostro, e appena potete, correte qui a fumare sigarette... di camomilla.

COLLEGIALE – (meravigliata) Chi le ha detto queste cose?

ALFA – Dove c'è una signorina Andropius accadono sempre queste cose. Non vuoi venire a sedere?

COLLEGIALE – Grazie... (fa per sedersi).

ALFA – (indica il vagabondo sdraiato sotto la panchina) Attenta...

COLLEGIALE –– Chi c'è là sotto?

ALFA – Niente paura: è un amico.

COLLEGIALE – E che cosa fa?

ALFA – Dorme. Lo hanno scacciato da una gabbia perché non è capace di bere col naso come gli elefanti o di cercarsi le pulci come le scimmie, però, in compenso, sa fare i salti mortali e ogni sera fa finta di cadere nella vasca dei coccodrilli.

(Si ode l'urlo di un animale).

COLLEGIALE – Che cos'è?

ALFA – È uno sciacallo. E’ la prima volta che vieni qui a quest'ora vero?

COLLEGIALE – A quest'ora non mi sono mai trovata fuori dal collegio.

ALFA – Già... la passeggiata dalle tre alle cinque. Osserva bene, allora: è un'occasione che non tornerà tanto presto. Quella massa scura là in fondo, la vedi? Ti sembrano alberi?

COLLEGIALE – Oh, no... è una catena di montagne altissime e ripide.

ALFA – (con calore) Bene!... E laggiù, dopo quel prato?

COLLEGIALE – Quale prato? Io non vedo che mare.

ALFA – (con entusiasmo) Perfetto! (Allunga la mano e scuote il 2° vagabondo sotto la panchina; con gioia)... Hai sentito, amico?... C'è il mare davanti a noi... Proprio come ho sempre sognato anch'io... Ma tu dicevi che ero matto, che sognavo ad occhi aperti... Grazie, piccola, per avermi dato ragione... Mi dispiace davvero che tu debba ritornare al collegio.

COLLEGIALE – (calma) Io non ritornerò al collegio.

ALFA – Naturale che non ci tornerai. Per quanti sforzi possano fare per costringerci in un luogo, noi ci troviamo sempre dove ci piace stare. Quello sciacallo che urla, credi che sia qui? Nemmeno per sogno: è a casa sua, migliaia di chilometri distante. Se fosse qui lo saprebbe bene che urlare non serve a nulla e che domani, come al solito, arriverà il suo pezzo di carne.

COLLEGIALE – Non voglio più vedere il collegio.

ALFA – Certo, piccola: quelle sono montagne e là c'è il mare. Che cosa non può mai diventare un vecchio e triste edificio, un corridoio semibuio, una vasta camerata con i letti allineati...

COLLEGIALE – La signorina Andropius non potrà più farmi paura.

ALFA – E come potrebbe... Finché esisterà un pezzo di muro sul quale disegnare la sua caricatura.

COLLEGIALE – (piangendo) Lei non mi comprende! Io ho detto che non voglio tornare all'orfanotrofio.

ALFA – (dopo una pausa, dolcemente) Perché queste lacrime? Credi che non sappia capire quando piangi, anche se hai gli occhi asciutti? E se anche ridi e piangi di dentro, credi che non lo sappia capire?

COLLEGIALE – Mi scusi... è stato più forte di me.

ALFA – Hai sciupato tutto. Ora dobbiamo incominciare a chiamare le cose con il loro nome sbagliato: una panchina, una gabbia, un giardino zoologico... (La ragazza nasconde il viso nelle mani e piange)... Su, piccola, non è poi una tragedia... Anche albero e prato sono nomi che suonano bene... Che fai, piangi, ancora?... La generalessa ti ha tirato i capelli e tu vuoi darle questa soddisfazione? Non ricordi più il patto con le tue compagne? Mordersi le labbra a sangue, conficcarsi le unghie nella carne e stringere i denti per non farsi prendere dalla voglia di piangere... Andiamo, bambina, non puoi smettere? (Scuotendo il compagno sotto la panchina)... Ehi, tu, vieni fuori... Dobbiamo fare qualcosa... (Il 2° vagabondo, seduto per terra, guarda la ragazza, quindi cava di tasca qualcosa che porge ad Alfa)... Ecco, un pettine: te lo regala il mio amico... E’ tuo, prendi... (La ragazza prende il pettine, ma continua a piangere)... Hai mai sentito parlare di giacche incantate che hanno le tasche gonfie di ogni meraviglia? Il mio amico ne ha una: tu esprimi un desiderio, lui mette una mano in tasca e tira fuori quello che hai chiesto... Non ci credi? Vuoi fare una prova?... (La ragazza ha smesso di piangere)... Dì quello che ti piacerebbe in questo momento... Che cos'è?... Un coniglio?... Una noce di cocco?... Una palla da tennis?!... (Il vagabondo estrae immediatamente la palla. La ragazza ride)... Hai visto? Non fai in tempo a desiderare qualcosa che già ce l'hai davanti. Adesso faremo un pranzetto: penserà lui a tutto, vedrai... Noi ordiniamo, lui infila una mano in tasca e... oplà!... Dunque, che cosa vuoi mangiare? Risotto con funghi? Caviale? Pollo allo spiedo?... (al compagno che aspetta con la mano in tasca)... Sì, lo so che tu, come al solito, aspetti queste ordinazioni... Ma questa volta voglio chiedere qualcosa a cui non pensi, qualcosa di più complicato, di più strano... (di scatto)... Arachidi e semi di zucca! (Il 2° vagabondo porge rapidamente una manciata di semi e di noccioline. La ragazza ride gaia)... Veramente diabolico! Non si può lottare con lui: è troppo forte. (tutti e tre incominciano a mangiare) Ah, finalmente! Quanto tempo era che non mangiavo di questa roba... (Alla ragazza)... Prendine pure a volontà, tanto, hai visto com'è facile.

COLLEGIALE – Grazie.

ALFA – Allora è proprio deciso... resterai con noi?

COLLEGIALE – Sì, ho deciso.

ALFA – Benissimo. Di notte potrai girare per il giardino, oppure venire qui a dormire, ma di giorno dovrai nasconderti... Sai, di qui passano molte persone che, vedendoti, non capirebbero nulla: ti prenderebbero per una ragazza fuggita dal collegio.

COLLEGIALE – Lo so.

ALFA – Ma c'è l'isolotto in mezzo al laghetto... È facile arrivarci, sai: l'acqua è bassa e basta levarsi le scarpe... poi è completamente circondato dai salici e là in mezzo non ti vedrà nessuno... Io e il mio amico verremo a portarti da mangiare... Ma non ti annoierai a rimanere laggiù tutto il giorno?

COLLEGIALE – Non mi annoierò.

ALFA – Non ne avrai il tempo, del resto: dovrai ammirare i cigni, ascoltare le foglie, osservare le formiche... Ci sarà pure una finestra nella tua aula a scuola... hai visto quante cose importanti accadono in quel piccolo rettangolo di luce, durante le ore delle lezioni? Pensa ora a questo rettangolo che s'è aperto intorno a te, all'infinito... Oh, tu non sai ancora quale vita meravigliosa sta per incominciare per te!

COLLEGIALE – Lo so, invece, e sono felice.

ALFA – Oh, fortunata regina di un'isola tutta verde... di una flotta di candidi cigni... di uno splendido palazzo dall'architettura di tronchi e di rami... (indica la panchina, poi il cielo)... di un suntuoso letto con un baldacchino celeste! (Prende posto per terra, accanto al 2° vagabondo)... Sdraiati pure: io mi metto qua sotto.

COLLEGIALE – Ma lei dormirà per terra... avrà freddo.

ALFA – No, piccola, non per terra... là c'è il mare, e qui c'è la spiaggia... La rena è ancora calda, sai... Basta togliere il primo strato... così... (Passa con il braccio per terra).

VOCE DEL DIRETTORE – C1o!... C1o!… Clo!...

COLLEGIALE – (levandosi a sedere sulla panchina) E questo che animale è?

ALFA – Quello?... Non ci badare, piccola: è un semplice, comune esemplare dell'animale uomo... Buona notte.

 

 

FINE DEL PRIMO TEMPO

 

 

 

 

 

SECONDO TEMPO

 

 

II QUADRO

 

Il mattino dopo. I due vagabondi sono seduti sulla panchina. Alfa starnuta ripetutamente, si soffia il naso, tenta di girare il busto indolenzito. Il 2° vagabondo si gratta le ascelle.

ALFA – Sei ben sicuro che un ippopotamo stanotte non sia venuto a sedersi sopra di me?... Strano... (Toccandosi la spina dorsale)... Ho un certo dolore alla bisettrice... (Un ruggito dalla gabbia di sinistra)... Sentila: è sveglia anche lei... è soddisfatta la signora, ora che ha una gabbia tutta per sé!... (Uno starnuto; si alza)... Non possiamo accettare questa situazione: dobbiamo riavere la nostra gabbia... (Passeggia e risponde alle domande che l'altro non si sogna neppure di rivolgergli)... Come fare?... Basta un solo straccio di idea... Veleno?... e perché no?... Una soluzione semplice, rapida, definitiva... E se poi arriva il professore a guarirla?... Non ci sarebbe da meravigliarsi: un medico può anche guarire... E poi, Gregorio, come se la caverebbe se gli altri si accorgessero che la leonessa è stata avvelenata? Sì, hai ragione: insieme con la leonessa potremmo pensare anche al direttore e a quel tal Vuldok, con una... piccola dose… e, magari, anche al professore, per stare tranquilli... Gregorio non avrebbe grattacapi... Già, ma la faccenda diventerebbe troppo complicata... e poi, francamente, avrei un po' di rimorso a trattare in quel modo... quella povera bestia... (Da destra entra Gregorio spingendo la sua carretta) Buon giorno, Gregorio.

GREGORIO – (di cattivo umore) Giorno...

ALFA – Qualcosa che non va, vecchio mio?

(Gregorio emette un brontolio e fa un gesto come per dire che niente va come dovrebbe, intanto solleva il coperchio della carretta, prende la forca e infilza un pezzo di carne).

GREGORIO – Avevano già incominciato ieri sera: "Gregorio devi dirmi dov'è... devi dirmi se l'hai vista..." "Io faccio il guardiano, signor direttore, non il poliziotto..." e poi: "Gregorio io la devo trovare... devi aiutarmi a cercarla..." "Ma perché, dico io, vi rivolgete a me? Qui al giardino c'è un ufficio per gli oggetti smarriti..."

ALFA – Per Pitagora! Hai avuto un bel fegato a rispondere così al direttore.

GREGORIO – Non al direttore: alla direttrice dell'orfanotrofio... (Si avvicina con la forca a una delle gabbie di destra e getta la carne attraverso lo sportello alto).

ALFA – La signorina Andropius?...

GREGORIO – (ritorna con la forca vuota) Sì, perché era venuta anche lei, e io, al momento, pensavo che avesse perduto un oggetto... Invece, sembra che si tratti di una ragazza del collegio... (Infilza un altro pezzo di carne)... Tre volte sono stato svegliato stanotte...

ALFA – La signorina Andropius?

GREGORIO – No, il direttore... Ma, insomma, dico io, quando uno ha lavorato tutto il giorno, il suo riposo dovrebbe esserselo guadagnato, no?... "Gregorio non mi abbandonare... Gregorio non mi abbandonare..." e io, allora: "Volete sapere che cosa ne penso? ha fatto bene ad andarsene, perché io con la vostra faccia davanti tutto il giorno, non avrei resistito neppure un'ora".

ALFA – (indeciso)... al direttore...?

GREGORIO – No, alla signorina Andropius... (Alfa schiocca le dita per il disappunto di non averci azzeccato)... Per farla breve, stamani era appena spuntata l'alba che sento bussare ai vetri della mia finestra per la quarta volta... "e allora, Gregorio, l'hai vista?..." Non sono stato più capace di trattenermi: "Io non ho visto nulla" ho gridato "però, se volete trovarla, andatela a cercare nel letto dell'assistente!" Ho sentito un urlo: sono uscito e ho trovato la signorina Andropius svenuta.

