TUTTI GIU’ PER TERRA

di

Roberto Braida




1
INTERNO DI UN APPARTAMENTO

Una donna con una vestaglia si aggira in casa mettendo ordine. C’è la radio accesa e sta suonando una canzone d’amore. La signora la canticchia mentre spolvera. Rimette a posto alcune cose. Si accorge di qualcosa ed esce in quinta correndo. Rientra con una padellina ed un mestolo in mano. Sembra si sia bruciato qualcosa che stava cucinando. Fa delle smorfie di dispiacere. Ha un aspetto piuttosto trasandato. Guarda sul telefonino se ci sono messaggi. Sembra scrivere un messaggio. Si fa un selfie. Si mette con la bocca a beccuccio di gallina e si fa ancora dei selfie.
Suona il citofono. Lei è sorpresa, non aspettava nessuno. Con sospetto va a rispondere.
LEI
Si? Ciao. Ti lascio la porta aperta, tu entra ed accomodati.
(esce di scena. La radio continua a suonare la canzone, la porta piano piano si apre e con timidezza si affaccia LUI, un uomo molto timido. Poi entrando..)
LUI
E’ permesso?
LEI (da questo momento OFF)
Vieni, accomodati. Io arrivo subito.
LUI
Scusami non volevo disturbare.
LEI
Nessun disturbo, stavo solo facendo alcune cose e…
LUI
Se vuoi me ne vado e torno quando sei più tranquilla.
LEI
Ma no, dai, ci metto un attimo.
LUI
Come vuoi.
LEI
(canticchia ancora la canzone che sta andando in radio)….
LUI
Bella vero? L’ho ascoltata tanto proprio oggi.
LEI
Mi piace tantissimo, non riesco a togliermela dalla testa
LUI
Vero. La passano spesso in radio.
LEI e LUI la canticchiano insieme… poi ridono insieme.
LEI
Mi fa piacere che ti piaccia.
LUI
Abbiamo qualcosa in comune.
LEI
Eh, solo per una canzone.
LUI
Beh, già qualcosa no?
LEI
Vuoi bere qualcosa?
LUI
Sì, grazie.
LEI
C’è una bottiglia di Rum vicino alla radio. Fai da solo.
LUI
Grazie.
LEI
Prego
LUI (tra se)
Rum. A quest’ora magari proprio no. Non c’è un po’ di coca-cola in giro? (cerca) niente. Vabbè, così liscio, tanto ormai, fatto 30 facciamo 31.
Caldo… (si sventola, prende una rivista e si mette a sedere sul divano. Guarda l’orologio, sfoglia e beve il rum. Cerca di rilassarsi… poi sempre timidamente rivolgendosi verso la quinta) Buono questo rum. E’ cubano? (non risponde. Continua a bere e sfogliare il giornale) Sai che mi hanno fermato in strada quelli della Municipale per chiedermi dove stessi andando? Gli ho detto che andavo a fare la spesa. Ora dovrò per forza trovare un supermercato in zona per comprare qualcosa altrimenti mi faranno una multa.
LEI
Ma va? Lo sai che non sei la prima persona che me lo dice? Questa storia della pandemia ci sta sfuggendo di mano. Uno non può più andare a trovare un amico che…
LUI
Vero, pensa che ad un mio amico gli hanno fatto una multa incredibile solo perché stava passeggiando un po’ più lontano del solito.
LEI
Ne usciremo. Male, ma ne usciremo.
LUI
Tu pensi che non ne usciremo migliori?
LEI
Ma quando mai? Da quello che si vede in giro ne usciremo peggiori. La gente se ne frega del prossimo finché non arriva a minacciare se stesso. A quel punto si migliora, si realizza che forse curarsi del prossimo significa curare anche se stessi.
LUI
Come sei saggia…
LEI
Ma quale saggia. E’ che mi sono rotta le scatole di avere a che fare con questa situazione. Come tutti del resto. Non siamo più liberi di fare quello che ci piace fare, ed ora siamo qui a pietire la visita di un amico.  
LUI
Vero. Pensa che in questo periodo mi ero ripromesso di fare tante cose, riscoprire me stesso, scrivere, riprendere delle cose mollate tanto tempo fa.
LEI
E come il 90% delle persone ti sei ritrovato triste e annoiato dentro casa senza aver combinato niente, giusto?
LUI
Esatto. Come se mi fosse passata la voglia, come se non me ne fregasse più niente di quello che avrei potuto fare, della mia vita.
LEI
Magari perché avevi paura del tuo futuro?
LUI
Non saprei, può darsi. All’inizio ho avuto una paura fottuta, non uscivo di casa, cercavo in tutti i modi di farmi arrivare del cibo senza uscire. Facevo malvolentieri tutto. Poi piano piano ho allentato, mi venivano dei mal di testa incredibili e avevo bisogno d’aria.
LEI
Hai aspettato così tanto per venirmi a trovare?
LUI
Non sapevo se era il caso. Ho avuto paura di essere fermato, di giustificarmi…
LEI (esce ma è vestita in latex, molto sexy, e con un frustino in mano. Poi in tono perentorio)
Potevi dirgli che venivi dalla tua padrona, no?
LUI
(in soggezione) Avrei voluto dirglielo, ma non mi avrebbero creduto.
LEI
Come no? Potevi tranquillamente dirgli di venire a verificare. Perché? Non è vero?
LUI
Sì, hai ragione.
LEI
Anzi, potevi dirgli di venire anche loro, così ci divertivamo un po’.
LUI
Non è una bella idea…
LEI
E me lo dici tu? Che ne sai tu di quello che può essere una bella idea?
LUI
Non lo so, immagino…
LEI
O non glielo hai detto perché ti vergogni?
LUI
Beh, un po’ mi vergogno.
LEI
Sei piuttosto curioso.
LUI
Ho un po’ paura.
LEI
Non ti devi mica spaventare. Mica mordo… (ride)
LUI
Mi fai paura così.
LEI
E’ il mio lavoro bellino… mettiti in ginocchio.
LUI
Ok, ma non farmi male.
LEI
No, non ti faccio male… Ti do solo una piccola lezione.
LUI
Speravo in qualcosa di diverso…
LEI
(interrogativa) Ci conosciamo?



