Gli uccelli migratori
di Francesco Lagi
© 2015. Tutti i diritti sono riservati
PERSONAGGI
Marta
Guido
Walter
Gerry
Gli ambienti in cui si svolge la storia sono due. Il primo è l’interno di una casa con un tavolo, un paio di sedie e alcuni mobili; l’altro è la pineta che la circonda tutta, appena fuori: un posto fitto di alberi. I due ambienti si alternano scena dopo scena.
UNO – CASA
Una valigia pronta. Marta e Guido. Lui, seduto al tavolo, scrive a un computer. Lei, in piedi, si leva il maglione. È evidentemente incinta.
MARTA — Ahia. (Prende con le mani un granello di polvere che vola per aria)
GUIDO — Polvere?
MARTA — Mi sa di sì. (Apre la valigia. Cerca dentro. Butta tutto per aria. Fa disordine)
GUIDO — Acqua.
Lei esce. Va in camera.
Acqua.
Lei torna. Attraversa la stanza ed esce dall’altra parte.
Fuochino.
MARTA — Dov’è?
GUIDO — Fuoco.
MARTA — (torna con il Ventolin) Era in camera. Nel comodino.
GUIDO — E dove sta di solito?
MARTA — In camera.
GUIDO — Nel comodino.
Lei spruzza il Ventolin per aria. Non sa se spruzzarselo o no. Decide di no.
Vuoi provare a fare una doccia calda?
MARTA — No.
GUIDO — Ti farebbe bene. L’ha detto anche l’ostetrica.
MARTA — Non mi va.
GUIDO — Perché non ti sdrai? Ti sdrai e poi magari ti porto qualcosa di caldo.
MARTA — Sai di cosa avrei voglia?
GUIDO — Dimmi.
MARTA — Di saltare. Ho una voglia incredibile di saltare.
GUIDO — Facciamo le scale?
MARTA — Non è la stessa cosa.
GUIDO — Andiamo un po’ su e giù.
MARTA — No. Proprio saltare.
GUIDO — Ci facciamo un giro in macchina. Prendiamo un po’ di buche.
MARTA — Sai i tappeti elastici?
GUIDO — Poi magari andiamo da me. A casa.
MARTA — Ancora?
GUIDO — Sarebbe più vicino. L’ospedale.
MARTA — Sto bene qua.
GUIDO — Saresti più tranquilla.
MARTA — Io sono tranquillissima. (Si tocca le braccia) Senti la pelle quanto è liscia. Tocca.
GUIDO — (le passa una mano sul braccio, su e giù) Molto liscia.
MARTA — Nell’ultima settimana. Si è lisciata.
GUIDO — Crrrrrrrrr. Qui è piena di asperità.
MARTA — Senti anche le mani. Come sono gonfie.
GUIDO — Gravissimo.
Le prende una mano e, con quella scusa, le fa fare il balletto dell’onda che passa da parte a parte. Ma lei non lo fa: l’onda non passa.
Pensa a qualcosa di bello.
Silenzio.
L’ultima volta che sei stata felice, te la ricordi?
MARTA — Che domanda è?
GUIDO — È una domanda. Te lo ricordi?
MARTA — Non so.
GUIDO — Rispondi.
MARTA — Sì.
GUIDO — Dov’eri?
MARTA — Ero con te. Giocavamo.
GUIDO — Dove?
MARTA — Qua fuori. In pineta. Stava piovendo. C’era una pioggia fortissima che veniva giù. Ci eravamo persi. Non sapevamo più la strada.
Silenzio.
Tu avevi quella bussola. Quella trovata in una di quelle palline di quei cosi automatici.
GUIDO — (fa il verso della macchinetta che distribuisce le palline) Crr. Crr. Come no. Mi piaceva.
MARTA — Io avevo paura, ti stavo attaccata. Tu hai guardato la bussola tutto serio e mi hai detto che, casa, era di là.
GUIDO — E dov’era casa?
MARTA — Di là.
Silenzio.
È stato l’ultimo attimo prima che ci trovasse zia, che ci dicesse di mamma e papà.
GUIDO — Dell’incidente.
MARTA — Sì. È stato quell’attimo lì. Io lì ero felice. Quella paura, quella pioggia, tu che mi tenevi la mano. La bussola.
A lui viene un po’ da piangere.
Ma che fai, piangi?
GUIDO — No che non piango.
MARTA — Mi sembrava che piangessi.
Silenzio.
(Rutta) Ho un po’ di acidità.
GUIDO — Vuoi bere, mangiare?
MARTA — No.
GUIDO — Pane?
MARTA — L’amido no.
GUIDO — L’amido no?
MARTA — Meglio di no.
GUIDO — (si alza e le versa dell’acqua) Bevi.
Lei beve.
Bevi.
MARTA — Hai paura?
GUIDO — No. Tu?
MARTA — No.
GUIDO — (si rimette al computer. Scrive qualcosa) Vuoi che ti legga qualcosa?
MARTA — Va bene.
GUIDO — Ho scritto stanotte una cosa molto bella, ti va se te la leggo? Una cosa molto molto bella. Stanotte. Non riuscivo a dormire. È un po’ lunga, ti va lo stesso?
Lei però è distratta.
Non te la leggo più.
MARTA — Se me la leggi è perché ti fa piacere.
GUIDO — Ma deve far piacere a te. Altrimenti non ha senso. Io l’ho già letta.
MARTA — Ma dài. Leggimela.
GUIDO — Lascia stare. Devo ancora finirlo. Poi si può fare meglio.
MARTA — Va bene allora non leggermela.
Suonano alla porta.
GUIDO — Aspetti qualcuno?
MARTA — No. Tu?
GUIDO — No.
Lei si alza.
Vai tu?
MARTA — No. Pipì.
GUIDO — Vado io.