(Gregorio scompare con la forca dietro l'altra gabbia di destra. Alfa chiama con un gesto il 2° vagabondo).

ALFA – (allegro) Hai già capito il nostro, piano, vero? (Come se l'altro avesse risposto) Bene, bravo: ne ero sicuro. Per mandar via la leonessa dalla gabbia, dobbiamo renderla irrequieta: tutti penseranno che dipenda dalla solitudine e la rimetteranno con il marito apparente o con quello effettivo... perché mi guardi in quel modo? non hai ancora capito come possiamo mettere la leonessa in agitazione?... ma lasciandola digiuna, per Pitagora! Non il più piccolo pezzo di carne deve arrivare sotto le sue zanne, intesi?... sei formidabile, amico mio: un vero fenomeno! al lavoro, adesso. (Gregorio ritorna con la forca vuota e spinge il carretto all'altezza della gabbia di sinistra, quindi infilza un pezzo di carne, mette la forca sulla spalla e si avvia verso la gabbia. Alfa è al suo fianco).

ALFA – Mi rincresce, vecchio mio, per tutte queste seccature che ti sono cadute addosso...

(Il 2° vagabondo, alle spalle di Gregorio, sfila la carne dalla forca. Il guardiano ha avvertito un certo movimento e si volta a guardare il 2° vagabondo, ma questo ha già lanciato il pezzo di carne ad Alfa. Gregorio si volta verso Alfa che, alle sue spalle, ha già rilanciato la carne all'amico. Il 2° vagabondo nasconde la carne sotto la maglia).

ALFA – ... e poi, quando uno non riposa, l'indomani si alza con la testa pesante... ha le idee confuse... si accorge di compiere un sacco di stranezze...

(Gregorio è giunto alla gabbia ed ha aperto lo sportello in alto, toglie la forca dalle spalle e fa l'atto di gettare la carne, ma questa non c'è. Gregorio cerca per terra, segue con lo sguardo il cammino percorso, fissa stupito i due vagabondi).

ALFA – Quand'ero bidello all'istituto, ricordo che, come al solito, stavo preparando il caffè per il preside, quando un professore mi mandò una bottiglietta da riempire con tintura di iodio... quella notte avevo dormito poco e facevo fatica a tenere gli occhi aperti... comunque, feci il caffè, riempii la boccetta, e consegnai le due cose. Dopo poco venne il professore a domandarmi perché, invece di disinfettarsi una mano, se l'era scottata. Io capii di aver fatto una certa confusione, e aspettavo che il preside venisse a chiedermi che cosa avevo messo nella tazza del caffè... e invece il preside non venne... arrivarono due infermieri con un'autoambulanza... fu così che finì la mia carriera scolastica...

(Gregorio ritorna alla carretta e conta i pezzi di carne rimasti, dà ancora un'occhiata in giro, poi scrolla le spalle e infilza un altro pezzo. Si avvia verso la gabbia con la forca in spalla. Il 2° vagabondo cava di tasca una lenza da pescatori e infila l'amo nella carne, lasciando scorrere il filo. Gregorio getta la carne nella gabbia e dà un respiro di soddisfazione, ma appena s'è allontanato, il 2° vagabondo tira il filo, ricupera la carne, la nasconde sotto la maglia e si allontana. La leonessa, accorgendosi che il suo pasto è sparito, incomincia a ruggire. Gregorio corre alla gabbia, cerca con gli occhi il pezzo di carne, guarda Alfa con aria sbalordita, quindi si passa le mani sul viso e barcolla. Il 2° vagabondo, rimette i due pezzi di carne nella carretta)

ALFA – Su, vecchio mio... che cosa succede?... si vede subito che stamani non sei in forma... alla tua età, certi strapazzi non bisogna farli... (lo accompagna al carretto)... ma per fortuna ci sono qua io a darti una mano... (Spinge il carretto ed esce a sinistra con Gregorio e con il 2° vagabondo).

(Dal fondo viene avanti il direttore: è visibilmente depresso. Da destra entra in fretta la signorina Andropius. Il direttore, appena la vede, fa un rapido dietro front).

SIGNORINA ANDROPIUS – Non scappi, direttore: è proprio lei che sto cercando.

DIRETTORE – (tornando indietro di malavoglia) Credo di non poterle essere utile, signorina: la sua allieva è irreperibile.

SIGNORINA ANDROPIUS – Non è di... quella sciagurata che volevo parlare: ora che le ragioni del suo atto sono ben chiare, qualunque responsabilità scivola dalle mie spalle, e l'istituto che dirigo esce da questa prova conservando lo stesso candore di prima.

DIRETTORE – Meglio così: le faccio le mie congratulazioni. (Fa per andarsene).

SIGNORINA ANDROPIUS – (ironica) Io, nei suoi panni, non mi rallegrerei tanto, direttore.

DIRETTORE – Non comprendo a che cosa voglia alludere.

SIGNORINA ANDROPIUS – L'orfanotrofio non è responsabile, ma queste responsabilità esistono... e proprio a carico di certe persone.

DIRETTORE – Mi scusi, signorina, ma continuo a non capire.

SIGNORINA ANDROPIUS – L'aiuterò io, direttore. La mia ex allieva non si è comportata in pubblico in modo scandaloso e nemmeno è fuggita dal collegio per scarsa vigilanza o insufficiente educazione ricevuta, ma a causa dei cattivi esempi che le sono stati messi di fronte in un luogo che dovrebbe offrire le più ampie garanzie per la conservazione della moralità pubblica.

DIRETTORE – (dopo un attimo di pausa) Ebbene?

SIGNORINA ANDROPIUS – Non ha ancora afferrato?

DIRETTORE – Non ancora.

SIGNORINA ANDROPIUS – Non ha ancora capito che io sto parlando del giardino zoologico?

DIRETTORE – Del giardino?... oh bella!... e perché?

SIGNORINA ANDROPIUS – (vivacemente) Ma come?! qui stanno accadendo cose che la decenza mi vieta di nominare, e lei mi domanda il perché?! credeva che io ne fossi all'oscuro, che non indagassi sulle cause che hanno portato quella piccola sciagurata alla fuga? eh, no, signor direttore: io so tutto! e, del resto, non c'era da aspettarsi di meglio da una giovane che ha avuto davanti agli occhi un esempio così edificante.

DIRETTORE – (che finalmente ha capito; bruscamente) E allora, le dirò, che quella giovane non avrebbe dovuto mettere il naso in faccende che non le appartenevano, e che neppure lei, signorina Andropius, dovrebbe occuparsi di cose che non la riguardano.

SIGNORINA ANDROPIUS – (aumentando di tono) Non mi riguardano? e invece riguardano me e tutti gli abitanti di questa città, dai quali, lei, signor direttore, riceve il suo stipendio, e che hanno il diritto di pretendere che in questo luogo siano rispettati i principi morali.

DIRETTORE – (con collera) Il fatto che io riceva uno stipendio dal municipio, non dà diritto a nessuno di indagare nelle mie faccende private!

SIGNORINA ANDROPIUS – (pronta) Pubbliche, Signor direttore!... tanto è vero che se ne occupa già la stampa cittadina.

DIRETTORE – (impaurito) La stampa cittadina... si sta occupando...?... e chi ha informato la stampa?

SIGNORINA ANDROPIUS – (tranquilla) Io, signor direttore.

DIRETTORE – (al limite della sopportazione) Come ha osato... lei... come si è permessa!?

SIGNORINA ANDROPIUS – Dovevo pur dare spiegazioni sulla fuga della mia allieva. Del resto, il segreto non sarebbe stato mantenuto a lungo: in giro non si parla che di questo… (Il direttore, accasciato, si porta le mani alla testa)... ma come avrebbe potuto tenerlo nascosto? (Il Direttore, a capo chino, respira profondamente e allarga le braccia)... che cosa doveva pensare la gente, sapendo che il marito è inadatto alla riproduzione?

DIRETTORE – (solleva piano piano la testa, con un filo di voce) Ah... ma... ma lei... intendeva parlare... (la voce gli manca; barcolla).

SIGNORINA ANDROPIUS – (accorrendo) Che succede? si sente male?... (L'accompagna alla panchina)... sta meglio, adesso?... (Il direttore fa cenno di sì)... mi ha fatto paura... (Si alza)... dov'è... dov'è quella lurida bestia?

DIRETTORE – (con la mano sul cuore e respirando affannosamente) L'abbiamo... l'abbiamo trasferita... stamani... nell'altra gabbia.

(La signorina Andropius si avvicina alla gabbia di sinistra: la leonessa ruggisce e la donna fa un brusco balzo indietro).

SIGNORINA ANDROPIUS – Disgustosa!... (Ritorna alla panchina)... e adesso, caro direttore, lei mi dirà perché si è così spaventato.

DIRETTORE – (ritrovando una certa disinvoltura) Io?... ma io non ho niente da dire.

SIGNORINA ANDROPIUS – (insinuante) No, no: lei ha molte cose da dire... altrimenti non si sarebbe acceso in quel modo.

DIRETTORE – Si tratta di un... equivoco...

SIGNORINA ANDROPIUS – Già... un equivoco... e che cosa aveva capito?

DIRETTORE – Quando ho sentito parlare della stampa, mi sono un po' riscaldato... la pubblicità su certe cose non piace a nessuno.

SIGNORINA ANDROPIUS – La pubblicità... su quali cose?

DIRETTORE – Sulla… storia della leonessa...

SIGNORINA ANDROPIUS – Certo... una storia poco simpatica... ma lei aveva parlato di faccende private... le sarà sfuggito nella foga del discorso... magari, pensando per un momento che il giardino sia di sua proprietà... eh, come la capisco... anche a me, a volte, parlando, vien fatto di dire "il mio collegio", proprio come se l'orfanotrofio fosse veramente mio... eh, sì: faccende private sembrano, ed è naturale spaventarsi all'idea di veder scritte sui giornali certe questioni... la stampa che pubblica notizie della nostra famiglia... che mette il naso in quello che fanno i figli... (calcando la voce)... le mogli... (si accorge del lieve scatto del direttore)... oh, io non volevo alludere... benché, adesso che ricordo, Gregorio mi ha gridato una cosa assai strana, quando stamani sono andata a svegliarlo... a svegliarlo, beninteso, solo bussando alla sua finestra... ma Gregorio è un vecchio così bislacco e stava sognando certamente... probabilmente... perché se, invece... sfortunatamente... (prendendogli la mano)... povero signor direttore!

DIRETTORE – (si alza di scatto e ritira la mano; bruscamente) Mi dica lei, signorina, piuttosto, in che modo i miei leoni avrebbero offeso la moralità pubblica e turbato l'innocenza della sua allieva?

SIGNORINA ANDROPIUS – Ma via, direttore, proprio lei mi fa questa domanda? (Ha calcato sul "proprio").

DIRETTORE – Perché "proprio io"?

SIGNORINA ANDROPIUS – Ma sì, lei che è sposato e che dovrebbe condannare l'adulterio con forza maggiore degli altri.

DIRETTORE – (con collera) Macché adulterio d'Egitto! gli animali vivono allo stato di natura e per i loro accoppiamenti...

SIGNORINA ANDROPIUS – (scandalizzata) Basta così, la prego: non dimentichi che sta parlando a una signorina.

DIRETTORE – Mi dica dove sta l'offesa alla morale pubblica?

SIGNORINA ANDROPIUS – È presto detto. Ogni giorno vengono qui le mie allieve... delle bambine, lei sa bene: vedono la leonessa in quello stato... conoscono le condizioni del suo compagno di gabbia... e le bambine sono curiose, vogliono sapere...

DIRETTORE – Se le sue allieve si meravigliano dello stato della leonessa, essendo al corrente delle condizioni del suo compagno di gabbia, significa che non sono poi tanto bambine, ma che hanno nozioni precise in materia di procreazione.