LUI (sempre con tono di soggezione)
Sì. Ci siamo conosciuti qualche mese fa in un pub a Testaccio, ma non abbiamo mai fatto niente. Tu eri con qualcuno ma abbiamo parlato un po’ del più e del meno mentre aspettavamo che ci portassero una birra al bancone.
LEI
Non mi ricordo sinceramente, incontro talmente tanta gente che ora su due piedi non mi viene in mente.
LUI
Non ti preoccupare. Il più delle volte mi sento invisibile.
LEI
Vabbé, non mi sembra il caso di farne una tragedia.
LUI
No, infatti.
LEI
Ma tu sai veramente chi sono?
LUI
Credo di sì…
LEI
…con parole tue…
LUI
Fai la padrona, giusto?
LEI
Bene. E questo non ti crea problemi?
LUI
Ero incuriosito…
LEI
Era così tanta la voglia di vedermi che sei venuto di soppiatto senza avvertirmi. Lo sai che in questo mestiere, almeno per come lo faccio io, le persone devono ispirare fiducia, altrimenti non se ne fa niente.
LUI
No, non ti devi preoccupare, io sono molto timido ma convinto di essere qui da te.
Poi dopo che ti ho vista… sarà difficile andare via…
LEI
(guarda l’orologio) Ok, va bene, ma sbrighiamoci. Ti voglio dare una bella lezione...
LUI (cerca di cambiare discorso per paura)
Che bella casa che hai. E’ tua?
LEI
Non sono cose che ti riguardano.
LUI
Scusami, non volevo impicciarmi dei tuoi affari.
LEI
Fai bene. Questo genere di domande non mi piacciono.
LUI
Scusami.
LEI
Scusami, padrona…
LUI
Scusami padrona..
LEI
Perché non ti fermi? Non vuoi che ti prenda?
LUI
Non è proprio nei miei desideri…
LEI
(si ferma improvvisamente) E allora che cavolo vuoi?
LUI
Stare con te qualche minuto, se possibile…
LEI
Fammi capire: se sei venuto qui per non pagarmi guarda che ti faccio male sul serio…
Tu sei uno di quelli?
LUI
No, assolutamente, volevo essere un tuo amico.
LEI
E perché vorresti essere mio amico? Che siamo mai andati a cena insieme?
LUI
No, ma mi piacerebbe tantissimo…
LEI
Ma che sei venuto a fare? A scopare o a corteggiarmi? Guarda che io non ho tempo da perdere con te, chiaro?
LUI
No, ti prego, non mi offendere. Non ti faccio perdere tempo, è che sono molto timido.
LEI
Timido? Vai a mignotte e sei timido?
LUI
Proprio per questo. Non è facile per me e poi volevo conoscere meglio quella ragazza meravigliosa che avevo incontrato al pub.
LEI
Non mi prendere per il culo.
LUI
Sul serio, è dall’inizio di questa maledetta pandemia che sto pensando a come conoscerti.
LEI
Ah sì. Mi potevi portare un mazzo di rose, no?
LUI
Davvero le avresti accettate?
LEI
E perché no? Tanto ormai…
LUI
Allora magari scendo e te le vado a comprare, una dozzina di rose rosse. Le ho viste al fioraio proprio qui sotto.
LEI
Senti caro. Non perdiamo troppo tempo.
LUI
Allora facciamo che te le prendo la prossima volta. Mi piacerebbe farti un regalo.
LEI
Ma non eri timido?
LUI
Tantissimo…
LEI
E tutta questa energia dove la prendi?
LUI
Non lo so. Forse è perché sei tu e non mi sento più così impacciato…
LEI
Beh, un po’ impacciato lo sei…
LUI
Imbranato…
LEI
Bello imbranatello.
LUI
Sì, forse. Guarda, mi tremano anche le mani.
LEI
(prendendogliele) E ti sudano pure. Sei proprio agitato…
LUI
Eh, sono imbranatello…
LEI
Vabbé, quindi che vogliamo fare?
LUI
Posso restare qui a guardarti?
LEI
Ma che sei un maniaco?
LUI
No no, assolutamente. Non voglio farti perdere tempo. Ti pago lo stesso, voglio solo stare con te. Vedere cosa fai, come vivi. (gli da dei soldi, LEI li prende)
LEI
Non è che poi ti vuoi toccare?
LUI
Macché, figurati se faccio queste cose. Io non sono un guardone.
LEI
Allora mettiti seduto e continua a bere il tuo rum.
(LUI si siede sul divano.
LEI
Quindi hai sfidato la sorte per poter venire da me.
LUI
E’ sempre stato il mio sogno proibito. Non sono mai riuscito a togliermi dalla testa quella sera che ti ho vista.
LEI
Un sogno che si avvera a quanto pare…
LUI
Oh sì, mi sento veramente a mio agio a parlare con te.
LEI
Ma io non sono quella che pensi.
LUI
Io credo che le persone si riflettano nelle altre persone, si identifichino. Cerchino di somigliare a qualcuno.
LEI
Beh, lo penso anch’io. Ciascuno di noi ha un idolo, un esempio da seguire.
LUI
Ecco, io ho pensato che il mio esempio eri tu.
LEI
Ti rendi conto dell’assurdità della cosa?
LUI
Dipende dai punti di vista.
LEI
E qual è il tuo?
LUI
Quello di essere come te.
LEI
Non lo puoi essere, lo sai?
LUI
Sì, magari non del tutto, ma è il mio desiderio. Quantomeno somigliarti.
LEI
E come pensavi di somigliarmi?
LUI
Io adoro il tuo modo di vestire, il tuo profumo, i tuoi capelli. Adoro quel tuo modo di camminare…
(si alza e si avvicina a LEI. Ora ha un atteggiamento più deciso. Le toglie il frustino di mano e lo poggia sul divano)
Avevo portato un po’ di cose con me…
(piano piano dalla sua borsa comincia a tirar fuori dei vestiti da donna. Nell’azione LEI lo osserverà impietrita mentre LUI indosserà gli abiti: calze da donna, gonna, camicetta, scarpe con tacco a spillo, giubbotto di pelle).
Ho avuto una infanzia piuttosto difficile. Mi sono sempre sentito emarginato, almeno così pensavo io che vedevo tutti i miei amichetti giocare a pallone e a prendere in giro le ragazzine. Io ci giocavo invece con loro: un po’ mi vergognavo, un po’ ero orgoglioso. E mentre gli altri mi prendevano in giro io mi sentivo a mio agio. Avevo avuto una visione della mia vita. Avrei voluto essere qualcuno che avrebbe trovato tranquillità solo con la mia accettazione, emarginato ma felice. Ma non avevo punti di riferimento. Non li ho mai avuti perché non li avevo mai trovati, non mi soddisfacevano, o almeno non li ritenevo adatti alla mia figura. E così per anni ho passato in rassegna diversi tipi di persone, di donne, giovani o più anziane. Le ammiravo per la loro grazia e la loro pazienza. Avrei voluto chiedere a chiunque di loro qualcosa di segreto, quell’intima confidenza che solo una donna riesce a farti. Mentre io sognavo, raccoglievo le idee in attesa di scoprire me stesso. Non è stato semplice e non è stato nemmeno molto veloce visto che il mio esempio l’ho conosciuto in un pub. Ti ho vista. Ho capito che con te avrei potuto fare il grande passo, liberarmi dalle scorie della mia vita fatta di sotterfugi, di malignità.