Va ad aprire e si trova davanti uno: l’aria spaurita, gli occhi grandi, sulle spalle ha uno zaino grande come una casa. Un lungo silenzio.
WALTER — Salve.
GUIDO — Salve.
WALTER — Sì?
GUIDO — Sì.
WALTER — Marta?
Silenzio.
GUIDO – Marta.
Marta torna nella stanza.
Chi è?
MARTA — Che vuoi?
WALTER — No, niente.
MARTA — Se non c’è niente allora vai.
WALTER — Aspetta.
MARTA — Che c’è?
Silenzio.
Mi devi dire qualcosa?
WALTER — Qualcosa, sì.
MARTA — Dimmi.
WALTER — Io voglio stare qui, con te.
Lei scoppia a ridere, poi ha un attacco d’asma: Guido le allunga il Ventolin e se lo spruzza. Anche Walter ride, poi non ride più.
MARTA — Scusami.
WALTER — Di cosa?
MARTA — Che ho riso.
WALTER — È perché ho detto «con te»? Ti sono sembrato ridicolo.
GUIDO — Ma chi è? È lui?
MARTA — Sì.
GUIDO — Gliel’hai detto?
WALTER — Sono qui solo per aiutare.
GUIDO — Adesso?
WALTER — Io l’ho saputo ieri.
GUIDO — Gliel’hai detto ieri?
MARTA — Sì.
GUIDO — Ma no.
WALTER — Prima di ieri non aveva sentito neanche il bisogno di avvertirmi. Non si è fatta più sentire. Non ti sei fatta più sentire.
GUIDO — Ma avevamo deciso di no. Ne avevamo parlato così tanto.
MARTA — Lo so.
GUIDO — Era una decisione tua. Eri convinta.
WALTER — So di non essere il benvenuto qui. Non sono abituato a entrare in casa di altri se non sono stato invitato. Rispetto la vostra casa. Rispetto il vostro matrimonio. O la vostra unione. La vostra relazione, quello che è.
GUIDO — Sono il fratello.
WALTER — Ecco. Meglio. In un momento come questo tutto deve essere detto con chiarezza. Pensando a tutta quanta la logistica dell’accaduto.
GUIDO — La?
WALTER — La logistica. Dell’accaduto. Sono venuto qui per dirti che voglio starti vicino.
Silenzio.
Almeno darti una mano.
MARTA — Ma non è che adesso, dài. Ci manca solo che.
WALTER — Io non sono un romantico. Sono un uomo pratico. Mi rendo conto di tutte le cose che dobbiamo prendere in considerazione. Io non ho problemi di soldi. Posso darti tutto quello di cui hai bisogno.
GUIDO — Marta ha bisogno di stare tranquilla.
WALTER — Prendila da un punto di vista razionale. Voglio fare un passo dietro l’altro. Un piccolo passo dopo l’altro. Vedrai che tutto si sistema.
GUIDO — Davvero grazie, non abbiamo bisogno.
WALTER — Il bambino è mio.
MARTA — È una bambina.
WALTER — Sì ma è mia lo stesso. Tu sei stata scorretta con me. Ma io sono pronto a metterci una pietra sopra e ad andare avanti.
MARTA — Noi non ci conosciamo nemmeno.
WALTER — Sono qui lo stesso. (Le porge un pacchetto) Ho portato questa.
Lei non lo prende. Allora lo prende il fratello. Lo scarta. È una tutina da neonato. Azzurra.
Non so perché, ero convinto fosse maschio.
GUIDO — Ma perché gliel’hai detto?
MARTA — Perché non glielo avevo ancora detto.
GUIDO — Eri tu che non volevi dirglielo.
MARTA — Ho cambiato idea.
GUIDO — E ieri ti sembrava il giorno giusto per cambiare idea.
MARTA — Non lo so se mi sembrava il giorno giusto. È che tutti questi giorni di ritardo. Ancora non era nato, allora ho pensato. Mi sembra non voglia nascere mai. (Si mette a piangere) Ho sbagliato.
GUIDO — Non avresti dovuto dirglielo.
MARTA — Va bene. Hai ragione.
WALTER — Sei stata tu che mi hai cercato.
GUIDO — Tu fai una cosa del genere e non pensi alle conseguenze?
MARTA — Ma cosa volete da me?
GUIDO — È meglio che non ti agiti così.
WALTER — Io la devo aiutare.
GUIDO — Sì.
WALTER — Tu mi devi aiutare.
GUIDO — Sì.
MARTA — Io devo uscire.
GUIDO — No.
MARTA — Io devo uscire.
GUIDO — Va bene. Andiamo.
MARTA — Vado sa sola.
GUIDO — Meglio di no.
MARTA — Vado a prendere un po’ d’aria.
GUIDO — Andiamo.
MARTA — Vado da sola.
GUIDO — Non ti allontanare troppo.
MARTA — Faccio due passi in pineta.
GUIDO — Hai preso il telefono?
Lei cerca il telefono. Non lo trova.
Prendi il mio. Mi telefoni sul tuo? Sai il numero?
MARTA — Chiamami tu.
GUIDO — Chiamami.
La donna esce. I due uomini rimangono soli. Guardano entrambi la tutina. Silenzio.
WALTER — È che quando sono piccoli. Il colore, non è che…
Silenzio.
GUIDO — E tu sei sposato, fidanzato? Hai una compagna?
WALTER — Sa tutto. Le ho detto tutto. Stanotte. È stata la notte, penso la più lunga della mia vita. Non potevo fare diversamente.
GUIDO — E come l’ha presa?
WALTER — Secondo te?
Silenzio.
GUIDO — Non hai figli?
WALTER — Oltre a questo?
GUIDO — Sì, oltre a questa.
WALTER — No. (Tira fuori il telefono, cerca un vecchio messaggio. Lo legge) «Ciao. Sono Marta. Forse non ti ricordi di me. Sei passato da casa mia alcuni mesi fa. Ti volevo solo dire che sono incinta. Non devi fare niente. Non devi preoccuparti di niente. Baci.» (Passa il telefono a Guido) Mi ha mandato un sms.