SIGNORINA ANDROPIUS – Vorrebbe insinuare che io insegno alle mie allieve come avviene la procreazione?... (Ha uno scrupolo)... materia, del resto, che mi vanto di non conoscere bene neppure io... sono i bisbigli, le mezze parole raccattate qua e là, attraverso cui anche delle bambine possono formarsi una cultura.

DIRETTORE – Bisbigli e mezze parole che lei contribuisce a diffondere con le sue dichiarazioni alla stampa. (Le volta le spalle irritato).

SIGNORINA ANDROPIUS – (gli va vicino, carezzevole) Ma perché è così suscettibile?... non sarà per quello che ho detto.

DIRETTORE – Non posso sopportare che un banale incidente venga trasformato in uno scandalo.

SIGNORINA ANDROPIUS – Lei non mi dice tutta la verità: c'è qualche altro motivo in fondo alla sua agitazione. Anche ieri sera era nervoso, come adesso... e, scommetto, che non ha preso nulla per calmarsi: è andato a dormire così come si trovava... e, magari, non ha neanche dormito... non cerchi di negare: glielo leggo in faccia. Deve prendere subito una tazza di camomilla... andrò da sua moglie a fargliela preparare... (Fa l'atto di avviarsi).

DIRETTORE – Ma no... mia moglie... non c'è...

SIGNORINA ANDROPIUS – È già uscita?

DIRETTORE – Sì... cioè... è partita... ieri sera...

SIGNORINA ANDROPIUS – Ah!... e resterà assente per molto tempo?

DIRETTORE – Mah... non credo... non so...

SIGNORINA ANDROPIUS – Non sa quando tornerà sua moglie?

DIRETTORE – Sì... cioè... spero che torni presto... oggi, magari... o più tardi.. si tratta di una... parente che sta male...

SIGNORINA ANDROPIUS – E sua moglie è andata ad assisterla?

DIRETTORE – Già.

SIGNORINA ANDROPIUS – Allora, la camomilla andrò a preparargliela io. (Si avvia verso il fondo).

DIRETTORE – (seguendola) Non si disturbi, la prego: non ce n'è bisogno.

SIGNORINA ANDROPIUS – (camminando) E, invece, una tazza di camomilla la rimetterà a posto.

DIRETTORE – Ma io non voglio prenderla.

SIGNORINA ANDROPIUS – Lei la prenderà.

DIRETTORE – No.

SIGNORINA ANDROPIUS – Sì.

(Scompaiono dal fondo. Da destra ritornano Alfa e Gregorio con la carretta).

GREGORIO – Insomma, io non ho ancora capito come mai mi avanza un pezzo di carne, quando prima me ne mancava uno.

ALFA – Eh, vecchio mio, non riuscirai mai a capirlo finché ti ostinerai a non accettare gli insegnamenti della scienza. Come puoi capire il fulmine se non accetti l'elettricità?

GREGORIO – Io avevo due pezzi di carne nella carretta e mi restavano tre gabbie da servire. Eppure, non soltanto sono riuscito a gettare un pezzo di carne in ogni gabbia, ma qui dentro ce n'è rimasto ancora uno.

ALFA – Due più due fa quattro, vecchio mio, non lo dimenticare.

GREGORIO – Ma due pezzi di carne meno tre pezzi, non fanno un pezzo di carne.

ALFA – Due più due fa quattro e due per due fa quattro... tre più tre fa sei, ma tre per tre fa nove... come te lo spieghi, Gregorio?

GREGORIO – (impacciato) Ma... io...

ALFA – ... e uno più uno fa due, ma uno per uno fa uno.. com'è possibile?

GREGORIO – E come spieghi tu il fatto dei pezzi di carne?

ALFA – Andiamo, Gregorio, ma è un problemino da prima elementare.

GREGORIO – Ebbene, io non ci riesco lo stesso.

ALFA – Vieni qui, vecchio mio, ti darò una mano. Dunque, quanti pezzi avevi nella carretta?

GREGORIO – Due... e li ho contati proprio qui.

ALFA – E quante gabbie dovevi ancora servire?

GREGORIO – Tre.

ALFA – Allora: tre più due fa cinque...

GREGORIO – Ma perché sommi le gabbie con i pezzi di carne?

ALFA – I numeri sono segni che rappresentano una quantità, non una qualità... io dico "due", e dietro il due possono esserci elefanti o formiche, fazzoletti da naso o sistemi solari... è "due" e basta. Dunque: due più tre fa cinque. Tieni a mente questo numero, intesi?

GREGORIO – Intesi.

ALFA – Che cosa fai tu, allora? Ti avvicini alla prima gabbia e getti un pezzo di carne... i pezzi rimangono uno e le gabbie due... uno più due, tre... poi vai alla seconda gabbia e ripeti l'operazione: i pezzi rimangono zero e le gabbie una... uno più tre di prima fa quattro... qual’ è il numero che ti ho detto di tenere a mente?

GREGORIO – Cinque.

ALFA – Cinque meno quattro, uno... (Indica la carretta).

GREGORIO – (pensieroso) Già... forse... (Spinge la carretta verso sinistra facendo calcoli mentali)... Ma com'è possibile che ora avanzi un pezzo, se prima ne mancava uno?!

ALFA – Perché la verità, nella matematica, non è quello che sembra, ma quello che risulta.

GREGORIO – Ma è appunto questo risultato che non capisco, questo pezzo di carne che non so da dove è piovuto!

(Gregorio solleva le braccia in segno di scoraggiamento. Escono tutti e due da sinistra. Dal fondo entrano il direttore e l'investigatore).

DIRETTORE – Il titolare della sua agenzia mi ha parlato molto bene di lei, mi ha detto che lei è un investigatore solerte, perspicace, riservato.

INVESTIGATORE – Io cerco solo di fare del mio meglio per portare a termine i casi che mi vengono affidati.

DIRETTORE – Il mio caso non presenta difficoltà, tuttavia io esigo che sia trattato con la massima accuratezza e la più assoluta discrezione.

INVESTIGATORE – La sua scelta non poteva cadere meglio. Il nostro motto è: "Con la forza della mente, al servizio del cliente – Segretezza e discrezione – sono senza discussione".

DIRETTORE – Molto bene. Dunque, esattamente ventiquattr’ore fa, mia moglie è scomparsa in questo luogo.

INVESTIGATORE – (si guarda intorno annusando rumorosamente) Zolfo?

DIRETTORE – Sì.

INVESTIGATORE – Una sorgente naturale?

DIRETTORE – No, l'adoperiamo per disinfettare le gabbie.

INVESTIGATORE – (ascoltando) Però, nei pressi, c'è dell'acqua corrente?

DIRETTORE – (indicando) C'è una fontana là dietro.

INVESTIGATORE – (sorridendo) Lo immaginavo... (Continuando a guardarsi in giro)... Continui pure, direttore.

DIRETTORE – Mi trovavo qui insieme con il guardiano del giardino, il professore di veterinaria, il suo assistente e mia moglie...

INVESTIGATORE – Vuole indicarmi, per favore, il punto preciso in cui lei si trovava ventiquattr’ore fa?

DIRETTORE – Ecco, proprio qui.

INVESTIGATORE – Qual è l'orientamento in questa posizione?

DIRETTORE – (sorpreso) Che cosa?

INVESTIGATORE – Voglio dire: da che parte sorge il sole.

DIRETTORE – Di là, mi pare... sì, dietro quegli alberi.

INVESTIGATORE – (indicando la panchina) Sua moglie, allora, si trovava certamente da questa parte.

DIRETTORE – (meravigliato) Proprio lì... ma come ha fatto a indovinarlo?

INVESTIGATORE – (sorridendo) Lei, probabilmente, non conosce il trattato del Barret dal titolo: "Zolfo e fenomeni medianici".

DIRETTORE – No, non lo conosco.

INVESTIGATORE – Quindi, se io le dicessi che ci troviamo in un campo di fluido, lei non capirebbe nulla?

DIRETTORE – Infatti, non...

INVESTIGATORE – Anche Ignazio Banderos non aveva mai sentito parlare di campi di fluido, né di spiritismo.

DIRETTORE – E chi è Ignazio Banderos?

INVESTIGATORE – Chi era, poiché la sua morte risale al 1910... era un pastore spagnolo di sedici anni... un giorno si fabbricò uno zufolo con un pezzo di canna e quando, stanco di suonare, se lo mise in tasca, si accorse che questo continuava a suonare da solo... (Il direttore fa un gesto di incredulità)... Me lo immaginavo... Eccolo là il sorrisetto incredulo sulle labbra... Tutti eguali...

DIRETTORE – Scusi, sa, ma cosa c'entra questo con...

INVESTIGATORE – Ignazio Banderos si trovava, senza saperlo, in un campo di fluido. Infatti, bastava che si allontanasse di qualche passo per far cessare il suono. Ma vedo che lei è impaziente di raccontarmi il suo caso... e anch'io, del resto, lo sono... (Intanto continua a guardarsi intorno).

DIRETTORE – Allora... io stavo parlando con il professore e con il guardiano...

INVESTIGATORE – ... E sua moglie, naturalmente, non prendeva parte alla discussione...

DIRETTORE – Proprio così.

INVESTIGATORE – ... Ma lei sentiva la sua presenza lo stesso.

DIRETTORE – Esatto. Ma come può sapere queste cose?

INVESTIGATORE – Sorrida pure come faceva prima... Ad un tratto lei si è voltato e non ha visto più sua moglie...

DIRETTORE – Presso a poco: mi sono allontanato col professore, credendo che ella ci avesse seguito, invece era scomparsa, e con lei l'assistente...

INVESTIGATORE – Segni particolari?

DIRETTORE – Di mia moglie?

INVESTIGATORE – No, dell'assistente.

DIRETTORE – Giovane, alto, magro... vestiva un camice bianco...

INVESTIGATORE – E me lo dice per ultimo? Ma è fondamentale! Lei, probabilmente, non sa, rendersi conto perché sua moglie sia scomparsa con l'assistente e non, magari, col guardiano?

DIRETTORE – Me ne rendo conto benissimo, invece.

INVESTIGATORE – La spiegazione è tutta lì, in quel camice. Se, invece dell'assistente, questo l'avesse indossato il guardiano, allora...

DIRETTORE – Lo escludo nel modo più deciso. Con il camice o senza, mia moglie non sarebbe scomparsa con Gregorio.

INVESTIGATORE – (con un sorriso di superiorità) Si capisce subito che lei è un profano in materia, altrimenti sarebbe più cauto nelle sue affermazioni: saprebbe bene che, di fronte a certi fenomeni, esiste solo il poco probabile, mai 1'impossibile. Da quel momento lei non ha più rivisto sua moglie?

DIRETTORE – No... cioè, mi sembra di averla intravista alcune ore dopo, fra gli alberi di un viale...

INVESTIGATORE – Non è esatto: lei ha visto qualcosa di bianco che poteva assomigliare a un camice...

DIRETTORE – (suggestionato) Sì, proprio così...

INVESTIGATORE Allora ha pensato che sua moglie poteva essere ancora con l'assistente...

DIRETTORE – Sì, sì...

INVESTIGATORE – E’ corso in quel viale, ma non ha trovato nessuno.

DIRETTORE – (desolato) Nessuno... ma lei... lei, come fa?...

INVESTIGATORE – (modesto) Via, direttore... Un caso così facile: è roba da principianti.

DIRETTORE – È già riuscito a risolverlo?

INVESTIGATORE – Si capisce. Quando è stata l'ultima volta che sua moglie si è assentata da casa?

DIRETTORE – Un paio di mesi fa, circa. È andata a trovare una parente che vive in campagna. Perché, lei pensa che il primo incontro fra i due sia avvenuto in quella occasione? Non è possibile: a quel tempo mia moglie non conosceva ancora l'assistente.

INVESTIGATORE – Ma che cosa c'entra l'assistente?

DIRETTORE – Ah, perché lei non crede...?