(alla fine della vestizione)
Sei stata molto cattiva oggi. Non mi hai permesso di parlarti come volevo. Sei una bambina indisciplinata.
(LEI piano piano si spoglia dei suoi vestiti, si toglie la gonna e il corpetto. Le cede il frustino)
LEI esce di scena.
BUIO




2
LUI
(travestito)
Spero non ti sconvolga questo mio aspetto ora che hai visto il resto. Io non mi lamento mica di me stesso. O meglio, non mi lamento più. Perché se dovessi pensare a quello che ho vissuto interiormente forse tu non ti lamenteresti della tua vita fatta di meschinità e piccole cose. Io credevo in me stesso, io pensavo di essere come tutti, superiore, immortale. Non avevo paura di niente, mi sentivo invincibile. Tutti noi ad un certo punto della nostra vita ci siamo sentiti così. Chiunque volesse ostacolare la nostra superiorità ci avrebbe trovati pronti, col nostro scudo di Capitan America, coi nostri superpoteri di Superman, vi avrebbe fermato e rispedito al mittente.
Questo mi avrebbe reso immortale, mi avrebbe reso invulnerabile. Ero senza paura, perché quando credi in qualcosa allora quella cosa diventa possibile…
E allora cosa cambia nella nostra vita. Perché ora mi sento così fragile, così debole. Qualcosa cambia nella nostra percezione del mondo. Non ci arrendiamo ma siamo costretti a combattere, a perdere tante volte le nostre battaglie quotidiane, ad umiliarci di fronte a tanti soldati e a risalire la china di fronte ai pochi generali. Ho amato tanto e odiato di più. Sono stato offeso e ho offeso di più. Delle volte mi sento dei sensi di colpa più grandi di quello che in realtà sono e allora mi rifugio nel mio personaggio, quello che mi sono inventato prendendolo dal profondo della mia anima, delle mie sensazioni. Mi sono trasformato in qualcosa che mi rispecchia di più.
Ecco, io così mi sento sicuramente più a mio agio, mi sento più me stesso. Affronto meglio le cose, riesco a dormire senza sensi di colpa. Non mi importa niente di quello che avviene là fuori, io sono il frutto di quello che sento da dentro e non voglio preoccuparmi di quello che succede là fuori. Ho il mio respiro che mi aiuta ad alimentarmi, calmo, regolare, profondo.

E’ vero, non mi sento completamente realizzato, mi danno fastidio molte cose di me, sono diventato ipercritico, ma cerco di non pensarci, e quando mi travesto mi sento meglio, mi abbandono alle mie fantasie e mi faccio trovare pronto… mi faccio trovare pronta, perché io non sono come mi vedi tu, io sono come mi vedo io, e tu non puoi distorcere la mia realtà.


La musica accompagna le azioni di LUI (sempre travestito)
(si mette davanti ad uno specchio e comincia a truccarsi, si sistema le calze, controlla il suo vestito, prende altri vestiti e prova a vederseli addosso mettendosi davanti ad uno specchio.
Si versa del te in una tazza e si mette seduto, sfoglia delle riviste. Ascolta la radio. C’è una canzone conosciuta.

