Grande energia e grande allegria, anzi preferisco chiamarla gioia, quasi sinonimo che in questi tempi bui sembra ormai perduto e di cui, forse proprio per questo, sentiamo molto la mancanza, al Teatro Rasi di Ravenna per questa annuale esibizione della Non Scuola delle Albe, creata da Marco Martinelli e che, straordinariamente, sembra poter vivere ormai
di vita propria, anche se Marco ne rimane ineluttabilmente l'anima.
Così più di duecento tra bambini, ragazzi e giovani delle scuole di Ravenna con le loro “Guide” hanno materializzato di fronte agli occhi di noi, ancora una volta e nonostante tutto, stupiti testimoni una sorta di collettivo Pinocchio, simbolo spesso dimenticato della voglia e della volontà di crescere e di crescere liberi, anzi di crescere insieme con la propria libertà.
Un burattino dunque che vuole diventare bambino e poi uomo ma non a tutti i costi, non ubbedendo ma capendo, non muovendosi passivamente attaccato ai fili di una società che non ascolta, ma recuperando oltre sé stesso, oltre gli assassini, oltre la pancia del temuto pescecane e anche oltre la tranquillità della fata turchina, il senso di una fiducia messa sempre in discussione verso il padre e verso gli adulti.
Ma questo è il Pinocchio di Collodi, mentre il Pinocchio della non scuola, così aderente però alla narrazione ormai più che centenaria, è qualcosa di più perchè non è solo un narrare ma è un mettere in pratica nella propria carne prima che nella propia mente, da parte di ragazzi orgogliosi e consapevoli della propria inconsapevolezza, come gli asini sono consapevoli, e per questo sapienti sempre, della propria asinina ignoranza.
Uno spettacolo ancora una volta vibrante da cui lo spettatore testimone è trascinato a finalmente perdersi insieme ai protagonisti, perchè talora perdersi, perdere le proprie certezze e le proprie rigidità, è il primo ineluttabile passo per la sincera conoscenza.
Oggi 14 aprile, ultimo giorno di replica, questo spettacolo, lo ha anticipato Marco Martinelli, si perderà nella città per ritrovarsi insieme a quella comunità che spesso dimentica, perchè non li ri-conosce più, i suoi fligli.
Però questo Pinocchio è anche evento di un altro evento, cioè i trent'anni del Teatro delle Albe, compleanno che, a Ravenna, ha trasformato questa tardiva primavera in una “Primavera Eretica” anche per la straordinaria convocazione dei “Parlamenti di Aprile”.
Parlamento, lo ricordano Marca ed Ermanno, questa parola che oggi richiama confusione e rumore, è pur sempre per sua natura il luogo in cui inannazitutto 'si parla', e si parla l'uno con l'altro, per conoscersi prima, capirsi poi ed infine, forse, fare qualcosa tutti insieme.
Parlamenti quelli di Aprile, peraltro segnati dal filo rosso di questo Pinocchio e per questo inevitabilmente intensi di emozioni e finalmente anche, altra parola oggi bistrattata e da recuperare, affetti, sentimenti e passioni.
Marco ed Ermanna ci hanno dunque chiamato in causa, convocando studiosi di teatro, critici, filosofi, musicisti, poeti, e soprattutto 'amici'.
Quattro le sessioni, da giovedì 11 aprile a domenica 14 aprile, ciascuna dedicata a quelli che Marco ed Eramma chiamano i puntelli dell'esperienza teatrale a partire dalla loro, e cioè “la non-scuola”, “I linguaggi della scena”, “L'attore” e infine “La drammaturgia”.
Ieri c'ero anch'io, direbbe con me uno studente della non-scuola, insieme a Maria Grazia Gregori, Laura Mariani, Renato Palazzi e Serena Terranova, e l'argomento era l'attore e soprattutto il suo mistero legato a quella inesprimibile presenza sulla scena, su cui convergono necessariamente tutte le arti ed i mestieri del teatro e attorno al teatro, che officia un rito, il rito della sincerità, il rito della maschera che 'misteriosamente' ri-vela e dis-vela.
Ermanna dunque non ha potuto che essere, magari con pudore e sofferenza, il centro di quella discussione, ricca ed affettiva, emozionante e anche piena di vibrazioni e turbamenti, di cui forse solo i presenti possono dare piena ragione, oltre la cronaca ed il ragionamento.
In effetti, a chiudere, l'anticipazione di una parte del video su Rosvita che le Albe stanno per completare, qualcosa che nasce dalla drammaturgia che ha girato l'Italia ma che sembra dover diventare altro che ancora non sappiamo.
Foto Nicola Baldazzi