INVESTIGATORE – L'assistente ha importanza solo perché indossava un camice bianco, gliel'ho già detto... (Il direttore scrolla le spalle come chi continua a non capire)... Nel caso del signor Henry Forrestal, uno scozzese che commerciava in medicinali, l'assistente era sostituito da un infermiere del manicomio. Per il resto il caso è perfettamente analogo al suo, solo che invece della moglie, si trattava di un fratello del Forrestal, morto quindici anni prima, e che le apparizioni, anziché in un giardino zoologico, avvenivano nel cortile di una chiesa presbiteriana.

DIRETTORE – (sconcertato) Ebbene?

INVESTIGATORE – Ebbene, caro direttore, sua moglie non è assente da ventiquattr’ore, ma da due mesi.

DIRETTORE – Ma cosa dice?!

INVESTIGATORE – Non c'è alcuna ombra di dubbio: da quel viaggio sua moglie non è mai tornata... Al suo posto è tornato il suo ectoplasma... (Il direttore tenta inutilmente di protestare)... Con ciò, non è detto che sua moglie sia deceduta... Potrebbe essere rimasta presso quella sua parente e godere di ottima salute. Questo, in fondo, potrebbe essere soltanto un caso di bilocazione, altrimenti detto: sdoppiamento.

DIRETTORE – (esplodendo) Ma che cosa mi sta raccontando?!

INVESTIGATORE – (grave) La verità, caro signore! Il caso di Henry Forrestal è fondamentale nella storia della scienza spiritica, una pietra di paragone che ha permesso di spiegare centinaia di casi analoghi.

DIRETTORE – Ma a me non importa un bel nulla della scienza spiritica!

INVESTIGATORE – Si può vivere anche senza conoscere la meccanica, purché non si pretenda di comprendere il funzionamento di una macchina. Anche lo spiritismo può essere ignorato, ma allora non si deve indagare su fenomeni squisitamente medianici.

DIRETTORE – (perdendo il controllo) Ma chi è lei, uno spiritista o un investigatore?!

INVESTIGATORE – (mesto) Dica pure "poliziotto". Purtroppo non è sempre possibile seguire la propria vocazione; a volte bisogna sapersi rassegnare a un mestiere qualsiasi.

DIRETTORE – Lo faccia questo mestiere, allora! Io le ho spiegato che mia moglie è scomparsa...

INVESTIGATORE – Sì, lo so. Se volessi, potrei darle una versione molto più soddisfacente per lei: potrei dirle che sua moglie è fuggita con l'amante, per esempio. Lei sarebbe felice che io dicessi questo, non è vero? Per me sarebbe facile ingannarla con una spiegazione razionale, anziché condurla sulla più esatta e più affascinante via dell'interpretazione medianica...

DIRETTORE – (gridando) Ma io l'ho chiamata qui per aiutarmi a trovare mia moglie!

INVESTIGATORE – E va bene: si procuri un tavolino a tre gambe in una stanza fiocamente illuminata. Chiameremo sua moglie. Se risponde, vuol dire che è morta, e allora è inutile continuare le ricerche. Se non risponde, vuol dire che è viva, ma in tal caso le consiglierei di interrompere le ricerche lo stesso, perché se è viva e non torna a casa, è segno che le piace rimanere dove si trova.

(Il direttore, fa un gesto di rabbia e di disperazione. In quel momento, correndo e con una mano sul cuore, entra dal fondo la signorina Andropius).

SIGNORINA ANDROPIUS – (con grida soffocate) Aiuto!... Aiuto!...

DIRETTORE – Che cos'è successo, signorina?!

SIGNORINA ANDROPIUS – (non può parlare per l'affanno) Aiuto... direttore... (Sta per svenire: i due uomini l'accompagnano alla panchina).

DIRETTORE – Bisognerebbe slacciarla... (Fa per sbottonarle il colletto, ma la donna respinge pudicamente la mano).

SIGNORINA ANDROPIUS – ... Sono salva per miracolo... bisogna avvertire la polizia... non c'è da perdere un minuto...

DIRETTORE – Vuol dirmi che cos'è accaduto?!

SIGNORINA ANDROPIUS – Oh, direttore!... Un bruto!...

DIRETTORE – Un bruto?!... E dove?

SIGNORINA ANDROPIUS – ... Accanto alla vasca... era nascosto in un'aiuola... e quando sono passata... ha allungato una mano e ha cercato di strapparmi le vesti...

DIRETTORE – (ha un sospetto) Non era, per caso, nascosto in un'aiuola di tulipani?

SIGNORINA ANDROPIUS – Sì, proprio lì.

DIRETTORE – (tranquillo) Non si spaventi: era un ippopotamo uscito di nuovo dal recinto.

SIGNORINA ANDROPIUS – (terrorizzata) Un ippopotamo?!... Ah!... (Sviene fra le braccia dell'investigatore).

(La leonessa, affamata, incomincia a ruggire; il direttore si avvicina alla sua gabbia. La signorina Andropius rinviene).

INVESTIGATORE – Si sente meglio?... Le è accaduto un fatto assai strano.

SIGNORINA ANDROPIUS – Ormai, dopo quello che è accaduto ieri, sono preparata a tutto.

INVESTIGATORE – E cos'è accaduto ieri?

SIGNORINA ANDROPIUS – Ma come, non sa nulla? È scomparsa una mia allieva, proprio qui.

INVESTIGATORE – (non credendo ai suoi orecchi) Che cosa?!

SIGNORINA ANDROPIUS – L'ho sorpresa abbracciata con un ragazzo: ho avuto appena il tempo di gridare che già erano scomparsi tutti e due.

INVESTIGATORE – (al colmo della gioia) Dica tutto, signorina, mi interessa moltissimo...

SIGNORINA ANDROPIUS – L'ho cercata tutto il giorno senza poterla trovare.

INVESTIGATORE – (estrae un blocchetto) Lei permette che prenda qualche appunto?

SIGNORINA ANDROPIUS – Un giornalista?

INVESTIGATORE – Uno studioso di certi fenomeni... Un cultore...

(La leonessa continua a ruggire. Entra Gregorio con la carretta).

DIRETTORE – Gregorio! Che cos'ha questa bestiaccia? Ha mangiato?

GREGORIO – (imbarazzato) Beh... matematicamente, avrebbe mangiato...

DIRETTORE – Che cosa vuol dire "matematicamente"?

GREGORIO – Vuol dire che, con vostra licenza, le ho buttato la sua razione, però non l'ho vista mangiare.

DIRETTORE – Se non ha mangiato, la carne sarà ancora là dentro.

GREGORIO – Invece no, perché la carne era scomparsa pochi secondi dopo averla gettata.

(Alla parola "scomparsa" l'investigatore si avvicina pieno di interesse).

DIRETTORE – Ma che cosa mi stai raccontando, Gregorio?

GREGORIO – Eh sì, anch'io, non vedendo la carne, ho fatto una faccia rimbambita... proprio come voi adesso.

DIRETTORE – (offeso) Come?!...

(La leonessa riprende a ruggire e il direttore ritorna alla gabbia).

INVESTIGATORE – Molto interessante quello che le è accaduto...

GREGORIO – Ma il bello è stato quando mi sono trovato due pezzi di carne nella carretta e tre gabbie da servire, e dopo aver servito le tre gabbie, ho visto che me n'era avanzato un pezzo.

INVESTIGATORE – Cioè: un solo pezzo di carne le è bastato per tutte e tre le gabbie.

GREGORIO – Certo. Ma vi assicuro che non c'è nulla di strano.

INVESTIGATORE – (pronto) Oh, lo so bene!

GREGORIO – La scienza spiega perfettamente questi fenomeni... apparenti.

INVESTIGATORE – Ne sono perfettamente convinto.

GREGORIO – Come si può capire il fulmine se non si accetta l'elettricità?

INVESTIGATORE – Magnifico! Proprio quello che ho sempre detto anch'io.

GREGORIO – Due più due fa quattro e due per due fa quattro... tre più tre fa sei, ma tre per tre fa nove... come potete spiegarlo?

INVESTIGATORE – Diavolerie, caro amico: nient'altro che diavolerie, senza la testimonianza di una tavola pitagorica. Lei potrà essermi di grande aiuto. Dove si è verificato il fenomeno... naturalmente apparente, del pezzo di carne?

GREGORIO – (indicando) Davanti alle gabbie in fondo a questo viale.

INVESTIGATORE – Perbacco! Non avevo mai sentito parlare di una zona di fluido di così larga estensione... Un caso davvero interessante. E non è a conoscenza di altri fatti strani che sono accaduti?

GREGORIO – Veramente...

INVESTIGATORE – Via, ci pensi bene: è della massima importanza.

GREGORIO – Sì, c'è un fatto strano che m'è accaduto stamani... Non ci avrei badato se non fosse capitata la faccenda della carne...

INVESTIGATORE – Oh, c'è ben altro, caro amico, cose di cui lei, forse, non è informato...

GREGORIO – Di che si tratta?

INVESTIGATORE – (a bassa voce) La moglie del direttore...

GREGORIO – Lo so: è scomparsa un'altra volta.

INVESTIGATORE – (meravigliato) Come "un'altra volta"? È successo ancora?

GREGORIO – Sei mesi fa scomparve per una settimana con un pilota dell'aviazione civile.

INVESTIGATORE – E anche quel pilota indossava un camice bianco...

GREGORIO – No... una tuta bianca.

INVESTIGATORE – (soddisfatto) Lo sapevo! Non poteva essere che così... Dica, allora, qual è il fatto che è capitato stamani?

GREGORIO – È successo quando sono andato a portare da mangiare ai cigni del laghetto... All'improvviso ho sentito una voce di donna che cantava... e indovinate un po' da dove veniva quella voce?

INVESTIGATORE – Da dove veniva?

GREGORIO – Dall'isolotto.

INVESTIGATORE – ... Dove, naturalmente, non c'era anima viva?

GREGORIO – E chi doveva esserci là, in mezzo all'acqua?

INVESTIGATORE – (prendendo appunti) Naturale... naturale... E che canzone era?... un antico motivo popolare... un'aria classica?

GREGORIO – No: era una canzonetta in voga, quella che fa: "da quando ci sei tu – il mare è sempre blu...".

INVESTIGATORE – Si tratta, evidentemente, di un'anima trapassata negli ultimi tempi, al corrente dei successi musicali della stagione... E, dov'è situato questo laghetto?

GREGORIO – Dall'altra parte del giardino.

INVESTIGATORE – (sbalordito) Che cosa?!... Ma qui ci troviamo di fronte a un caso inaudito, sbalorditivo!... La zona di fluido che io credevo limitata a poche decine di metri, ha occupato tutto il giardino! Bisogna informarne subito l'accademia spiritica: si tratta di un caso unico che entrerà nella storia delle scienze medianiche... Lei, sono certo, sarà pronto a firmare dichiarazioni sull'accaduto...

GREGORIO – Per me, non ho niente in contrario.

INVESTIGATORE – Magnifico!... Formidabile!... Sbalordiremo tutti!

DIRETTORE – (tornando dalla gabbia) Io non capisco che cos'abbia questa bestia. Vai a chiamare il professore, Gregorio.

GREGORIO – Subito, signor direttore.

DIRETTORE – (ripensandoci)... Digli che faccia venire anche il suo assistente.

INVESTIGATORE – (a Gregorio che sta per partire) Se permette l'accompagno: intanto mi darà qualche altra informazione.

(I due escono da sinistra. Dal fondo entra l'esploratore e il direttore gli va incontro. La leonessa emette un forte ruggito e l'esploratore compie un brusco scarto).

DIRETTORE – Ha avuto paura, presidente?

ESPLORATORE – (ricomponendosi) lo paura? Ma vuole scherzare?... Sorpreso, vorrà dire... Per un momento ho pensato di trovarmi nella giungla e cercavo accanto a me il fucile automatico... (Si avvicina alla gabbia, però a rispettosa distanza)... Un po' inquieta, mi sembra... la nostalgia della foresta.

DIRETTORE – Credo che si tratti di una indigestione. Gregorio le ha gettato la razione di carne, e poco dopo il pezzo era sparito: l'avrà mangiato troppo in fretta.