LEI
(affacciandosi) E’ permesso?
LUI
Come va? Prego, entra.
LEI
Scusa, ho fatto tardi. Mi sono dovuta fermare per un controllo e non riuscivo più a passare.
LUI
Ma ora sei qua.
LEI
Ma ora sono qua.
LUI
Vuoi una tazza di the?
LEI
Si grazie. Lo prendo volentieri.
LUI
(ne prende una tazza e gliela porge) Ecco. E’ un the speciale, viene dal Giappone. Le foglie sono molto grandi e sembrano quasi dei fiori. Appena entrano nell’acqua calda si aprono e diffondono un profumo inebriante per tutta casa. Delle volte lo faccio solo per profumare l’ambiente se non costasse così tanto. Troppo direi…
LEI
Beh, speriamo che sia buono.
LUI
Su quello ci metto la mano sul fuoco. E’ veramente speciale. Che ne pensi?
LEI
Buono veramente. Ho assaggiato tanti the in vita mia ma questo è veramente buono.
LUI
E’ uno dei pochi privilegi che mi concedo. Per il resto come puoi vedere vivo in una casa modesta.
LEI
Piccola ma carina. Come diceva quel latino “parva sed adapta mihi”.
LUI
Si, me la sono cucita addosso.
LEI
Oggi non hai lavorato?
LUI
No, oggi sono rimasta in casa, mi sono concessa una giornata di riposo. Avevo bisogno di riflettere su alcuni punti.
LEI
Ci sei riuscita?
LUI
Non proprio; diciamo che sono rimasta a rigirarmi nel letto.
LEI
Ogni tanto ci vuole anche quello. Stamattina avrei fatto molto volentieri anch’io la stessa cosa, ma purtroppo sono dovuta uscire per forza, non avevo più latte in casa ed io senza non riesco a starci.
LUI
Già, il latte. Non ricordo più nemmeno il sapore. Chissà perché poi ad un certo punto le abitudini cambiano, e quello che prima ti piaceva poi non ti piace più.
LEI
Molti lo abbandonano per problemi di digestione. Diventa più una necessità abbandonarlo.
LUI
Per necessità o per volontà, ognuno ha il suo modo di cambiare il corso delle cose.
LEI
Il latte è un buon esempio. Che si potrebbe applicare anche ad altro, specie nei cibi…
LUI
Già, le verdure ad esempio.
LEI
La carne…
LUI
Io la carne l’ho sempre mangiata.
LEI
Ah, beh. Non tutti gli esempi allora calzano a pennello.
LUI
No, infatti.
LEI
(come in imbarazzo) Ti ho portato le analisi…
LUI
Ah, grazie. Lasciale sul divano, le leggerò dopo.
LEI
Non vuoi vederle ora?
LUI
E perché?
LEI
Perché le stavi aspettando con tanta ansia che forse potremmo vederle insieme.
LUI
Pensavo di vederle da sola con una tazza di the. Avrei avuto modo di contemplarle.
LEI
(mentre dice queste battute versa e porge una tazza a LUI)
Beh, la tazza di the già ce l’hai. Se vuoi te ne verso ancora. Anzi, ne prendo anch’io dell’altro. E’ veramente buono. Come hai detto che si chiama la marca?
LUI
Non l’ho detto…
LEI
Eppure mi era sembrato. Ma sicuramente non si trova in un supermercato…
LUI
Ti ho detto che è un the speciale. Io non bevo cose del supermercato.
LEI
Eccole… (prende un foglio dalla busta)
LUI
(prende i fogli in mano, comincia a leggerli. Poi improvvisamente li rimette nella busta e cambia discorso) Oggi è una giornata strana. Si sono posati due uccellini sul mio davanzale e hanno iniziato a cantare. Sono rimasto a guardarli per un po’. Non se ne andavano. Continuavano a cantare. Almeno sembrava così perché subito dopo ho notato che non si guardavano più. Allora ho pensato che stessero discutendo. Litigavano. Hanno battibeccato per un po’. Poi sono volati via in due direzioni diverse. Che si saranno detti? Secondo me si sono mandati affanculo e ognuno per la propria strada.
LEI
Può darsi, d’altronde non conosciamo il loro linguaggio.
LUI
Già. Magari il maschio gli ha fatto le corna e l’altra s’è incazzata.
LEI
Oppure la femmina si è vista con un altro e lui si è incazzato.
LUI
Punti di vista.
LEI
Punti di vista.
LUI
(in modo gelido) Voglio che te ne vai dalla mia casa.
LEI
Non pensavo di provocarti in questo modo.
LUI
Che sei venuta a fare, eh? A farmi sentire in colpa?
LEI
No, solo a portarti queste.
LUI
Lo vuoi capire che ormai io sono così?
LEI
Non ti sto mica accusando di nulla.
LUI
No? E questo zelo di portarmi le analisi come se fossi tanto coinvolta in questa mia trasformazione, come un’amica qualsiasi.
LEI
Io ho promesso di esserti amica e di volerti bene.
LUI
Hai promesso di volermi bene, in realtà tu vuoi bene solo a te stessa. Vuoi tenermi sotto controllo per il tuo bene.
LEI
Mi offendi. Pensi che non soffra a vederti così?
LUI
Mi hai sempre offeso, hai sempre cercato di umiliarmi. Ed ora improvvisamente ti ritrovo la più grande amica di sempre, quella che si spacca la schiena in due pur di accontentarmi. Perché?
LEI
Perché ti amo ancora.
LUI
Perché ti amo… ma che ne sai tu dell’amore? Di quello che mi passa per la testa?
LEI
Perché pensi che questa storia riguardi solo te? Perché non pensi che avevamo progettato di vivere insieme questa vita, ognuno con le proprie diversità, ognuno con le proprie debolezze, in modo da renderci entrambi più forti insieme.
LUI
E’ cambiato tutto, te ne rendi conto?
LEI
E’ cambiato tutto per te, ma per me è rimasto tutto così, come prima.
LUI
È cambiato tutto e tu non te ne vuoi fare una ragione.
LEI
Certo che non me la faccio. Pensi sia facile accettare che il proprio marito improvvisamente si trasformi in qualcosa di diverso?
LUI
Ah, adesso me lo stai rinfacciando come se tutto quello che mi avevi detto finora non valesse nulla. Mi hai mentito.
LEI
Ma no…
LUI
Mi hai mentito, hai cercato di rincuorarmi, di essermi vicina. Perché? Volevi la mia casa, quella che io avevo comprato? L’hai avuta. Cosa vuoi ancora? Vuoi che mi tolga questi stracci di dosso così potrai finalmente sentirti una donna realizzata? Non l’hai accettata questa condizione, ma d’altronde chi avrebbe accettato di vedere il proprio marito scoprirsi frocio? Tu? Con l’orgoglio che ti ritrovi, con il moto di invidia che hai sempre avuto per il mio senso di libertà, la mia voglia di vivere lontano dalle convenzioni, dagli schemi mentali, da te…
LEI
Ora mi stai offendendo.
LUI
Certo, come no. Come se non pensassi alla mia condizione… (mentre reciterà si inizierà a togliere gli abiti femminili e indosserà quelli maschili) Ma certo, vuoi che mi tolga queste cose di dosso?
Vuoi che torni ad essere la persona che hai conosciuto? Vuoi che torni ad essere un maschio? E’ questo che vuoi? Tieni, prendi questo vestito allora, indossalo tu, fai tu la padrona di casa, fai tutto tu, sentiti realizzata. Io mi sento a disagio in questi quattro stracci, mi sentirei meglio se non fingessi, se tu non mi dessi la possibilità di mettermi in dubbio, di vivere nascosto come un evaso. E così sarà, torno ad essere quello che all’anagrafe hanno sempre conosciuto.
Ma non ti voglio più vedere. Devi sparire dalla mia vita. Rimani qui, me ne vado e spero di non ritrovarti mai più e di non avere più nessuna intenzione di fingere.
(esce vestito da uomo. LEI rimane in scena sconsolata).

LEI
Vai, vai, vai pure via tanto torni. Eccome se torni. Torni perché non hai la forza di stare da solo, non ne sei capace. Sei solo un egoista che pensa alle proprie esigenze, pensi solo a te stesso. Ora basta però, non voglio più pensare solo agli altri. Devo pensare a me. Ho sopportato anche troppo con te, ti ho assecondato in questa follia, in questo desiderio che avevi. E io? Non avevo desideri, io? Non potevo lasciarmi andare io? No, perché dovevo assecondare te, le tue manie, i tuoi vizi, quello che sentivi dentro. Mi facevi sentire una idiota, una che non sa tenersi un marito, una poco di buono. Non sai quanto ho sofferto, dover sentire tutte quelle chiacchere della gente, evitarla per non sentirle. Perché la gente lo sapeva. Sapeva di te, sapeva che te ne andavi in giro con i tuoi amichetti, in giro per locali la sera a lasciarti andare, ed io a casa ad aspettare, a piangere, a dirmi che non era così che sarebbe dovuto andare. E non avevo la forza di reagire, ma solo di prendermi cura di te, di quello che sentivi.



