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Il 26 marzo di due anni fa, si spegneva Franco Quadri in seguito alle tremende conseguenze di un aneurisma che lo colpì un paio di mesi prima. La ricorrenza della data, mi spinge a proporre – dopo queste righe introduttive – un mio scritto dedicato perlopiù alla sua figura di editore e che è stato pubblicato lo scorso ottobre sul n. 23 del trimestrale di studi “Stratagemmi - prospettive teatrali” (Milano, Pontremoli editore), all’interno di una ricca e autorevole monografia riguardante i rapporti fra editoria e teatro. L’occasione mi consente oltretutto di esporre il mio testo nella sua versione originale, differente solo per qualche piccolo dettaglio da quella comparsa sull’anzidetta pubblicazione. Minuzie, obietterà qualcuno. Eppure tali minuzie, al mio sguardo partecipe, sono maggiormente in  grado di restituire dei tratti (per quanto discreti) di emotività e quindi di affetto, pur all’interno di una ricercata obbiettività di visione. Altrimenti, si sarebbe un po’ perso il sostrato biografico e di Vita rispetto a un’esperienza vissuta al fianco di una persona che – da avanguardista qual era – aveva fatto giusto dell’equivalenza fra la propria Esistenza e l’esperienza dell’Arte un principio guida e magicamente ispiratore.

Quando arrivai in Ubulibri per il mio primo giorno da stagista, il 7 gennaio 2006, non sapevo cosa mi avrebbe riservato il futuro in tale realtà editoriale. Vi ero giunto grazie a una “mostruosa Tesi di Laurea” – come la definì in sede di discussione il mio relatore Luigi Allegri – sulla carriera proprio di Franco Quadri, colui cioè che sul finire degli anni ’70 diede vita a questa particolare casa editrice che avrebbe poi costituito un punto di riferimento fondamentale per operatori e appassionati non occasionali del settore: in Italia e fuori.
La Tesi piacque molto al patron della Casa, il quale mi telefonò commosso qualche giorno appresso la mia Laurea per ringraziarmi. Voleva dirmi della sua emozione nel rivivere le tappe del suo lavoro di critico, editore e operoso attivista del teatro e dello spettacolo, secondo la forma in cui le avevo presentate; ci teneva a comunicarmi quanto fosse rimasto impressionato dalla mole di documenti che avevo scovato sulla sua attività e dalla stessa precisione e capacità con cui li avevo innestati su un articolato plesso di riflessioni interpretative che, lungi dall’essere azzardate, erano invece da condividersi appieno perché “tutto quello che hai scritto è giusto”.
Forse per questo – al di là della sua personale contentezza al riguardo – mi accordò fiducia allorché, tempo dopo, gli chiesi se c’era la possibilità di provare per tre mesi un’esperienza di stage presso la sua creatura editoriale. Neanche il tempo di imparare cosa significasse davvero una casa editrice e il mestiere di editor/redattore, ed eccomi a curare la redazione del primo dei numerosi libri Ubu della mia vita, a catalogare per l’archivio interno l’infinità di documenti – provenienti da centinaia di teatri italiani e stranieri – usati poco prima per realizzare il “Patalogo 28 - annuario del teatro 2005”, ad apprendere da autodidatta codici e software appositi per risistemare e accollarsi il sito internet come curatore, a valutare persino delle opere proposte per la pubblicazione e, infine, a imparare come incassare gli scoppi d’ira funesta di Quadri stesso (un autentico caratteraccio, dietro cui si nascondeva un inquieto mare di timida dolcezza) senza aversene troppo a male ed evitando le possibili ricadute sulla resa professionale: anzi, cercando di trarne proficuo stimolo pur dandogli bene a intendere che “sfuriate sì, piedi in testa no” perché, collerico com’era, bastava un attimo che perdesse la cognizione di opportuni limiti. D’altronde suo intento era quello di saggiare la materia di cui eri fatto, buttandoti senza rete nel vivo magmatico del lavoro, osservando come ne venivi fuori e in che modo te la cavavi, perché poi in Ubulibri dovevi occuparti di una, nessuna e centomila cose, alla stregua di una bottega artigianale in cui sapere fare di tutto e a cui dedicarsi con impegno assoluto, senza pari: secondo una programmazione per larga parte caotica, poiché commisurata non solo alle tempistiche extraquotidiane della vita artistica teatrale, ma agli stessi umori e intuizioni semoventi del suo patafisico direttore. Con il quale, a stage concluso, si giunse a un accordo per proseguire l’intrapresa. Ignoravo, allora, che avrebbe toccato i sei anni di durata e che avrei fatto tutto quello che si poteva fare nella redazione Ubulibri.
Sei anni in cui il mio principale appuntamento fisso di redattore sarebbe stato quello con il mostro (questo sì!) editoriale del “Patalogo”: il ricchissimo annuario che faceva il punto delle novità e delle tendenze di ogni stagione teatrale, a partire da quella del 1977-1978, aggregando migliaia di dati, notizie, immagini, pezzi e contributi per raccontare l’evoluzione della scena nazionale ed estera. Un’opera di documentazione talmente ricca, eterogenea e accurata che alla fine – di materiale in materiale, di dato in dato, di foto in foto – era in grado altresì di mostrare in filigrana il divenire medesimo della realtà politica e sociale nel suo complesso: stimolando domande, liberando idee, postulando pratiche e visioni di emendata fattura e cifra. Del resto uno dei propositi chiave della pubblicazione – nata interdisciplinare per documentare le stagioni del Cinema, del Teatro, della Musica e della Televisione – era proprio quello di tentare di discernere lo spettacolo nella realtà e la realtà nello spettacolo, un tema d’innegabile rilevanza nell’attuale epoca di invasivi media illudenti e di alienanti tele-intrusioni.