ESPLORATORE – No, no... guardi i suoi occhi: sono quelli della belva che si prepara a gettarsi sulla preda... Eh, lo conosco bene quello sguardo! Quante volte, alla testa di una colonna in marcia, ho visto due occhi come questi che mi spiavano dal folto di un cespuglio!... È il richiamo della jungla, sono certo.

DIRETTORE – In ogni modo, ho mandato a chiamare il professore... Eccolo che arriva.

(Da sinistra entrano il professore, l'investigatore e Gregorio che porta la bottiglia del sonnifero e una grossa siringa).

PROFESSORE – (avvicinandosi alla gabbia) Vediamo un po', allora, che cos'ha questa leonessa...

INVESTIGATORE – (a Gregorio) Non aveva mai inteso quella voce prima di stamani?

GREGORIO – No, non l'avevo mai intesa.

INVESTIGATORE – E non assomiglia nemmeno a quella di qualche persona che ha conosciuto?

GREGORIO – No.

PROFESSORE – (allontanandosi dalla gabbia) Bisogna addormentare la leonessa per farle una visita. (A Gregorio) Hai un pezzo di carne nella carretta?

GREGORIO – Sì, signor professore. (Solleva il coperchio e prende la carne).

PROFESSORE – (come fosse nella camera operatoria) Siringa... (Gregorio esegue prontamente gli ordini)... Sonnifero... (Riempie la siringa)... Carne... (Immerge la siringa nel pezzo di carne)... Gettare... (Si allontana dalla carretta).

DIRETTORE – (con finta indifferenza) Non vedo il suo assistente, professore.

PROFESSORE – È in vacanza: ha chiesto ieri le sue ferie.

DIRETTORE – (con disappunto) Che, si capisce, gli sono state accordate...

PROFESSORE – E perché non dovevano accordargliele? Ogni anno gli spettano venti giorni di ferie.

DIRETTORE – Così, tornerà fra venti giorni?

PROFESSORE – Esatto.

(Gregorio, che ha infilzato la forca nella carne, si avvia verso la gabbia. Da destra, entra il 2° vagabondo che, non visto, corre ad infilare l'amo nella carne. Gregorio getta il pezzo della gabbia, il 2° vagabondo lo ripesca, lo mette sotto la maglia ed esce da destra. L'investigatore sta scrivendo i suoi appunti: l'esploratore, venendo dalle gabbie di destra, gli si ferma accanto).

ESPLORATORE – Ancora un'intervista? Mi pare che si esageri un po', adesso! (L'investigatore lo guarda stupito)... Scriva pure che Sebastiano Vuldok – con la "v", non dimentichi – non ama la pubblicità. Sentiamo un po' che cosa vorrebbe sapere...

INVESTIGATORE – Mah... se vuol raccontarmi qualche fatto eccezionale che le è capitato...

ESPLORATORE – Un fatto eccezionale?... Vediamo un po'... sì, questo può andare... Un giorno stavo camminando tranquillamente, quando un giaguaro, in agguato sul ramo di un albero, si getta su me. Con un istintivo scarto riesco a sfuggirgli, snudo il coltello che porto al fianco e mi preparo alla difesa. Ma ecco che il giaguaro, invece di attaccare, retrocede e fugge. Che cos'è accaduto? Improvvisamente la terra incomincia a tremare come scossa dal terremoto e, nello stesso momento, mi giunge agli orecchi un rumore cupo e inconfondibile: è una carica di rinoceronti infuriati...

INVESTIGATORE – E in quale punto del giardino è accaduto?

ESPLORATORE – (meravigliato e offeso) Giardino?!... Quale giardino?... Io sto parlando delle foreste del Kenia! (Gli volta le spalle irritato).

PROFESSORE – (guardando l'orologio) Ormai il sonnifero avrà già fatto il suo effetto. (Si avvicina alla parte posteriore della gabbia e ascolta) Non si sente più nulla: la leonessa è addormentata.

(Il direttore apre lo sportello, fa entrare il professore, quindi lo richiude e si allontana di qualche passo con l'esploratore. Ma ecco che nella gabbia si scatenano ruggiti, grida e colpi battuti contro lo sportello. Il direttore, Gregorio e l'esploratore si scambiano occhiate sbalordite, quindi il direttore e Gregorio si slanciano a socchiudere lo sportello, mentre l'esploratore si allontana prudentemente. Il professore esce come un razzo: è rimasto in mutande ed ha il camice a brandelli. Fa qualche passo lentamente, come stordito, poi incomincia a correre e scompare dal fondo. Il direttore e Gregorio, ancora sbalorditi, guardano dalla parte dalla quale è scomparso, mentre l'investigatore scrive vertiginosamente i suoi appunti. Il 2° vagabondo entra da destra battendosi le mani sulla pancia, come chi ha ben mangiato, quindi sbadiglia profondamente, si stira e si sdraia sulla panchina addormentandosi subito. Gregorio guarda la gabbia della leonessa, poi il vagabondo e intanto si gratta la testa perplesso

 

 

 

 

III QUADRO

 

Venti giorni dopo. La scena è semibuia e andrà rischiarandosi a poco a poco. Alfa è seduto sulla panchina; accanto a lui, in piedi sulla panchina, è la collegiale. Il 2° vagabondo sta dormendo sotto la panchina.

COLLEGIALE – (guarda verso oriente sollevandosi sulla punta dei piedi)... Uno... due... tre!... È l'alba! (Scende di slancio dalla panchina e volteggia, con le braccia spalancate, a passi di danza)... Buongiorno a tutti... Buongiorno!... Il sole è spuntato con due minuti di anticipo, così com'era previsto, e tramonterà due minuti più tardi... Il cielo è sgombro di nubi... E’iniziata, in questo momento, una nuova, lunga giornata che sarà calda e luminosa, favorevole al lavoro delle api e a quello delle formiche... (Si avvicina a un'aiola)... Apritevi, fiori di campo! (Porta le mani al viso e piange).

ALFA – (le va alle spalle) Non avranno sentito, prova ancora... (La ragazza continua a piangere)... Vuoi che ti aiuti? (Alza la mano con gesto di comando)... Aprit... no, sarebbe inutile: non ho mai avuto molto successo con i fiori di campo... (La ragazza piange)... Che cos'hai, piccola?... Ho capito, fra poco farà chiaro e tu devi tornare sull'isolotto, nella tua prigione di rami e di foglie.

COLLEGIALE – (scuote il capo piangendo) Anche tutta la vita ci starei... se fosse possibile.

ALFA – (mesto) Non è possibile. L'hai capito anche tu, vero?

COLLEGIALE – (con un filo di voce) Sì.

ALFA – Io volevo continuare a nascondertelo, ma tu l'hai scoperto da sola: non si può.

COLLEGIALE – Ieri ho visto passare le mie compagne di collegio... Mi ha fatto pena vederle camminare in fila, a due a due...

ALFA – ... Il lungo serpente che si snoda per i viali del giardino.

COLLEGIALE – Io ero libera, felice, e per loro non era cambiato nulla.

ALFA – ...Allora t'è venuta voglia di chiamarle, di raccontare la tua gioia, di indicare a tutte la strada che avevi scelto, è vero?

COLLEGIALE – Sì, sì... ma non potevo farlo. E allora ho capito che era inutile, che era tutto inutile: finché per loro non cambierà nulla, io sarò soltanto una che è fuggita, una che ha tradito.

ALFA – Tutto sembra così semplice, così a portata di mano, e invece, all'improvviso, ci accorgiamo che non si può. Sono contento che tu ci sia arrivata da sola: questa per te è stata una grande esperienza.

COLLEGIALE – Ora non è più come prima: se guardo un fiore, sento la signorina Andropius che parla di botanica.

ALFA – Lo so. È venuto il momento di rientrare nella gabbia... ma bisogna farlo in punta di piedi.

COLLEGIALE – Come farò a lasciare tutto quello che ho conosciuto qua dentro, a dimenticare questi ultimi venti giorni?

ALFA – Dimenticarli... E perché? Vivi devi mantenerli, invece... difenderli contro coloro che cercheranno di strapparteli.

COLLEGIALE – Devo rientrare nella gabbia: anche lei l'ha detto.

ALFA – Rientrarvi non vuol dire lasciarvisi chiudere. Tutti gli uomini vivono nelle gabbie, piccola: fuori ci sono soltanto i tipi come me, ma non è facile per loro, ti assicuro. L'importante è possedere la chiave dello sportello, per potere uscire quando si desidera. E per cosa credi che esistano i poeti e le farfalle?

COLLEGIALE – (commossa; guardandosi intorno) Allora... addio a tutto...

ALFA – Che cosa?!... Vuoi andartene in questo modo?... In punta di piedi, ho detto!

COLLEGIALE – E com'è possibile?

ALFA – È difficile, lo so... (Con uno scatto)... Ma, per Pitagora, lascia che me la sbrighi da solo! Torna sul tuo isolotto... E quando vedi Gregorio, canta a squarciagola, hai capito?

COLLEGIALE – Ho capito.

ALFA – Via, presto, prima che faccia chiaro.

(La ragazza esce da sinistra. Alfa passeggia in su e in giù, con le mani dietro la schiena, si ferma, gesticola, riprende a camminare, si avvicina alla panchina e scuote il 2° vagabondo).

ALFA – Ehi... Sveglia! (Il 2° vagabondo si solleva lentamente)...In piedi, amico: ci sono cose importanti da decidere e ho bisogno del tuo consiglio. (L'altro si alza, sbadiglia, si stira) Tu, naturalmente, hai già capito quello che voglio dire... (Il 2° vagabondo, d'ora in avanti, risponderà con cenni di perplessità)... Sono passati venti giorni, ed eccoci al punto di prima... (Si tocca la schiena dolorante)... Non me la sento più di dormire all'aperto. Bisogna rientrare in possesso della nostra gabbia... stasera stessa. Sì, lo so che cosa mi vuoi dire... Ti ho detto che lo so, quindi puoi fare a meno di interrompermi... Perché non abbiamo continuato ad impedire l'ingresso del cibo nella gabbia della leonessa?... Ma potevamo lasciar morire di fame quella povera bestia? Mi si spezzava il cuore quando la sentivo ruggire. C'era un'altra strada da prendere: Capitano Roky... Non sai chi sia?... Veramente, nemmeno io lo conosco... me ne ha parlato un amico che mi ha promesso di mandarlo qui stamattina. Capitano Roky farà al caso nostro... Ne sei convinto anche tu, vero?... Hai già capito qual è il nostro piano?... Sei formidabile, amico mio, un vero fenomeno!... E ora frugati bene in tasca e guarda se c'è qualcosa da masticare... (Il 2° vagabondo rovescia una tasca vuota)... Nemmeno un seme di zucca? Per Pitatora! Proprio stamani che arriva Capitano Roky e io ho bisogno di avere in ordine tutte le mie facoltà mentali... Sì, perché il mio stomaco e il mio cervello sono due vasi comunicanti: se c'è vuoto nel primo, anche il secondo è all'asciutto.

(Il 2° vagabondo s'è allontanato di qualche passo. Dal fondo entra un garzone fornaio: ha una cesta piatta con al centro una grossa pagnotta. Il garzone avanza lentamente guardando in aria. Alfa porta due dita alla bocca e fischia brevemente, quindi indica il garzone al 2° vagabondo. Quest'ultimo fa un cenno d'assenso, quindi fa l'atto di lanciare ad Alfa qualcosa. Alfa fa l'atto di riceverla fra le braccia e il petto e di rilanciarla al collega. Il garzone si ferma a guardare i due: prima è un po' stupito, poi, a poco a poco, incomincia a interessarsi e a seguire le ipotetiche traiettorie dell'ipotetico oggetto che i due si lanciano. Ora il 2° vagabondo fa l'atto di lanciare verso di lui l'oggetto; il garzone, istintivamente, lo riceve nella cesta e lo rilancia ad Alfa: ma questa volta parte la pagnotta. Alfa la riceve e la rimanda al 2° vagabondo che la riceve nelle braccia e la fa scivolare nell'apertura della giacca sul petto, quindi fa l'atto di rilanciarla al garzone che è convinto di riprenderla nella cesta e di passarla ancora ad Alfa. Il 2° vagabondo, come stanco di giocare, si allontana di qualche passo; Alfa lancia al garzone e lo saluta con la mano. Il garzone, convinto di avere ancora la pagnotta, appoggia la cesta sul fianco, saluta con la mano ed esce da sinistra. Il 2° vagabondo divide la pagnotta e ne porge una metà ad Alfa. Siedono sulla spalliera della panchina e incominciano a mangiare).