Anche Guido lo legge.
Ha messo anche la faccina.
GUIDO — La mette sempre.
WALTER — Io l’ho richiamata. Le ho detto, ma che è? È vero? Lei mi ha detto sì. E che era anche finito il tempo da una settimana.
GUIDO — Mi dispiace. (Gli rende il telefono)
WALTER — Ahia. (Gli gira la testa)
GUIDO — Stai male?
WALTER — È solo la testa.
GUIDO — Vuoi sederti? (Gli offre una sedia, l’altro accetta)
WALTER — Grazie.
GUIDO — Vuoi qualcosa da bere?
WALTER — Giusto un po’ d’acqua. Sì.
Guido esce un attimo a prendere un bicchiere.
Io mi chiamo Walter.
GUIDO — Guido. (Torna)
Walter beve. Un silenzio.
Donna sola in strada di notte. Aggressione, non ha il coraggio di prendere il cellulare. Quindi, lei non facendo nulla, senza dare nell’occhio, dice una parola, che è un parola molto insolita, tipo che ne so, alcantara, trebisonda, e la app si attiva. È una app a attivazione vocale. Attraverso la app la ragazza si geolocalizza immediatamente, manda la sua posizione direttamente alla stradale più vicina e viene geolocalizzata e messa in salvo.
WALTER — Cos’è? Una specie di Siri?
GUIDO — Ma no. È una app. Una mia idea. È buona, tutte le donne la userebbero.
WALTER — Credo di sì.
GUIDO — Ma tu non ti occupi di app?
WALTER — Sono ingegnere.
GUIDO — Ingegnere di app?
WALTER — No. Ponti.
GUIDO — Perché mia sorella mi ha detto che ti occupavi di informatica, computer.
WALTER — Mi sa che si è sbagliata.
GUIDO — Magari mi sono sbagliato io. Pensavo mi potessi dare una mano. Per lo sviluppo.
WALTER — Mi dispiace. Non posso aiutarti.
Silenzio.
Tu invece? Ti occupi di app?
GUIDO — No. Io insegno. Italiano e latino.
WALTER — Si dice che il latino sia una lingua morta.
GUIDO — E invece è vivissima.
WALTER — Vivissima.
GUIDO — Poi, in realtà, scrivo.
WALTER — E che scrivi.
GUIDO — Sto scrivendo un romanzo.
Silenzio.
Spionaggio. Terrorismo. Sicurezza internazionale.
Silenzio.
WALTER — Io credo di poter contribuire in modo sostanziale al benessere di Marta.
GUIDO — Non saprei.
WALTER — È la cosa più giusta che posso fare. In questo momento.
GUIDO — Lei non mi sembrava contenta.
WALTER — Per me è veramente importante esserci.
GUIDO — Forse è meglio che gliene parli io. Poi magari ti chiamo. È un momento delicato. Siamo sempre stati io e lei, da soli. Adesso questa bambina che sta arrivando. C’è una specie di equilibrio.
WALTER — Capisco bene.
Silenzio.
Vorrei comunque rimanere qui.
GUIDO — Non so bene come dirtelo ma sarebbe meglio di no.
Walter si siede. Silenzio.
DUE – PINETA
Cinguettio di uccellini, vento fra i rami degli alberi. Marta cammina nella pineta. Si tocca la pancia, la pancia suona.
Si tocca la pancia e, ogni volta che ci passa la mano sopra, la pancia emette un suono. È un suono stridulo, ricorda vecchi violini, cocci, oppure ghiaccio.
Entra uno dall’aspetto stropicciato. Ha uno zaino. Si muove in mezzo a quegli alberi con un rilevatore GPS in mano. Cerca di capire dove si trova, guarda in giro, guarda per aria. Poi raccoglie un oggetto da terra. Lo osserva con attenzione. Guarda ancora per aria. Si accorge di Marta.
GERRY — Hai sentito un suono strano?
MARTA — Eh?
GERRY — Un suono prolungato, acuto, con dei gorgoglii?
MARTA — Parli del treno? Da qui a volte si sente il treno. Che passa.
GERRY — Parlavo di una specie di lamento. Un uccello strano. Grande più o meno così. Ha una faccia lunga, una testa così, a forma di falce, delle piume intorno.
MARTA — Tipo un tacchino?
GERRY — Ha la testa più grossa, il becco molto più lungo.
MARTA — No. Mi dispiace.
GERRY — (si accorge che in terra c’è qualcosa) Dovrebbe essere qui. (Raccoglie quel qualcosa da terra) Questa è cacca. Fresca. (La annusa, la osserva con attenzione) A volte si mettono sui rami. A osservare. Perdono la cognizione del tempo. È un ibis.
MARTA — Ah. Ibis.
GERRY — Sì. Sono rari. Ce ne sono molto pochi. L’ho perso.
MARTA — E che vuol dire, che l’hai perso?
GERRY — Ha cambiato rotta. Non so perché. Gli altri sono arrivati tutti a destinazione. Ho messo a ognuno un trasmettitore GPS. (Le mostra lo schermo del suo ricevitore. Glielo porge. Si allontana) Così posso sempre controllare, durante la migrazione.
MARTA — Fai migrare gli uccelli?
GERRY — Porto lo stormo verso l’aerea di svernamento. Da nord verso sud.
MARTA — Tu sei uno di quelli che volano dietro agli uccelli, su quei deltaplani.
GERRY — Sì. Non sono proprio deltaplani, ma sì.
MARTA — (sta guardando lo schermo del GPS, guarda lo schermo e cerca di orientarsi, mentre lui sta ancora cercando in giro) Quello è il Nord?
GERRY — Sì.
MARTA — Il puntino rosso è lui?
