Ancora una volta Shakespeare si dimostra oggetto e materia principe di riflessione nel teatro e sul senso stesso del teatro. È questo il caso di Alessandro Gassmann che, aiutato anche dalla traduzione-adattamento, una vera riscrittura direi, che a partire dalla stessa sintassi drammaturgica ne modifica e alleggerisce sapientemente i ritmi aggiornandoli
ad una più vicina contemporaneità già nella grammatica testuale, ci scoperchia davanti agli occhi il forse più famoso dei drammi storici del bardo, provocandosi e provocando quasi un senso di vertigine.
Un Riccardo III, quello diretto e interpretato da Alessandro Gassman, proiettato sul fondo di un pozzo mentre noi spettatori assistiamo, a volte attoniti dall'alto della ringhiera, ad una oscurità insondabile talora attraversata e significata da un improvviso balenare di luci.
Ciò che è illuminato è la stessa anatomia del male, non solo psicologico e morale, ma anche nella forma della deformità che concretamente assume nell'esistere rapido e sanguinoso di chi è da tutti aborrito e verso il quale non riusciamo a mancare di un moto di solidarietà e empatia che quasi ci protegge.
Drammaturgo e regista sono così capaci di scardinare l'usuale contrapposizione tra bene e male tradizionalmente letta nel Riccardo Terzo, mescolando i ruoli e palesando intenti comuni ed egualmente malvagi che si sovrappongono e sovrappongono azioni e fini dei diversi protagonisti (esplicito questo nei ruoli contraddittori di Anna ed Elisabeth nelle parole di Renè Girard) in un moto inevitabilmente accellerato verso la purificazione con la punizione dell'inevitabile capro espiatorio, quel Riccardo che quasi con consapevolezza e anche sollievo si cala in quel ruolo forse alla ricerca di una qualche salvezza.
Attorno a Gassman una compagnia di attori molto bravi e molto 'nella parte', da Mauro Martino a Paila Pavese, da Sergio Meogrossi a Giacomo Rosselli e agli altri che non possiamo citare per questioni di spazio ma tutti egualmente meritevoli, tutti motivati e organizzati nei movimenti scenici quasi con scaltrezza, direi, da una regia robusta dai caratteri fortemente multimediali che talora occhieggia, ad esempio negli inusuali titoli di coda, a modalità quasi cinematografiche.
Merito anche delle scene di Gianluca Amodio, dei costumi di Mariano Tufano e, in particolare della videografia di Marco Schiavoni. La musica con caratteristiche altamente drammatiche e per questo intimamente omogenea alla scrittura scenica è di Pivio & Aldo De Scalzi.
Una prova importante quella di Alessandro Gassman e della sua compagnia, una sorta di progressiva riflessione verso una autenticità rinnovata e singolare, nella sapienza recitativa e nella capacità di leggere e rinnovare un testo 'classico' ma, per sua e nostra fortuna, mai immobile come il miglior teatro.
Da tempo il Teatro della Corte di Genova, ove è in scena questo Riccardo III dal 12 al 17 marzo per le Compagnie ospiti dello Stabile, non registrava credo un tutto esaurito tra platea e galleria e questo è un segno confortante per la vita culturale della città, come è di conforto cogliere la partecipazione di un pubblico variegato ma anche molto giovane e di cui i lunghi applausi e le numerose chiamate in scena sono solo la palese testimonianza esteriore.
Foto Federico Riva