ALFA – ... c'è poi da sistemare la faccenda di quella ragazza: ritorna all'orfanotrofio... t'immagini che faccia farà la signorina Andropius?... e possiamo forse abbandonare la piccola nelle mani di quella vecchia strega? (Scende dalla panchina e passeggia con aria preoccupata)... eppure, c'è il modo di mettere tutto a posto con un colpo solo... l'hai capito anche tu, vero?... bravo! ero certo che non ti sarebbe sfuggito... ma è ancora così tenue, così sottile... basta un soffio di vento e tutto vola per aria... bisognerebbe trovare qualcosa di pesante... sì, un'idea... una buona idea...

(Dal fondo viene avanti un uomo che si guarda attorno come per cercare qualcuno: indossa un vecchio e scolorito impermeabile. Alfa dà al 2° vagabondo quello che è rimasto della sua parte di pane e va incontro al nuovo arrivato).

ALFA – Suppongo di trovarmi di fronte al famoso capitano Roky?

CAPITANO ROKY – (tendendo la mano) Capitano Roky in persona.

ALFA – Ma io l'ho già vista in qualche luogo.

CAPITANO ROKY – E’ un fatto che non può meravigliare uno che esercita una professione come la mia.

ALFA – (cercando di ricordare) Aspetti...

CAPITANO ROKY – Voglio venirle in aiuto... (Si toglie l'impermeabile ed appare in divisa da domatore)... va meglio adesso?

ALFA – Ma certo!... ora ricordo bene: "Circo Mondiale".

CAPITANO ROKY – (serio) Lei mi ha visto lavorare al"Circo Mondiale"?

ALFA – Quattro anni fa... era uno spettacolo di prim'ordine.

CAPITANO ROKY – (con un profondo sospiro) Taccia, signore, la prego... non riapra una vecchia ferita. È stato il punto più alto della mia carriera. Cinque leoni e due tigri nella stessa gabbia: era il numero più affascinante di tutto lo spettacolo.

ALFA – Una sera fui ingaggiato anch'io per fare una delle tigri.

CAPITANO ROKY – Ah, sì...? il vertice era già stato raggiunto, allora, ed avevamo incominciato la discesa. Fu quando dovemmo sbarazzarci di Burma: mangiava troppo... dopo Burma ci toccò vendere Sultano, il leone più vecchio; e il Circo, anziché "Mondiale", incominciò a chiamarsi "Europa". Poi venne la volta di Jole... Faraone... Tamara... e diventammo "Circo Nazionale", per arrivare al più generico "Circo dell'Attrazione". Negli ultimi tempi m'era rimasto un leone: Alì... quello solo... e una settimana fa...

ALFA – Venduto anche quello?

CAPITANO ROKY – No: ufficiale giudiziario.

ALFA – Cosicché, adesso...? (L'altro allarga le braccia desolato. Alfa indica la panchina) Vogliamo accomodarci?

CAPITANO ROKY – (prendendo posto) Grazie.

ALFA – (togliendo dalla tasca una manciata di cicche) Una sigaretta?

CAPITANO ROKY – (prende qualche cicca e l'annusa) Piazza della Borsa?

ALFA – Piazza della Borsa.

CAPITANO ROKY – Basta guardare la lunghezza.

ALFA – (al 2° vagabondo che è accoccolato davanti alla panchina) Fuoco!

(Il 2° vagabondo cava di tasca una scatola di fiammiferi e accende le sigarette).

ALFA – (tira una lunga boccata) Lei, naturalmente, ignora perché l'abbiamo fatta venir qui.

CAPITANO ROKY – Infatti.

ALFA – Vogliamo regalarle uno o più leoni.

CAPITANO ROKY – (sbalordito) Che cosa?!

ALFA – Veramente si regala roba che ci appartiene... sarebbe meglio dire: "aiutarci a sottrarre"... ma anche questo non renderebbe l'idea: questi leoni dovrebbero essere soppressi, e quindi sono già stati sottratti dal numero dei viventi, al quale ancora non appartengono... ecco, possiamo dire che l'abbiamo chiamata qui perché mantenga in vita uno o più leoni... che non sono ancora vivi. Mi sono spiegato?

CAPITANO ROKY – Se posso parlare con franchezza... non ci ho capito nulla.

ALFA – La leonessa del giardino è pregna ed è stata decisa la soppressione dei piccoli che devono nascere.

CAPITANO ROKY – Ma è un'infamia!...

ALFA – Appunto. Si tratta, allora, di allontanare la madre dal giardino per mettere in salvo la futura prole.

CAPITANO ROKY – È una cosa che si può fare.

ALFA – Può disporre di un carro coperto?

CAPITANO ROKY –Certo che posso disporne.

ALFA –Allora, stanotte preleveremo la leonessa. Non c'è tempo da perdere: il parto potrebbe avvenire da un momento all'altro.

CAPITANO ROKY – E che cosa diranno qui, accorgendosi che la leonessa è sparita?

ALFA – Negli ultimi giorni qui sono accaduti fatti assai strani, e credo proprio che la sparizione della leonessa non desterà eccessivo stupore. Intendiamoci: si tratta solo di una sparizione temporanea... i piccoli rimarranno a lei, ma, dopo il parto, la madre dovrà essere riportata qui... d'accordo?

CAPITANO ROKY – (stringe con effusione la mano di Alfa) E come non dovrei essere d'accordo con chi mi benefica in questo modo?... credevo che per me fosse finita, e lei, invece, mi ridà la speranza, la fiducia... avrò ancora dei leoni da domare!... e li presenterò al mio pubblico... (si alza)... si ricorda ancora del mio numero al "Circo Mondiale"?... (Impugna un'ipotetica frusta e compie i gesti del domatore nella gabbia)... su, Sultano… su... salta!... Faraone... buono... buono... op!... Burma!... un po' irrequieta, eh?... su… su!…

ALFA – (come se assistesse allo spettacolo) Meraviglioso!... bravo!...

CAPITANO ROKY – … qui, Sultano... presto... ubbidisci!... Tamara!... dove vai...?

ALFA – Attento!... attento!...

CAPITANO ROKY – … e ora... op... op... op!

ALFA – (battendo le mani) Bravo!... bravo!...

(Capitano Roky si inchina per ringraziare e in quel momento la leonessa emette un forte ruggito).

CAPITANO ROKY – (si volta sbigottito) Ma questa... questa è Jole!... riconosco la voce... (Corre verso la gabbia)... Jole!... cara Jole!... come stai?... (Infila le braccia fra le sbarre)... ti ricordi ancora di me, eh?!... sei tu che devi avere i piccini... cara, cara bestiona...

ALFA – (avvicinandosi alla gabbia) Lei conosce questa leonessa?

CAPITANO ROKY – Se la conosco! io sono la sua seconda madre... l'ho tenuta in braccio quando era piccola come un cucciolotto... sono stato io ad allattarla con il biberon... la portavo a dormire nel mio letto per tenerla al caldo... cara Jole!... io non volevo venderla a nessun costo, ma l'acquirente non sentiva ragioni... e pensare che gli avrei dato in cambio tre foche e due pinguini... ma lui aveva annunciato una sua spedizione in Somalia, e diceva che, se fosse tornato con le foche e i pinguini, nessuno ci avrebbe creduto... insomma: prendere o lasciare...

ALFA – Ricorda il nome del compratore?

CAPITANO ROKY – Era un nome strano... faceva pensare a...

ALFA – ... se non ci fosse stata la "v": si trattava del famoso e intrepido esploratore Sebastiano Vuldok.

CAPITANO ROKY – Precisamente. Oh, per me quello è stato veramente un giorno triste: ero così affezionato a questa povera bestia... ed era anche brava, sa? la più brava di tutte. Le avevo insegnato un esercizio difficilissimo... si figuri che ballava a tempo di musica... è un peccato che qui non si possa suonare un valzer...

ALFA – Chi le ha detto che non si può?! (voltandosi al 2° vagabondo) Valzer!

(Il 2° vagabondo porta immediatamente una mano in tasca, cava un'armonica e attacca un motivo di valzer).

CAPITANO ROKY – Senti la musica, Jole?... su, su... brava!

ALFA – (sbalordito) Magnifico!... si solleva sulle zampe posteriori... e come volteggia!... per Pitagora, ma è meraviglioso!

(La musica cessa; Capitano Roky infila di nuovo la mano fra le sbarre per accarezzare la leonessa).

CAPITANO ROKY – Brava... brava, bestiona... ti ricordi ancora del circo, eh?

ALFA – (a se stesso) Ma... allora, si potrebbe... (Con entusiasmo)... certo!... siamo salvi!... ho trovato quello che cercavo!

CAPITANO ROKY – Che cosa ha trovato?

ALFA – (con crescente entusiasmo) Sì, sì... sarà il colpo più grosso di tutta la mia carriera... meraviglioso!... oh, lei non può capire... ma io aspettavo qualcosa del genere... ero sicuro che tutto non poteva che finire in questo modo! E ora, ascolti bene: vada a prendere quel carro coperto e lo lasci davanti all'ingresso del giardino. Cerchi di fare più presto che può.

CAPITANO ROKY – (avviandosi di corsa verso il fondo) Sarò qui fra pochi minuti.

ALFA – (al 2° vagabondo) Ci siamo, amico mio: tutto è in ordine come la pancia di un orologio... è vero che adesso bisogna far funzionare il nostro piano, ma questo è un particolare trascurabile: stabiliti gli argini, il fiume scorre da solo. Prima di tutto, corri dalla piccola e dille di tenersi pronta, poi fai un giro per il giardino e raggruppa qui tutte le persone che trovi. Adopera ogni mezzo, hai capito?

(Il 2° vagabondo esce di corsa da sinistra. Dalla stessa parte entra Gregorio: ha camminato in fretta ed è un po' affannato).

ALFA – Che cosa succede, Gregorio? (Il guardiano, non potendo parlare, fa qualche cenno con la mano)... eh, vecchio mio, dovresti avere più riguardo per la tua salute... da dove vieni così di corsa? (Gregorio indica con la mano)... scommetto che sei passato vicino al laghetto!... (Gregorio si affretta a fare cenno di sì)... e hai sentito anche tu...? (Gregorio dice ancora di sì)... calma, calma... io non volevo dirti nulla, proprio perché sapevo che l'avresti presa in questo modo... ma è una ventina di giorni che mi capita...

GREGORIO – (riesce a parlare) Anche a me... anche a me...

ALFA – Certo che stamani la voce era più chiara del solito, più forte del solito.

GREGORIO – Sì, sì... sono rimasto sbalordito.

ALFA – Magari non si tratta che di un banalissimo fenomeno d'eco.

(Dal fondo entrano il 2° vagabondo e la signorina Andropius. Il vagabondo ha un fiore in mano e finge di non avere il coraggio di offrirlo alla donna che appare molto lusingata per questa attenzione. Intanto egli la conduce al centro della scena).

GREGORIO – Macché fenomeno d'eco... c'è ben altro, amico mio.

ALFA – Certo che la cosa è assai strana. Stamani, quando ho sentito cantare, mi sono levato le scarpe e mi sono spinto fino all'isolotto, per vedere se in mezzo ai salici c'era qualcuno... e invece...

GREGORIO – E chi volevi che ci fosse?

ALFA – Non si sa mai... di fronte a un caso tanto singolare...

(Il 2° vagabondo dà il fiore alla signorina Andropius, e mentre ella ne aspira il profumo, esce di corsa da destra).

GREGORIO – Parrebbe, singolare... ma data la zona in cui ci troviamo...

ALFA – Quale zona?

GREGORIO – La nostra... pare che il fluido che s'è raccolto qui intorno...