3
(una musica triste accompagna gli ultimi movimenti. LEI si mette seduta a leggere una rivista. LUI entra come se tornasse dal lavoro, ha un’aria scontrosa)
LUI
(entrando) E’ pronto da mangiare?
LEI
Sta cuocendo.
LUI
Ancora? Lo sai che faccio tardi in ufficio.
LEI
Sta cuocendo. Cosa vuoi, che soffi sul fuoco per farla cuocere prima?
LUI
No, volevo che ti mettessi a cucinare prima. I miei orari li conosci benissimo. Quando sono le 13.30 voglio trovare il piatto sul tavolo.
LEI
Non ti sei mica fatto una schiava. Perché allora non te ne vai al ristorante?
LUI
Non ti azzardare a parlare con me in questo modo.
LEI
Perché sennò che fai?
LUI
Non mi mettere alla prova, lo sai che ti faccio male.
LEI
E perché non lo fai? Cos’è, hai paura di non mangiare il tuo piatto di pasta senza fare tardi?
LUI
Senti brutta stronza, mi hai già rotto i coglioni con tutte queste fregnacce. Chiudi il becco e vai in cucina sennò vengo lì e ti gonfio di botte.
LEI
Non credere di farmi paura.
(i toni si alzano sempre di più. LUI comincia a rincorrerla e la prende violentemente)
LUI
Che cosa vuoi, eh? Vuoi che ti butti fuori di casa? Vuoi che ti faccia male sul serio? Vuoi che ti ammazzi?
LEI
Sei solo un maniaco pervertito che non ha il coraggio di non fare niente di quello che dice.
LUI
Ti piace soffrire vero? Ti piace quando ti metto le mani addosso?
LEI
Non mi fai un cazzo!
LUI
Brutta puttana che non sei altro. Non ti basta che ti gonfio di botte? Ne vuoi ancora altre? (le da degli schiaffi) Devi obbedirmi, hai capito? Cos’è, vuoi sfidarmi sempre? Non ti azzardare a farmi incazzare più di quello che già mi fai fare, capito?
LEI
Sei solo un povero stronzo senza palle! Non sai far altro che menare le mani senza dirmi niente. Di te mi rimangono solo i lividi fuori, dentro non mi fai male.
LUI
Brutta troia. Mi hai rotto il cazzo!
(la prende da dietro, le alza la gonna e la prende violentemente simulando un rapporto molto violento).
(quando lui ha raggiunto l’orgasmo, si stacca e si va a mettere a sedere sul divano, esausto. LEI esce dalla scena e rientra con un piatto pronto e glielo porge)
LEI
Ecco il tuo pranzo.
LUI
Grazie amore (ora lui è più amorevole e LEI invece è più dura)
LEI
Sbrigati a mangiare che non ho tempo da perdere.
LUI
Sì, che devo andare in ufficio.
LEI
Hai portato i soldi?
LUI
Sì, te li lascio dopo prima di uscire. Ora fammi mangiare che sennò faccio tardi.
LEI
Dammeli subito che altrimenti ti dimentichi, come fai di solito.
LUI
Ti ho detto che te li do dopo, lasciami finire in pace questo piatto e poi ti giuro che non mi dimentico.
LEI
Non farmi incazzare, dammi quei cazzo di soldi e mangia quella roba in pace.
LUI
(prende un mazzetto di soldi) Ecco, ora fammi mangiare.
LEI
Sempre di meno, vero? Cos’è, non fai più tutti quegli straordinari che dicevi di voler fare? Pensi che con questo rotolo di carta igienica riesca a campare decentemente? Io con questi mi ci pulisco il culo, chiaro?
LUI
Ma quella è solo una parte dello stipendio, mica potevo prenderne di più al bancomat.
LEI
Non me ne frega un cazzo delle tue scuse, stasera voglio che mi porti il resto altrimenti è meglio che non ti fai vedere.
LUI
(improvvisamente cambia tono) Perché? Non mi fai mangiare?
LEI
(più amorevole) Certo che ti faccio mangiare, perché pensi così?
LUI
Perché sospetto sempre che tu mi voglia prendere per il culo.
LEI
Ma no, che dici? Io sto qui tutto il giorno ad aspettarti. Dove vuoi che vada?
LUI
Cerca di comportarti bene altrimenti mi incazzo un’altra volta e stavolta non lo so se ne esci viva.
LEI
No, non ti preoccupare. Vedrai che appena arrivi ti faccio trovare pronto così mangi e ti metti al letto.

LUI
Non prendermi per il culo come ieri, capito?
LEI
Non ti voglio prendere per il culo.
LUI
Ma allora non hai capito con chi hai a che fare? Lo sai che qua dentro comando io? Lo capisci vero?
LEI
Si, tesoro. Lo capisco. (di nuovo LUI la prende da dietro e simula un rapporto da dietro, come prima)
(appena hanno finito si ricompongono. Un attimo di imbarazzo. Si danno un bacetto sulle labbra)
LUI
(amorevole) Allora io vado, ci vediamo stasera (esce).
LEI
(dura) Cerca di non fare tardi. Chiaro?

BUIO



4
(con la luce scopriamo LEI e LUI seduti sul divano uno di fianco all’altra come per vedere la TV. Lui ha il telecomando in mano. In sottofondo si sente un suono di un qualche film in televisione)
LEI
Ma non lo hanno già fatto questo film?
LUI
Ieri, ormai replicano tutti i giorni i film di ieri.
LEI
E’ un continuo. ogni giorno mi sembra che sia sempre uguale.
LUI
E’ il film che è sempre uguale. Oggi è lunedì, ieri era domenica…
LEI
Ah sì? Pensavo che fosse domenica pure oggi…
LUI
No, è lunedì, ma tanto è uguale alla domenica.
LEI
E’ vero. È che non mi ricordo più niente.
LUI
Dillo a me… Non mi ricordo nemmeno se e che abbiamo mangiato.
LEI
No, quello me lo ricordo… petto di pollo alla piastra…
LUI
Ah già, tristezza…
LEI
E che ti aspettavi?
LUI
Ma ti ricordi quando per cena mi preparavi quei piatti stuzzicanti, pieni di peperoncino, vino, gamberi…
LEI
Altri tempi, non ci annoiavamo così tanto.
LEI
Questa cosa di non ricordarmi più delle cose banali mi preoccupa.
LUI
Già, ma sono i segni della vecchiaia. Non è che possiamo continuare ad allenarci la mente guardando la televisione. Non ti vedo mai con un libro in mano per esempio.
LEI
Beh, mi sembra che anche tu non è che faccia questo genere di scelta culturale.
LUI
Io leggo il giornale…
LEI
Si, certo. Il corriere dello sport…
LUI
Beh, che dovrei leggere?
LEI
Dovremmo fare qualcosa di più energico.
LUI
Davvero, ma potremmo fare altro, muoverci ad esempio…
LEI
Ma se non ti va nemmeno di andarmi a prendere un bicchiere d’acqua…
LUI
Troppo faticoso.
LEI
Però ci si potrebbe provare…
LUI
Ma se non ti va nemmeno di andarmi a prendere una birra…
LEI
Pesante…
(LEI mette una mano sotto la coperta e comincia a rovistare come per masturbarlo)
(LEI con lo sguardo fisso alla TV e il telecomando nell’altra mano. LUI che inizia a leggere una rivista mentre lei continua nel suo movimento. Il tutto nel silenzio più assoluto. Poi lui chiude la rivista, guarda sotto la coperta mentre lei continua il movimento. LUI la ferma. LEI tira via la mano sempre guardando la TV)
LEI
Ti sei divertito?
LUI
Tanto. Dovremmo farlo più spesso. E tu?
LEI
Mi vai a prendere un bicchiere d’acqua?
LUI
Certo. (si alza e si reca fuori dalla quinta. Rientra con un bicchiere d’acqua)
LEI
Grazie.
LUI
Ho dimenticato di prendermi la birra.
LEI
Io proprio non ci vado.
LUI
Ma io ti ho portato un bicchiere d’acqua.
LEI
Quanto sforzo…
(LUI si avvicina e mette una mano sotto la coperta e sembra masturbare lei. LEI ha ora il telecomando e il bicchiere d’acqua nella mano. LUI sembra fisso sulla TV e con la mano continua il movimento. Poi LEI lascia il telecomando, guarda sotto la coperta e toglie la sua mano).
LUI
Ti sei divertita?
LEI
Tanto.
LUI
Mi vai a prendere una bottiglia di birra?
(LEI si alza e va nell’altra stanza. Rientra con una bottiglia di birra)
LUI
Grazie
LEI
Dovremmo uscire qualche volta, mangiare una pizza o un gelato.
LUI
E perché? Non stai bene a casa?
LEI
Sì, ma non frequentiamo più nessuno, siamo sempre chiusi in casa io e te. Usciamo solo per andare al supermercato.
LUI
E ti pare poco? Comunque se vuoi andare al cinema possiamo anche farlo.
LEI
Ma al cinema possiamo portare la coperta?
LUI
Non lo so.
LEI
E che film vorresti andare a vedere?
LUI
Boh, forse uno che abbiamo già visto in televisione.
LEI
Che fanno in televisione domani sera?
LUI
Non lo so, ma già questa cosa mi ha messo l’ansia addosso.
LEI
Hai ragione.
(improvvisamente LEI si alza dal divano nella totale indifferenza di LUI)
LEI
Ho finito le sigarette. Vado a comprarle.
LUI
Ma tu non fumi.
LEI
Da qualche parte si dovrà pur iniziare.
LUI
Torni?
LEI
Vedremo.
(LEI esce mentre LUI continua a guardare indifferente la tv. Poi improvvisamente si alza dal divano e si mette davanti allo specchio. La scena deve ricordare quella iniziale di Verdone in Un Sacco Bello. Una musica incessante accompagna la vestizione di LUI: abiti in pelle, macho. Si mette anche l’ovatta nei pantaloni, proprio come nel film di Verdone. Poi prende il telefono mentre si versa da bere. Ora è vestito da vero macho)