GERRY — E noi siamo il puntino blu.
MARTA — Dice che è qui. (Si è avvicinata a lui e indica proprio il punto dove si trova)
GERRY — Infatti. Ho trovato questo. (Le mostra la cosa che ha trovato all’inizio) È il GPS. Forse gli è caduto. Però è strano.
MARTA — Forse se l’è tolto.
Lui emette un verso, quello di un uccello. Lei lo guarda.
GERRY — La sto chiamando.
MARTA — È una femmina?
GERRY — Sì. È una femmina. È una brutta perdita. (Chiama ancora, fa lo stesso verso) Si chiama Yoda.
MARTA — Ma è un nome da maschio.
GERRY — È che i nomi gliel’ho dati appena nati. Non si capisce bene quando sono così piccoli.
Sorridono.
MARTA — Certo.
GERRY — C’è anche Obi Wan.
MARTA — Sì?
GERRY — Sì. E anche Chewbecca, Anakin…
MARTA — C3PO?
GERRY — Sì, C3PO.
Sorridono.
Ma Yoda non è che sa di chiamarsi Yoda, se la chiami per nome non è che risponde. Se la chiami così (fa ancora il verso di prima) risponde. (Ma non risponde nessuno) È vero. (Chiama Yoda ancora una volta) Vabbè ora non risponde. Forse non sente.
MARTA — Magari non vuole.
Si sente, però, un uccello gracchiare.
GERRY — Hai sentito?
MARTA — Cosa?
GERRY — Mi ha risposto un beccafico.
MARTA — Un beccafico?
Si sente il suono del beccafico.
GERRY — (ascolta con attenzione) Sì. (La invita a guardare gli uccelli) Vedi? Su quel ramo, laggiù. Quello è il maschio. E quella accanto è la femmina. Adesso il maschio si stacca.
Guardano per un po’ quel ramo, il loro sguardo nella stessa direzione. Poi il maschio inizia a volare, ne seguono la traiettoria con lo sguardo.
E poi la femmina. Vedi?
Anche la femmina vola, seguono il suo volo.
E poi il maschio la raggiunge.
Il maschio vola ancora, e ancora il loro sguardo va insieme per aria.
È il corteggiamento.
Guardano entrambi ancora per aria.
Dura circa 50 minuti. Se hai la pazienza d’aspettare. E poi si accoppiano. (Tira fuori una bustina) Vuoi?
MARTA — Cos’è?
GERRY — Miglio. Semi di lino. Girasole.
MARTA — Grazie.
GERRY — Non so se ti piacciono. Piacciono molto a Yoda.
MARTA — Buono. (Ne prende un po’)
Sgranocchiano.
GERRY — Vuoi ancora?
MARTA — Buonissimo.
Ascoltano il suono degli uccelli.
GERRY — Hai sentito? (Cerca di tradurre) Lui ha detto: «Mi piace come sposti la coda nell’aria». Che sarebbe: mi piace come ti muovi. E lei gli ha risposto: «Mi piace come fai suoni». Cioè: mi piace come canti.
MARTA — Ma tu capisci quello che dicono?
GERRY — Sì. All’inizio non è facile. Ci ho messo un po’. Poi ci sono riuscito. C’è un libro. Di Dennis Hackermann. Non so se lo conosci.
MARTA — No.
GERRY — Il linguaggio degli uccelli. L’ho letto alcuni anni fa. Ancora non avevo niente a che fare con gli uccelli. Non ci avevo mai neanche pensato. Facevo proprio altro.
MARTA — Ah.
GERRY — Per caso ho letto questo libro e mi sono messo a provare. All’inizio nulla. Non mi rispondeva nessuno. Nessun uccello voleva parlare con me. Poi una volta mi sono trovato da solo con una beccaccia. Sono riuscito a parlarci. Mi si è aperto un mondo.
MARTA — E cosa vi siete detti?
GERRY — Mi ha raccontato di quando era piccola. Della prima volta che ha volato, della paura che ha avuto. Sai la paura che hanno la prima volta che volano, gli uccelli? Si buttano nel vuoto. Non sanno che le ali li possono tenere su. Non sanno nulla delle ossa cave, dell’aerodinamicità, del movimento ascensionale delle ali, nulla. Cadono. E poi, all’improvviso, rimangono su. È una cosa molto impressionante.
MARTA — (le suona il telefono) Scusa. Sì. Tutto bene. Sì. Ti ho detto, in pineta. Sì. No. Sto parlando.
Lui chiama Yoda, fa il verso.
No, niente. È uno, qui, che ha perso un uccello. Tutto bene. Poi ti dico. Ti ho detto, poi ti dico. È ancora lì? Va bene, quando torno. Ci parlo io. Sì. Non ti preoccupare. A dopo. (Attacca il telefono) Devo andare.
Silenzio.
Sì. Era mio fratello. Si preoccupa. (Si indica il pancione) Sono in ritardo già di una settimana. Se sto a casa è meglio.
GERRY — Abiti vicino?
MARTA — Qua dietro. Si vede casa mia. Ci sono nata qui.
GERRY — È bello qua. (Indica il pancione) E lui come si chiama?
MARTA — Lei. Anche lei è una lei.
GERRY — Ah. Lei come si chiama?
MARTA — Non ho ancora deciso.
GERRY — Non sei ancora sicura?
MARTA — Ho ancora qualche ora di tempo.
GERRY — Lei. Potresti chiamarla Leila.
Sorridono.
MARTA — Potrei.
GERRY — È una cosa molto bella.
MARTA — Sì. È molto bella.
GERRY — Dovresti essere felice.
MARTA — Lo so.
GERRY — Sì va bene, felice è una parola un po’…
MARTA — Impegnativa. Però in questi casi si usa.
GERRY — In questi casi sì.
Sorridono.
Se la vedi, fammi sapere.
MARTA — Yoda?
GERRY — Sì.