ALFA – (con finto stupore) Non mi dirai che credi alle chiacchiere di quel giovanotto.

GREGORIO – Non si tratta di chiacchiere: sono già diversi giorni che qui non avvengono che fatti strani... ti ricordi della faccenda dei pezzi di carne?

ALFA – Ma era un semplice problemino aritmetico, vecchio mio.

GREGORIO – Ebbene, io non sono mai riuscito a capirlo... invece, così come l'ha spiegato quel giovanotto, l'ho afferrato di colpo.

ALFA – Anche a me piacerebbe conoscerla quella spiegazione.

GREGORIO – Ti accontento subito... (Indicando fuori scena)... eccolo che sta arrivando.

(Dal fondo viene avanti a passo svelto l'investigatore: è molto allegro).

GREGORIO – (andandogli incontro) Vi aspettavo con ansia, giovanotto, qui accadono fatti incredibili.

INVESTIGATORE – Non è il momento di parlarne adesso... (inchinandosi alla signorina Andropius)... signorina...

GREGORIO – Stamani, passando accanto al laghetto...

INVESTIGATORE – Rimandiamo a più tardi, Gregorio: ho cose molto più importanti da comunicare.

(Da destra entra il 2° vagabondo che sta scrivendo qualcosa su un pezzo di carta. Dietro di lui viene l'esploratore che parla e gesticola come se stesse concedendo un'intervista. Il direttore segue i due a poca distanza).

INVESTIGATORE – (ad alta voce) Se i signori vogliono avere la compiacenza di avvicinarsi... (Tutti lo guardano incuriositi)... Avanti, prego... concedetemi qualche minuto di attenzione... (Sale sulla panchina; gli altri si avvicinano)... signore e signori... quello che, solo pochi giorni fa, poteva sembrare la luminosa e irraggiungibile aspirazione di un modesto e sconosciuto cultore di scienze medianiche, oggi sta diventando realtà... non sono ancora passate tre settimane dall’invio del mio rapporto all'accademia spiritistica, che già il consiglio spiritico internazionale s'è riunito per esaminare e discutere il materiale da me fornito. Centinaia di messaggi telegrafici, lanciati attraverso l'etere – dominio assoluto degli spiriti disincarnati – hanno informato tutto il mondo sugli avvenimenti che qui sono accaduti. Decine di delegazioni di studiosi, provenienti da ogni paese, sono già in viaggio verso questo luogo: la storia dei fenomeni, studiata attraverso l'interpretazione spiritica, s'è arricchita di un nuovo caso: il caso del giardino zoologico! (Mormorio fra i presenti).

DIRETTORE – Ma… ma che cosa sta dicendo?!

INVESTIGATORE – (grave) La verità, caro signore... a coloro che credono e a coloro che si rifiutano di credere, agli iniziati e ai profani... soltanto la verità! La zona di fluido che s'è stabilita su questo giardino, ha raggiunto estensione e intensità finora mai registrate... le manifestazioni paranormali, i fenomeni di ordine extraumano si succedono con un ritmo incalzante: apparizioni e sparizioni, bilocazioni o sdoppiamenti, comunicazioni medianiche fra il mondo visibile e l'invisibile, formazione di ectoplasmi...

DIRETTORE – (protestando) Ma io mi rifiuto di...

INVESTIGATORE – Le sue opinioni sono del tutto superflue, caro signore... direi, anzi, che la sua incredulità mi fa piacere: le dichiarazioni degli scettici hanno per noi un particolare valore.

DIRETTORE – Quali dichiarazioni?

INVESTIGATORE – Quelle che lei firmerà insieme con questi signori e con tutti coloro che sono stati testimoni di avvenimenti fenomenici.

DIRETTORE – Io non voglio tenere mano a...

INVESTIGATORE – Lei racconterà solo quello che ha visto o udito: lascerà ad altri il compito di dedurre e di concludere.

DIRETTORE – Io non firmerò nessuna dichiarazione.

INVESTIGATORE – (solenne) Il dado è tratto, signore! I trecentoventidue circoli spiritici del nostro paese mi hanno impegnato per un giro di conferenze... i centodiciassette periodici di scienze medianiche, stampati in sessantadue lingue diverse, mi chiedono articoli sull'accaduto: ho bisogno di queste dichiarazioni. Le vostre testimonianze oculari costituiranno la base per un lungo studio sull'interpretazione dei fenomeni verificatisi.

DIRETTORE – Si tratta solo di fantasticherie rifiutate dalla logica più comune!

INVESTIGATORE – (ridendo)... ah, ah, ah... Galileo che dice: "la terra gira"... Colombo che parte per scoprire un nuovo continente... è logico, forse?... Newton che scorge il modo in cui gli astri camminano nell'universo... Volta che rinchiude in una scatola la più grande forza della natura... dove va a finire la sua logica?...

(Da sinistra entra Capitano Roky. Alfa e il 2° vagabondo gli vanno incontro).

ALFA – (al capitano Roky e al 2° vagabondo) Presto... non perdete tempo... aprite lo sportello anteriore...

(I due spariscono dietro la gabbia. Dopo qualche attimo si ode il suono di un valzer).

INVESTIGATORE – ... l'incredulità, lo scetticismo, il sospetto di mistificazione non sono altro che i rifugi dell'ignoranza. Io dico e affermo che, nel campo di fluido nel quale ci troviamo, tutte le possibilità sono aperte...

SIGNORINA ANDROPIUS – (con un grido acuto indicando qualcosa fuori di scena)... Là!... guardate!... là!...

(Tutti si raccolgono intorno a lei, guardano nella direzione indicata dalla donna e insieme arretrano di un passo).

DIRETTORE – (agghiacciato dallo spavento e dallo stupore) Ma... ma... è la leonessa!...

INVESTIGATORE – (che s'è slanciato giù dalla panchina mettendosi davanti al gruppo, scoppia in una violenta risata, poi, gridando con entusiasmo)... ah, ah, ah... ecco là, direttore... applichi la sua logica comune! ah, ah, è convinto adesso?... vuol toccare con mano?... una leonessa che se ne va ballando a tempo di valzer, mentre uno la tiene a guinzaglio e l'altro suona!... ah, ah, ah...

DIRETTORE – (sbigottito) Incredibile!... sbalorditivo!...

INVESTIGATORE – ah, ah... sono due ectoplasmi burloni che hanno voluto farle uno scherzo... ah, ah... (il direttore fa un passo verso la gabbia)... dove va?... vuole assicurarsi che la leonessa sia ancora nella gabbia?... ah, ah, ah... (rivolgendosi agli altri)... perché lui crede, di aver visto una. vera leonessa!... ah, ah... (Anche gli altri si uniscono alla risata. Il direttore si trattiene. L'investigatore sale di nuovo sulla panchina)... Signore e signori... dopo questa ennesima dimostrazione, nessuno dovrà più stupirsi di quello che avviene in questo luogo, perché niente più, ormai, dipende da noi...

SIGNORINA ANDROPIUS – Vuol dire che noi non siamo più responsabili di quello che accade?

INVESTIGATORE – Esatto, signorina: tutto è in balia delle forze invisibili.

(La signorina Andropius si avvicina al direttore e gli getta con violenza le braccia al collo).

DIRETTORE – (cercando di liberarsi) Ma... ma che cosa fa, signorina?!... è impazzita?!...

(Da sinistra, a un cenno di Alfa, entra rapidamente la collegiale che va a fermarsi alle spalle della signorina Andropius. Il direttore riesce a liberarsi e a respingere la donna).

SIGNORINA ANDROPIUS – (vedendo la ragazza, travolta dalla collera e dallo stupore) Tu... tu qui?!... ah, svergognata!... e dove sei stata in questi venti giorni?!...

COLLEGIALE – (candidamente) In questi venti giorni... quali venti giorni?...

(La signorina Andropius, disarmata dalla risposta, gira la testa verso l'investigatore che sta ancora parlando).

INVESTIGATORE – … tutto può accadere in un luogo come questo... il mondo che conosciamo nei suoi ristretti limiti umani è sconvolto: tutto naviga ormai in un ordine superiore...

SIGNORINA ANDROPIUS – (guarda la ragazza)... e perché ti trovi qui, adesso?

COLLEGIALE – (candida) Ma se sono venuta qui con lei, signorina!

SIGNORINA ANDROPIUS – (gonfia di collera che non sa come sfogare, dà un brusco strattone ai capelli della ragazza)... non sai neanche farti le trecce, non sai...

(Dal fondo è entrata silenziosamente la moglie del direttore: ha tra le braccia un fascio di fiori come il giorno della sua scomparsa. Clotilde si ferma ad ascoltare l'investigatore, a fianco del marito che non si accorge di lei).

INVESTIGATORE – ... l'uomo raccoglie in sé tre entità ben distinte; di queste voi non ne conoscete che una: il corpo fisico, attraverso il quale hanno luogo le manifestazioni che rivelano la vostra esistenza terrena. Nessuno di voi, sono certo, ha mai saputo di possedere anche un corpo fluidico, altrimenti detto: perspirito...

DIRETTORE – (vedendo la moglie, ha uno scatto di sorpresa)... Clotilde!

(La donna non risponde; il direttore sta per fare un passo verso di lei, ma si trattiene, porta una mano agli occhi e se li stropiccia, quindi si scuote la testa fra le mani. Alza lentamente lo sguardo, temendo che la donna sia scomparsa, poi incomincia ad allungare la mano. Ecco che incontra il braccio della moglie: tocca carne viva).

CLOTILDE – (voltandosi di scatto) Insomma, vuoi smetterla di darmi pizzicotti?!

(Il direttore ritira prontamente la mano e guarda verso l'investigatore).

INVESTIGATORE – … le manifestazioni più strane, gli avvenimenti più assurdi non debbono meravigliarci: tutto può accadere entrando nella sfera dell'extraumano...

DIRETTORE – (esitante)... e dove sei stata in tutti questi... (vorrebbe dire "giorni", ma ci ripensa)... sì... da dove vieni?

CLOTILDE – (con noncuranza) Dalla sarta, sono stata... non sai che tutti i giovedì vado dalla sarta?... te l'ho detto anche a colazione dove sarei andata nel pomeriggio...

DIRETTORE – (colpito) A colazione...? (Guarda verso l'investigatore).

INVESTIGATORE – ... l'intervento delle forze invisibili ha sconvolto la geografia del nostro formicaio... confessiamo dunque la nostra ignoranza terrena, freniamo il nostro stupore mortale!...

DIRETTORE – (alla moglie)... già, dalla sarta... me ne ero dimenticato...

INVESTIGATORE – (scende dalla panchina e cava di tasca alcuni fogli) Ho già preparato le dichiarazioni: non occorre che la vostra firma... da questa parte, prego...

(La signorina Andropius, Gregorio e l'esploratore attorniano l'investigatore ed esaminano i fogli. Il gruppetto si sposta verso il fondo. Il direttore e Clotilde si avviano per seguire gli altri. Da destra entra l'assistente, in camice bianco, che si precipita a baciare la mano di Clotilde).

DIRETTORE – (quasi fra sé)... dalla sarta... si capisce... oggi è giovedì: il giorno della sarta... non c'è nulla di strano... (Vede l'assistente e tira la moglie ber un braccio)... vieni da questa parte, cara... c'è un ectoplasma disturbatore...

(La collegiale si avvicina ad Alfa che è rimasto solo a sinistra).

COLLEGIALE – (commossa) Arrivederci... io vorrei... io vorrei...

ALFA – Non importa che tu dica niente: credi che non ti capisca anche se non parli?

COLLEGIALE – Tutto è stato così bello... Grazie.

ALFA – Perché "è stato"? Domani sarà un giorno come oggi, con gli stessi rumori, gli stessi insetti nell'aria.

COLLEGIALE – Non sarà come oggi.

ALFA – Il vento, il sole, gli alberi, sono le uniche cose che non cambiano.

COLLEGIALE – Non sarà come oggi.