5
LUI
Mannaggia, sempre occupato…
LEI
(entra, molto timida) E’ permesso?
LUI
(con fare sornione) Vieni cara. Vieni… Come stai?
LEI
Bene. Credo. Un po’ nervosa ma bene.
LUI
E perché sei nervosa? Non ti mangio mica…
LEI
Spero proprio di no.
LUI
Come ti chiami?
LEI
Luisa.
LUI
Luisa dagli occhi blu…
LEI
Quella era Lisa…
LUI
Licenza poetica…
LEI
Posso bere un goccio anch’io così mi rilasso?
LUI
Ma certo. Scusami se non ti ho offerto subito da bere ma sono rimasto un po’ perplesso di averti già vista da qualche parte.
LEI
Tu cosa bevi?
LUI
Un po’ di whiskey.
LEI
Va bene anche per me, grazie (LUI prepara il bicchiere e glielo porge)
LUI
Ecco, alla tua salute.
LEI
(lo beve tutto d’un fiato. LUI la guarda sorpreso) Me ne verseresti un altro bicchiere?
LUI
Certo. (stessa scena di prima. LUI versa e LEI lo manda giù tutto d’un fiato).
LUI
…alla salute!
LEI
Grazie.
LUI
Ne vuoi ancora?
LEI
Ma sì, dai…
(come prima)
LUI
(la scruta meglio) Sicuri che non ci siamo già visti?
LEI
Sì, una volta sempre qui a casa tua qualche mese fa.
LUI
Ah, certo. Tu sei Luisa… (fa finta di ricordarsi) Ma scusami se non ti ho riconosciuta subito, sai, qui è un porto di mare…
LEI
Immagino. Ma non preoccuparti.
LUI
Allora, vogliamo cominciare?
LEI
Così, a freddo?
LUI
Beh, metto un po’ di musica, ci scaldiamo un po’ con qualche ballo…
LEI
OK.
LUI
(mette una musica romantica. LUI si avvicina a LEI  e la prende per mano. Iniziano a ballare un lento) Ti piace questa canzone?
LEI
Si, va bene. Devo solo sciogliermi un po’. Sai, sono un po’ arrugginita…
LUI
Arrugginita bene direi…
LEI
(improvvisamente sente di dover vomitare) Oddio scusami. Il bagno…??
LUI
Di là… ma che ti prende…
(LEI scappa fuori dalla scena e si sente vomitare. Poi il rumore dello sciacquone. LUI la aspetta preoccupato in scena. LEI rientra)
Tutto bene?
LEI
Credo di sì, devo aver mangiato qualcosa che mi ha fatto male.
LUI
Beh, se ora va meglio possiamo riprendere da dove ci eravamo fermati.
LEI
Sì, certo
(parte una musica lenta. I due cominciano a ballare)
LUI
Che buon profumo…
LEI
Grazie. Spero di non deluderti.
LUI
E perché dovresti? Sei splendida, sei una superfemmina.
LEI
Grazie. Sì ma spero comunque di essere all’altezza.

LUI
Quanti problemi che ti stai facendo? Mica è la prima volta che lo fai, no?
LEI
Beh, no. Diciamo la seconda…
LUI
La seconda che fai sesso?
LEI
No, la seconda che lo faccio così, con uno che conosco poco…
LUI
Ma io mi faccio conoscere bene e so essere anche molto dolce all’occorrenza.
LEI
Sì certo. Ho paura però di lasciarmi andare come la volta scorsa…
LUI
E cosa è successo la volta scorsa?
LEI
Proprio non ti ricordi di me?
(la musica si ferma. LUI la guarda più attentamente)
LUI
Hai un viso familiare ma sinceramente non ricordo molto bene.
LEI
Ecco, vedi? Abbiamo cominciato col piede sbagliato.
LUI
Ma perché? Ci conosciamo? Sei venuta qui da me l’altra volta? E quando?
LEI
Qualche mese fa, prima di tutto questo casino della quarantena.
LUI
Ah, certo! Ora ricordo. Tu sei quella a cui piacevano molto le fragole.
LEI
Esatto. Sono io…
LUI
Ma come no? Ma come ho fatto a dimenticare quel pomeriggio? Scusami, non volevo essere sgarbato…
LEI
No, anzi perdonami tu. Venire qui in casa tua in questo modo.
LUI
Ma questo è il mio mestiere.
LEI
(si stacca, comincia a prendere coscienza di se. Diventa più aggressiva)
Il tuo mestiere? Interessante direi.
LUI
Perché, che sei venuta a fare allora? Non lo sai quello che faccio?
LEI
Diciamo che sono venuta a reclamare qualcosa che ti riguarda.
LUI
E che sarà mai?
LEI
(prende dalla borsa un foglio) Leggi.