Lei fa per andare.
Ti lascio il mio numero. Magari, nel caso, mi chiami.
MARTA — Certo. (Tira fuori il cellulare)
GERRY — Gerry.
MARTA — Gerry?
GERRY — Sì, sarebbe Gerardo. Ma se mi chiamano Gerardo non mi giro mai. Gerry va bene.
MARTA — (comincia a sentirsi poco bene, avverte dei dolori alla pancia) Mi piacerebbe leggerlo. Quel libro.
GERRY — Il linguaggio degli uccelli?
MARTA — Sì. Mi piacerebbe. Magari me lo cerco.
GERRY — No, è difficile da trovare.
Lei avverte dei dolori sempre più forti.
Mica si trova più. Ti faccio vedere. (Cerca nello zaino. Tira fuori il libro) Che hai?
Silenzio.
Ti senti male.
MARTA — Un po’. Sì.
GERRY — Respira.
Si appoggia a lui e respira. Respira forte, gli occhi chiusi, le sue mani gli stringono il braccio.
Allunga il respiro. Fai come faccio io.
Lei respira nel modo che lui le mostra.
Meglio?
MARTA — Mi porti a casa? Per favore.
TRE – CASA
Gerry passeggia per la stanza. Walter è seduto al tavolo. Gerry mangia dei semi e fa rumore con la busta, l’altro prova un certo fastidio. Passa un po’ di tempo.
GERRY — (gli offre i semi) Vuoi?
WALTER — Cos’è? Semenza? No, grazie.
Entra Guido, entrambi si alzano.
Ci siamo?
GUIDO — Penso di sì ma ancora no. Dorme.
GERRY — Sta bene?
GUIDO — Sta bene. È solo stanca. Vuole riposare.
Silenzio.
Non so come ringraziarti.
GERRY — E di che cosa.
GUIDO — Sei stato molto gentile.
GERRY — Ero lì.
GUIDO — Allora grazie. (Si avvicina all’uscita. Gerry però non si muove) Grazie davvero.
GERRY — Veramente vorrei aspettare.
Silenzio.
Vorrei salutarla.
WALTER — Te la salutiamo noi.
GERRY — Vorrei darle una cosa.
GUIDO — Potrebbe dormire anche due ore.
GERRY — Va bene.
GUIDO — Forse tre.
GERRY — Non c’è problema. (Non si muove)
GUIDO — Io ho del lavoro da fare. Marta ha bisogno di calma.
GERRY — Anche io ho del lavoro da fare. Se non è troppo disturbo. (Raggiunge il tavolo, si siede)
WALTER — Faccio un caffè?
GERRY — Grazie. (Tira fuori delle cuffie e si mette ad ascoltare)
WALTER — Metto su il caffè.
GUIDO — Sì, è di là nel mobilino. Sopra il lavello.
Walter esce. Guido si mette a scrivere. Gerry ascolta dalle cuffie.
Quindi tu studi gli uccelli?
Gerry si alza una cuffia.
Mi ha detto mia sorella che studi gli uccelli.
GERRY — Faccio migrazioni.
GUIDO — Sei una specie di uccello gigante?
GERRY — Diciamo più un uccello esperto. Che mostra la strada agli uccelli giovani.
WALTER — (entra) Le tazzine?
GUIDO — Sono nello stesso mobilino, a sinistra. In basso.
Walter esce.
GERRY — Ci entriamo in contatto da subito. Dalla nascita. Siamo come genitori adottivi.
GUIDO — E ne hai perso uno.
GERRY — Sì. Yoda.
Dalla cucina si sente rompere una tazzina.
GUIDO — È pericoloso?
GERRY — Yoda?
GUIDO — La migrazione. È un viaggio pericoloso?
GERRY — Dici per lo stormo o per me?
GUIDO — Per te.
GERRY — È lungo. Di solito dura un paio di settimane.
Entra Walter.
GUIDO — Ho sentito che hai trovato le tazzine.
WALTER — Scusa. L’ultima cosa, scusa. Lo zucchero.
GUIDO — È in basso. A destra, in basso.
Esce Walter.
GERRY — Facciamo alcune tappe.
GUIDO — Cosa ascolti?
GERRY — Poiane. Vuoi sentire?
Torna Walter con le tazzine. Gerry mette le cuffie in testa a Guido che si mette ad ascoltare. Si sentono dappertutto versi di poiane.
GERRY — Questo è un canto d’amore.
GUIDO — Che strano. (Ascolta) Strano.
WALTER — Posso sentire?
Gerry passa le cuffie da Guido a Walter che si mette anche lui ad ascoltare.
GERRY — Te lo faccio ripartire.
Dappertutto versi di poiane.
WALTER — È un canto d’amore?
GERRY — Sì. (Fa il verso della poiana)
WALTER — Sembra più…
GERRY — (fa ancora il verso della poiana) Ha detto: «Ti amo».
Anche Walter prova a fare il verso della poiana.
No. Tu non hai detto «ti amo». (Fa il verso della poiana) Io ho detto: «Ti amo». (Glielo ripete)
Walter continua ad ascoltare, ci riprova.
Tu no. Tu non hai detto niente.
WALTER — (ci prova ancora) Non è possibile.
GERRY — Sembra. Ma è possibile, invece. Volendo, si possono dire moltissime cose.
WALTER — Non ha nessun senso. (Smette di ascoltare e restituisce le cuffie a Gerry che le mette via) A me non mi piacciono nemmeno gli uccelli. Con quegli occhi fissi. Tutto quel freddo negli occhi.
Guido si alza, tira fuori un aspirapolvere e comincia a pulire.
Non so se è il caso.
Aspirapolvere. Guido non sente.
Adesso, dico. Non so se è il caso (rumore di aspirapolvere, per cui Walter deve ripetere). Finisce che la svegli.