Franco Quadri, con una pubblicazione così concepita e configurata, provava oltretutto a sottrarre l’arte teatrale alla sua conclamata marginalità in rapporto al contesto dei mezzi di comunicazione più aggiornati tecnologicamente e rispetto alla società contemporanea con le sue diverse problematiche. Senza illusioni di sorta, cioè, reiterava il suo tentativo (sperimentato già altrove) di far vedere come il Teatro fosse ancora capace di sintonizzarsi immediatamente con gli argomenti più scottanti per gli esseri umani del presente, e in che modo esso si articolasse variamente per coinvolgerli di nuovo in esperienze di contatto e condivisione “al vivo” secondo modalità di partecipazione intensificata.
A simili istanze di valorizzazione, nonché di lotta all’emarginazione della scena e della drammaturgia, rispondeva inoltre il suo rivolgere costantemente l’attenzione alla dimensione internazionale, inseguendo un “Teatro del Mondo” (come ebbe a scrivere, per esempio, riguardo a Pina Bausch) in cui le diversità di linguaggio potessero risultare un tramite possibile di costruttivo avvicinamento fra culture, sensibilità e sistemi di pensiero disparati e lontani. Un teatro espanso e nobilmente espansivo, in un certo senso, che non consisteva solo e soltanto nel proporre in Italia – tra gli altri – testi drammaturgici di ardente successo oltre frontiera, utili peraltro ad apportare elementi nuovi e contenuti più prossimi a un nostro sentire odierno, rompendo l’oligarchia di un repertorio nazionale attestato semmai sulle solite tipologie di forme e questioni (mentre i bistrattati autori italiani contemporanei potevano trarre qualche dritta e ispirazione per affermarsi meglio). L’orizzonte da tenere acceso, per lui, era quello della messa in relazione dei linguaggi e delle tecniche nate da percorsi professionali ed esistenziali differenti, al fine di abbattere le barriere comunicative e di vita stanti tra le persone, a fronte di un mondo difatti sempre più interetnico, globalizzato e dove tutto è connesso con tutto. Come, d’altro canto, puntava (e punta ancora) a fare l’Ecole des Maîtres: mirabile creazione fatta sorgere da Quadri dopo il crollo del muro di Berlino, strutturata in modo da fare incontrare una moltitudine di attori under 30 della “nuova Europa delle lingue” in una pratica attiva e scambievole, sotto la guida esperta di taluni grandi artefici della regia internazionale, intenti a trasmettere loro quei saperi, conoscenze e idealità che ne hanno contraddistinto il magistrale operato artistico. Da tale singolare scuola, ne uscirono cinque volumi Ubulibri: degli straordinari vademecum inerenti, sì, l’arte della regia e del teatro nel suo farsi, ma riguardanti anche l’arte della formazione e – probabilmente – dello stare insieme interagendo con consapevolezza e rigore.
Dovrei trattare di ulteriori meriti ascrivibili alla Ubulibri e al suo genialoide creatore; soffermarmi sulla collana dei Libri Bianchi, dei Manuali e dei Libri Quadrati ed eccetera; toccare nomi che vanno da Stanislavskij sino a Jan Fabre e oltre; dire quanti teatranti o allievi del DAMS e affini si siano formati sulle pagine uscite dalle stanze dell’ufficio di via Ramazzini 8 a Milano (e di via Caradosso prima)… Dovrei nondimeno illuminare una serie di difetti che, a lungo andare, hanno costituito un limite della casa editrice.
Tuttavia, la richiesta di questo mio intervento a volo totalmente libero (e a Franco, credo, sarebbe piaciuto ciò) mi è giunta un po’ per caso e davvero in extremis, per cui il tempo che ho a disposizione non consente di spaziare con la necessaria calma e portata. Rendo grazie comunque e di cuore a chi me l’ha domandato.
Di certo, quanto ho qui testimoniato l’ho potuto toccare con mano, lungo ore e ore di strenua applicazione redazionale, unitamente a una consuetudine pressoché quotidiana con un gigante della cultura italiana e internazionale dell’ultimo mezzo secolo.
Gli aspetti che ho fatto emergere – andando molto al di là della superficie di una mera esposizione intorno a una qualsivoglia politica editoriale – possano, quindi, stagliarsi come nobili segnavia per chi continua o inizierà a occuparsi di editoria teatrale in questo nostro paese. Terra bisognosa quante altre mai di immaginazione e di prospettive aperte all’incontro con l’alterità di sguardi molteplici e avversi all’indifferenza. Per essere nel mondo, senza essere di questo mondo.

Links:
beardedgoby.blogspot.it/2011/05/happy-birthday-fq.html
www.chiediteatro.it/approfondimenti-k2/item/121-franco-quadri-visto-da-vicino_intervista-alla-ubulibri.html
www.stratagemmi.it