ALFA – Basta volerlo, piccola. Credi che per me sia facile, che non mi costi nessuna fatica?... Sarebbe più facile diventare come loro... (Indica il gruppo intorno all'investigatore)... Credere soltanto a quello che serve. Anche tu vuoi diventare così?

COLLEGIALE – No.

ALFA – (con calore) E allora bisogna resistere, ad ogni costo... Capisci? Allontanarsi da loro... Li vedi?... La vanità goffa e ridicola, il falso puritanesimo, l'ipocrisia della rispettabilità...

COLLEGIALE – Come farò in collegio?

ALFA – Bisogna riuscirci, in ogni modo.

COLLEGIALE – In collegio tutto è nemico: le macchie di muffa sui muri disegnano il profilo delle sorveglianti, e i calabroni volano senza fare rumore.

ALFA – In collegio, hai detto?... E perché?... Non c'è il mare davanti a noi?

COLLEGIALE – Non lo so... Non ne sono più sicura.

ALFA – Allora è finita... Hanno ragione loro...

(La signorina Andropius lascia il gruppo, si avvicina alla collegiale, la prende bruscamente per la mano e si allontana con lei verso il fondo).

COLLEGIALE – (voltandosi; a voce alta) Sì, Alfa... c'è il mare davanti a noi... c'è il mare!

ALFA – (allegro; salutandola con la mano) Bene, piccola... hai capito... hai capito!...

 

 

 

 

IV QUADRO

 

Due giorni dopo. Il direttore è fermo davanti alla gabbia di destra e guarda attraverso le sbarre. Gregorio è accanto a lui con la sua carretta.

DIRETTORE – Sei ben sicuro che stanotte non sia entrato qualcuno nel giardino?

GREGORIO – E come volete che sia sicuro? Quelli entrano ed escono e non hanno mica il bisogno di domandarmi il permesso.

DIRETTORE – Voglio dire se hai inteso qualche rumore sospetto... un fruscio di passi... un suono di valzer?...

GREGORIO – A me pare di no... Ma come si fa a essere sicuri!

DIRETTORE – Incredibile! La leonessa sparisce dalla gabbia dove l'avevamo isolata e, dopo due giorni, ricompare in questa, accanto al suo vecchio compagno.

GREGORIO – Io dico che è tutta una congiura di anime dannate per prendersi gioco di noi. Vogliono darci continuamente dimostrazioni della loro presenza, come se noi non ci credessimo, o qui ci fossero degli imbecilli... Va bene che qui ci siete anche voi...

DIRETTORE – (Offeso) Come sarebbe a dire "ci siete anche voi"?

GREGORIO – Voglio dire, con vostra licenza, che voi avevate messo in dubbio l'esistenza degli spiriti.

DIRETTORE – Se devo essere sincero, la faccenda non mi pare del tutto chiara: va bene il campo di fluido, va bene il fenomeno medianico, ma qui adesso si sta esagerando!

GREGORIO – Ma se anche i membri del consiglio spiritico...

DIRETTORE – (con un gesto di sufficienza) Lascia stare, Gregorio...

GREGORIO – Ma come, non credete neppure a loro?! E come vi spiegate, allora, la scomparsa di vostra moglie?

DIRETTORE – (temendo di essersi tradito) Non ho detto che non ci credo... Ho detto... che è molto strano che una leonessa, un animale che non possiede spirito, riesca a incarnarsi e a disincarnarsi.

GREGORIO – Ma la leonessa non c'entra: è questo che dovete capire.

DIRETTORE – Non c'entra?

GREGORIO – Noi credevamo di averla trasferita nell'altra gabbia, e invece la leonessa è rimasta qui.

DIRETTORE – Eppure, anche tu l'hai vista di là.

GREGORIO – Abbiamo creduto, di vederla... e, del resto, come avrebbero potuto, due spiriti, portarsi via una leonessa vera?

DIRETTORE – Già... sarebbe stato molto strano, infatti... Ma è strana anche questa assenza di due giorni!

GREGORIO – Quella che noi abbiamo creduto... un'assenza, ma che in realtà non c'è stata, perché la leonessa si trovava qui... Proprio com'è capitato a vostra moglie...

DIRETTORE – Cosicché, adesso, forse, noi crediamo di vederla in questa gabbia... Ma potrebbe darsi che non ci fosse.

(Dalla gabbia di sinistra escono Alfa e il 2° vagabondo, sbadigliando e stirandosi come chi ha riposato tranquillamente).

GREGORIO – (dopo aver guardato i due) Su questo non ci sono dubbi: la leonessa è proprio là dentro.

(Alfa saluta Gregorio con la mano, quindi esce da sinistra con il 2° vagabondo).

DIRETTORE – (dopo una breve riflessione) E la pancia? Dov'è, andata a finire la pancia, dato che nella gabbia non ci sono i leoncini?

GREGORIO – (alzando le spalle) Beh... ma, l'aveva veramente, poi, questa pancia?

DIRETTORE – E non l'hai visto anche tu se l'aveva?!

GREGORIO – Sì... anch'io l'ho vista... o meglio: ho creduto... di vederla. Sarà stata un'illusione ottica.

DIRETTORE – In ogni modo, almeno su questo sapremo qualcosa di certo: ho mandato a chiamare il professore perché venga a visitare la leonessa.

(Una breve pausa. Gregorio sistema alcuni strumenti da lavoro nella carretta).

GREGORIO – Vedete, signor direttore, io credo che ci sia una prova indiscutibile che la leonessa non s'è mai mossa da questa gabbia.

DIRETTORE – E qual è questa prova?

GREGORIO – La tranquillità del leone. Ma credete veramente che il leone sarebbe così calmo, se avesse visto ritornare la sua compagna dopo tanti giorni? Non dimenticate che si tratta di un leone, e che lui non l'avrebbe bevuta la faccenda dello spiritismo!

DIRETTORE – (ha accusato il colpo) Come sarebbe a dire "bevuta"? Non è forse una verità scientifica che deve essere accettata da tutte le persone intelligenti?

GREGORIO – Sì... non discuto... Però, io non sono mica obbligato ad accettarla... Tanto, per quello che ci guadagno...

(Il direttore vorrebbe replicare, ma si trattiene. Un'altra pausa).

GREGORIO – Sapete, signor direttore, qual è la cosa più buffa in tutta questa faccenda?... È che non s'è accorto di essere becco, perché, spiritismo o non spiritismo, becco lo è stato di sicuro...

DIRETTORE – (allarmato) Ma di chi stai parlando?!

GREGORIO – Del leone... Ah, su questo non ci sono dubbi: ricordo bene quando è stato aperto lo sportello di divisione... e il leone algerino... (Indicando fuori scena)... Eccolo che sta arrivando...

DIRETTORE – Chi sta arrivando?

GREGORIO – L'assistente.

(Da destra entra l'assistente con la siringa e la bottiglia del sonnifero).

DIRETTORE – (all'assistente) Veramente, io avevo mandato a chiamare il professore, non pensavo che sarebbe venuto lei... Che cosa? Il professore non s'è ancora ristabilito dopo l'incidente dell'ultima volta? (A Gregorio)... Ecco, Gregorio, questa è un'altra cosa che non capisco: come mai per il professore tutto è risultato vero e non apparente? Io non ho mai inteso parlare di un’illusione ottica con le unghie e le zanne.

GREGORIO – Non vi ricordate che avevo gettato nella gabbia un pezzo di carne con il sonnifero?

DIRETTORE – Sì, me ne ricordo.

GREGORIO – Ora, per potersi addormentare, l'animale doveva mangiare la carne...

DIRETTORE – Appunto.

GREGORIO – E chi doveva mangiarlo quel pezzo di carne, se la leonessa non era nella gabbia?!

DIRETTORE – Hai ragione... Non ci pensavo... (Riflette per un attimo)... Ma se la leonessa non era nella gabbia, chi è stato ad assalire il professore?!

GREGORIO – Bisognerebbe sapere con sicurezza in quale gabbia è veramente entrato il professore.

DIRETTORE – ...Vuoi dire che noi... abbiamo creduto... (Indica le due gabbie).

(Intanto l'Assistente ha iniettato il sonnifero in due pezzi di carne, li ha appoggiati sul coperchio e fa cenno a Gregorio di gettarli nella gabbia. Clotilde è apparsa dal fondo e l'assistente corre da lei. I due incominciano a conversare amabilmente. Il direttore guarda la scena contrariato, rimane un po' pensieroso, poi, mentre Gregorio gli volta le spalle, toglie dal coperchio la carne col sonnifero, la getta nella carretta e la sostituisce con altri due pezzi di carne. Gregorio che non s'è accorto della manovra, infilza la carne sulla forca e va a gettarla nella gabbia. Il direttore guarda verso il fondo, fregandosi le mani per la contentezza. Gregorio torna alla carretta e incomincia a spingerla verso destra).

DIRETTORE – (al fianco di Gregorio, ora guardando la gabbia, ora guardando verso il fondo) Sì, Gregorio, hai perfettamente ragione... non è il caso di meravigliarsi per quello che è accaduto: adesso ne sono convinto anch'io. Tutto è possibile nel campo di fluidi nel quale ci troviamo. Anzi, io sono certo che l'attività medianica è ben lungi dall'essersi esaurita... altri fenomeni, forse, si stanno preparando in questo momento... (Escono da destra).

(Un bisbiglio dal fondo: è una comitiva di visitatori. Poco dopo, davanti alle gabbie di destra appare Alfa).

ALFA – ... Dopo aver salutato la famiglia dei marsupiali ed aver concentrato la nostra attenzione sulla puzzola e sulla marmotta, la nostra visita ha termine davanti a questi mammiferi. Leo – leonis, quadrupede carnivoro di indole cosiddetta feroce... I due esemplari che vedete, sono stati i protagonisti di un recente piccolo scandalo di cui s'è occupata la stampa locale. Ricordate?... Circolavano le supposizioni più assurde su quello che sarebbe avvenuto... Fantasticherie di giornalisti... La soluzione era a portata di mano: trattandosi di un adulterio, non rimaneva che riferirci al triangolo coniugale più vicino... misurare l'apertura degli angoli, la proporzionalità dei lati, scoprire se per caso esistesse un rapporto di similitudine... E, accertato questo, ogni dubbio sarebbe caduto, perché, secondo il noto teorema, i due triangoli sarebbero rimasti simili anche nel loro successivo sviluppo... Tutto è a posto, ora: tutto si è risolto con la soddisfazione generale, nel migliore dei modi possibili: la stampa tace e il pettegolezzo s'è spento, la morale è salva, il focolare domestico inviolato. Soddisfatta la signorina Andropius che ha ritrovato il buon nome del suo collegio, tranquillo il direttore che ha visto dissiparsi le ultime nubi che offuscavano la sua rispettabilità, felice Capitano Roky che ha incominciato ad allattare due leoncini davanti ai quali sta per aprirsi una lunga carriera di gloria... Che c'è ancora da segnalare?... La gioia di due vagabondi che hanno ritrovato una casa, e quella dell'investigatore che, finalmente, ha potuto abbracciare la tanto agognata professione di spiritista... Ah, sì... (con dolcezza)... C'è ancora la piccola che è tornata in collegio... Ma per lei bisognerà aspettare che cresca e che si esprima... Certo che l'inizio è promettente, ma, forse, è ancora troppo presto per dare un giudizio: la vita è lunga e, nonostante i buoni propositi, è difficile salvarsi dalla volgarità e dal pregiudizio. Però, è un motivo di consolazione per tutti, sapere che in qualche parte di questa città il rombo dei motori diventa una vibrazione armoniosa, come il fruscio degli alberi o il crepitare della pioggia, e che un esercito di draghi e di cavalli sale nel cielo dai camini e dalle ciminiere... Ma qui, intanto, tutto è a posto: tutto è salvo. Possiamo tornare a stendere, tranquillamente, senza paura di arrossire, l'onore e la rispettabilità sui fili del bucato... (Alla gabbia di destra)... Che cosa ne dici tu, amico leone... Va bene la vita coniugale? (Forte ruggito)... Anche lui soddisfatto!... Appunto... come volevasi dimostrare...

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