GUIDO — La conosco bene. Quando dorme, dorme. (Pulisce ancora) È pieno di polvere. Deve essere pulito. Ha l’asma. Ha bisogno di qualcuno che la aiuti, che le stia vicino. Me ne occupo io. (Spegne l’aspirapolvere)
GERRY — È una donna particolare, si vede.
GUIDO — In che senso particolare.
GERRY — Nel senso che…
GUIDO — Ma ti piace mia sorella?
GERRY — Vorrei salutarla. Sapere come sta. Tutto qui.
GUIDO — Sì, ma ti piace o no?
Arriva Marta, appena sveglia.
Come ti senti?
WALTER — Ho fatto il caffè. Vuoi?
MARTA — (si guarda intorno) Bene. Volevo solo un po’ d’acqua.
GUIDO — Non hai dormito.
MARTA — No.
WALTER — Perché non ti siedi?
MARTA — Preferisco stare in piedi.
WALTER — Siediti. Devi stare seduta.
MARTA — Sono stata seduta finora.
WALTER — Mettiti qua.
GUIDO — Il caffè?
WALTER — Vado a prendere il caffè. (Esce)
GUIDO — Non hai dormito per niente?
MARTA — No. Mi sento bene. So che non dovrei stare bene ma mi sento bene.
GERRY — (le allunga il libro) Siccome non so se ci vediamo. Non so quando. Allora ho pensato. Volevo darti questo.
MARTA — È il libro di coso.
GERRY — Sì, della Hackermann.
MARTA — È una donna?
GERRY — Sì. È una donna. Dennis.
MARTA — Ma è il tuo.
GERRY — È il mio. Ma mi fa piacere.
MARTA — Te lo rendo. (Sfoglia il libro, glielo rende)
GERRY — Non c’è bisogno.
WALTER — (torna con il caffè e le tazzine. Serve tutti) Questi sono i caffè.
GUIDO — Sai Marta che lui è un ingegnere di ponti?
WALTER — Lo sa.
GUIDO — Io invece avevo capito che lui era un informatico. Allora gli ho raccontato la mia app.
MARTA — Donna sola.
WALTER — Sì. Trebisonda. Alcantara. Geolocalizzato.
Gerry ancora cerca di darle il libro. Walter lo vede, legge il titolo.
GERRY — Sarebbe un regalo.
WALTER — Il linguaggio degli uccelli.
GERRY — Sì.
WALTER — Sarebbe con questo che hai imparato a parlare?
GERRY — È una specie di grammatica. Poi serve la pratica, come tutte le lingue.
GUIDO — (fa il verso di un uccello) Brrrr. Cosa ho detto? (Lo rifà) Brrrr. Cosa ho detto?
MARTA — Ho freddo.
GUIDO — Hai visto, si capisce. (Ride)
WALTER — Io non lo so se ho l’istinto paterno. Ma non è questo il punto. Anzi, facciamo che io non ho nessun istinto. Voglio solo starti vicino.
GUIDO — Lei preferisce di no.
WALTER — Ma lo capisci che io sto portando avanti un argomento razionale?
GUIDO — Quale argomento?
WALTER — Io sono il padre di questo bambino.
GERRY — Tu sei il padre?
WALTER — Sì, sono il padre.
MARTA — È una bambina.
GERRY — Congratulazioni.
WALTER — E vorrei conoscerlo.
GUIDO — Ma certo che puoi conoscerlo.
WALTER — E lo vuoi anche tu.
MARTA — No.
GUIDO — Sì va bene. Te lo facciamo vedere. Abbiamo il tuo numero.
WALTER — Altrimenti non mi avresti cercato.
MARTA — Io ho pensato molte volte di chiamarti. Alla fine l’ho fatto. Mi sembrava giusto.
WALTER — Infatti lo è. E non sai quanto questa cosa mi ha reso felice. Ho bisogno di questa cosa.
MARTA — Io non ne ho bisogno. Io non so neanche chi sei. Ti ho visto una volta per sbaglio. Non so cosa avevo. Stavo male.
WALTER — E allora vuol dire che quella sera stavamo male tutti e due. Come eravamo combinati.
MARTA — Ero molto triste quella sera.
WALTER — Pure io. Tristissimo.
GUIDO — Da quanto è che non mangi?
MARTA — Non lo so.
GUIDO — Vuoi che cucini qualcosa?
MARTA — E ti pare che da una serata triste noi dobbiamo fare una famiglia?
GERRY — (prova a darle ancora il libro) Senti Marta, forse è il caso che…
WALTER — Una famiglia? Ma chi ha parlato di famiglia?
MARTA — Tu.
WALTER — Io? Io non ci sono riuscito neanche con mia moglie che me l’ha chiesto mille volte, figurati se voglio fare una famiglia con te che non ti conosco nemmeno.
MARTA — E allora che cosa ci fai qui? Te ne vuoi andare o no?
WALTER — Ma allora potevi non dirmi nulla.
MARTA — Sì. Avrei potuto. Ho pensato a tutte le possibilità.
WALTER — E perché hai deciso di dirmelo? Se me l’hai detto è perché.
MARTA — Perché non mi piacciono le bugie. E questa è una cosa vera.
WALTER — Sei egoista.
GERRY — Magari ha solo avuto paura.
Silenzio.
Ti ha chiamato perché ha avuto paura.
WALTER — Ma cosa c’entra la paura? Sei completamente irrazionale. Io non ti sto chiedendo nulla.
MARTA — Io invece sì.
GUIDO — Marta tranquilla. Non ti agitare.
WALTER — Ti stai facendo del male. E stai facendo del male anche a tua figlia.
GUIDO — Marta, prendi la borsa. Vieni da me.
MARTA — Non ci vengo da te.
WALTER — Ma tu da sola non ce la farai mai.
GERRY — Senti Marta, questo è il libro.
MARTA — Aspetta.