LUI
(prende il foglio e legge. Si rende conto di una cosa) Sei incinta?
LEI
Sì, sono incinta.
LUI
Ed a me cosa dovrebbe importare?
LEI
Ti dovrebbe importare perché è tuo figlio.
LUI
Ma non dire minchiate.
LEI
Non dico minchiate. Sono incinta di 4 mesi e l’ho fatto con te proprio prima della chiusura. E non facevo sesso da almeno altri 4 mesi. Di chi pensi che sia? Dello spirito santo?
LUI
Sei venuta a minacciarmi?
LEI
Non ti sto minacciando. Ti sto semplicemente facendo vedere quello che è successo. Cos’è? Non sei contento di essere padre?
LUI
Ma tu sei impazzita? Mi vuoi fregare?
LEI
Io sono così contenta di avere un figlio da te. Sai, in realtà in questi mesi ho accarezzato l’idea di avere un figlio, l’ho maturata in questi mesi. Mi sentivo sola, abbandonata. E l’unico pensiero che mi sosteneva era quello di avere un figlio. Ormai sono così vecchia che forse questa è l’ultimo treno che rischio di perdere, e come vedi stavolta non l’ho perso.
LUI
Ma che cazzo vuoi? Ma non lo sai che faccio il gigolò? Ma che cosa pensi che possa risponderti? Che mi assumo tutte le mie responsabilità?
LEI
(prende una pistola) Le responsabilità questa volta te le assumi, chiaro? Non farò la fine di altre donne che ho conosciuto in rete in questo periodo e che hai messo incinte, ma che non hanno avuto la forza di reagire perché provavano vergogna a dover ammettere di essere andate con un puttaniere.
LUI
No vabbé, non esagerare. Io non ho messo incinta nessuna.
LEI
E questo bambino di chi pensi che sia? E’ tuo!
LUI
E che vuoi che faccia?
LEI
Voglio che te lo prendi, che lo cresci, che lo educhi, che lo fai diventare un uomo. Voglio che ti assumi le tue responsabilità.
LUI
E lo vuoi fare minacciandomi con una pistola? Perché non discuterne?
LEI
Perché tanto non vuoi?
LUI
Capisci che è un po’ difficile crescere un bambino con il mestiere che faccio?
LEI
(si ravvede) Oddio, ma che mi prende…
LUI
Vuoi bere qualcosa?
LEI
Sì.
LUI
(versa ancora del liquore) Tieni.
LEI
(beve tutto d’un fiato) Grazie.
LUI
Puoi lasciare i soldi per il bambino sul comodino.
LEI
Quanto lascio?
LUI
300 dovrebbero bastare per il momento.
LEI
Sì, per la carrozzina vanno bene.
LUI
Sicuro? Non fare che torni per chiedermi altro.
LEI
Lascio direttamente 500 euro, così sono più tranquilla.
LUI
Meglio. Ora vattene che ho da fare.
LEI
Sì scusami.
LUI
E non farti più vedere.
LEI
Sì, perdonami.
(esce)
(LUI riprende il telefono come per telefonare. Ma da fuori si sente uno sparo. LUI corre fuori dalla scena).
BUIO