GUIDO — Non te lo chiedo un’altra volta. Vieni da me o no?
MARTA — Ho detto di no.
GUIDO — È una settimana che sto qui. Non ha più senso. Io voglio stare bene. Se continui così non ce la faccio. Non hai capito che dipende da te?
MARTA — Cosa?
GUIDO — Stare bene stare male è una scelta tua. Devi deciderti.
MARTA — Tu mi vuoi bene.
GUIDO — Sì.
MARTA — Però tu mi proteggi. Non ti fidi di me. Non ci faccio nulla col tuo affetto.
GUIDO — Non puoi trattarmi male, finisce che tratti male solo te.
MARTA — Io ti odio.
GUIDO — Tutto questo odio non lo capisco. Mi dici cosa devo fare?
MARTA — Non devi fare nulla.
GUIDO — Tu vuoi stare male.
WALTER — Ragioniamo.
GERRY — Marta, io a questo punto andrei.
GUIDO — Ma non ho capito cosa vuoi? Vuoi fare il papà che la porta alle giostre?
WALTER — Negli ultimi mesi ho pensato solo a me stesso. Poi è successa questa cosa. È cambiato tutto.
GUIDO — Ma cosa vuoi? Insegnarle ad andare in bicicletta? Passarci i fine settimana? Cose così?
WALTER — Io sono malato.
GUIDO — Che vuol dire che sei malato?
WALTER — Che sono malato. Tra un anno, forse meno, sono morto.
Silenzio.
È così.
Silenzio. Walter si avvicina a Marta.
MARTA — (lo ferma) No.
Anche Gerry cerca di avvicinarla.
(Lo ferma in modo deciso) No. No.
Guido ha lo stesso istinto di protezione nei confronti di lei. Riceve la stessa risposta, sempre più convinta.
No. No. No.
Silenzio.
Adesso andate via. Tutti. Prendete le vostre ansie le vostre delusioni i vostri dolori e ve ne andate da questa casa.
Silenzio.
Lo sentite questo silenzio? Lei ha bisogno di silenzio.
Silenzio.
WALTER — Giuro che era l’ultima cosa che avrei voluto dirti. Ero venuto qui… (prende la sua borsa, esce)
GUIDO — Vado io. (Esce)
Silenzio. Si sente il verso di un uccello, da fuori.
GERRY — È lei. È qui. Yoda. (Fa per uscire. Lascia il libro. Fa il verso della poiana)
MARTA — Eh?
GERRY — Niente.
Marta rimane sola. Gli occhi gonfi di pianto. Si tocca la pancia, la pancia emette dei suoni, Marta suona la sua pancia.
QUATTRO – PINETA
Walter sta andando via. Cammina a passo svelto in mezzo agli alberi. Guido, alcuni passi indietro, lo raggiunge.
GUIDO — Ma è vero o no?
WALTER — Che domanda è?
GUIDO — No, siccome non ci conosciamo molto, allora.
WALTER — (fa di nuovo per andare ma gli alberi sono fitti) Come si esce da qui? Come si fa ad andare via?
GUIDO — Che fai adesso? Torni da tua moglie?
WALTER — Non vuole più vedermi.
GUIDO — Capisco.
WALTER — Io e mia moglie andavamo d’accordo. Era l’unica persona che poteva starmi vicino. Potevamo stare in macchina chiusi per ore. Sentire della musica e andare, senza arrivare mai. Ho rovinato tutto. Rovino sempre tutto. Però sono contento.
GUIDO — Di cosa?
WALTER — Di poter stare da solo. Mi aspetta un periodo difficile.
Silenzio.
Una cosa bella ho fatto. Una sola. Con Marta. E non me ne sono neanche accorto.
GUIDO — Capita.
WALTER — Che cosa?
GUIDO — Le cose belle, ci vengono per caso.
Silenzio.
Hai presente il libro che sto scrivendo?
WALTER — Sicurezza terrorismo spionaggio?
GUIDO — Eh. L’ho cominciato otto anni fa. E lo volevo fare bene. Non sai l’impegno che ci ho messo.
WALTER — E quindi?
GUIDO — È una cosa bella, secondo te?
WALTER — Non saprei.
GUIDO — Te lo dico io: no. Non riesco neanche a finirlo. Non mi piace. Mi annoia. Non sai quanto.
WALTER — Forse dovresti buttarlo.
GUIDO — E poi? Cosa faccio?
WALTER — Oppure ricominciare da capo.
GUIDO — Non ne ho la forza.
Silenzio.
WALTER — Prova a fare una cosa. (Si toglie lo zaino e comincia a camminare tra gli alberi senza avere una direzione precisa, apparentemente senza un senso) Prova a descrivermi. Se dovessi parlare di me a qualcuno, come mi descriveresti?
GUIDO — Direi che sei confuso.
WALTER — No. Se domani dovessi parlare a mia figlia di me, cosa diresti?
Silenzio.
GUIDO — Potrei dire che il suo papà era una persona luminosa. Piena di luce. Che quando entrava in una stanza riempiva tutta la stanza di luce. E che in lei c’è qualcosa di quella luce.
Si sente il suono di Yoda, forte, i due guardano dal punto in alto da dove proviene. Poi, suono di ali che sbattono e Yoda che vola via. Entra Gerry. Sta guardando anche lui Yoda. Le dice qualcosa, come un saluto. Si accorge degli altri due.
GERRY — Era Yoda.
Silenzio.
Ci ho parlato.
Silenzio.
Mi ha detto che non si era mica persa. Mi ha detto che si è allontanata apposta. Mi ha detto che vuole essere lasciata sola. Le ho spiegato che è in via di estinzione ma non gliene importa niente. A lei della specie, della continuazione della specie, non gliene importa niente. Vuole rimanere sola. Andare via.
GUIDO — Tu l’hai lasciata andare?
GERRY — Che dovevo fare. L’ho fatta nascere, l’ho fatta volare, le ho indicato il posto migliore per lei.
Silenzio.
Adesso ho un nuovo stormo. Quando si schiudono le uova devo essere lì, mi devono riconoscere. Devo andare. L’imprinting. (Fa per andare)
WALTER — Ma tu hai qualcuno? A parte…
GERRY — A parte gli ibis?
WALTER — Sì. A parte gli ibis. Hai qualcuno?
GERRY — Non so se ti è mai capitato di volare accanto a un’altra persona insieme a uno stormo di uccelli?
Silenzio.
È una cosa che unisce molto. Avevamo fatto una traversata molto lunga, eravamo riusciti a tenere compatto lo stormo, a portare tutti a destinazione. Appena arrivati a terra, come due reduci. Ci siamo abbracciati ancora con addosso l’emozione del volo. Non volevo essere in nessun altro posto che lì. E con nessun altro, con lei, il nostro stormo appena arrivato a destinazione. Sembrava tutto perfetto. (Saluta, si perde tra gli alberi della pineta, esce)
Poi il suono di un mezzo a motore che parte. La sensazione leggera di qualcosa che vola via, che se ne va.
WALTER — Ma quella cosa è vera?
GUIDO — Quale cosa?
WALTER — Quella cosa della luce. Che sono una persona luminosa. E che siccome sono una persona piena di luce, quella luce ce l’avrà anche lei.
GUIDO — No. Non è vero.
Silenzio.
Ma se vuoi glielo dico lo stesso.
WALTER — Allora diglielo. Mi piacerebbe.
GUIDO — Glielo dirò.
Walter prende di nuovo il suo zaino, abbraccia Guido e se ne va.
CINQUE – CASA
Guido sta sistemando la stanza, mette a posto il vassoio, le tazzine, il caffè. Prende la sua borsa. Entra Marta.
GUIDO — Io vado. Domattina devo tornare a scuola. (Stacca il computer, lo mette in borsa, mentre lei ricompone la sua valigia) Mi sto vedendo con una.
MARTA — Chi è?
GUIDO — Una.
MARTA — Ti vuole bene?
GUIDO — Mi sembra di sì.
MARTA — Bene. Sono contenta per te. (Si siede)
GUIDO — Tu ancora nulla?
MARTA — Ancora nulla.
Silenzio.
Nascerà?
GUIDO — Certo che nascerà. Sarà bella.
MARTA — Io la sogno spesso. La vedo spesso.
GUIDO — E com’è?
MARTA — Bruttissima. Sempre bruttissima. Di una bruttezza incredibile.
Silenzio.
Mi fa paura. Io non la conosco nemmeno ma mi fa paura. Conoscerla mi farà soffrire. E questo mi fa paura. Lei sarà tutto quello che io non sarò più. Io diventerò stupida.
GUIDO — Sì. Diventerai stupida. Come tutte le mamme. (Tira fuori dalla tasca una bussola. La appoggia sul tavolo)
Silenzio.
MARTA — È la tua bussola?
GUIDO — Sì.
MARTA — Quella del coso automatico?
GUIDO — Crr. Crr. L’ho tenuta.
MARTA — Funziona ancora?
GUIDO — Sì che funziona.
MARTA — (guarda la bussola e indica tutte le direzioni) Nord. Sud. Nord Est. Sud. Sud Ovest.
GUIDO — Prova a pensare a qualcosa di bello.
MARTA — Est. Ovest. Sud Est.
GUIDO — Qualcosa che ti fa stare bene.
Silenzio.
Prova.
Altro silenzio.
MARTA — Penso a lei quando sarà serena.
GUIDO — Un po’ generico. Ma va bene. Poi?
Silenzio.
MARTA — Quando mi chiederà la pizza e io le darò la pizza.
GUIDO — Carino. Poi?
Silenzio.
MARTA — Quando sceglierà un film da vedere e lo vedremo insieme.
GUIDO — Bene, poi?
MARTA — Quando farà una cosa che io non so fare.
GUIDO — Tipo muffin di zucchine?
MARTA — Io lo so fare il muffin di zucchine.
GUIDO — No.
MARTA — Quando mi prenderà per mano e io non me l’aspettavo.
GUIDO — Poi?
MARTA — Quando sarò capace di farla ridere delle stesse cose che la faranno arrabbiare.
GUIDO — Bene.
MARTA — Quando avrà bisogno di calma e io le darò calma.
GUIDO — Sì.
MARTA — Quando le accarezzerò la testa e mi dirà che sta bene con me.
GUIDO — Sì.
Si ritrova la mano della sorella nella sua, muove il braccio e fa il gioco dell’onda. Lei fa muovere le sue braccia completando l’onda. Il fratello le dice una cosa all’orecchio, la guarda negli occhi, passa un dito sulla sua pancia ed esce.
MARTA — (rimane sola. Comincia a passare la mano sulla pancia, che emette dei suoni. I soliti suoni taglienti ma stavolta piano piano si armonizzano in una qualche specie di dolce melodia. Con questa musica, che fa nascere dalla sua pancia, continua a parlare) Penso a te. Quando ti darò un bacio e mi dirai buonanotte e io penserò che ci vediamo domani. Penso a te. Quando riuscirò a pensare a te come il mio futuro. E il mio futuro non mi spaventerà. (I suoni sono diventati una musica, non si tocca più la pancia, parla. È sola ma è come se parlasse con qualcuno che è lì con lei) Quando ti incontrerò e penserò che averti incontrata è stata la fortuna più grande della mia vita.
La musica va avanti e si distende sempre più.
Inizia un vento, sempre più forte che poi diventa pioggia. Fa freddo.
Lei si guarda intorno, si alza. Prende la bussola, la guarda. Si sente il verso di Yoda. Fa qualche passo verso la pineta, si ritrova fuori.
Nonostante tutta quella pioggia e quel freddo, sorride.