6
OFF
Si sente il battito di una ciotola come per fare una torta. E’ un rumore continuo.
LUI è seduto sul divano, guarda la TV. C’è una conferenza stampa di Conte (o una conferenza dell’ISS) che parla del lockdown, cambia canale e si sente il bollettino dei contagiati. LUI sembra molto insofferente. Si stanca. Spegne. Si nasconde sotto una coperta. Poi improvvisamente…
LUI (urlando)
Mortaccivostra!!!!
LEI (esce dalla cucina mentre impasta la torta senza mai fermarsi con la spatola. Lo guarda con aria assente senza nessun tipo di reazione apparente. Ha le mani sporche di farina. Si ferma un attimo, lo guarda con una alzata di sopracciglio. Torna in cucina e ricomincia a sbattere nella ciotola).
LUI (da questo momento tutto è registrato, LUI non farà altro che fissare un punto della sala e accennerà a qualche reazione ogni tanto)
Che sia questo il momento di prendere in mano il fucile e sparare a zero su tutto quello che si muove… potesse essere anche solamente un deficiente che corre intorno al palazzo. Magari mi sta pure sul cazzo e me lo levo di torno. Tanto che mi frega, minimo mi prendo l’infermità mentale, a me l’aria viziata di casa mi fa andare fuori di testa. Se non respiro aria fresca divento una bestia.
Anzi, faccio finta di essermi perso e mi avvicino a qualcuno e lo impallino. Bang! E giù per terra.
Tanto mi volete morto qua dentro, volete fare in modo che subisca questa situazione deprimente senza dire una parola, massa di pecoroni senza midollo. Io reagisco, spacco tutto. Col cavolo che mi metto la mascherina per proteggermi. Da che poi? Dall’aria? Da niente! Non c’è niente là fuori, mi state solo prendendo per il culo. Volete solo che impasti pizza per 2 mesi e ingrassi…
Fuori si sente canticchiare “Azzurro…”. La moglie si affaccia col mestolo che continua a girare nella ciotola ma rimane sullo sfondo. Il nostro arriva a bordo palco e canticchia anche lui… Poi si ributta sul divano. Lei si ferma, lo guarda senza espressione. Lui si accorge della sua presenza. LEI esce e riparte la sbattitore nella ciotola.
LUI (sempre registrato)
Ma che cavolo ci faccio chiuso qua dentro, mi verrebbe voglia di giocare alla roulette russa, sparare un colpo e sperare che parta il colpo. Che vita deprimente che mi aspetta. E sto pure in smart working… lavoro da casa dice… e chiamalo “lavoro da casa”! certo, io ci metto il mio computer, la mia sedia, la mia corrente e voi fate i vostri affari sporchi, maligni. Siete solo dei bugiardi. Mi avete ridotto a fare scorta di lievito di birra e farina, e manco li trovo. Sono costretto a prenderli al mercato nero. Manco ci fosse la guerra.
Improvvisamente lo sbattitore si ferma. LUI si blocca interdetto. Guarda verso la quinta per capire se è successo qualcosa. Il suono non riparte. LUI fa per alzarsi per andare a vedere cosa sia successo. Il suono riparte e lui si tranquillizza e ritorna sul divano.
Abbiate almeno il pudore di tacere, di non farmi sentire le vostre canzoncine idiote cantate a squarciagola per farvi coraggio. Non eravate nessuno prima, non siete nessuno nemmeno ora, siete solo dei vigliacchi senza palle che non hanno il coraggio di uscire e spaccare tutto. Non siete come me, siete solo dai poveracci impauriti. Non andrà tutto bene, non vi illudete, andrà tutto male perché vi costringeranno a farvi un vaccino che non servirà a niente ma solo a far fare i soldi alle solite case farmaceutiche . magari vi ci mettono dentro il 5G così vi fanno alzare la temperatura e poi vi annientano a loro piacimento. Ma a me non mi fregate. Io mica me lo faccio fare il vaccino. Io vi ammazzo prima tutti. Manco una sigaretta in santa pace posso andare a fumarmi; avessi almeno un cagnolino, un bastardello da portare a pisciare, manco quello. Mi dovevo prendere un gatto…
Di nuovo si blocca il rumore della ciotola. LUI si ferma e guarda verso la cucina. Va verso la quinta e quando sta per uscire riparte il suono.
Potete farmi tacere ma solo per poco, poi mi vendicherò e allora saranno cazzi vostri. Uscirò da questa prigione, nudo, senza ritegno, vi verrò a cercare uno ad uno, e non avrò pietà di voi. Ammaestrate scimmie, luridi vermi che strisciano sperando di non essere calpestati, filtri consumati di sigarette, amebe, umiliati fino all’inverosimile. Io vi maledico, io vi odio. Cosa deve ancora capitarvi per precipitarvi fuori dalle vostre fogne maleodoranti e unirvi contro questa follia? Come sperate di sfangarla se non sarete pronti a combattere, a riconoscere che tutto ciò non ha senso? Non avete sufficientemente palle per ribellarvi? E come mai vi vedo su facebook con i vostri commenti così duri da sembrare dei guerrieri?
Aspettate me per seguirmi? Aspettate un capo che vi guidi verso una direzione? Aspettate il LA per accordare le vostre paure? Aspettate che apra il fuoco per primo?
 (si liscia la testa come Marlon Brando in Apocalipse Now)
(citazione da Apocalipse Now) Non avete il diritto di chiamarmi assassino, non avete il diritto di giudicarmi. Non esistono parole per descrivere lo stretto necessario a coloro che non sanno cosa significhi l’orrore. L’orrore. L’orrore ha un volto e bisogna essere amici dell’orrore. L’orrore e il terrore morale ci sono amici. In caso contrario allora diventano nemici da temere. Sono i veri nemici.
Ricordo
Sembra siano passati mille secoli. Andammo in un campo per vaccinare dei bambini. Andati via dal campo dopo averli vaccinati tutti contro la polio, un vecchio in lacrime ci raggiunge correndo non riusciva a parlare. Allora tornammo al campo. Quegli uomini erano tornati e avevano mutilato a tutti quei bambini il braccio vaccinato. Stavano lì ammucchiati. Un mucchio di piccole braccia. E mi ricordo che io ho pianto, ho pianto come una povera nonna. Avrei voluto cavarmi tutti i denti, neanche io sapevo cosa volessi fare. Ma voglio ricordarmelo, non voglio dimenticarlo mai.
E a un certo punto ho capito. Come se mi avessero sparato, mi avessero sparato un diamante, un diamante mi si fosse conficcato nella fronte. Mi sono detto: oh Dio che genio, che genio che c’era in quell’atto. La volontà di compiere quel gesto. Perfetto. Genuino, completo, cristallino. Puro. E allora ho realizzato che loro erano più forti di noi perché riuscivano a sopportarlo. Non erano mostri, erano uomini. Squadre addestrate. (sullo sfondo appare LEI che si affaccia come per ascoltare) Questi uomini avevano un cuore, avevano una famiglia, avevano bambini, erano colmi d’amore ma avevano avuto la forza, la forza di farlo. Se avessi avuto dieci divisioni di uomini così i nostri problemi sarebbero finiti da tempo. C’è bisogno di uomini con un senso morale, e allo stesso tempo capaci di utilizzare il loro primordiale istinto di uccidere senza sentimenti senza passione, senza giudizio. Senza giudizio, perché è il giudizio che ci indebolisce.
(LUI fa il gesto di prendere un telecomando e cambiare canale)
OFF come da TV, una conferenza stampa del CTS con i numeri della pandemia.
LUI guarda LEI che ne frattempo si è seduta di fianco e continua a sbattere nella ciotola. Gli passa la ciotola e LUI comincia a sbattere nella ciotola. Si alza e si allontana sbattendo sempre. Si sentirà lo sbattitore continuo sempre in lontananza.
LEI fissa mentre come se guardasse la TV
OFF come se pensasse
Che ci faccio qui? Possibile che sono costretta a stare rinchiusa in questa gabbia insieme a questo individuo che nemmeno conosco? Che cazzo ho fatto nella mia vita per ritrovarmi in questo stato, fissa, inebetita di fronte ad un piacione col ciuffo che mi dice che devo rimanere a casa e non muovermi? Ma se scendo al supermercato mi becco il virus e mando affanculo tutti? Sì, vabbé, magari mando a fare la spesa prima a questo qui così almeno la smette di mangiarsi chili e chili di fiori di zucca e pizza. Non faccio altro che impastare, tutto il giorno impastare. Potrei aprire una pizzeria, potrei diventare la regina dei fritti, potrei fare anch’io una trasmissione tipo “La Signora dei fritti”… Non sto bene per niente, mi sembra di sprofondare ogni giorno di più, mi sento alienata, svilita, non so più chi cazzo sono e dove sto andando… ma dove sto andando se sto sempre chiusa dentro casa, e l’unica cosa eccitante è andare al supermercato a cercare l’ultimo pacco di farina e uno straccetto di lievito di birra… Dite la verità, ce l’avete con me? Mi si è fermato il mondo proprio quando avevo deciso di accelerare e andare a vincere, vincere nella mia vita, avere un futuro degno di questo nome, senza rimpianti, senza voltarmi indietro e fermarmi a guardare cosa ho lasciato. Già, e invece ora mi ritrovo a guardare avanti e sperare di tornare indietro. Non ne usciremo migliori, no. Io sono peggiorata, questo tizio che sta in cucina non l’ho conoscevo prima e fatico a conoscerlo anche ora, ora che siamo forzati a stare insieme, senza una prospettiva, con due fiori di zucca da impastare e una pizza per cena stasera. Ne devo uscire, ne devo uscire, indenne possibilmente, ne devo uscire senza avere rimorsi. Ne devo uscire rafforzata senza dipendere da una lievitazione troppo acida e senza impastare più pizza per almeno 4 anni. Non voglio più vedere una pizza per anni! Non voglio più sentire il puzzo di un fritto per almeno 3 anni! I fiori di zucca li voglio vedere appassiti.
LUI
Te li mangi due fiori di zucca stasera?
LUI
Sennò?
LUI
Te impasti la pizza e non rompi più i coglioni.
(LEI fa per affacciarsi alla finestra e grida)
LEI
Andrà tutto bene! (poi tra se) poveri coglioni…

FINE